Viaggio tra i pensieri, le emozioni dei grandi personaggi del passato.
Breve antologia “geografica”
ABRUZZO Gabriele D’Annunzio Settembre, andiamo. E' tempo di migrare. Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all'Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d'acqua natía rimanga ne' cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d'avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lungh'esso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l'aria. il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciacquío, calpestío, dolci romori. Ah perché non son io cò miei pastori?
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SAN VITO CHIETINO Trovò l'Eremo a San Vito, nel paese delle ginestre, su l'Adriatico. Trovò l'Eremo ideale: una casa construita in un pianoro, a mezzo del colle, tra gli aranci e gli olivi, affacciata su una piccola baia che chiudevano due promontorii. Era una casa d'una architettura primitiva. Una scala scoperta saliva a una loggia su cui si aprivano le quattro porte delle quattro uniche stanze. Ciascuna stanza aveva quella porta e una finestra dalla parte opposta, a riscontro, guardante su l'oliveto. Alla loggia superiore corrispondeva una loggia inferiore; ma le stanze terrene, tranne una, erano inservibili. La casa confinava da un lato con un abituro basso dove stavano i contadini proprietarii. Due querci enormi, che la perseveranza del grecale aveva piegate verso il colle, ombreggiavano lo spiazzo, proteggevano certe mense di pietra adatte alle cene estive. Limitava lo spiazzo un parapetto anche di pietra, che superavano le robinie cariche di grappoli odorosi, delicate ed eleganti su lo sfondo del mare. La casa non ad altro serviva che ad albergare forestieri nella stagione dei bagni, secondo l'industria comune del contado di San Vito, lungo la costa. Distava circa due miglia dal borgo, all'estremo confine d'una contrada detta delle Portelle, in una solitudine raccolta e benigna come un grembo. Ciascuno dei due promontorii era traforato; e si scorgevano dalla casa le aperture delle due gallerie. La strada ferrata correva dall'una all'altra, in prossimità del lido, per una lunghezza di cinque o sei cento metri, in linea retta. Dall'estrema punta del promontorio destro, sopra un gruppo di scogli, si protendeva un Trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale. […] Salendo la scala dell'Eremo, egli credé che il cuore gli si rompesse all'urto dell'ansietà crescente. Come fu su la loggia, abbracciò lo spettacolo con uno sguardo ebro. Ed egli sentì, tra mezzo ad una agitazione profonda, che in quell'attimo veramente il Sole era dentro il suo cuore. Il mare mosso da un tremolìo sempre eguale e continuo, rispecchiando la felicità diffusa del cielo pareva come frangerla in miriadi di sorrisi inestinguibili. A traverso il cristallo dell'aria tutte le lontananze apparivano distinte: la Penna del Vasto, il monte Gargano, le isole Trèmiti, a destra; la punta del Moro, la Nicchiòla, la punta di Ortona, a sinistra. Ortona biancheggiava come un'ignea città asiatica su un colle della Palestina, intagliata nell'azzurro, tutta in linee parallele, senza i minareti. Quella catena di promontorii e di golfi lunati dava imagine d'un proseguimento di offerte, poiché ciascun seno recava un tesoro cereale. Le ginestre spandevano per tutta la costa un manto aureo. Da ogni cespo saliva una nube densa di effluvio, come da un turibolo. L'aria respirata deliziava come un sorso di elisìre. CASALBORDINO LA MADONNA DEI MIRACOLI Fin dall'alba, nella stazione di Casalbordino, i treni versavano a brevi intervalli immense onde di popolo. Erano genti venute dalle piccole città e dai borghi, miste alle compagnie dei contadi più remoti, che non avevano potuto o voluto compiere il pellegrinaggio pedestre. Si precipitavano con violenza dalle vetture; si accalcavano alla porta, contro i cancelli; urlavano e gesticolavano, respingendosi a vicenda, per salire su i carri e su le carrozze, tra gli schiocchi delle fruste, tra il tintinnìo dei sonagli; - o si disponevano in lunghe file dietro un crocifero e procedendo su per la strada polverosa intonavano l'inno. Già sgomentati dal disagio, aspettando che la folla si