la Strada
Colture e Culture di Calabria
Hanno collaborato
Sergio Caracciolo, attualmente consulente esperto con l’incarico di Agente di Sviluppo per la costituzione dei Laboratori Territoriali di Progettazione nell’ambito del POR CALABRIA FESR 2007/2013. È agronomo libero professionista, si occupa di progettazione integrata, sviluppo locale, pianificazione territoriale, sviluppo sostenibile dal punto di vista tecnico-scientifico e di animazione territoriale. Svolge attività di assistenza tecnica e consulenza per pubbliche amministrazioni locali ed imprese private nell’ambito di investimenti finanziati da programmi di sviluppo nazionali e comunitari. Ha lavorato alla progettazione e realizzazione di azioni di indirizzo e controllo, alla progettazione di azioni di assistenza tecnica e sviluppo rurale, nell’ambito della Progettazione Integrata finalizzata all’attivazione dei progetti di filiera e dei distretti rurali e agroalimentari. Elisa Morano, architetto, si laurea in Architettura 5UE (2012) presso la Facoltà di Architettura - Università degli studi “Mediterranea” di Reggio Calabria - con la tesi di laurea “Qasr Omayyadi in Giordania“, a seguito del workshop internazionale “Preserve the Architectural Heritage“ presso “Al Al Bayt University” (Mafraq, Giordania). Ha collaborato con studi di progettazione architettonica, partecipando a diverse gare e concorsi di idee di progettazione e grafica. Dal 2012 collabora con il GAL BaTiR. Giampiero Pirrò, libero professionista, laureato nell’indirizzo demo-etno-antropologico della facoltà di Lettere all’Università “la Sapienza” di Roma. Esperto di sviluppo rurale e governance locale, dal 2006, ha maturato diversi incarichi con alcuni GAL calabresi. Ha effettuato valutazioni sul PSR Calabria 2007/2013 per conto della società ECOSFERA Vic SpA, ha diverse collaborazioni nel campo editoriale, della comunicazione e della formazione professionale. Dal 2011 è consulente tecnico per il GAL BaTiR, ha partecipato all’elaborazione e stesura del PSL AULINAS ed è impegnato nell’ideazione e nel coordinamento di progetti ed attività previste dallo stesso. Coordinamento Scientifico: Fortunato Cozzupoli, Francesco Carlo Maria Vita Progetto grafico: Elisa Morano Testi di: Fortunato Cozzupoli (introduzione, paragrafo 1.3); Elisa Morano (paragrafo 2.1); Giampiero Pirrò (paragrafo 1.6, 3.1, 3.2); Francesco Carlo Maria Vita (paragrafi 1.1, 1.2, 1.4, 1.5). Patrimonio Culturale e Patrimonio Naturale: Elisa Morano e Francesco Carlo Maria Vita; Patrimonio Colturale: Sergio Caracciolo; Patrimonio Immateriale: Fortunato Cozzupoli. Foto: Giuseppe Dato, Giovanni Fullin, Enzo Galluccio, Francesco Iaconi, Nathalie Iofrida, Stefano Mileto, Elisa Morano, Emanuela Piazza, Daniele Giuseppe Riefolo, Giovanna Riso, Virgilio Sabatino, Giuseppe Sobrio, Francesco Carlo Maria Vita. c 2014 Grafica Enotria soc. coop. Contrada Gagliardi, 47 89131 Reggio Calabria Tel. +39 0965 682606 info@graficaenotria.it ISBN 978-88-903043-4-7
SOMMARIO Premessa Introduzione Metodologia
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le Terrazze sul Mito
Il paesaggio rappresentazione di una cultura Gli aspetti storici del paesaggio La costruzione della Strada “le Terrazze sul Mito” Definizioni: Patrimonio Culturale, Naturale, Immateriale e Colturale La partecipazione nella costruzione della Strada “le Terrazze sul Mito” L’indagine Quantitativa
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le Terrazze sul Mito
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Villa San Giovanni
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Scilla
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Bagnara Calabra
86
Seminara
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Palmi
Allegato 1 - I risultati del processo partecipativo
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Bibliografia
128
124 127
La valutazione dei risultati I risultati secondo la scala di Likert
Premessa
di Antonio Alvaro e Fortunato Cozzupoli
Le terrazze sul mito è un itinerario di scoperta di quel lembo di terra che da Palmi si estende fino a Villa San Giovanni, passando per Seminara, Bagnara Calabra e Scilla, meglio conosciuto come Costa Viola. Autentica perla paesaggistica, situata nella provincia di Reggio Calabria, della cui bellezza se ne decantano le doti sin dall’antichità. La Costa Viola, nella sua unicità, è un microcosmo in cui la forza di volontà e la caparbietà delle persone che hanno attraversato la storia di questi luoghi, si percepisce viva ancora. Un patrimonio ricchissimo in termini ambientali, naturalistici, culturali, costellato da testimonianze architettoniche disseminate lungo il territorio e intriso di sapere popolare, vissuti, memorie che, dai tempi di Omero, continuano oggi ad esercitare grande fascino e forte potere evocativo. Un paesaggio solcato da quelle mirabili opere che sono le armacie, i tradizionali terrazzamenti a secco che, come giardini sospesi tra cielo e mare, dal vasto entroterra rurale consentono di ammirare, da una prospettiva unica, il blu profondo delle acque in cui riposa (che custodiscono) il mito di Scilla. Luoghi che hanno reso possibile la coltivazioni di prodotti agricoli da cui approvvigionarsi, tra cui spiccano i vitigni di uve zibibbo, i limoni di Favazzina e gli immancabili uliveti. Luoghi attraversati da storie di uomini, donne, conquistatori impavidi e pacifici colonizzatori. Queste sono le Terrazze sul Mito, un tributo all’ingegno popolare ed alla grande capacità di aver saputo plasmare un territorio impervio, aspro e difficile, rendendolo vivibile ed abitabile; in cui il mare si unisce alla terra in un continuum naturale e antropico che ha visto nei secoli il susseguirsi di comunità di contadini-pescatori, che come tutori hanno curato e difeso questa magnifica commistione. Queste le premesse che, come Gal BaTiR, ci hanno convinto ad aderire al progetto di cooperazione interterritoriale “La Strada: Colture e Culture di Calabria” promosso dalla Regione Calabria nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale 2007/2013. Un’iniziativa che vede coinvolti molti altri Gal presenti nella regione, impegnati a costruire itinerari locali di promozione e valorizzazione dei territori di competenza partendo dalle produzioni tipiche più rappresentative di ognuno, che pur mantenendo la propria peculiarità identitaria, si congiungono idealmente in un percorso unico che presenta le molteplici sfaccettature e le numerose ricchezze di cui la Calabria dispone. Un impegno ulteriore che va ad aggiungersi ad una serie di azioni integrate di sviluppo territoriale che, il Gal BaTiR, ha già intrapreso da diversi anni. Tutti elementi di una strategia articolata, condivisa e partecipata, caratterizzata da un comune denominatore: il miglioramento della qualità della vita nel Basso Tirreno Reggino. Un complesso di interventi volti a riorganizzare razionalmente l’intero patrimonio presente, rendendolo intellegibile e fruibile anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie. Partire dagli elementi materiali e immateriali di un luogo per ricostruirne il senso di appartenenza. Procedere alla valorizzazione della dimensione antropologica come chiave per reinterpretare gli spazi vissuti. Offrire percorsi alternativi e più adeguati che permettano di ottenere risultati efficaci e duraturi. Presupposti fondamentali da cui ripartire, perché fondamentale per il rilancio e la crescita di un territorio è l’instaurarsi di una nuova coscienza collettiva ed un rinnovato spirito d’intraprendenza.
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Introduzione La guida che viene presentata fa parte di una serie di azioni facenti capo alla “Strada delle Colture e delle Culture”: un progetto di cooperazione interterritoriale, proposto dalla Regione Calabria, che ha visto la creazione di una serie di itinerari con protagoniste le colture e le culture delle aree GAL interessate. Partendo dal Pollino per arrivare alla costa ionica reggina, sulla base del prodotto “vetrina” da valorizzare scelto da ogni GAL, il progetto ha identificato una “Strada delle Colture e delle Culture” che unisce i territori dei Gal, associando ogni territorio ad una risorsa tipica e nel contempo armonizzando l’offerta con gli altri beni dell’area. Attorno al Patrimonio Colturale, sono stati individuati e selezionati quei patrimoni che contribuiscono a costruire la cultura di ogni luogo: il Patrimonio Culturale, il Patrimonio Immateriale ed il Patrimonio Naturale. Il GAL BaTiR ha individuato nell’uva zibibbo (o moscato d’Alessandria) il prodotto di punta da promuovere e valorizzare, in quanto altamente rappresentativo del territorio del Basso Tirreno Reggino: tale prodotto è stato, infatti, oggetto di un disciplinare di produzione e del relativo Marchio di Qualità denominato “Ottimo”, promosso nell’ambito dell’Iniziativa Comunitaria LEADER II da parte dell’allora GAL V.A.T.E. La “strada” protagonista della guida comprende i diversi patrimoni dei comuni di Villa San Giovanni, Scilla, Bagnara Calabra, Seminara e Palmi. Proprio in questo territorio, strappato alle montagne dalla mirabile opera di costruzione compiuta dalle popolazioni di contadini-pescatori locali, lo zibibbo ha trovato le condizioni ideali per raggiungere nei secoli livelli d’eccellenza in termini di dimensioni dell’acino, croccantezza della polpa e proprietà organolettiche e aromatiche che lo rendono vitigno unico nel panorama mondiale. Il nome scelto per questa “Strada delle Colture e delle Culture” è le Terrazze sul Mito: lo Stretto è un luogo identitario, il luogo del Mito, raccontato da Omero nell’Odissea e citato da Virgilio nell’Eneide, di Scilla e Cariddi, un luogo in cui il mutare del paesaggio, tra boschi e scogliere, tra armacie e Mediterraneo, ci stupisce quotidianamente.
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Metodologia 1.1 ll paesaggio rappresentazione di una cultura Il paesaggio della Calabria, costruito dalla memoria, ci sorprende per la capacità degli uomini antichi di realizzare uno scenario armonico. Oggi questo paesaggio è compromesso, specie in ambito costiero: non si riesce a tener presente che nelle culture locali era assolutamente naturale vedere nella terra un valore fondante. La fatica ed il lavoro, la semina e la coltivazione, che l’uomo dedica alla terra fertile, vengono ricompensati con giustizia dalla terra mediante la crescita ed il raccolto. Il paesaggio può essere considerato come archivio della memoria collettiva, delle tradizioni, dei saperi, degli eventi e delle innovazioni di cui esso è la rappresentazione sintetica. Non si può salvaguardare un paesaggio senza tutelare le culture che l’hanno generato; quello che è stato fatto fino ad ora da chi ci ha preceduto “ci offre una serie di modelli da imitare, ma anche da rimodellare e da combinare. Uno spazio del possibile si viene disegnando, al quale si sosterrà l’innovazione. La diversità del patrimonio allarga questo spazio. Così si passa dall’insistenza sulla trasmissione dell’eredità all’idea di una continuità che si giova delle generazioni, di una lunga durata sociale contrastante con la brevità delle nostre vite.” (Bourdin, 1986)1 In quest’ottica non solo sviluppo sostenibile come strategia per il mantenimento delle risorse non rinnovabili nel tempo, ma anche sviluppo sostenibile della risorsa identità culturale.
