Il Governo e la Chiesa in Polonia

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2 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978)


3 Collana Storia della Chiesa in Europa centro-orientale Diretta dal prof. Jan Mikrut


4 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978)

Piano della Collana

La Chiesa cattolica e il Comunismo in Europa centro-orientale e in Unione Sovietica Il governo e la Chiesa in Polonia di fronte alla diplomazia Vaticana (1945-1978) La Chiesa cattolica e il Comunismo in Europa centro-orientale attraverso i protagonisti La Chiesa cattolica in Unione Sovietica


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Paweล Wรณjcik

IL GOVERNO E LA CHIESA IN POLONIA DI FRONTE ALLA DIPLOMAZIA VATICANA (1945-1978)


6 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978)

© Il Segno dei Gabrielli editori, 2016 Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona) Tel. 045 7725543 − fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it Prima edizione, 2016 ISBN 978-88-6099-301-4 Immagine di copertina: la foto è stata scaricata dal sito del Ministero degli Affari Esteri di Polonia, realizzata dall’Agenzia Stampa Polacca PAP Marek Langda nel 1974. Rappresenta mons. Casaroli accompagnato all’aeroporto dal card. Wyszyński e dal ministro degli Esteri Olszowski. https://www.msz.gov.pl/pl/ministerstwo/historia/ministrowie... Stampa “Il Segno dei Gabrielli editori” giugno 2016 Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633.


Indice generale

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Indice generale

Presentazione prof. Jan Mikrut

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Introduzione 13 Capitolo I La nuova realtà: la Chiesa e la Polonia comunista dal dopoguerra alla morte di Pio XII (1945-1958)

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1.1 L’abolizione del Concordato del 1925 e le sue conseguenze

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1.2 Tentativi di coesistenza fino all’accordo del 1950

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1.3 L’apogeo del conflitto: la lotta per le nomine ecclesiastiche

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1.4 La Chiesa del silenzio: gli anni dell’internamento del primate

77

1.5 L’Ottobre polacco: un breve disgelo nelle relazioni Chiesa-Stato

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Capitolo II L’epoca di transizione: gli anni di Giovanni XXIII (1958-1963) 115 2.1 Le condizioni della Chiesa polacca al momento di passaggio tra i due pontificati

115

2.2 Il conclave del 1958 e la questione polacca

129

2.3 Prime decisioni: il problema dell’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede

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2.4 La giurisdizione e le nomine vescovili: la controversia intorno al vescovo Kaczmarek

156

2.5 Il papa buono e il cattivo primate: una nuova strategia dei comunisti 176 Capitolo III L’avvio e lo sviluppo dell’Ostpolitik dall’elezione di Paolo VI alla caduta del governo Gomułka (1963-1970) 195 3.1 I comunisti e il Concilio Vaticano II: lo scandalo della seconda sessione

195


8 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) 3.2 Il cardinale Wyszyński e la nuova politica orientale della Santa Sede

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3.3 La pacificazione tra polacchi e tedeschi: la lettera dei vescovi polacchi

227

3.4 Il Millennio: deve il papa venire in Polonia?

244

3.5 Progresso e ristagno: i risultati della visita pastorale di Casaroli

264

Capitolo IV La svolta politica: l’apertura di Edward Gierek (1970-1974) 285 4.1 Tra l’appoggio alla nazione e la neutralità: la Chiesa e la crisi governativa

285

4.2 La Santa Sede nel progetto della normalizzazione

301

4.3 La nuova circoscrizione ecclesiastica

323

4.4 La ripresa dei contatti bilaterali nel contesto della CSCE

343

4.5 Lo scambio delle visite ufficiali

361

Capitolo V Verso una possibile normalizzazione: il periodo dei contatti permanenti di lavoro (1974-1978) 381 5.1 I negoziati per la costituzione dei contatti permanenti di lavoro

381

5.2 L’attuazione del protocollo sui contatti permanenti di lavoro

397

5.3 La prima fase dei contatti permanenti

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5.4 I contatti permanenti all’ombra della crisi politica

436

5.5 La polemica sulla nomina di un delegato apostolico stabile a Varsavia

454

Conclusione 475 Appendice di documenti

485

Sigle e abbreviazioni 527 Bibliografia 529 Indice dei nomi 553


Presentazione

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Presentazione prof. Jan Mikrut

Ho accolto con piacere la richiesta di Paweł Wójcik SVD, che da poche settimane ha brillantemente conseguito il dottorato in Storia della Chiesa presso la Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana di Roma, di scrivere una breve prefazione a questo libro. Ritengo quanto mai utile e opportuna questa pubblicazione, specie per le giovani generazioni, perché si tratta di un’opera che affronta un tema molto peculiare, non solo per la storia polacca del ventesimo secolo e per questo mi auguro che abbia una larga diffusione e molti attenti lettori. Il libro è scritto in italiano e questo permette agli studiosi che non conoscono la lingua polacca di avere una valida introduzione alla storia della Polonia, una ricca bibliografia e ottime fonti legate con l’argomento, finora poco approfondite. La bibliografia della storia del XX° secolo in lingua polacca è cospicua e di alta qualità, ma purtroppo è spesso scarsamente conosciuta nel mondo occidentale a causa della limitata conoscenza di questa lingua tra gli studiosi europei. Sono convinto che quest’opera costituirà quindi un importante contributo per incrementare una fruttuosa dialettica tra storici polacchi e storici occidentali, evitando contemporaneamente taluni fraintendimenti spesso causati dalla difficoltà linguistica. Questo libro, dal significativo titolo Il Governo e la Chiesa in Polonia di fronte alla diplomazia vaticana (1945-1978) tratta con competenza la complessa e spesso drammatica storia della Chiesa in Polonia negli anni dalla fine della seconda guerra mondiale fino all’elezione dell’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyła come nuovo Pontefice della Chiesa cattolica. Il nuovo papa Giovanni Paolo II, nato e cresciuto in Polonia, conosceva come nessun altro pontefice prima di lui la complessa storia dell’Europa, soprattutto della parte governata dai comunisti secondo le linee guida già ben sperimentate in Unione Sovietica. Il suo pontificato iniziò nell’ottobre 1978, nel periodo della storia europea quando il sistema comunista in Europa centro-orientale era ancora molto forte e neppure si immaginava che il potere comunista potesse subire in un solo decennio un cambiamento così forte. La divisione dell’Europa in due blocchi secondo i trattati degli Alleati con l’Unione Sovietica nell’ultimo periodo della seconda guerra mondiale, ha modificato per decenni il futuro sviluppo del continente. Infatti, con la fine della guerra nel 1945, l’Europa fu divisa dalla cortina di ferro: quella dominata dall’ideologia comunista e quella occidentale, dove la società poteva vivere liberamente. La politica orientale della Santa Sede, definita nella storiografia con un termine di provenienza tedesca Ostpolitik, fu uno degli elementi di una vasta azione


