NON SOLO VESCOVI. La Gerarchia cattolicae le sfide della Chiesa

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Giovanni Panettiere

NON SOLO VESCOVI La Gerarchia cattolica e le sfide della Chiesa

Presentazione di

Mons. Lucio Soravito De Franceschi

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Il Segno dei Gabrielli editori, 2012 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-167-6 Stampa Litografia de “Il Segno dei Gabrielli editori”, Ottobre 2012 Illustrazione di copertina: Annalisa Gatto

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SOMMARIO

Riflessione del cardinale Carlo Maria Martini

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Ricordo di Martini, di Giovanni Panettiere

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Prefazione di Mons. Lucio Soravito De Franceschi vescovo di Adria-Rovigo

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IL RUOLO DEL VESCOVO - Mons. Roberto Busti (Mantova) - Mons. Carlo Mazza (Fidenza) - Mons. Dante Lafranconi (Cremona)

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LA CHIESA E LA POLITICA - Mons. Delio Lucarelli (Rieti) - Mons. Sebastiano Dho (emerito Alba) - Mons. Domenico Mogavero (Mazara)

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LA MORALE SESSUALE - Mons. Silvano Montevecchi (Ascoli Piceno) - Mons. Paolo Urso (Ragusa)

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LA PEDOFILIA NELLA CHIESA - Mons. Tommaso Ghirelli (Imola) - Mons. Ivo Muser (Bolzano)

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IL CONCILIO VATICANO II E IL FUTURO DELLA CHIESA - Mons. Luigi Bettazzi (emerito di Ivrea) - Mons. Francesco Ravinale (Asti) - Mons. Giovanni Giudici (Pavia)

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Qualche volta si ha l’impressione, assistendo ad una conferenza generale dei vescovi italiani, di vedere tutto come coperto da una nube grigia. Non appaiono adeguatamente le differenze tra i vescovi, che sono molto segnate dalla storia e dalla esperienza personale. Questo produce nei modi di esprimersi alcune sottolineature e implicazioni lette in questo retroscena generale. Così, ci rallegra molto la presenza, in questo libro, di opinioni e inclinazioni che derivano dalla storia concreta di queste persone. Si sente che qui si dà voce a vescovi buoni e generosi, a quei vescovi ‘credenti’ di cui mi parlava nel primo incontro il nunzio in Italia. Auguro che il presente scritto incoraggi di più gli Ordinari a dire la loro anche in forma ufficiale e ringrazio l’Autore per la delicatezza con cui affronta di fatto tutti gli argomenti che sono nell’aria oggi.

Card. Carlo Maria Martini Milano, giugno 2012

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RICORDO DI MARTINI

Quando un amico libraio mi ha suggerito di trasmettere la bozza del volume al cardinale Carlo Maria Martini, non avevo alcuna speranza. Figurarsi – mi dicevo – se l’arcivescovo dedicherà un po’ del suo tempo al libro di un esordiente. Mi sbagliavo. Non solo la sua penna ha arricchito questo lavoro, ma ci saremmo incontrati da qui a qualche mese. Purtroppo il destino ha voluto diversamente. Non mi resta che ringraziarlo per l’umiltà e la simpatia dimostratami: certi tesori hanno un valore inestimabile. Mi auguro che i nostri successori degli apostoli trovino il coraggio necessario per uscire dal grigiume, di cui parla lo stesso Martini, sostenendo il pluralismo nel collegio episcopale e, più in generale, nella Chiesa pellegrina in Italia. Tredici vescovi hanno già rotto il silenzio: grazie a tutti quanti loro e, in particolare, a monsignor Lucio Soravito per la sua preziosa e partecipata prefazione. Giovanni Panettiere

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PREFAZIONE di Lucio Soravito De Franceschi vescovo di Adria-Rovigo

