La saga di Diana e Wolfgang - 2. Primavera

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Alberto Franchi

LA SAGA DI DIANA E WOLFGANG Il romanzo dei lupi della Lessinia

2. PRIMAVERA

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Š Il Segno dei Gabrielli editori, 2018 Via Cengia, 67 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-382-3 Stampa Mediagraf spa (Padova), novembre 2018

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Indice

Introduzione La

saga di

Diana

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Wolfgang – Primavera

Prologo Nota

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dell’Autore

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Introduzione

Diana, accoppiatasi con l’esploratore del branco Wolfgang, è stata presentata e quindi accolta da Fafnir e dal suo branco di lupi, superando con loro un rigido inverno. L’accolgono ora il tepore della primavera, ma anche tutte le vicende che il branco, di cui ora fa parte, dovrà superare per sopravvivere: non sarà una vita facile... Narrando queste avventure mi sono trovato nell’opportunità di descrivere la cagna e gli otto componenti del branco, delineando per ciascuno di essi un proprio carattere, aspetto e ruolo, e quindi nella necessità di associare a ognuno un nome di fantasia che lo caratterizzi, al fine di renderlo immediatamente riconoscibile al lettore e differenziarlo rispetto ai compagni. Inizio con Diana per proseguire poi con gli otto cacciatori. DIANA – È una Golden Retriever di alta genealogia di un paio d’anni. Pacifica e dolce, ha goduto nella prima parte della sua vita di tutte le attenzioni riservate comunemente da proprietari affezionati: soprattutto tante coccole e croccantini a volontà. Nell’ambiente aspro e selvaggio dell’altopiano in cui è stata catapultata si trova come un pesce fuor d’acqua. La caratterizzazione che le ho dato serve per porre in risalto la differenza fra la sagacia, la determinazione, l’esperienza dei lupi del branco e la sua inettitudine alla vita selvatica. Il nome Diana deriva dal fatto di averla fatta provenire dall’allevamento “Il Vischio Sacro” situato presso il Lago di Nemi, Roma, sulle sponde del quale in epoca romana esisteva un frequentatissimo tempio 7


dedicato alla omonima dea, nume della caccia e delle partorienti. WOLFGANG – L’esploratore – È un bell’esemplare di lupo di 4 anni. È il lupo nel quale il capobranco ripone la maggiore fiducia. Suo è il compito di ispezionare quotidianamente il territorio di caccia del banco. Nei mesi invernali ha fiutato la presenza della cagna Diana in calore, rifugiatasi dentro una malga e ne è stato attratto, si è accoppiato e gradualmente l’ha introdotta nel branco. Proviene dalla regione austriaca dei laghi: il Salzkammergut, con il fratello minore. Il suo nome, traducibile in italiano con Passodilupo, “Colui che cammina silenzioso come un lupo”, è motivato dal fatto che sa muoversi senza emettere il minimo rumore nei boschi e sulle praterie dell’altopiano della Lessinia. FAFNIR – Il capobranco – Ho scelto il nome di Fafnir (nella mitologia nordica/wagneriana un gigante/ drago) perchè il capobranco mi ispirava questa immagine di potenza. È un maestoso lupo di 7 anni proveniente dalle foreste dell’Europa Centrale, ai confini con la Boemia. Di lui si conosce poco, perchè tutti i lupi del branco lo hanno incontrato quando era già migrato sulle Prealpi Venete. È un lupo schivo, arguto, determinato ed esperto, ai suoi lupi impartisce gli ordini e le direttive anche con un semplice sguardo. Non è il più forte fisicamente, ma il suo equilibrio e la sua accortezza gli hanno tributato il rispetto e la stima di tutti i membri, conferendogli il ruolo di capobranco. Esercita questo incarico con saggezza e fermezza. FREYA – Lupa di 3 anni. È la femmina del capobranco Fafnir. La sola nel branco con la mansione di generare nuovi membri. Con Fafnir proviene dagli sconfinati territori boschivi che stanno a cavallo della Germania Centrale e la Repubblica Ceca: la Foresta Boema. È una lupa forte e buona riproduttrice, ha accolto 8


