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Paola Sani
RENZO FANFANI Prete operaio Con antologia degli Scritti (1969-2011)
Prefazione di
Gualtiero Card. Bassetti
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© Il Segno dei Gabrielli editori 2021 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-471-4 Tutti i diritti riservati In copertina: don Renzo Fanfani Stampa Mediagraf spa (Padova), Settembre 2021
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A Eleonora e a Giovanni
Ogni avanzamento nello spirito è una conquista da cui non possiamo tornare indietro; i ponti e le navi sono bruciati. Sempre oltre, la gloria della risurrezione è continua, la sua animazione è costante. Giovanni Vannucci
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Desidero ringraziare per il loro generoso aiuto le seguenti persone: Gualtiero Bassetti, Andrea Bigalli, Assunta Billeri, Niccolò Capponi, Alberto Cheti, Stefano Fantoni, Gianluca Fulvetti, Maria Pertile, Anna Scattigno, Luigi Sonnelfeld, Stefania Terreni, Marco Zanobini.
Indice
Prefazione di Gualtiero Bassetti Introduzione
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Il cappello per aria - L’infanzia e gli studi - L’Accademia militare - La “germinazione fiorentina” e gli anni del seminario
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Un prete nomade - L’incontro con il mondo operaio - I fatti dell’Isolotto - Esilio a San Bartolo in Tuto
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In fabbrica - Attraverso il lavoro costruire la storia - L’ingresso in vetreria - La condivisione della condizione operaia - La vita in fabbrica - Coltivare e custodire la terra
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La pastorale del nulla - Da operaio ad artigiano: la parrocchia della Tinaia - La vita quotidiana e l’accoglienza - Il radicamento nel territorio - Prete nel vicariato e nella diocesi - La pastorale del nulla
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23 24 33
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Colui che ha il pane in comune - Il coordinamento dei preti operai italiani - La rivista e la segreteria
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Vangelo e Costituzione - Parroco ad Avane - Istruzione e formazione - Essere chiesa - L’intervento culturale nel territorio - La Costituzione italiana
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Epilogo - La partenza da Avane - A Trento - Il ritorno
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Postfazione di Luigi Sonnenfeld
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Renzo Fanfani - Scritti 1969-2011 - Introduzione ai testi
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Lettera a don Corso Guicciardini, s.d. ma aprile 1969 199 Lettera al vescovo Ermenegildo Florit, Firenze, 17 aprile 1969 201 Lettera al presidente del comitato festeggiamenti, Spicchio, 12 agosto 1974 203 Appunti, 1975-1976 205 Intervento di Renzo Fanfani prete operaio ad Empoli, 1976 208 Incontro con il vescovo Giovanni Benelli, Empoli, 15 luglio 1977 212 Lettera al vescovo Giovanni Benelli, Spicchio, 1 novembre 1977 215 Lettera al vescovo Giovanni Benelli, s.d. ma fine ‘77 o ‘78 216 Intervento all’incontro tra il vescovo di Firenze, il sindacato ed i consigli di fabbrica al Palazzetto dello sport, Empoli, 1981-1982 217 Note sulla condizione giovanile a Empoli. Ripenso ai volti ed alle storie di alcuni giovani amici, 1987 218