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1.2 Gli aspetti storici del paesaggio Creare un percorso che possa offrire una visione sui diversi Patrimoni, da quello Immateriale a quello Culturale, da quello Naturale a quello Colturale, è un compito arduo. Le motivazioni di questa affermazione sono molteplici: la differenza dell’organizzazione fondiaria italiana; le diverse storie, spesso oscure, che hanno generato questo paesaggio; gli eventi che hanno sconvolto i caratteri originari non lasciando traccia di elementi di collegamento con il passato. Emilio Sereni, autore del libro guida per gli studiosi di questo settore “Storia del paesaggio agrario italiano”2, è stato il primo in Italia ad interessarsi a questo tema. Studiare il paesaggio vuol dire indagare nelle vicende storiche delle diverse epoche, nei modi di vita delle diverse popolazioni, studiare e riscoprire le tradizioni perdute dei popoli italici, ricostruire gli eventi che hanno sconvolto la nostra penisola: terremoti, alluvioni, guerre, epidemie. Questo per poter avere un quadro generale, per capire i processi che hanno generato delle azioni, i fatti che hanno inizialmente creato nuove forme e mutato nel tempo le forme iniziali, a volte stravolgendole, a volte ripetendole in scala maggiore. Non basta tutto ciò per poter interpretare quali sono i caratteri del paesaggio, bisogna studiare i sistemi di coltivazione, i sistemi irrigui, le dimensioni ed i tipi degli abitati rurali, le forme degli insediamenti. Bisogna studiarne le forme, perché esse riassumono la loro storia evolutiva, naturale e delle culture, attraverso dei segni. È evidente come il paesaggio sia una sintesi
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di processi spazio-temporali e diventi un archivio che racconta la storia degli uomini che lo hanno “vissuto, trasformato, sotto l’occhio attento e spesso scrupoloso dei poteri burocratici, amministrativi.” (Turri)3 Il paesaggio calabrese non si esime da questa difficoltà di recupero della memoria storica e dei segni che di questa sono elementi fondamentali. Le varie vicende storiche, gli eventi calamitosi, la poca attenzione degli storici su questa regione, ci presentano uno stato delle ricerche su questo tema che sembra non essere esauriente, ma si cercherà di raccontare questo paesaggio. Raccontare perché il racconto è un ritorno alla memoria, un riaccedere a processi spazio/temporali che, passo dopo passo, fanno luce sull’intima relazione che esiste tra uomo e natura, diventano storia. 1.3 La costruzione della Strada “le Terrazze sul Mito” La costruzione di questo percorso è stata intesa come la costruzione di un quadro conoscitivo finalizzato alla individuazione, descrizione, interpretazione e rappresentazione dei molteplici e differenti patrimoni presenti nell’area del Basso Tirreno Reggino: dal Patrimonio Colturale espresso ad esempio con lo zibbibo, al Patrimonio Culturale espresso dalle armacie della Costa Viola, dal Patrimonio Immateriale espresso dalla Varia di Palmi al Patrimonio Naturale espresso dalla Spiaggia della Tonnara. Partendo dalle individuazioni fatte per lo studio dell’Atlante del Paesaggio del Basso Tirreno Reggino4, il percorso è stato realizzato attraverso un
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impianto metodologico delle informazioni acquisite che consente di evidenziare gli elementi che costituiscono l’identità paesaggistica dell’area, interpretandoli come potenziali risorse per il futuro sviluppo del territorio. 1.4 Definizioni: Patrimonio Culturale, Naturale, Immateriale e Colturale Prima di dare la nostra definizione dei diversi patrimoni individuati è bene sottolineare un concetto sulla differenza dei termini patrimonio e risorsa: è stata scelta la parola patrimonio per ciò che rappresenta e cioè perché il patrimonio, che esiste “indipendentemente dall’uso che ne possiamo fare, è esso stesso un costrutto storico; ma, a differenza della risorsa, che riguarda il modo di utilizzarlo di una determinata civilizzazione, è di lunga durata, è il prodotto sedimentato da una lunga serie di civilizzazioni, da più universi tecnici e da più culture.” (Baldeschi, 2007)5 Per Patrimonio Culturale si intende l’insieme di tutti quegli elementi che sono il risultato di processi di lunga durata che hanno elementi infrastrutturali, urbani, rurali, e cognitivi (saperi e sapienze locali, arti costruttive, artistiche, produttive, modelli socioculturali). Per Patrimonio Naturale si intende l’insieme di tutti quegli elementi che derivano da processi ecosistemici che nel tempo si sono strutturati sul territorio. Per Patrimonio Immateriale, così come lo definisce l’art.2 della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale sancita durante la XXXII conferenza generale dell’UNESCO te-
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nutasi a Parigi dal 29 settembre al 17 ottobre 2003, si intende: “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”. La nostra ricerca di Patrimonio Immateriale è stata indirizzata all’individuazione di tradizioni in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale, arti dello spettacolo, consuetudini sociali, eventi rituali e festivi, cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo dell’artigianato tradizionale. Per Patrimonio Colturale si intende quell’insieme di colture tipiche che danno valore ad un luogo rispetto all’identità culturale rurale e agricola. 1.5 La partecipazione nella costruzione della Strada “le Terrazze sul Mito” Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una particolare attenzione ai temi della partecipazione, della comunità che deve essere al centro della progettualità, dell’identità culturale, temi che poggiano le loro basi sulle lotte e sugli accordi internazionali presi durante gli Anni No-
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vanta. Il problema è che, ancora oggi, a dispetto dei tanti strumenti e delle convenzioni, delle leggi internazionali e nazionali, spesso ci si ferma alla discussione: esistono pochissimi strumenti diffusi che possano aiutare le popolazioni ad essere artefici del loro futuro. Spesso tutto è calato dall’alto, progetti architettonici, piani urbanistici, decisioni. Spesso perché il tempo è tiranno, perché si deve fare entro una data, perché prevale il criterio dell’emergenza, dell’intervento straordinario rispetto a quello ordinario. Sarebbe opportuno ripensare la variabile tempo, anche perché “è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.” (Antoine de Saint-Exupéry)6. Probabilmente dovremmo pensare ad addomesticarci, per citare ancora Saint-Exupéry, tra noi cittadini, per poter far sì che questa variabile abbia maggior peso nei processi decisionali riferiti alle trasformazioni territoriali. La maggior parte degli abitanti della terra non ha la conoscenza, sia tecnica che intellettuale, per poter intervenire in quei processi decisionali che organizzano, progettano, gestiscono la nostra vita presente e, soprattutto, futura. A questo punto si potrebbe obiettare che sino ad oggi si è cercato di attivare processi partecipativi attraverso molteplici strumenti e metodologie, si pensi ai Forum, alle Assemblee pubbliche, agli Open Space, tutti eventi che hanno in comune la mancanza di un fattore fondamentale: la continuità nel tempo. Cersosimo7 dice che tre sono le parole chiave per poter attivare e seguire il processo partecipativo: saper fare, competenza e pa-
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zienza. Per fare ciò va ripensato il concetto di tempo. Non si può attivare un processo partecipativo in funzione di un progetto e di un bando: deve essere un processo continuo, con attività diversificate che vanno dalla formazione nelle scuole primarie alla gestione dei piani strategici. L’Unione Europea ha cercato di far fronte a questi problemi con l’attuazione di numerosi programmi comunitari sul concetto di governance, di partecipazione, di democrazia. Tra questi, non ultimo, la Convenzione Europea del Paesaggio (CEP). Siglata a Firenze il 20 Ottobre 2000, la Convenzione assegna un ruolo fondamentale alla partecipazione degli attori territoriali ed alla consultazione della cittadinanza nell’individuazione e valutazione dei paesaggi e nella definizione degli obiettivi di qualità paesaggistica. Si delinea, quindi, per le politiche ambientali, territoriali e paesaggistiche un quadro nel quale la partecipazione cessa di essere una buona pratica volontaria e diviene un passaggio vincolante di ogni processo decisionale. Con la CEP cambia radicalmente il concetto di paesaggio: “tutto il territorio è paesaggio”. Se tutto è paesaggio - dice ancora la CEP - :“tutti i paesaggi devono essere tutelati, gestiti e valutati tenendo conto dei valori specifici che sono loro attribuiti dai soggetti e dalle popolazioni interessate.”8 La CEP, chiedendosi anche in quale modo questi valori possano essere attribuiti dai soggetti al paesaggio, risponde che per poter realizzare questa azione è necessario attivare processi di partecipazione e sensibilizzazione: nel comma c dell’articolo
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5 e nell’articolo 6 si afferma che per poter dare valore e identità al paesaggio è necessario “avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti nella definizione e nella realizzazione delle politiche paesaggistiche”; per poter fare questo sono necessarie delle misure specifiche quali la sensibilizzazione: “ogni parte – aggiungerei ognuno di noi – si impegna ad accrescere la sensibilizzazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità pubbliche al valore dei paesaggi, al loro ruolo e alla loro trasformazione, e si impegna a promuovere attività di formazione ed educazione”. I processi partecipativi, tuttavia, devono tener conto del fatto che: la designazione di paesaggio come “determinata parte del territorio cosi come è percepita dalle popolazioni” (CEP), è un processo e non un dato, un processo di presa di coscienza che il paesaggio è stato costruito dalle generazioni passate ed è trasformato da quelle presenti anche per quelle future; nei territori locali non si dà una identificazione stretta fra popolazioni e luoghi: si dà una molteplicità socioculturale dei luoghi dell’abitare; abitanti significa abitanti locali ma anche nuovi, residenti stabili, ma anche temporanei, ospiti, city users, presenze multietniche, giovani, anziani, ecc., con percezioni differenziate e a volte conflittuali dei valori del paesaggio.”9 Queste attività necessitano di un elemento fondamentale: la continuità nel tempo. La continuità, diventa una delle parole chiave che deve essere tenuta in considerazione nella ristrutturazione dei
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processi partecipativi. Non più processi, ma stili di vita. In questo l’attività di animazione e partecipazione che vede il GAL BaTiR come proponente di questi processi, è un’attività che va avanti da anni e che nel tempo ha contribuito a creare una coscienza critica nei cittadini del territorio di competenza. Anche in questo caso, infatti, l’assunto principale che ha guidato l’elaborazione e la realizzazione di questa proposta progettuale è stato quello di partire dalle necessità e dai fabbisogni reali espressi dalle comunità che popolano il territorio del Basso Tirreno Reggino. 1.6 L’Indagine Quantitativa L’indagine effettuata ha seguito una metodologia basata sul presupposto di rilevare e misurare le opinioni ed i punti di vista di un campione particolareggiato della popolazione locale, rappresentato dagli operatori economici del settore turistico (albergatori, gestori di B&B e agriturismi, ristoratori, ecc.). Nelle discipline sociali numerosi sono i metodi in uso per la valutazione di atteggiamenti, opinioni e grado di conoscenza della popolazione. Questionari, test, sondaggi, sono gli strumenti a cui si fa più ricorso. I risultati che ne scaturiscono, anche se impersonali, anonimi e spesso rivolti a campioni della popolazione, rappresentano dati quantitativi che permettono di avere una visione più approfondita della realtà in cui si opera, restituendoci feedback importanti a supporto di strategie di ricerca, progettazione, pianificazione. Il dato, pur non possedendo proprietà emoti-
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ve, offre un riscontro oggettivo e misurabile. Attraverso la somministrazione dei questionari, infatti, si è potuto tracciare un quadro preliminare, ma non definitivo, di opinioni e visioni di alcuni “addetti ai lavori” presenti sul territorio fondamentali per calibrare al meglio interventi e azioni da intraprendere. I risultati che ne sono scaturiti si configurano come dati di riferimento da considerare come primi passi propedeutici e sperimentali verso l’adozione di metodologie di partecipazione e d’interpretazione capaci di restituire una fotografia della realtà autentica e dalle molteplici prospettive e che, realizzate in maniera più estesa e capillare, offriranno un contributo prezioso nell’orientare efficacemente le strategie future di cui il GAL sarà garante nelle prossime programmazioni comunitarie. Per l’elaborazione del questionario e del sistema di valutazione dei risultati si è fatto riferimento alla metodologia conosciuta come scala di Likert10. Per le finalità della nostra ricerca, la scala Likert si è rivelata utile a suggerire una metodologia di valutazione ed un riferimento empirico che, opportunamente adattato alle esigenze, ha permesso di strutturare e calibrare l’indagine quantitativa effettuata nel territorio. Nella strutturazione del questionario si è proceduto alla formulazione di items funzionali, alcuni impostati seguendo la tipologia classica proposta da Likert, altri che della metodologia mutuavano il valore - score - assegnato alle cinque opzioni di risposta. Il questionario è composto da una veloce introduzione in cui si illustrano motivazioni,
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finalità e obiettivi della ricerca, i dieci Items selezionati e cinque domande a risposta libera in cui si chiede di indicare alcuni dei caratteri più rappresentativi del territorio interessato. Nelle tabelle dedicate si presentano i dieci items costitutivi del questionario sottoposti a valutazione, con il dettaglio degli score assegnati ad ogni risposta e la motivazione di base di ogni elemento della scala.
NOTE: 1
Bourdin A., Le Depot Sacrè, Cahiers Internationaux de Sociologie, vol. 81, Juillet-Décembre, 1986
2
Sereni E., Storia del paesaggio agrario italiano, Biblioteca Universale Laterza, Bari, 1991
3
Turri E., Antropologia del paesaggio italiano, Edizioni di Comunità, Milano, 1974
Cozzupoli F., Vita F.C.M (a cura di), Per la costruzione dell’Atlante del Paesaggio del Basso Tirreno Reggino – Patrimonio Culturale e Patrimonio Naturale per la valorizzazione del paesaggio, IIRITI Editore, Reggio Calabria, 2014
4
5 Baldeschi P., Territorio e paesaggio nella disciplina paesaggistica della Regione Toscana e nel PIT – relazione al seminario: Il territorio, Forme utilizzazioni garanzie, Facoltà di Architettura e di Giurisprudenza, Firenze, 15 giugno, 2007 6
Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, Reynal & Hitchcock, New York, 1943
7
Cersosimo D., Wolleb G., Economie dal basso, Un itinerario nell’Italia locale, Donzelli Editore, Roma, 2006
8
Cfr. art 6 della Convenzione Europea del Paesaggio
9 Relazione generale del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Regione Puglia adottato dalla Giunta Regionale con delibera n. 1435 del 2 agosto, 2013
Cfr. Likert, Technique for the measure of attitudes, Arch. Psycho., Vol. 22 N. 140; Cfr. M. Giordano, Osservazioni sulla Scala di Likert
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ITINERARIO
2.1 le Terrazze sul Mito Le Terrazze sul Mito è un percorso a coronamento di una serie di azioni integrate di sviluppo territoriale intraprese da anni. Il GAL BaTiR annovera numerose categorie di aziende ed associazioni operanti nel territorio della Costa Viola di Reggio Calabria e nelle aree limitrofe: cantine, aziende agricole, agriturismi, fattorie didattiche, enoteche, salumifici, botteghe artigiane, ristoranti, alberghi e B&B, aziende di ecoturismo e pescaturismo, diving e charter. La Costa Viola (così chiamata per il colore che assumono in certe ore del giorno le limpide e profonde acque del mare) si estende per circa 20 km di fronte lo Stretto di Messina e comprende cinque comuni di interesse paesaggistico: Villa San Giovanni, Scilla, Bagnara Calabra, Seminara e Palmi. A Villa San Giovanni è possibile ammirare le antiche filande, Torre Cavallo, il Castello di Altafiumara e subito a ridosso il maestoso Pilone e la Foresta di Sughera di Monte Scrisi. Quest’ultima, unitamente ai fondali di Pezzo e Cannitello (ove si riscontra la presenza di affascinanti relitti), ai fondali di Scilla e al litorale della Costa Viola (tra Favazzina e Palmi), costituiscono alcuni tra i numerosi S.I.C. (Siti di Importanza Comunitaria) della provincia di Reggio Calabria. A Scilla, l’imponente Castello Ruffo dalla “rocca” sovrasta a sud il quartiere di “Marina Grande” e a nord il pittoresco quartiere dei pescatori di Chianalea. Da non perdere le Grotte di Trèmusa a Melìa di Scilla, particolari strutture carsiche del pliocenico con le volte ri-
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vestite di fossili marini e ricche di colonne, stalattiti e stalagmiti. A Bagnara Calabra, Torre Rocchi (detta anche Torre Ruggiero) svetta sul porticciolo del quartiere “Marinella”, abitato dai pescatori e sovrastato dal Castello Emmarìta. Da Bagnara verso il territorio costiero di Seminara e fino Palmi, suggestive scogliere frastagliate, nascondono spiagge incontaminate (come Cava Janculla) e numerose grotte (come la Grotta di San Leone), sommerse e semisommerse. Seminara, a vocazione olivicolo-olearia, famosa per le sue coloratissime ceramiche artistiche (maschere, vasi ed anfore), presenta i ruderi del Castello Mezzatesta, la basilica della Madonna dei Poveri (o “Madonna Nera”) e la recente chiesetta in stile bizantino per il rito greco-ortodosso. A Palmi, il Museo etnografico condensa tradizioni, artigianato e folklore del territorio, anticipando quegli scorci di storia antica visibili presso la Torre di Taureana, la Cripta di San Fantino e l’emblematico “scoglio dell’ulivo”. Da Monte Sant’Elia di Palmi, ove si trova la “roccia del diavolo”, verso nord si domina il “bosco degli ulivi” della Piana di Gioia Tauro, mentre volgendo lo sguardo a sud si apprezzano le infinite sfumature della Costa Viola.
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1 CaStello e batteria di altaFiuMara Santa Trada, frazione di Cannitello
11 FilaNda F.lli CoGliaNdro via Pescatori, frazione di Cannitello
2 FortiNo di PuNta PeZZo lungomare Cenide, frazione di Pezzo
12 FilaNda laMoNiCa via Vittorio Emanuele II, frazione di Cannitello
3 torre CaVallo e batteria CaVallo Strada Statale 18, Santa Trada
13 FilaNda F.lli MeSSiNa Fu SilVeStro via Vittorio Emanuele II, frazione di Cannitello
4 Forte beleNo o di CaMPo Piale via Rocco Colosi, frazione di Piale
14 FilaNda roCCo MeSSiNa & FiGli via Vittorio Emanuele II, frazione di Cannitello
5 CHieSa della SaNta CroCe (o di GeSù e Maria) piazza Giovanni Paolo II, via Campidoglio, frazione di Piale
15 area SiC MoNte SCriSi Monte Scrisi
6 CHieSa della MadoNNa delle GraZie piazza Monsignor Ferro, lungomare Fata Morgana, frazione di Pezzo
16 SPiaGGia di CaNNitello frazione di Cannitello
7 CHieSa di SaNta Maria di Porto SalVo piazza Chiesa Cannitello, lungomare Fata Morgana, frazione di Cannitello 8 CHieSa del PortiCello via Fiumara, località Porticello 9 MoNuMeNto ai Caduti piazza Monumento, frazione di Cannitello 10 MoNuMeNto al PeSCatore lungomare Fata Morgana, frazione di Cannitello
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17 SPiaGGia di PortiCello località Porticello 18 il berGaMotto 19 leGGeNda e FeNoMeNo di Fata MorGaNa 20 FeSta di SaNta Maria di Porto SalVo 21 la traVerSata dello Stretto a Nuoto
VILLA SAN GIOVANNI
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LA TRAVERSATA DELLO STRETTO A NUOTO è una manifestazione che ha avuto origine il 5 settembre del 1954, quando il Commendatore Rosario Calì, Presidente dello “Sporting Club Villa” ed il Professor Mario Santoro, già presidente della “FIN” regionale, idearono la gara che, nell’arco di qualche anno, riuscì a riscuotere un enorme successo, coinvolgendo alcuni tra i migliori professionisti dell’epoca. Il Commendatore Calì, villese di nascita e milanese di adozione, osservando il breve tratto di mare che separa la Sicilia dalla Calabria, comprese immediatamente come questo specchio d’acqua, tra i più belli del Mediterraneo, potesse divenire un’importante risorsa per il territorio. Così diede il via all’importante competizione come logica conseguenza delle sue riflessioni. La tenacia e la convinzione del Commendatore portarono fin da subito, in riva allo Stretto, le più grandi firme del nuoto italiano, spinte dal desiderio di aggiungere il proprio nome nell’albo d’oro della Traversata dello Stretto. Il percorso seguito dai partecipanti ogni anno parte da Messina, precisamente da Punta Faro, per giungere fino alla costa calabrese di Villa San Giovanni.