diradasse, Giorgio e Ippolita istintivamente si volsero verso il mare prossimo. Un campo di canape ondeggiava in pace, contro il fondo ceruleo dell'acque. Le vele splendevano come fiamme su l'orizzonte puro. […] Era l'Imagine seguìta dalla leggenda. La Vergine in un coro d'angeli posava sopra un olivo e un vecchio l'adorava prostrato a piè del tronco. Quel vecchio aveva nome Alessandro Muzio. Di lui narrava la leggenda: - Sul vespro del dì 10 di giugno, nell'anno di Nostro Signore 1527, essendo la domenica di Pentecoste, un uragano infuriò su la terra di Casalbordino e distrusse le vigne, le biade e gli oliveti. La mattina seguente, un vecchio settuagenario di Pollutri, Alessandro Muzio, possedendo al Piano del Lago
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un campo di grano, si mosse per andare a vederlo. Gli doleva il cuore, alla vista della terra desolata; ma nella sua profonda umiltà lodava la giustizia di Dio. Divotissimo della Vergine, recitava in cammino il Rosario; quando, sul limite della valle, udì la campana che segnava l'elevazione della Messa. Sùbito s'inginocchiò e raccolse tutto il suo fervore nella preghiera. Ma, mentre pregava, si vide circonfuso d'una luce che vinceva quella del sole; e in quella luce gli apparve la Madre di Misericordia, ammantata d'azzurro, e gli parlò con dolcezza. «Va e reca la novella. Di' che il pentimento sarà rimunerato. Sorga qui un tempio e io vi spanderò le mie grazie. Va al tuo campo e troverai il tuo grano intatto.» Disparve, con la sua corona d'angeli. E il vecchio si levò, andò al suo campo, trovò il suo grano intatto. Corse quindi a Pollutri, si presentò al parroco Mariano d'Iddone, gli narrò il prodigio. In un attimo la novella si propagò per tutta la terra di Casalbordino. Tutto il popolo trasse al luogo santo, vide il suolo asciutto intorno all'albero, vide il grano ondeggiare prosperoso, riconobbe il miracolo; e versò lacrime di penitenza e di tenerezza. Poco dopo, il Vicario di Arabona pose la prima pietra della cappella; e furono procuratori per la fabbrica Geronimo di Geronimo e Giovanni Fatalone casalesi. Su l'altare fu dipinta la Vergine col vecchio Alessandro prostrato in atto d'adorarla. La leggenda era semplice, comune, simile a molte altre, fondata sul miracolo. Dopo quel primo benefizio, nel nome di quella Maria, le navi si salvavano dalla tempesta, i campi dalla grandine, i viandanti dai ladroni, gli infermi dalla morte. Posta in mezzo a un popolo travagliato, l'Imagine era una fonte di salute perenne. (dal Trionfo della morte)
Emilio Gadda
Apologo del Gran Sasso d'Italia Dove il crinale d'Italia, fra il Vomàno e l'Aterno, «passa oltra quel segno» , e, vinto il gregge nebuloso de' gioghi, supera di mille metri la vetta dantesca del Falterona, leva nei cupi azzurri in vista de' due mari il suo grigio vertice, striato di gelide nevi, non ci sono proibizioni alla libera bellezza d'ogni tuo moto e appetito: se anche, dopo la corsa e la neve, ingollerai una minestra calda o tracannerai un qualche demonio di bicchierino, non sarà poi la fine del mondo: tutt'al più ti circonderemo di buoni consigli, ti porgeremo, dopo l'indiavolata corsa ed il vento, un calice d spumante italiano e un pollo arrosto arrostito lì per lì. La funivia della neve L'Aquila novantanove volte sacra nelle novantanove sue chiese, alta nel nome e nel sito, pura d'acque, serena fra i monti d'Italia con i muri, la torre, lo speronato castello, L'Aquila invita alla sua montagna la giovinezza nuova d'Italia: e neppure disdegna chi fosse più cauto nel passo e giovine tuttavia nell'animo tanto, da desiderare le purità deserte ed alte, corse dal vento. (tratto da MERAVIGLIE D‟ITALIA)
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BASILICATA Carlo Levi Amavo salire in cima al paese, alla chiesa battuta dal vento, donde l‟occhio spazia in ogni direzione su un orizzonte sterminato, identico in tutto il suo cerchio. Si è come in mezzo a un mare di terra biancastra, monotona e senz‟alberi: bianchi e lontani i paesi, ciascuno in vetta al suo colle, Irsina, Craco, Montalbano, Salandra, Pisticci, Grottole, Ferrandina, le terre e le grotte dei briganti, fin laggiù dove c‟è forse il mare e Metaponto e Taranto.
