Paolo Vanzini, Self Help. L'utopia dei matti

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Paolo Vanzini

Self Help

L’UTOPIA DEI MATTI

prefazione di Lorenzo Burti postfazione di Ernesto Guerriero

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© Il Segno dei Gabrielli editori 2022 Via Cengia 67 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it

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ISBN cartaceo 978-88-6099-513-1 ISBN ebook 978-88-6099-517-9 Stampa Mediagraf spa (Padova), Dicembre 2022

Progetto di copertina Gabrielli editori

INDICE

PREFAZ IO NE di Lorenzo Burti 9 INTRODUZIONE 13

LA FOLLIA ED IL SELF HELP 17

L'ASSOC IA Z IO NE 21

Erry - L’ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO 21

MOVIMENTO E SPORT 27

Marziana - GRUPPO PODISTICO 27

Pierluca - GRUPPO PISCINA 30

Candido - GRUPPO TENNIS 34

Alex - GRUPPO CALCIO 40

“Nat” - GRUPPO CALCIO 45

Rob, Maury - GRUPPO PALESTRA 53

Lorenzo - GRUPPI SPORTIVI 57

ABITAZIONE 67

Mirco - GRUPPO ACCOGLIENZA ABITATIVA 67

Andrew - GRUPPO APPARTAMENTO DI VERONA 77

Stefan - GRUPPO APPARTAMENTO DI SAN BONIFACIO 84

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RICERCA, FORMAZIONE, OCCUPAZIONE, LAVORO 91

Epifano - GRUPPO LAVORO 91

Luigi - GRUPPO CORSI DI FORMAZIONE 99

Vera Lucia - GRUPPO PULIZIE 105

Gianfry - GRUPPO COMPUTER 109

Gian - GRUPPO RACCOLTA ROBA VECCHIA 114

Maurizio - GRUPPO S.I.L. 118

Corrado - GRUPPO PICCOLE MANUTENZIONI 123

Sebastiano - GRUPPO IMPRENDITORI 127

Domenico - GRUPPO CUCINA 131

Ermete - GRUPPO TRASPORTI 134

Renata - GRUPPO STIRO 140

Gigi - GRUPPO ORTO 144

“El Longo” - RICERCA DEL LAVORO 153

TEMPO LIBERO, CONVIVIALITÀ, CULTURA E PASSIONI 159

Eddy - GRUPPO MUSICA 159

Il fratello di “Fata Turchina” - GRUPPO SCACCHI 162

Lucy - GRUPPO ARTE 167

Alena - GRUPPO COMPLEANNI 173

Luigino - GRUPPO PIZZA 178

Charly - GRUPPO VISITE AI MONUMENTI 182

Paolo - GRUPPO DEL TEATRO-FORUM 186

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Marisa - GRUPPO CINEFORUM 194

Pier Luigi - GRUPPO SCRITTURA 206

“O’ Francese” - GRUPPO TEATRO 211

PROBLEMATICHE SPECIFICHE 221

Robby - GRUPPO DIPENDENZE DA ALCOL 221

Valeria - GRUPPO DIPENDENZE

DA SOSTANZE STUPEFACENTI 226

Anna Maria - GRUPPO ANIMA GEMELLA 230

Moreno - GRUPPO DEPRESSIONE 237

Lucione - GRUPPO GIOCO D’AZZARDO 240

Graziano - GRUPPO UDITORI DI VOCI 244

Costa - GRUPPO FUMATORI 250

Saimon - GRUPPO ANSIA 254

Ninfea - GRUPPO DEPRESSIONE 257

Elena - GRUPPO MAMME 265

Ariano - GRUPPO SCASSINATORI 270

ADVOCACY 275

Anny - GRUPPO INPS 275

CONCLUSIONE 281

POSTFAZ IO NE di Ernesto Guerriero 283

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PREFAZIONE

di Lorenzo Burti

Ho avuto il privilegio di conoscere Paolo Vanzini sin dalla prima ora e l’onore di avallare le sue prime iniziative già avanzate “anche troppo”, dicevano i benpensanti, trovandomi nel ruolo di collega senior e appoggiandolo per quanto lo consentiva il mio ruolo. Dopo è corso avanti, ha sempre corso, in senso podistico e metaforico, ad una velocità quasi sempre irraggiungibile dagli altri.