FORTINO DI
PUNTA
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E
lungomare Cenide, frazione di Pezzo
ID CEN
PEZZO
RE MA GO LUN
Pezzo è una delle frazioni di Villa San Giovanni ed è anche il luogo in cui è visibile il fenomeno della Fata Morgana; Punta Pezzo è il suo fulcro, nonché il nucleo più antico del quartiere marinaro. Si pensa che questo sito sia quello dell’antichissimo Capo Cenide, di cui parlano Strabone e Plinio il Vecchio, indicandolo come il punto più angusto dello Stretto di Messina. Dove un tempo probabilmente sorgeva uno dei fortini della costa, oggi vi è un’area militare che ne riprende, in parte, il perimetro. Su di essa, negli Anni Cinquanta, è stato costruito un faro alto 23 metri.
IL BERGAMOTTO ORIGINE: La credenza popolare vorrebbe far derivare il bergamotto dalle Isole Canarie: Cristoforo Colombo lo avrebbe portato nella città spagnola di Berga (da qui il nome bergamotto), dalla quale sarebbe poi giunto a Reggio Calabria intorno alla fine del Quattrocento DESCRIZIONE: Il bergamotto “Citrus Bergamia Risso” è un agrume che appartiene alla famiglia delle Rutacee, genere Citrus. In Calabria viene industrialmente coltivata la specie o sottospecie detta “Vulgaris”, della quale si conoscono le tre principali cultivar: Castagnaro, Femminello e Fantastico. Caratteristiche: Il bergamotto è un albero di piccole dimensioni, con rami irregolari, che può raggiungere un’altezza massima di 3 metri; ha una chioma folta e pendente, con foglie formate da un picciolo scarsamente alato e di colore verde scuro, alterne, oblunghe, prive di peluria e ricche di ghiandole contenenti olio essenziale, fiori bianchi, di odore grato. Il fiore del bergamotto viene chiamato con il nome di zagara: dalla voce siciliana dell’arabo zagara (fiore); per questo Reggio Calabria è conosciuta anche come la “città della zagara”. Il frutto, è alquanto più piccolo di un’arancia media; la buccia è sottile, liscia, che va dal verde al color giallo limone, con il progredire della maturazione, con un peso che va dagli 80 ai 200 grammi; ha polpa acidula. L’essenza di bergamotto è oggi estratta attraverso una lavorazione di tipo industriale. I sottoprodotti provenienti dall’estrazione, vengono trattati per la produzione del succo e del pastazzo. Dai residui solidi (feccia) provenienti dalla pulizia della centrifuga si ricava il distillato di feccia. Dalle foglie e dai rami teneri del bergamotto si ottiene, per distillazione in corrente di vapore, un’essenza chiamata “petit grain”. Dalla cascola dei frutti immaturi (bergamottella), a seconda del grado di maturazione raggiunto, si ricavano: il nero di bergamotto, l’essenza di bergamottella, il distillato di bergamottella. Dai fiori, per distillazione, si produce una pregiatissima essenza chiamata Neroli. Vocazionalità del territorio e tradizione nella coltivazione del bergamotto, assieme all’elevatissima qualità del prodotto rispetto alla concorrenza di paesi esteri, all’elevato valore ambientale, paesaggistico, storico, culturale ed antropologico del sistema bergamotto-olio essenziale, al riconoscimento del marchio DOP per l’essenza, sono i punti di forza su cui investire per lo sviluppo del comparto bergamotticolo. Utilizzo: Il bergamotto è impiegato per l’ottenimento di numerosi prodotti, di cui il più importante, nonché materia prima per una serie di preparazioni, è l’essenza, che si presenta come un liquido limpido, contenente a volte un deposito solido, di colore che va dal verde al giallo verdastro, di odore fresco, gradevole e delicato che ricorda la buccia del frutto fresco. è particolarmente impiegata in profumeria, pertanto sono molto importanti le sue caratteristiche organolettiche e in modo particolare quelle olfattive. Numerosi sono gli usi del bergamotto nella medicina popolare: può essere utilizzato come antisettico, cicatrizzante delle piaghe, analgesico, vermifugo, come balsamico e battericida nelle malattie respiratorie. La pectina, estratta dall’endocarpo, viene diffusamente impiegata: nella fabbricazione delle marmellate per il suo elevato potere gelatinizzante; in farmaceutica come antidiarroico, emostatico, come antidoto all’avvelenamento da metalli e come ritardante nella somministrazione di antibiotici; in cosmetica per dare corpo alle creme di bellezza e ai saponi. Il bergamotto è molto usato come aromatizzante nell’industria dolciaria locale (gelati e torte) e in liquoreria (è famoso il bergamino). Alcuni dei prodotti a base di bergamotto sono inseriti nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali, tenuto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (liquore di bergamotto, marmellata di bergamotto, pasta di mandorla al bergamotto, sorbetto al bergamotto).
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VIA TORRE TELEGRA FO
Forte Beleno, detto anche Forte di Campo Piale, venne edificato nel 1888 nella frazione di Piale, in posizione strategica, sui resti del fortino Murat e della Torre Piraina. Il primo era stato costruito nel 1810 da Gioacchino Murat, re di Napoli, durante la sua fallimentare campagna per la conquista della Sicilia; la Torre era stata eretta nel 1550 per l’avvistamento e la difesa costiera. Tuttavia, durante il secondo conflitto mondiale subì ingenti danni a causa di un bombardamento, che danneggiò sensibilmente la parte centrale della fortificazione; oggi, infatti, sono visibili soltanto i lati nord e sud, utilizzati fino agli Anni Ottanta dalle forze armate italiane, come deposito di munizioni ed esplosivi. Smilitarizzato, il fortino, divenne deposito di automezzi sequestrati.
Forte
Beleno via Rocco Colosi, frazione di Piale
Santa Croce
EVENTI: 11 AGOSTO Festa dEi SantisSimi GESù E MARIA
piazza Giovanni Paolo II, via Campidoglio, frazione di Piale
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Chiesa di
Gesù e Maria Chiesa della
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VIA ROCCO COLOSI
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Sita a Piale, venne edificata nel 1932 in stile romanico. Sul portale d’ingresso con arco a tutto sesto e scalinata, si leva la scritta latina: “Fulget Crucis Misterium” (Risplende il Mistero della Croce), sovrastata da un rosone. A destra, arretrata, si erge la torre campanaria con monofore. L’interno è ad unica navata, col soffitto a capriate e a lacunari dipinti, mentre l’abside è coperta da una volta a botte affrescata con l’episodio del Sogno di Costantino alla battaglia di Ponte Milvio, tratto dall’opera di Giulio Romano nella Stanza di Costantino in Vaticano. Sull’altare maggiore in marmi policromi, vi è la pala d’altare raffigurante Gesù e Maria. A destra vi è un pergamo ottagonale in marmo, con ai lati Evangelisti e Santi scolpiti a rilievo, sorretto da una colonna alla quale è avvolto il serpente del male; sullo stesso lato vediamo un confessionale di legno. Sulla sinistra, l’altare della Madonna del Carmine è affiancato dal gruppo processionale di Gesù e Maria in cartone romano, con la corrispondente vara lignea.
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Chiesa della
Madonna delle
Grazie
piazza Mons. Ferro, frazione di Pezzo
L’originaria chiesa della Madonna delle Grazie, nella frazione di Pezzo, risaliva al XVIII secolo, ma l’attuale edificio è frutto di una riedificazione avvenuta intorno agli Anni Cinquanta del Novecento. Si presenta come una struttura moderna, caratterizzata da elementi architettonici geometrici. La facciata è composta da un portale con arco a tutto sesto e ante in bronzo scolpito e da alcune piccole finestre. Sulla destra si leva il campanile incorporato. All’interno, si custodiscono opere dello scultore Monteleone, tra cui finestre con vetri istoriati raffiguranti l’Annunciazione, l’Incoronazione, l’Assunzione di Maria e una statua della Madonna, attribuita all’artista napoletano Arcangelo Testa. EVENTI: 2 LUGLIO Festa di MARIA SANTIsSIMA DELLE GRAZIE
Leggenda e fenomeno della Fata Morgana Le leggende sul miraggio della Fata Morgana sono moltissime. Secondo una prima versione, che deriva dalla fantasia dei poeti che hanno descritto e tentato di spiegare questo fenomeno, la Fata Morgana, nome di origine bretone il cui significato è “fata delle acque”, induceva nei marinai visioni di fantastici castelli in aria o in terra per attirarli e quindi condurli alla morte. Ancora, nel ciclo arturiano, Morgana è sorella di Artù e nemica di Ginevra. Per la precisione era sorellastra di Artù, essendo lei figlia di Lady Igraine e del suo primo marito, Gorlois, duca di Cornovaglia, mentre Artù è figlio di Igraine e di Uther Pendragon. Come donna celtica, Morgana ereditò parte della magia della Terra di sua madre. La leggenda più diffusa in tutta l’area dello Stretto, narra che durante le invasioni barbariche, in agosto, un re barbaro giunto a Reggio Calabria, vedendo all’orizzonte la Sicilia, si domandò come poterla raggiungere, quando una donna molto bella (la Fata Morgana) fece apparire l’isola a due passi dal re conquistatore il quale si gettò in acqua, convinto di potervi arrivare con un paio di bracciate, ma l’incanto si ruppe ed egli morì affogato. Ciò può essere spiegato tramite il “fenomeno della Fata Morgana” che, in ottica, consiste in una forma complessa e insolita di miraggio che può scorgersi all’interno di una stretta fascia al di sopra dell’orizzonte. Tale manifestazione, che può essere osservata a terra o in mare, nelle regioni polari o nei deserti, distorce enormemente l’oggetto su cui agisce, tanto da renderlo insolito e irriconoscibile. Nelle mattinate invernali, infatti, dopo abbondanti precipitazioni e solo in particolari condizioni di cielo sereno, le particelle d’acqua rimaste sospese nell’aria dopo la pioggia creano come una gigantesca lente d’ingrandimento, facendo in modo che la costa siciliana appaia distante da quella calabra solo poche centinaia di metri, al punto da poterne distinguere i palazzi, mentre in realtà la distanza è di ben 3,2 km. Questo fenomeno illusorio si verifica solo sul litorale calabrese guardando la costa siciliana e mai viceversa.
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RE MA GO LUN A FAT NA RGA MO ORI CAT PES VIA
Filanda
f.lli
Cogliandro via Pescatori, frazione di Cannitello
La filanda Cogliandro si trova in prossimità della chiesa di Maria Santissima di Porto Salvo, nell’area sud della frazione di Cannitello. Originariamente comprendeva una superficie totale di circa 3500 mq, dei quali quasi 2000 coperti. Fu costruita probabilmente nel 1894, data immediatamente successiva alla stesura di un elenco della Camera di Commercio in cui la filanda dei fratelli Cogliandro fu censita per la prima volta. Il nucleo originario, danneggiato dal sisma del 1908, venne ricostruito nel 1910, con l’aggiunta di nuovi corpi di fabbrica; la documentazione del 1911 mostra l’entità dei lavori che furono necessari per la ripresa dell’attività produttiva, che all’epoca consisteva in circa settanta bacinelle. Dal 1913 al 1917 la filanda occupava in media cento persone l’anno, in attività che andavano dall’essiccazione del baco alla trattura e filatura della seta, fino alla tessitura dei drappi da esportare; infatti era una delle poche filande in cui era previsto il ciclo completo di lavorazione dei filati. Rimase in attività fino al primo dopoguerra e rientrò in funzione subito dopo il secondo conflitto mondiale, aggiungendo alla filatura anche la manifattura di prodotti. In seguito, i quattro corpi di fabbrica (essiccatoio, sala di trattura, manifatture e uffici) furono ulteriormente suddivisi e riutilizzati per attività diverse. Il corpo di fabbrica centrale (ossia quello delle manifatture) dagli Anni Settanta fino ad oggi ha ospitato attività produttive artigianali per la produzione di infissi. Il padiglione di trattura è stato interessato da numerose attività semi industriali, poi chiuse. Il padiglione degli uffici, di particolare interesse architettonico, è stato invece demolito da una ditta privata che vi ha costruito, al suo posto, una residenza alberghiera. Il padiglione dell’essiccatoio è rimasto inutilizzato per circa trent’anni, poiché, a metà degli Anni Ottanta, un grande pino marittimo cadde sull’edificio. Nel 2008 sono stati avviati i lavori di risistemazione dei padiglioni che erano rimasti integri totalmente come la trattura, o parzialmente come l’essiccatoio. Gli interventi sono stati effettuati a partire dalla rilettura dell’impianto storico (basandosi sulla ricostruzione del 1910), ricorrendo anche alla demolizione di parti estranee aggiunte nel corso degli anni, per poter restituire al complesso il suo profilo originario. All’esterno del padiglione di trattura si può ancora ammirare un interessante esempio di caldaia a vapore, ormai dismessa.
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Festa della Madonna di Porto Salvo Durante i festeggiamenti per la Madonna di Porto Salvo, che si svolgono ogni anno il secondo sabato d’agosto, si può assistere, verso sera, alla suggestiva processione a mare nella frazione di Cannitello, luogo dove ha sede l’omonima chiesa. La statua della Vergine, infatti, viene issata su una spadara su cui viaggiano il sindaco ed il parroco con al seguito la banda musicale, mentre i fedeli accendono dei falò lungo la spiaggia. Tale tradizione è legata ad un evento miracoloso, che si narra sia avvenuto intorno al 1763, quando la cittadina (così come tutta la Calabria e la Sicilia) fu colpita dalla carestia. Si racconta, infatti, che gli abitanti del vicino comune di Fiumara di Muro scesero a Cannitello e si riversarono con le barche in mare, sperando di incontrare una nave di passaggio carica di grano. Il caso volle che proprio in quel momento passasse di lì un veliero diretto a Napoli, città alla quale erano destinate le scorte; il capitano della nave, tuttavia, dopo aver ascoltato le suppliche, decise di non concedere nulla del suo carico agli uomini. I cittadini non si persero d’animo e, tornati a terra, prelevarono la statua della Madonna di Porto Salvo dalla sua chiesa e la portarono in processione; la conseguenza fu il completo calo del vento che indusse il capitano ad attraccare e a concedere alla popolazione parte del suo pregiato carico.
