Elogio dell'infinito

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Ezio Masoero

ELOGIO DELL’INFINITO poesie

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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2017 Via Cengia, 67 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-358-8 Stampa Mediagraf spa (Padova), Novembre 2017

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Sommario

Prefazione di Stefano Quaglia

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PREFAZIONE DELL’AUTORE

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IN LIMINE

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E CADE LA LUCE

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NOTTE IN CITTà

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ANCHE I GIORNI

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AL DI Là

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BAIA A SOUTHPORT

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COME UN EROE

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DAI NOCCIOLI DURI D’UN FALSO EROISMO

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DI NUOVO UN’ALTRA NOTTE

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FELICITà 32 UN MIRACOLO SERVIVA A ME

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LA TERRA

35

CIVILTà 36 DOV’ERA L’ORO

37

FORSE UN Dì

38

MI PIACE FAR TARDI LA SERA

39

INFANZIA 40 I SOGNI

42

NESSUNO TIRI GIù LA LUNA

43

PENSIERI 44

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NOTTI E MATTINI

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POESIA A SAN GIOVANNI APOSTOLO

48

RIFLESSI E MISTERI

50

TRAMONTO A PRIMAVERA

51

TERRA D’OCCIDENTE

52

TU 53 LAMENTAZIONE 54 MOLTE PIU LUNE

55

NOTTURNO 56 DI SERA I GRILLI CANTANO MONOTONI

57

POI CHE RIEDO DA TORNANTI

58

SERE E SOLITUDINI

59

MONDI DI UNA VOLTA

62

MEMORIE 65 MERIGGI SULLE CASE IN CIMA AI COLLI

67

CASTELVERO 70 LUNA

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UNA POESIA

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A GINA

79

VOLI DI GABBIANI

80

HO VEGLIATO

81

IO GUARDAVO OLTRE IL CANDORE DI UN INVERNO

84

UN SOGNO

86

NON SIAMO DEI

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ORE 12 DI UN GIORNO D’INVERNO

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TU SE POTESSI

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TU CHE CONOSCI

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ACCANTO UNA CROCE DI FERRO

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SULLA SABBIA D’ESTATE

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O TU CHE TE NE VAI LEGGERA

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DI SABATO IN CITTà

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UNA RONDINE

103

SE TI COGLIE LA SERA

104

SE TU FOSSI

105

AL SONNO NON SI COMANDA

106

SU QUESTO CUORE CHE CAMMINA

107

E SU DI NOI

109

L’ACQUA SCENDE A FIOTTI

110

ECHI 111 EMOZIONI

112

OPERAI 113 LIBRATILE 114 INVERNO 115 CIME BIANCHE

116

OLTRE IL MURO DEI MORTI VAPORI

118

CI SONO GIORNI D’AUTUNNO

119

FORRE 121 AL DI Là DEL FUTURO

122

COSE BASSE – COSE ALTE

123

SE SOLO SFIORASSI

124

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È L’AUTUNNO

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ECCO CHE IL VERDE DI STELI…

126

SFRECCIA IL TRENO

127

COME TARDO È L’AUTUNNO

128

SOTTOBOSCO 129 RESISTONO NIDI DI SPERANZE

131

SOLO LE FOGLIE PIù ALTE

132

GIORNI E GIORNI DI SOLE

134

LA NATURA

135

ESTATE – FIUME – VERDI SPECCHI

136

SERENITà 138 DA UNA FINESTRA, D’ESTATE

140

VITA DI UN UOMO IN UNA CITTA’ D’ALTRI TEMPI

141

UN RACCONTO DA CASTELVERO

147

POSTILLA A ELOGIO DELL’INFINITO

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Prefazione Un ritorno carico di significati di Stefano Quaglia

