INTRODUZIONE
La storia della filosofia che viene proposta nei licei spesso lascia un’immagine di percorsi astratti, di figure elitarie e dunque ininfluenti rispetto alla realtà storico/politica del loro e del nostro tempo. Forse ciò accade perché, più o meno consciamente, l’audacia del pensare spaventa gli educatori, dato che spesso decostruisce ciò in cui hanno sempre creduto (o che i più credono), il substrato sul quale poggia la loro stessa esistenza. O forse perché, specie negli ultimi anni, “coltivare la sapienza”, “essere critici”, non è più ritenuto utile, se non addirittura controproducente, nei confronti del “fare cose”, “dell’adeguarsi al pensiero dominante”, “del restare coi piedi per terra”. Dunque, dopo alcuni anni non rimane di quello studio, già dato per perdente, che un vago ricordo e nessuna nostalgia. Di Baruch Spinoza infatti ricordavo solo il nome. E la frase sintesi (!) del suo pensiero Deus sive natura, che sinceramente me lo faceva solo associare a una delle tante visioni e descrizioni di Dio che avevano variamente interessato i filosofi di tutte le epoche, con diversi esiti. Di certo non lo pensavo come una spina nel fianco del “religioso”… Complice un viaggio ad Amsterdam e la visita al quartiere ebraico, nonché il mio nuovo e profondo interesse per un diverso e più consono approccio al divino, ho preso a leggere la sua opera. Mi è stato subito chiaro che avevamo sul tema visioni inaspettatamente coincidenti. Egli infatti rifletteva su molti degli argomenti che mi stavano particolarmente a cuore, che anzi erano diventati parte integrante della mia vita: l’interpretazione della Sacra Scrittura, il ruolo dei profeti nella rivelazione, una rilettura di Dio oltre il teismo, la funzione dei culti, dei dogmi e dei precetti, la straordina15