CALABRIA E. Lear Il nome di Calabria in se stesso ha non poco di romantico. Nessun'altra provincia del Regno di Napoli offre tale interesse promettente o ispira tanto prima di avervi messo piede ... "Calabria!", appena il nome è pronunziato, un mondo nuovo si presenta alla nostra mente, torrenti, fortezze, tutta la prodigalità dello scenario di montagna, cave, briganti e cappelli a punta, la signora Radcliffe e Salvator Rosa, costumi e caratteri, orrori e magnificenze senza fine!
(IN DIARIO DI UN VIAGGIO A PIEDI, 1873)
N. Douglas Fu un viaggio splendido l'attraversare quegli altipiani, con la vista dello Ionio dall'alto e il panorama dell'ampia vallata del Crati e dell'alta catena del Pollino, avvolta nella bruma del primo autunno, poggiando lo sguardo sui fianchi delle colline coperti di olivi. La strada gira intorno ai precipizi, dove scendono dal monte i ruscelli; sono ricoperti di querce da sughero, lecci e altra vegetazione; tra i rami volano rigogoli, ghiandaie, upupe e coracie garrule. Nell'inverno i gelidi venti dell'Appennino spazzano questi monti, ma in questa stagione è una zona stupenda.
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( “VECCHIA
CAMPANIA Goethe NAPOLI Oggi mi son dato alla pazza gioia, dedicando tutto il mio tempo a queste incomparabili bellezze. Si ha un bel dire, raccontare, dipingere; ma esse sono al disopra di ogni descrizione. La spiaggia, il golfo, le insenature del mare, il Vesuvio, la città, i sobborghi, i castelli, le ville! Questa sera ci siamo recati alla Grotta di Posillipo, nel momento in cui il sole, passa con i suoi raggi alla parte opposta. Ho perdonato a tutti quelli che perdono la testa per questa città e mi sono ricordato con tenerezza di mio padre, che aveva conservato un'impressione incancellabile proprio degli oggetti da me visti oggi per la prima volta. (da Viaggio In Italia)
Cesare Abba NAPOLI Il cielo, il golfo, l'isola, il Vesuvio che esulta nell'azzurro ardente, e tutta la campagna che si ammanta di colori fini, sempre più fini, via via sin laggiù dove sfuma nell'aria; nulla, sa nulla di quel che avviene? Ma! l'immensa città che sgomenta a vederla, bolle di passione che si indovina. Quella è la Reggia. Dunque da quei balconi, mostrando loro i galeotti nel bagno, Ferdinando secondo diceva ai figli suoi che quelle catene erano l'alfabeto dei giovani prìncipi? (in un passo di “DA QUARTO AL VOLTURNO”)
EMILIA ROMAGNA Andrea Minucci È Bologna una delle principali città d'Italia e, come si suol dire, della prima bussola, piena di popolo, di arti e di ricchezze, e abbondante di tutte le cose appartenenti alla
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vita umana. Nella città sono le strade belle con palazzi superbissimi, dei quali si veggono alcune entrate convenienti più. a castelli di Principi che a palazzi di gentiluomini privati. Sono di belle e grandi Chiese; la principale, ch'è sulla piazza, è dedicata a S. Petronio, padrone e protettore della città. È posta in piano sotto la costa di alcuni colli, sopra uno dei quali è con un ricco monastero, la Chiesa detta di s. Michele del bosco, onde si può vedere distintamente tutta la città, la quale è di forma quadrata, se bene non è quadra per l'appunto.
