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3 Collana Storia della Chiesa in Europa centro-orientale Diretta dal prof. Jan Mikrut
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Piano della Collana
La Chiesa cattolica e il Comunismo in Europa centro-orientale e in Unione Sovietica
(1a ed. Marzo 2016 - 2a ed. Novembre 2016 - 3a ed. Aprile 2019)
Il governo e la Chiesa in Polonia di fronte alla diplomazia Vaticana (1945-1978) (1a ed. Aprile 2016)
Testimoni della fede. Esperienze personali e collettive dei cattolici in Europa centro-orientale sotto il regime comunista (1a ed. Marzo 2017)
La Chiesa cattolica in Unione Sovietica. Dalla Rivoluzione del 1917 alla Perestrojka (1a ed. Novembre 2017)
La Chiesa cattolica in Europa centro-orientale di fronte al Nazionalsocialismo 1933-1945 (1a ed. Aprile 2019)
Perseguitati per la fede. Le vittime del Nazionalsocialismo in Europa centro-orientale (1a ed. Maggio 2019)
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PERSEGUITATI PER LA FEDE
Le vittime del Nazionalsocialismo in Europa centro-orientale
a cura di Jan Mikrut Prefazione Cardinale Angelo Amato
6 Recensione del volume: Prof. Dr. Zygmunt Zieliński (Lublino) Prof. Dr. Emil Kumka (Roma) Questo volume è stato realizzato anche con il contributo di: Office to Aid the Church in Central and Eastern Europe United States Conference of Catholic Bishops
© Il Segno dei Gabrielli editori, 2019 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it Prima edizione, maggio 2019 ISBN 978-88-6099Stampa MIG srl - Moderna Industrie Grafiche (Bologna)
Indice
INDICE
Prefazione: Sua Eminenza Rev.ma Cardinal Angelo Amato Introduzione: Jan Mikrut
Germania 1933-1945 I sacerdoti del campo di concentramento di Dachau Giovanna Brizi La protezione dei malati di mente nell’ospedale di Branitz durante il periodo nazista. Mons. Joseph Martin Nathan Edyta Kołtan Padre Richard Henkes. Dal pulpito al lager di Dachau Giovanna Brizi Unzeitig Engelmar. Leisner Karl Giovanna Brizi
Austria 1938-1945 Il consigliere governativo e canonico Leonhard Steinwender (1889-1961). Resistenza spirituale, giornalistica e politica contro il nazionalsocialismo prima dell’“Anschluss” dell’Austria nel 1938 Ignaz Steinwender Cristo o Hitler. Vita del beato Franz Jägerstätter Cesare Giacomo Zucconi La resistenza religioso-patriotica dei sacerdoti: Jakob Gapp (1897-1943) Franz Reinisch (1903-1942) e Carl Lampert (1894-1944) Jan Mikrut La resistenza delle suore: Restituta Kafka, Angela Autsch, Anna Bertha Königsegg e Verena Buben Ruth Beinhauer Il sacerdote internato Andreas Rieser (1908-1966). Un profeta nella sua stessa patria Ignaz Steinwender Otto Neururer (1882-1940), sacerdote esemplare e martire Nicola Spinato I cattolici nella resistenza: Franz Heckenast (1889-1939), Jakob Kastelic 1897-1944, Heinrich Maier (1908-1945), Roman Scholz (1912-1944) Jan Mikrut
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8 Indice Josef Mayr-Nusser (1910-1945), formatore responsabile nello scontro tra due mondi Nicola Spinato
Repubblica Ceca 1938-1945 I sacerdoti imprigionati nel campo di concentramento di Dachau. Testimonianza di Bedřich Hoffmann Jitka Jonová
Jugoslavia Croazia - Bosnia ed Erzegovina 1941-1944 Il ruolo dell’arcivescovo di Zagabria Alojzije Stepinac nella difesa dei perseguitati da parte dei nazisti e dei loro alleati Miroslav Akmadža Slovenia 1941-1944 Lambert Ehrlich: professore, catechista, etnologo, leader spirituale dei cattolici Sloveni Tamara Griesser-Pečar P. Gvido Krisch OT, vittima dell’eutanasia Tamara Griesser-Pečar I sacerdoti sloveni internati nel campo di concentramento di Dachau Ilaria Montanar Il campo di concentramento di Dachau nei ricordi di don Franc Hrastelj Ilaria Montanar Don Anton Duhovnik e la sua lotta contro i tre totalitarismi del XX secolo Ivo Jevnikar
Lettonia 1941-1944 Come la cooperazione della Chiesa lettone-cattolica romana con i nazisti fu valutata dal regime sovietico? Una panoramica sui casi criminali di sacerdoti cattolici condannati Solveiga Krumina-Konkova Affrontando il primo dei due “liberatori”: il popolo e la Chiesa cattolica in Lettonia all’ombra della svastica Māra Kiope Non uccidere! I cattolici che salvarono gli ebrei durante l’occupazione nazista in Lettonia Inese Runce
Indice
Polonia 1939-1945 I sacerdoti polacchi nei campi di concentramento Sabina Bober I vescovi perseguitati nel periodo dell’occupazione della Polonia Albert Warso “Sono un sacerdote cattolico”. Maksymilian Maria Kolbe martire di Auschwitz Pasquale Triulcio Il contributo degli ordini religiosi femminili al salvataggio degli ebrei in Polonia durante la Seconda guerra mondiale Agata Mirek Il salvataggio degli Ebrei da parte del clero dell’arcidiocesi di Vilnius nel 1941-1944 Tadeusz Krahel “So per quale motivo soffro”. Card. Adam Kozłowiecki SJ (1911-2007): prigioniero dei campi nazisti, missionario - arcivescovo Marek Inglot L’ethos del sacerdote cattolico nel tentativo di unire i tedeschi e i polacchi sul confine tedesco-polacco tra il 1918-1945 Dariusz Śmierzchalski-Wachocz Salvare gli indifesi a tutti i costi. Adam Sztark SJ, un Giusto tra le nazioni del mondo, e altri al servizio della salvaguardia degli Ebrei Kamil Hewelt Il capitano Witold Pilecki (1901-1948): l’eroe di Auschwitz che volevano cancellare dalla storia Paweł Wójcik Repressioni nel Seminario vescovile di Tarnów da parte dei nazisti negli anni 1939-1945 durante il mandato dei rettori: il beato Roman Sitko e Władysław Węgiel Tadeusz Pyzdek Il regime hitleriano nei confronti dei gesuiti polacchi Stanisław Cieślak Il Terzo Reich nei confronti della Chiesa in Alta Slesia. Don Jan Macha (1914-1942), martire della caritas cristiana Damian Bednarski La distruzione dell’istruzione cattolica e l’impatto nell’educazione clandestina della Chiesa cattolica durante la Seconda guerra mondiale nei territori polacchi Jakub Bieszczad Don Zygmunt Chmielnicki (1891-1944) – martire del campo di concentramento di Gross-Rosen Maria Dębowska
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10 Indice Il clero della diocesi di Luck – vittime dei crimini e delle repressioni tedesche negli anni 1939-1945 Maria Dębowska Le Suore della Sacra Famiglia di Nazareth, martiri di Nowogródek Barbara Gromada I presunti martiri Józef e Wiktoria Ulma e i loro sette figli Witold Burda I luoghi in cui furono nascosti gli Ebrei durante la campagna di salvataggio intrapresa dal metropolita greco-cattolico Andrej Šeptyckyj tra il 1942 e il 1944 Yuriy Skira