10 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) della diplomazia vaticana intrapresa sulla scena internazionale per gli scopi sia ecclesiastici interni che internazionali. La Santa Sede si impegnò attivamente per trovare una piattaforma di collaborazione per tutelare la sicurezza nel mondo e portare a una distensione tra Oriente e Occidente. Dal punto di vista ecclesiastico e pastorale il suo obiettivo era di assicurare uno spazio di libertà, pur minimo, ai cattolici viventi sotto i regimi comunisti, apertamente ostili alla religione e alle istituzioni della Chiesa. Dopo il 1945 tutti i papi cercarono, per quanto possibile, di portare un aiuto alle Chiese al di là della cortina di ferro. Papa Pio XII dichiarò pubblicamente la sua solidarietà con i cattolici perseguitati e protestò contro le repressioni. Tuttavia non poté fare tanto nella più grave fase della guerra fredda, che coincise con la parte postbellica del suo pontificato. I pontefici Giovanni XXIII e Paolo VI modificarono il modus operandi nei confronti della “Chiesa del silenzio” e dei governi comunisti e, approfittando del clima della distensione internazionale, tentarono, tramite le azioni diplomatiche, di allentare l’oppressione in cui si erano trovate le Chiese dell’Est. Nel caso della Polonia Popolare, il più particolare dal punto di vista religioso di tutti gli Stati del blocco sovietico, i metodi della diplomazia vaticana dovettero inevitabilmente scontrarsi con la visione della gerarchia locale e, soprattutto, con quella del cardinale primate Stefan Wyszyński, che durante gli anni del dopoguerra acquistò il rango dell’incontestato capo della Chiesa polacca ed elaborò uno specifico modo di rapportarsi con il regime. Il presente volume, che proponiamo nel quadro della collana Storia della Chiesa in Europa centro-orientale, offre ai lettori le vicende della Chiesa polacca in questo periodo storico raccontate dal punto di vista della singolare relazione intercorsa tra la Santa Sede, la Chiesa locale polacca e il governo comunista. Per la prima volta viene ricostruito e presentato un complicato rapporto che possiamo definire allo stesso tempo ecclesiastico-interno, che ha visto una polemica tra la gerarchia locale e la Curia romana, ed internazionale che ha coinvolto la Santa Sede in un lungo e faticoso dialogo con le autorità della Polonia comunista. Seguiamo i dilemmi che si posero davanti alla Santa Sede e ai suoi rappresentanti diplomatici, le inquietudini e le preoccupazioni della gerarchia polacca e soprattutto il modo di ragionare e il modus operandi di uno Stato totalitario nei confronti della Chiesa locale e universale. La situazione, infatti, non era del tutto chiara. Nella Santa Sede e nell’episcopato ci si chiedeva e si discuteva se i negoziati avrebbero potuto produrre una maggiore libertà e un più vasto spazio per lo sviluppo della vita religiosa o, al contrario, si sarebbero rivelati un’illusione che avrebbe accresciuto il prestigio del regime senza risultati positivi e durevoli per la Chiesa. La più grande difficoltà con cui si deve misurare uno studioso della storia contemporanea della Chiesa è l’accesso alle fonti, soprattutto quelle ecclesiastiche. Siamo spesso nell’impossibilità di consultare fonti primarie che ci interessano. Tuttavia la presente opera non soltanto è basata su un abbondante numero di fonti archivistiche e ampie collezioni di fonti edite ma ci offre anche una ricca


Presentazione

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appendice documentaria composta da interessantissimi documenti di diversa provenienza. Va anche rilevato che per la prima volta vengono messi a confronto i documenti, editi e inediti, polacchi e italiani concernenti le relazioni della Santa Sede con la Chiesa polacca e il governo della Polonia Popolare. La loro giusta interpretazione e il vero contesto acquistano, ad esempio, le carte del cardinale Agostino Casaroli, edite da Giovanni Barberini, mai prima usate, né in Italia né in Polonia, per tentare una ricostruzione della difficile relazione triangolare Wyszyński- Vaticano- Governo polacco. Di particolare interesse è la documentazione degli organi dello Stato responsabili della politica religiosa: vari dipartimenti del Ministero degli Interni e l’Ufficio dei Culti. L’accurata analisi di queste fonti ci fa penetrare all’interno del sistema totalitario e ci fa scoprire le vere intenzioni delle autorità e i meandri della politica interna ed internazionale della Polonia Popolare. Esprimo il mio più grande apprezzamento per la ricerca archivistica effettuata da Paweł Wójcik in maniera encomiabile, sotto tutti gli aspetti. Questo lavoro richiedeva un grande sforzo intellettuale ed è durato, infatti, un paio di anni. Si deve rilevare anche la sua buona conoscenza di diverse lingue e delle metodiche di consultazione dei diversi archivi europei. La ricerca storica si basa in parte sulle fonti degli Archivi Vaticani e degli Archivi Nazionali in Polonia. In questo senso auguriamo al nostro Autore di perseverare sulla strada della ricerca storica, che ha dimostrato di aver ben intrapreso, mostrando una buona capacità di ricerca, una buona metodologia storica ed una grande pazienza, unite ad una eccezionale capacità espositiva, dono apprezzato dai lettori, non solo per i lavori storici. Con la pubblicazione nell’aprile 2016 del volume La storia della Chiesa cattolica e il Comunismo in Europa centro-orientale e in Unione Sovietica è nata anche una nuova collana scientifica, intitolata La storia della Chiesa in Europa centroorientale. Il compito della nuova collana è portare avanti e pubblicare nuovi testi scientifici per approfondire quelle parti finora poco studiate della complessa storia del cristianesimo in questa parte del mondo. Anche alcune tesi dottorali, dedicate a questi temi, troveranno spazio nella nostra collana, così da avere una più ampia divulgazione nel mondo scientifico. Con la pubblicazione di questo libro di Paweł Wójcik: Il Governo e la Chiesa in Polonia di fronte alla diplomazia vaticana (1945-1978) inauguriamo, certamente nel migliore dei modi, le pubblicazioni delle ricerche scientifiche tratte dalle tesi di dottorato degli studenti della Facoltà di Storia e dei Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana.


12 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978)


Introduzione

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Introduzione

La ragnatela rossa intorno al Vaticano. Così a volte viene definita dagli storici e dai pubblicisti la politica dello Stato comunista polacco nei confronti della Santa Sede. Lo scopo dei comunisti, sia della centrale a Mosca che delle sue strutture dipendenti a Varsavia era approfittare del multisecolare legame della Polonia e dei polacchi con la Santa Sede nella loro strategia della lotta contro la Chiesa. Per questo motivo il Vaticano, sin dall’inizio dell’esistenza della Repubblica Popolare di Polonia, si trovò nel mirino dei servizi segreti1. A seguito dell’unilaterale abolizione del Concordato nel settembre del 1945 i comunisti persero praticamente ogni influsso sulle nomine delle cariche ecclesiastiche e su altri affari ecclesiastici regolati fino ad allora dalle norme concordatarie. Pur avendo perso così tanta influenza potevano però svolgere la loro rivoluzionaria politica religiosa senza alcun vincolo derivante da un accordo bilaterale con la Santa Sede. Questa situazione costrinse le autorità comuniste a una continua lotta contro l’episcopato polacco il cui elemento costitutivo furono tentativi, ripetuti per decenni, di allacciare una relazione diretta con la Santa Sede al posto dei regolari rapporti diplomatici interrotti frettolosamente e sconsideratamente dopo la Seconda guerra mondiale. L’obiettivo di questi contatti – e, ulteriormente, veri e propri negoziati – era costruire un ponte diplomatico sopra la testa della gerarchia polacca, soprattutto del primate di Polonia che conosceva nel modo migliore la realtà polacca. La figura del primate di Polonia, prima il cardinale August Hlond e poi dal 1948 per oltre trent’anni il cardinale Stefan Wyszyński, rimane il principale punto di riferimento nelle relazioni Chiesa – Stato – Santa Sede2. Le autorità comuniste realizzarono i loro obiettivi attraverso i metodi di uno Stato totalitario, impiegando l’apparato ben sviluppato della sicurezza statale e il servizio di intelligence esterno che supportava lo staff dell’ambasciata di Polonia presso il Quirinale. La tattica dei comunisti consisteva nell’intraprendere incontri e colloqui con rappresentanti della Santa Sede a diverso livello: informali, semiufficiali e ufficiali, ma soprattutto in nascoste azioni di manipolazione e disinformazione di fronte alla diplomazia vaticana. Gli agenti dei servizi segreti a Roma avevano il compito di creare una rete di informatori e collaboratori tramite i quali cercavano di penetrare all’interno della Segreteria di Stato. Nell’ambito del loro interesse rimanevano anche gli altri dicasteri e le istituzioni polacche a Roma, quali l’Istituto e il Collegio polacco. La rete di agenti aveva lo scopo di 1 Cfr. Przez Morze Czerwone. Kościół w Polsce pod rządami komunistów. Część IX. Agentura w Kościele, dodatek specjalny IPN do «Gościa Niedzielnego», 13.09.2009, p. 6. 2 J. Żaryn, Polska na poważnie, Gdańsk 2013, p. 200.