Chiesa di santa
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Salvo
Maria di Porto
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piazza Chiesa Cannitello, lungomare Fata Morgana, frazione di Cannitello
La cattedrale, ricostruita nel 1944 in stile romanico, gode di una facciata ricca di elementi architettonici decorativi: la struttura centrale appare delimitata da quattro grandi lesene, due per lato, che reggono la copertura a timpano, evidenziata da una doppia cornice; il portale è sormontato da un rosone. Ai lati dell’ingresso si aprono altre due porte di ingresso rettangolari, e sulla destra, arretrato, si leva il campanile cuspidato. Al suo interno sono custodite una tela del XVIII secolo raffigurante San Nicola di Bari, un quadro della Madonna di Porto Salvo dello stesso periodo, attribuito al pittore napoletano Giuseppe Tomajoli e, naturalmente, la statua lignea della Madonna di Porto Salvo. Una leggenda narra che la statua sia stata portata nella frazione di Cannitello da una nave proveniente dall’Oriente, per essere sottratta alla persecuzione iconoclasta. EVENTI: SECONDO SABATO DI AGOSTO
Festa dELLA MADONNA DI PORTO SALVO
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Realizzata nel 1862 dai fratelli Paolo e Rocco Messina fu Silvestro, già nel 1893 occupava 66 operaie, fino ad arrivare alle 125 operaie del 1945, ed era la filanda più grande di Cannitello. Nel 1898 la conduzione passò al cav. Paolo Messina; nel 1904, a suo figlio comm. Silvestro Messina e, dal 1938 fino al dopoguerra, al figlio di quest’ultimo, dott. Paolo Emilio Messina. Situata al centro del paese, è composta da un corpo di fabbrica che si sviluppa su tre livelli: il piano terra ed il primo piano sono costruiti con mattoni pieni; il secondo con travi in legno e rete metallica. Ha un grande cortile interno destinato alla sosta dei mezzi. Lo stabilimento subì numerose modifiche nel corso degli anni e, nel 1908, fu totalmente raso al suolo dal terremoto, per poi essere ripristinato grazie all’intervento degli operai mandati dal “Comitato Lombardo di Soccorso”, consentendo la piena ripresa delle lavorazioni. Secondo alcune relazioni del 1911, in quell’anno si contavano già 36 bacinelle e, nel 1926, si potè disporre di un essiccatoio modello “Bianchi” con una capacità di dodici quintali. Tra le quattro filande presenti a Cannitello, è l’unica ad essere stata ristrutturata e riutilizzata negli Anni Sessanta-Settanta: oggi, pur conservando la forma originale, ospita appartamenti ed attività commerciali.
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La Filanda Lamonica risale alla fine dell’Ottocento, mentre il locale caldaia fu costruito nel 1930; si estende su circa 700 mq di cui 300 coperti. La struttura è adiacente ad un’altra filanda (Fratelli Messina fu Silvestro) e vi si accede tramite l’ingresso di un palazzo lungo la via principale del paese. Si affaccia su un ampio cortile e, nel corpo principale, si trovano due serie di bacinelle in rame e in ghisa: la “banca vecchia”, montata alla fine dell’Ottocento, era composta da undici posti di lavoro, ciascuno costituito da due profonde bacinelle circolari, riscaldate a vapore, per la raccolta dei capofili dei bozzoli. Vi era inoltre una bacinella larga, anch’essa riscaldata a vapore, detta filatrice; la “banca nuova”: installata nei primi Anni Trenta, con quindici posti di lavoro. Infine, nel locale caldaie, se ne trova una di tipo “Cornovaglia” alimentata a carbone. Nel 1892 avvenne la conversione a vapore con l’introduzione di 24 bacinelle a vapore e con l’impiego di circa 50 operaie filatrici. Nel corso degli anni il numero delle bacinelle aumentò fino a raddoppiare ma successivamente, a causa del sisma del 1908, subì una notevole diminuzione e non fu più possibile riprendere lo stesso livello di produzione, pur essendo stati recuperati bozzoli e macchinari.
Lamonica
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Filanda
Messina VIA
via Vittorio Emanuele II, frazione di Cannitello
Filanda f.lli
La frazione di Cannitello comprende una bellissima spiaggia, d’estate molto affollata, dalla quale si gode di una vista che spazia, nelle giornate di tempo sereno, da Capo Vaticano fino alle Isole Eolie. Inoltre, la vicinissima Sicilia appare ancora più prossima alle coste calabre, grazie al Fenomeno della Fata Morgana. Sul lungomare è possibile ammirare eleganti ville e allietarsi con i locali notturni. La frazione rappresenta, altresì, un centro agrumicolo e soprattutto peschereccio, infatti sul litorale è possibile notare moltissime imbarcazioni, tra cui quelle utilizzate per la pesca del pesce spada, con la loro tipica forma allungata. Nei mesi primaverili ed estivi può accadere anche di assistere alla cattura del pesce spada.
via Vittorio Emanuele II, frazione di Cannitello
Filanda
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Messina
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Spiaggia di Cannitello La filanda Rocco Messina & figli, pur non essendo in buono stato di conservazione, si può ritenere quella che ha meglio mantenuto la struttura originaria, poiché priva di aggiunte o rifacimenti. Fu realizzata nel 1898 da Rocco Messina e dai suoi figli Silvestro e Domenico, dopo essersi diviso dal fratello Paolo Messina, di comune accordo con quest’ultimo; ha un’estensione di 2600 mq, di cui 500 coperti, e comprende un ampio cortile destinato alla sosta dei mezzi. Era dotata di un grande essiccatoio di tipo “Chiesa” con una capacità di dieci quintali. Molte donne di Cannitello, o provenienti dai paesi limitrofi, trovarono impiego come operaie presso la filanda, in particolare come addette alla “smannatura” del filo di seta dai bozzoli.
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MAR
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Porticello
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18 STRADA STATALE
1k
Il Castello Altafiumara, sito in località Santa Trada nei pressi del pilone, venne edificato dal re di Napoli Gioacchino Murat nel 1810. Muovendosi da Napoli per la conquista della Sicilia, ancora in mano borbonica e difesa dalla Marina Inglese, egli giunse a Scilla il 3 giugno 1810 e vi restò fino al 5 luglio, cioè fino a quando non fu completato il grande accampamento sul poggio panoramico di Piale, da lui scelto per la sua posizione particolarmente strategica. Nel breve periodo di permanenza in queste località, il re Gioacchino fece costruire i tre forti di Torre Cavallo, Altafiumara e Piale, con torre telegrafica. Il 26 settembre di quello stesso anno, tuttavia, constatando impresa difficile la conquista della Sicilia, in cui si era rifugiato Ferdinando IV sotto la protezione degli Inglesi, pose fine all’accampamento di Piale e ripartì per la capitale. Il Castello aveva un impianto planimetrico trapezoidale e la sua era una posizione dominante rispetto la punta sicula di Capo Peloro. Oggi è inglobato all’interno di un villaggio turistico e ciò ha fortemente alterato l’aspetto della struttura, a causa degli interventi di recupero e trasformazione in albergo, che impediscono la corretta lettura dei materiali e hanno reso difficile la possibilità di distinguere le parti antiche da quelle di nuova costruzione.
Spiaggia di
VIA F IU
La spiaggia di Porticello (u Porticeddu), luogo di villeggiatura estiva, offre la possibilità di vedere, nelle acque antistanti, il fenomeno delle correnti ascendenti e discendenti che si alternano nello Stretto di Messina, creando strani effetti sulla superficie del mare. La baia è nota anche per il rinvenimento, nel 1969, del relitto di una nave del V secolo a.C., con al suo interno anfore di fattura cartaginese e greca, lingotti di piombo, pani d’argento e frammenti di statue bronzee, tra cui la preziosa Testa del Filosofo, oggi esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. La testa fu così battezzata perché raffigura il volto di un anziaVIA ITA LIA PORT no con la fronte spaziosa, una lunga barba ed un’espressione ICELLO seria, e perché assieme ad essa furono trovati altri frammenti bronzei, costituiti dallo stesso materiale di fusione, appartenenti ad una mano e ad un mantello. A ridosso della spiaggia, sul colle Santa Trada, è collocato un imponente pilone di acciaio alto 248 metri che, in passato, sosteneva l’elettrodotto calabro - siculo, lungo 8.653 metri, che oggi passa sotto le acque dello Stretto.
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Castello
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Altafiumara Santa Trada, frazione di Cannitello
Situata sotto il pilone di Santa Trada, la Batteria Cavallo prende il nome dal promontorio sul quale insiste, indicato con il nome latino “caput valli” (capo di difesa), volgarmente abbreviato in cavallo. Oggi è raggiungibile a piedi in pochi minuti, seguendo un suggestivo sentiero sul colle Santa Trada, mentre dalla Strada Statale 18 è possibile scorgere la Torre. La fortificazione era parte del sistema difensivo e d’avvistamento costiero del XVI secolo e serviva ad allertare i cittadini, che così avevano il tempo di mettersi al riparo ed approntare la propria difesa. In seguito, i francesi fecero costruire accanto alla torre una scuderia ed un alloggio per i soldati, di cui oggi restano solo le lunghe mura perimetrali, a causa degli ingenti danni provocati dai terremoti del 1783 e del 1908. In tempi più recenti Torre Cavallo venne utilizzata, nel periodo di pesca fra la primavera e l’estate, anche per l’avvistamento del pescespada, fin quando le imbarcazioni non furono dotate di apposite passerelle in ferro. Diruta nella parte superiore, la Torre si presenta con il classico impianto a scarpata e struttura circolare con cordolo in pietra.
MONTE
Ricadente nei comuni di Villa San Giovanni e di Scilla, Monte Scrisi fa parte di un S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario), assieme ai fondali di Pezzo e di Cannitello. Le sue pendici, contraddistinte da grossi massi e ciottoli, si snodano a partire dalla foce del torrente Santa Trada fino a Punta Pacì. Questo tratto di Costa Viola è caratterizzato da acqua limpidissima, forti correnti e fondali straordinari, che custodiscono una flora ed una fauna molto interessanti per gli appassionati di immersioni. Sul monte, che ospita vaste foreste di sughera, è stata istituita una Z.P.S. (Zona di Protezione Speciale) per salvaguardare il passaggio di rapaci migratori, come prevede la Direttiva n. 409/79/CEE.
SCRISI
Torre e batteria
Cavallo
(o Forte Gioacchino) Strada Statale 18, Santa Trada
MONTE
SCRISI 51
altri beni Municipio, oggi Museo Marinaro. Raffigura un angelo con una palma in mano ed è stato realizzato dallo scultore Vincenzo Jerace. Di fronte troviamo la filanda f.lli Messina fu Silvestro.
CHIESA DEL PORTICELLO
MONUMENTO AL PESCATORE
Il monumento al Pescatore si trova sul lungomare di Cannitello, poco distante dalla chiesa di Maria Santissima di Porto Salvo e dalla Filanda f.lli Cogliandro. La statua rappresenta un’ancora stilizzata alla quale è aggrappato un giovane pescatore, che guarda verso il mare, indicando l’orizzonte.
MONUMENTO AI CADUTI
Il monumento ai Caduti, sito nella frazione di Cannitello, si trova su una piccola piazza che guarda verso il mare, adiacente al vecchio
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L’edificio, sito in prossimità della foce del torrente Santa Trada, è vicinissimo al mare, all’interno di una proprietà privata. Dall’esterno è possibile vedere solo il prospetto laterale dell’attuale chiesa restaurata, le cui pareti perimetrali sono a ridosso della spiaggia di Porticello. Un tempo faceva parte di un complesso del XVIII secolo, edificato dalla famiglia Tibaldi che vi aveva stabilito anche la propia residenza. Il complesso rimase quasi del tutto distrutto dal terremoto del 1908; solo la chiesa non subì alcun danno.
aziende e servizi
RISTORO
Ristorante Chiringuito Ristorante Boccaccio Ristorante Il Veliero Ristorante Baia Portigliola Hotel Boccaccio Altafiumara Resort & Spa
OSPITALITà
calendario degli eventi SECONDO SABATO
FESTIVITà NATALIZIE
festa della Madonna di Porto Salvo VENERDÌ SANTO
Via Crucis vivente
GEN
FEB
MAR
APR
MAG
Presepe vivente
24
2
11
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INIZIO DEL MESE
festa di San Giovanni Battista
festa di Maria SS delle Grazie
festa dei SS Gesù e Maria
festa dei SS Cosma e Damiano
festa di Maria SS del Rosario
GIU
LUG
AGO
SETT
OTT
8 festa dell’Immacolata
NOV
DIC
a
DA FINE MARZO A FINE GIUGNO
Pesca del Pesce Spada
1 METà DEL MESE
traversata dello Stretto
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9 28
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12 14 13
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SS 18
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3
23 STRADA PE RM EL I A
23 CeNtrale idroelettriCa Strada Statale 18, frazione di Favazzina
2 CaPPella della MadoNNiNa del Mare porto di Scilla
24 MuliNo di SCaNNaPorCelli frazione di Melìa
3 CHieSa della SaNta CroCe via Chiesa, frazione di Favazzina
25 Grotte di trÈMuSa frazione di Melìa
4 CHieSa di Maria SS iMMaColata piazza Matrice
26 SPiaGGia di MariNa GraNde rione di Marina Grande
5 CHieSa di SaN GioVaNNi via Nucarella, contrada Jeracari
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1 CaStello ruFFo promontorio di Scilla
6 CHieSa della MadoNNa del CarMiNe via Umberto I 7 CHieSa di SaN roCCo piazza San Rocco
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8 CHieSa di SaN GiuSePPe via Annunziata, borgo di Chianalea 9 CHieSa dello SPirito SaNto via Spirito Santo, rione di Marina Grande 10 CHieSa di SaNta Maria di Porto SalVo borgo di Chianalea 11 CaPPelletta di SaN roCCo via Libertà 12 borGo di CHiaNalea 13 PalaZZo PoNtillo via Chianalea, borgo di Chianalea 14 PalaZZo SCateGNa via Chianalea, borgo di Chianalea 15 Villa ZaGari via Annunziata, borgo di Chianalea 16 CaSa ruFFo via Annunziata, borgo di Chianalea 17 MuNiCiPio piazza San Rocco 18 FoNtaNa SaN CleMeNte via Annunziata, borgo di Chianalea 19 FoNtaNa JeraCe piazza Matrice 20 FoNtaNa ruFFo via Annunziata, borgo di Chianalea 21 MoNuMeNto al PeSCe SPada via Minasi 22 aNtiCa Cartiera via Chiesa, frazione di Favazzina
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27 il liMoNe SFuSato di FaVaZZiNa frazione di Favazzina 28 la leGGeNda di SCilla e Cariddi 29 CorPuS doMiNi 30 FeSta di SaN GiuSePPe 31 FuoCHi artiFiCiali di SaN roCCo
SCILLA
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lA LEGGENDA DI scilla e cariddi Costruita su un promontorio roccioso, Scilla è legata più alla mitologia che alla storia. Omero, nell’Odissea, narra di due orrendi mostri, Scilla e Cariddi: Cariddi rappresentava il vortice (garofalo) creato dalla corrente dello stretto di Messina, in grado di sbattere contro gli scogli le imbarcazioni di passaggio, durante le forti burrasche; Scilla era la stupenda fanciulla di cui il dio marino Glauco si era invaghito e per la quale aveva rifiutato l’amore della maga Circe, provocandone la gelosia. Quando il nume, rifiutato dalla giovane, si rivolse alla potente maga per ottenere un sortilegio in grado di attrarre a sé Scilla. La strega, maturato un odio profondo nei confronti della ninfa, decise di vendicarsi. Così la fanciulla, entrando nelle acque avvelenate, subì un’orrenda trasformazione che lasciò immutata la parte superiore, mentre la parte inferiore degenerò e dal suo inguine nacquero sei spaventose teste di feroci cani latranti, le cui bocche erano dotate di tre fila di denti appuntiti. La giovane, in preda alla disperazione, decise di nascondersi in un antro naturale sotto la scogliera presso lo Stretto di Messina, e da allora seminò terrore e distruzione tra gli incauti naviganti che oltrepassavano quel tratto di mare. La costa scillese, sempre secondo la leggenda, fu anche dimora delle Sirene, che col loro canto richiamavano e confondevano le menti dei marinai.