Romania 1941-1944 I cappellani militari romeni durante la Seconda guerra mondiale Fabian Doboș
Slovacchia 1939-1945 La Chiesa cattolica di rito latino Tomáš Munk, cattolico di origine ebraica e testimone della fede di fronte al razzismo nazional-socialista Ivan A. Petranský I sacerdoti cattolici slovacchi – vittime dei partigiani comunisti nel 1944-1945 Martin Lacko
Ungheria 1940-1944 La diplomazia pontificia durante la persecuzione degli Ebrei in Ungheria Helenio Schettini
Cardinale Angelo Amato - Prefazione
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Cardinale Angelo Amato
Prefazione
1. Fin dagli inizi la Chiesa ha vissuto la beatitudine della persecuzione: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,11-12). I martiri sono i testimoni plausibili di queste parole paradossali di Gesù. Nei martiri, uomini e donne deboli e inermi, anziani e bambini, ricchi e poveri, Dio manifesta la potenza della sua grazia e della sua carità. Con l’offerta della loro vita innocente, i martiri immettono nella società il seme divino dell’amore e del perdono, vincendo il male con il bene e facendo irrompere nell’umanità la luce della speranza e della fraternità. Il martire cristiano non distrugge e non uccide, ma ama la vita ed edifica la società con i suoi gesti di carità e di tenerezza, suscitando spesso anche nei carnefici stupore, condivisione e silenziosa conversione. 2. Nonostante le rosee previsioni, il secolo XX fu per la Chiesa in Europa l’epoca dolorosa e gloriosa insieme dei martiri. L’Europa, terra di santi, di missionari, di fondatori di grandi ordini religiosi, diventò all’improvviso terreno di conquista dei funesti cavalli dell’Apocalisse: il cavallo rosso fuoco, seminatore di guerre; il cavallo nero, apportatore di fame e distruzione; il cavallo verde, cavalcato dalla morte, sterminatore dell’umanità con la sua falce fatale (cfr. Ap. 6,3-8). In quel periodo sembrava che il regno dell’anticristo – nella persona di tiranni menzogneri e pieni di odio verso l’umanità – si fosse impadronito della terra santa di Benedetto, Cirillo e Metodio, Francesco, Caterina, Teresa, per trasformarla in un cimitero triste e freddo. Persecuzione spagnola, dittature comuniste, regimi nazisti e fascisti, ateismo albanese, instaurarono uno stato diffuso di sopruso, di sopraffazione e di terrore. Si propagò un inquinamento malefico, che mordeva e spegneva le coscienze. Era come un vulcano che eruttava lava mortale, che seppelliva uomini e donne con violenza brutale. Si avviliva e si uccideva senza pietà. Non c’erano più lacrime per piangere le morti innocenti. Le fosse dei cadaveri costellavano come pustole le campagne. Orrore, paura, crudeltà arbitraria e assopimento etico facevano sanguinare i popoli, togliendo loro ogni prospettiva di umanità. Vagavano per le lande fantasmi e ombre di visitatori invisibili, che urlavano al vento e scongiuravano: basta, mai più, mai più.
12 Cardinale Angelo Amato - Prefazione 3. In questo clima di morte e persecuzione la Chiesa sfuggì per miracolo alla micidiale soluzione finale, rimanendo per provvidenza divina la roccia a difesa della vera umanità contro ogni forma di barbarie. Tuttavia enorme fu il bilancio dei cattolici, vittime dei regimi oppressivi e illiberali, la cui ideologia sopravvive ancora oggi sotto mentite spoglie. Come reagirono i cristiani? Parafrasando il titolo di un piccolo libro di don Primo Mazzolari,1 possiamo dire che “i cristiani seppero morire”. Educati dalla sapienza divina, infatti, essi sanno che, subendo castighi, persecuzioni e morte, la loro speranza resta piena di immortalità: “In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto” (Sap 3,5-6). È questa la conclusione piena di speranza dell’opera di Ferdinand Antoni Ossendowski (1876-1945), al termine della sua poderosa biografia romanzata di Lenin. Nonostante l’ateismo sovietico imperante, i fedeli russi continuarono a celebrare la pasqua nelle piccole chiese clandestine: Gli uomini raccolti nella chiesa avevano dimenticato la loro vita misera, le loro sofferenze atroci. Nessuno dei presenti sentiva la propria disgrazia, la disperazione si era dispersa come si erano disperse le paure: tutto era luminoso, chiaro, comprensibile e le lagrime che sgorgavano di sotto alle palpebre erano lagrime di gioia di commozione, di speranza, come se la palude in mezzo alla quale il popolo russo da tanti anni si era incamminato sprofondando nel fango fosse scomparsa del tutto. La miseria e la morte si erano fermate sulla soglia sacra della chiesa ed il pensiero, liberato dall’incubo pauroso, correva attravreso la via luminosa per raggiungere la mèta suprema: il regno della Verità eterna, Verità sublime che tracciava i destini dell’umanità guidandola verso mete incomprensibili per l’intelletto degli esseri viventi.2
4. Questo ulteriore volume curato dal Prof. Jan Mikrut della Pontificia Università Gregoriana offre un quadro ampio e articolato delle vittime del Nazionalsocialismo nell’Europa centro-orientale.3 Gli autori degli studi hanno rintracciato ed esaminato con lodevole acribia storica migliaia di documenti presenti nei numerosi archivi europei, portando alla luce motivazioni, comportamenti e ambizioni sia dei carnefici sia delle vittime, che restano i veri protagonisti in positivo di questo triste censimento. I preti sanno morire, pubblicato nel 1958 e dedicato a un sacerdote italiano ucciso dai comunisti a Reggio Emilia nel 1946. 2 F. A. Ossendowski, Lenin!, Sesto San Giovanni 2018, 429-430. 3 J. Mikrut (ed.), La Chiesa cattolica e il Comunismo in Europa centro-orientale e in Unione Sovietica, San Pietro in Cariano (Verona) 2016, 797; Id. (ed.), Testimoni della fede. Esperienze personali e collettive dei cattolici in Europa centro-orientale sotto il regime comunista, San Pietro in Cariano (Verona) 2017, 1243; Id. (ed.), La Chiesa cattolica in Unione Sovietica. Dalla Rivoluzione del 1917 alla Perestrojka, San Pietro in Cariano (Verona) 2017, 1021. 1
Cardinale Angelo Amato - Prefazione
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La lettura di quest’opera sarà di grande edificazione per tutti. I numerosi martiri, alcuni dei quali già elevati agli onori degli altari dalla Chiesa, ci interpellano ogni giorno sulla nostra vita di coerenza cristiana. Non disperdiamo come acqua sulla sabbia, il grande dono della fede. Il Vangelo ha ancora oggi bisogno di testimoni credibili. Angelo Card. Amato, SDB Roma, 23 febbraio 2019 San Policarpo, vescovo di Smirne e martire
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Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo
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Jan Mikrut
I cattolici nei confronti del nazismo: tra martirio e collaborazionismo
Il volume Perseguitati per la fede. Le vittime del Nazionalsocialismo in Europa centro-orientale è già il quinto libro della collana Storia della Chiesa in Europa centro-orientale dedicato ai totalitarismi del XX secolo e il secondo delle due pubblicazioni che mirano a studiare la storia della Chiesa cattolica nel periodo della dominazione politica e militare del nazionalsocialismo tedesco e della sua influenza nei Paesi limitrofi. Questo ultimo libro si pone come l’obbiettivo di presentare la tragica storia della Chiesa nei Paesi occupati dall’Esercito tedesco o negli Stati satelliti del Terzo Reich attraverso le vicende e le esperienze personali e collettive dei cristiani, specialmente quelli che ebbero il coraggio di opporsi apertamente al cruento regime politico-militare, mettendo a repentaglio anche la propria vita. La Seconda guerra mondiale (1939-1945) fu per la Chiesa nei Paesi del centro-est europeo il periodo delle più grandi persecuzioni mai conosciute in nessuna tappa della loro storia. Gli anni dell’occupazione nazista furono soprattutto il momento dello spietato sterminio del clero e dei fedeli, della cancellazione delle numerose strutture amministrative della Chiesa, della quasi completa soppressione dell’ordinario lavoro pastorale nelle chiese e nelle strutture ecclesiastiche e di un ampio barbarico saccheggio dei beni materiali, inclusi gli oggetti di culto e le opere d’arte. Il martirio dei numerosi cristiani, sia laici sia ecclesiastici, in quel difficilissimo periodo storico, nonostante siano passati già ottant’anni dall’inizio della guerra e nonostante siano state già scritte numerose pubblicazioni a riguardo nel percorso degli anni dopo la guerra non è stato ancora del tutto studiato e descritto. Esso è specialmente poco conosciuto nei Paesi occidentali che hanno sperimentato gli orrori della guerra in misura minore rispetto all’Europa dell’Est. Lo scopo di questa pubblicazione è quello di colmare, per quanto possibile, questa lacuna e avvicinare ai nostri lettori diverse figure di coraggiosi cristiani, poco conosciute o del tutto sconosciute, che si distinsero per il loro coraggio, la loro testimonianza e innanzitutto per la loro fedeltà a Cristo e alla Sua Chiesa. La persecuzione e le condizioni di guerra fanno emergere dalle persone il peggio così come il meglio, corrompono, ma fanno anche diventare eroi e santi. In questa pubblicazione vogliamo raccontare le storie di eroi e di santi, senza tacere sugli atteggiamenti deplorevoli e inaccettabili in qualsiasi tempo e circostanza. Il primate di Polonia, il cardinale Stefan Wyszyński, il 23 maggio 1967, parlando ai sacerdoti che erano stati prigionieri dei campi di concentramento citò le memorabili parole di Pio XII: “Verrà il momento in cui dai campi di con-
16 Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo centramento e dalle prigioni preleveremo le ceneri delle persone che vi sono morte e le porteremo agli altari”. Queste parole si sono rivelate profetiche e molti martiri uccisi per la fede e per aver dimostrato la loro umanità nei tempi disumani sono stati già elevati alla gloria degli altari, mentre altri attendono ancora di essere riconosciuti beati della Chiesa cattolica. Presentiamo qui solo alcuni di loro, sperando di poter realizzare così l’appello del papa polacco, Giovanni Paolo II, rivolto a tutte le Chiese e agli uomini di Chiesa di preservare e tutelare la memoria dei martiri del XX secolo: Questo secolo poi, che volge al tramonto, ha conosciuto numerosissimi martiri soprattutto a causa del nazismo, del comunismo e delle lotte razziali o tribali. Persone di ogni ceto sociale hanno sofferto per la loro fede pagando col sangue la loro adesione a Cristo e alla Chiesa o affrontando con coraggio interminabili anni di prigionia e di privazioni d’ogni genere per non cedere ad una ideologia trasformatasi in un regime di spietata dittatura. Dal punto di vista psicologico, il martirio è la prova più eloquente della verità della fede, che sa dare un volto umano anche alla più violenta delle morti e manifesta la sua bellezza anche nelle più atroci persecuzioni. /…/. Per questo la Chiesa in ogni parte della terra dovrà restare ancorata alla loro testimonianza e difendere gelosamente la loro memoria. Possa il Popolo di Dio, rinforzato nella fede dagli esempi di questi autentici campioni di ogni età, lingua e nazionalità, varcare con fiducia la soglia del terzo millennio. L’ammirazione per il loro martirio si coniughi, nel cuore dei fedeli, con il desiderio di poterne seguire, con la grazia di Dio, l’esempio qualora le circostanze lo richiedessero (Giovanni Paolo II, Incarnationis Mysterium, n. 13). Questi “martiri sconosciuti” di cui parla Giovanni Paolo II, sono soprattutto grandi folle di coloro che sono stati vittime dei regimi totalitari durante la Seconda guerra mondiale. Il bilancio delle vittime umane nel periodo 1939-1945 è raccapricciante. Si stima che in totale persero la vita oltre 55 milioni di persone, sei volte e mezzo in più della Prima guerra mondiale, in cui ne erano morte 8.600.000 di persone. Durante la Seconda guerra mondiale, nella sola Unione Sovietica morirono più di 20 milioni di persone, ovvero l’11% della popolazione dell’intera URSS. La Germania perse circa 3.250.000 di soldati e meno di 4 milioni di civili, complessivamente tre volte meno dell’URSS. I Paesi della coalizione antihitleriana persero un totale di 18.500.000 di soldati e più di 25 milioni di civili, per un totale di quasi 44 milioni di persone. I due maggiori totalitarismi del secolo scorso, il nazismo tedesco e il comunismo sovietico, presupponevano la dominazione di un’unica ideologia legittima sotto il governo di un’unica forza politica. La natura totalitaria di queste due dottrine politiche e sociali ha escluso, a lungo termine, un compromesso con le istituzioni sovranazionali che avevano obiettivi propri e una struttura indipendente. In questa situazione politica, proprio la Chiesa cattolica romana, con il suo instancabile insegnamento, appariva come uno dei più temibili nemici ideologici di questi sistemi. Infatti, gli ideologi nazisti si posero come l’obiettivo non soltanto di forgiare una nuova società basata sui principi del nazionalsocialismo, ma anche di sottomettere le coscienze degli individui, reprimendo qualsiasi dissenso verso la dottrina ufficiale dello Stato.
Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo
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I nazisti realizzarono con determinazione la loro politica a seconda del luogo e delle circostanze, tuttavia, nella maggior parte dei casi applicarono la politica dei fatti compiuti, cercando di mantenere le apparenze di legalità e attaccando la Chiesa e i cristiani come rivoltosi che minacciavano i fondamenti dello Stato di diritto. Così, il programma politico dello Stato nazista comprendeva la spietata lotta contro la Chiesa cattolica riconosciuta come il più grande pericolo per il Terzo Reich. La politica dei nazisti nei confronti dei cristiani fu esposta in modo esplicito da uno dei principali ideologi del nazismo, Heinrich Himmler, il quale diceva: “Ai nostri tempi non sarà più possibile diventare un martire. Ce ne occuperemo noi. Faremo in modo che persone di questo tipo finiscano nell’oblio”. Appunto, le prime comunità cristiane che dovettero scontrarsi con il regime nazista furono le comunità sia cattoliche che protestanti, in Germania seguite dalla Chiesa cattolica austriaca. Per questo motivo aprono il nostro volume i due capitoli dedicati alla situazione dei cristiani, laici ed ecclesiastici, in Germania e in Austria che dal 1938 facevano parte di un unico organismo politico. Difficilmente si potrebbe affermare che l’atteggiamento dei cristiani tedeschi, sia cattolici che protestanti, nel Terzo Reich fosse un grande atto di eroismo. Anzi, non è possibile sostenere una tale ipotesi. Da parte cattolica c’era molta paura tra i vescovi, i sacerdoti e i laici, paura e ansia di perdere benefici, posizione o libertà. Non mancarono le illusioni, le reazioni esagerate, la follia e la debolezza. Tuttavia, i nostri autori si concentrano principalmente di illustrare il comportamento dei cattolici in quel momento storico, mettendo in luce alcuni esempi più illustri per mostrare ciò che le persone in una situazione simile potevano o non potevano permettersi, o che cosa erano disposte a fare. Fino al 1938 i cattolici costituivano circa due terzi della società tedesca. Le statistiche mostrano 8.021 casi di sacerdoti cattolici nel Reich tedesco (esclusa l’Austria) colpiti da varie misure di repressione del regime nazista per motivi politici e religiosi nel periodo 1933-1945, ossia il 35,9% di tutto il clero. In particolare, le persecuzioni toccarono i giovani sacerdoti e i religiosi, mentre il nazionalsocialismo in generale trattò con più “garbo” il clero anziano. Oltre alla pena di morte, l’arma più potente del regime fu la deportazione in un campo di concentramento. La maggior parte dei sacerdoti imprigionati furono mandati nel campo di concentramento di Dachau. Il Konzentrationslager Dachau fu fondato nel 1933, subito dopo la presa del potere da parte dei nazisti, vicino alla città di Dachau in Baviera. Era il campo principale per i prigionieri politici e per il clero cristiano: cattolico, ortodosso e protestante. Dei 2.794 sacerdoti deportati a Dachau, il gruppo nazionale più numeroso, cioè 1.777 persone, erano vescovi, sacerdoti, seminaristi e religiosi polacchi. Dei 1.030 sacerdoti che vi persero la vita, ben 868 provenivano dalla Polonia. Tra i prigionieri vi erano anche noti dignitari ecclesiastici come il cardinale Adam Kozłowiecki, l’arcivescovo Kazimierz Majdański, il vescovo Ignacy Jeż, o padre Marian Żelazek, missionario verbita e apostolo dei lebbrosi in India. Tuttavia, anche 418 sacerdoti tedeschi furono spediti nei campi di concentramento e 110 di loro vi tro-
18 Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo varono la morte. 59 sacerdoti cattolici nel Terzo Reich furono giustiziati oppure uccisi nelle carceri o in altre circostanze. Secondo le statistiche, che comprendono anche l’Austria, nei campi di concentramento furono imprigionati 447 sacerdoti tedeschi, tra cui 411 cattolici e 36 protestanti. Secondo lo storico tedesco, Ulrich von Hehl, oltre al clero cattolico non vi era nessun altro gruppo di dimensioni comparabili che fosse esposto in modo così massiccio alle restrizioni degli organi di vigilanza nazionalsocialisti. Esistono anche degli indizi che fanno supporre che Adolf Hitler pensasse a una sorta di “soluzione definitiva della questione cattolica” dopo la fine della guerra. Nondimeno, già nel corso della guerra negli anni 1939-1945 nel Terzo Reich e in tutti i Paesi occupati furono uccisi circa 4.000 sacerdoti cattolici. La domanda più frequente che si pongono gli storici è: i cattolici tedeschi si sono opposti a Hitler? Sicuramente molti di loro erano attivi nel cosiddetto Circolo di Kreisau, tra cui tre gesuiti tedeschi (Alfred Delp, Augustin Rölsch e Lothar König). Il colonnello Claus von Stauffenberg, che il 20 luglio 1944 compì un attentato senza successo contro il leader del Terzo Reich, era anch’egli un cattolico e nelle sue azioni si ispirò all’idea di tirannicidio. È anche ben documentata la storia di Josef Müller, un ufficiale dell’Abwehr, che partecipò alla cosiddetta cospirazione di Canaris e si mise in contatto con la Santa Sede. Dopo la guerra, diventò un apprezzato politico della CSU nella Germania occidentale e collaborò con la CIA. Tuttavia, l’opposizione dei cattolici tedeschi al regime nazista non ebbe un carattere massiccio, anzi a volte era ambigua e magari volta a concludere la guerra con un trattato di pace che avrebbe permesso di mantenere almeno una parte delle conquiste territoriali. La Repubblica Ceca, propriamente la Boemia e la Moravia, che all’epoca facevano parte della Cecoslovacchia, fu la prima vittima del Terzo Reich incorporata allo Stato tedesco a cavallo tra il 1938 e il 1939. Nonostante le condizioni di generale debolezza della Chiesa cattolica ceca, i cattolici cechi dimostrarono appieno il loro patriottismo durante l’occupazione nazista. Quasi 600 sacerdoti e religiosi cechi (su un totale di circa 2.500) si trovarono nei campi di concentramento nazisti. 60 sacerdoti furono assassinati, mentre il numero di vittime tra i cattolici laici ammonta a diverse migliaia di persone. Molto più complicata era invece la situazione della Chiesa nella vicina Slovacchia, divenuta nel 1939 satellite della Germania nazista. Qui durante la guerra il presidente dello Stato fu un sacerdote cattolico, Jozef Tiso. Questi fu indirettamente responsabile dell’introduzione delle leggi razziali e del trasporto di 60.000 ebrei slovacchi nei campi di sterminio. Il Vaticano per la sua attività politica lo minacciò più volte, anche con la scomunica, ma fino alla fine della sua vita rimase un ecclesiastico a pieno titolo. Nel 1947 dopo solo un breve processo farsa davanti a un tribunale comunista fu condannato alla pena di morte e in conseguenza fu impiccato per crimini di guerra. Il collaborazionismo del sacerdotepresidente slovacco si ripercosse purtroppo su tutto il clero, specialmente dopo la guerra, nel periodo comunista, dando un forte adito alla terribile persecuzione della Chiesa cattolica slovacca. A prescindere dalla figura del presedente slo-
Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo
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vacco e delle sue poche possibilità dello scontro con la Germania nazista, anche qui i rappresentanti della gerarchia cattolica, ma soprattutto i numerosi semplici parroci, le suore e i cattolici laici diedero con le forme dell’aiuto ai bisognosi e per la salvaguardia degli ebrei una bella testimonianza della loro fedeltà a Cristo e ai comandamenti della Chiesa. Oltre alla Slovacchia durante la guerra collaborarono con il governo tedesco anche la Croazia e l’Ungheria. A questo punto sorge una domanda sulle motivazioni che spinsero i leader dei regimi a collaborare con il governo hitleriano. Certamente si tratta di una questione difficile da risolvere per lo storico, perché sarebbe necessario valutare ogni singolo atteggiamento specifico in ambedue gli Stati, di cui la storia era molto differente. Ad ogni modo, mentre alcuni compromessi possono essere compresi dal punto di vista politico, moralmente la cooperazione con il potere militare tedesco deve essere valutata negativamente. Il potere in Croazia, con il consenso della Germania, fu assunto dagli attivisti croati del movimento ustascia sotto la guida di Ante Pavelić. Cominciarono le epurazioni di serbi, ebrei e zingari. L’arcivescovo di Zagabria era allora Alojzije Viktor Stepinac (1898-1960), futuro cardinale e beato della Chiesa cattolica. Il presule croato cercava con determinazione, in una situazione politicamente molto complessa, di svolgere le diverse azioni per la salvaguardia delle persone perseguitate. Ma durante la guerra l’arcivescovo Stepinac, volente o nolente, in alcuni casi fu costretto dalle circostanze a sostenere il regime degli ustascia. Successivamente fu accusato dai parigiani e poi dal governo comunista per motivi di propaganda, senza le dovute prove, di aver costretto gli ebrei e i serbi ortodossi a convertirsi al cattolicesimo. In realtà in una situazione politicamente e militarmente molto complessa, in molti casi si trattava di un’attività di salvataggio delle vite umane, perché un certificato di battesimo emanato dalla Chiesa cattolica rendeva più facile la possibilità di sopravvivenza. L’arcivescovo Stepinac, dopo secoli di dipendenza politica dei croati dagli altri popoli, era come un vero patriota legato con la propria nazione, un sostenitore della Croazia indipendente, mentre si opponeva alle forme del regime degli ustascia. Tale distinzione è, per quanto possibile, la migliore e la più breve descrizione dell’atteggiamento del cardinale croato. Un altro esempio di collaborazionismo tra uno Stato e Hitler fu l’Ungheria. Gli atteggiamenti dei cattolici ungheresi erano diversi. Il primo ministro Döme Sztójay, un incaricato tedesco proveniente dal Partito delle Croci Frecciate, fu responsabile, tra l’altro, del trasporto di 200.000 ebrei a un campo di concentramento di Auschwitz. D’altra parte, gli eccellenti vescovi Jusztinián Serédi e József Mindszenty hanno scritto con le loro attività a favore della popolazione perseguitata e per la salvaguardia degli ebrei le bellissime carte nella storia del Paese. Nonostante alcuni esempi di comportamenti biasimevoli, il cattolicesimo ungherese in generale, e i suoi più alti esponenti in particolare, frenavano gli eccessi del potere e senza dubbio proteggevano le società ungherese contro le tendenze estremiste e contro lo sterminio. Mentre ci sono state molte ambiguità nei Paesi menzionati sopra, nel caso della Polonia l’atteggiamento della Chiesa è stato inequivocabilmente eroico.
20 Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo Non a caso il più ampio capitolo del volume è dedicato proprio alle numerose e tragiche problematiche della Chiesa polacca. Il martirio del clero e dei fedeli cattolici polacchi durante la Seconda guerra mondiale non ha precedenti nella storia del Paese e della nazione. Nel settembre 1939 il territorio della Polonia fu diviso tra la Germania e l’URSS che cooperarono alla distruzione dell’intera nazione polacca e della sua secolare cultura fondata sui valori cattolici, nonché allo sterminio, ben preparato e realizzato con determinazione sia dai tedeschi che dai russi, di migliaia di persone colte, la leadership della nazione chiamata tradizionalmente l’intellighenzia. Le quattro conferenze Gestapo-NKVD tenutesi nel periodo 1939-1941 a Brest, Przemyśl, Zakopane e Cracovia testimoniano bene la preparazione di questo sterminio. Nella concezione degli aggressori, uno Stato con un rispettabile numero di persone colte e influenti, non poteva essere distrutto; per questo motivo i polacchi, dopo la sconfitta militare, dovevano essere staccati dall’intellighenzia, la quale doveva essere radialmente sradicata, rinchiusi nei campi di lavoro, sia tedeschi sia sovietici o portati nei lontanissimi territori dell’Unione Sovietica, in Kazakhstan e in Siberia, dove nelle condizioni disumane di vita, esauriti dal lavoro forzato morivano in massa. Un grande gruppo di persone perseguitate, che aveva una grande influenza sulla società polacca, erano i sacerdoti e i religiosi, famosi per il loro patriottismo nazionale. Sotto l’occupazione tedesca furono uccisi circa 2.000 sacerdoti diocesani su 10.000 in totale; dunque un sacerdote su cinque fu assassinato. Complessivamente, persero la vita 2.804 ecclesiastici perché, oltre ai sacerdoti diocesani, questo gruppo comprendeva anche i vescovi, i religiosi e le suore. Tra le diocesi polacche la più colpita fu quella di Włocławek che perse più del 50% del suo clero: un vescovo, 225 sacerdoti e 8 seminaristi. Oltre agli uccisi, 3.563 sacerdoti sopravvissero a varie repressioni, prigioni e campi di concentramento. Già il 1° settembre 1939 nel giorno dell’aggressione della Germania alla Polonia nella Città Libera di Danzica furono arrestati i primi sacerdoti polacchi: Bronisław Komorowski, Franciszek Rogaczewski e Marian Górecki. Inizialmente furono deportati nel campo di concentramento e nel 1940 fucilati. Gli ecclesiastici erano anche tra le numerose vittime delle fucilazioni di massa dei tedeschi eseguite nelle regioni della Pomerania e della Grande Polonia nel settembre e nell’ottobre del 1939. Tra i martiri polacchi vittime del nazionalsocialismo molti sono già stati elevati dalla Chiesa alla gloria degli altari. Il più illustre e più conosciuto nel mondo, il martire della Seconda guerra mondiale, è il frate francescano Massimiliano Maria Kolbe, il quale nel luglio 1943 nel campo di concentramento di Auschwitz diede volontariamente la propria vita in cambio di un prigioniero destinato alla morte per fame. La stessa eroicità e determinazione fu dimostrata dalle undici suore della Sacra Famiglia di Nazareth del convento di Nowogródek, che nel luglio 1943 offrirono volontariamente la propria vita per 120 ostaggi arrestati dalla Gestapo, per lo più uomini padri di famiglia. Le suore furono fucilate e gli arrestati recuperarono la libertà. Le coraggiose suore di Nowogródek sono state beatificate nell’anno 2000 da Giovanni Polo II.