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“Beati i puri di cuore”, 1989 221 Intervento di Renzo Fanfani in occasione del Sinodo diocesano fiorentino, 22 giugno 1989 223 Intervento a Cortenuova, 26 gennaio 1990 224 Intervento in occasione dell’incontro con il cardinale Silvano Piovanelli, Empoli, 8 febbraio 1990 227 Per una dignitosa “collaborazione” col Vescovo. Intervento, 15 maggio 1990 229 Lettera al cardinale Silvano Piovanelli, Tinaia, 25 maggio 1990 232 Lettera al cardinale Silvano Piovanelli e al vicario Giovanni Cavini, Tinaia, 15 giugno 1990 234 Intervento al Festival dell’Unità, Avane, 3 settembre 1990 235 Intervento al Sinodo diocesano fiorentino, Assemblea di zona, Empoli, 28 settembre 1990 237 Fatti di normale vita quotidiana dal 1979 al 1990, con qualche variante: dal Diario della Tinaia, 1990 239 Volantino Festa del lavoro e dei lavoratori, Empoli, 1° maggio 1992 245 Lettera ai ragazzi della Cresima, Avane, 25 gennaio 1993 246 Bozza intervento per l’incontro dei P.O. in Portogallo, giugno 1993. Dalla “periferia urbana” del Nord del Mondo 247 Volantino del Comitato di quartiere, Avane, 29 settembre 1995 248 Riflessioni di un viaggio ai campi di sterminio nazisti, Empoli, 1997 251 Bozza di omelia di Pasqua, Avane, 1997
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Bozza di omelia di Natale, Avane, dicembre 1997 254 Lettera ai giovani adulti che fanno casino sotto i palazzi di via Manetti, Avane, 27 gennaio 1998 256 Intervento per l’inaugurazione della nuova Casa del Popolo, Avane, 19 dicembre 1998 257 Intervento per il 1° Anniversario della morte di Beppe Socci prete operaio, Viareggio, 19 gennaio 1999 259 Lettera aperta al Sig. Jack Welch della General Electric, Empoli, 5 febbraio 1999 260
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Lettera al vescovo e ai confratelli, Avane, 17 febbraio 1999 262 Lettera a tutti gli abitanti di Avane, Avane, maggio 1999 263 Giubileo Avanense. Introduzione alla Messa in Collegiata, Empoli, 24 marzo 2000 264 Intervento contro la pena di morte al Consiglio Comunale aperto, Empoli, 13 settembre 2000 265 Natale 2000. Introduzione. 10 anni in Avane 267 Appunti, Avane, 2001 268 Intervento all’incontro sul G8 a Genova, Empoli, 12 luglio 2001 270 Lettera “Non si chiama razzismo, si chiama sfruttamento”, Avane, 7 febbraio 2002 273 Intervento all’incontro con Samuel Ruiz Vescovo di San Cristobal de las Casas, in Chiapas, Empoli, 2002 274 Intervento per la cittadinanza onoraria del Comune di Vinci ad Arafat, Sovigliana, 27 marzo 2002
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Lettera al direttore di un quotidiano, Avane, 12 maggio 2002 277 Lettera ai concittadini di Serravalle, Empoli, 6 settembre 2002 278 Bozza omelia di Natale, Avane, dicembre 2002 279 Bozza omelia di Pasqua, Avane, 20 aprile 2003 281 Lettera per don Timothy Verdon, Empoli, 31 luglio 2003 283 I discorsi li porta via il vento: restano i volti, 2003 284 Un appello alla speranza, 2003 287 Appunti per l’incontro con il gruppo di Linux, Avane, marzo 2003 289 Lettera al vescovo Ennio Antonelli, Avane, maggio 2003 291 Lettera al direttore de La Nazione, Empoli, 6 ottobre 2004 292 Lettera “La strage dimenticata e lo scontro di Civiltà”, Empoli, 13 ottobre 2004 293 Le “radici cristiane” di Empoli. Una riflessione sul “Corpus Domini”, Empoli, 26 giugno 2004 294 Riflessioni sul Natale. Preparazione 2005, Avane, dicembre 2005 296 Bozza omelia di Natale, Avane, dicembre 2005 299
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1° maggio 2006. Intervento alla fine del corteo. La prima volta sul palco del 1° maggio 301 Vangelo ad Avane, 2006 303 Lettera aperta al Direttore de La Nazione, ed al direttore de “Il Tirreno” di Empoli, Avane, 10 settembre 2006 305 Bozza di omelia di Natale, Avane, dicembre 2006 307 Intervento per la rivista “Testimonianze”: Un prete in trincea, Empoli, 2007 309 Abramo ricomincia, 2008 316 Il canto della pietra, 2011 318
Bibliografia
