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paesaggi rurali paesaggi produttivi UNA RASSEGNA DI INCONTRI PAESAGGIO TRA PASSATO E PRESENTE
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paesaggi rurali paesaggi produttivi UNA RASSEGNA DI INCONTRI PAESAGGIO TRA PASSATO E PRESENTE
FEASR - Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 Regolamento (CE) 1698/2005 Asse IV – Misura 421 Progetto di cooperazione transnazionale: LANDSARE / Landscape ARchitecture in European Rural Areas: a new approach to the local development design referente per GAL GardaValsabbia: arch. Laura Brugnolli Progetto grafico di Laura Brugnolli. In copertina “Valvestino” dicembre 2013 Comune di Salò Assessorato Ecologia e Ambiente GAL-GARDAVALSABBIA scrl Via Brunati 9 | 25087 Salò (BS) | Italy www.gal-gardavalsabbia.it
COMUNE DI SALÒ Lungolago Zanardelli 55 | 25087 Salò (BS) | Italy www.comune.salo.bs.it
Una rassegna di eventi in cui il paesaggio diventa protagonista. Un paesaggio non solo da osservare, ma da vivere, da lavorare e da attraversare. Sei focus su altrettanti elementi che contraddistinugono il paesaggio gardesano, dalle coltivazioni tradizionali dell’olivo, del limone e della vite alla storica presenza dei castagni nei boschi, passando per orti e giardini.
« « Gli agrumi del Garda Bresciano
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Pratiche di cultura dell’olivo « Giornata operativa in campo
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« La castanicoltura come elemento di paesaggio « Viti e vini della riviera di Salò
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« Idee per l’orto da terrazzo « I giardini tra oriente ed occidente
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rurali, «Paesaggi paesaggi produttivi
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Pratiche 07 marzo di cultura 2013 dell’olivo
p.a. Giuseppe Fabbro
Giornata 09 operativa marzo 2013 in campo
p.a. Giuseppe Fabbro
giovedì
Assessorato all’Agricoltura Provincia di Brescia
seminario intensivo sulla coltivazione dell’olivo nell’Alto Garda Bresciano
ore 20.30
sabato
ore 14.30
Assessorato all’Agricoltura Provincia di Brescia
dimostrazione pratica in campo di manutenzione e potatura dell’olivo
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OLIVO
a cura di Giuseppe Fabbro
L’olivo si dovrebbe considerare per la promozione del territorio forse ancora prima del prodotto che da esso deriva. L’olivo dovrebbe essere considerato come punto di forza di una strategia di marketing che deve nel complesso, offrire al consumatore non soltanto una produzione di elevata qualità ma anche la garanzia di sostenibilità, tutela dell’ambiente e difesa del paesaggio In tale contesto, il riconoscimento di sistemi di qualità regolamentata DOP e agricoltura biologica possono contribuire alla valorizzazione del territorio e delle produzioni L’obiettivo dell’incontro è fornire agli olivicoltori “storici” un aggiornamento sulle tecniche di coltivazione e trasmettere ai “nuovi” le nozioni fondamentali per intraprendere la coltivazione dell’olivo su basi moderne e razionali.
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« IMPIANTO DELL’OLIVETO
// ORIENTAMENTO DEL TERRENO / sud, sud-ovest, riparato da venti freddi. // TIPO DI TERRENO / calcareo, profondo, non eccessivamente argilloso, senza ristagni idrici. // PREPARAZIONE DEL TERRENO / Livellamento (per deflusso acque) / Drenaggio / Concimazione di Base / Scasso (70 – 90 cm) / Affinamento del terreno.
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« CONCIMAZIONE
// CONCIMAZIONE DI BASE PIENO CAMPO / 300 – 500 ql/Ha di LETAME4 / 5 ql/Ha di Perfosfato4 / 5 ql/Ha di Solfato Potassico. // CONCIMAZIONE DI BASE SINGOLE PIANTE:30- 50 Kg di LETAME1/1,5 Kg di Perfosfato1 – 1,5 Kg di Solfato Potassico. ATTENZIONE / In caso di sostituzione di FALLANZE identificarne chiaramente la causa.
// Appartenere alla varietà richiesta. // Immune da malattie. // Garantire uno sviluppo precoce. // Privilegiare cultivar locali. // Buona adattabilità al terreno. // Resistente al Freddo. // Resa in Olio elevata e di alta qualità.
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« SCELTA DELLE PIANTE
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« CARATTERISTICHE DELLE PIANTE
PIANTE AUTORADICATE (TALEA) / Identiche caratteristiche genetiche della ‘pianta-madre’ Precoce entrata in produzione / Varie “popolazioni” clonali / In caso di gelate è possibile “recuperare” la pianta / Maggiore sensibilità alla siccità (Primi anni). PIANTE INNESTATE / Ritardo nell’entrata in produzione / Piante non omogenee / Apparato radicale espanso.
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« IMPOLLINAZIONE
// AUTOFERTILI / Fecondazione con proprio polline o della stessa Cuiltivar. // AUTOSTERILI / Fecondazione con polline di altre varietà impollinatrici.
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« SESTO DI IMPIANTO
// Consentire un agevole e rapido movimento delle macchine. // Massimo sfruttamento del terreno in rapporto con fertilità e disponibilità idrica. // Varia in funzione del fattore ambientale, cultivar e forma di allevamento. // Per la zona del Lago di Garda è consigliato un impianto 6 metri per 6 metri. EPOCA DI IMPIANTO / Da marzo in poi.
