Funzione materna e funzione paterna La funzione materna da sempre è preposta alla cura, alla protezione del bambino, alla soddisfazione dei suoi bisogni primari, alla sua gratificazione. Nel primo anno di vita la prevalenza di questo tipo di funzione è fondamentale. Il neonato necessita d’instaurare una relazione simbiotica con la madre, improntata alla cura e all’accudimento che è fondamentale per la sopravvivenza e l’acquisizione di alcune importanti competenze di natura psichica come l’attaccamento e l’autostima. Il padre nei primi mesi di vita offre sostegno e protezione alla relazione madre-bambino; può prendersi cura del figlio e della madre e in questo modo alleviare sofferenze e dolori. Man mano che il bambino cresce e si sviluppa, si costituirà un legame di attaccamento anche con il padre. La figura paterna aiuta il bambino nel processo di separazione dal “grembo” materno per uscire dalla con-fusione e arrivare all’individuazione, all’affrancamento di sé, a uscire dall’onnipotenza. Il padre ha il compito di favorire l’autonomia dei figli, promuovere il primo abbozzo di coscienza e di disciplina degli impulsi, il senso del limite, le regole di vita, la socializzazione. In questo senso egli si presenta come un “altro” dalla madre, mediatore del mondo esterno, primo interprete della realtà. Al padre spetta il compito di rendere capace il figlio di far parte di una comunità più ampia, mettendolo precocemente a confronto con le regole necessarie alla convivenza. È il passaggio del figlio dal regno dei bisogni, soddisfatto dalla madre, al regno del desiderio verso il mondo esterno. Attualmente i padri sono maggiormente coinvolti nel rapporto con i figli, ma rischiano di fare “maternage” e di prolungare la dipendenza affettiva. C’è il rischio che nell’assenza di un ruolo definito di paternità alcuni uomini vogliano 16