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Indice dei nomi 327
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Prefazione
Un saluto commosso nel ricordo di don Renzo, fratello nel sacerdozio, compagno di studi per sei anni nel Seminario fiorentino, e da lì amico di tutta una vita. Qualche episodio che ci accomuna affiora anche nelle pagine di questo libro. Sono ricordi, memorie care che Paola Sani ha raccolto, aneddoti gustosi che però non hanno solo valenza di simpatici frammenti, ma sottintendono un incontro dialettico, una consonanza radicata in una realtà sociale e culturale densa, dolorosa quanto fervida, nutrita di splendidi maestri e riferimenti, non solo nei Vescovi e nel clero, ma anche nel laicato. Basti pensare a Giorgio La Pira, mai assente, anche oggi, dalla mia bussola pastorale, come da quella di don Renzo. Se non altro per il nostro inconfondibile humus toscano, ma anche per la humanitas che avevamo alle spalle e di cui potevamo non essere ancora interamente consapevoli, il cameratismo del Seminario non generò, tra noi, quadretti da salotto: a parte le differenze di personalità e di provenienza, che ci aiutavano a crescere e ci stimolavano al confronto franco con la gente, eravamo in quel contesto di vivacità culturale, ardentemente cattolica ma non clericale, che lo stesso don Renzo ritraeva efficacemente nel 2007 descrivendo la Chiesa fiorentina. Negli anni Sessanta, si può dire ci fosse ancora di mezzo la ricostruzione morale e sociale postbellica, e da lì la realtà molteplice del lavoro, delle fabbriche, quelle produttive e quelle del pensiero. E in noi la voglia di esplorare nuove vie di bene: la stagione del Concilio, i dibattiti, il mettersi in discussione sempre alla luce del Vangelo, ponendo sul piatto le diverse esperienze per trarne frutto nel servizio pastorale, senza sentirci per questo degli eroi. Sdrammatizzarci a vicenda faceva parte del ‘gioco’. Ognuno, poi, nella strada che il Signore lo ha chiamato a percorrere, con i propri 13
carismi e i propri mezzi, ma esercitandoci sempre nel confronto. «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi». Quando ho letto questo verso di Pavese che don Renzo citava pensando ai momenti estremi, senza farsi problemi secondo il suo stile, non ho potuto fare a meno di associarlo all’esperienza che ho vissuto recentemente, quando il Signore mi ha chiamato a condividere la sorte dei tanti malati di Covid-19, fino a trovarmi al limitare dell’esistenza terrena, ed anzi convinto d’esserci arrivato. In quegli istanti, come ho avuto modo di narrare, mi sentivo al contempo immerso negli Esercizi della buona morte di san Giovanni Bosco, nel rammarico del bene ulteriore che avrei potuto fare, e nel vortice inarrestabile della danzatrice con cui Foscolo conclude il secondo Inno alle Grazie: «E le carole che lente disegna / affretta rapidissima, e s’invola/sorvolando su’ fiori…» (vv. 597-599). In seguito, ritornate per grazia di Dio le forze, mi sono sentito quasi in colpa per aver associato il sacro col profano. Ma, anche grazie alla lezione di don Renzo Fanfani, ho capito, al contrario, di dover ringraziare i nostri comuni maestri di allora, e, ancor più adesso, la nostra condivisa esperienza. Di spiritualità e di classicità, di teologia e di humanitas. Non dobbiamo infatti temere le nostre radici umane, quando i rami sono autenticamente indirizzati al cielo. Gualtiero Card. Bassetti
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Introduzione