14 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) fornire informazioni sulla situazione nella Santa Sede e sull’efficacia della politica di disinformazione, nonché, per quanto possibile, di creare questa politica ed esercitare un influsso sui diversi ambienti ecclesiastici3. Analizzando la politica religiosa della Polonia comunista bisogna sempre tenere presente la specificità del regime. Nel sistema comunista era iscritta la politicizzazione di ogni settore della vita pubblica, per cui, intraprendendo qualsiasi attività in tale contesto, la Chiesa era considerata soprattutto una forza politica e non morale o religiosa. Questa ottica veniva applicata sia alla gerarchia locale che alla Chiesa universale rappresentata dalla Santa Sede4. In questo contesto anche il termine “governo”, utilizzato comunemente nella storiografia e nella documentazione, compresa quella della Segreteria di Stato, va inteso nel senso specifico caratteristico dei regimi totalitari. In questo sistema monopartitico tutto il potere era concentrato nelle mani del partito comunista, in Polonia il Partito Operario Unificato Polacco (POUP), il cui organo decisivo era il Comitato Centrale con a capo il primo segretario, di fatto il personaggio numero uno dello Stato. Il governo, come gli altri organi dello Stato inclusi quelli responsabili della realizzazione della politica religiosa e dei contatti con il Vaticano, erano in questa realtà un’emanazione del partito comunista che eseguiva le disposizioni del Comitato Centrale e attuava la linea politica del Politburo che dipendeva dal primo segretario del momento e dall’equilibrio delle forze in seno al partito5. Similmente la nozione “diplomazia vaticana” viene intesa nel senso lato. Con questo termine in questo lavoro intendiamo non solo la Segreteria di Stato e i suoi organi a cui competevano le relazioni con gli Stati – la Sacra Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari e il Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa – ma anche le persone che non facevano parte della Curia in senso stretto. Siccome contatti e rapporti tra le autorità polacche e la Santa Sede avvenivano a diversi livelli e avevano diverso rango, vi partecipavano personaggi di diversi dicasteri e anche quelli dal di fuori dell’ambiente vaticano nel senso stretto che, occasionalmente o per un più lungo periodo, con l’approvazione o per l’ispirazione della Segreteria di Stato, erano impegnati nei rapporti con il governo comunista polacco e con la Chiesa locale. Tra questi personaggi troviamo ad esempio: il cardinale inglese Bernard Griffin, il cardinale Fraz König, arcivescovo di Vienna, mons. Franco Costa ed altri. Il loro compito principale era raccogliere 3 Per maggiori informazioni in lingua italiana si veda: Da un Paese lontano per spiare da vicino. Intervista con Jan Żaryn di Giovanni Cubeddu, «30Giorni nella Chiesa e nel mondo», n. 07/08 (2005). 4 Cfr. F. Musiał, Realizm Kościoła katolickiego w czasach PRL-u, «Ośrodek Myśli Politycznej», 19.09.2005, http://www.omp.org.pl/stareomp/index4f10.php?module=su bjects&func=printpage&pageid=358&scope=all [accesso: 10.11.2015]. 5 Cfr. A. Paczkowski, Wstęp, in: Centrum władzy w Polsce1948-1970, pod red. A. Paczkowskiego, Warszawa 2003, p. 12-14; A. Dudek, “Pierwsza władza”. Model nadzoru PZPR nad władzą ustawodawczą, wykonawczą i sądowniczą, in: K. Rokicki, R. Spałek (red.), Władza w PRL. Ludzie i mechanizmy, Warszawa 2011, p. 55-61.


Introduzione

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in loco notizie e informazioni sulla vita della Chiesa polacca che avevano una fondamentale importanza per decidere concreti passi nei confronti del governo e della Chiesa locale ed eventualmente intermediare tra la Santa Sede, la gerarchia e le autorità statali. Queste iniziative avevano un particolare rilievo nella situazione in cui la libera comunicazione dei vescovi con Roma era impedita6. Tra i personaggi e le istituzioni impegnati nel riavvicinamento tra il governo polacco e la Santa Sede abbiamo anche, da entrambe le parti, alcuni laici e membri delle diplomazie occidentali, soprattutto quella francese e italiana, che specialmente negli anni ’50 e ’60 costituivano un’importante fonte d’informazione per la Segreteria di Stato sulla situazione in Polonia e facilitavano la comunicazione tra la gerarchia polacca e il Vaticano. In questo ambito si distinse l’ambasciatore d’Italia a Varsavia, Enrico Aillaud, il cui coinvolgimento negli affari polacchi, e specialmente nelle relazioni governo polacco – Vaticano, superò i soliti doveri di un rappresentante diplomatico. L’obiettivo di questo lavoro è ricostruire e presentare il triplice rapporto tra il governo comunista, la Chiesa locale polacca e la Santa Sede con particolare considerazione del quadro politico e religioso interno polacco che determinò questo rapporto. Come osserva lo storico Agostino Giovagnoli, la Santa Sede tramite i suoi contatti con i paesi d’oltrecortina cercava di raggiungere i propri fini religiosi, ecclesiali e pastorali, ma di conseguenza dovette prima di tutto misurarsi con gli interessi, gli scopi e la mentalità degli interlocutori. «Non è possibile perciò alcun bilancio complessivo dell’Ostpolitik – e neppure una sua autentica comprensione storica – senza studi illuminanti su che cosa succedeva dall’altra parte»7. Intendiamo riempire questa lacuna e far ascoltare anche l’altra parte – la Chiesa polacca e il governo comunista – esporre le loro motivazioni, gli obiettivi e le preoccupazioni, ma anche i metodi con cui perseguivano i loro scopi. Il punto di partenza del nostro lavoro è il 1945 con la fine della Seconda guerra mondiale e con lo stabilimento del nuovo ordine geopolitico europeo decretato alle conferenze di Yalta e di Potsdam. Per la Polonia questa data significò non soltanto l’imposizione di un nuovo governo comunista da parte di Mosca ma anche il drastico spostamento delle sue frontiere e la creazione di una nuova forma del paese anche sotto il profilo demografico e religioso. La data finale del lavoro è l’elezione a sorpresa del cardinale Karol Wojtyła, arcivescovo di Cracovia, al soglio pontificio il 16 ottobre 1978. Questa elezione fu un importantissimo segnale e una svolta decisiva, non soltanto nella politica orientale dei papi, ma anche nella storia della Polonia e della Chiesa polacca. Concluse una lunga tappa dei rapporti Stato – Chiesa – Santa Sede e diede il via ad un nuovo periodo delle reCfr. A. Melloni, L’Ostpolitik e i suoi uomini, in: A. Melloni, M. Guasco (a cura di), Un diplomatico vaticano fra dopoguerra e dialogo. mons. Mario Cagna (1911-1986), Bologna 2003, p. 233-242. 7 A. Giovagnoli, Ostpolitik: un bilancio storiografico, in: A. Silvestrini (a cura di), L’Ostpolitik di Agostino Casaroli 1963-1989, Bologna 2009, p. 115. 6


