Gli anglicani - Gianluigi Gugliermetto

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Gianluigi Gugliermetto

Gli anglicani un profilo storico e teologico


La pubblicazione del presente volume ha ricevuto il sostegno della Historical Society of the Episcopal Church

© Il Segno dei Gabrielli editori, 2020 Via Cengia, 67 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. ISBN 978-88-6099-437-0 Stampa Mediagraf Spa (Padova), maggio 2020 In copertina Vista della cattedrale di St Paul, Londra, XVIII secolo


INDICE

Premessa

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Parte prima: PROFILO STORICO

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1. La Riforma in Inghilterra (1534-1618) 10 1.1 La rottura con Roma 10 1.2 Uniformità religiosa nel periodo elisabettiano 18 RIQUADRO: Adiaphora 27 2. Le tre anime dell’anglicanesimo (1618-1833) 28 2.1 La Chiesa d’Inghilterra tra assolutismo e repubblica 29 2.2. Il “secolo lungo” dell’anglicanesimo 39 RIQUADRO: L’arminianesimo 53 3. La sintesi cattolico-liberale (1833-1942) 54 3.1 Il Movimento di Oxford 54 3.2 Il movimento ritualista (anglocattolicesimo) 64 3.3 Il socialismo cristiano e la teologia “germanica” 70 3.4 L’abbraccio tra anglocattolicesimo e teologia liberale 74 RIQUADRO: L’erastianesimo 79 4. La Comunione Anglicana (1541-2020) 80 4.1 L’impero inglese e la nascita delle chiese nazionali 80 4.2 L’ecumenismo anglicano 86 4.3 L’anglicanesimo contemporaneo tra colonialismo e post-colonialismo 91 4.4 L’anglicanesimo nell’Europa continentale 106 RIQUADRO: Il Libro della Preghiera Comune in lingua italiana 113

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Parte seconda: PROFILO TEOLOGICO

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5. Bibbia, ragione e tradizione 116 6. Natura e struttura della chiesa anglicana 126 7. Teologia sacramentale ed eucaristica 135 8. L’identità teologica anglicana 145 Appendice - documenti 157 1. Prefazione alla Great Bible (1538-1540) 157 2. Prefazione al Book of Common Prayer (1549) 170 3. Sulle cerimonie (1549) 173 4. Ordine per l’amministrazione della Cena del Signore, o Santa Comunione (1552, 1559) 177 5. I trentanove articoli di religione (1563-1571) 194 6. Riti per l’ordinazione/consacrazione di un vescovo (1662) 207 7. Quadrilatero di Chicago-Lambeth (1886-1888) 213 8. Prefazione di Lux Mundi (1889) 215 9. Preghiera Eucaristica “C” dal Book of Common Prayer della Chiesa Episcopale (1979) 218 10. Liturgia Eucaristica dal Book of Common Prayer della Nuova Zelanda (1989) 221 11. I dieci principi della Convocazione delle Chiese Episcopali in Europa (2004) 243 12. Sermone del vescovo di Londra (2014) 234 INDICE DEI NOMI CITATI INDICE DI DOCUMENTI e altre cose notevoli BIBLIOGRAFIA

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Premessa

Questo libro è nato dalla constatazione dell’assenza di un singolo volume in lingua italiana che presenti l’anglicanesimo in sintesi. Esistono studi specialistici che affrontano temi specifici e pochi altri scritti piuttosto datati o polemici. La mia posizione abbastanza singolare di teologo anglicano biculturale (Italia e Stati Uniti) mi ha quasi obbligato a percorrere l’avventura di scrivere questo volume che si divide in tre parti: un profilo storico, un profilo teologico, e un’appendice di documenti tradotti in lingua italiana, oltre ad alcuni riquadri che spiegano singole parole o temi. La bibliografia finale tiene conto dei libri di cui mi sono avvalso, ma per ragioni di scorrevolezza ho cercato di ridurre al minimo le citazioni dirette, specialmente nella parte storica. Ho inserito dei rimandi interni al libro stesso tra i diversi capitoli, permettendo al lettore di fare interagire specialmente la parte storica con quella teologica. La divisione stessa tra storia e teologia è artificiale, ma mi è parso necessario non appesantire il flusso del racconto storico con troppe specificazioni teologiche. In un certo senso, la seconda parte può essere letta come un approfondimento tematico della prima. La terza parte include alcuni documenti mai tradotti prima in lingua italiana moderna. La necessità di compattare molte informazioni in uno spazio che renda comunque agevole la lettura è uno dei limiti evidenti di quest’opera, di cui sono ben consapevole. Il suo valore principale, invece, credo che sia quello di essere stata scritta da un anglicano di lingua e cultura italiana, e quindi di essere stata concepita fin dall’inizio avendo in mente il lettore italiano. Ringrazio la Historical Society of the Episcopal Church per aver compreso l’originalità della mia propo7


