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Roberto Fiorini
Dietrich Bonhoeffer Testimone contro il nazismo
Prefazione di Paolo Ricca
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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2020 Via Cengia 67 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. ISBN 978-88-6099-422-6 Stampa
Mediagraf spa (Padova), Marzo 2020
A Carla e Luca amanti del libro. Grazie a Ginetta per i suoi consigli preziosi.
INDICE
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Premessa dell’Autore Prefazione, di Paolo Ricca
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1. Dietrich Bonhoeffer, uomo per gli altri
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La fine e l’inizio La famiglia Il teologo Viaggio negli Stati Uniti Da teologo a cristiano Breve tavola cronologica Tra la croce e la svastica Il caso limite Stazioni sulla via della libertà
21 22 23 24 25 26 27 29 32 35
2. Lo sguardo dal basso In uscita verso gli altri Barcellona 1928-1929: ricominciare da capo I negro spirituals a Harlem (1930-1931) I ragazzi di Wedding Il prossimo più lontano
36 39 46 50 53 57
3. Della stupidità «I tedeschi sono oggi un popolo sofferente» 7
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Il Führer 63 Forza di penetrazione e attrazione del totalitarismo 67 4. La grande mascherata del male e le chiese Verführer: il Seduttore Le chiese nella trappola 1. Chiesa cattolica 2. Chiese protestanti Tentativi di resistenza
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5. La grazia a caro prezzo Bonhoeffer pastore a Londra La chiesa confessante La decisione 6. Polifonia della vita come fedeltà alla terra «Viaggio verso la realtà» «La terra resta nostra madre, come Dio resta nostro padre»
95 103 111 117 119 121
Polifonia della vita 126 Dietrich e Maria 132 Passato 139 7. Io vorrei imparare a credere Dalla confessione alla resistenza attiva Dopo il fallito attentato a Hitler La morte di Mosé
143 144 153 159 161
Epilogo
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Premessa dell'autore
Ho acquisito la certezza che il mio compito è proprio quello di sostenere sino alla fine un siffatto caso limite. Il mio incontro con Bonhoeffer è avvenuto agli inizi degli anni ’70, mentre maturavo la mia scelta di entrare a tempo pieno nel mondo del lavoro per dare un volto gratuito al ministero di prete. Da allora Dietrich mi ha accompagnato e sostenuto. Negli anni ’90 ho avuto la possibilità di approfondire il suo pensiero preparando la tesi di licenza: “Theologia crucis in Dietrich Bonhoeffer”. Vi è chi legge e studia per dovere professionale. Io lo facevo per vivere. Di lui mi ha sempre conquistato lo sforzo costante, chiaramente percepibile nei suoi scritti e nel suo percorso, di avvicinare pensiero e vita, teologia e azione, obbedienza e responsabilità, nel tentativo insonne di farli coincidere. L’obiettivo di queste pagine non è solo raccontare alcune cose su di lui, ma mettere in contatto con lui, con la sua parola, con le scelte maturate, con la sua fede, con il suo amore, con l’itinerario che lo ha portato sino al “caso limite”, cioè la sua diretta opposizione alla politica distruttiva del nazismo. Anche a questa decisione estrema è pervenuto servendo «veramente la causa di Cristo». La mia narrazione è finalizzata a dare a lui la parola. I titoli dei capitoli sono parole sue. A parte il primo che è una brevissima biografia, tutti gli altri si aprono con ampie citazioni sue che mettono a fuoco il tema poi approfondito nei singoli capitoli. 9
Il suo amico e confidente Eberhard Bethge diceva: «Bonhoeffer non è alle nostre spalle, ma è ancora davanti a noi». Penso che si riferisse in particolare alle chiese cristiane. Oggi in diverse parti d’Europa ritornano simboli, messaggi e organizzazioni politiche che evocano quei tempi oscuri nei quali la disumanità raggiunse dei picchi inimmaginabili. La chiarezza, la determinazione e l’intelligenza della fede con le quali lui ha affrontato quell’“ora della tentazione”, sono preziosi anche per il discernimento a noi necessario. Credo che possiamo dire anche oggi: «Bonhoeffer è ancora davanti a noi». Spero che queste pagine siano uno strumento utile ad allargare la nostra consapevolezza e responsabilità. Roberto Fiorini
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PREFAZIONE di Paolo Ricca