16 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) lazioni in cui il papa polacco mise insieme l’esperienza della diplomazia vaticana con la profonda conoscenza personale dei rapporti politici e religiosi nell’Europa dell’Est. Si vuole dunque esaminare lo sviluppo della politica orientale e i rapporti della Santa Sede con il governo e la gerarchia polacca durante la parte postbellica del pontificato di Pio XII e sotto i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI con un breve accenno alla parte iniziale del pontificato di Giovanni Paolo II8. L’opera non si limita soltanto all’Ostpolitik della Santa Sede nei confronti della Polonia, anche se la politica orientale del Vaticano costituisce un importantissimo punto di riferimento del lavoro, ma non esaurisce il problema della triplice relazione Chiesa – Stato – Santa Sede. Come afferma il giurista e storico italiano Giovanni Barberini, in Polonia non si attivò la cosiddetta Ostpolitik della Santa Sede nella misura, con le modalità e con gli obiettivi di quella messa in atto in altri Stati dell’Est. Questo fu non per particolari difficoltà ma semplicemente perché la situazione politico-religiosa del paese ha sempre visto uno scontro diretto o un dialogo diretto fra episcopato, e per esso il primate cardinale Wyszyński, e governo – potere politico; e inoltre perché la Chiesa polacca seppe resistere da sola al regime. La Santa Sede di fatto non è quasi mai intervenuta direttamente in questo particolare rapporto nel periodo in cui ha avviato la sua azione politica a sostegno delle Chiese dell’Est. Comunque, è sempre stata in qualche modo presente nelle vicende della Chiesa polacca e ha cercato di intervenire quando era necessario. Di conseguenza, a partire dal pontificato di Giovanni XXIII, si instaurò una complessa relazione chiamata da alcuni «difficile gioco a tre»9. Un bilancio delle pubblicazioni prodotte sull’argomento, specialmente secondo l’impostazione delineata sopra, ci ha fatto constatare l’assenza di uno studio sintetico e sistematico dei rapporti polacco – vaticani dopo la Seconda guerra mondiale. Questa carenza ci è stata sottolineata dal prof. Hieronim Fokciński SJ, direttore del Pontificio Istituto di Studi Ecclesiastici e testimone dell’epoca. La storiografia e la pubblicistica occidentale ci offre un abbondante numero di opere concernenti la politica orientale della Santa Sede e il suo contesto internazionale. Questi lavori propongono spesso un esame critico dell’Ostpolitik vaticana, cercando di valutare da diversi punti di vista l’efficacia dell’azione diplomatica della Santa Sede e dei suoi protagonisti nonché indicare le origini e le finalità della politica orientale del Vaticano10. Tra questi lavori vanno menzionati le monografie e gli articoli di Hansjakob Stehle (Die Ostpolitik des Vatikans; Geheimdiplomatie im Vatikan. Die Päpste und die Kommunisten), di Andrea Riccardi (Il 8 Cfr. M. F. Feldkamp, La diplomazia pontificia da Silvestro I a Giovanni Paolo II. Un profilo, Milano 1998, p. 111-112. 9 G. Barberini, L’Ostpolitik della Santa Sede. Un dialogo lungo e faticoso, Bologna 2007, p. 136-137. 10 Una prova di bilancio e di valutazione dell’Ostpolitik la troviamo p.e. nell’articolo della sovietologa francese H. Carrère D’encausse, Paul VI et l’Ostpolitik, in: Paul VI et la modernité dans l’Église, Actes du colloque de Rome, 2-4 juin 1983, Roma 1984, p. 547-557.


Introduzione

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Vaticano e Mosca 1940-1990), di Alberto Melloni (curatore e uno degli autori de Il filo sottile. L’Ostpolitik vaticana di Agostino Casaroli; insieme a Maurilio Guasco: Un diplomatico vaticano fra dopoguerra e dialogo. mons. Mario Cagna (1911-1986)), di Philippe Chenaux (L’Eglise catholique et le communisme en Europe (1917-1989). De Lénine à Jean-Paul II), di Roberto Morozzo della Rocca (Tra Est e Ovest. Agostino Casaroli diplomatico vaticano). L’Ostpolitik nella prospettiva di Mosca è stata indagata particolarmente da Adriano Roccucci (Russian Observers at Vatican II). Più ampi riferimenti all’esperienza polacca troviamo in Jonathan Luxmoore e Jolanta Babiuch nella loro Il Vaticano e la bandiera rossa. Storia e segreti dei rapporti tra la Chiesa cattolica e i regimi comunisti. Il giornalista cristiano e la sociologa polacca proveniente da una famiglia comunista (figlia di Edward Babiuch, segretario del POUP e premier del governo comunista) utilizzano nel loro volume alcune fonti governative ed ecclesiastiche edite in Polonia ma sconosciute all’estero, offrendo al lettore occidentale nuova luce sui rapporti tra la Chiesa cattolica e i governi comunisti del blocco orientale. Nell’ambiente storico italiano il più importante studioso sia dell’Ostpolitik che dei rapporti Chiesa – Stato in Polonia è Giovanni Barberini con i suoi Stato socialista e Chiesa cattolica in Polonia. Storia, politica, diritto e L’Ostpolitik della Santa Sede. Un dialogo lungo e faticoso. Nell’ambito del suo interesse rimane anche la partecipazione della Santa Sede alla CSCE (Pagine di storia contemporanea. La Santa Sede alla Conferenza di Helsinki). Barberini è anche editore di importantissime fonti provenienti dalla Segreteria di Stato e conservate nell’archivio Casaroli (La politica del dialogo. Le carte Casaroli sull’Ostpolitik vaticana). Nella sua edizione troviamo una quarantina di appunti, rapporti e lettere relativi alle relazioni della Santa Sede con l’episcopato e con il governo polacco. Una pubblicazione assai rilevante raccoglie le memorie del cardinale Agostino Casaroli (Il martirio della pazienza. La Santa Sede e i paesi comunisti (196389)) scritte, a quanto pare, come risposta alle critiche dell’Ostpolitik vaticana. Una visione della politica orientale della Santa Sede, proposta dal suo principale protagonista e basata su un ampio materiale archivistico e sulle esperienze personali, rievoca fatti, persone, situazioni e si collega idealmente e praticamente con l’edizione delle fonti preparata da Barberini11. Nello stesso contesto si collocano numerosi articoli e interviste rilasciate dal cardinale Achille Silvestrini, collaboratore di Casaroli e protagonista della politica orientale della Santa Sede, principalmente alla Conferenza di Helsinki12. Nella storiografia polacca diversi autori si sono interessati dei rapporti Chiesa – Stato – Santa Sede nei loro diversi aspetti. Al primo posto vanno ricordate le pubblicazioni dello storico Jan Żaryn, uno dei migliori esperti della storia della Chiesa polacca sotto il regime comunista. Nella sua Storia della Chiesa cattolica in Polonia (Dzieje Kościoła katolickiego w Polsce 1944-1989), scritta, tra l’altro, Cfr. A. Giovagnoli, Ostpolitik: un bilancio storiografico, p. 107. Si veda ad es.: Le intese su cose possibili e oneste. Intervista con il cardinale Achille Silvestrini, in: «30 Giorni nella Chiesa e nel Mondo», 07/08 (2005). 11 12