Dopo quattordici anni Ezio Masoero ritorna alla pubblicazione di un libro di liriche. Soliloqui (2003) rappresentava una profonda esigenza di dialogo con se stesso. Le immagini, i colori, le sinestesie rimandavano a un profondo personale rapporto con la natura, intesa come interlocutore primario di un sé che va alla ricerca del proprio profilo d’anima. Un vagabondare inquieto di un’anima che raccoglieva emozioni osservando con intensa partecipazione le cose e le persone. Ora, in questa nuova raccolta, lo sguardo del poeta si alza oltre l’orizzonte del consueto panorama di esperienze e sale dalle basi solide della terra, verso le profondità ardue e complesse di un cielo lontano e misterioso. Rimangono gli accenni e le allusioni alla cerchia delle consuetudini, ma la tensione dello spirito va oltre e si spinge alla ricerca di una dimensione che non appare, che rinvia a un altrove sempre presente, ma non per questo meno inquietante e urgente. Potremmo persino parlare di simbolismo, e talora questa cifra caratterizza marcatamente i testi che in questo libro ci vengono offerti. Ma il tono generale della comunicazione poetica è di altro tipo. Mi piace poter dire che siamo oltre il simbolo, verso una lettura trasfigurata e sofferta delle cose. La tensione semantica è diretta, appunto, verso un orizzonte nel quale tempi e modi si alterano e confondono, creando nel lettore uno smarrimento che, lungi dall’inquietare, proprio con le sue contraddizioni, rasserena: 9


Era l’estate che nelle campagne afose impazza nelle sere con ritmiche danze e musiche e inattesi incontri d’amore tengono svegli, i ragazzi avvinti alle balaustre dei balli a palchetto costringono il tempo a fermarsi perché le ragazze parlino a loro e la giovinezza non passi invano. Ritornati poi ai freschi mattini di settembre – distesi sui minuscoli fiori bianchi e bagnati noi vedevamo gli stessi poligoni di spazi deserti,…. (Castelvero) Talché quell’urgenza si fa esigenza di senso e illuminante squarcio sul mistero. Questa modalità interiore si proietta, o meglio, si traduce proprio nell’uso dei tempi e dei modi verbali. Continuamente il presente si fa imperfetto e si interseca a passati remoti improvvisi e laceranti; l’indicativo lascia spazio al congiuntivo imperfetto o all’imperativo, consentendo al soggettivo l’irruzione su un oggettivo primario messo in crisi dalla spietata acutezza dello sguardo poetico. Osservazione oggettiva e descrizione si alternano quindi all’assalto della memoria o alla tensione etica che si fa consiglio o prescrizione:

Oh! salvatevi anime stanche, sciogliendo i dubbi nel pianto, prima che torni una nuova notte foriera di tenebre fitte! (Di nuovo un’altra notte)

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Questo stile estremo di avvicendamenti sintattici non è mai però presuntuoso preziosismo o arrogante pretesa di estetizzante ermetismo. Il poeta è preservato nella sua integrità etica dal suo alone di rustiche e originali esperienze di umiltà e concretezza:

Mi riposano le onde dei campi se a percorrerli corrono occhi veloci, mi riposo schiacciato sull’erbe respiro un odore di terra e di steli. (Echi) Egli infatti parla sempre prima di tutto a se stesso. L’invito, l’angoscia, la rimostranza, lo sdegno sono sempre sganciati da un intento banalmente educativo, ma si fanno dono di saggezza conquistata (mai con facilità o superficiale leggerezza, ma sempre a prezzo di un forte sacrificio di sé) in aperta e generosa disponibilità al dialogo con l’universo:

Oltre queste nebbie di pianura dove finirà questa strada che divoro come il tempo la mia vita splendono ancora possibili armonie di lune di stelle, di cieli, di soli oltre il muro dei morti vapori. (Oltre il muro dei morti vapori) In questa prospettiva l’Infinito è fatto oggetto di un elogio originale e imprevisto. L’Infinito si scopre nelle cose che ci circondano come autentica presenza di un frammento che, riunito agli innumerevoli altri, riverbera nell’animo la forza “costruttrice” di una interiorità nuova. La poesia diventa in 11


questo modo la via privilegiata per un rapporto nuovo con le cose e con il mondo. L’esperienza simbolistica del novecento, quella grande lettura del mondo che da Baudelaire e Pascoli si è sedimentata nell’immaginario collettivo, ora si ricrea per distillazione nella lettura delle cose che viene restituita ai lettori da chi vive il rapporto con il mondo nella normalità del quotidiano, ma sa che non esiste più la semplicità delle cose, se non si riconquistano occhi in grado di vederla:

