Anteprima-Dalle preghiere inutili all'amicizia con Dio

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Emanuele Previdi

DALLE PREGHIERE INUTILI ALL’AMICIZIA CON DIO «O la preghiera trasforma la vita o la vita eliminerà la preghiera»

Prefazione di Luigi Bettazzi Vescovo emerito di Ivrea

Postfazione di Alberto Maggi

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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2014 Via Cengia, 67 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 scrivimi@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-205-5 Prima edizione, gennaio 2014 Prima ristampa, febbraio 2014 Seconda ristampa, giugno 2014 Stampa Il Segno dei Gabrielli editori, gennaio 2014 Progetto grafico Lucia Gabrielli

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A mia madre Anna e all’amico Eladio, preghiere viventi, coppe di vino nuovo.

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Prefazione

È un libro curioso e provocante questo sulla preghiera, a cominciare dal titolo, con quelle “preghiere inutili”, di cui si dà anche una specie di elenco, con la preghiera di chi si sente giusto, quella di chi si mette in mostra, del mafioso, di chi si affida alle molte parole, di chi vuol forzare Dio, di chi non si apre alla carità. Che l’abbia scritto un prete lo si capisce subito (ma lui stesso ad un certo punto lo dice), ma questo dà una maggiore autorevolezza alle riflessioni, per il retroscena della sua preparazione specifica e per l’esperienza della vita pastorale. Forse può creare qualche perplessità il fatto che, per portare ad una visuale più autentica della preghiera, sembri talora svalutare tante forme della religiosità popolare, anche se poi fa riscoprire non solo il valore del Padre nostro, ma anche dell’Ave Maria e del rosario. Quello che sta a cuore all’autore è che la preghiera, che ha una sua ovvia espressione vocale, si interiorizzi nella meditazione e giunga infine all’atteggiamento della relazione con Dio, quasi risposta alla “preghiera di Dio”, cioè alla relazione originaria che Dio ha nei confronti di ciascuno di noi. L’autore vorrebbe – lo afferma lui stesso – far comprendere come la preghiera sia il nostro respiro, il respiro che ci permette di incontrare, di relazionarci, di fare cioè amicizia con Dio più che mercanteggiare con Lui. La buona notizia, il Vangelo, è questo Dio che ama e desidera essere riamato, di entrare in amicizia con le persone. Più avanti confessa che “tra il serio e il faceto” – in realtà vi sono anche alcune barzellette sulla preghiera – “ho voluto così raccontare la mia esperienza, con l’intento di suscitare tanta nostalgia di Dio, della sua Parola”. –7–


Lascio a chi lo leggerà di trovare la centralità di Cristo, anche la giusta devozione verso sua Madre Maria, i suggerimenti per la preghiera personale, per quella in famiglia, per quella di gruppi, per quella liturgica, così come gli esempi di preghiere (per la malattia, per l’umiltà, o quella dell’abbandono di fratel Carlo De Foucauld o le Beatitudini di Tommaso Moro) tra cui voglio ricordare quella – sì, curiosa – di Papa Francesco quand’era ancora Arcivescovo (quella delle cinque dita di una mano, in cui ciascuna, a cominciare dal pollice, suggerisce di pregare per i più vicini, per chi istruisce, per chi governa, per chi è più debole e sofferente, per se stessi), poi seguite da altre, offerte quando era già Papa. Ma i richiami più numerosi (e, mi si lasci dire, più commossi) sono quelli di Mons. Tonino Bello, di cui alcune notissime ma sempre toccanti (come quella sui compagni di volo o sul Crocifisso in collocazione provvisoria), fino a quelle su “Maria, donna dell’ultima ora”, che fu tra le invocazioni che leggemmo ormai in punto di morte, a cui don Tonino rispondeva: “prega per me”. Credo che valga la pena di leggere un libro come questo, senza scandalizzarci se qualche giudizio può sembrarci troppo provocatorio, perché alla fine ci accorgeremo che dopo sapremo pregare di più e meglio. E questo era l’intento del libro per il quale saremo grati a don Emanuele, augurando che possa essere utile a tanti. † Luigi Bettazzi1 Vescovo emerito di Ivrea

1 Mons. Luigi Bettazzi nato a Treviso nel 1923. Vescovo emerito di Ivrea. Padre del Concilio Ecumenico Vaticano II. Ex presidente di Pax Christi.