FRIULI VENEZIA GIULIA Pierpaolo Pasolini Chi parte da Venezia, dopo un viaggio di due ore giunge al limite del Veneto e, per dissolvenza, entra nel Friuli. Il paesaggio non sembra mutare, ma se il viaggiatore è sottile, qualcosa annusa nell'aria Le montagne si sono scostate, a nord, con vene di ghiaioni e nero di boschi appena percettibile contro il gran velame; e il primo Friuli è tutto pianura e cielo. Poi si infittiscono le rogge, le file dei gelsi, i boschetti di sambichi, le saggine, lungo le prodaie. I casolari si fanno meno rosei, sui cortili spazzati come per una festa, coi fienili tra le cui colonne il fieno si gonfia duro e immoto. Ma è specialmente l'odore - che fiotta dentro lo scompartimento svuotato - a essere diverso. Odore di terra .
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LAZIO Luigi Pirandello Mi sentii allargare il petto, all'aria, alla luce che entravano per due ampie finestre prospicenti il fiume. Si vedeva in fondo Monte Mario, Ponte Margherita e tutto il nuovo quartiere Prati fino a Castel S.Angelo; si dominava il vecchio ponte di Ripetta e il nuovo che vi si costruiva accanto; più in là il Ponte Umberto e tutte le vecchie case di Tordinona che seguivan la voluta ampia del fiume; in fondo, da quest'altra parte, si scorgevano le verdi alture del Gianicolo, col Fontanone di San Pietro in Montorio e la statua equestre di Garibaldi. (da “Il fu Mattia Pascal”)
Goethe Roma è la capitale del mondo! In questo luogo si riallaccia l'intera storia del mondo, e io conto di essere nato una seconda volta, d'essere davvero risorto, il giorno in cui ho messo piede a Roma. Le sue bellezze mi hanno sollevato poco a poco fino alla loro altezza. Si trovano a Roma vestigia di una magnificenza e di uno sfacelo tali, che superano l'una e l'altro, la nostra immaginazione. Solo a Roma ci si può preparare a comprendere Roma. (“Viaggio in Italia”)
Stendhal Che mattinate felici ho trascorso al Colosseo, perduto in qualche anfratto di questa rovina immensa! Dai piani superiori si scorgono in basso, nell'arena, i galeotti del Papa che lavorano cantando. Il rumore delle catene si confonde col canto degli uccelli, i pacifici inquilini del Colosseo. A centinaia prendono il volo quando ci si avvicina agli arbusti che coprono i sedili più in alto, dove si disponeva una volta il popolo sovrano. Il cinguettio placido degli uccelli che risuona sommessamente in questo vasto edificio e, di volta in volta, il profondo silenzio che viene dopo aiuta senza dubbio l'immaginazione a compiere un volo nel passato. Si perviene così alla gioia più grande che la memoria possa procurare. Questa fantasia di cui mi vanto di fronte al lettore, e che potrà sembrargli ridicola, è il piacere oscuro di un cuore melanconico (La Fontaine). A dire il vero, ecco il solo grande piacere che si prova a Roma. Un piacere negato alla gioventù più verde, ancora così folle di speranze.