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« MODALITA’ DI PIANTUMAZIONE
// Irrigare le piante il giorno prima. // Predisporre buche di dimensioni adeguate con profondità di impianto corrispondente al vaso, ricavando una “conca” intorno al pianta al fine di contenere l’acqua di irrigazione. // Legare la pianta ad un tutore (h in funzione della forma di allevamento). // Utilizzare solamente legacci di PLASTICA. // Irrigare con 5 – 10 lt. di acqua per pianta. IMPIANTO 1,5 m x 2,5 m
IMPIANTO 4 m x 3 m
RISISTEMAZIONE di un impianto
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« INTERVENTI COLTURALI / PRIMO ANNO DI IMPIANTO
// CONCIMAZIONI AZOTATE / 50/60 g. totali per pianta dilazionati in 3 momenti. // LAVORAZIONI / Sarchiature / Zappature frequenti. // IRRIGAZIONE / 2 / 3 Irrigazioni di “soccorso” in funzione dell’andamento stagionale. // POTATURA / Mese di AGOSTO / Eliminare i rami lungo il fusto fino ad una h di 30 cm dalla base. // TRATTAMENTI / Periodo estivo (Luglio – Settembre) : controllare eventuali attacchi di MARGARONIA / Fine Ottobre Primi Novembre : Utilizzare Poltiglia Bordolese per frenare la vegetazione e favorire l’indurimento dei tessuti.
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« CONCIMANZIONE
// Base. // Accrescimento. // Produzione. // PRODOTTI / Organici / Minerali / Vegetali (SOVESCIO). ATTENZIONE / Con la TRINCIATURA dei rami di potatura oltre ad apportare sostanza organica si ottiene un effetto pacciamante.
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« di produzione
// LETAME / Ogni 3 – 4 anni; 200 / 300 q.li /Ha. // FOSFORO (Perfosfato Minerale) / Ogni 3 – 4 anni; 4 / 5 q.li/Ha. // POTASSIO (Solfato Potassico) / Ogni 3 – 4 anni; 4 / 5 q.li/Ha. // AZOTO / Annuale; 3 Kg (6 kg di Urea) per quintale di Olive prodotte. / Modalità di distribuzione / 2/3 prima della ripresa vegetativa / 1/3 dopo la fioritura (alla caduta petali).
L’ARTE DI MODIFICARE IL MODO NATURALE DI VEGETARE AL FINE DI OTTENERE IL MASSIMO RENDIMENTO…
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« FINALITA’
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POTATURA ...
// FASE GIOVANILE / Potatura di vivaio o di allevamento / Potatura di trapianto / Potatura di formazione (Impalcatura). // FASE ADULTA / Potatura ordinaria di produzione o di rinnovo. // FASE ADULTA (VECCHIAIA) / Potature Straordinarie di Riforma, di Trasformazione o di Ringiovanimento.
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« POTATURA ORDINARIA DI PRODUZIONE
// CARATTERISTICHE DEL POTATORE / Adeguata preparazione / Acquisire una buona manualità / Possedere spirito di osservazione. // EPOCA / Dopo forti Gelate NON oltre la ripresa vegetativa. // OPERAZIONI / Verifica forma di allevamento / Asportazione delle parti superflue / Formazione della cima o procima / Eliminazione dei polloni. ATTENZIONE / Ricordare che la caratteristica principale della specie è la bassa efficienza dell’uso idrico.
forma di impianto / GLOBO
/ MONOCONO
/ A SIEPE
/ POLICONICO
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« FORME DI ALLEVAMENTO
// Favorire forme di allevamento che consentono di esporre al sole il massimo della superficie fogliare onde consentire la ottimale fotosintesi, garantendo quindi un ottimo sviluppo vegetativo e produttivo.
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« vaso policonico
// Riduzione dello scheletro // Minor numero di branche // Maggior sviluppo vegetativo // Eliminazione delle biforcazioni // Maggior illuminazione e arieggiamento // Branca chioma con cima, evita operazioni di capitozzatura // Branche rivestite internamente limitano la formazione di “corde” secche
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« a salice o a ombrello
// Praticata inizialmente su olivi alti, predisposti per la raccolta con la scala tirolese, con dicotomia accentuata (forcelle) // Necessità di gestire l’altezza per potatura e raccolta più sicura e veloce // Asportazione alla ceca di tutta la parte alta // Branche piegate ad arco per abbassare la chioma e portare la produzione vicino a terra // Comporta percorso esagerato della linfa, squilibrio tra chioma e radici e diminuzione della produzione // Potatura ogni 3 anni eliminando l’equilibrio che la pianta ha cercato di stabilire
ATTENZIONE / Si deve mettere in evidenza l’importanza della funzione di «cima» / Sfruttare il comportamento basitono / La strada da percorrere è quella di procedere per gradi, eliminando per primo le biforcazione e individuare la cima rappresentativa di ogni branca primaria, eliminando il cappello / Tagli di ritorno / Risultato dopo almeno 3 anni.