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Un anno prima, nel 1999, è stato beatificato don Stefan Wincenty Frelichowski, patrono degli scout polacchi, che portando soccorso ai malati di tifo nel campo di concentramento di Dachau contrasse la malattia e morì nel febbraio 1945, solo pochi mesi prima della liberazione del campo. Ancora prima, nel 1987, è stato beatificato il vescovo ausiliare della diocesi di Włocławek, Michał Kozal, chiamato “campione dei martiri”. Fu prigioniero di diverse carceri e poi dei campi di concentramento; morì a Dachau malato di tifo e ucciso da un soldato tedesco con un’iniezione di fenolo. La sua Beatificazione fu un impulso per l’apertura dei processi di Beatificazione anche di altri martiri polacchi, eroi e testimoni della fede del periodo della Seconda guerra mondiale. Il 13 giugno 1999 a Varsavia, Giovanni Paolo II proclamò 108 beati martiri per la loro fede, morti dopo le torture in diversi luoghi di detenzione durante la Seconda guerra mondiale. Il titolo del processo elenca quattro persone: l’arcivescovo di Płock, Antoni Julian Nowowiejski, martire nel campo di concentramento di Soldau; don Henryk Kaczorowski, rettore del seminario di Włocławek, gassato a Dachau; padre Anicet Kopliński, cappuccino morto nella camera a gas di Auschwitz e Marianna Biernacka, una laica che offrì la sua vita per sua nuora incinta. Tra i beatificati c’erano 3 vescovi, 52 sacerdoti diocesani, 26 suore, 3 seminaristi, nonché 7 fratelli religiosi e 8 suore. Dal 2003 si svolge il secondo processo di Beatificazione di un gruppo di martiri polacchi della Seconda guerra mondiale. Nel 2011, dopo la conclusione della tappa diocesana del processo, gli atti sono stati mandati a Roma, alla Congregazione per le Cause dei Santi con il titolo: Processo dei Servi di Dio, Rev. Henryk Szuman e 121 compagni. Questo gruppo comprende 83 sacerdoti (tra cui 52 religiosi), 20 seminaristi (tra cui 19 religiosi), 6 fratelli religiosi, 3 suore e 10 laici. Il prelato Henryk Antoni Szuman, nominato nel titolo del processo, parroco di Starogard Gdański, fu fucilato il 2 ottobre 1939 in un’esecuzione pubblica a Fordon vicino a Bydgoszcz. I sacerdoti polacchi morirono fin dal primo all’ultimo giorno di guerra in esito delle operazioni belliche o insieme alla popolazione civile nelle esecuzioni di massa. Settembre, ottobre e novembre del 1939 furono particolarmente tragici. A quel tempo furono uccisi 524 ecclesiastici. Solo nel settembre 1939 morirono in totale 89 sacerdoti, 34 seminaristi, 12 fratelli religiosi e 53 suore. Durante l’assedio di Varsavia morirono 8 sacerdoti, 14 seminaristi, di cui 8 durante il bombardamento del seminario, 2 fratelli e 22 suore, di cui 20 Suore della Carità di San Vincenzo de’ Paoli nel bombardamento dell’Ospedale di Gesù Bambino. Nel resto del Paese furono uccisi 27 sacerdoti, 16 seminaristi, 7 fratelli e 36 suore. In vari altri luoghi furono fucilati 46 sacerdoti, 4 seminaristi e 3 suore. I primi omicidi pianificati di sacerdoti cattolici polacchi furono preparati e poi realizzati a Danzica e in Pomerania. Nella diocesi di Chełmno, già nell’ottobre e nel novembre 1939, 215 sacerdoti furono uccisi individualmente e poi in una fucilazione di massa nel quadro delle azioni Tannenbergaktion e Intelligenzaktion, 39 dei quali furono fucilati il 16 ottobre a Szpręgawsk, 23 professori del seminario e della Curia vescovile a Pelplin e 10 sacerdoti nella contea di Kartuzy.
22 Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo Il 10 novembre, 9 gesuiti e 1 francescano di Gdynia furono fucilati a Piaśnica, vicino a Wejherowo. L’11 di quel mese fu uccisa suor Alicja Kotowska, direttrice della scuola media inferiore e superiora della casa della Congregazione della Risurrezione di Cristo a Wejherowo. In varie altre località persero la vita molti altri sacerdoti. Numerosi sacerdoti e religiosi furono imprigionati nei campi di concentramento, dove morirono di fame e di estenuante lavoro o furono assassinati. Questi sono solo alcuni esempi di cui in particolare si può leggere nel presente volume. Bisogna ribadire che i sacerdoti polacchi furono perseguitati sia in quanto ecclesiastici cattolici sia in quanto appartenenti alla nazionalità polacca. E veramente nessun tipo di morte gli fu risparmiato. Morivano per la loro fede e per la patria, morivano per amore di Dio e in difesa del prossimo. Morendo, perdonavano i carnefici non in nome di un’ideologia, ma dei valori più alti: l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Purtroppo, il loro martirio e il loro atteggiamento eroico, evidente nella dimensione storica e spirituale, sono ancora poco conosciuti, sottovalutati e persino in alcuni casi negati. L’arcivescovo Kazimierz Majdański, lui stesso ex prigioniero delle prigioni naziste e poi dei campi di concentramento di Sachsenhausen e Dachau, ha dichiarato nei diversi testi che nei campi di concentramento si trovavano persone non fatte di acciaio e di marmo, ma persone normali, con tutte le debolezze, in più stremate e devastate dalle conseguenze della fame. Tanto più grande è il merito e il coraggio di quelli tra loro che riuscirono a conservare la loro umanità. Lo stermino del clero e la persecuzione della Chiesa polacca furono pianificati ed eseguiti sia dai tedeschi che dai russi a sangue freddo. I crimini tedeschi furono commessi dai creatori e portatori del “mito demoniaco” che era l’ideologia nazista. In virtù di un decreto della Cancelleria del Reich del 13 settembre 1941, la Chiesa cattolica nei territori occupati polacchi perse la sua personalità giuridica. Inoltre, il decreto introdusse la divisione della Chiesa in quella di nazionalità tedesca e quella di nazionalità polacca, nonché soppresse gli ordini religiosi perché la loro esistenza era “in contrasto con il concetto tedesco di moralità e la politica del nazionalsocialismo”. Furono vietati tutti i contatti con la Santa Sede. La “Chiesa cattolica romana di nazionalità polacca”, come ostacolo alla ricostruzione della “germanità” in Oriente, doveva essere sistematicamente distrutta. Il Concordato tra la Repubblica di Polonia e la Santa Sede del 1925 fu dichiarato nullo, mentre il Concordato con il Terzo Reich, firmato il 20 luglio 1933 da Eugenio Pacelli e da Franz von Papen, non fu esteso alle terre polacche occupate dai tedeschi. Il fatto che i territori polacchi non fossero sottoposti alle competenze della Santa Sede rappresentò uno dei motivi per lo scatenarsi delle brutalità dei tedeschi contro i cattolici polacchi. Era in vigore solo la legge creata ad hoc dalle autorità di occupazione che erano consapevoli del ruolo che la Chiesa cattolica svolgeva nella vita della nazione polacca. Tuttavia, queste persecuzioni e restrizioni non riuscirono a disorganizzare e paralizzare del tutto l’attività della Chiesa. In assenza del primate di Polonia, il cardinale August Hlond, che si trovò in esilio, la Chiesa polacca si riunì intorno alla figura dell’arcivescovo di Cracovia,