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MARINA MARINA GRANDE GRANDE SPIAGGIA
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GOM A RE
CRIS TOF
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La spiaggia di Scilla, conosciuta anche come spiaggia delle Sirene o spiaggia di Marina Grande, è tra i luoghi più incantevoli della Calabria, ricca di bellezze artistiche e naturali. Essa è incastonata tra le montagne poste a strapiombo sul mare, talora coperte da una verdeggiante vegetazione mediterranea con a tratti antiche coltivazioni a terrazzo. Da una parte essa è dominata dal castello dei Ruffo, dall’altra dalle rocce di “Punta Pacì”. La costa risulta caratterizzata da sabbia bianca e ghiaia e dall’acqua azzurra e limpida. Infine, le scogliere poste ai lati offrono un sicuro riparo ad una moltitudine di diverse specie di pesci ed il fondale marino, ricco di coralli, è uno dei più caratteristici di tutto il Mediterraneo.
OM BO
Inaugurata il 7 dicembre del 1752, la chiesa è situata ai piedi del rione di Marina Grande. Resistette a molti terremoti, ma non al maremoto successivo al sisma del 1873, che ne distrusse la volta e la copertura. Immediatamente restaurata, fu rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale e subito ricostruita. La mareggiata, scatenatasi nel 1980, distrusse parte della sacrestia, che non fu più riedificata. All’interno ha un’unica navata; lungo le pareti laterali sono posti quattro altari, due per lato, intervallati da lesene corinzie, sulle quali sono poste le tele raffiguranti le stazioni della Via Crucis, del XVIII secolo. Il presbiterio, rialzato rispetto alla navata, è delimitato da una balaustra in marmo bianco; sullo sfondo vi è l’altare maggiore tardo-barocco; al centro, incastonata da quattro colonne rosa con capitelli corinzi in marmo bianco di Carrara, vi è la tela raffigurante La Discesa dello Spirito Santo, di Francesco Celebrano, pittore dei Borboni, del 1799. Il pavimento è in lastre romboidali di marmo bianco e nero; al centro, un’enorme lastra bianca copre l’accesso alla cripta. Degne di nota sono le architetture lignee del coro e del pulpito e le tele poste nelle cappelle laterali, tra cui quella cinquecentesca di San Francesco di Paola, oggetto di devozione da parte della Comunità scillese.
La statua della Madonnina del Mare, anche detta Madonnina del Porto, venne commissionata nel 1953 dall’allora sindaco Antonia Paladino Brancati, allo scultore Alessandro Monteleone. La cappella in cui è situata l’opera costituisce un’insenatura naturale che fu accentuata dall’intervento dell’esercito tedesco, durante la Seconda Guerra Mondiale, al fine di creare un varco nel caso di bombardamenti. L’intervento della contessa Zagari pose fine al progetto nazista, così da salvaguardare la grotta da eventuali danni irreparabili. L’opera scultorea, realizzata in bronzo, rappresenta la Madonna, con il capo coperto da un velo, che sorregge il Bambino mentre con la mano destra benedice il popolo di Dio. La Madonnina poggia su un altare dotato di mensa e tabernacolo, in pietra lavica e marmo bianco. Alla base vi è un gradino, decorato da pezzi di marmo incollati a mosaico, su cui poggia un paliotto privo di decorazioni.
CAPPELLA DELLA
MADONNINA
CHIESA
DELLO
SPIRITO SANTO via Spirito Santo, Marina Grande
MARE
MADONNINA DEL
porto di Scilla
MARE
57
PO
VIA CHIANA LEA
Nel piccolo borgo di Chianalea, a pochi passi dal porto turistico di Scilla, sorge quest’edificio a tre piani fuori terra che risale, molto probabilmente, al XV secolo. è interessante per la ricca decorazione lapidea della facciata; ha un portale di ingresso in pietra di Siracusa e gode di un doppio ordine di balconi. Molto caratteristico è il grande scalo di alloggio per le barche sito proprio accanto alla struttura, denominato “largo Chianalea”, utilizzato dai pescatori come scivolo a mare. borgo di Chianalea
PALAZZO SCATEGNA
VIA A
RUFFO
ZIATA NNUN
La fontana, situata in via Annunziata, nel quartiere di Chianalea, risulta di epoca incerta; si ritiene sia stata costruita nel XVI secolo, per volere della famiglia Ruffo. È collocata all’interno di una nicchia, incorniciata da due semipilastri sui quali si impostano due mensole riccamente decorate che sorreggono la trabeazione. La nicchia al centro accoglie una grande conchiglia che sovrasta due stemmi gemelli, realizzati in marmo, della famiglia Ruffo.
FONTANA
via Annunziata, borgo di Chianalea
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RUFFO
ONTILLO PALAZZO
PONTILLO
borgo di Chianalea
Il palazzo è situato al centro del piccolo borgo di Chianalea e la sua costruzione risale, probabilmente, al XV secolo. Attualmente si presenta a due piani fuori terra, a causa del terremoto del 1783 che provocò il crollo dell’ultimo piano. La costruzione sorge, inoltre, accanto al grande scalo di alloggio per le barche, denominato “largo Chianalea”, utilizzato dai pescatori come scivolo a mare, dunque a pochi passi da palazzo Scategna.
ZAGARI VILLA
ZAGARI
L’edificio sorge all’interno del borgo di Chianalea. Presenta una pianta trapezoidale e delle torri merlate molto caratteristiche, di cui una angolare a sezione semiesagonale. Il portale ha un timpano a lunetta con tessere fittili policrome, sovrastato da due balconi balaustrati in pietra chiara.
via Annunziata, borgo di Chianalea
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LA FESTA DI SAN GIUSEPPE A CHIANALEA La festa di San Giuseppe è una delle più importanti di Scilla; ricorre il 19 marzo, ma i festeggiamenti si svolgono per tre giorni consecutivi. Negli ultimi anni è divenuta sempre più sobria, nel tentativo di un ritorno alle tradizioni del passato. L’obiettivo è quello di ritrovare l’antico significato delle celebrazioni liturgiche. Per tale motivo, l’intera festa si concentra soprattutto su momenti di preghiera e di ritiro, cercando di coinvolgere in modo particolare i giovani ed i papà. Nello specifico si susseguono: l’adorazione eucaristica; la celebrazione della messa animata dai padri dei bambini che hanno ricevuto il battesimo nell’ultimo anno; il ritiro quaresimale che, in serata, riunisce i giovani in un significativo momento di raccoglimento; la celebrazione della santa messa; una breve processione fino allo Scalo di Alagio, dove si svolgerà l’atto di affidamento delle famiglie al Santo protettore; infine il ritorno nella piccola chiesetta di San Giuseppe. Tuttavia, non mancano i giochi popolari, che coinvolgono i bambini, e lo spettacolo pirotecnico che conclude i festeggiamenti nelle ore serali. Tra le iniziative che negli anni hanno caratterizzato questa giornata, non si può dimenticare la gara di barche, che anima questo borgo popolato prevalentemente da pescatori.
via Annunziata, borgo di Chianalea
CHIESA
DI
SAN
EVENTI: 19 MARZO Festa di SAN GIUSEPPE a chianalea
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VIA ANNUNZIATA
Le origini della chiesa, situata a nord del borgo di Chianalea, risalgono al 1619. La costruzione della strada ferrata e il terremoto del 1908 la danneggeranno in parte. L’edificio è composto da due diverse strutture collegate: un atrio-avancorpo e la chiesa vera e propria. L’atrio - testimonianza dell’antico convento dell’Annunziata - è un vano rettangolare, con copertura a crociera, a cui si accede tramite un portale ad arco a tutto sesto in mattoncini, unico elemento decorativo della facciata non finita. Il portale di accesso alla chiesa vera e propria si trova all’inteno dell’atrio ed è un’opera del XVIII secolo, realizzata in pietra tufacea il cui colore, insolitamente bianco, lo rende simile al marmo; esso è costituito da due colonne tortili, intrecciate da fusti erbacei, con capitelli corinzi e, ai lati, due angeli che indicano l’ingresso. L’interno ha un’unica navata, conclusa da un abside semicircolare. Il pavimento, composto da lastre quadrate in pietra di Modica disposte a rombi, gode di tre aperture che consentono di ammirare gli ambienti sottostanti. Al centro della zona absidale, un gradino collega l’Altare Maggiore in marmo bianco alla Mensa Eucaristica. Due mensole decorate sorreggono la Mensa sormontata dal tabernacolo, in stile classico, il cui timpano è sorretto da due colonnette, mentre dei festoni di fiori fanno da cornice alla porticina in legno dorato. Nella parete absidale una nicchia custodisce la statua in cartapesta di San Giuseppe del 1750.
GIUSEPPE
IL LIMONE SFUSATO DI FAVAZZINA ORIGINE: Il limone (dall’arabo limun) è una pianta sempreverde della famiglia delle Rutacee originaria dell’Asia orientale, introdotta nella regione mediterranea dagli Arabi intorno all’anno Mille. La coltivazione di questo limone è antichissima; si coltiva da sempre lungo i terrazzamenti ed i pianori costieri tra Scilla e Bagnara e per le sue peculiarità organolettiche eccezionali potrebbe ritornare ad essere protagonista dell’agricoltura locale, a vantaggio delle piccole aziende che ancora operano sul territorio e degli agricoltori che vorranno recuperare questa preziosa coltivazione tradizionale. DESCRIZIONE: Lo sfusato di Favazzina deriva da una selezione naturale (o di una particolare espressione fenotipica legata all’ambiente) della varietà “Femminello Comune”, meglio conosciuto come limone rifiorente, poiché fiorisce almeno 4 volte all’anno producendo frutti caratteristici per ogni fioritura. Questo ecotipo si è ambientato nelle particolari condizioni microclimatiche e pedologiche della “Costa Viola”. Questa specie trae il suo secondo nome dalla località, nel comune di Scilla, dove viene maggiormente coltivato. è una cultivar mediamente attaccata dal mal-secco, ma è ugualmente molto produttiva e adatta alla “forzatura”. CARATTERISTICHE: La pianta presenta medio vigore, portamento assurgente ed internodi di media lunghezza. Le foglie si presentano lunghe, grandi, e acuminate. I “frutti invernali” sono di colore giallo citrino con superficie papillata; la forma è ellittica con dimensioni medie. “Flavedo” e “albedo” hanno uno spessore medio, il secondo è molto ricco di olio essenziale; il succo è abbondante e molto acido, i semi numerosi. I “Bianchetti”: il colore della buccia è giallo chiaro, leggermente rugosa con poche costole, la forma è ellittica e di medie dimensioni. La buccia è di spessore medio, così anche la presenza del succo, mentre i semi sono numerosi. I “Verdelli”: il colore della buccia è verde chiaro con superficie papillata, le dimensioni sono medie. La buccia ha uno spessore medio; mediamente presenti sono anche le quantità di succo, la percentuale di acidità, i semi. Ottima cultivar per l’elevata e costante produttività. La coltivazione è consigliata in particolare nel territorio di Scilla per le peculiari condizioni ambientali: queste aree sono sottoposte ad escursioni termiche tra giorno e notte che favoriscono la buona colorazione della buccia e l’esaltazione del profumo degli oli essenziali presenti nella stessa. Lo sfusato di Favazzina ha il suo punto di forza nella maturazione precoce che, già ai primi di settembre, consente di raccogliere un frutto verde ma dalla polpa succosa e quasi priva di semi. UTILIZZO: Dal limone sfusato di Favazzina si ottiene un succo, impiegato per la preparazione di bibite, condimenti per insalate e pesce o come composto aromatico. Il limone è usato anche per ottenere liquori locali e frutta candita.
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FUOCHI ARTIFICIALI DI SAN ROCCO I festeggiamenti in onore di San Rocco hanno luogo il sabato e la domenica che precedono il 16 agosto: nella giornata di sabato si svolge una processione per le vie dei quartieri Chianalea e Marina Grande; domenica viene organizzata una processione per le vie del quartiere San Giorgio e, a mezzanotte, si può assistere allo spettacolo dei fuochi artificiali. I famosi “Fuochi di Mezzanotte“ si possono ammirare in riva al mare ed attirano ogni anno migliaia di persone, per la loro spettacolarità ed i loro colori che si riflettono sull’acqua. Per l’occasione il porticciolo delle feluche (mezzo usato per la pesca del pesce spada), sospende le sue attività. ContemporaneaI mente, sullo sfondo, si possono scorgere altri fuochi artifiBERTO IA UM V ciali sulla costa siciliana: sono quelli del borgo di Torre Faro, che sorge sulla punta più estrema di Capo Peloro, dedicati alla DELLA Madonna della Lettera.
Dove un tempo sorgeva la chiesa di San Luigi Gonzaga, distrutta dal terremoto del 1908, venne realizzata una chiesa in legno, dono di Papa Pio X, dedicata alla Vergine del Carmine, ma la struttura venne demolita per far spazio alla realizzazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. La chiesa venne, in seguito, ricostruita a spese dello Stato. All’interno presenta un’unica navata, alla fine della quale vi sono due porte che conducono alla sagrestia, sormontate da quadri raffiguranti la Madonna con Bambino, a destra, e San Giuseppe con Gesù Bambino, a sinistra. Davanti l’altare sono collocate la statua della Madonna del Carmine e quella della Madonna del Rosario. L’edificio contiene anche: un Crocifisso processionale in legno e bronzo; un quadro raffigurante la Madonna di Pompei; un confessionale ligneo; la statua in cartapesta di San Pasquale e un quadro raffigurante la Madonna del Carmine. Sulle pareti laterali è possibile notare quadri in lamina incisa, rappresentanti le stazioni della Via Crucis. Nella parte superiore le pareti sono aperte da finestre rettangolari, mentre il pavimento è composto da lastre in marmo bianco. Il soffitto è suddiviso in tre fasce: la prima segnata da un tondo dipinto raffigurante il Sacro Cuore di Maria; la seconda da un altro tondo dipinto rappresentante il Sacro Cuore di Gesù; la terza segnata da due lampadari in vetro.
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CHIESA
MADONNA
DEL
CARMINE
via Umberto I
VIA
NO
CAR
ELL A
Dove oggi si erge la chiesa patronale di San Rocco, originariamente sorgeva quella di San Giorgio, un tempo santo patrono di Scilla, che dà il nome al principale quartiere cittadino. Verso la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, gli scillesi, scampati ad un’epidemia di peste, seppero dell’esistenza, a Venezia, delle spoglie di San Rocco, protettore contro la peste, riconoscendo in Lui il proprio salvatore e nuovo patrono. Non si hanno notizie certe circa la data di realizzazione della struttura originaria, benché la chiesa sia stata menzionata in un documento del 1599 in occasione della visita del vescovo Annibale D’Afflitto. Distrutta dal sisma del 1873 e poi da quello del 1908, l’attuale costruzione è il frutto di un restauro iniziato negli Anni Settanta e conclusosi il 16 agosto del 1990. La parte superiore della facciata è sormontata da un grande timpano decorato da un altorilievo, realizzato nel 2003 dall’artista scillese Mario Benedetto, che rappresenta San Rocco in mezzo agli appestati. Il portone d’ingresso ed i due laterali in castagno sono stati scolpiti da Rocco Focà nel 1885, anch’egli artista scillese. L’interno, in stile neoclassico, ha un’unica navata, conclusa da un abside semicircolare, decorata da disegni di forma ottagonale. Sull’altare maggiore si ammira la statua cinquecentesca del Santo, opera marmorea di Antonello Freri. Il simulacro del Santo, annualmente portato in processione, è un’opera lignea del ’700 napoletano.