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Al viaggiatore direi: arrivando a Roma, non si lasci convincere da nessun consiglio, non compri alcun libro, il tempo della curiosità e della scienza sostituirà presto quello delle emozioni.Qualche giorno fa un Inglese è arrivato a Roma con i suoi cavalli che l'hanno portato qui dall'Inghilterra. Non ha voluto un cicerone e, malgrado la sentinella, è entrato a cavallo nel Colosseo. Vi ha visto un centinaio di operai che lavorano in continuazione per consolidare qualche pezzo di muro crollato in seguito alle piogge. L'Inglese li ha guardati fare, poi la sera ci ha detto: "Oh! Il Colosseo è la cosa più bella che ho visto a Roma. Questo edificio mi piace, sarà magnifico quando sarà finito". Dal tavolo su cui scrivo vedo i tre quarti di Roma; e, davanti a me, dall'altra parte della città, si alza maestosa la cupola di San Pietro. La sera, quando tramonta il sole, la scorgo attraverso le vetrate di San Pietro e una mezz'ora dopo questa cupola ammirevole si staglia su questa tinta così pura di un crepuscolo arancione sormontato nell'alto del cielo da qualche stella che comincia ad apparire. Niente al mondo può essere paragonato a questo spettacolo. (da “Passeggiate romane”)
Gabriele D’annunzio Roma nostra vedrai. La vedrai da' suoi colli: | dal Quirinale fulgido al Gianicolo, | da l'Aventino al Pincio più fulgida ancor ne l'estremo | vespero, miracol sommo, irraggiare i cieli...| Nulla è più grande e sacro. Ha in sé la luce d'un astro. | Non i suoi cieli irragia solo, ma il mondo, Roma.
(da Elegie Romane, Congedo, L'Oleandro)
LIGURIA Burckhardt Come potrei dimenticarmi di te dolce, mormorante città arroccata in alte rupi sul mare, con il tuo ampio magnifico porto! Ancora profumano i tuoi giardini, posti su alte terrazze, ancora si ergono i tuoi palazzi come ai vecchi tempi; ancora risplende nel viola scuro l‟Appennino e si infrangono sui tuoi basamenti di roccia le cupe onde del mare.
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Tutt‟intorno al porto si innalzano bastioni e palazzi disposti l‟uno accanto all‟altro a mo‟ di anfiteatro. (“Vedute dall‟Italia”)
Cesare Abba Chi si parte dalla marina del Finale, e su pel fianco dell'Appennino va verso le Langhe, si arresta trafelando ogni tratto a ripigliar lena, e a vedere quanta sarà ancora la salita, e quanto s'è scostato da quella spiaggia, diversa giù giù per foci di torrenti, per iscogliere tagliate a filo, per promontori neri, dirupati, somiglianti a mostri, che si inoltrano cimentosi nei flutti. Ma guadagnata che abbia la vetta del Settepani, sente l'affanno della via ripida e lunga, quetarsi in una vista maravigliosa. La catena dell'Alpi è di lassù un'occhiata infinita; e se vi si arriva all'apparire del sole, tutta la distesa di picchi, di coni, di aguglie, gli pare un mondo di cose vive e moventi. Si vorrebbe aver l'ali per lanciarsi su qualcuno di quei culmini, così alti nel cielo; e si abbassa di malavoglia lo sguardo, a cercare la via, giù per i gioghi avvolti ancora nell'ombra, lì sotto: dove per un lungo digradarsi di monti, si confondono villaggi, selve, burroni spaventosi; qua Montenotte, là Cosseria, castella e torri feudali per tutto; più lontana e più bella d'ogni altra quella di Vengore, che nera e solitaria si spicca su un altipiano, oltre il quale la nebulosa pianura. (Da LE RIVE DELLA BORMIDA nel 1794)
Vincenzo Cardarelli Lenta e rosata sale su dal mare la sera di Liguria, perdizione di cuori amanti e di cose lontane. Indugiano le coppie nei giardini, s'accendon le finestre ad una ad una come tanti teatri. Sepolto nella bruma il mare odora. Le chiese sulla riva paion navi che stanno per salpare. (“SERA DI LIGURIA”)
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LOMBARDIA Alessandro Manzoni Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien quasi a un tratto, tra un promontorio a destra e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda ricomincia per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni... (“I promessi Sposi”)
MARCHE Carducci Così benedetta da Dio di bellezza di varietà di ubertà, tra questo digradare di monti che difendono, tra questo distendersi di mari che abbracciano, tra questo sorgere di colli che salutano, tra questa apertura di valli che arridono.
