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Silvana Panciera
Lo yoga come Via Un contributo spirituale anche per i cristiani
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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2017 Via Cengia, 67 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona) tel. 045 7725543 – fax 045 6858595 mail info@gabriellieditori.it www.gabriellieditori.it ISBN 978-88-6099-340-3 Stampa Il Segno dei Gabrielli editori, Ottobre 2017 In copertina foto di Moutsy Bertels, scattata nel Vat (tempio) Sisakhet a Vientiane (Laos) ©
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A Frans, mio maestro sulla Via
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Ringraziamenti Grazie alle Éditions Jésuites, e in particolare a Charles Delhez e Jean Hanotte, per aver edito nel 2016 l’originale in francese nella collezione “Que penser de… le yoga”. Grazie a Francesco Maule, Francis Pierson, Alexandra Psallas, Claudio Torrero, Mosé Garbui e all’enciclopedia online Wikipedia per l’aiuto nelle ricerche bibliografiche. Grazie a Swāmî Atmananda Udasin per i suoi preziosi suggerimenti e la presenza spirituale. Grazie a Jacques Scheuer, dottore in scienze indiane, teologo e filosofo, per aver curato il testo finale, conferendogli maggiore qualità e leggibilità e per essere stato durante tutta la redazione il punto d’appoggio sul quale i miei nodi venivano a sciogliersi. Grazie a Maria Elena de Ceglia, insegnante yoga, per l’attenta lettura della versione italiana e gli opportuni commenti che hanno permesso di rendere il testo più coerente al suo scopo.
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Sommario Ringraziamenti
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Introduzione
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Nota per la lettura
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Omaggio a Frans De Greef (1924-2013)
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Lo yoga è… lo yoga non è…
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Lo yoga non è uno sport Lo yoga fa bene alla salute, ma è molto di più Lo yoga purifica la mente Lo yoga è una Via
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Le origini dello yoga e la sua evoluzione
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Le origini Lo yoga nel tempo Lo yoga nello spazio geografico
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Le diverse vie dello yoga
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Hatha-yoga 40 Jñāna-yoga 46 Karma-yoga 47 Bhakti-yoga 48 Mantra-yoga 50 Le Scritture dello yoga
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Gli Yoga-Sūtra di Patañjali
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La Bhagavad-Gîtā
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Le Upanishad dello yoga
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La Chiesa, i cristiani e lo yoga
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Il Magistero della Chiesa
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Altre opinioni cristiane
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Maestri cristiani yogi
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John Main (1926-1982): scoprire e nutrire la nostra tradizione grazie all’oriente
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Jean-Marie (o Jean) Déchanet (1906-1992): inventare uno yoga cristiano
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Bede Griffiths – Swāmî Dayananda (1906-1993): il matrimonio tra oriente e occidente
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Henri Le Saux – Swāmî Abhishiktananda (1910-1973): il Cristo e la scoperta del Sé 91 Lo yoga, patrimonio dell’umanità: il riconoscimento e i rischi 95 Conclusione
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Bibliografia e fonti
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Piccolo lessico
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Introduzione
«Qui e ora» (aforismo yogico)
