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Aldo Antonelli
COME IN CIELO COSì IN TERRA Costruire la giustizia, impegno del credente
Prefazione di Luigi Ciotti In Appendice testo inedito di Alberto Maggi Il dio che non c’è
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©Il Segno dei Gabrielli editori, 2014 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-214-7 Stampa Litografia de “Il Segno dei Gabrielli editori” San Pietro in Cariano (VR), Aprile 2014
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INDICE
Prefazione, di Luigi Ciotti
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Premessa
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Il progetto: “Come in cielo così in terra”
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Il Padre Nostro
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Una Chiesa misogina?
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Medjugorje: il grande imbroglio
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Risposte alle domande degli ascoltatori
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Fede e/o religione
36
Le dimissioni di papa Benedetto xvi
40
La Quaresima
44
Sulle elezioni
49
Dialogo con gli ascoltatori a proposito di Medjugorje
52
Papa Franceso a piedi nudi sull’asfalto liquido del potere
57
Eucarestia aperta
61
Passione di Cristo: le due letture
65
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La crisi
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Radio Maria
73
Una chiesa povera per i poveri
77
Sul discorso di Napolitano alle Camere
80
Ancora sulla crisi
82
Tasse e propaganda politica
85
Quale sinistra?
88
Il linguaggio dell’amore
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Detti e proverbi tra cultura e mentalità
96
Appendice “Il dio che non c’è”, di Alberto Maggi
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PREFAZIONE di Luigi Ciotti
“Materiale infiammabile, maneggiare con cura”. Viene da aggiungere quest’avvertenza al libretto che raccoglie gli interventi televisivi di don Aldo Antonelli. Sì, perché non c’è parola, frase, concetto pronunciati da don Aldo che non scaturiscano dal “fuoco” di una passione profonda. Don Aldo analizza temi diversi e all’apparenza distanti fra loro. Solo per citarne alcuni: la distinzione tra fede e religione, la crisi economica, le “dimissioni” di Papa Benedetto, i risultati elettorali, lo “stile” di Papa Francesco, il modo di vedere la donna di una certa parte di Chiesa. Ma lo fa in modo tale che le riflessioni risultano intimamene legate tra loro, come i tasselli di un mosaico. A produrre questo senso di unità sono a mio avviso due qualità. La prima è il tono. Le analisi di don Aldo non sono mai semplici esercizi intellettuali (anche se d’intelligenza, nelle sue parole, ce n’è tanta). Sono riflessioni che, come detto, nascono da un’intensa partecipazione emotiva, ma anche da un profondo coinvolgimento morale. Don Aldo fa capire che l’unico modo per parlare credibilmente di un problema è sentirse7
ne parte in causa, lasciare che esso scavi nelle nostre vite e nelle nostre coscienze, risvegliandoci all’impegno. Ecco allora la parola diventare parresìa, il parlare chiaro raccomandato dal Vangelo. E la riflessione intellettuale incarnarsi nell’etica, nella responsabilità. La seconda è il continuo riferirsi alla relazione fra Terra e Cielo. È un punto cruciale e a me molto caro, perché anch’io ho vissuto il sacerdozio nel costante sforzo di saldare Cielo e Terra, dimensione spirituale e impegno sociale, Vangelo e Costituzione, ossia come costruzione di giustizia a partire da questo mondo. Don Aldo lo fa con finezza e ricchezza di argomenti, facendo presente la scomodità del Vangelo e l’incompatibilità della fede non solo con la violenza e l’abuso – cosa su cui è facile trovarsi d’accordo – ma anche con il quieto vivere, l’individualismo, l’indifferenza (e qui l’accordo, temo, comincerebbe a scricchiolare). Ecco allora l’orizzonte profondamente “politico” delle sue riflessioni. Non nel senso che don Aldo tratta argomenti “tecnicamente” politici (non manca di farlo, come detto, spesso prendendo posizioni anche nette e “taglienti”), ma nel senso che le sue parole richiamano tutti, credenti o meno, alle responsabilità della cittadinanza e della democrazia. Vorrei citare a proposito un passaggio molto efficace della riflessione del 2 marzo, ad elezioni appena avvenute. Don Aldo s’interroga sui risultati: le divisioni da una parte, i populismi persistenti e nascenti dall’altra, e osserva: «La democrazia è un oggetto molto delicato, ma anche molto pericoloso. È un oggetto che va consegnato in mano a persone adulte, 8