benevolmente Diana una volta che la cagna ha superato l’esame di ammissione da parte del capobranco. Nella tradizione nordica Freya (questo nome può essere trascritto in svariati modi) era la Dea dell’amore e della fertilità. Per chiarire potremmo paragonarla alla latina Venere e greca Afrodite. Il nostro venerdì nelle lingue germaniche viene detto Freitag/friday/fredag. VLK – Lupo maschio di 4 anni. Vlk significa lupo in cecoslovacco (pron. Vôk con una ô linguale). È il lupo slovacco del branco di Fafnir. Ha iniziato la sua migrazione dalle foreste dei Monti Tatra, ha superato i Carpazi e, dopo alcuni mesi trascorsi nella Boemia, ha attraversato il Danubio, l’Austria, le Alpi per giungere infine sull’altopiano. È un lupo fedele e coraggioso. Prende parte a tutte le battute di caccia o, su ordine di Fafnir, può restare al campo per proteggere femmine o cuccioli. FANG – È un giovane lupo di 2 anni fiero e forte; è il solo figlio rimasto vivo nel branco del vecchio e stimato capobranco Great Fang. Dal carattere dominante e indomito, non è mai riuscito ad accettare completamente Fafnir come capobranco. Nutre verso di lui sentimenti di rivalsa in quanto ritiene di essere il legittimo erede alla conduzione del nuovo branco formatosi in Lessinia. Fafnr deve tenerlo a bada, controllarne gli sguardi e le mosse. Sa che può attendersi da lui atti di ribellione in grado di mettere a repentaglio la tranquillità e l’equilibrio che mantiene nel branco di cacciatori. Un membro non deferente presto o tardi potrebbe giungere anche a sfidare il capo. FLÈCHE (freccia), e LOUP-GAROU (lupo nero) – Sono due lupi gemelli di 4 anni, provenienti dalle alture boscose delle Ardenne, al confine fra la Francia, il Belgio e la Germania; insieme hanno attraversato l’Al9


sazia, oltrepassato il Reno, quindi la regione della Foresta Nera per giungere infine sulle Alpi. Lei è velocissima nella corsa, la più veloce del branco, donde il nome, anche se per la sua esile corporatura viene talvolta detta BAGUETTE. Lui, dal mantello totalmente nero, è un abile perlustratore e cacciatore nella notte, nelle lande germaniche veniva chiamato NACHTUNDNEBEL (nebbia nella notte) per la sua peculiare capacità di muoversi e sparire nel nulla. Sostituisce Wolfgang nelle esplorazioni notturne, sfruttando la capacità mimetica del suo mantello. THE KNIFE – Potente lupo di 2 anni. Al pari di Wolfgang, è forse il lupo che maggiormente ha attratto i lettori del primo episodio. È il fratello minore di Wolfgang. Proviene come lui dalle foreste austriache. Avendo perso la madre e il resto della cucciolata quando non aveva che poche settimane, a causa di un attacco di bracconieri, ne ha subito il trauma. È pertanto un disadattato, un asociale, è il solo lupo del branco che ama uccidere. È deferente, a suo modo, solo verso Fafnir e Wolfgang, ma anch’essi devono starne in guardia. La sua ferocia predatoria e la forza del suo impeto vengono sfruttate dal branco come spunti risolutivi in molte battute di caccia. Per il resto trascorre la maggior parte del suo tempo appartato e immerso nelle sue ossessioni. Non ha mai avuto un nome, ma tutti si riferiscono a lui con l’appellativo di The Knife/Il Coltello.

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La saga di Diana e Wolfgang primavera

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Prologo

Sui versanti nord dell’altopiano la neve è abbondante e farinosa, i timidi raggi del sole primaverile non sono arrivati a scioglierne gli strati superficiali, sui declivi a meridione invece si è liquefatta scoprendo larghe aree di praterie e lì sono sbocciati i primi crochi, dai pallidi colori bianchi e lilla, con le delicate striature viola: sono i piccoli fiori che annunciano l’approssimarsi della primavera. Sul pendio disseminato da monoliti di calcare stratificato il silenzio è rotto dal lento ticchettio di gocce che, colando da una stalattite di ghiaccio, cadono in una piccola pozza formatasi nel terreno: tic, tic, tic… Un leggero scalpiccio proviene dal prato e, come se il terreno lentamente si aprisse, alcuni detriti, ramoscelli, pagliuzze vengono spinti in aria. Poi è la volta di sassolini e di piccole zolle di terra che con meticoloso impegno due zampette spostano tutt’intorno ad un piccolo pertugio che si va via via aprendo. Qualcuno si sta facendo largo spostando quanto le intemperie hanno accumulato davanti all’entrata della sua tana nel corso dei mesi invernali: una marmotta ha terminato il lungo letargo invernale e sta aprendo alla primavera la sua galleria sotterranea. Il roditore giunge soddisfatto all’esterno, scrolla la folta pelliccia, si passa la lingua sulle zampette sporche di terra, si strofina le orecchie piene di terriccio e si gode il primo tepore. È notevolmente dimagrito nel corso dei mesi di letargo, quindi spinto dalla fame cerca affannosamente appetitose radici nel terreno ammorbidito dallo sciogliersi della neve, in attesa che spunti la prima tenera 13