MOLISE F.Jovine L'acqua del mare di Termoli scompare al sole in luogo solitario... listata di rosso e nasconde alla vista il gruppo meravigliosamente candido delle Isole Tremiti. Dove approda trova un letto di sabbia brillante che ne fa più evidente la chiarezza...
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PIEMONTE Cesare Pavese Le colline e le rive dei Po sono un giallo bruciato e noi siamo saliti quassù a maturarci nel sole. Mi racconta costei - come fosse un amico Da domani abbandono Torino- e non torno mai più. Sono stanca di vivere tutta la vita in Prigione. Si respira un sentore di terra e, di là dalle piante, a Torino, a quest'ora, lavorano tutti in prigione. Torno a casa dei miei dove almeno potrò stare sola senza piangere e senza pensare alla gente che vive. Là mi caccio un grembiate e mi sfogo in cattive risposte ai parenti e per tutto l'inverno non esco mai più. Nei paesi novembre è un bel mese dell'anno: c'è le foglie colore di terra e le nebbie al mattino, poi c'è il sole che rompe le nebbie. Lo dico tra me e respiro l'odore di freddo che ha il sole al mattino. Me ne vado percbé è troppo bella Torino a quest'ora: a me piace girarci e vedere la gente e mi tocca star chiusa fincb'è tutto buio e la sera soffrire da sola. Mi vuole vicino come fossi un amico: quest'oggi ha saltato l'ufficio per trovare un amico. Ma posso star sola costì? Giorno e notte - l'ufficio - le scale - la stanza da letto se alla sera esca a fare due passi non so dove andare e ritorno cattiva e al mattino non voglio più alzarmi. Tanto bella sarebbe Torino - poterla godere solamente poter respirare. Le piazze e le strade han lo stesso profumo di tiepido sole che c'è qui tra le piante. Ritorni al paese. Ma Torino è il piú bello di tutti i paesi. Se trovassi un amico quest'oggi, starei sempre qui. (“ESTATE DI SAN MARTINO”)
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Giuseppe Culicchia "Oltre a essere la mia città, Torino è anche la mia casa. E come ogni casa contiene un ingresso, la stazione di Porta Nuova, una cucina, il mercato di Porta Palazzo, un bagno, il Po, e poi naturalmente il salotto di Piazza San Carlo, e quel terrazzo che è il Parco del Valentino, e il ripostiglio del Balon, e una quantità di altre cose e di altre storie. Aprire questo libro è un po' come entrare in casa nostra. Mia. Vostra." (tratto da TORINO E' CASA MIA)
PUGLIA Pierpaolo Pasolini Lo sperduto Salento, severo come una landa settentrionale, coi suoi paesi greci in sciopero secolare; poi l'esplosione di Brindisi, la più caotica, furente, rigurgitante delle città di mare italiane; e le stupende Otranto e Ostuni, le città del silenzio del Sud; e Bari, che segna il modello marino per tutte le città, poi, fino al Gargano; la cattedrale, di suprema bellezza, sul mare, e sotto i neri, biondi malandrini nudi tra gli scogli. Nella memoria, cattedrali e poveri ragazzi nudi, confuse città pericolanti e informi come accampamenti, folle sotto i palchi delle luminarie e i podii bianchi traforati delle bande, sono un solo, sordo frastuono. Che si infrange contro le muraglie del Gargano, il cui periplo, a picco sul mare, tra le severe, deserte montagne, allontana dall'Italia di migliaia di chilometri.