CHIESA
DI
SAN
ROCCO
EVENTI: SABATO E DOMENICA SUCCESSIVI AL 16 AGOSTO Festa di SAN ROCCO
piazza San Rocco
RTà
VIA LIBE
Originariamente sorgeva nella periferia nord della città, in contrada Jeracari, ma a seguito del terremoto del 1908 fu rasa al suolo; più tardi fu ricostruita in legno, grazie a Papa Pio X, e coperta con lamiere di ferro. Tuttavia, col passare del tempo, la facciata cominciò a degradarsi, così si decise di creare un comitato per raccogliere i fondi necessari alla realizzazione dell’attuale facciata in cemento, del nuovo portone d’ingresso, e degli scalini rivestiti in marmo. L’interno è a navata unica e ai lati del portone sono poste due vetrine in legno: quella di destra custodisce la statua di San Giovanni Battista, quella di sinistra la statua di Sant’Antonio da Padova. Le pareti sono interamente in legno, prive di decorazioni, e per ciascuna vi sono cinque aperture: l’entrata laterale e quattro finestre a sinistra e l’accesso alla piccola piattaforma fungente da campanile e quattro finestre a destra. Il tetto, a spiovente, è sormontato da una croce in ferro e, come il pavimento e le pareti, la sua struttura è in legno.
VIA
ELLA NUCAR
EVENTI: 24 GIUGNO Festa di SAN GIOVANNI BATTISTA
CHIESA DI SAN
GIOVANNI
via Nucarella, contrada Jeracari
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Il quartiere di Chianalea di Scilla è certamente il più suggestivo del comune. L’elemento caratteristico è costituito dalle case costruite a ridosso del mare e della battigia fatta di rocce, tutte collegate da un’unica strada, che va dal porto fino alla Strada Statale 18. Il nome Chianalea vuol dire “Piana delle Galee”, che erano delle antiche imbarcazioni, nonché sinonimo di pesce spada, infatti questo è da sempre un quartiere di pescatori.
BORGO DI
CHIANALEA
Realizzata dallo scultore polistenese Francesco Jerace, la fontana è sita nella piazza Matrice, dove si trova la chiesa di Maria Santissima Immacolata. La nicchia entro cui è collocata la fontana vera e propria accoglie la figura di una sirena, simbolo della città di Scilla. La fontana è ricavata sotto la rampa di una scalinata e si presenta con un grande arco a tutto sesto, fiancheggiato da due semicolonne liscie.
JERACE
piazza Matrice
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FONTANA
CASTELLO
RUFFO
STR
ADA
STA TAL E
18
Sorge su un’imponente rocca che domina dall’alto Scilla. Prima di divenire la roccaforte dei Ruffo, fu il monastero che i Padri Basiliani promontorio di Scilla dedicarono a San Pancrazio, vescovo e martire di Taormina. Successivamente il Conte di Catanzaro, Pietro Ruffo, lo trasformò nell’attuale castello, facendone, nel 1533, la sua dimora. Si articola su due livelli fuori terra più uno sotterraneo, originariamente destinato alle cantine dei monaci, e in seguito divenuto carcere. Per accedere alla struttura vi è una strada molto stretta, sopraelevata e delimitata da due muretti, che conduce sino al portale d’ingresso, delineato da una cornice e sormontato dallo stemma in pietra dei Ruffo. I resti delle antiche carrucole testimoniano l’esistenza di un ponte levatoio poi sostituito, dal Conte Ruffo, con un ponte in muratura. Internamente l’ingresso è sormontato da un medaglione marmoreo con la Madonna col Bambino. Le sontuose sale ospitarono a lungo una galleria d’arte, fondata da Don Tiberio Ruffo, con numerose opere del ‘600 e del ‘700. Sulla parte destra vi è un ampio cortile, dove la Marina Militare, negli Anni Venti, fece costruire due alloggi adibiti a residenza del guardiano del faro. Ciò che affascina è il meraviglioso orizzonte scrutabile dalla rocca, segnato dalla Sicilia, dalle Isole Eolie e dal mar Tirreno. EVENTI: il castello è SPESSO sede di numerose manifestazioni artistiche e culturali, IN PARTICOLARE MOSTRE
CHIESA
DI
MARIA SS IMMACOLATA
piazza Matrice
La chiesa Matrice fu realizzata, nel IX secolo, probabilmente come “cattolica” del convento di San Pancrazio, situato sulla rocca del castello. I terremoti che colpirono l’area devastarono la basilica che, nonostante i continui rifacimenti, sorge tuttora lì dove fu edificata per la prima volta, dove si intersecano le vie di comunicazione con tutti i quartieri della città. L’attuale chiesa ha pianta a croce latina a tre navate, scandite da sedici colonne corinzie in marmo di Carrara. La navata centrale si conclude con un’abside poligonale e le due navate minori con cappelle quadrangolari. Su ciascuna delle navate laterali sono collocati sei altari minori in marmo di Carrara intarsiati, sormontati da tempietti marmorei con colonnette di Porto Venere e di Rosso di Francia. Il soffitto è realizzato con capriate in legno. La basilica custodisce: la scultura in marmo di San Pietro Apostolo, attribuita alla scuola del Bernini; la Madonna della Porta, dipinto su tavola attribuito al maestro Galatina; una statua rinascimentale dell’Immacolata, di scuola napoletana; il paliotto dell’altare maggiore in marmi policromi, anch’esso partenopeo; la Pietà e la Visione di Sant’Andrea, due tele di Giacinto Diano (1761). EVENTI: 8 DICEMBRE Festa dELL’IMMACOLATA (Novenario dal 29 NOVEMBRE)
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CORPUS DOMINI
Della struttura, costruita nel 1908 nella frazione di Favazzina, rimangono solo pochi ruderi, in particolare i muri esterni. Tuttavia, negli ultimi anni, una nuova centrale, ancora oggi in funzione, è stata edificata là dove prima sorgeva la vecchia costruzione.
Durante la celebrazione del Corpus Domini, nel mese di giugno, si contempla il miracolo della transustanziazione ovvero della trasformazione del pane e del vino che, per intervento dello Spirito Santo, diventano corpo e sangue di Cristo; ciò avviene da quando Gesù, il giovedì dell’ultima cena, sapendo che da lì a poco sarebbe stato crocifisso, decise di rimanere per sempre “vivo“, celato nell’Eucarestia. In tale occasione gli scillesi sono soliti abbellire le strade con fiori e coperte colorate, creando un continuo di colori da un capo all’altro del paese, e costruendo innumerevoli altarini, dedicati per lo più a Gesù. Nel quartiere di Chianalea, tutte le imbarcazioni da pesca vengono poste nei vicoli che scendono a mare e decorate con fiori e ghirlande. Inoltre, quando la processione procede verso il ritorno in chiesa, al tramonto, le donne illuminano e decorano le strade con le conocchie e con piccoli mazzi di gelso preparati per l’occasione.
STRADA ST ATALE 18
CENTRALE
200 m
IDROELETTRICA frazione di Favazzina
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A STR
GROTTE DA
M PER
ELÌA
Il mulino, attivo fino all’ultima guerra, è situato a Melìa, frazione di Scilla, sulla collina preaspromontana. è una struttura settecentesca, collocata lungo la strada che 4,3 collega Melìa ad Acquacalda di San km Roberto, dove è possibile notare un piccolo corso d’acqua. Non molto tempo fa, proprio qui, vennero incanalate le acque e realizzate delle fontane, oggi meta di residenti ed escursionisti, che vi si recano per far provvista d’acqua. L’alta costruzione con una parte semicilindrica prominente era la condotta forzata nella quale veniva convogliata l’acqua necessaria ad azionare la ruota a pale che, a sua volta, trasmetteva la rotazione alla macina.
TREMUSA
Le grotte di origine carsica, site a 600 metri sul livello del mare, sono ricche di stalattiti e stalagmiti. L’area, milioni di anni fa, si trovava sotto il livello del mare, ma nel corso del tempo ha subìto un sollevamento tettonico. Le grotte sono il frutto dell’azione meccanica dell’acqua, che erodendo gli strati meno resistenti già fratturati, ha dato origine alle cavità grandi e piccole oggi presenti. Nelle arenarie sono presenti numerose conchiglie fossilizzate che ricoprono le pareti della grotta.
GROTTE DI
TREMUSA
frazione di Melìa
MULINO DI
SCANNAPORCELLI
frazione di Melìa
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altri beni Bambino (1921); una statua in cartapesta di Santa Lucia (1926); tele delle stazioni della Via Crucis.
CHIESA DELLA SANTA CROCE
Nella frazione di Favazzina sorge quest’edificio di modeste dimensioni: ha facciata classica, con due lesene con capitello corinzio che sorreggono il timpano con cornice lineare. A sinistra della facciata si erge il campanile. L’edificio è a due navate: quella laterale, molto piccola rispetto alla centrale, conduce all’Altare della Santa Croce. Il tetto è a cassettoni in gesso e il pavimento è in granito rosso.
Casa Ruffo
cAPPELLETTA di San ROCCO Fu realizzata nel 1894, dall’artigiano Pasquale Catalano, per ringraziare Dio poiché Scilla era scampata al sisma, miracolo ricordato da una targa marmorea posta sulla parte superiore. Con lo sviluppo urbanistico della città, la cappella dovette essere demolita perché d’intralcio, e ricostruita più a monte esattamente com’era. Il cancello è sovrastato da una conchiglia, simbolo del pellegrino. chiesa di SanTA MARIA DI PORTO SALVO Riedificata a seguito del terremoto del 1908, la chiesa sorge al centro del quartiere di Chianalea in posizione panoramica; l’organo a canne custodito all’interno riuscì a scampare al sisma. L’accesso è preceduto da una scalinata in pietra granitica; la facciata, in stile neoclassico, è scandita da quattro paraste scanalate, poggianti su alte basi e presenta un timpano. Nella zona posteriore vi è il campanile, di forma quadrangolare. L’interno ha un’unica navata conclusa da un abside semicircolare e custodisce: una statua di Santa Teresa di Gesù
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Municipio Sorge in piazza San Rocco, su due livelli, e si fregia di un portale monumentale sormontato da un balcone e da un orologio. Al piano terra, dall’ampio atrio, parte una scala a doppia rampa, mentre al primo piano vi sono grandi terrazze laterali.
Situata a Chianalea e risalente al XIV secolo, fu la residenza dei Ruffo, restaurata nel 1533 dal principe Paolo. Con il sisma del 1783, uno dei piani crollò. Degno di nota è il portale bugnato sormontato dallo stemma nobiliare della famiglia Ruffo.
fontana di San Clemente Chiamata anche “il Canalello”, la piccola fontana, situata nel borgo di Chianalea, costituisce una fonte di acqua sorgiva che sgorga da centinaia di anni e che richiama a sé molta gente.
MONUMENTO AL PESCE SPADA All’interno del quartiere di San Giorgio, dirimpetto la scogliera, al centro di una vasca in muratura, un tempo svettava una statua bronzea riproducente un pesce spada abbracciato da un giovane pescatore, opera dell’artista reggino Pasquale Panetta. Oggi la statua è posta presso un belvedere, ed il panorama dello Stretto di Messina le fa da sfondo. Ogni anno ad agosto, nel comune di Scilla viene organizzata la sagra del pesce spada.
ANTICA CARTIERA è una vecchia costruzione ottocentesca, sita nella frazione di Favazzina, di cui rimangono solo alcuni ruderi dei muri esterni in pietra locale e fango.
aziende e servizi
RISTORO
Ristorante Ubais Ristorante La Risacca Ristorante Lo scoglio di Ulisse B&B Villa Paladino B&B Casa Vela Hotel Il Principe
OSPITALITà
AZIENDE AGRICOLE
TRASPORTI
Consorzio Armacia Servizi/Trasporti Costa Viola
calendario degli eventi
festa di San Francesco di Paola
festa di San Giuseppe
FEB
MAR
ULTIMA DOMENICA
festa della Madonna di Porto Salvo
Corpus Domini
SABATO-DOMENICA ANTECEDENTI GIORNO 16
2a DOMENICA
19
GEN
24
festa di San Giovanni Battista
APR
MAG
DA FINE MARZO A FINE GIUGNO
Pesca del Pesce Spada
8 festa dell’Immacolata
festa di San Rocco
GIU
LUG
AGO
SETT
OTT
NOV
DIC
PRIME 2 SETTIMANE
Estate Scillese
Sagra del Pesce Spada
Festa d’Autunno
Sagra della Spatola
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1 torre ruGGiero Sperone di Capo Rocchi (Porticciolo), Rione Cacilì
8 abbaZia di SaNta Maria e dei Xii aPoStoli Piazza del Popolo
15 MuNiCiPio piazza G. Matteotti
22 arMaCere (o arMaCie) località Cacciapuiu
2 CHieSa di Maria SS del roSario piazza del Rosario
9 CHieSa dei SaNti Pietro e Paolo corso Giuseppe Garibaldi
16 FoNtaNa di Garibaldi Strada Statale 18
23 SPiaGGia della MariNella
3 CHieSa di SaNta Maria di Porto SalVo piazza Santissimo Porto Salvo, Località Marinella
10 CHieSa dell’aNNuNZiata via Piacenza, frazione di Pellegrina
17 MoNuMeNto alla baGNarota piazza G. Marconi
25 lo Zibibbo
4 CHieSa del CarMiNe piazza del Carmine, Strada Statale 18
11 CHieSa di SaNta Maria deGli aNGeli via XXIV Maggio, Rione Porelli
18 aNtiCo MaCello rione Oliveto
5 CHieSa del CarMelo via Palermo, frazione di Ceramida
12 CHieSa di SaNta Maria delle GraZie via Provinciale, frazione di Solano Inferiore
19 baStioNe MarturaNo Rupe Marturano
28 la PeSCa del PeSCe SPada
6 CHieSa dell’iMMaColata Già SaN NiCola Strada Statale 18, Rione Porelli
13 CaStello eMMarita Strada Statale 18
30 le CeraMiCHe di CeraMida
7 CHieSa dei Paolotti Regione Paolotti
14 Villa de leo Strada Statale 18
20 FabbriCati rurali e FraNtoio di borGo CoVàla località Covàla
70
21 MaSSeria CaratoZZolo Strada Statale 112, Contrada Campo, Pellegrina
24 SPiaGGia e Grotta di SaN leoNe
26 la VeNdeMMia a CaCCiaPuiu 27 la baGNarota e la SaJa
29 tradiZioNi PaSQuali: l’aFFruNtata
31 il PaNe di GraNo e la SaGra a PelleGriNa
BAGNARA CALABRA
71
la Bagnarota e la Saja
MONUMENTO
La statua bronzea fu realizzata in seguito ad una petizione popolare, promossa dalla Pro Loco, per raccogliere mille firme con la finalità di far erigere, in piazza Marconi, un monumento dedicato a quest’importante figura bagnarese, poi inaugurato il 9 luglio 1997. La statua rappresenta la bellezza mediterranea, ma soprattutto la forza femminile, con mani e piedi grandi, simbolo del duro lavoro, poiché le donne di Bagnara sono famose per la loro operosità e per l’inclinazione al commercio. La donna è raffigurata a piedi nudi e con il tradizionale copricapo, costituito da un fazzoletto legato dietro la nuca, u’ muccaturi, e da un poggia pesi, a curuna, che facilitava il trasporto delle merci sulla testa.