Fare il vescovo oggi, ossia animare e guidare una Chiesa locale in una società complessa come quella attuale – multietnica, multiculturale, multireligiosa – in rapida trasformazione, segnata da un crescente processo di secolarizzazione, è un compito, umanamente parlando, sempre più difficile e impegnativo. Non si tratta semplicemente di gestire un’azione pastorale ‘ordinaria’, ripetitiva, ma di promuovere un rinnovamento continuo della vita ecclesiale e dell’azione pastorale, perché la Chiesa sia lievito efficace e fermento stimolante di una nuova umanità, dentro una società in continuo e accelerato cambiamento. È questa l’esperienza che sto vivendo, come vescovo, da otto anni. Ed è questa l’esperienza che emerge dalle interviste stilate a tredici vescovi italiani dall’autore di questo volume: Giovanni Panettiere, giornalista molto perspicace del Quotidiano Nazionale (Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione). Con questi articoli, il cronista non si è fermato a rilevare la situazione socio-religiosa ed ecclesiale delle diocesi dei vescovi intervistati, né si è limitato a descrivere alcuni tratti della loro azione pastorale, ma ha voluto cogliere i problemi più scottanti che questi devono affrontare nelle loro Chiese e nella società attuale: l’atteggiamento critico e provocatorio della società nei confronti della Chiesa; il rapporto della Chiesa con la società, la cultura, la politica e le istituzioni civili; alcune questioni di viva attualità, come l’immigrazione, il ruolo della donna oggi, la morale sessuale, la convivenza, la pedofilia, ecc... 11


In queste pagine di presentazione mi limito a richiamare alcuni problemi di fondo, che emergono dalle interviste e che meritano una particolare attenzione. 1. Come fare il vescovo oggi? Panettiere ha voluto innanzitutto rilevare lo stato d’animo con cui il vescovo vive la sua missione in questo nostro tempo ed ha constatato che oggi «le responsabilità del vescovo sono davvero più pesanti» (Busti). 1 Ogni Pastore si trova a svolgere il suo servizio in una società sempre più laica, complessa, segnata da un’accelerata trasformazione. Ma come deve svolgere la sua missione? «Non può stare in cima alla piramide della Chiesa, con i fedeli posti sotto» (Mazza), ma deve stabilire un rapporto di fraternità con tutti, deve essere vicino a tutti. «Il vescovo è sia padre che fratello» (Mazza). La prima attenzione che un Pastore oggi deve avere – si legge nel testo – è quella di stabilire rapporti immediati, personali, con tutti, ivi comprese le istituzioni pubbliche, le autorità civili, le associazioni culturali e di servizio. Anzi, il primo atteggiamento che deve avere il vescovo è quello dell’ascolto: «Mi piace girare tra la gente, che tra l’altro mi saluta e mi accosta con assoluta spontaneità» (Busti). «Il pastore ha il dovere di percorrere la strada con gli altri. Chi sempre pontifica o insegna, cammina da solo. Bisogna saper ascoltare chiunque, anche chi parte da posizioni distanti dalle nostre» (Ravinale). Questo atteggiamento di ascolto – affermano i vescovi – il Pastore deve averlo con tutti, credenti e non credenti, praticanti e non praticanti. «Quello che interessa è puntare sui contenuti delle relazioni personali: condividere i problemi, concordare iniziative comuni, promuovere comunione, condivisione, corresponsabilità» (Ravinale). 1  Tra parentesi è citato il cognome del vescovo, di cui si riporta l’affermazione scritta nell’intervista.

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È all’interno di queste relazioni fraterne che il vescovo può svolgere la sua missione di maestro: «Suscitare nell’uomo la domanda su Dio, condurre all’incontro con Gesù, promuovere un’efficace testimonianza cristiana» (Mazza). Ma tutto questo lo deve fare con un atteggiamento di dialogo col mondo: «Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato ad essere amici e non in competizione col mondo. Papa Benedetto XVI ripete sempre che ‘la fede non è nemica del mondo’... Bisogna confermare la propria identità cristiana, non per utilizzarla come elemento di contrapposizione rispetto alle altre identità, ma per renderla base di un dialogo proficuo» (Mazza). 2. Quale servizio dare all’uomo? Il vescovo è chiamato a promuovere un’azione pastorale ‘a servizio dell’uomo’, come ha fatto Gesù Cristo, che «si è incarnato per noi uomini e per la nostra salvezza» (Credo). Questo atteggiamento di servizio è stato richiamato con molta forza dal Convegno ecclesiale nazionale di Verona nel 2006: «Il nostro unico interesse è metterci a servizio dell’uomo, perché l’amore di Dio possa manifestarsi in tutto il suo splendore». 2 Questo impegno di servizio in favore dell’uomo è stato assunto nuovamente dalla Chiesa italiana, all’inizio di questo secondo decennio, come obiettivo fondamentale per gli anni 2010-2020. Infatti gli orientamenti pastorali di questo decennio, Educare alla vita buona del Vangelo, chiamano le nostre Chiese a promuovere l’educazione integrale della persona. L’importanza di questo impegno educativo è richiamato anche da alcune interviste dei nostri vescovi: «L’educazione è un’esigenza vivamente sentita nella società. In questa prospettiva mi è sembrato che la Chiesa dovesse recuperare la 2  CEI, ‘Rigenerati per una speranza viva’ (1 Pt 1,3): testimoni del grande ‘sì’ di Dio all’uomo, Roma 2007, n. 19.