Questo libro lo si legge tutto d’un fiato. Per tre motivi. Il primo è che il suo contenuto – la storia di Dietrich Bonhoeffer, qui raccontata nei suoi momenti cruciali – possiede un grande potere di attrazione ed esercita su chi ne viene a conoscenza un fascino unico: non ci si stanca di sentirne parlare e non è facile staccarsi da una figura come la sua. Il secondo motivo è che in questo libro Bonhoeffer è molto più soggetto che oggetto. L’Autore, ovviamente, parla di lui, ma, soprattutto, fa parlare lui; e quando Bonhoeffer parla, è difficile non stare ad ascoltarlo; la sua parola è avvincente tanto quanto la sua vita, anche perché, mentre lo si ascolta, si ha l’impressione che ci parli non dal passato, ma dal futuro, come se quest’uomo salito sul patibolo nazista 75 anni fa, il 9 aprile 1945, fosse oggi più avanti di noi, ci precedesse e anticipasse: il suo discorso sul futuro del cristianesimo dopo la «fine della religione» (che in realtà non sembra finita), resta oggi più ancora di allora di un interesse palpitante. Ma c’è un terzo motivo per cui questo libro lo si legge tutto d’un fiato: è lo speciale punto di vista, inconsueto, ma accattivante, di chi ha imparato a «guardare i grandi eventi della storia universale dal basso, dalla prospettiva degli esclusi, dei sospettati, dei maltrattati, di chi non ha potere, degli oppressi e dei derisi – in una parola dei sofferenti» (p. 33). Effettivamente, la vita di Bonhoeffer può (e probabilmente deve) essere letta così: come la vita di un uomo che, nato, cresciuto e formato in una famiglia della borghesia medio-alta tedesca di antica e salda tradizione luterana, dotato di una intelligenza, capa11
cità di apprendimento, apertura culturale, sensibilità spirituale, fede, pietà e qualità morali fuori del comune, erede di tutti i valori migliori propri del suo ceto sociale, che non lo hanno mai abbandonato, ha poi scelto (o meglio: un Altro ha scelto per lui) di mettere tutto questo prezioso retaggio, con tutti i doni che portava con sé, non solo come pastore e teologo, ma anzitutto come uomo e semplice cristiano (si veda la pagina illuminante e programmatica che descrive la sua transizione – possiamo dire «conversione» – «da teologo a cristiano»: pp. 23 ss.), a cominciare dalla sua stessa persona, per non dire della sua stessa vita, al servizio di una testimonianza esemplare resa a Dio, alla chiesa e al mondo, che lo ha portato dalla cattedra universitaria della prestigiosa università di Berlino alla forca del campo di concentramento di Flossenbürg. Questa testimonianza è sostanzialmente consistita in una piena, consapevole e liberamente decisa immersione nella torbida e tragica storia del suo popolo in quel fatale quindicennio 1930-1945 – immersione nella quale lo «sguardo dal basso» non è rimasto semplice «sguardo», è diventato condivisione di vita e di destino, mettendo in gioco, fino a perderla, la propria vita. Un libro, dicevo, che si legge tutto d’un fiato e che, giunti all’ultima pagina, rincresce di dover chiudere. Vorremmo che non fosse già finito, vorremmo poter continuare a leggere, vorremmo avere altre pagine a disposizione: quelle lette ci hanno, sì, appagato, ma anche acceso il desiderio di leggere ancora, di conoscere di più, di sostare più a lungo nel mondo che il libro ci ha dischiuso dinanzi e di cui troppo poco sapevamo; vorremmo stare ancora in compagnia di Dietrich Bonhoeffer, e imparare da lui ancora qualcosa sul difficile e rischioso mestiere di essere uomini e di essere cristiani oggi. Lo sguardo dal basso diventato condivisione di vita in diversi momenti della sua breve attività (poco più di un de12
cennio) come pastore, teologo ed esponente di spicco del movimento ecumenico, è il filo rosso che collega le varie fasi della sua esistenza fino all’ultima, quella estrema della cospirazione per eliminare Hitler, che egli chiama la «situazione limite», nella quale la stessa condizione cristiana in qualche modo si «perde» nel senso evangelico del verbo («chi cercherà di salvare la sua vita, la perderà, ma chi la perderà, la salverà»: Luca 17,33), identificandosi prima con le speranze dei cospiratori, poi, dopo il fallimento dell’attentato (20 luglio 1944), con il destino degli sconfitti e, in generale, delle innumerevoli vittime del potere nazista empio e iniquo, al quale, in modi diversi, hanno opposto resistenza, rifiutandolo. Certo, Bonhoeffer