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Introduzione

Il breve lavoro che intendo proporre al lettore non vuole assolutamente essere né un libro di preghiere, né un’analisi del fenomeno religioso oggi in Italia che lascio volentieri ai sociologi delle religioni. Noi credenti tante volte anche attraverso il nostro modo di pregare e di rapportarci con Dio abbiamo dato agli altri un’immagine falsa di Dio. Il mio intervento vuole essere invece un osservatorio, anche un po’ critico, e talvolta ironico, e non per nulla esaustivo, visto da un sacerdote e dalla sua ultra ventennale esperienza diretta con la gente sul modo di pregare. L’idea mi è venuta nella festività di Sant’Ignazio di Loyola2 (31 luglio 2012), rimeditando una preghiera tratta dagli “Esercizi Spirituali” che lui stesso aveva scritto, che dona il “La” al nostro colloquio con Dio, che non investe solo le emozioni o l’intelletto bensì tutto l’uomo. Una preghiera di offerta che ciascun Gesuita, e io aggiungo, chiunque lo voglia, è invitato a recitare quotidianamente, in modo lento, gustando ogni parola e pesando ogni frase: Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me lo hai dato, 2 Sant’Ignazio di Loyola, santo spagnolo della prima metà del 1500, fondatore della Compagnia di Gesù.

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a te, Signore, lo ridono; tutto è tuo, di tutto disponi secondo la tua volontà: dammi solo il tuo amore e la tua grazia; e questo mi basta.3 Sant’Ignazio in questa preghiera ci invita a riflettere sul nostro modo di rapportarci con Dio sia con la nostra libertà, sia con la nostra memoria, intelligenza e volontà. Mi sembra anche che Ignazio ci suggerisca di stare alla larga sia da una religiosità volontaristica e sia da un credo disincarnato dalla realtà. Sentendo inoltre tanti miei confratelli suggerire ai loro fedeli che: “Bisogna pregare, bisogna pregare” e fermarsi lì, mi son chiesto: “Ma cosa significa bisogna pregare?” Mi pare che mai come in questi anni ci sia stato un aumento di gruppi e di forme di preghiera e di gente che si reca nei luoghi più diversi in cerca di fenomeni, di apparizioni. Se da un lato questo può supporre un legittimo e positivo risveglio, dall’altro, mi chiedo, se questo risveglio stia portando al messaggio autentico del Vangelo o invece ad un rifugio intimistico della religiosità che ha poco da spartire con la gioia della fede. È altresì diffusa una prassi di preghiera più incentrata sulla quantità (della serie: bisogna arrivare a dire almeno tre rosari al giorno) che sulla qualità. Esiste anche tutto un business di oggettistica religiosa, talvolta perfino chic, e non si capisce più se la preghiera sia valida perché dipende dalle miriadi di forme delle coroncine (da sette, nove, dieci grani con o senza croce, di marca o senza firma) o invece dalla sua sostanza.

3 Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1998.