72
BAGNAROTA
ALLA
piazza G. Marconi
TALANO VIA F. CA 50 m
Le donne di Bagnara sono famose per la loro operosità, l’inclinazione al commercio, ma anche per la loro bellezza mediterranea, semplici, energiche e fiere. Le ricorda anche un proverbio calabrese: “Vini di Scilla, zafferano di Cosenza e donne di Bagnara”. Le attività commerciali furono svolte dalle donne bagnaresi fin dai tempi più antichi, percorrendo le stesse vie, dalla costa alle colline e viceversa, sempre rispettando uno schema militaresco che prevedeva più pattuglie: le donne di punta depositavano i carichi attendendo la seconda pattuglia e così via. Le bagnarote, secondo la leggenda, potrebbero essere considerate discendenti delle Amazzoni, come le donne di Sinopoli, figure che si imposero per moltissimi anni, fino all’avvento del cristianesimo che non ammetteva il matriarcato, sebbene tale condizione non venne mai accettata dalle donne di Bagnara che ancora oggi svolgono mansioni che richiedono notevole forza, come tirare le reti e vendere il pesce. Si svegliavano dall’una alle tre del mattino, intervallo temporale chiamato scherzosamente l’ora del “vocunno” o “vò cunnu?”, frase gergale di etimologia latina, usata dalle donne nei confronti dei mariti. Con tale espressione la donna, svegliatasi prima del proprio uomo che non aveva incontrato la sera precedente, ed essendo questo l’unico momento in cui i coniugi hanno la possibilità di scambiarsi notizie, o di trascorrere del tempo insieme, gli chiede se egli ha bisogno di lei. La saja è il tipico abito indossato dalle bagnarote durante il giorno; era largamente usato fino alla prima metà del ventesimo secolo, ma ancora oggi è possibile incontrare donne vestite secondo la tradizione. Si tratta di una veste di cotonina con due ampie gonne: la saja (sopra) e la suttana (sotto). Su di essa si usava un grembiule, u faddàli, ed una camicetta arricciata al petto detta sciammìsciu.
TRADIZIONI DELLA SETTIMANA DI PASQUA: l’aFFRUNTATA
CHIESA DI MARIA SS piazza DEL ROSARIO del Rosario
300 m
VIA MARIA SS DEL ROSARIO
Si svolge ogni domenica di Pasqua e consiste in una processione con la statua del Cristo Risorto e quella di Maria che si incontrano: in questo modo la Madonna viene a sapere della resurrezione del figlio. Questa tradizione ha le sue origini nel XVII secolo, periodo della dominazione spagnola, quando i frati domenicani fondarono l’Arciconfraternita di Maria Santissima del Rosario (1632), che ancora oggi si occupa dell’organizzazione della Sacra Rappresentazione pasquale. È proprio dalla chiesa di Maria Santissima del Rosario che parte la processione con la statua del Cristo Risorto, portata dai varisti e accompagnata da una ragazza vestita di bianco, che rappresenta l’Arcangelo Gabriele. Poco dopo da qui partirà anche la statua di Maria, velata a lutto, accompagnata da quattro giovani ragazze che rappresentano le Pie Donne, e da due ragazzi nelle vesti degli Apostoli Pietro e Giovanni. La rappresentazione scenica ha luogo in piazza Morello ed inizia con le Pie Donne che trovano il Sepolcro vuoto, e con l’Arcangelo Gabriele che annuncia loro la resurrezione. Le donne si precipitano ad avvertire gli Apostoli, che a loro volta si recheranno al Sepolcro increduli, dopodiché Giovanni andrà ad annunciare la notizia alla Vergine. Quest’ultima corre verso il figlio risorto, mentre le viene tolto il velo nero, tra gli applausi dei presenti. La processione si conclude con il ritorno nella chiesa dalla quale era partita.
La chiesa odierna fu costruita nel 1910 su un edificio gotico preesistente che comprendeva una cripta, una sagrestia ed un campanile di 13 metri. Dopo il sisma del 1908 e varie alluvioni fu ricostruita con linee semplici, su progetto di Pietro De Nava, secondo le norme antisismiche. Più tardi (1948-51) furono aggiunti decori d’oro, marmi, affreschi, ed un nuovo campanile. L’edificio attuale conserva frammenti dell’antica abbazia normanna ed oggetti di valore come la tela seicentesca Giuditta e Oloferne, del pittore Paolo de Matteis, e la statua marmorea dell’Eterno Padre, che si pensa provenga dalle botteghe messinesi dove, tra il 1547 ed il 1557, lavorò il Montorsoli, scultore fiorentino che collaborò con Michelangelo Buonarroti. La statua della Madonna del Rosario risale al 1973, poiché quella antica fu distrutta da un incendio doloso ad opera di ignoti che, nel 1972, avevano tentato di rubare gli oggetti preziosi della chiesa, cercando di aprire la vetrata che li custodiva, proprio con l’aiuto delle fiamme. EVENTI: PRIMA DOMENICA DI OTTOBRE Festa di MARIA SANTISSIMA DEL ROSARIO - domenica di pasqua affruntata
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la pesca del pesce spada Il pesce spada percorre questo tratto di mare in primavera, e durante l’estate costeggia il versante siciliano dello Stretto. Questi suoi spostamenti, nel periodo della migrazione, nonché del corteggiamento e della riproduzione, favoriscono la pesca, praticata dagli ultimi giorni di marzo agli ultimi giorni di giugno, seguendo una precisa procedura: durante le ore diurne si utilizzano gli ontri, barchette piccole e leggere, dotate di una lancia (triccia); di notte le passerelle (o palamatare o spadare), barche più lunghe, che si servivano di robuste reti oggi non più in uso. Al centro delle barche vi è un alto traliccio, da cui il timoniere svolge anche il ruolo di avvistatore, mentre il fiocinatore si colloca su una passerella (che da il nome all’imbarcazione) e da qui lancia l’arpione. Questo tipo di pesca, circondata da leggende, ha una tradizione millenaria, come testimoniano i numerosi reperti dell’età fenicia utilizzati per tale pratica. La tecnica più antica prevedeva che alcune vedette si disponessero su apposite torri collocate sul promontorio, per avvistare i pesci e comunicarlo ai pescatori che si trovavano sulle barche, sventolando una bandiera bianca. I pesci venivano inseguiti da due barche: una più grande con un palo al centro (‘a ntinna) e una più piccola (luntre), con a bordo il fiocinatore. L’ontra, termine di origine greca, un tempo aveva una forma simile a quella del pescespada, con la parte esterna dello scafo di colore nero, quattro alette a cui legare i remi e l’antenna (falero, altro termine greco). CUCINA: Il pesce spada è il protagonista di molti piatti tipici della zona. Viene spesso consumato tagliato a rondelle e poi arrostito e condito con olio, aglio, sale e peperoncino. Vengono proposte, poi, altre ricette caratteristiche, come il pesce spada alla bagnarota (pisci spatu alla bagnarota), realizzato con limone, capperi, aglio, olio e pepe nero. Oppure i maccheroni col pesce spada, accompagnati da pomodorini, aglio e prezzemolo. O ancora gli spaghetti con la scuzzetta di pescespada (parte posteriore della testa del pesce), preparati con pomodoro, cipolla e basilico.
ABBAZIA
LUNGOMARE
DI
I lavori ebbero inizio nel 1085 e si protrassero per ben 32 anni, con la consacrazione dell’edificio nel 1117: questa fu ricordata come una delle cerimonie calabresi più famose dal ’600 in poi. La struttura fu distrutta e poi ricostruita, infatti l’odierna chiesa risale alla fine del 1800. Il sisma del 1908 la danneggiò, così dovette essere ricostruita la facciata con agli angoli due torrette, in stile barocco, mentre all’interno si conservò la navata con cinque cappelle per lato e furono utilizzati parzialmente gli antichi marmi. Venne ricostruita la sacrestia e fu rifatto il pavimento. Presenta, sui soffitti, affreschi di scene sacre e personaggi illustri. Custodisce, inoltre, oggetti del ’600 e del ’700, come una tela raffigurante la Madonna del Rosario, una pala d’altare con la Vergine e gli Apostoli, una tela di San Francesco d’Assisi e le statue di San Domenico e San Vincenzo. Della struttura originaria si conservano ancora oggi le fondazioni. Un frammento del XII secolo è divenuto la base dell’attuale acquasantiera, posta all’ingresso di un’altra chiesa, quella di Maria Santissima del Rosario. EVENTI: 15 AGOSTO Festa di SANTA MARIA E DEI XII APOSTOLI
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XII
SANTA MARIA
DEI APOSTOLI E
Piazza del Popolo
VIA DON GIOVANNI MINZONI scalinata 150 m
EVENTI: prima domenica di luglio Sagra del Pesce Spada
MARTURANO
Si trova sulla rupe Marturano, che divide in due l’abitato bagnarese e domina tutto il territorio. Costituisce uno degli elementi che componevano il sistema difensivo di Bagnara Calabra in epoca Medievale; per la precisione il Bastione si colloca a sud di quello che era l’antico abitato, mentre a nord vi era la Costanzella, l’altra fortificazione difensiva. Un tempo, il Castello Emmarita (o Castello Ducale Ruffo), sito lungo la Strada Satale 18, comunicava con questo sistema difensivo.
BASTIONE
MARTURANO Rupe Marturano
PORTOSALVO
CHIESA DI
SANTA MARIA DI
PORTO SALVO
piazza Santissimo Porto Salvo, Località Marinella
VIA CABOTO 100 m
La chiesa fu edificata per la prima volta nel ’700 in località Marinella, dove allora vivevano solo pochi pescatori. Il motivo della costruzione di questo edificio, dedicato a colei che è considerata la protettrice di tutti gli uomini di mare, è narrato da una leggenda. Si racconta che don Vincenzo Palumbo fosse su una barca che fu colpita da una tempesta, e che sia il sacerdote che l’equipaggio si salvarono; tale miracolo fu attribuito alla presenza sull’imbarcazione di un dipinto raffigurante la Madonna, così il parroco decise di far costruire una chiesa nel punto in cui era stata spinta la barca, per ricordare il salvataggio. Il quadro è conservato ancora oggi nell’attuale edificio, di recente costruzione. EVENTI: ULTIMA DOMENICA DI SETTEMBRE FESTA DI SANTA MARIA DI PORTO SALVO durante la festa l’effige della Santa viene portata in processione sul mare a bordo di una barca.
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La spiaggia bagnarese, stretta e lunga, è delimitata da un lato dalla foce del torrente Sfalassà, ai piedi del monte Cucuzzo, e dall’altro lato da Capo Rocchi e Torre Ruggiero. È caratterizzata da finissima sabbia bianca e da ciottoli chiari, quasi bianchi-grigiastri, in contrasto col colore scuro del promontorio alle sue spalle. La Rupe Marturano scende fino al mare e, in questo modo, divide in due parti la fascia costiera: la spiaggia a sud è quella della Marinella, che da il nome anche al quartiere che si affaccia su di essa. Il riflesso del sole e delle rocce sull’acqua del mare, donano ai fondali un colore azzurro-violaceo che ha dato a questo litorale il nome di Costa Viola.
Detta anche Torre Aragonese, si trova sullo sperone di Capo Rocchi, in Contrada Cacilì e segna il confine nord del lungomare di Bagnara, dominandolo dall’alto. Potrebbe risalire ad un periodo tra il XIII-XV secolo, come suggerisce la sua forma architettonica con base tozza e corpo slanciato. La prima testimonianza cartacea risale al 1576, quando la Torre apparteneva già a Lelio Leonardo. Tuttavia, sappiamo che questa struttura fu voluta dal Vicerè Pedro de Toledo e che fa parte del sistema di torri di osservazione e difesa dai pirati saraceni, collocate lungo la costa. Durante il periodo Borbonico, infatti, fungeva da torre di avvistamento per segnalare le flotte nemiche, in particolare quelle Turche, e veniva indicata come 32a torre della Calabria Ulteriore. La pianta dell’edificio è circolare, la base è troncoconica ed è divisa da un toro di pietra bianca dal soprastante corpo cilindrico, di sette metri di diametro.
TORRE
RUGGIERO Sperone di Capo Rocchi (Porticciolo), Rione Cacilì
SPIAGGIA DELLA
MARINELLA località Marinella
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MARE
LUNGO
SPIAGGIA E GROTTA DI
SAN LEONE
La spiaggia di San Leone (u Liuni), accanto alla quale vi è anche la Grotta di San Leone (che spesso viene impropriamente definita delle Rondini), si trova a nord dell’abitato. Questa, così come la Grotta del Monaco, poco distante, è isolata, incontaminata e raggiungibile solo dal mare, quindi per mezzo di un’imbarcazione. La costa bagnarese in quest’area è aspra e selvaggia, caratterizzata dal retrostante promontorio che, in alcuni punti, cade a picco direttamente nel mare, come accade per la punta di Capo Rocchi, che prosegue sotto il livello del mare per dieci metri, in un’area in cui i fondali si rivelano molto interessanti per gli appassionati di immersioni. Qui troviamo tunicati e poriferi come i candelabri arancioni delle axinelle e spugne arborescenti; vi sono perchie e sciarrani, che abitano piccole cavità marine, e nuvole di anthias, in particolare nei fondali vicini al porticciolo, che con la sua scogliera artificiale offre rifugio. Dopo lo sperone di Capo Rocchi si può osservare il promontorio di Gramà che è il punto di riferimento per le immersioni con le sue pareti rocLINEA DI COSTA ciose ricoperte di gorgonie rosse, spugne e tunicati, le guglie naturali e le grotte; in particolare è la grande ancora che giace ai piedi della prima dorsale di roccia che simboleggia il punto di partenza per i subacquei. Sulla spiaggia si stagliano molti altri speroni rocciosi. Dove si ha la secca, intorno ai 40 metri, è possibile osservare le paramuricee rosse, i ventagli di eunicelle, le gorgonie e le spugne. Le profondità variano dai 40 ai 60 metri, ma i meno esperti si immergono tra i 30 ed i 40 metri, dove è possibile ammirare comunque dei fondali meravigliosi, oppure alla base di Gramà, tra i 13 ed i 18 metri, zona ricca di madrepore arancioni, stelle rosse e alghe scure sulle rocce granitiche. Oltre al grande promontorio e agli speroni, vi sono due monoliti isolati a destra e a sinistra di Capo Rocchi, entrambi raggiungibili solo dai subacquei più esperti: la Pietra Grande (52-62 metri) e la Torre del Porto (50-65 metri). La prima è posta su un fondale ghiaioso, è sede di tane e anfratti e vede la presenza di cernie. La seconda è anch’essa su fondale ghiaioso ma ha pareti più lisce ed è circondata da paramuricee, formazione arborescente di colore rosso scuro. Nel complesso vi sono dei fondali sia sabbiosi che rocciosi e detritici ed i pesci che si incontrano più spesso sono le cernie e le corvine, seguite da orate, dentici e saraghi. Infine, vi è anche la Grotta delle Corvine, posta a 30 metri di profondità, che consiste in uno stretto passaggio dal quale si diramano diverse gallerie molto più piccole, ricche di vita: scorfani rossi, cernie, murene, saraghi e, sulle pareti, ventagli di paramuricee e claveline.