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Adam Stefan Sapieha. La sua enorme autorità morale fece sì che l’Episcopato, seppur ridotto a causa di arresti e internamenti, e il clero sapessero non soltanto opporsi alle pressioni delle autorità tedesche, ma anche collaborare solidariamente ed efficacemente con la società. I sacerdoti si inserirono attivamente in diverse forme di resistenza, passiva ed attiva, portavano avanti l’insegnamento clandestino e l’ampissima azione caritatevole, sostenendo moralmente la resistenza della nazione. La comune sorte di perseguitati, il generale approfondimento della religiosità dei cattolici tra molte sofferenze e l’atteggiamento patriottico della Chiesa polacca legarono profondamente la società con la Chiesa e la prepararono spiritualmente per la futura dominazione comunista. A questo punto va anche menzionata brevemente la situazione delle altre Chiese cristiane in Polonia. L’atteggiamento degli occupanti nei confronti delle Chiese cristiane minoritarie nei territori polacchi occupati dipendeva da premesse simili che furono applicate nei confronti dei cattolici: la persecuzione si abbatté soprattutto sul clero e sui funzionari ecclesiastici che prima della guerra avevano mostrato un impegno significativo per la “polonizzazione” delle loro Chiese ed era difficile aspettarsi da loro la fedeltà verso gli occupanti. In questo modo, già nell’autunno del 1939, il vescovo della Chiesa evangelica luterana, don Juliusz Bursche, insieme a diverse decine di sostenitori, fu arrestato e inviato nel campo di concentramento prima a Sachsenhausen, poi a Dachau. Il vescovo Bursche morì in un ospedale carcerario a Berlino nel 1942, e i suoi due fratelli, suo figlio e altri 8 pastori luterani polacchi persero la vita nei campi tedeschi. Nell’arresto domiciliare in un monastero si trovò anche il vescovo militare ortodosso dell’Esercito polacco, Tymoteusz Szreter, che prima del 1939 conduceva un’azione di “polonizzazione” dei bielorussi ortodossi. Nel 1942 ad Auschwitz morì un docente della Facoltà di Teologia Ortodossa di Varsavia, don Grzegorz Peradze. Le Chiese evangeliche e ortodosse “purificate” dalle influenze polacche e dominate dai tedeschi e dagli ucraini ricevettero una gamma molto più ampia di libertà e persino il sostegno da parte dell’amministrazione di occupazione del Governatorato Generale come, ad esempio, a Cracovia, dove la sinagoga della città fu trasformata in chiesa ortodossa e l’arcivescovo Dionisio fu designato da Hans Frank, nel 1941, come candidato a patriarca di Mosca. In generale bisogna ammettere che le reazioni ufficiali di tutte le Chiese nei confronti delle autorità di occupazione tedesca e delle persecuzioni erano ostacolate da diversi fattori, tra cui, per esempio, i nuovi confini politici e amministrativi. Un’ulteriore circostanza che complicava o bloccava le decisioni era spesso la vacanza delle più alte cariche ecclesiastiche. Una certa “lealtà” o semplicemente “ubbidienza” alle autorità occupanti, dimostrata praticamente da alcuni rappresentanti di tutte le Chiese, aveva origini diverse, comprese quelle relative alle caratteristiche personali dei singoli presuli. Tutti i sacerdoti, compresi quelli cattolici, cercarono soprattutto di assicurare la continuazione dell’attività pastorale delle loro Chiese e di non esporre sé stessi e i fedeli al maltrattamento. Il modo e il grado di dimostrare “lealtà” o “silenziosa ubbidienza” all’occupante non dipendeva dunque dal carattere di una data Chiesa o religione, bensì dal-
24 Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo la sua composizione nazionale, dalla sua situazione nel periodo prebellico, cioè nella Seconda Repubblica di Polonia (1918-1939), e dal numero di persone appartenenti a questa confessione. Infatti, le piccole comunità religiose furono più facilmente soggette alla violenza dell’occupante. Infine, la guerra e l’occupazione tedesca cambiarono sostanzialmente i rapporti tra i polacchi e gli ucraini sia ortodossi sia greco-cattolici. Nonostante la delusione causata dalla divisione delle terre ucraine nel 1941, i nazionalisti ucraini non interruppero la loro cooperazione con la Germania, considerando in primo luogo i russi e i polacchi come loro nemici. Istituirono un’unità di polizia ausiliaria nel Governatorato Generale, prestarono servizio nelle unità di guardia nei campi di concentramento e nel 1943 si unirono alla divisione delle SS composta principalmente dai nazionalisti ucraini. Particolarmente gli anni 1943-1944 furono ricordati nella memoria collettiva delle due nazioni in modo completamente diverso: da un lato, gli eroici soldati dell’Esercito insurrezionale ucraino e delle SS, che combattevano contro i russi, i polacchi e in parte anche contro i tedeschi per uno Stato ucraino indipendente, e dall’altro, l’immagine di una crudele pulizia etnica, guidata da militanti ucraini con estrema crudeltà con l’attiva connivenza dei tedeschi. Sebbene le pulizie etniche contro i polacchi perpetrate dagli ucraini fossero iniziate nel 1943 nella regione della Volinia, dominata dagli ucraini ortodossi, cioè al di fuori dell’area del Governatorato Generale, nel 1944 si trasferirono nel Distretto Galizia, abitato dai fedeli ucraini della Chiesa greco-cattolica. L’arcivescovo Andrej Šeptyckyj, metropolita greco-cattolico di Leopoli, anche se formalmente apparteneva all’Episcopato cattolico polacco, tuttavia, mantenne sempre le sue posizioni separate. Inoltre, la sua età, l’estrazione sociale e l’autorità tra gli ucraini lo resero l’informale capo spirituale della nazione. Šeptyckyj già durante l’occupazione sovietica (1939-1941) non nascose la sua riluttanza verso il totalitarismo tedesco e dopo lo scoppio della guerra tedesco-sovietica il 22 giugno 1941 prese inequivocabilmente le parti della popolazione ebraica condannata allo sterminio (150 bambini e 15 ebrei adulti furono nascosti nel suo palazzo arcivescovile di Leopoli). Tuttavia, le sue azioni e le sue dichiarazioni pubbliche nei confronti degli occupanti tedeschi dimostravano chiaramente l’appoggio ai nazisti e la speranza che sotto la loro egida si sarebbe potuto formare un’Ucraina indipendente. L’arcivescovo Šeptyckyj era l’unico rappresentante della gerarchia cattolica sul territorio polacco occupato a sostenere l’occupante e a mantenere le relazioni con le autorità locali tedesche. Nel 1942, a un anno dall’ingresso della Wehrmacht nel territorio ucraino, il metropolita Šeptyckyj mosse alcuni segni di critica nei confronti del servizio ucraino della polizia ausiliaria, condannò fermamente gli omicidi, specialmente quelli commessi per motivi politici, e si pronunciò, in maniera assai ambigua, contro i massacri della popolazione polacca. Allo stesso tempo, però, apprezzava il patriottismo degli ucraini che entravano a combattere insieme con i tedeschi nella divisione delle SS Galizien e non si opponeva al coinvolgimento dei cappellani greco-cattolici attivi in questa particolare formazione militare.