Viviamo in un tempo in cui il dialogo interreligioso è ormai una necessità e una responsabilità. Onorare questo impegno richiede tra l’altro di interrogarsi sui contributi che offrono le altre spiritualità. A partire dal momento in cui riconosciamo allo yoga la sua gestazione induista, conoscerlo potrebbe essere una delle modalità di incontro verso altri mondi spirituali. Lo yoga si intreccia nei nostri percorsi per la crescita esponenziale dei suoi adepti, quasi due milioni in Italia, spesso nostri colleghi, vicini o conoscenti; è inoltre suggerito e consigliato da vari operatori sanitari. Tuttavia, molto spesso, questa pratica è per lo più considerata una ginnastica dolce o uno stretching terapeutico utili per far fronte alle numerose conseguenze di una vita troppo sedentaria e troppo stressata. In India, invece, lo yoga è considerato uno dei sei percorsi di realizzazione spirituale ed è di solito praticato negli āshram (comunità spirituali riunite attorno a un guru, maestro); da noi, lo si trova soprattutto nelle palestre e lo si utilizza tutt’al più per la distensione, il rilassamento, gli stiramenti e le correzioni posturali della colonna vertebrale. Questa pubblicazione ha un duplice scopo: far conoscere la profondità dello yoga e affrontare le domande che i cristiani si pongono a suo riguardo. I primi quattro capitoli descrivono l’inestimabile ricchezza che lo yoga 9
racchiude, mentre spesso corre il rischio di essere identificato con una semplice ginnastica. Ne presentano l’origine e l’evoluzione, le diverse modalità e tappe di crescita spirituale che propone e i principali testi che lo hanno codificato. I due successivi capitoli, quinto e sesto, esaminano le questioni che il Magistero della Chiesa cattolica e i cristiani in genere si pongono nei confronti dello yoga e del percorso di realizzazione che suggerisce. È giustificata la diffidenza che si è sviluppata verso lo yoga e la meditazione? Da dove proviene? Ci sono mediazioni possibili, anzi augurabili, oppure si tratta davvero di un percorso inconciliabile con la fede cristiana? Quattro grandi figure – John Main, Jean-Marie Déchanet, Bede Griffiths e Henri Le Saux – che hanno praticato e interrogato lo yoga e la meditazione a partire dal loro “essere cristiani” ci aiuteranno in questa ricerca, alla quale hanno dato un contributo anche le riflessioni di alcuni(e) insegnanti di yoga che si riconoscono cristiani(e). L’ultimo capitolo precisa la posizione di successo che lo yoga ha conquistato nel panorama mondiale; non sono però elusi i principali rischi ai quali oggi è esposto. Ma con che diritto mi appresto a scrivere un testo, seppur divulgativo, sullo yoga? Non sono né insegnante di yoga né laureata in indologia. Certo, pratico lo yoga dal 1992, dal 1999 lo pratico quotidianamente, e dal 2007, durante i mesi di luglio ed agosto, propongo delle sessioni yoga di preparazione alla Lectio divina e, più in generale, alla preghiera nel quadro dei “Giovedì in monastero” promossi dalla pastorale del turismo delle diocesi di Brescia, Trento e Verona. Tutto ciò costituisce un’esperienza sufficiente per lanciarmi in questo audace impegno? Certo, ho trascorso alcuni periodi negli āshram: una settimana nel 1995 presso il Centre Védantique Ramakrishna, a Gretz, poco lontano da Parigi; poi, nel 2012, un 10
mese come karma yoga (servizio volontario) nell’ āshram Sivananda a Neuville-aux-Bois, vicino a Orleans (Loiret) e nel 2014 alcuni giorni presso l’āshram Saccidānanda, a Shantivanam, nel Tamil Nadu, in India, e alcuni altri nell’āshram Ajātānanda a Rishikesh. Ciò mi autorizza a scrivere su questo tema? Posso aggiungere che, da quando pratico lo yoga, ho letto diversi libri e articoli e ho partecipato ad alcune formazioni. Tuttavia, mai e poi mai avrei osato intraprendere questa avventura, se non avessi fatto l’esperienza forte e convincente di aver provato nel mio vissuto ciò che Patañjali, il primo codificatore dello yoga, dichiara esserne lo scopo. Già nel secondo sūtra del primo libro degli Yoga-Sūtra, egli ci dice: «Yogash-citta-vritti-nirodhah – lo yoga è l’arresto dell’attività incontrollata del mentale». O per citare un celebre maestro yogi dei nostri giorni: «Lo yoga è il metodo grazie al quale l’agitazione dello spirito viene fermata e l’energia diretta verso vie costruttive. Come l’imbrigliamento di un vasto fiume in canali e sbarramenti crea un’abbondante riserva d’acqua… allo stesso modo il controllo dello spirito crea una riserva di pace e produce un’abbondante energia per l’elevazione dell’uomo». 1 Scopriremo tra poco la portata profetica della misteriosa affermazione di Patañjali. La mia audacia si fonda dunque sull’esperienza: questa, nei criteri del mondo orientale, è fonte di legittimità. Io che mi consideravo (e tutt’ora mi considero) una principiante, ho fatto questa sorprendente scoperta quando, nell’agosto 2014, ho saputo che avevo un tumore al seno a uno stadio avanzato e che delle metastasi potevano liberamente circolare nel resto del mio corpo dato che alcuni linfonodi ascellari erano già stati infettati. La mia reazio1
B.K.S. Iyengar, Bible du yoga. Santé du corps, paix de l’esprit, p. 20.