sta e per il suo contributo alla pubblicazione di questo volume. Buona parte di esso è stato preparata alcuni anni fa nella quiete delle colline toscane, a Conia di Sotto, nel Comune di Reggello (Firenze). Agli abitanti umani, animali e vegetali di quel luogo, a quella terra e a quelle pietre va la mia riconoscenza. L’Autore, Febbraio 2020 Christ Church Parish Ontario, California

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Parte prima profilo storico

La fede cristiana raggiunse i lidi britannici durante l’occupazione romana. L’elenco dei partecipanti al Sinodo di Arles, nell’attuale Francia meridionale, convenuto nell’anno 314, comprende i nomi di tre vescovi romano-britannici, a testimonianza di un certo livello organizzativo raggiunto dai cristiani di quelle terre al momento della legalizzazione del cristianesimo da parte dell’imperatore Costantino. Dopo il ritiro completo dell’esercito romano, nel 410, la Gran Bretagna fu invasa dagli Angli, dai Sassoni e dagli Juti, provenienti dall’attuale Danimarca. Per due secoli, il cristianesimo sopravvisse soltanto nelle zone occidentali dell’isola grazie all’intensa relazione con l’Irlanda, dove il cristianesimo celtico prosperava. Nel 596, papa Gregorio Magno inviò presso il re del Kent una missione evangelizzatrice composta da quaranta monaci guidati da Agostino, che è ricordato come il primo arcivescovo di Canterbury. Dopo il successo ottenuto nel Kent, a poco a poco anche gli altri regni anglo-sassoni passarono al cristianesimo. Nel 664, al sinodo di Whitby, la componente celtica e quella romana del cristianesimo britannico giunsero a un confronto diretto e a un tentativo di sintesi. Attorno al 731 il monaco Beda nella sua Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum poteva ormai parlare di un unico popolo cristiano formato dalle varie tribù “angliche”. Tutte queste fasi storiche, e quelle intercorse successivamente, sono considerate dagli anglicani come parte integrante della ecclesia anglicana, che è al tempo stesso una nozione geografica, storica, culturale e teologica. Nel profilo storico che compone la prima parte del presente volume mi limiterò però a esporre il percorso dell’anglicanesimo nel perio9


do che va dalla Riforma inglese del XVI secolo ai giorni nostri. Dopo la presentazione della origini e degli sviluppi della Riforma durante la monarchia Tudor (cap. 1), esaminerò le tre anime dell’anglicanesimo che sono emerse nel XVII e nel XVIII secolo, ovverosia la Chiesa Alta, la Chiesa Larga e la Chiesa Bassa (cap. 2). Dedicherò poi uno spazio abbastanza ampio al Movimento di Oxford e alla sintesi cattolicoliberale del secolo XIX, a causa della loro grande influenza sull’anglicanesimo a livello mondiale (cap. 3). Infine, racconterò per sommi capi la storia delle chiese anglicane al di fuori dell’Inghilterra, riunite nella Comunione Anglicana, inclusa la presenza anglicana in Europa e in Italia (cap. 4). 1. La Riforma in Inghilterra (1534-1618)