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A proposito mi viene in mente una barzelletta: INRI4 «Un tizio entra in un negozio di articoli religiosi e dice al commesso: “Senta, mi servirebbe un bel crocifisso da regalare al mio parroco per la sua nuova parrocchia...”. Il commesso risponde: “Capisco, ha qualche preferenza di marca?”. “No no... – rispose il tizio – un INRI va benissimo!”». Essendo questa, come ho detto, una barzelletta, la prendo con ironia, ma il tutto mi sconcerta e mi interroga. Vedo che ci sono persone che lottano al più non posso per ristabilire “i valori cristiani” della nostra fede ed invocano che assolutamente non bisogna togliere i crocifissi dalle aule scolastiche. Poi però dei crocifissi non di legno ma di carne ed ossa, dei figli di Dio, magari dei cosiddetti “extracomunitari”, non si interessano perché per loro non solo “non c’è posto nell’alloggio” ma non c’è la merenda alla mensa scolastica. Quanto è spregevole questo termine “extra”: una religiosità così produce solo fondamentalismi. Un cristiano autentico dovrebbe aver in cuor suo la famosa frase espressa nella Lettera a Diogneto in cui si descrive il cristiano che deve vivere allo stato di “pellegrino”: «I cristiani abitano la propria patria, partecipano a tutto come dei cittadini, e però tutto sopportano come stranieri. Ogni terra straniera è la loro patria e ogni patria è terra straniera».5 Penso dunque che Dio non può essere rinchiuso in parole, in libri, anche se si considerano sacri. E forse più che dire di credere in Lui e di pregarlo per ottenere benefici occorrerà amarlo, il che vuol dire non amare un’idea di 4 È una sigla e non un prodotto di marca. L’acronimo I.N.R.I. significa: Jesus Nazarenus Rex Judæorum (Gesù Nazareno Re dei Giudei). Nel Vangelo di Giovanni (cfr. 19,22) si narra che Pilato fece apporre questa scritta sulla croce, e quando alcuni membri del Sinedrio gli chiesero di toglierla rispose: «Quod scripsi, scripsi» (Quel che ho scritto, ho scritto). 5 Lettera a Dìogneto, V-1,5

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Dio, ma provare ad amare coloro che sono sulla nostra strada, sul nostro cammino. E lì sono sicuro che non ci si sbaglia. Leggendo queste pagine il lettore si dovrà prima o poi interrogare e verificare non solo come valorizzare la propria preghiera ma anche come orientarla affinché ci spinga a essere operatori di pace e di giustizia. Il brano che a mio parere può essere indicativo e orientativo è il capitolo 25 del Vangelo di Matteo, versetti dal 31 al 46, sul giudizio finale. Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, allora siederà sul suo trono di gloria. E tutte le nazioni saranno convocate davanti a lui. Separerà le persone come un pastore separa le pecore dalle capre, e metterà le pecore alla sua destra e le capre alla sua sinistra. Poi il Re dirà a quelli della sua destra: “Venite, benedetti da mio Padre, entrate nel Regno preparato per voi fin dall’inizio del mondo. Perché avevo fame, e voi mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato dell’acqua, ero straniero e mi avete ospitato nella vostra casa, ero nudo e mi avete dato dei vestiti, ero malato ed in prigione e siete venuti a trovarmi!” Queste persone giuste risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai eri straniero e ti abbiamo aiutato? O eri nudo e ti abbiamo dato degli abiti? E quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?” Ed il Re risponderà loro: “Quando lo avete fatto anche per l’ultimo di questi miei fratelli, lo avete fatto per me!” Poi dirà ai malvagi alla sua sinistra: “Andatevene, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli; perché avevo fame e non mi avete dato da mangiare, avevo sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete dato ospitalità, ero nudo e non mi avete dato dei vestiti, ero malato e in prigione e non siete mai venuti a farmi visita!” Allora quelli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato, straniero o nudo, malato o in prigione, e non ti abbiamo aiutato?” Ed egli risponderà: “Tutto quello che non avete fatto per aiuta-

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re anche l’ultimo di questi miei fratelli, non l’avete fatto neanche per me!” E questi se ne andranno nella punizione eterna, mentre i giusti entreranno nella vita eterna.

È proprio una conversione che occorre fare per coloro che si ritengono buoni, e già arrivati, e in questo la preghiera ci può aiutare.

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