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ne a questa notizia è stata per me un’inaspettata, incredibile sorpresa: fin dal primo momento ho continuato a dormire tranquillamente e ad agire in modo appropriato per la cura; non ho mai avuto attacchi di ansia o di angoscia; non mi sono mai trovata a immaginare il futuro né in meglio né in peggio. Niente “cattivi pensieri”, niente insonnie, niente morale a terra, solo alcune lacrime per la perdita dei capelli. Tutt’altra cosa da quello che ascoltavo nelle sale d’attesa della Breast Unit (unità del cancro al seno) dell’esimio ospedale in cui ero in cura. Senza orgoglio né falsa modestia, posso affermare che vivevo grazie allo yoga, e senza dubbio anche alla fede, quel “diversamente” con cui si possono affrontare anche situazioni estreme e farne una risorsa per un’ulteriore crescita. Il volumetto che tenete in mano vorrebbe perciò anche essere un messaggio di speranza attraverso la condivisione di ciò che lo yoga può offrirci nel cammino: liberazione dalle paure, liberazione più in generale da un mentale oppressivo e incontrollato e da ancor ben altro. Vi devo fare ancora un ultimo accenno sul come e perché sono arrivata allo yoga. Il vero incontro fu nel 1992, dopo una breve e insoddisfacente esperienza di yogaginnastica durante la pausa pranzo sul luogo di lavoro avuta qualche anno prima. Al secondo tentativo, nel 1992 dunque, avevo quarantadue anni, un rapporto di poca fiducia verso il mio corpo e nessuna prolungata pratica di sport o di danza. Ma la mia grande fortuna fu l’insegnante: Frans De Greef. L’orizzonte era tracciato: per Frans, come per me, lo yoga era prima di tutto una pratica spirituale. In effetti, ciò che mi aveva spinta verso lo yoga era l’insoddisfazione derivante dalla mia cultura cattolica preconciliare (prima di Vaticano II) che vedeva nel corpo non un potenziale alleato dello spirito, ma una minaccia di rallentamento, persino – soprattutto se associato alla sessualità – di deviazione dal cammino di evoluzione 12
spirituale. «Com’è possibile» mi dicevo, «che Dio ci abbia dato un corpo come se fosse una trappola?» Lo yoga come mi era insegnato da Frans De Greef (allievo di André Van Lysebeth, ma anche di Jean Déchanet, attraverso André Roquoy, e lettore entusiasta di Henri Le Saux) mi offriva finalmente un accesso privilegiato per ricondurre il corpo, il respiro, l’energia a questa meravigliosa esperienza di unificazione di tutto quello che ognuno di noi è. Come già la dedica annuncia, questa pubblicazione vorrebbe essere un infinito grazie a quest’uomo straordinario, dall’apparenza banale e dimessa, che non ha mai voluto essere chiamato Maestro. Quest’uomo per il quale lo yoga è stato lo scopo più intimo della sua vita e che ha continuato a tenere lezioni fino a qualche mese prima del suo samādhi (liberazione dal corpo di un essere illuminato), sopraggiunto all’età di ottantanove anni. Grazie a lui, i suoi fedeli allievi di ogni età percepivano molto bene che non si trattava tanto di “fare yoga” ma, come egli amava dire “vivre en yoga – vivere nello yoga”. A Frans, la cui foto è accanto al mio letto da quando è morto, vanno la mia riconoscenza e gratitudine. L’omaggio post mortem a lui reso dal suo allievo più caro e pubblicato nella rivista “Voies de l’Orient” ci descrive le grandi tappe del suo cammino di elevazione e i fondamentali incontri della sua feconda vita. Con questo mio scritto vorrei prendere il testimone e dire alla comunità cristiana e ad ogni persona interessata all’oriente che non dobbiamo temere di inoltrarci nel ricco mondo dello yoga e che il matrimonio tra occidente e oriente può davvero essere un canale di approfondimento della fede: un antidoto all’implosione, un appello per l’unificazione, per questa originaria Unione, di cui ci parlano tutti i miti fondatori delle diverse religioni. Ecco quanto scrive Bede Griffith a questo proposito: 13
«Dio, l’uomo e il mondo sono in origine percepiti in totale unità. Ma, con il progressivo svilupparsi della Ragione, si operano man mano delle distinzioni e l’unità originaria viene infranta. Da questo processo l’uomo ne esce diviso. Si percepisce come separato dalla natura e da Dio e come diviso in se stesso. Nel mondo cristiano ciò viene chiamato “caduta”. La caduta da uno stato di coscienza unificata a uno stato di coscienza divisa… All’epoca attuale, questa divisione raggiunge i suoi più estremi limiti.» 2
Nota per la lettura Le vocali lunghe dei termini sanscriti sono indicate con accenti piani (macron); gli altri segni diacritici sono stati omessi. Le traduzioni dei testi in lingua straniera sono dell’autrice.
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Bede Griffith, Expérience chrétienne, mystique hindoue, p. 35
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