Don Renzo Fanfani è morto a Empoli il 30 maggio del 2017, dopo giorni di sofferenza vissuti in ospedale prima e nella casa di riposo della Misericordia poi, accompagnato da tanti amici che nella staffetta quotidiana della presenza non lo lasciarono solo. Il distacco è sempre difficile. Trascorse un tempo di preparazione nei giorni di maggio, che scorrevano senza dare speranza di ripresa, nessun appiglio al pensiero di poter tornare a casa; lui sempre lucido, fino in fondo, lo sguardo attento ad indagare i volti, le espressioni, arreso all’incontro con ‘sorella morte’. Don Renzo amava ricordare il verso di Pavese: «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi». E aggiungeva con la consueta ironia: «Spero che avrà gli occhi di qualche mia amica che mi piace e l’affronterò meglio». Un uomo operaio prete, conosciuto da tante persone che si recarono a dare l’ultimo saluto. Nella chiesetta della Misericordia ebbi modo di incontrare quelli che vennero a salutarlo, un’umanità molto variegata, con storie e provenienze diverse: toccavo con mano quanto egli avesse investito in relazioni e situazioni. Stupivano soprattutto i figli dei suoi compagni di lavoro che non c’erano più, i quali, saputo della morte, non avevano potuto rinunciare a un ultimo saluto a chi probabilmente avevano conosciuto quando erano bambini, avevano visto come compagno del babbo entrare in casa e fermarsi per la cena. Ci fu anche chi disse: noi eravamo avversari e di idee contrapposte, ma Fanfani era una persona per bene e per questo sono venuto a salutarlo. In città era conosciuto e chiamato talora con il solo nome di battesimo: Renzo. A lui piaceva essere chiamato così: un modo per accorciare le distanze. Il saluto fu officiato nella Collegiata di Empoli, alla presenza di tanti confratelli venuti anche da lontano. La chiesa era stracolma 15
di persone, delle quali circa la metà non praticanti. Erano presenti le autorità civili e politiche, tre sindaci della città di Empoli e molti altri dei comuni del Circondario, il picchetto dei Granatieri, le associazioni e le rappresentanze sindacali, tanti amici, compagni di lavoro, parrocchiani. In molti vollero parlare ricordando la sua figura, sottolineare e raccogliere l’eredità lasciata da Fanfani. Un’occasione per manifestargli riconoscenza, un modo di onorarlo. La morte pone fine e chiede la capacità interiore di saper metter un punto ai moti dell’anima; anche in questo don Renzo era stato d’esempio nei giorni che avevano preceduto la sua morte: «Renzo chiedeva insistentemente acqua, acqua. Questa richiesta era sempre preceduta da un ‘per favore’ e subito dopo da un ‘grazie’: mi sembra un modo, uno stile di entrare nella vita, di starci e anche di uscirne. Renzo era di tutti e di nessuno».1 Al di là della mia esperienza umana, culturale e di fede vissuta con e grazie a don Renzo Fanfani, penso che la sua storia e il suo pensiero meritino di essere raccontati, per la forza, la lucidità e l’originalità con cui ha esercitato il suo essere prete operaio, parroco, uomo impegnato nelle vicende sociali, politiche e culturali del suo tempo. In lui si intersecano il locale e l’universale, il radicamento in una realtà ben precisa e lo slancio verso un oltre che è sguardo al mondo e al futuro. Il Comune di Empoli, nel 2014, gli aveva conferito l’onorificenza del Sant’Andrea d’oro. Il 30 novembre di ogni anno, in occasione della festa del patrono della città, si svolge la cerimonia di conferimento del premio, assegnato a quei cittadini che si sono distinti nel campo della cultura, delle arti, del lavoro in ogni sua espressione, della politica, dello sport, della solidarietà. In preparazione di quell’evento fu raccolta una ricca documentazione fotografica, video e testuale. Pochi mesi prima della morte, don Renzo aveva acconsentito a raccontare la sua esperienza. Avrebbe voluto incontrare le persoDal mio intervento al funerale di don Renzo Fanfani, 31 maggio 2017, in archivio privato autrice, inedito. 1