in mano a un popolo cresciuto, altrimenti diventa un’arma a doppio taglio». Premesso che di sistemi migliori della democrazia ancora non ne abbiamo trovati, come non concordare? Una democrazia basata sul consenso e svuotata di responsabilità è una democrazia solo di facciata, che tradisce l’impegno di chi si è battuto, anche a prezzo della vita, per realizzarla. Altro passaggio. Don Aldo parla della crisi economica e denuncia la “congiura del silenzio” di chi non vede, o non vuole vedere, che questa crisi è sì economica negli effetti, ma etica nelle cause. Crisi, osserva Aldo, di un sistema che ha “finanziarizzato” l’economia, cioè ha voluto «produrre ricchezza, senza passare attraverso il lavoro» col risultato inevitabile di rendere il lavoro «un costo da ridurre, da abbassare, da abbattere il più possibile, o eliminare del tutto». Una crisi – mi permetto di aggiungere – dalla quale non possiamo uscire senza un profondo rinnovamento culturale, una riscoperta dei beni comuni e un rovesciamento della logica del profitto nella logica della giustizia sociale. Ma sarebbero molti altri gli spunti da sottolineare: mi fermo per non togliere al lettore il piacere di ascoltarli dalla viva e schietta voce di Aldo. Voce, ho detto, di passione e d’impegno, ma anche di amore. Un amore che sa essere severo e, quando necessario, “parlare a muso duro” – come è scritto nell’intervento del 18 maggio – come fece Gesù nel tempio, perché amore è anche denuncia d’ingiustizia, di connivenza, d’ipocrisia. E riguardo al pericolo di una versione troppo “sdolcinata” dell’amore, Aldo cita le bellissime parole di padre Ernesto Bal9
ducci, grande figura della Chiesa del ‘900: «La parola amore ha bisogno di recuperare un peso specifico che ha perduto. L’amore è diventato una tale sostanza nebulosa che è dovunque, cioè in nessun posto. Nel Vangelo invece è un amore organizzativo, è un principio creativo». Le parole di Aldo, parole che graffiano le coscienze, quel peso specifico lo recuperano in pieno. Luigi Ciotti
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PREMESSA
Cara lettrice, caro lettore, il libro che hai tre le mani è la trascrizione di una serie di trasmissioni televisive (per l’esattezza 22 trasmissioni che poi corrispondono ai 22 capitoli) andate in onda su ATV7 dal 5 Gennaio al 25 Maggio dell’anno 2013. Naturalmente lo stile risente molto del linguaggio parlato. Si è cercato di adattarlo al linguaggio scritto, modificando e integrando il discorso ma mantenendo, volutamente, la spigliatezza ed anche la scorrevolezza del linguaggio parlato. La parola “detta” e la parola “scritta” non sono la stessa cosa, ma due mondi molto distanti, bisognosi di segni “semantici” diversi che non sempre è possibile conciliare. Nella parola detta, più che la grammatica e la sintassi con le loro costruzioni periodali e la punteggiatura, contano il timbro della voce, le pause di silenzio, le marcature fonetiche, le cadenze verbali che è difficile tradurre tipograficamente e per iscritto. Faccio affidamento alla tua intelligente comprensione nel voler “glissare” su alcune “scorrettezze” sintattiche e focalizzare l’attenzione sull’oggetto della trattazioni. Si è voluto mantenere, come titolo del libro, la stessa titolazione della trasmissione: “Come in cielo così in terra”, scartando l’intenzione iniziale, che si era orientata verso un titolo del tutto di11
verso: “Ma io vi dico!”. Dove il soggetto non era, presuntuosamente, lo scrivente; bensì l’oggetto stesso del discorso, alternativo alla comune “volgata” e più rispondente agli orizzonti e alle esigenze del messaggio evangelico, che sottostà, lo ricordiamo, anche ai discorsi più “politici” e “secolari”. Come in cielo così in terra! Con un richiamo diretto alla preghiera per antonomasia, al Padre Nostro insegnatoci da Gesù, che è il contrario delle nostre preghiere. Noi, infatti, siamo chiede sempre che sia fatta la nostra volontà. E non ci interessa molto sapere qual è invece la sua, i cui contenuti ce li rivela nella seconda parte: che ci sia pane per tutti, condiviso, che ci si dia reciprocamente il perdono, che non si soccomba nel tempo della prova, che si sia liberati da ogni male. Tutto, rigorosamente, al plurale. Per ricordarci che l’egoismo, materiale e spirituale (il pane, i beni, la salute, il lavoro, ma anche la grazia, la santità, la salvezza...), è già e sempre peccato... Pregare, più che invocare qualcosa come dono dall’alto, è, dovrebbe essere, un ripeterci costantemente il desiderio di Dio (per questo Gesù dice che bisogna pregare senza sosta), e assumerlo, farlo nostro, viverlo, lottare per attuarlo. Come in cielo così in terra! In sintonia con quanto scriveva il nostro grande amico Padre Ernesto Balducci, parlando del Regno di Dio (“Venga il tuo Regno”): «Quando diciamo “Regno di Dio” non usiamo un termine mitico, senza contenuti precisi, suggestivo appunto perché non concreto. Quando parlo del “Regno di Dio” secondo il realismo della fede mi devo interrogare su quali sono le possibilità che germogliano sotto i miei occhi 12
oggi, in questo momento. Ogni possibilità che germoglia e che porta con sé un passaggio dal particolarismo alla universalità, dall’istinto di proprietà alla generosità dell’oblazione e della dedizione, dall’orgoglio di gruppo all’amore per l’uomo e soprattutto per l’uomo più remoto da me, dall’orgoglio di cultura alla simpatia per il diverso, per l’inedito, per ciò che non rientra nei miei schemi mentali; tutto questo è “Regno di Dio”» 1 Come in cielo così in terra! Con l’augurio per te, cara lettrice e caro lettore, che il consiglio di Simone Weil, «fissa il cielo ardentemente, e il cielo scenderà a rapirti», ti sottragga all’appiattimento dei mantra bugiardi e ti restituisca all’amore di comunione e di lotta cui tutti siamo chiamati. Don Aldo Antrosano, 2 Febbraio 2014
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Ernesto Balducci, Il Mandorlo e il Fuoco, vol. 1/A, Borla 1980,
p. 215.
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