erbetta primaverile; trotterella intorno all’entrata della tana, si guarda in giro, fiuta l’aria, una breve corsetta nel prato e raggiunge i luoghi dove l’anno precedente poteva pascolare con migliori risultati. Quattro occhi vigili la osservano: due sottovento, due nel vento. La marmotta non può accorgersi del pericolo, i predatori conoscono le tecniche di caccia e ciascuno adotta la preferita. Con un balzo improvviso due voraci mascelle annientano il roditore, lo scuotono con furia e lo scaraventano in aria, il corpo della marmotta ha alcune contrazioni mentre vola nel cielo, ma l’animale è già morto quando l’altro predatore lo ghermisce con i potenti artigli. L’aquila ha assistito, librandosi nel cielo, all’uscita della marmotta e al fulmineo attacco del competitore, quindi si è gettata in una vertiginosa picchiata e ha afferrato al volo la preda scagliata in aria, ora batte con forza le grandi ali per riprendere la stabilità, ma il predatore con una inattesa mossa fulminea salta sulla sommità piatta della roccia, dall’alto della quale si precipita con un balzo sul rapace prima che questo possa sollevarsi in alto e affonda i suoi denti nel corpo pennuto dell’aquila atterrandola all’istante. Piombato a terra sulle due prede si guarda attorno: nessuno. Alza il tartufo all’aria: nessuno. Orienta i padiglioni alla ricerca del più impercettibile rumore: nessuno. Si distende sull’umida erba primaverile e consuma il duplice pasto. È pericoloso sottrarre la preda a The Knife.

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In un’abetaia posta alcuni chilometri più ad ovest si sentono crepitii ritmati, alternati a momenti di silenzio e a prolungati fischi: è un gallo cedrone che sta eseguendo i suoi riti nuziali per conquistare la femmina. Al centro di una soleggiata radura il gallinaceo si mette in mostra con la danza e il canto fatto di trilli e schiocchi, il suo corteggiamento echeggia fra i grossi tronchi e si unisce agli altri rumori che risuonano fra gli alberi. Al termine della cerimonia, esausto, come intontito dal suo stesso prolungato corteggiamento, con il capo ripiegato all’indietro l’uccello non si è accorto che i rumori sono svaniti e il bosco è diventato totalmente muto. Gli scoiattoli e i ghiri si sono ritirati nella parte più alta degli abeti, rifugiandosi nelle tane ricavate nei tronchi, i fringuelli e le cince non gorgheggiano più, solo alcuni corvi sorvolano l’area, ma hanno cura di volteggiare nel cielo al di sopra delle alte cime degli alberi. Non le femmine auspicate dal cedrone, bensì un cacciatore è stato attratto dal canto e si è avvicinato posando i piedi sull’erba umida del sottobosco senza produrre il minimo rumore, procedendo riparato dietro i grossi alberi o sotto i cespugli del bosco già rivestiti di fronde verdi. La brezza non porta il suo odore nella direzione del gallo cedrone, dato che il predatore è avanzato sottovento rispetto a lui. Accostatosi con il corpo agile e muscoloso completamente a terra, le orecchie portate all’indietro, la coda in basso e ferma, le scapole ondeggianti sulla groppa ad ogni passo, ora si arresta; lo sta puntando, valuta attentamente le proprie potenzialità d’attacco e le possibilità di fuga dell’uccello: pesante, poco agile e con grandi difficoltà nel decollo. È il momento, affonda saldamente gli artigli delle 15


sue quattro zampe nel terreno, raccoglie le leve del suo corpo come un arco pronto a scoccare una freccia, quindi compie il balzo decisivo, addenta con estrema facilità il lungo collo del gallinaceo e lo spezza di netto con i lunghi denti. Nessun rumore per tutta la durata dell’azione. Il predatore tiene in bocca la vittima e trotterella fiero verso il campo, è Wolfgang, Passodilupo; l’esploratore non ha lacerato nessuna porzione dell’uccello, intende riservarlo intero per la sua compagna, conoscendo le sue attuali impellenti necessità. Mentre si allontana con il suo usuale agile trotto, il bosco riprende la sua vita, i suoi suoni, i suoi colori.

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