// L’ABBANDONO
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« FENOMENI
// LA POTATURA SCORRETTA
gli agrumi 04 aprile del garda 2013 bresciano giovedì
ore 21.00
prof. Leila
Losi
studiosa e autrice del libro “I giardini di limoni del Lago di Garda dal passato al presente”
agr. Tiziano
Giacomini
agronomo - azienda agricola Giacomini il cedro di Salò
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AGRUMI
a cura di Leila Losi e Tiziano Giacomini
I Giardini di limoni del Lago di Garda di Leila Losi
Gli alti muraglioni e le colonne, per lo più in stato di abbandono, che il turista intravvede sulla costa o nascosti negli anfratti rocciosi non rappresentano solamente i resti di un’economia agricola non più redditizia, ma anche la memoria storica di interi paesi, le radici di intere comunità. Sono il simbolo di lavoro, fatica, sagacia, capacità di sfruttare al meglio qualsiasi risorsa. L’agrumicoltura dava vita ad un piccolo universo economico che non toccava solo le località rivierasche, ma interessava anche i paesi delle valli e dei monti vicini, con carpenterie, segherie, cartiere, chioderie, distillerie, vetrerie, ecc. In questa economia trovavano occupazione anche le donne, i bambini e gli anziani, assegnati al confezionamento delle casse che venivano inviate in varie città dell’Italia settentrionale, e soprattutto nei paesi germanici, fino alla lontana Russia. Virginio chiamava i cedri “mele d’oro” o “mele della felicità” e li considerava un efficace rimedio contro il veleno. Plinio il Vecchio li chiamava “Pomi della Media”. A Pompei i cedri erano coltivati sin dal III secolo a.C. e nella “Casa degli Ebrei”, luogo di incontro della comunità giudaica, sono stati rinvenuti vasi contenenti resti di radici di cedro. Se è provato che il cedro fosse conosciuto sin dall’antichità, molti escludono che il limone fosse coltivato in occidente nell’epoca classica, poiché non esiste nessuna citazione greca o latina che descriva questa pianta. Ma affreschi in una villa romana di Cartagine raffigurano piccoli frutti simili a limoni, e così pure affreschi pompeiani conservati presso il Museo Nazionale di Napoli. Limoni o piccoli frutti di cedro? I limoni avrebbero potuto essere portati a Roma come curiosità dai paesi orientali e da qui poi diffusi nelle ville romane delle colonie italiche. Probabil-
mente i limoni vennero coltivati inizialmente per la loro bellezza e profumo, per adornare le ricche dimore dei nobili locali, senza protezione invernale; poi, con la caduta dell’impero romano e con l’avvento del medioevo le ville dei coloni romani andarono in rovina e si perse probabilmente la pratica della coltura del limone per diversi secoli., fino a quando la pianticella ricomparve improvvisamente sulla costa occidentale del lago di Garda, portata dai frati Francescani. Non si conosce esattamente l’anno del loro arrivo a Gargnano, ma sembra che nel 1220 i seguaci di San Francesco avessero già costruito un eremo sull’Isola del Garda dove sembra che il Santo soggiornò per un breve periodo. Il monastero di Gargnano, fondato nel 1266 da S. Bonaventura, dove i monaci costruirono e coltivarono il “primo” giardino di limoni, venne poi unito alla chiesa di San Francesco, tuttora esistente, che possiede al suo interno un chiostro a pianta quadrata, caratterizzato da eleganti arcate in stile veneziano con alcuni capitelli decorati da foglie e frutti di limoni ed aranci. Ma la coltivazione intensiva iniziò con la nascita della Magnifica Patria, circa un secolo e mezzo più tardi. Il 7 gennaio 1427 un trattato di pace confermava i privilegi assegnati dal doge di Venezia, Francesco Foscari, grato per la spontanea sottomissione di Salò e della sua Riviera, contro il dominio Visconteo.
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La qualità di questi limoni è eminente, ond’essi precellono quelli dell’Italia Meridionale, siccome assai più acidi e più durevoli, e perciò sono ricercatissimi all’estero, ed a non meno di otto milioni ascende la loro esportazione nei vari stati della Germania.
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G. Zanardelli, Lettere sull’esposizione Bresciana,Lettera III, Valentini, Milano,1857,p. 42
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Il limone del Benaco, specie quello che matura sulla riviera occidentale, è assai pregiato per l’abbondanza e acidità dell’umore, che lo fa preferire a quelli di Napoli, di Sicilia e della Riviera di Genova, per non dire agli stranieri che sono inferiori ai nostri non per la grandezza e l’apparenza, ma per la qualità dei succhi dolciastri o insipidi di cui sono ripieni.
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G. Solito, Benaco, Giò. Devoti editore, Salò, 1897, p. 195
Il cedro di salò di Leila Losi
Gli antichi credevano che il succo del cedro fosse un antidoto potente contro i veleni, contro peste e altre infermità (B. Gratarolo,Historia della Riviera di Salò, Brescia, 1599, pp. 66-7-8-9). Inoltre ,per la religione giudaica il cedro aveva un profondo significato religioso. Nel XV e XVI secolo molti mercanti ebrei erano soliti venire nella Riviera del Benaco per comperare grosse quantità di cedri per la festa dei Tabernacoli. Nel XIX secolo Salò aveva il minor numero di giardini, ma il maggior numero di distillerie. I cedri erano usati per produrre la profumata “acqua di cedro” liquore distillato dalla scorza e prodotto per la prima volta dal farmacista Antonio Bonardi di Salò sin dal 1790 (secondo Giuseppe Solitro) oppure dal farmacista Barbaleni Lelio dal 1793. Solitro da il merito a l chimico Patuzzi Luigi, farmacista in Salò, che nel 1840 incominciò a produrre una bibita gradevole, non solo medicinale, ben presto apprezzata anche fuori zona. Nel 1884 Paolo Amadei acquistò la Farmacia Tassoni dando impulso a nuove bevande , combinando l’acqua di cedro alla china (acqua di cedro chinata), e al ferro ( il sidercedro). Nel 1899 chiamò il laboratorio divenuto stabilimento farmaceutico “Cedral Tassoni”.