Tua vita è raccogliere cose giacenti che altri non vede e non coglie, anche l’amore è raro…. Esisterà un’aurora al mondo più bella di questo lento nascere del giorno in questa luce settembrina, Su questo lido d’autunno? (Voli di gabbiani) In un mondo nel quale non esistono più periferie, ma non si trovano più nemmeno i centri aggreganti (di relazioni, di pensieri, di esperienze), tutto sembra essersi fatto universo, una globalizzazione inarrestabile ha divorato le diversità omogeneizzando comportamenti, oggetti, emozioni, sentimenti. Ma se le ali di una farfalla possono provocare un cataclisma, le parole di un poeta possono ricostruire uno spirito nuovo, oltre la frammentazione delle culture, oltre lo smembramento delle coerenze culturali, al di là di schemi ormai privi di senso. E dunque nel nuovo contesto multimediale, nel quale l’istante e la velocità dominano le percezioni, la lettura di testi complessi, che esigono tempo e riflessione, si fa antidoto alla banalità dell’ovvio e dello scontato, senza ricorrere alle 12


forme dell’inaudito, dell’eccezionale, dell’imprevisto. Fuori schema è invece la semplicità concreta e umile delle cose che irrompono sulla scena delle emozioni. Questo dunque è il nuovo imprevedibile Infinito al quale ci chiama la poesia di Ezio Masoero.

Verona, 1 ottobre 2017

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PREFAZIONE DELL’AUTORE

Tutto ciò che voglio dire in questo nuovo libro di poesie è che il poeta non sa perché scrive quelle sue parole né per chi le scrive e si trova fra le mani una poesia che non conosceva, quasi fosse uscita da un magma segreto che serbava sconosciuto nel cuore. I pensieri vengono dal passato e da una esperienza personale, ma vanno oltre il presente e subito procedono nel futuro, fin dove possono spingersi nell’ignoto: alimentati dall’immaginazione e dalla speranza. Simbolo di questo “fieri” di questo continuo fluire può essere la figura di un palloncino gonfio di gas elio, attaccato ad una cordicella che lo trattiene, in mano ad un bimbo felice che corre. Se si rompe il legame che lo tiene avvinto al presente, il palloncino si leva in volo a grandi altezze e si sposta ora in qua ora in là a seconda del vento. Così esso non è più soltanto di chi lo ha lanciato al vento nel cielo, ma è di tutti coloro che lo vedranno e lo seguiranno con gli occhi mentre vola. Era partito da un segreto inspiegabile ed ora va verso l’inconoscibile, affascinato dall’ignoto. La poesia non è propriamente un miracolo come far sgorgare qualcosa dal nulla, come il far zampillare acqua fresca da una roccia, perché c’era già in precedenza, anche se non esplicitata; si avvicina però ad un mistero che la genera più di qualunque altra attività umana. Non spiegata completamente, perché sarebbe allora filosofia dell’esistenza e non poesia. Il mondo è il teatro in cui si svolge l’esistenza e non è soltanto una realtà obiettiva in cui avvengono fenomeni, ma anche una dimensione della fantasia dove le emozioni, le passioni, le esperienze si decantano fino ad acquistare una connotazione lirica a volte dolorosa a volte gioiosa e però condivisibile da molti, essendo elevata ad un grado più alto d’invenzione e di comunicazione. 15


I ricordi del passato, le esperienze trascorse e la tensione verso un futuro che si vorrebbe ricco di momenti belli ed intensi si mescolano alla sensibilità del poeta e cambiano forma, mutano gli esiti verso i quali tendevano. È come se il poeta avesse in mano un gomitolo di filo che poi gli sfugge di mano, mentre egli scrive e questo rotolasse rapidamente da una china di monte verso valle. Certamente egli ignora quando e dove il filo si fermerà e non sa quale traguardo valicherà, mentre la poesia prende corpo nella sua mente. La poesia si colora a seconda delle stagioni e delle diverse epoche della vita e ne subisce il fascino; essa porta con sé il fascino leggero del mistero che l’ha elevata in atmosfere rarefatte e nella contemplazione di ciò che è indefinito ed infinito. Dopo aver scritto una poesia, il poeta vorrebbe un incanto che durasse a lungo, pur sapendo che la bellezza è cosa delicata suscettibile di corruzione e non ricreabile a piacere. Eppure c’è sempre la speranza che la poesia rinasca come fa la primavera dopo il freddo bianco dell’inverno. Ricordi di momenti lontani possono essere consegnati ad una stagione creatrice di poesia, se questi ricordi servono a comprendere meglio il presente e dare un significato alla nostalgia, a dare una spiegazione all’ansia, di fronte ad una serie di eventi e di fenomeni che ci sovrastano. Ben conscio che l’innamoramento non è acquistabile al mercato delle illusioni, il poeta tende ad afferrare un lembo d’infinito, un segreto del cuore ed a tradurlo in parole ormai decantate da un animo che sta in silenzio. A volte la natura, i luoghi dell’infanzia, i luoghi dei ricordi divengono infiniti, non soltanto perché esiste la sfera spirituale, ma anche perché esiste la tensione verso una innocenza del cuore non utopistica. Considerazione già perfettamente resa dal grande G. Ungaretti nelle sue lezioni su “Ragioni di una poesia”: “Nell’uso del verso il poeta torna a riconoscere che egli medesimo si mette in grado di ascoltare i 16