18 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) sulla base dei protocolli del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale (Żaryn è l’unico storico che è stato autorizzato dall’episcopato a studiare queste fonti) l’autore dedica due capitoli ai rapporti Polonia – Santa Sede. Żaryn è anche editore degli atti dell’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede (diventata poi l’ambasciata del governo polacco in esilio) degli anni 1945-1958 e autore di numerosi articoli sui rapporti polacco-vaticani nel periodo comunista. Importanti informazioni sui rapporti del governo con la Santa Sede forniscono i lavori di Andrzej Grajewski, Antoni Dudek e Zygmunt Zieliński. Ewa Czaczkowska, la biografa del primate Wyszyński, ha presentato la complicata relazione del primate con la diplomazia vaticana. Gli storici del periodo comunista in Polonia si concentrano spesso sull’attività dei servizi di sicurezza e sull’apparato di repressione. In questo ambito disponiamo di numerose monografie e articoli che ci presentano il funzionamento e le tecniche dei servizi segreti e dei servizi di sicurezza comunisti. Le operazioni dei servizi segreti contro il Vaticano vengono studiati soprattutto da Władysław Bułhak, Sławomir Cenckiewicz, Marek Lasota e altri studiosi dell’Istituto della Memoria Nazionale. Una fonte importantissima per conoscere lo spirito dell’Est e le relazioni della Chiesa polacca con lo Stato e la Santa Sede è il diario del primate Wyszyński. Il cardinale stese quotidiani appunti, dal 22 ottobre 1948 al 12 maggio 1981, in cui incluse non soltanto le sue opinioni e le osservazioni personali, ma anche relazioni di incontri, riassunti di documenti e verbali delle sedute del Consiglio Permanente e della Conferenza Plenaria dell’Episcopato. Il suo diario intitolato Pro memoria conta alcune decine di volumi manoscritti. Fino ad oggigiorno i Pro memoria che rimangono custoditi dall’episcopato non sono stati pubblicati per esteso. Disponiamo di una edizione degli appunti degli anni 1948-1949, 19521953 e 1965-1967. Ampi frammenti del diario del primate, ordinati cronologicamente e tematicamente, sono stati pubblicati da Peter Raina nella sua grande opera di venti volumi Kardynał Wyszyński insieme agli altri documenti prodotti dall’episcopato e dalla parte governativa. Raina è anche editore delle più importanti fonti ecclesiastiche e governative del periodo comunista, incluse le relazioni dell’arcivescovo Bronisław Dąbrowski, delegato del primate, dei suoi colloqui vaticani. Nell’opinione di Jan Żaryn, uno storico che volesse scrivere una giusta sintesi dei rapporti Chiesa – Stato in Polonia nel periodo comunista, a livello sia locale che universale, non può farlo senza la conoscenza della documentazione edita da Peter Raina13. I diari del primate completano gli analoghi diari dei suoi collaboratori, politici del gruppo parlamentare cattolico “Znak”, Jerzy Zawieyski e Janusz Zabłocki. La loro importanza è confermata, tra l’altro, dal fatto che Zawieyski, con l’approvazione del primate, fu ricevuto due volte dai papi Giovanni XXIII e Paolo VI come intermediario tra il governo e la Sede apostolica, Zabłocki dal canto suo, 13 J. Żaryn, Państwo – Kościół u progu PRL (1944-1956). Przegląd najnowszej literatury przedmiotu, in: «Dzieje najnowsze», 4 (1995), p. 122.


Introduzione

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sempre ben informato, ebbe numerosi contatti politici sia nel paese che a Roma, dove fu introdotto nell’ambiente dei democristiani grazie ai suoi contatti con l’emigrazione politica polacca. Sicuramente la nostra conoscenza delle relazioni tra la Santa Sede e il governo e la Chiesa polacca durante il regime comunista sarà completa solo quando saranno accessibili gli archivi ecclesiastici e, soprattutto, quelli vaticani. Tuttavia, già oggi possiamo ricostruire con grande esattezza lo stato di queste relazioni basandoci sulle ampie collezioni di fonti edite, menzionate sopra, e quelle archivistiche ormai disponibili. Per quanto riguarda gli archivi ecclesiastici polacchi, essi in maggior parte rimangono chiusi agli studiosi. Ci è stato negato l’accesso all’Archivio della Conferenza Episcopale, tuttavia abbiamo potuto studiare il materiale dell’Archivio della Conferenza dei Superiori Maggiori degli Ordini Religiosi Maschili che ha ereditato la documentazione dell’antico Dipartimento per i religiosi della Conferenza Episcopale. Vi abbiamo trovato la corrispondenza dell’episcopato e del primate con il governo, nonché relazioni, verbali, analisi giuridiche e altri documenti dell’episcopato concernenti i suoi rapporti con il governo, alcuni già editi da Raina. In merito alla politica religiosa dello Stato comunista è indispensabile l’accesso a due archivi statali. Il primo è l’Archivio degli Atti Nuovi. In esso viene conservato il fondo dell’Ufficio dei Culti, l’organo dell’amministrazione statale nel ruolo di ministero nella cui competenza rimanevano tutti gli affari ecclesiastici. Negli anni ’70 all’Ufficio dei Culti fu affidato anche il compito di condurre le trattative con i rappresentanti della Santa Sede. Attraverso i suoi dipartimenti passava tutta la documentazione, anche quella prodotta da altri organi dello Stato, riguardante le relazioni con la Chiesa cattolica a livello locale, centrale e internazionale. L’altro archivio statale imprescindibile è l’Archivio dell’Istituto della Memoria Nazionale. In esso vengono conservati i documenti del più potente dei ministeri, il Ministero degli Interni che organizzava e controllava la stabilità del regime. All’interno di questo ministero furono create le cellule per gli affari religiosi, per la sorveglianza e la lotta contro la Chiesa. Di competenza del Ministero degli Interni rimaneva anche il servizio di intelligence esterna cui fu affidato il lavoro operativo intorno al Vaticano. Sulla base della documentazione di questo archivio possiamo ricostruire la vera politica religiosa dello Stato e gli obiettivi che si proposero i comunisti a proposito dei loro contatti con la Santa Sede14. Di primaria importanza sono i fascicoli intitolati Rapporti Polonia-Vaticano in cui viene conservata la documentazione relativa a tutti gli aspetti della politica religiosa della Stato dal punto di vista dei suoi contatti, formali, informali e segreti, con la Santa Sede. In questo fondo abbiamo potuto studiare i rapporti provenienti da Roma prodotti sia dall’ambasciata di Polonia presso il Quirinale che dagli agenti dell’intelligence estera e dei servizi di sicurezza interna. Una visione generale di 14 Cfr. A. Grajewski, Jak pamiętać historię Kościoła w PRL, in: «Więź», 10 (2001), p. 108-117.