Olio su tela di G. Andrea Bertanza del 1617 nella Sala Consigliare del Municipio di Salò. Il dio Benaco mostra la ricchezza della Riviera di Salò: un cedro e pesci.
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« LA STRUTTURA DELLA LIMONAIA
// paradossi (sparadòs) / cantèri (cantèr) / vetriate (envedriàe) / misili (mesì) / portiere (üsére). // La struttura del tetto consisteva di grosse travi di castagno chiamati paradossi (sparadòs) e cantèri (cantèr) in dialetto; le strutture mobili usate per coprire il fronte erano chiamate vetriate (envedriàe), misili (mesì) e portiere (üsére). // Erano progressivamente numerate per facilitare l’operazione di copertura. La numerazione era riportata anche sui pilastri. // Le assi del tetto, costituite da tavole di abete larghe circa 20 centimetri e lunghe 5 - 6 metri, ben rifinite solo ai margine per permettere una migliore congiunzione, venivano accostate perpendicolarmente ai cantèri; un secondo strato serviva a coprire le congiunzioni del primo. Le assi venivano inchiodate non completamente per facilitare l’estrazione dei chiodi a primavera, al momento della scopertura. // Alla fine di Novembre non appena il clima si faceva più freddo, i giardinieri si apprestavano a sistemare la struttura mobile, riempiendo ogni fessura con paglia o erba secca usando un apposito strumento, un bastone chiamato “papolo” (pabòl in dialetto). Questa operazione veniva chiamata “stupinare”. Un proverbio del posto diceva ”A Santa Caterina stùpina, stùpina”. Questo voleva dire che per il giorno di Santa Caterina, il 25 di Novembre, il giardino doveva essere coperto per evitare il rischio di una gelata precoce.
SPARADOSSI e CORRENTI in legno di castagno per la copertura invernale
La chiusura del fronte con le FILAROLE, le portiere le assi di mezzo e le vetriate
La STUPINATURA con erba secca (setaria) detta pabòl.
Esempi di canalette per portare l’acqua nelle limonaie. Nella seconda immagine, con materiali più nobili come il marmo; nella terza immagine, una soluzione unica e innovativa con la canalette che passa oltre i pilastri.
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« L’ACQUA NELLA LIMONAIA
Queste serre avevano un enorme fabbisogno idrico e il proprietario, prima di procedere alla costruzione della serra doveva attentamente esaminare la possibilità delle fonti d’acqua da irrigazione. Le maggiori aree a giardino spesso godevano di diritti d’uso: sorgenti, ruscelli a lungo percorso, fiumiciattoli, ricchi d’acqua anche in estate. Le sorgenti erano considerate un bene prezioso, e più proprietari spesso ne controllavano l’uso. Anche nei testamenti e nei documenti d’acquisto o di vendita la disponibilità di acqua con i possibili diritti veniva chiaramente indicata poiché aumentava il valore del giardino d’agrumi. Tutti i giardini avevano una cisterna per la raccolta dell’acqua. Queste cisterne,costruite in muratura solida, spesso scavate nel pendio, in posizione dominante rispetto alla limonaia, avevano un’area di 25-50 mq. e una profondità di 7-8 m. Erano protette da un parapetto e avevano un invaso fornito di griglia, una valvola di sicurezza per lo scarico, e spesso, una pre-cisterna per il deposito delle acque torbideLa rete di irrigazione all’interno della limonaia era costituita da “canalette” di tufo; sorrette da mensole di pietra, disposte lungo il muro interno a circa 60-90 cm. di altezza dalla base, erogavano l’acqua di irrigazione ai vari piani del giardino e poi alle docce laterali, in corrispondenza della radice di ogni albero.
Prèe da bus per sostenere le viti al di fuori del muro perimetrale della limonaia
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« COLTURE ACCESSORIE
Il cappero, insieme alla vite, era una coltura accessoria all’interno della limonaia
// la VITE / Il fusto della vite, con le radici all’interno della serra, giunto ad una certa altezza, veniva fatto deviare all’esterno attraverso un foro praticato nella muraglia, così da non menomare l’efficienza del tetto durante i mesi invernali. Talvolta la vite scavalcava completamente la muraglia all’esterno posizionando l’apparato radicale al di fuori della limoniera, però sempre nell’ambito della stessa proprietà. // il CAPPERO / I capperi, moltiplicati per talea, venivano fatti crescere sui muri di sostegno rivolti a mezzogiorno. Il corpo riproduttore del cappero radicava nelle fessure del muro, avvantaggiandosi del retrostante terrapieno occupato dalle piante di limoni o dai cedri.