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ne ancora viventi, per ripensare insieme una vicenda umana che avvertiva al termine. Non vi fu il tempo, di quei colloqui resta la registrazione audio. Nell’iniziativa “Raccontiamoci Renzo”, svoltasi ad Avane nella piazzetta della Chiesa il 30 settembre, pochi mesi dopo la sua morte, furono in molti a rispondere all’invito a partecipare con una testimonianza sulla figura e l’azione di don Renzo Fanfani: parrocchiani, amici, parenti, preti operai, compagni di lavoro e nella fede. Alle testimonianze si alternò la lettura di testi di don Renzo, ripresi da un piccolo fondo documentario “ritrovato” nelle settimane successive alla sua morte, durante una visita alla canonica di Avane. Il suo archivio personale si trovava sugli scaffali della biblioteca della parrocchia: vi erano allineate le buste, contenenti le carte prodotte o raccolte da don Renzo dagli anni Sessanta del secolo scorso al 2008, ordinate alcune per temi e le altre – relative al periodo trascorso ad Avane – organizzate cronologicamente. È una documentazione considerevole: contiene corrispondenza, appunti, relazioni, riflessioni, interventi in occasione di iniziative pubbliche, articoli pubblicati su quotidiani, tracce delle omelie per le maggiori festività, preghiere, volantini, ritagli stampa, foto. La documentazione relativa ad alcune attività, di durata pluriennale o particolarmente articolate e tematicamente omogenee, come la scuola serale, la rivista «Pretioperai», l’esperienza delle suore e dei preti coreani ad Avane, è organizzata per argomento. Questo piccolo fondo, ben conservato e organizzato, è il risultato di un intervento di riordino compiuto dallo stesso don Renzo, prima di lasciare la parrocchia di Avane, con il supporto di Marta Leoni, una giovane frequentatrice della parrocchia2. L’insieme di queste carte ci arriva già suddiviso e ordinato, quasi un lascito alle amiche e agli amici che lo hanno conosciuto e hanno condiviso con lui esperienze significative. Un’eredità che don Renzo riteneva imAttualmente le carte di don Renzo Fanfani si trovano nei locali dell’archivio storico della Collegiata di Empoli, ospitate da don Guido Engels, così da garantirne la conservazione. Ne è stata data comunicazione alla Soprintendenza archivistica per la Toscana. È in corso una prima inventariazione sommaria, cui seguirà una catalogazione più analitica. 2
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portante trasmettere a chiunque fosse stato interessato a conoscere non tanto la sua storia personale, quanto le vicende che insieme a lui avevano coinvolto persone e realtà concrete: la scuola, le parrocchie di Tinaia e di Avane, il lavoro alla vetreria Savia, il quartiere, il sindacato, le persone più fragili che a lui si rivolgevano. L’archivio personale di don Renzo Fanfani è stato la base documentale, accanto alle interviste e alle testimonianze che ho raccolto, per la mia tesi di laurea Vita di un prete operaio. Don Renzo Fanfani 1935-2017, che ho discusso il 27 novembre 2019 alla facoltà di Filosofia dell’Università di Pisa e di cui erano relatori Gianluca Fulvetti, docente di Storia contemporanea all’Università di Pisa, e Anna Scattigno, già docente di Storia della Chiesa all’Università di Firenze. Nella tesi ho cercato di cogliere il rapporto tra idealità e circostanze, azioni e passaggi storici, decisioni e contingenze. Per questo, la linea seguita è una linea cronologica, che segue lo sviluppo della sua attività e del suo pensiero. Le fonti sono costituite in prevalenza dai suoi scritti, raccolti nel mio e nel suo archivio, dalle cronache delle comunità a cui appartenne, e dalle interviste a