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La tristissima vicenda del periodo dell’occupazione negli anni 1939-1945 fu la cooperazione dei rappresentanti del clero uniate con il movimento nazionalista ucraino che attuò il programma di sterminio della popolazione polacca su questi territori. Il clero uniate non solo non riuscì a prendere un’efficace posizione ferma contro il crimine di genocidio, ma in diverse situazioni apertamente appoggiò i responsabili dei massacri. L’autorità dell’anziano e già malato metropolita Šeptyckyj si indebolì sempre di più così da non poter influenzare ulteriormente la sempre più complicata situazione politica e soprattutto prevenire i massacri in cui, oltre al clero cattolico romano, periva anche quello greco-cattolico e ortodosso. Entrambi i sistemi totalitari del XX secolo, il comunismo sovietico e il nazionalsocialismo tedesco, combatterono ferocemente la religione e in modo particolare il cristianesimo, il suo clero e i fedeli laici perché motivati dall’odio per la fede (odium fidei). Mentre il martirio del clero perpetrato della Germania nazista è relativamente ben documentato, il martirio per mano del comunismo sovietico deve ancora essere attentamente studiato e completato. Questa è una conseguenza del sistema politico che ha dominato in Polonia e negli altri Paesi dell’Europa centro-orientale fino al 1989, perché le autorità di allora nascondevano le tragiche repressioni e i crimini dei comunisti, rendendo impossibile per gli storici studiare questo settore. Spero che con i nostri cinque volumi dedicati ai totalitarismi del XX secolo i numerosi collaboratori abbiano dato un visibile contributo per dimostrare le persecuzioni della religione e le numerose vittime dei crimini perpetrati dalle organizzazioni ideologiche e dai partiti e in conseguenza anche dai governi dell’Unione Sovietica e della Germania nazista. Il numero delle vittime tra il clero può essere dunque solamente stimato e non si sa se sapremo mai quello esatto. Soprattutto perché i martiri furono anche coloro che sono stati maltrattati nei campi di concentramento e nei campi di lavoro ma sopravvissero alla macchina dello sterminio e, pur essendo deceduti in libertà, la causa diretta della loro morte furono la miseria e le afflizioni subite durante il periodo di prigionia (ex aeruminis carceris). Similmente, non conosceremo tutte le vittime dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) e dell’Esercito insurrezionale ucraino (UPA), perché alcuni sacerdoti persero la vita non direttamente dalle loro mani, ma a seguito di denunce fatte all’NKVD o alla Gestapo e poi uccisi a cause dei maltrattamenti subiti nelle prigioni o nei campi di lavoro forzato sia tedeschi che sovietici. Si stima che oltre un centinaio di sacerdoti, fratelli e suore abbiano perso la vita solamente nelle diocesi di Leopoli e nella provincia della Piccola Polonia, spesso dopo crudeli torture. In questa sede vogliamo tirare alla luce solo alcuni esempi di cristiani, tra milioni di persone, che diedero la loro eroica testimonianza di fede e che si comportarono in modo degno, guadagnandosi il titolo di martiri. In tutti i contributi del volume viene anche messo in evidenza in modo molto attento il contesto storico, la legislazione e il comportamento degli occupanti e degli altri aggressori nei confronti delle diverse nazioni che sono fondamentali per la dovuta
26 Jan Mikrut - I cattolici nei confronti del nazismo comprensione delle condizioni in cui si trovarono i cattolici e la Chiesa e che determinarono gli atteggiamenti umani. Come abbiamo già segnalato, la tragica crudeltà della guerra e i raffinati modi della persecuzione mettono alla prova il carattere delle persone; dobbiamo pertanto sempre ricordare che tanto sappiamo di noi stessi quanto siamo stati cimentati. Speriamo che le future ondate di ricercatori provenienti dalle diverse nazionalità avranno le possibilità di un’adeguata ricerca storica, ma anche il coraggio di affrontare le vare cause delle persecuzioni e della morte di così numerosi innocenti, ma determinati nella loro testimonianza di fede. Con l’incarico di direttore della collana Storia della Chiesa in Europa centroorientale, desidero ringraziare tutti gli innumerevoli autori e i collaboratori del nostro progetto scientifico. Grazie al loro diligente lavoro possiamo presentare ai nostri lettori questo volume che è il risultato della cooperazione di molte persone e della diligente ricerca di diversi studiosi su un’epoca molto difficile e tragica della storia della Chiesa cattolica. In cinque volumi abbiamo cercato di presentare la storia della Chiesa e il ruolo dei cristiani costretti a difendere la loro fede fino al martirio. Abbiamo cercato di presentare le comunità cristiane nei diversi Paesi dell’Europa centrale e orientale durante l’egemonia comunista e poi nazista, affidando l’elaborazione di singole aree geografiche e Paesi agli studiosi provenienti da una data regione. Dare voce agli storici dei Paesi direttamente interessati e colpiti dalla tragedia della persecuzione, aveva per noi la precedenza e grazie alle pubblicazioni è stato riconosciuto e apprezzato. Ringrazio dunque tutti gli autori per essere stati disponibili e aperti ai suggerimenti e alle proposte di modifiche, e soprattutto per aver presentato le fonti poco conosciute nell’ambito della storiografia italiana. Vorrei rivolgere un ringraziamento del tutto particolare a Sua Eminenza il cardinale Angelo Amato, già prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, per la prefazione da lui redatta. Il cardinale Amato ha offerto con il suo testo un preziosissimo contributo al presente volume, avendo avuto, in qualità di Prefetto, numerose occasioni per conoscere e studiare gli atti dei processi dei martiri dei totalitarismi del XX secolo, acquistando così una vasta esperienza, anche in occasione di numerosi viaggi come legato pontificio. Ringrazio i revisori dei testi, in particolar modo la dott.ssa Maura Sala, per la preparazione linguistica del volume, e Michał Brywczyński. Ringrazio i traduttori: Prof. Paweł Wójcik, Caterina Tessicini e Anna Kurdziel – a loro un grande riconoscimento per il paziente e diligente lavoro. Un riconoscimento a parte, per il suo prezioso e indispensabile apporto, va al Prof. Paweł Wójcik SVD, fin dall’inizio collaboratore della collana, che ha dedicato il suo tempo e il suo impegno alla traduzione e alla redazione scientifica dei testi polacchi. A lui vanno molti meriti per la realizzazione di questo libro, in modo particolare sono state preziose le sue osservazioni metodologiche e le proposte di miglioramenti. È stata assolutamente indispensabile la collaborazione di Michał Brywczyński che si è fatto carico con scrupolo e attenzione dell’ultima rilettura delle bozze e
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della preparazione dell’ampissimo indice onomastico e toponomastico: un lavoro particolarmente importante e faticoso in un’opera “multilingue”. La collana Storia della Chiesa in Europa centro-orientale termina con questo libro; presto seguiranno altri libri dedicati alla storia della Chiesa cattolica proprio in quest’area geografica. La nostra collana vuole offrire una nuova valutazione dei diversi argomenti legati allo sviluppo confessionale e religioso finora poco studiati o affrontati nel periodo della dominazione dell’ideologia comunista, scritti dagli autori influenzati ideologicamente e per questo motivo anche spesso mal interpretati. La collaborazione con gli studiosi provenienti dai Paesi geograficamente coinvolti, che offrono ai lettori i frutti dei loro nuovi studi avrà per noi una massima importanza.
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