LA TRASOFRMAZIONE DELLE LIMONAIE NELL’ALTO GARDA BRESCIANO
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il PRIMA e il DOPO
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Le campate costituenti i giardini della Riviera del lago di Garda sono circa 30,000, così distribuite: quattordici ventesimi nel Comune di Gargnano, tre in quello di Maderno, due e mezzo in quello di Limone San Giovanni, e mezzo in quello di Toscolano. Non conto le poche ed isolate agrumiere da Salò a Maderno e sulla sponda veronese.
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L’AGRICOLTURA NEI CONTORNI DEL LAGO DI GARDADi Ludovico Bettoni (Estratto del Giornale L’Italia Agricola)Milano, Tip. Bernardoni, 1879
SALO’ / La limonaia della Rocchetta di sotto vista dal lago prima del terremoto
prima
SALO’ / Quel che resta della limonaia della Rocchetta di sotto
dopo
SALO’ / I giardini di limoni di Salò - Hotel Salò du Lac.
prima SALO’ / I giardini di agrumi di Palazzo Martinengo come dovettero apparire a Lady Montague nel 1749
prima
Dei vecchi giardini è rimasta solo la muraglia.
dopo SALO’ / I giardini di limoni di palazzo Martinengo verso il monte oggigiorno
dopo
BEZZUGLIO / limonaia
BEZZUGLIO / la stessa limonaia ristrutturata
prima TOSCOLANO
prima
dopo TOSCOLANO oggi
dopo
FASANO / Limonaia a lato di Villa Paradiso ai primi del 1900
FASANO / sopra Villa Paradiso resti di pilastri e di muri perimetrali
prima GARGNANO / limonaie
prima
dopo GARGNANO / ciò che rimane
dopo
MADERNO / la chiesa circondata da limonaie
MADERNO / oggi
prima GARGNANO / Palazzo Bettoni e le limonaie
prima
dopo GARGNANO / vista di Palazzo Bettoni oggi
dopo
TOSCOLANO / La limonaia al porto di Toscolano in una stampa del 1800
TOSCOLANO / la stessa limonaia oggi
prima MADERNO / le limonaie di Villa Bulgheroni
prima
dopo MADERNO / Villa Bulgheroni oggi
dopo
GARDONE / La limonaia di Villa Elena, sotto la Chiesa di San Nicolò
GARDONE / la stessa limonaia oggi
prima GARGNANO / Villa Feltrinelli
prima
dopo GARGNANO / vista di Villa Feltrinelli oggi
dopo
idee per 22 aprile l’orto da 2013 terrazzo lunedÏ
ore 21.00
Stefano Delugan agronomo progetto europeo SY CULTour
Laura Brugnolli GAL GardaValsabbia progetto LANDSare
L’orto sinergico
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a cura di Stefano Delugan e Laura Brugnolli
di Stefano Delugan
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Passate con attenzione attraverso questi campi. Libellule e farfalle che volano in un turbinio di vita. Api che ronzano di fiore in fiore. Scostate le foglie e vedrete insetti, ragni, rane, lucertole e molti altri piccoli animali… Questo è l’ecosistema del campo di riso in equilibrio…
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MASANOBU FUKUOKA
« L’ORTO CONVENZIONALE
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ORTO
concepisce il suolo e quello che vi sta sopra come una giacitura sulla quale con acqua e fetilizzanti si coltivano i prodotti aiutandosi con preparati di sintesi.
« L’ORTO BIOLOGICO
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« L’ORTO SINERGICO
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concepisce il suolo come un ecosistema e tramite opportune pratiche naturali lo arricchisce portando nutrimento alle piante in esso coltivate, senza prodotti chimici o di sintesi.
consiste nella quasi essenza di lavorazioni del terreno, l’attenzione alla copertura pacciamante con un occhio diverso verso il biologico.
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« IL TERRENO
Il terreno ricopre una funzione che si può definire vitale: ad essa sono affidate le nostre coltivazione e da essa dipendono le nostre produzioni. Nel metodo sinergico il terreno del nostro orto va visto come ecosistema e va lavorato con metodi non imapttanti e in superficie. Nell’orto sinergico questi compiti cono affidati alla natura, che attraverso microorganismi trasformatori lo tiene costantemente fertile, ma esistono anche piante, naturali o orticole, adatte a questo compito; con esse possiamo difenderlo dai parassiti, renderlo piacevole e aumentarne la biodiversità. Alle piante, infatti, è affidato il compito di fertilizzare, arieggiare, lavorare il terreno e proteggerlo: ad esempio un ortaggio con radice a fittone, quando la radice diventa secca, lascia un foro nel terreno che serve per arieggiare la terra.