20 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) questi rapporti e le raccomandazioni per il governo forniscono i documenti del reparto analitico preparati per i più importanti personaggi dello Stato. Il fondo contiene anche una parte della corrispondenza del primate con la Santa Sede, ottenuta tramite la perlustrazione della posta o consegnata dai collaboratori dei servizi di sicurezza operanti nell’ambiente del cardinale primate. Il Ministero degli Interni era il “cervello” del regime comunista. L’analisi della sua documentazione permette di rileggere la storia della Polonia comunista e studiare i suoi singoli elementi, in questo caso la politica dello Stato nei confronti della Chiesa locale e universale, dalla prospettiva dei documenti segreti creati dai servizi segreti interni ed esteri15. Tutto il cosiddetto “lavoro operativo” dei servizi segreti si svolgeva secondo le procedure strettamente regolamentate e veniva sistematicamente documentato. Naturalmente questa non era una documentazione pubblicamente accessibile. Anzi erano gli atti segreti o strettamente segreti, di cui la gran parte non usciva mai dalle mura del ministero. Generalmente l’attività delle autorità statali nella Polonia Popolare aveva un altissimo grado di segretezza. Gli atti prodotti in un regime autoritario dalla polizia politica o dall’intelligence non generano automaticamente una nuova conoscenza o una nuova interpretazione, né smentiscono la conoscenza o le indagini precedenti, ma soprattutto gettano una nuova luce sull’attività e sulla mentalità degli organi decisivi dello Stato che hanno prodotto questa documentazione e, a volte, permettono di capire motivi e episodi che sembravano ambigui. Bisogna anche tenere presente che i rapporti dei servizi segreti destinati al vertice del partito si traducevano in concrete decisioni politiche e diplomatiche. Questa importante fonte storica va però trattata con un’attenzione maggiore e una critica più severa che per altre fonti convenzionali16. Queste fonti archivistiche statali vengono completate dalla collezione dei documenti del Ministero degli Affari Esteri editi dall’Istituto Polacco degli Affari Internazionali in una collana intitolata Polskie Dokumenty Dyplomatyczne (Documenti Diplomatici Polacchi). Tra le fonti edite abbiamo anche quelle degli archivi sovietici dell’epoca stalinista (1949-1953), i protocolli del Politburo e del Comitato Centrale del POUP, la documentazione di diversi organi di amministrazione statale concernenti la politica religiosa, nonché i verbali dei colloqui dei capi polacchi con i vertici sovietici. Il Pontificio Istituto di Studi Ecclesiastici, fondato a Roma nel 1958 per iniziativa del cardinale Stefan Wyszyński e dei gesuiti della Provincia di Varsavia, ha come suo scopo principale la ricerca, la raccolta sotto forma di vari tipi di riproduzione, e la descrizione dei documenti conservati nelle biblioteche e ne15 Cfr. M. Piotrowski, Ludzie bezpieki w walce z Narodem i Kościołem Służba Bezpieczeństwa w Polskiej Rzeczypospolitej Ludowej w latach 1944-1978 – Centrala, Lublin 2000, p. 215-219. 16 Cfr. S. Bottoni, “Mozart”, Węgry i Watykan 1962-1964. Akta wywiadu jako źródło historyczne, in: «Pamięć i Sprawiedliwość», 1 (2014), p. 80-81; R. Graczyk, Tropem SB. Jak czytać teczki, Kraków 2007, p. 19-22.


Introduzione

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gli archivi stranieri, statali, ecclesiastici, soprattutto quelli vaticani, e privati che riguardano l’attività della Chiesa in Polonia nell’ambito dei suoi confini storici. Nell’Istituto ci è stata offerta la possibilità di studiare una delle più importanti fonti riguardanti l’approccio della Santa Sede nei confronti della Chiesa e dello Stato polacco, cioè gli atti dell’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede. Questa ambasciata dopo il 1945, e soprattutto dopo il 1958, divenne una sede diplomatica piuttosto di carattere simbolico, ma l’ambasciatore Kazimierz Papée mantenne lo status di gerente degli affari dell’ambasciata e, soprattutto, continuò i suoi regolari contatti con la diplomazia vaticana. Numerosi dispacci, rapporti e relazioni di colloqui con i papi e i curiali, mantenendo rigorosamente gli standard della documentazione diplomatica, forniscono importanti informazioni a proposito della politica orientale della Santa Sede e del suo atteggiamento nei confronti del regime polacco. Gli archivi diplomatici italiani non sono mai stati indagati prima nella prospettiva polacca. L’esame del materiale documentario conservato nell’Archivio Storico-Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Italiana e nell’Archivio della Presidenza della Repubblica Italiana ci ha permesso di scoprire interessanti informazioni e valutazioni della politica ecclesiastica polacca e dei rapporti polacco-vaticani. Si è anche potuto verificare l’impegno e l’aiuto della diplomazia italiana offerto alla Segreteria di Stato e alla Chiesa polacca che consistette soprattutto nell’agevolazione della comunicazione tra le parti. Certe tracce di questo fatto le abbiamo anche trovate nell’Archivio Centrale dello Stato a Roma. Il presente volume si sviluppa in cinque capitoli, suddivisi ciascuno in cinque paragrafi, ed è completato da un’ampia appendice documentaria che riporta diverse fonti per la ricostruzione dell’andamento dei rapporti Chiesa – Stato – Santa Sede. Questa triplice relazione viene presentata cronologicamente e tematicamente con particolare attenzione al contesto politico interno e internazionale. L’analisi dei meandri della politica interna ed estera dei comunisti permette di fornire un giusto quadro delle complesse relazioni tra le parti. In questo modo si proseguirà sincronicamente esaminando i propositi, i metodi e lo sviluppo della politica dello Stato e l’atteggiamento della Chiesa locale di fronte all’attività e alle esigenze della diplomazia vaticana. Questa infatti si propose come scopo principale l’aiuto alle Chiese dell’Est e la creazione di uno spazio di libertà ai cattolici oppressi dal regime comunista. Non meno importanti furono la distensione e la pace: la Santa Sede, agendo a favore di una maggiore tolleranza e libertà religiosa, cercò di attenuare le tensioni internazionali in Europa e nel mondo di depurare l’atmosfera internazionale da quegli elementi incandescenti che davano l’impressione di una continua guerra religiosa17. Nel primo capitolo: La nuova realtà: la Chiesa e la Polonia comunista dal dopoguerra alla morte di Pio XII (1945-1958) si studiano gli avvenimenti in Polonia dalla creazione dello Stato comunista alla scomparsa di Pio XII. Al primo posto 17

Cfr. A. Riccardi, Il Vaticano e Mosca 1940-1990, Bari-Roma 1992, p. 305.