1.1 La rottura con Roma Durante il regno di Enrico VIII (1509-1547), furono poste in Inghilterra le basi di una riforma religiosa che fu poi proseguita e intensificata durante il regno di Edoardo VI (1547-1553) e infine fu consolidata, dopo la breve parentesi del regno di Maria (1553-1558), sotto la guida di Elisabetta I (1558-1603). Non è facile individuare il momento esatto in cui l’anglicanesimo divenne una religione distinta, in senso culturale e sociologico, da quella cattolica-romana. Il momento iniziale può essere fatto coincidere con l’Act of Supremacy di Enrico VIII (1534), sottolineando così il carattere giurisdizionale e politico della Riforma inglese, oppure con la prima edizione del Book of Common Prayer (1549), insistendo in questo caso sulla profonda cesura culturale prodotta dall’introduzione della liturgia nella lingua del popolo, oppure ancora con i Thirty-Nine Articles of Religion per mezzo dei quali i vescovi inglesi, nell’anno in cui si concludeva il Concilio di Trento (1563), fissarono una sorta di dottrina protestante di riferimento, successivamente riaffermata dal parlamento (1571). 10


La rottura di Enrico VIII con Roma, che aprì la strada alla Riforma, ebbe motivazioni squisitamente politiche. Dopo un periodo di sanguinose lotte intestine (la “guerra delle due rose” 1455-1485) che si erano concluse con il prevalere della casata Tudor, l’Inghilterra aveva raggiunto la pacificazione delle fazioni rivali. Tuttavia negli anni ’20 del XVI secolo l’assenza di un erede legittimo che potesse assicurare stabilità al regno divenne fonte di ansia per la corte e per il re, il quale si spinse a implorare presso il papa l’annullamento del suo matrimonio con Caterina d’Aragona. Non è chiaro quanto giocarono le ragioni religiose sia nella richiesta di annullamento da parte di Enrico VIII sia nella decisione di negarlo da parte del papa Clemente VII, ma è certo che il rifiuto del papa contribuì ad orientare il re verso i teologi che auspicavano appassionatamente una riforma della Chiesa. In aperta sfida al papato, nel 1531 i vescovi inglesi furono convinti a riconoscere il re come capo della Chiesa «nella misura in cui ciò non contraddice la legge di Cristo» e nel 1532 il parlamento approvò la legge che riduceva drasticamente il contributo che l’Inghilterra versava annualmente nelle casse pontificie. Nel 1533, Enrico si rivolse a Thomas Cranmer, un teologo che aveva grandi simpatie nei confronti della Riforma che stava prendendo piede in Germania, per risolvere definitivamente la questione del suo matrimonio. Ventilando presso Clemente VII la possibilità di mantenere in funzione i tribunali ecclesiastici, la cui soppressione era una delle principali materie di contesa con il papato, Enrico ottenne dal papa la ratifica della nomina di Cranmer ad arcivescovo di Canterbury e subito dopo ottenne la ratifica da parte di Cranmer della dissoluzione del suo primo matrimonio. Nel corso di queste manovre politiche, e nonostante i tentennamenti, poco alla volta il percorso di separazione da Roma venne a legittimarsi e si rivelò inarrestabile. Nel 1534, un atto parlamentare (Act of Supremacy) negava definitivamente la giurisdizione del papa sul suolo inglese e definiva nuovamente Enrico VIII come “capo della Chiesa” nell’ambito del suo “impero”. 11


Per comprendere questi eventi bisogna far riferimento, oltre che ai fermenti riformatori e agli interessi personali di Enrico VIII, sia agli esasperanti conflitti di attribuzione tra tribunali ecclesiastici e tribunali del regno, sia alla teologia imperiale, che era stato un filone importante del pensiero medievale. Alla vigilia della Riforma, l’intreccio tra potere religioso e potere civile in Europa non solo era molto stretto, ma era declinato in modalità che oggi a noi possono risultare astruse. Il papa era un sovrano temporale, ma avocava a sé anche il sommo potere religioso, e questo secondo la teologia papale significava anche un potere di controllo su tutti i sovrani europei, che di fatto regnavano con il suo consenso. In questo contesto, l’assunzione del titolo “capo della Chiesa” da parte di Enrico VIII ebbe senza dubbio un significato politico. Basti pensare all’abolizione contestuale del foro ecclesiastico, una decisione che pose tutti i sudditi e tutti i tipi di crimini sotto l’autorità dei tribunali del regno, eliminando quindi il controllo papale sugli affari interni dell’Inghilterra. Tuttavia, il titolo “capo della Chiesa” poteva anche essere giustificato teologicamente riferendosi alla figura costantiniana del sovrano come difensore della fede. continua...

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