SARDEGNA Grazia Deledda Ecco a un tratto la valle aprirsi e sulla cima a picco d'una collina simile a un enorme cumulo di ruderi, apparire le rovine del Castello: da una muraglia nera una finestra azzurra vuota come l'occhio stesso del passato guarda il panorama melanconico roseo di sole nascente, la pianura ondulata con le macchie grigie delle sabbie e le macchie
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giallognole dei giuncheti, la vena verdastra del fiume, i paesetti bianchi col campanile in mezzo come il pistillo nel fiore, i monticoli sopra i paesetti e in fondo la nuvola color malva e oro delle montagne Nuoresi. (“Canne al vento”)
SICILIA Goethe La Sicilia m‟indica e mi fa intendere l‟Asia e l‟Africa, e non è poca cosa trovarsi nel centro meraviglioso dove son diretti tanti raggi della storia universale. Ho trattato Napoli alla sua stessa maniera: sono stato, meno che altro, laborioso; ma ho veduto molto e mi sono formata un‟idea generale del paese, degli abitanti e delle cose. Al ritorno raccoglierò ancora qualche osservazione; ma qualcuna soltanto perché occorre che torni a Roma prima del 29giugno. Se lascio passare la Settimana Santa voglio, almeno, trovarmi a Roma per la festa di San Pietro. Il viaggio in Sicilia non deve distogliermi troppo dal mio primitivo progetto. L‟altro ieri avemmo una violenta burrasca con lampi, tuoni, e grandi acquazzoni. Oggi il cielo è rischiarato. Soffia una tramontana magnifica. Se persiste, la nostra traversata sarà delle più rapide. Seguendo questo buon consiglio, la mattina per tempo ci siam messi in cammino e rivolgendoci sempre a guardare indietro, dall‟alto dei nostri muli, abbiam raggiunto la zona delle lave non ancora domate dal tempo. Blocchi e lastre frastagliate ci presentavano le loro masse irrigidite, attraverso le quali le nostre cavalcature si aprivano a caso un sentiero. Giunti alla prima vetta d‟una certa importanza, abbiamo fatto sosta. Il Kniep ha riprodotto con grande esattezza ciò che si presentava innanzi a noi dalla parte della montagna: le masse di lava in primo piano, le vette gemelle dei Monti Rossi a sinistra, e di rimpetto a noi la selva di Nicolosi, sopra la quale si ergeva il cono dell‟Etna ricoperto di neve e leggermente fumante. Ci siamo accostati ancor più sotto i Monti Rossi ed io ne ho raggiunto una cima: è tutta un ammasso di rottami vulcanici di color rosso, di cenere e di lapilli. (“Viaggio in Italia”)
Cesare Abba La Sicilia! La Sicilia! Pareva qualcosa di vaporoso laggiù nell'azzurro tra mare e cielo, ma era l'isola santa! Abbiamo a sinistra le Egadi, lontano in faccia il monte Erice che ha il culmine nelle nubi. Un siciliano che era meco sulla tolda, mi narrava le avventure di Erice figlio di Venere, ucciso da Ercole su quelle vette. Erano ameni gli
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antichi, ma quant'è pure ameno l'amico mio, che trova ora tempo di parlare di mitologia! Ei mi disse che su quel monte c'è un villaggio che si chiama San Giuliano, dove nascono le più belle donne della Sicilia. […] Da Calatafimi a qui fu una camminata allegra, per campagne fiorenti. Ma dappertutto vi era traccia della sconfitta che facemmo toccare ai regi: zaini, berretti, bende insanguinate buttate lungo la via. All'alba partendo si cantava; poi, tra per quella vista e per il sole che si alzò a schiacciarci, si tacque e si tirò innanzi come ombre. Verso le dieci, ci abbattemmo in certe belle carrozze, mandate ad incontrarci come gran signori. Alcamo era vicina. Nelle carrozze v'erano gentiluomini lindi e lucenti, che fecero le accoglienze al Generale; mentre, allo sbocco dei sentieri, si affollavano dai campi molte donne campagnuole, confidenti e senza paura di noi. Alcune si segnavano devotamente; una ne vidi con due bambini sulle braccia inginocchiarsi quando il Generale passò; e uno dei nostri ricordò le Trasteverine d'undici anni or sono, che lo chiamavano il Nazzareno. Entrammo in Alcamo alle undici. È bella questa città, sebbene mesta; e all'ombra delle sue vie par di sentirsi investiti da un'aria moresca. Le palme inspiratrici si spandono dalle mura dei suoi giardini; ogni casa pare un monastero; un paio d'occhi balenano dagli alti balconi; ti fermi, guardi, la visione e sparita. (DA QUARTO AL VOLTURNO)