22 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) viene esaminata l’abolizione del Concordato e le sue implicazioni politico-ecclesiastiche. Il 12 settembre 1945 il governo transitorio dominato dai comunisti anticlericali decretò che il Concordato del 1925 cessasse di essere in vigore a causa delle decisioni della Santa Sede intraprese durante la Seconda guerra mondiale. Da questo momento la politica religiosa dello Stato ricevette un’impostazione duplice, interna ed estera, che diventò il principale tratto dell’attività della diplomazia comunista nei confronti della Santa Sede. In questa situazione il governo cercò di allacciare una relazione diretta con il Vaticano che sostituisse il sistema concordatario, invece l’episcopato da parte sua si sforzò di trovare un modus vivendi con lo Stato, ostile per definizione alla religione, senza intermediazione della Santa Sede. Questa situazione provocò tensioni e incomprensioni tra la Segreteria di Stato e la gerarchia polacca. Elemento fondamentale che influì sull’ordinamento della situazione ecclesiastica polacca furono le facoltà specialissime concesse al primate di Polonia. Queste competenze vennero usate, tra l’altro, per sistemare almeno provvisoriamente la situazione nelle cosiddette terre recuperate, cioè i territori ex tedeschi inglobati alla nuova Polonia. Il problema di queste province gravò per decenni sui rapporti Chiesa – Stato – Santa Sede. Un altro tema affrontato nel capitolo sarà il problema dei movimenti di sacerdoti e di laici collaboranti con il regime comunista. Si presenteranno le preoccupazioni e le misure intraprese dal primate e dalla Santa Sede per evitare uno scisma nella Chiesa polacca. Il primo periodo della storia della Chiesa polacca sotto il regime comunista si concluse, dal punto di vista politico, con il disgelo dell’ottobre 1956, nell’ottica ecclesiastica, invece, con la morte di Pio XII nel 1958. Il secondo capitolo: L’epoca di transizione: gli anni di Giovanni XXIII (19581963) presenta gli anni del pontificato di Giovanni XXIII. Nel paragrafo introduttivo si analizza la situazione della Chiesa polacca al momento di passaggio tra i due pontificati. I due anni che separano gli avvenimenti dell’ottobre del 1956 e la morte di Pio XII costituiscono un momento di transizione e di profondi cambiamenti della politica religiosa dello Stato e soprattutto un notevole accrescimento dell’autorità del primate Wyszyński che diventò il vero e incontestabile capo della Chiesa polacca. Un elemento significativo di questo periodo è il primo conclave a cui partecipò il cardinale Wyszyński, le sue relazioni con il cardinale Roncalli e il problema dei paesi comunisti dibattuto durante le congregazioni generali del collegio cardinalizio. Al nuovo pontefice spettavano diverse decisioni relative al caso polacco tra cui lo status dell’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede, il problema delle terre occidentali e i rapporti polacco-tedeschi, la questione delle nomine ecclesiastiche e la conferma della giurisdizione della Santa Sede sulla Chiesa polacca contestata dal governo. Il breve pontificato di Giovanni XXIII insieme alla sua apertura all’Est comportò una modifica dell’immagine del papato di cui approfittò il governo nella sua politica religiosa. I comunisti cercarono di creare un contrasto tra il papa e il primate presentando quest’ultimo in una cattiva luce ed esaltando la tolleranza e la bontà del pontefice. Questa tattica aveva uno scopo politico: eliminare o almeno arginare l’autorità del primate sia nel paese che in campo internazionale.


Introduzione

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L’avvio e lo sviluppo dell’Ostpolitik dall’elezione di Paolo VI alla caduta del governo Gomułka (1963-1970) mira a studiare la prima parte del pontificato di Paolo VI in cui emerse e si configurò la vera e propria politica orientale della Santa Sede. La data finale di questo capitolo è la caduta del governo del primo segretario del partito, Władysław Gomułka. Il carattere e la tematica del nostro lavoro fa sì che le svolte religiose si alternino a quelle politiche, tratteggiando in tal modo la periodizzazione dell’epoca trattata nella tesi. Uno dei più importanti temi di questo periodo è il particolare interesse dei comunisti nei confronti del Concilio Vaticano II. L’espressione emblematica di questo interesse è la provocazione preparata e realizzata dai servizi segreti polacchi alla seconda sessione del Concilio che aveva lo scopo di compromettere la gerarchia polacca, soprattutto il primate Wyszyński, davanti ai padri conciliari e alla Santa Sede. Nel terzo capitolo si analizza l’evoluzione dell’atteggiamento del cardinale primate di fronte alla nuova politica orientale della Santa Sede. Il problema della pacificazione tra i polacchi e i tedeschi, che rimaneva una grande preoccupazione per la Santa Sede, emerse con tanta forza in occasione della lettera dei vescovi polacchi ai tedeschi. La sua redazione alla fine del Concilio fu legata a un altro grande avvenimento, il Millennio del cristianesimo in Polonia. Questa ricorrenza poteva diventare l’occasione per la visita di Paolo VI in Polonia, purtroppo le manovre del governo e la sua titubanza fecero sprecare questa possibilità. Tuttavia nella seconda metà degli anni ’60 i contatti tra il regime polacco e la Santa Sede assunsero una nuova dimensione il cui visibile segno fu la visita di mons. Casaroli in Polonia nel 1967. Il percorso e i risultati del viaggio di Casaroli in Polonia ebbe un notevole influsso sull’ulteriore sviluppo dei rapporti polacco-vaticani. La crisi di governo e il cambio del potere in Polonia nel 1970 apre il quarto capitolo: La svolta politica: l’apertura di Edward Gierek (1970-1974). I tragici avvenimenti del dicembre 1970 costrinsero la Chiesa polacca e la Santa Sede a prendere posizione di fronte al regime e, innanzitutto, alla società sopraffatta. La gerarchia e il Santo Padre dovettero usare la loro autorità per placare i sentimenti popolari e prevenire una maggiore tragedia. Il nuovo primo segretario del partito e il suo governo avviarono un vasto progetto sociale-economico chiamato generalmente “normalizzazione”. In questo programma si tratteggiò anche lo spazio e il ruolo della Chiesa locale e della Santa Sede. La normalizzazione ideata dal governo non coincideva però con il concetto del primate e con il tradizionale ruolo della Santa Sede. Il progetto governativo, come sempre, era troppo impregnato dell’ideologia marxista e faceva leva sulla strumentalizzazione delle istituzioni della Chiesa. Tuttavia una normalizzazione cominciò a realizzarsi e la sua più importante espressione fu il riordinamento della situazione ecclesiastica in Polonia e la nuova circoscrizione delle diocesi. In questo periodo le diplomazie polacca e vaticana, influenzate dallo sviluppo della Conferenza di Helsinki, cominciarono un vero e proprio dialogo e per la prima volta i loro rappresentanti scambiarono le visite ufficiali rispettivamente in Vaticano e a Varsavia. Verso una possibile normalizzazione: il periodo dei contatti permanenti di lavoro (1974-1978) tratta della seconda parte del pontificato di Paolo VI il cui più


24 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) importante elemento, dal punto di vista delle relazioni con la Polonia, fu l’instaurazione dei cosiddetti contatti permanenti di lavoro. In questa parte dell’opera si analizzano le trattative e lo stabilimento di questa particolare forma di rapporti bilaterali che nell’intenzione delle parti doveva costituire una premessa all’allacciamento di regolari relazioni diplomatiche tra la Polonia Popolare e la Santa Sede. Particolare attenzione viene prestata agli obiettivi che si prefissarono gli interlocutori e alle obiezioni e paure della gerarchia polacca per la quale questo tipo di contatto mirava a escludere l’episcopato come attivo e indipendente soggetto delle relazioni Chiesa – Stato. L’apogeo del conflitto del periodo dei contatti permanenti fu la controversia creatasi intorno alla nomina di un delegato apostolico con residenza stabile a Varsavia, che nell’intenzione della Santa Sede avrebbe dovuto trasformarsi in futuro in regolare sede diplomatica (nunziatura o legazione) in Polonia. A metà del 1978, nonostante le proteste del primate, sembrava che l’arrivo a Varsavia di mons. Luigi Poggi in veste di delegato apostolico fosse già irrevocabilmente deciso. La parte governativa gestì abilmente le tensioni tra il cardinale Wyszyński e l’arcivescovo Poggi riducendole alla dimensione di una contesa competitiva-personale e incoraggiò il diplomatico vaticano ad essere più deciso ed energico nelle relazioni Chiesa – Stato in Polonia. Tuttavia la morte di Paolo VI e l’elezione del cardinale Wojtyła ribaltò il progetto e concluse l’epoca del difficile “gioco a tre”. Le relazioni tra il governo e la Santa Sede, anche se ufficialmente solo a livello di contatti permanenti di lavoro, da quel momento furono gestiti direttamente da Giovanni Paolo II. Tutte le forze e i mezzi impiegati dallo Stato comunista per disinformare e ingannare la Santa Sede si rivelarono controproducenti. Il conclave dell’ottobre 1978 decise di eleggere al soglio pontificio proprio un rappresentante di questa Chiesa ribelle dell’Est. La diplomazia polacca supportata dai servizi segreti non riuscì a convincere la Santa Sede, e più largamente la Chiesa universale, che la gerarchia polacca sabotava la normalizzazione dei rapporti Stato – Chiesa desiderata da Varsavia. Le speranze dei comunisti che erano frutto spesso di una loro pia illusione nella valutazione dei rapporti tra la Santa Sede e l’episcopato polacco non poterono realizzarsi. La normalizzazione intesa dai comunisti come un atto di riconoscimento della stabilità e irrevocabilità del sistema ideologicopolitico della Polonia socialista era inaccettabile dalla Chiesa a livello sia locale che universale18.