è rimasto cristiano e pastore fino alla fine, tanto che il giorno prima di essere impiccato tenne, su richiesta di alcuni compagni di quel «viaggio della morte», un breve culto commentando i due passi della Scrittura indicati per quel giorno nel lezionario biblico Un giorno, una parola: Isaia 53,5 e 1Pietro 1,3. Ma il cristianesimo non era più, per Bonhoeffer, tanto meno in quella situazione, un vessillo da sventolare o un’identità da sbandierare; era piuttosto una certezza profonda e segreta da custodire e vivere nel proprio cuore, mentre in primo piano c’era ora una nuova, inattesa, consolante e fino ad allora sconosciuta fraternità di uomini e donne di varia provenienza, ispirazione e motivazione che, insieme, hanno resistito al Male, non hanno piegato le ginocchia davanti all’immagine della Bestia (Apocalisse 13,11-18), hanno cioè fatto «ciò che era giusto» fare, mettendo a repentaglio la propria vita. Ma chi sono stati, concretamente, gli esclusi, i maltrattati, i senza potere oppressi e derisi, ai quali Bonhoeffer, che apparteneva a un altro mondo e a un’altra cultura, si è avvicinato con una sorprendente simpatia umana e cristiana e una grande intelligenza spirituale? Sono stati soprattutto 13
questi tre gruppi umani: le chiese nere degli Stati Uniti, i ragazzi proletari e ribelli del quartiere operaio di Berlino che dovevano essere preparati da Bonhoeffer per la loro confermazione in chiesa, e naturalmente gli ebrei, implacabilmente perseguitati da Hitler. continua....
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1. Dietrich Bonhoeffer, uomo per gli altri
La fine e l’inizio «“Prigioniero Bonhoeffer. Si prepari a venire con noi”. Per i prigionieri quelle parole “venire con noi” significavano ormai una sola cosa: la forca. Gli dicemmo addio; lui mi chiamò da una parte: “Questa è la fine”, disse. “Per me l’inizio della vita”».1 È la testimonianza di Payne Best, uno dei due aviatori inglesi aggregati a un gruppo di prigionieri illustri coinvolti nella cospirazione contro Hitler, trasferiti dal lager di Buchenwald per l’avvicinarsi degli alleati. Dopo un viaggio allucinante, al pomeriggio del 6 aprile 1945 erano arrivati a Schönberg, villaggio della Baviera, e collocati dentro una scuola trasformata in prigione. Il 5 aprile Hitler aveva definito la lista dei congiurati che dovevano essere annientati. Tra questi c’era Bonhoeffer. Dal campo di sterminio di Flossenbürg, che distava 150 km, furono inviati due agenti delle SS a prelevare Bonhoeffer. Era l’8 aprile, prima domenica dopo la Pasqua. Quel giorno i reclusi nella scuola lo pregarono di tenere un piccolo culto a quella comunità del tutto eterogenea, ma unita nella sventura. Utilizzò due brani biblici tratti dal lezionario dei fratelli moravi. Il primo testo è Is 53,5: «Grazie alle E. Metaxas, Bonhoeffer. La vita del teologo che sfidò Hitler, Fazi Editore, Roma 2012, pp. 645-650. Citazioni tratte da S. P. Best, The Venlo Incident. 1
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tue ferite siamo stati guariti»; il secondo è: 1Pt 1,3: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatto rinascere a una speranza viva, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti». È ancora Best a testimoniare: «Bonhoeffer ci parlava in un modo che raggiungeva i nostri cuori, trovando proprio le parole giuste per esprimere lo spirito della nostra prigionia e i pensieri e le decisioni che aveva portato». Irruppero due «uomini dall’aspetto malvagio» in abiti borghesi, e prelevarono Bonhoeffer per condurlo a Flossenbürg dove una «corte sommaria» celebrava il processo. La mattina del lunedì 9 furono eseguite le condanne a morte. Sembra che le operazioni siano durate dalle ore 6 alle 12. I condannati vennero appesi nudi a un gancio e strangolati lentamente. I cadaveri con le loro cose furono bruciati su pire di legna. Ogni loro traccia scomparve come è avvenuto per milioni di vittime del nazismo. Nello stesso giorno a Sachsenhausen fu ucciso il cognato Hans von Dohnanyi e qualche giorno dopo a Berlino anche il fratello Klaus Bonhoeffer e un altro cognato Rüdiger Schleicher. Che ci faceva un pastore della chiesa luterana, un teologo di grandi capacità, tra quegli agenti dello spionaggio militare coinvolti nella rivolta contro il Führer? Chi era Bonhoeffer? Continua...
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