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coscienza del suo ruolo di soggetto educativo... Educare significa conoscere e amare la persona destinataria dell’azione educativa, cogliendone le potenzialità e i limiti. L’obiettivo è quello di aiutarla a prendere in mano la propria vita, fornendole criteri di discernimento per compiere scelte responsabili» (Lafranconi). Certo, non è un servizio semplice quello di formare la persona, soprattutto in un contesto globalizzato e in rapida evoluzione. «Assistiamo a un’evidente distanza degli stili di vita e dei modi di pensare tra la generazione degli adulti e quella dei giovani. Questa differenza – potremmo dire questa lontananza – da una parte, ha reso l’adulto spesso rinunciatario, perché privo del coraggio e dell’autorevolezza necessaria per proporre le proprie convinzioni ai giovani; dall’altra, ha determinato in questi una mancanza di punti di riferimento» (Lafranconi). Quale educazione dobbiamo dare? Dobbiamo educare alla libertà e alla responsabilità. «Come uomini abbiamo due gambe: la libertà e la responsabilità. Senza una gamba si vive, ma si cammina male... Uno dei problemi del nostro tempo sta nell’aver scisso la libertà dalla responsabilità. Io non sono libero di fare quello che voglio, ho solo la possibilità di scegliere tra i beni a mia disposizione... La responsabilità non limita la libertà, ma favorisce la sua piena realizzazione. È come dire che si vuole il lavoro senza la fatica. La fatica è la bellezza del lavoro. Io non desidero la fatica per la fatica, però so che le cose belle richiedono fatica» (Montevecchi). 3. Quale servizio dare al ‘bene comune’? Il vescovo è chiamato a favorire con la sua azione pastorale anche la promozione del ‘bene comune’. «Tutti i cittadini devono provare a dare il loro specifico contributo alla costruzione della società, ognuno portando il proprio mondo di valori e l’originalità della propria visione della vita, quindi anche i cattolici. I cattolici devono proporre e votare 14


leggi che siano conformi il più possibile alla loro identità cristiana» (Lucarelli). Quale deve essere la collaborazione della comunità ecclesiale nella promozione del ‘bene comune’? «La Chiesa ritiene suo dovere offrire il suo contributo specifico, affinché le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili. La Chiesa non può e non deve mettersi al posto dello Stato, ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia» (DCE 28). Tuttavia in questa collaborazione «la politica e la conseguente azione dei governi non devono avere alcuna connotazione di tipo confessionale. Sono convinto che non sia il caso di pretendere una tutela per legge dei valori cosiddetti non negoziabili. Certamente noi cristiani questi principi dobbiamo viverli, testimoniarli e proporli, senza alcuna velleità di imporli agli altri con la stessa forza vincolante con la quale noi li professiamo e li viviamo» (Mogavero). Le istituzioni pubbliche devono riconoscere e sostenere le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vicinanza agli uomini bisognosi di aiuto. La Chiesa è una di queste forze vive: in essa pulsa la dinamica dell’amore suscitato dallo Spirito di Cristo (cf. DCE 28). «La partecipazione dei cattolici alla vita politica deve essere realizzata sulla base di una libera opzione da parte di ciascuno» (Mogavero). 4. Quale dialogo deve fare la Chiesa con la società? Dalle interviste emerge un’esigenza ricorrente, che trova le sue motivazioni nell’attuale società secolarizzata: l’esigenza del dialogo con la società. Questa esigenza è stata sottolineata già dal Concilio Vaticano II: «Dal Vaticano II è uscita una comunità attenta ai valori, dalla libertà alla solidarietà, e tesa a riconoscerli e a incoraggiarli dove sono. Ma anche una Chiesa pronta a discernere quanto di troppo chiuso o egoistico possa rovinare gli ideali più elevati, da parte dei singoli come dei popoli» (Bettazzi). 15