In questo volume fornisce giusto due notizie su di sé per rendere il merito ad altri di quelli sicuramente suoi, riferendo di averli appresi. E poi storie di persone che ha amato e aiutato in ogni modo e a cui ha insegnato, come a tutti noi, ad aiutarsi l’un l’altro, storie dietro le quali egli si eclissa, ma traspare sempre. Dopo molti anni dall’evento uno dei massimi psichiatri inglesi mi fece una confidenza sorprendente relativa al 1997, quando il Servizio di Verona partecipò ad un Congresso a Londra che intendeva mettere insieme quelli che erano considerati i migliori servizi di psichiatria a livello internazionale quanto alla tutela dei diritti dei pazienti. Ebbene, mi confidò che eravamo stati oggetto di stupore, ammirazione e invidia perché il nostro fu l’unico Servizio che, invece parlare dei suoi pazienti, li aveva portati di persona a Londra, in numero superiore alla ventina. E chi li aveva voluti portare a tutti i costi, contro il parere del Direttore e le perplessità del sottoscritto, anche pagando di persona alcuni biglietti a chi non poteva o non aveva potuto godere di un contributo? Paolo, naturalmente.

Il gruppo eterogeneo, apparentemente raccogliticcio e impresentabile di invisibili, inaffidabili, pericolosi, una volta in viaggio si trasfigurò in una allegra compagnia di perfetti turisti e congressisti. Miracolo? No, semplice effetto di come la fiducia di un promotore all’inizio, e poi il contesto, trasformino immediatamente il ruolo di ciascuno di noi, inclusi appunto gli invisibili, inaffidabili,

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pericolosi, che non sono dei marziani, ma persone come tutte le altre.

Questo concetto, che è il presupposto di tutto ciò che ne consegue, Paolo lo esprime in maniera insuperabile, stringata, eppure esaustiva, nell’Introduzione. Così gli resta tutto lo spazio per declinarlo nelle infinite sue sfumature attraverso le storie di persone reali che hanno vissuto, amato, aiutato gli altri, creato opportunità, condiviso con i compagni l’orgoglio di saper resistere, dimostrato la giustezza della formula dell’auto-aiuto.

Mi si consenta di derogare dalla concisione paolina. Ben pochi ormai credo non siano a favore della biodiversità in natura. Invece pochissimi, credo, sono rispettosi della diversità degli esseri umani. Deve aver a che fare con istinti congeniti e diffidenze ataviche legate alla sopravvivenza nelle foreste preistoriche e nei momenti bui della storia di tutte le epoche. Occorre domare gli istinti per riconoscere dentro di sé quelle verità evidenti per se stesse che tutti gli uomini sono creati uguali, come recita la prima affermazione dei diritti dell’uomo nel preambolo alla dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, che prosegue poi così… che sono stati dotati dal loro Creatore di taluni diritti inalienabili; che, fra questi diritti, vi sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità. Ci sono voluti poi più di altri due secoli per arrivare alla Dichiarazione Universale dei Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD: approvata dalle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, firmata il 30 marzo 2007).

Ma i diritti rimangono lettera morta se tali diritti non si convertono in leggi, regolamenti, prassi concrete, finanziamenti... La scorciatoia escogitata dai benpensanti è quella codificata nel movimento per la inclusione dei pazienti psichiatrici nella società. E, siccome la società competitiva e mercantile non ha posto per loro nel consesso della cittadinanza attiva, l’inclusione si trasforma in abbandono e ghettizzazione. Ci vuole la mediazione di una struttura intermedia che riunisca gli esclusi e li rappresenti, difenda, affermi in modo imprenditoriale con la società più ampia, come ha efficacemente illustrato Mandiberg (2010). Il modello di Mandiberg lo ha ritrovato riprodotto pari pari nell’Associazione Self Help San Giacomo di Verona uno studioso giapponese, il Prof.

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Tatsuya Fuji, che per anni di seguito ha trascorso vari periodi di tempo a studiare sul campo lo statuto, l’organizzazione e le modalità di operare dell’Associazione Self Help San Giacomo. È, ahimè, sempre vero nemo propheta in patria, perché nonostante il successo incredibile di pubblico non è che il Self Help di Verona goda ufficialmente in loco del riconoscimento che meriterebbe. Ma le idee vitali trovano sempre la loro strada attraverso nodi spesso imperscrutabili che si diramano su tutto il globo. E un messaggio in bottiglia e affidato ai flutti prima o poi troverà chi ne saprà fare tesoro.