Dumas padre "Proprio allora Palermo cominciò ad apparire ai nostri occhi in tutta la sua magnifica estensione, massa dapprima un po‟ confusa, che man mano si allargava e si restringeva, per sparpagliarsi poi in bianche ville perdute tra gli aranceti, i lecci e le palme. Ben presto tutta la splendida valle, che gli antichi chiamavano “Conca d‟oro”, si aprì da Monreale fino al mare, dalla montagna di S. Rosalia fino a Capo Zafferano. Palermo, la Favorita, si faceva vezzosa per lasciare un ultimo rimpianto, a noi, che non aveva potuto trattenere e che, con ogni probabilità, la lasciavamo per mai più rivederla" (DIARIO DI UN'ESCURSIONE ALLE EOLIE)
Giovanni Pascoli Di fronte m‟eri, o Sicilia, o nuvola di rosa sorta dal mare! E nell‟azzurro un monte:
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l‟Etna nevosa. Salve, o Sicilia! Ogni aura che qui muove, pulsa una cetra od empie una zampogna, e canta e passa… Io era giunto dove giunge chi sogna; chi sogna, ed apre bianche vele ai venti nel tempo oscuro, in dubbio se all‟aurora l‟ospite lui ravvisi, dopo venti secoli, ancora.
TOSCANA Dante E come „l volger del ciel della luna | cuopre e riscopre i liti sanza posa, | così fa di Fiorenza la Fortuna: | per che non dee parer mirabil cosa | ciò ch‟io dirò delli alti Fiorentini | onde è la fama nel tempo nascosa. Godi, Fiorenza, poi che se‟ sì grande | che per mare e per terra batti l‟ali, | e per lo „nferno tuo nome si spande!
Carducci Dolce paese, onde portai conforme l‟ abito fiero e lo sdegnoso canto e il petto ov‟ odio e amor mai non s‟ addorme, pur ti riveggo, e il cuor mi balza in tanto. Ben riconosco in te le usate forme con gli occhi incerti tra il sorriso e il pianto, e in quelle seguo dei miei sogni l‟ orme erranti dietro il giovenile incanto. Oh quel che amai, quel che sognai fu in vano ; e sempre corsi, e mai non giunsi il fine; e dimani cadrò. Ma di lontano
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pace dicono al cuor le tue colline con le nebbie sfumanti e il verde piano ridente ne le piogge mattutine. (TRAVERSANDO LA MAREMMA TOSCANA)
TRENTINO Dino Buzzati .. quando salgo dalla pianura e vedo apparire in fondo alla valle le cime amate, e all'improvviso risplendono al sole le pareti con quel loro colore indicibile, che nessuno è mai riuscito a descrivere bene, e balenano sulle ultime creste le candide cornici di ghiaccio come miraggio irraggiungibile...
UMBRIA Francesco d’Assisi Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messer lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.
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Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
VALLE D’AOSTA Carducci Nel gran cerchio de l'alpi, su 'l granito squallido e scialbo, su' ghiacciai candenti, regna sereno intenso ed infinito nel suo grande silenzio il mezzodí. Pini ed abeti senza aura di venti si drizzano nel sol che gli penètra, sola garrisce in picciol suon di cetra l'acqua che tenue tra i sassi fluí. (Mezzogiorno alpino)
VENETO Friedrich Nietzsche Se dovessi cercare una parola che sostituisce "musica" potrei pensare soltanto a Venezia.
Eileen Power
Situata nel punto più interno dell'Adriatico, a metà strada fra Oriente e Occidente, sull'unico grande itinerario marittimo del commercio medievale; porto mediterraneo, eppure così a nord da trovarsi quasi nel cuore dell'Europa; Venezia era il punto su cui convergevano tutte le vie di traffico terrestri e marittime che potessero essere percorse da bestie da soma o solcate da navi.
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