Il terreno dovrebbe essere terriccio fertile, con un buon tenore di humus, magari del compost. L’humus non è altro che la sostanza organica che si forma per la decomposizione ed il successivo compostaggio delle piante e degli animali che frequentano e coltiviamo nel nostro orto; ad esso è dovuta quella straordinaria cosa chiamata vegetazione, di esso si nutrono le piante che coltiviamo, è ricco di vita e solo se ha all’interno sufficienti sostanze nutritive (chiamate micro-elementi) riesce a soddisfare le nostre piante. Proprio per questo per l’orto ci interessano solo gli strati superficiali della terra, lo strato di copertura formato da foglie e vegetali, lo strato di decomposizione o trasformazione, lo strato di humus trasformato: il tutto contenuto in circa 30-40 cm si spessore. Affinchè questo processo funzioni vi è bisogno di alcuni elementi: acqua, aria e calore; essi possono essere apportati in modo naturale alle piante, oppure aiutati da noi attraverso delle pratiche di coltivazioni corrette e naturali. Infatti, gli stessi microelementi fertilizzanti sono contenuti in molte piante che lasciate semplicemente sul terreno o leggermente interrate svolgono questa funzione restituendo al terreno stesso quello che si è usato coltivando, come azoto, magnesio, potassio, ferro, ecc ... Ma cosa si può compostare: rifiuti casalinghi, resti di frutta e verdura, avanzi di cucina cotti, uova, fondi caffè, carta non a colori e giornali, tessuti naturali, grassi e proteine in piccole quantità, cenere in piccole quantità, rifiuti dell’orto e del giardino, erbacce, sfalci e residui delle coltivazioni, foglie, fiori secchi, residui da potatura del giardino se triturati escrementi di piccoli animali (cane, gatto)... Nel metodo dell’orto sinergico è importante la stratificazione della terra: alla base ci dovranno essere dei residui legnosi e grossolani, a seguire fogliame e zolle erbose capovolte, poi tubi di drenaggio e una rete contro i topi, per finire con compost semi-grezzo e letame. Questa stratigrafia di terreno permette di poter tulizzare la stessa terra per 3-4 anni senza la necessità di concimarla, poichè gli strati inferiori con il passare degli anni diventeranno il compost necessario per il nutrimento della pianta.
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« ROTAZIONI E CONSOCIAZIONI
Alle rotazioni sono affidate la gestione delle sostanze organiche utili alla crescita delle piante, ma è soprattutto tramite loro che i microelementi all’interno del terreno si possono rinnovare. Le consociazioni fra varie orticole sono invece un’altra pratica che rende più efficace la coltivazione, ma per fare questo se ne devono conoscere le famiglie di appartenenza. Le consociazioni migliori avvengono infatti tra famiglie differenti: pomodori (solanacee) + spinaci (chenopodiacee) o prezzemolo in alternativa; insalata (composite) + rapanelli (crucifere);
sedano da costa (ombrellifere) + cavoli (crucifere); fagioli (leguminose) e santoreggia (labiate - aromatiche). Chenopodiacee / bietola da costa, spinacio Composite / carciofo,carduccio,varie / insalate come: indivia riccia, scarola, lattughe da cespo e da taglio, radicchio (cicoria) da cespo e da taglio (da foglie) tarassaco Crucifere / cavolfiore o broccolo / cavolo cappuccio, cavolo verza, / cime di rapa, cavolo cinese, cavolo di Bruxelles / ravanello, cavolo nero, cavolo rapa, cren, rucola, rapa rossa e bianca Cucurbitacee / anguria, cetriolo, melone, zucca marina, zucchine, zucca centenaria, zucca lagenaria Leguminose / fagioli, fagiolino (tegoline), fava, pisello / ceci, lenticchia, lupino Liliacee / aglio, cipolla, porro, erba cipollina, muscari, scalogno, asparago Ombrellifere / carota, finocchio, prezzemolo / sedano, cerfoglio, pastinaca, prezzemolo da radice, sedano rapa ecc Solanacee / melanzana, patata, peperone, peperoncino, pomodoro Valerianacee / valerianella
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« I FIORI E LE PIANTE AROMATICHE NELL’ORTO
Con l’inserimento nel nostro orto di fiori e piante officinali possiamo favorire la difesa da alcuni insetti nocivi favorire la biodiversità e rendere il nostro orto più piacevole: Tanaceto – basilico – contro le mosche della carota, ravanello, cipolla. Tagete – menta – contro i nematodi delle cipolle, sedani, cavolo, sedano rapa e le formiche. Assenzio – rosmarino – timo – contro la cavolaia e i bruchi in genere. Lavanda – nasturzio – contro gli afidi. Fagioli nani – petunia – contro la dorifora.
Valutare i periodo di semina Coltivare vecchie varietà di ortaggi salvaguarda la memoria Scambiare semi e piantine è buona pratica agricola La maggior parte delle piante spontanee è commestibile
TANACETO
TAGETE
ASSENZIO
giovedĂŹ
16
maggio
2013 ore 21.00
i giardini tra oriente e occidente
Rosanna Padrini Dolcini architetto
a cura di Rosanna Padrini Dolcini
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Un viaggio per immagini attraverso i parchi più belli del mondo.