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INTRODUZIONE

Nella società ci sono persone che sono considerate invisibili, perché il loro livello di emarginazione è tale che tutti gli altri, i così detti normali, non li vedono, non si accorgono di loro, ed è come se vivessero vite parallele, senza avere interazioni tra di loro. Ovviamente questa situazione rende molto difficile, per non dire quasi impossibile, ogni percorso di integrazione degli invisibili.

Ma c’è una condizione che è addirittura peggiore rispetto a quella delle persone invisibili, ed è quella delle persone considerate talmente diverse, da essere inaffidabili e non attendibili, al punto da essere chiamate matti, o folli, affetti da pazzia, o, peggio, da una malattia mentale.

I soggetti normali sono talmente spaventati dalla presenza dei matti che per secoli li hanno segregati nei manicomi, spacciando trattamenti disumani per cure ospedaliere. Solo recentemente si è riuscito a chiudere definitivamente questi ospedali psichiatrici e quelli giudiziari, trasferendo gli ospiti in residenze protette, con vari livelli di protezione a seconda delle necessità assistenziali delle persone accolte.

Rimane tuttavia elevatissimo il problema dello stigma ed il rischio di attuare comportamenti simil-manicomiali nei confronti di queste persone considerate affette da malattia mentale. Può capitare infatti che per la paura del folle che è nascosto in ognuno di noi, inconsciamente noi attiviamo alcuni meccanismi di difesa che allontanano da noi colui che consideriamo matto, e lo rendono inaccessibile alla comunicazione con noi.

Non solo, il matto non parla la nostra lingua, non si comporta come noi, viene di solito considerato pericoloso, ed è come se appartenesse ad un’altra specie vivente, frutto di una anomalia o, addirittura, di una malformazione. Ecco allora che peggio della invisibilità arriva la segregazione e la perdita del diritto ad essere

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ascoltati perché considerati inaffidabili e pericolosi. Tutto questo ha come conseguenza la perdita delle relazioni sociali e affettive che sono di importanza vitale per ogni persona, ma lo sono ancora di più per i soggetti più fragili e vulnerabili. Ne consegue una inevitabile caduta del tono dell’umore, la comparsa di vissuti di tipo depressivo e un aumentato rischio di comportamenti auto lesivi e auto soppressivi. Non possiamo certo dimenticare che ogni persona è prima di tutto un soggetto relazionale, e necessita di esercitare relazioni sociali e affettive per poter mantenere il proprio stato di salute psico-fisica in modo adeguato, pena l’insorgenza di malattia e di morte.

Il SELF HELP di Verona rappresenta lo sforzo fatto nel corso di quasi trenta anni, a partire dai primi anni ’90, da alcune migliaia di persone “invisibili e inaffidabili”, spesso indicate come “disabili”, per difendere i propri diritti e per affermare la propria appartenenza alla cittadinanza attiva di cui legittimamente fanno parte. Il patrimonio del loro sapere esperienziale, coniugato con la modalità operativa dell’auto-aiuto, ha permesso di realizzare una rete relazionale che ha le caratteristiche di una grande famiglia allargata, che quotidianamente consente di affrontare e risolvere tanti problemi, altrimenti non riconoscibili e non affrontabili. Si realizza in tal modo quell’UTOPIA che all’inizio del percorso sembrava solo un sogno, ma che ora viene riconosciuta, al punto da guadagnarci anche una LAUREA HONORIS CAUSA per “L’UTOPIA del SELF HELP”, rilasciata da parte di un importante Istituto Veronese alla nostra organizzazione.

Le storie che andiamo a raccontare associano al nome di ogni protagonista quello di una attività di gruppo di auto-aiuto, e queste attività sono state organizzate dalla Associazione Self Help San Giacomo e dalla Cooperativa Self Help in base al principio per cui, quando due o più persone condividono uno stesso problema, è possibile costituire un gruppo di auto-aiuto composto da quelle stesse persone e da tutte le altre che, nel corso del tempo, sono arrivate e da quelle che arriveranno al Self Help con il medesimo problema in comune.

Va detto che, in vari periodi della nostra storia, abbiamo avuto più di settanta attività settimanali svolte con la modalità del grup-

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po di auto-aiuto, e che, nel corso di quasi trenta anni di operatività, alcune migliaia di persone sono state coinvolte nelle nostre iniziative, e tante altre lo saranno negli anni a venire.

Questo scritto ha il proposito di dare loro la parola, e di ricordare le loro storie, i loro fatti e le loro vite che altrimenti rischierebbero di svanire nel nulla e di apparire come insignificanti e addirittura come inesistenti.

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