persone che lo avevano conosciuto. Ho scelto di far parlare lui, attraverso i suoi interventi, gli articoli sui quotidiani, appunti e testi di preparazione alle omelie. Ho intervistato anche persone che non condividevano le sue posizioni, seguendo una modalità, quella del confrontarsi, alla quale Fanfani non rinunciava facilmente. Il mio intento non era quello di raccontare una storia che sia possibile rivivere nell’oggi, ma quello di sottolineare la forza di chi ha saputo aprire strade e collocarsi in ogni fase storica da una parte ben precisa. I diversi passaggi nella sua vita avvengono dentro i cambiamenti delle situazioni storiche: era in vetreria quando era forte il movimento operaio, quando c’è stato bisogno di difendere la Costituzione è stato su quel fronte, come prete operaio è stato attivo costruttore nel movimento dei preti operai italiani. L’attitudine di Fanfani è stata quella di essere in vari momenti un elemento di rottura, di aver saputo leggere la realtà, e interpretare le azioni utili in quel momento, grazie alla capacità di vedere ciò che stava avvenendo, un’istanza critica positiva in grado di 18
pensare la crisi, ma nella dimensione della possibilità del suo superamento. Ha seguito i suoi ideali. La sua azione e il suo pensiero si sono incuneati nei punti di frattura dei sistemi oppressivi politici e sociali che ha combattuto, dando alle persone che ha avuto vicino la possibilità di superare il senso di impotenza così difficile da accettare. Le sue origini, la gioventù e la carriera militare sono stati il primo ambito da esplorare, perché le informazioni erano poche e intuibili solo dalle foto di famiglia e da qualche racconto personale del quale mi aveva messo a conoscenza lui stesso. Aver conosciuto la madre di don Renzo, aver vissuto insieme tanto tempo di vita quotidiana nella canonica della Tinaia, l’incontro inaspettato con amici e compagni di classe ed ex commilitoni mi ha permesso una puntuale ricostruzione dei principali passaggi e fatti accaduti nel primo periodo della vita di Fanfani. Mi è parso rilevante indagare gli inizi, la sua formazione, che determinerà molte delle intuizioni future e porrà le basi per le scelte successive, alcune delle quali risulteranno anche in contrasto tra loro. Ho raccolto un numero considerevole di interviste, dall’ottobre del 2017 al febbraio del 2021, che hanno illuminato aspetti sconosciuti e sono servite a tracciare il filo di cucitura di momenti apparentemente non conseguenti.3 Le donne e gli uomini intervistati, in gran parte gli stessi Le persone intervistate sono: Giovanni Allegri, don Gilberto Aranci, Vanda Bacchi, Fernando Bardazzi, Vittorio Bargellini, cardinale Gualtiero Bassetti, Franca Bellucci, don Andrea Bigalli, Rossana Boboli, Carlo Capaccioli, Paolo Pietro Capezzone, don Dante Carolla, Alberto Cheti, Greta Chiarito, Beppina Cioni, Graziano Cioni, Lido Cipollini, don Luigi Consonni, Alessandro Dini, Beniamino Deidda, don Roberto Fiorini, Francesca Fontana, Claudio Freschi, Maria Grazia Galimberti, don Corso Guicciardini, Lucia Frati, don Martino Kim, Grazia Lupi, Maria Grazia Maestrelli, Franca Gani, Antonio Marchi, padre Pierangelo Marchi, don Fabio Masi, Norma Mattonai, Nicoletta Montagnani, Mario Morelli, Rossano Nardi, Carla Nucci, Giuseppe Onorati, don Ezio Palumbo, padre Sesto Pieroni, Domenico Pitimada, Beppe Pratesi, Gianni Ricciarelli, Varis Rossi, don Vincenzo Russo, don Piero Sabatini, Giovacchino Saitto, don Alessandro Santoro, don Mario Signorelli, don Luigi Sonnenfeld, don Giacono Stinghi, Chiara Tamburini, Riccardo Scappini, Stefania Terreni, Gianfranco Torbidoni, Fernanda Torquati: a tutti il mio ringraziamento. 3