ritmi a mezzo dei quali – nell’orecchio dei padri – era persuasiva la musica dell’anima. La musica che porta a quel punto da cui, sciogliendosi nel mistero – la poesia può illustrarsi d’innocenza”. La pesante materia portata dall’esperienza si decanta nell’anima e ne riesce con un volto nuovo, con significati traslati, non necessariamente pacificati dal cuore. L’eterno candore di una età originaria dell’eden non è una utopia per chi fa poesia, per colui che vuole sentire nella realtà l’innocenza che v’era prima della creazione del mondo. Le mie liriche non sono vicende intimistiche ma dialoghi aperti fra uomo e natura, fra uomo e persone, fra uomo e Dio. La natura l’ho vissuta come un sogno che lascia dentro all’animo una linfa vitale, che conduce verso un clima rarefatto, che a volte ha l’andamento di fiaba. Le atmosfere luminose si susseguono a luci notturne, i lampioni od i fari delle auto, nelle quali la rarità della luce significa la rarità dell’ispirazione ed i rumori attutiti dal buio sono il mistero da cui sgorga la poesia, i luoghi favorevoli all’ispirazione. Istanti fatali nei quali è possibile afferrare un senso nuovo della realtà vissuta, per dirla con Eugenio Montale, nelle “Occasioni”. Momenti in cui si possono captare rapporti imprevisti fra noi e le cose, un senso nuovo della realtà. Eppure nelle mie liriche ho respinto i sentimentalismi che fanno capolino nel cuore, tentativi latenti di oggettivarsi in parole con un andamento imprevedibile. Per cui può accadere che la poesia possa perdere la sua freschezza e la sua profondità e diventare astrusa, contorta, incomunicabile per eccesso di scelte ermetiche o narcisistiche. Anche se non ci si può sempre esprimere in poesia, ma si può fare della prosa che abbia contenuti poetici, come ebbe a dire Umberto Saba al suo amico poeta Vittorio Sereni in una corrispondenza epistolare: “Non si possono scrivere sempre poesie: tu hai la possibilità di esprimerti in prosa e – cosa incredibile – hai anche qualcosa da dire”. 17


Vi sono versi in cui la bellezza e la rarità dei momenti e degli incontri che noi vorremmo trattenere e mutare in poesia non perdono mai la loro carica emotiva e di sentimento. Le ore vissute con persone, in certi luoghi ed in certe circostanze rivivranno soltanto nel momento in cui le fisseremo in parola. Così le strade, i treni, le case sono i luoghi delle nostre aspirazioni e dei nostri ideali. Ci avvicinano alle persone amate o ci allontanano controvoglia da loro. La speranza di un autore è che i suoi scritti i suoi libri facciano rivivere al lettore il palpito di chi li aveva vissuti e poi scritti. In tal senso il componimento poetico è a doppio senso di comunicazione, giacché colui che legge riferisce le sue sensazioni, le sue impressioni al poeta che aveva fatto il percorso dello scrivere, dando un senso originale all’esistenza.

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ELOGIO DELL'INFINITO

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IN LIMINE Vi porterò in un’atmosfera rarefatta Ove si respira un’aria pura. Non dovrete aver paura Vi condurrò per mano nella notte sfatta Appena da bagliori di lumi.

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E CADE LA LUCE E cade la luce su bambini avvolti in tenere calde coperte i sogni custodiscono le cose vissute se appena un rumore di pianto o un sussulto risveglia una madre che dorme loro accanto. E’ la vita che insegue la vita vita che s’inoltra ad una fine, fine che si fa principio, principio che non finisce mai. Angeli custodi si struggono di non poterli rendere invincibili come gli eroi metallici delle fiabe, li posson scorgere mentre risalgono a fatica l’albero della vita. Ora le gocce di pioggia cadon nel vuoto non trovano terra e nell’aria della notte poveri poeti guardan con occhi incantati reali accadimenti – distratti dai loro sogni. Avranno un esito soltanto con l’aria del mattino.

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