18

Cfr. J. Żaryn, Polska na poważnie, p. 197-198, 202.


La nuova realtà: la Chiesa e la Polonia comunista

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Capitolo I

La nuova realtà: la Chiesa e la Polonia comunista dal dopoguerra alla morte di Pio XII (1945-1958)

1.1 L’abolizione del Concordato del 1925 e le sue conseguenze L’annullamento del Concordato tra la Repubblica Polacca e la Santa Sede fu una delle conseguenze dirette della Seconda guerra mondiale e dei cambiamenti politici avvenuti in tutta l’Europa centro-orientale. Nel 1945 si aprì per la Polonia una nuova epoca segnata dalla perdita dell’indipendenza e dall’inserimento in un grande impero ideologico di carattere totalitario. Dopo le conferenze di Yalta e Potsdam, che decisero le sorti dell’Europa postbellica, la Polonia rimase solo formalmente soggetto nelle relazioni internazionali. In realtà diventò profondamente e sotto molteplici aspetti assoggettata all’Unione Sovietica1. L’URSS aveva costruito un sistema di paesi vassallizzati e sottomessi militarmente ed economicamente al suo potere utilizzando un gruppo di fedelissimi collaboratori, allievi del Comintern e creando inizialmente governi cosiddetti di unità nazionale. Lo steso scenario, nella sua variante locale, fu applicato anche in Polonia. Dietro l’Armata Rossa, che all’inizio del 1944 superò la frontiera orientale prebellica polacca, entrava nel paese un gruppo di comunisti polacchi del Partito Operaio Polacco2 con l’intento di prendere il potere. Tuttavia il legittimo governo della Repubblica di Polonia, riconosciuto in campo internazionale, risiedeva a Londra3. Il governo in esilio esercitava il suo potere sul territorio A. Paczkowski, Pół wieku dziejów Polski, Warszawa 2005, p. 106-107. Polska Partia Robotnicza – PPR (Partito Operaio Polacco) fondato ufficialmente il 5 gennaio 1942 a Varsavia, allora occupata dai nazisti, da un gruppo di comunisti polacchi venuti clandestinamente da Mosca. Il partito, istituito per iniziativa delle autorità governative sovietiche e del Comintern, avrebbe dovuto realizzare il piano politico di Stalin nei confronti della Polonia e rappresentare una concorrenza politica al governo in esilio a Londra e controbilanciare lo Stato Segreto Polacco cioè le strutture governative clandestine della Polonia occupata dai tedeschi. Sulla presa del potere da parte dei comunisti del PPR e sulla costruzione del sistema comunista nella Polonia postbellica si veda: P. Gontarczyk, Polska Partia Robotnicza. Droga do władzy 1941-1944, Warszawa 2013. 3 I membri del Governo della Repubblica Polacca, costretti come furono a lasciare il paese dopo l’aggressione del Terzo Reich e dell’URSS alla Polonia nel settembre del 1939, trasferirono nell’esilio, legittimamente e senza soluzione di continuità, l’autorità governativa polacca. La prima sede del governo fu Parigi, poi Angers (sulla base del 1 2


26 Il Governo e la Chiesa in Polonia (1945-1978) nazionale tramite i suoi delegati e, conscio del pericolo comunista, cercava di svolgere un’azione diplomatica la più ampia possibile presso gli alleati4. Il Cremlino realizzava gradualmente, ma con grande determinazione, il suo piano nei confronti della Polonia, proponendosi come una delle priorità la marginalizzazione e poi il disconoscimento internazionale del “governo londinese”. Il primo organo governativo d’impronta sovietica stabilito in Polonia fu il Consiglio Nazionale di Stato, costituito il 31 dicembre 1943. Il 21 luglio 1944 a Lublino, già liberata dall’occupazione nazista, il Consiglio Nazionale di Stato, dominato dal PPR e tutelato da un delegato di Stalin, proclamava il Comitato Polacco di Liberazione Nazionale (PKWN) come un «temporaneo potere esecutivo per la direzione della lotta di liberazione della nazione, per la conquista dell’indipendenza e per la ricostruzione della sovranità polacca»5. Infatti il Comitato fu convocato due giorni prima a Mosca da Stalin in persona e costituì una tappa nel progetto della dominazione sovietica6. La creazione del PKWN, che imitava apposta il nome del Comité français de la libération nationale di Charles de Gaulle per sottolineare il suo presunto carattere liberale e democratico, pose il governo in esilio di fronte a un dilemma. I “londinesi”, nonostante che avessero lottato accanitamente per rimanere la voce della Polonia sulla scena internazionale, alla fine persero la battaglia. All’inizio del 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale si trasformò nel Governo di Transizione chiamato anche Governo di Lublino. Stalin, volendo accrescere la credibilità del Governo di Transizione, acconsentì che primo ministro fosse nominato Edward Osóbka-Morawski, formalmente socialista e non comunista e, cosa ancora più importante, accettò il ritorno nel paese di Stanisław Mikołajczyk l’ex-primo ministro del governo in esilio e la sua nomina a vicepremier e ministro dell’agricoltura. Questo allargamento e “democratizzazione” del Governo di Transizione avvenne dopo la capitolazione della Germania, il 28 giugno 19457. diritto di extraterritorialità) e dal giugno 1940 Londra. La documentazione del governo viene conservata presso l’Istituto Polacco e il Museo del generale Sikorski a Londra (Instytut Polski i Muzeum im. gen. Sikorskiego – IPMS) e nell’Archivio dell’Istituto di Józef Piłsudski in America a New York (Józef Pilsudski Institute of America – Instytut Józefa Piłsudskiego w Ameryce). Sul trasferimento e l’organizzazione del governo ad Angers si veda: IPMS, Prezydium Rady Ministrów. Archiwum Kancelarii 1939-1990 (PRM.K). 4 Cfr. W. Roszkowski, Historia Polski 1914-2004, Warszawa 2009, p. 122-133; sull’azione diplomatica del governo dopo l’ingresso dell’Armata Rossa in Polonia cfr. Archiwum Instytutu Józefa Piłsudskiego w Ameryce (AIJPA), Rząd Polski na Emigracji (RPE), 701/9/6, Notatka o faktach i dokumentach, 4 stycznia-23 lutego 1944 (Nota su fatti e documenti, 4 gennaio-23 febbraio 1944), c. 70-79. 5 Deliberazione del 21 luglio 1944 sulla creazione del Comitato Polacco di Liberazione Nazionale, «Dziennik Ustaw» (d’ora in poi Dz.U.), 1944, nr 1, poz. 1. 6 A. Friszke, Polska – losy pastwa i narodu 1939-1989, Warszawa 2003, p. 105-107. 7 Cfr. A. Applebaum, Za żelazną kurtyną. Ujarzmienie Europy Wschodniej 19441956, Warszawa 2013, p. 102-103; S. Bottoni, Un altro Novecento. L’Europa orientale dal 1919 a oggi, Roma 2011, p. 117.


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