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« PARCHI PUBBLICI / GIARDINI PRIVATI « GIARDINO CONTEMPORANEO / GIARDINO STORICO « DA PASSEGGIO / DA GUARDARE «
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GIARDINI
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« GERMANIA / DUISBURG / BERLINO / POSTDAM / MONACO
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« FRANCIA / PARIGI
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« SPAGNA / MADRID
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« ITALIA / TORINO
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« USA / NEW YORK
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« CINA / SHANGHAI / SUZHOU
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« ITALIA / VILANNUOVA SUL CLISI
giovedĂŹ
23
maggio
2013 ore 21.00
la castanicoltura come elemento di paesaggio Ocildo Stival
ComunitĂ Montana Valle Trompia
a cura di Ocildo Stival
Il castagno
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Il castagno da frutto e le selve castanili costituiscono uno degli elementi più rappresentativi del paesaggio rurale bresciano. Il castagno inoltre è la specie emblema sia rispetto alla biodiversità sia rispetto alle radici territoriali di ogni “ecotipo produttivo”. Il marrone infatti essendo “sterile” subisce, nel corso degli anni modifiche genetiche indotte dall’impollinante (in genere il selvatico presente in zona)
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« DEFINIZIONE DI PAESAGGIO
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CASTAGNO
Parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interazioni (art. 31 Codice dei beni culturali e del paesaggio)
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« IERI
Le componenti fisico biologiche del paesaggio e gli edifici sul territorio inetragivano tra loro formando un quadro paesaggistico esaustivo ed armonico.
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« OGGI
Coltivazioni intensive, insediamenti produttivi e residenziali, infrastrutture determinano nel paesaggio lacerazioni e alterazioni.
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« LA FRAGILITÀ DEI SISTEMI AGRICOLI DI VERSANTE
La sistemazione dei terreni per ridurre le pendenze (nella foto terrazzamenti e ritocchino) erano funzionali anche ad evitare i fenomeni erosivi. L’abbandono delle zone rurali combinato con gli scarsi redditi delle attività agricole marginali hanno determinato la riduzione del livello manutentivo con conseguente deterioramento del territorio. UN ESEMPIO: IL GELSO / Il venir meno dell’economia della seta e delle relative pratiche colturali necessarie all’allevamento dei bachi quali la sgamollatura ha favorito fenomeni degenerativi del legno (carie) compromettendo i filari di gelso. UN ESEMPIO: L’ALPEGGIO / L’abbandono della pratica dell’alpeggio ed il fenomeno del sovra e/o sottocaricamento modifica profondamente il paesaggio rurale alpino e la componente erbacea e floristica dei pascoli.
IERI
OGGI
ALPEGGIO
“UNICI” DEL « COMPONENTI PAESAGGIO RURALE
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Maestoso faggio al margine di un’alpe pascoliva. TENDENZA IN ATTO / Le aree periferiche delle malghe e le radure, tendono ad essere inglobate dalle superfici boscate omogeneizzando ed omologando un paesaggio costruito nell’arco di un millennio.
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« FRUTTI DELLA MEMORIA
PIANTA “RELITTA” E FRUTTI ANTICHI DI MELO / Alcune prerogative che erano funzionali fino a poche decine di anni fa sono diventate anacronistiche. Fino all’avvento del frigorifero era fondamentale che la frutta “durasse”; ora, questo parametro è diventato secondario e queste varietà sono destinate a scomparire. IL CASO DELLA PESCA / Pianta e frutto di Ròs de Faì (varietà che, negli anni, ha avuto un certo rilievo commerciale). E’ destinata a scomparire perché non è spiccagnola. PERGOLA BRESCIANA supportata da paleria in legno (impregnata con Sali di rame) e maritata a gelso
CORDONE SPERONATO supportata da paleria in cemento
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« IL CASTAGNO DA FRUTTO
Il castagno da frutto e le selve castanili costituiscono uno degli elementi più rappresentativi del paesaggio rurale bresciano. Il castagno inoltre è la specie emblema sia rispetto alla biodiversità sia rispetto alle radici territoriali di ogni “ecotipo produttivo”. Il marrone infatti essendo “sterile” subisce, nel corso degli anni modifiche genetiche indotte dall’impollinante (in genere il selvatico presente in zona). PIANTA DI MARRONE SECOLARE
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« FORME ED ARCHITETTURE UNICHE ED IRRIPETIBILI
POLLONI SECOLARI DI CASTAGNO INNESTATI A MARRONE
« COSTITUZIONE DI UN CAMPO DI “PIANTE MADRI” Le varietà pregiate sono il frutto di un’”attenta” osservazione di chi ci ha preceduto; tutelare queste varietà che, nel tempo hanno ridotto la loro importanza economica, è un “dovere”. Mediante il sovrinnesto dei semenzali o dei polloni di ceppaia vendono trasferiti integralmente i caratteri della pianta madre del marrone.
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PIANTE DI MARRONE MORTE A SEGUITO DELLA SICCITA’ ANNO 2003
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« SALVAGUARDARE LE VARIETÀ E GLI ECOTIPI LOCALI
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« MARRONE O CASTAGNA?
L’identificazione delle varietà di castagno è estremamente difficile poichè la stessa cultivar assume denominazioni diverse a seconda delle varie località in cui è coltivata oltre alla controversa distinzione tra “marrone” e “castagna”. Per alcuni autori (Fenaroli 1945) il marrone è una sottospecie di Castanea sativa e cioè la varietà domestica macrocarpa presentando caratteri più gentili, più esigenti in fatto di terreno, esposizione altitudine e latitudine. In altri casi la differenziazione avviene semplicemente a livello merceologico intendendosi per “marroni” quelle castagne che hanno i seguenti requisiti: - pezzatura superiore (max 70 frutti per chilogrammo); - fruttificazione prevalente a 1 o 2 soggetti per riccio; - frutto senza solchi approfonditi nei cotiledoni; - pericarpo (buccia) di tinta brillante marrone chiaro, marcato da strutture molto evidenti di tinta scura; - episperma sottile, non approfondito e di facile pelatura; - pasta farinosa, zuccherina, consistente, saporita e resistente alla cottura. In Francia, la distinzione viene fatta in base alla percentuale di frutti settati: i marroni, oltre ad una pezzatura più grossa rispetto alle castagne, devono avere meno del 12% di frutti settati (doppi); anche se tale carattere è molto variabile a seconda delle annate e dell’andamento meteorologico. MARRONE DI MARRADI
CASTAGNA DI MONTELLA
VIGNOLS
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« POTATURA DI RIMONDA
Interventi di rimonda eseguiti su castagni monumentali in Località Bresciane.