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indicati da don Renzo, sono parrocchiani, insegnanti, politici, confratelli, amici. Una parte rilevante di interviste riguarda il lungo periodo in cui è parroco, radicato in un preciso territorio, in cui le sue esperienze si intrecciano con la vita sociale e politica della città, con gli impegni nazionali ed europei dei preti operai, l’attività in carcere, la pace e la difesa della Costituzione italiana. Rimangono molte domande aperte, senza risposta, da ruminare. A un certo punto quello che mi pareva di aver capito meglio si offuscava e quello che forse avevo capito meno e che mi creava qualche problema rendeva luce. Nel corso della stesura mi sono spesso sentita inadeguata e con la preoccupazione di non essere fedele alla memoria – il tempo passato che può aver giocato a sfavore, alterando elementi, ricordi, sentimenti – e dunque di non essere capace di restituire aderenza e verità, o involontariamente di mostrare un’immagine idealizzata di questo uomo prete. Chi l’ha conosciuto sa bene che la sua umanità è stata a lui sempre presente anche negli aspetti negativi, nei peccati e nelle pesantezze. Come per tutti. A volte ci siamo scontrati su tematiche attuali, ma anche sulle diverse modalità di comportamento nelle varie situazioni, certamente in una dinamica di confronto-scontro volta a costruire un rapporto vero e concreto. La sua vita averla raccontata non significa averla detta. Don Renzo viveva di un radicale senso di libertà e di ricerca: sottrarre alla propria esistenza ciò che di superfluo appesantisce, semplificarlo, ridurlo all’essenziale, seguendo l’esempio del toro di Picasso: «Una figura piena, di animale disegnato con realismo, in tutta la sua potenza, di cui a forza di togliere, non resta che una linea semplice, essenziale; quello che sembrerebbe un punto di partenza diventa il punto d’arrivo»4. Questo libro, che rielabora e integra la mia tesi di laurea, con la pubblicazione di alcuni dei suoi scritti, è una restituzione, un passaggio per andare al largo, per non restare ormeggiati a ciò che è stato, ma immaginare che solcheremo altri mari, certi che la lezio4 Dal mio intervento in occasione del conferimento del S. Andrea d’oro a don Renzo Fanfani, 30 novembre 2014, in archivio privato autrice, inedito..
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ne imparata da don Renzo ci renderà sicuri nell’andare, nell’intraprendere un nuovo viaggio, nell’accogliere il non atteso. Avremo come compagna quell’inquietudine che abbiamo sempre avvertito in lui, come una domanda, che qui non trova risposta. Mi ha mosso una particolare attenzione a non tradire, per quanto possibile in una biografia, ciò che era Renzo Fanfani, cercando di rispettare la sua vita a me molto cara e vicina, ma alla quale ho guardato tenendomi ad una certa distanza, per avere testa e cuore liberi. Il resto l’ha fatto l’aiuto e la presenza di tanti amici nella costruzione condivisa di questa biografia: un lavoro per il quale sono loro grata, perché ha permesso, da un lato, di vivere la ricchezza delle relazioni e della scoperta di noi stessi nel misurarci con questa esperienza, dall’altro di restituirci la figura di una persona che ha scelto di essere prete per imparare a essere uomo e a divenire figlio di Dio. Paola Sani Empoli, 24 giugno 2021
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Il cappello per aria1