Il Papa che ha promosso maggiormente questo rapporto dialogico della Chiesa con la società è stato Giovanni Paolo II; lo ha fatto durante tutto il suo ministero petrino, promuovendo la visibilità della Chiesa nel mondo. «Penso a due grandi intuizioni: l’incontro delle religioni ad Assisi e le Giornate mondiali della gioventù» (Bettazzi). Ma la Chiesa non può limitarsi a stabilire un dialogo con la società; essa ha un Vangelo da annunciare al mondo. Una testimonianza significativa a questo riguardo ce l’ha data il card. Martini, arcivescovo emerito di Milano. Di questa testimonianza ha parlato nell’intervista il vescovo milanese di Pavia, mons. Giovanni Giudici. Nel servizio pastorale di Martini la Bibbia ha avuto un ruolo decisivo anche nel confronto con gli atei. Per loro Martini ha istituito la Cattedra dei non credenti. In quegli incontri quanti avevano impostato la loro vita sulla fede stavano di fronte agli atei, in modo da ascoltare i loro interrogativi e le loro risposte. Così i credenti erano aiutati a comprendere meglio le domande che si portavano dentro e le loro certezze, in un clima di rispetto reciproco e di costante interscambio (cf. Giudici). «Tra i non credenti ci sono personalità dotate di una capacità di dedizione e intelligenza del presente tale da diventare richiami e, in qualche misura, maestri anche per noi che abbiamo fede su quel che bisogna fare o omettere per essere abitanti pensosi e costruttivi del presente» (Giudici). Per questo Martini ha sempre cercato di dialogare con chiunque avesse un ragionamento da far valere, al di là delle classiche categorie di credente e non credente, di cattolico e di non cattolico (cf. Giudici). 5. Quali i problemi più ‘scottanti’ oggi? Quasi tutte le interviste fatte ai vescovi hanno affrontato anche alcuni problemi etici e sociali ‘scottanti’, che meritano essere oggetto di riflessione. Alcuni di essi riguardano la Chiesa e i cristiani: perché non si può dare l’Eucaristia ai 16


risposati? Perché non si possono ordinare presbiteri gli uomini sposati (viri probati)? Perché la Chiesa Cattolica non dà il diaconato alle donne? (cf. Lafranconi). Altri problemi riguardano le donne ed i migranti (cf. Urso): quale inserimento è reso possibile oggi alle donne nella vita sociale? E la dignità dei migranti la rispettiamo? «Il mio giudizio negativo sulle politiche migratorie, e quindi sulle forze politiche che le hanno pervicacemente volute, ha trovato larga conferma in questi ultimi anni. Ogni impostazione di norme inspirate a principi di pregiudiziale discriminazione, con punte di razzismo e xenofobia, sono in contraddizione diretta con i diritti umani e tanto più con i grandi valori cristiani» (Dho). Un altro problema preoccupante è quello delle convivenze, in rapido aumento (cf. Urso e Montevecchi). Ci si può limitare a riconoscere questo stato di fatto? Come aprire i conviventi alla prospettiva del matrimonio? Come accompagnare queste persone dalla convivenza (una scelta privata e provvisoria) al matrimonio (una scelta pubblica e stabile)? Altri due problemi ‘delicati’ sono l’omosessualità (Urso) e la pedofilia (Mazza, Muser, Ghirelli). Quest’ultima, in particolare, va affrontata «in modo offensivo e contemporaneamente in modo preventivo... I mass media, nonostante perseguano i loro interessi, hanno contribuito a fare in modo che la Chiesa si schierasse apertamente dalla parte delle vittime e hanno contribuito a contrastare apertamente e con coraggio la problematica della pedofilia, una realtà dolente e sensibile» (Muser). «Occorre far leva su tutte le occasioni e i mezzi per lenire le ferite. Il papa fa benissimo ad incontrare le vittime dei pedofili. La Chiesa pone sempre al centro la persona che soffre. In questo caso al primo posto deve esserci chi ha patito l’abuso» (Ghirelli). Chiudo la presentazione di questo volume di interviste, rinnovando il mio più sentito ringraziamento al carissimo 17


Panettiere, per avere affrontato tutti questi problemi ecclesiali, etici, sociali e culturali e averli proposti alla riflessione di tutti. Un grazie sentito lo esprimo anche ai confratelli vescovi, per avere collaborato nella realizzazione di queste significative interviste e per le riflessioni stimolanti che hanno saputo dare attorno a questi temi, che fanno parte integrante della nostra vita ecclesiale e della nostra azione pastorale.

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