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« POTATURA DI RIFORMA
Sequenza di un intervento di riforma della chioma mediante tagli di ritorno sui rami originatisi a seguito di una capitozzatura eseguita in modo scorretto.
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« CONVERSIONE DI UN CEDUO A CASTAGNETO / marzo
La conversione di un ceduo a castagneto da frutto di qualità avviene nel mese di marzo. La sequenza: SELEZIONE DEI POLLONI
« FASI DELL’INNESTO A CORONA / maggio RIFILATURA DEL TAGLIO SUL POLLONE / TAGLIO DELLA CORTECCIA
INSERIMENTO DELLA MARZA
INNESTO A DOPPIO SPACCO INGLESE
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CEPPAIA NATURALE
LEGATURA / mastice sulle ferite
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« GESTIONE POST INNESTO / giugno
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« FASI SUCCESSIVE ALL’INNESTO / GIUGNO
Nei primi anni gli innesti sui diversi polloni possono essere gestiti come un’unica pianta.
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« POTATURA DI FORMAZIONE
Polloni innestati prima e dopo la potatura di formazione.
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« MAL DELL’INCHIOSTRO
Phytophthora cambivora Necrosi e annerimento al colletto con disseccamenti apicali a partire dalla zona apicale della chioma.
Il nome deriva dall’ evidente necrosi nerastra, a forma di fiamma, che appare asportando la corteccia alla base del fusto.( dal colletto sale lungo il tronco assumendo la forma di un diagramma) Viene segnalata per la prima volta nell’ 800 e descritta nel 1917, periodo in cui causò ingentissimi danni; negli ultimi anni, si sta diffondendo in modo preoccupante in alcune regioni (Piemonte, Liguria, Lazio, Emilia R.), ma anche nelle nostre zone è possibile osservarne gli effetti. I sintomi della malattia consistono in un rallentamento della vegetazione con ingiallimento delle foglie ed una loro caduta anticipata; si verifica inoltre un disseccamento della cima, una minor fioritura ed allegagione ed i ricci rimangono rinsecchiti ed appesi ai rami anche dopo l’epoca di maturazione.
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« CANCRO DELLA CORTECCIA
Criptonectria parasitica Cancro virulento con i classici rami epicormici alla base del cancro stesso e cancro ipovirulento tipicamente più scuro e cicatrizzato.
Rappresenta la più grave e diffusa malattia crittogamica del castagno; di origine americana, si è diffusa in Italia dal 1938 (prime segnalazioni sull’ Appennino ligure e nel Friuli), provocando enormi danni che nel giro di poco tempo hanno sensibilmente ridotto il patrimonio castanicolo nazionale. I sintomi della malattia sono rilevabili su tutti gli organi legnosi sotto forma di macchie necrotiche di color rosso-mattone depresse, spesso fessurate che sollevate mettono a nudo una massa feltrosa di color crema. Le parti della pianta colpite vanno incontro al disseccamento; nella zona sottostante l’attacco, si ha la fuoriuscita di rami epicormici e germogli che hanno origine dalle gemme latenti facendo assumere alla pianta colpita un aspetto cespuglioso. Nei periodi caldo-umidi, (primavera e autunno) si possono trovare nelle screpolature e sulla corteccia della parte colpita, le fruttificazioni del fungo sotto forma di pustole rosso-aranciate; si tratta degli organi di riproduzione agamica (picnidi) e sessuale (periteci). Dai primi fuoriescono i conidi, che inglobati da una sostanza vischiosa, venvono trasportati dall’acqua piovana, dai secondi escono le ascospore che possono essere trasportate dal vento per lunghe distanze (fino a 40 Km.). La diffusione della malattia, avviene anche per opera dell’uomo, mediante il trasporto di materiale infetto, mentre la penetrazione nei tessuti si verifica attraverso ferite e/o lesioni di qualunque tipo a carico delle parti legnose e semilegnose.
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« BALANINO E TIGNOLE
ADULTO E LARVA DI BALANINO
ADULTO E LARVA DI CYDIA SPLENDANA
ADULTO E LARVA DI CYDIA FAGIGLANDANA
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« CINIPIDE GALLIGENO
Adulto mentre depone le uova all’interno di una gemma e galle su foglie. Il suo antagonistra è il Torymus sinensis Kamijo.
Viti e vini 18 gno della riviera 2013 di Salò martedÏ
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ore 21.00
Giuseppe Piotti enologo
Gianni Briarava Condotta Slow Food del Garda Presentazione del progetto sul presidio del Carpione del Garda.
a cura di Giuseppe Piotti e Gianni Briarava
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VITE E VINO
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