L’infanzia e gli studi Renzo Fanfani nacque a Firenze il 16 novembre del 1935 nel quartiere di Monticelli, fuori porta San Frediano. La madre Emma Pestelli era cucitrice di pantaloni. Il padre Firmando, ferroviere, lavorava nelle officine di Porta a Prato. Era dunque una famiglia operaia: il padre aveva come riferimento politico il Partito Comunista Italiano. «Studia! Mi dicevano i miei genitori, così farai una vita migliore»2. Era il 1949 quando Renzo Fanfani iniziò gli studi presso l’Istituto Tecnico Commerciale Galileo Galilei di Firenze: conseguì il diploma di ragioniere e perito commerciale nel 1954. Gli anni della scuola superiore furono un tempo di amicizie che saranno poi di lunga durata e di condivisione3. Gli interessi culturali di Renzo Fanfani nel ricordo degli amici di quegli anni erano vari. Con loro frequentava il Teatro della Pergola e il Teatro Comunale4. 1 Buttare il cappello per l’aria: prendere una decisione radicale che chiude definitivamente un periodo della vita, Accademia della crusca, Il vocabolario del fiorentino contemporaneo, http://www.vocabolariofiorentino.it/lemma/ cappello/1031. 2 R. Fanfani, La fabbrica ha cambiato la mia fede, «Il Tirreno», 29 giugno 1996, in Archivio Renzo Fanfani (d’ora in poi ARF), b. 2 (1994-1996). 3 R. Boboli, Intervista dell’autrice, 4 febbraio 2018, in archivio privato autrice. Mi sono avvalsa per questi anni dei ricordi di Rossana Boboli, amica di gioventù e compagna di studi di Renzo Fanfani, insieme a suo fratello Piero Boboli e altri amici tra i quali Paolo Ferrari. 4 Gli piaceva improvvisare in pubblico: un tardo pomeriggio nei pressi di Piazza Duomo, all’angolo con via dei Cerretani, insieme a un suo compagno, inscenò l’incontro di due vecchi amici che non si vedevano da tempo: si abbracciarono nel mezzo della strada bloccando il traffico, finché non intervenne un vigile urbano. Dall’intervista a Rossana Boboli.
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Erano trascorsi solo quattro anni dalla fine della guerra. In città, dopo il passaggio del fronte, non si trovava niente da mangiare. Non era facile risollevarsi da tanta povertà, anche chi lavorava viveva una situazione di penuria di beni: una condizione che segnerà la vita di quella generazione senza infanzia, perduta tra le paure, i rastrellamenti, i bombardamenti. Renzo Fanfani parlerà a distanza di anni dell’orrore ed il terrore che i suoi occhi di bambino «hanno visto nel ‘43 e nel ‘44 e che risalgono prepotenti e incontrollabili alla memoria»5. È il periodo nel quale si delineano le motivazioni che saranno alla base della costruzione della Comunità Europea: nasceva una volontà comune che univa i popoli europei, che avrebbe fugato l’incubo delle guerre, di tante sofferenze, la tragedia della Shoà, di persone che conoscevi, che ti vivevano accanto di casa, partite e non tornate più. […] Renzo ha sempre cercato qualche altra cosa, aveva dei principi: l’onestà, l’onore, il rispetto, la Costituzione con i suoi fondamenti che costituiscono l’uguaglianza della vita umana. È sempre stato un ragazzo che aspirava a qualcosa di più grande, però devo dire che nell’insieme era il sentimento dei ragazzi di allora, perché eravamo usciti dalla guerra […] volevamo prendere in mano la nostra vita e fare le nostre scelte6.
L’Accademia militare Ho finito ragioneria senza ripetere, ma con malavoglia, perché non mi piaceva. Nel 1954 benché fossi stato rimandato a ottobre in ragioneria e tecnica bancaria mi chiamarono e sono entrato come impiegato alla Nuova Pignone. Però non mi piaceva fare l’impiegato7.
5 R. Fanfani, Lettera a tutti gli abitanti di Avane, 4° settimana di guerra, maggio 1999, volantino, in ARF, b. 5 (1999). 6 Boboli, Intervista cit. 7 R. Fanfani, Io sono un prete operaio, Avane (FI), videointervista, CDROM, Progetto e direzione artistica di Pippo Onorati. Roma, Mammanannapappacacca, 2005 (Centoxcento ritratti: un progetto Mammanannapappacacca per CGIL 100, cent’anni d’Italia), in archivio privato autrice.
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