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Sede dell’omonima Arciconfraternita, la chiesa si trova in piazza del Carmine, da cui si può godere di una magnifica vista verso il mare. Fu edificata nel ‘600 ed eletta a Congregazione di Spirito dal Duca Carlo Ruffo nel 1683, come sede di una congregazione gestita dai Carmelitani e come ente caritatevole. Fu poi ricostruita nel 1756 e ancora in seguito al sisma del 1783. Oggi presenta una facciata in pietra di Siracusa in stile neoclassico con elementi barocchi, e una torre campanaria ultimata nel 1917. L’interno a navata unica ha le pareti scandite da colonne ioniche in gesso dipinto e stucchi dorati, realizzati dal catanese Gioachino Gianforma. Custodisce un’icona bizantina di fine ’700 raffigurante la Madonna col Bambino; la statua della Vergine del 1836, utilizzata durante le processioni; un altare neoclassico e un baldacchino dell’800. EVENTI: 16 LUGLIO FESTA DEL CARMINE Si svolge in modo tradizionale, con la processione accompagnata dalla banda, i fuochi artificiali e la fiera. CURIOSITà: Il culto della Madonna del Carmine risale al 1400 e ancora oggi la statua ha due vestiti. Uno nero indossato nel periodo della Passione e quello bianco indossato a Pasqua. piazza del Carmine, Strada Statale 18
CHIESA DEL CARMINE è la fontana più famosa di Bagnara, edificata nel 1864 in un luogo leggendario: il punto in cui si dice che Garibaldi si dissetò prima di proseguire verso nord, la notte del 24 agosto 1860, quando si riposò in casa del Capitano Romano. Il luogo coincide con l’ingresso nord dell’abitato, tra le chiese del Rosario e del Carmine. L’opera, in stile palladiano, ha tre grandi archi che indirizzano lo sguardo verso il meraviglioso panorama del Mar Tirreno.
GARIBALDI 78
Strada Statale 18
TAL E
GARIBALDI
18
FONTANA DI A STR
DA
STA
Il Castello Ducale fu costruito intorno al 1085. L’edificio aveva forma quadrata, era circondato da un doppio ordine di balestriere, tra cui erano sistemati dei cannoni, detti i 12 Apostoli, e comprendeva due maestosi appartamenti. Si accedeva tramite un ponte levatoio, alla sinistra del quale vi erano due orologi (uno solare ed uno sonante), mentre sulla vetta vi era una piramide, detta castellana, con una campana che suonava due ore dopo il tramonto, per comunicare agli abitanti che era giunta l’ora di tornare nelle proprie abitazioni. Il Castello conteneva anche Strada Statale 18 delle carceri e comunicava con due avamposti i cui ruderi CASTELLO sono ancora visibili: uno chiamato Bastione, che guarda verso il centro dell’abitato (sud-ovest), e l’altro chiamato Costanzella rivolto verso il Rione Marinella (nord-est). Prese il nome di Palazzo Ducale quando i Ruffo divennero Duchi di Bagnara. L’edificio che vediamo oggi, in posizione panoramica sulla rupe Marturano, fu ricostruito dopo il sisma del 1783, sui ruderi del palazzo preesistente. È raggiungibile tramite il ponte Caravilla, ma anche seguendo gli antichi sentieri che partono dai rioni Marinella e Canneto e giungono nella parte alta dell’abitato, cioè presso l’antico Borgo Porelli. Resistette al sisma del 1908, dopo il quale fu ristrutturato per poter essere adibito ad albergo, col nome di Castello Emmarita, poi ospitò una scuola alberghiera, ed oggi è sede di parecchie iniziative culturali come mostre e convegni, nuovamente col nome di Castello Ducale Ruffo.
EMMARITA
VILLA
DE LEO
Strada Statale 18, n. 109
La villa risale al 1921 ed è stata realizzata dall’architetto Eugenio Mollino in stile liberty, vicino al ponte Caravilla, quindi in una posizione panoramica privilegiata. La sua importanza non è rappresentata solo dal valore artistico della stessa, ma anche dal fatto che sia la prima abitazione signorile antisismica, realizzata dopo il terremoto del 1908 in Calabria, infatti le è stato attribuito il titolo di “Palazzo Liberty Antisismico”. Il palazzo si articola su tre livelli e ha degli interni straordinari, con affreschi, marmi pregiati, mosaici sul pavimento, vetrate policrome e piante molto rare nel giardino privato. CURIOSITà: il Ponte Caravilla, edificato nel 1825, anno in cui furono avviati i lavori della nuova Strada Provinciale, prese il nome dal suo progettista, ed è conosciuto per una sua particolarità: per andare dal Borgo alla Marina bisogna attraversarlo per tre volte, due sotto ed una sopra. Il ponte originario, distrutto dai bombardamenti americani, aveva una struttura in mattoni pieni, tre grandi arcate di 13 metri ed una corsia lunga 34 metri e larga 7, sia carrabile che pedonale. Quello che vediamo oggi è una ricostruzione, che mantiene ancora le tre grandi arcate.
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LA VENDEMMIA A CACCIAPUIU Cacciapuiu è la più estesa tra le aree terrazzate della Costa Viola, ma è frammentata in tanti piccoli poderi. Qui la raccolta avviene ancora oggi in modo manuale, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, usando i vigneti del luogo, tradizionalmente organizzati ad alberello o a pergola. Gli acini vengono prima riposti in piccole ceste e poi trasferiti in ceste più grandi, un tempo portate fino al paese sulle teste delle donne, oggi trasportate a mano o, in alcuni casi, utilizzando monorotaie sospese in aria, caratteristiche del luogo. In occasione della vendemmia, coloro che raccolgono l’uva organizzano la propria festa, chiamata la Festa delle Foglie che cadono: davanti la cantina, per terra, vengono disposte le foglie delle viti, che così creano un tappeto dai colori caldi, rosso e giallo; in serata vengono disposti nello stesso punto anche dei lumini, ed in quest’atmosfera caratteristica si beve il vino e si intonano dei canti.
STRADA
Con questa denominazione si indicano i muretti a secco in pietra che costituiscono i caratteristici terrazzamenti, coltivati a vigneto, che plasmano i promontori di Bagnara Calabra e dei comuni della Costa Viola; le troviamo principalmente nelle località Cacciapuiu e Granaro, dove vi sono anche colture arboree di pregio, come olivi secolari, o agrumeti. Questa meravigliosa opera conferisce all’area un aspetto unico e maestoso, e consente di coltivare la vite su pendii ripidi, resi più agevoli anche grazie alla rete di viuzze e sentieri, scalinate, ponticelli in legno, ecc. I vigneti autoctoni bagnaresi producono principalmente zibibbo, con cui si ottengono ottimi vini, ma anche la malvasia ed alcune qualità meno conosciute: l’olivella o liparota, la ruggia e la corniola. Per quanto riguarda gli alberi da frutto troviamo principalmente agrumi. Questo paesaggio un tempo era segnato da baracche di canne intrecciate o di legno, che servivano ai contadini per il ricovero degli attrezzi e come riparo dalle intemperie, oggi quasi totalmente sostituite da brutte baracche in lastre di lamiera ondulata.
STATALE 18
vino: è uno dei prodotti tipici di questa terra, frutto dei vitigni autoctoni che occupano le caratteristiche armacie, create per aumentare la superficie coltivabile. Tra gli ottimi vini, prodotti nell’area tra Scilla, Bagnara, Seminara e Palmi: il Pinot Nero; l’Alicante; il Malvasia di Scilla; il Nerello Calabrese; il bianco Costa Viola.
località Cacciapuiu
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ARMACERE (O ARMACIE)
CHIESA DELL’IMMACOLATA GIÀ
SAN NICOLA Rione Porelli
Strada Statale 18,
L’edificio era in origine dedicato a San Nicola di Bari, patrono principale di Bagnara. L’anno di costruzione può essere collocato tra il 1100 ed il 1200, considerando che il culto di San Nicola di Mira giunse in Occidente col regno di Ottone II (973-983) e che le reliquie del Santo furono portate a Bari da alcuni mercanti nel 1087, dopodiché il culto si diffuse in tutta l’Italia e molti paesi lo scelsero come proprio patrono. Il terremoto del 1783 distrusse la chiesa di San Nicola e al suo posto fu costruita la chiesa dell’Immacolata, poi danneggiata dal sisma del 1908, e restaurata negli Anni Venti. Successivamente, libri ed oggetti di notevole valore andarono perduti nell’incendio del 1929 e con il bombardamento del 1943, che distrusse anche la copertura dell’edificio. Nel dicembre del 1954, primo centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, si festeggiò la ricorrenza con l’incoronazione del simulacro della Vergine in piazza Matteotti.
LO ZIBIBBO ORIGINE: lo Zibibbo (dall’arabo zabib, uva secca) è una pianta sempreverde della famiglia delle Vitacee, introdotta dagli Arabi, o addirittura dai Fenici che avevano trovato, nelle regioni del Sud Italia, condizioni favorevoli. I primi dati riguardo la coltivazione della vite sulla Costa Viola, risalgno all’anno 1000, quando si svilupparono le comunità basiliane che ne favorirono la diffusione. Attraverso la selezione si ottenne poi un vitigno in grado di produrre uve dalla spiccata aromaticità e dal profumo inconfondibile. DESCRIZIONE: Il vitigno Zibibbo, (detto anche Moscato di Alessandria) ha foglia media, normalmente trilobata, grappolo voluminoso e oblungo, acino grosso e ovoidale a buccia spessa di colore verde tendente al giallo. Il vigneto viene condotto a livello familiare in appezzamenti di poche migliaia o centinaia di metri quadrati sui tipici terrazzamenti di Bagnara, spesso assieme a varietà autoctone poco conosciute, denominate con sinonimi dialettali di vitigni (Patri niru, Marcarisa, Chianisi, Liganti, Minna di vacca, ecc.). CARATTERISTICHE: L’uva Zibibbo matura tardivamente. È ottima per il consumo diretto e per la produzione di vino passito, poiché si presta bene a essere sottoposta all’essiccazione. Merita di essere apprezzata in tutte le sue sfaccettature, non solo per la sua grande qualità, ma anche perché prodotta da una vera e propria “agricoltura eroica”, capace di sopravvivere nei secoli in una terra arida e difficile. UTILIZZO: Il vitigno non è vinificabile per la vendita; è venduto come uva da tavola o vinificato per il solo consumo familiare, producendo il pregiato passito Zibibbo della Costa Viola, dal gusto agrodolce e dall’alta gradazione alcolica. EVENTI: settembre SAGRA DELLO ZIBIBBO - iniziativa folkloristica in occasione della quale si degustano frutti e dolci tipici, si discute della produzione del vino e dello zibibbo e si tiene la sfilata delle Majorettes per le vie del paese.
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il pane di grano e la Sagra a Pellegrina
CHIESA
VIA T
ENZA
VIA PIAC
O IZIAN
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Il primo culto della Madonna dell’Annunziata nacque in una chiesetta nei pressi della vecchia piazza Mercato e, nel 1859, fu fondata la Confraternita della Santissima Annunziata, con approvazione del Re di Napoli. L’edificio odierno, sito al centro della frazione di Pellegrina, è di nuova costruzione e viene utilizzato al posto dell’antica chiesa. La sua facciata è semplice e lineare, con motivi gotici, e alla sua destra vediamo il campanile. La piazza antistante è intitolata a Santa Barbara, nei confronti della quale a Pellegrina vi sono un culto ed una devozione molto antica; infatti nella chiesa ha sede anche la Congrega di Santa Barbara.
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EVENTI: AGOSTO SAGRA DEL PANE DI GRANO - Si svolge ormai da più di 20 anni, promossa dal comune di Bagnara per la prima volta nel 1992. è organizzata nella piazza di Maria Santissima dell’Annunziata, nella frazione di Pellegrina, e vede la preparazione di pane, pane duro e pizza, offerti a turisti ed abitanti del luogo nei tipici piatti di ceramica prodotti artigianalmente a Ceramida. Il pane è accompagnato da alimenti mediterranei semplici. L’iniziativa comprende canti e balli folkloristici e fuochi pirotecnici a fine serata.
750 m
1 SS
Il pane di grano è tipico di Bagnara e, in particolare, della frazione di Pellegrina. Viene tradizionalmente cotto nel forno a legna ed è gustato con peperoncino, origano e olio d’oliva, o viene essiccato per produrre il pane duro. La pizza, anch’essa molto rinomata, è preparata con pomodoro, olio, origano, olive nere, acciughe.
via Piacenza, frazione di Pellegrina
STRADA STATALE 18
ANNUNZIATA
DELL’
CHIESA DEL
CARMELO
VIA PALE RM O 150 m
LE CERAMICHE di ceramida
via Palermo, frazione di Ceramida
La chiesa, che si trova nella frazione di Ceramida, è un edificio in stile neoclassico edificato nel 1930 in sostituzione di quello antecedente, distrutto dal terremoto del 28 dicembre 1908. Negli ultimi anni è stata interessata da ulteriori interventi di restauro. Nella facciata il portale si presenta sotto un alto arco a tutto sesto
La ceramica è uno dei prodotti artigianali più diffusi nei territori che fecero parte dell’Antica Grecia, fin da tempi remotissimi; il termine stesso di ceramica deriva da Kerames, nome greco dell’argilla. La lavorazione usa semplicemente acqua e terra argillosa, spesso argilla bianca, ben amalgamate tra loro manualmente, senza lasciare bolle d’aria, con l’aiuto di stampi in creta o gesso per realizzare anche prodotti in serie, oppure col tornio azionato a pedale o con la corrente elettrica. I manufatti vengono lasciati ad asciugare, cotti una prima volta per far indurire il materiale, poi decorati e sottoposti alla seconda cottura che impermeabilizza il prodotto e permette la vetrificazione dello smalto. Nelle frazioni di Pellegrina e Ceramida si sono sviluppate, negli Anni Novanta, moderne fabbriche di ceramica in sostituzione delle piccole botteghe ormai scomparse. Oggi esistono due fabbriche: “la Regina” e “il Falco”, considerate tra le più importanti della Calabria, che realizzano oggetti pregiati, decorati in modo certosino secondo l’antica tradizione dei maestri artigiani. Questi prodotti vengono spesso esposti in occasione di mostre e fiere, riscuotendo grande successo e, nel corso dell’anno, sono le fabbriche stesse ad essere visitate da turisti o appassionati del settore.
sostenuto da due coppie di colonnine quadre con capitello; il portone, di poco arretrato, è sormontato da un timpano che si inserisce sulla lunetta. Tra la chiesa e gli edifici annessi svetta il bel campanile a base quadra con quattro finestre ad arco. Dalla piazza antistante è possibile godere di un magnifico panorama.
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altri beni ospita le statue dei due Santi, oltre alla statua di San Giorgio, portata fin qui dalle famiglie di cestai che da San Giorgio Morgeto si erano trasferite a Bagnara Calabra. La festa in onore dei Santi viene organizzata ogni anno il 29 giugno.
chiesa dei paolotti
trale della struttura. La fontana è posta in quella che per i mercanti era la porta della città, nonché il luogo in cui si pagava il dazio di ingresso, come dimostra la targa che riporta le tariffe per i mercanti: dieci grani per una salma di seta, tre grani per l’olio, ecc; le uniche che potevano accedere gratuitamente erano le meretrici. La fontana fu costruita nel sec. XVII dalla famiglia Ruffo che, tra gli altri titoli, aveva quello di baroni di Solano.
Detta anche della Madonna della Montagna, da il nome al quartiere in cui si trova, il Rione Paolotti, ed è collocata all’interno di un tessuto urbano molto fitto, caratterizzato da strade strette, spesso percorribili solo a piedi. L’edificio è l’unica cosa che resta di un culto che a Bagnara fu molto importante in passato, ossia quello di San Francesco di Paola, a cui in antichità fu dedicato anche un convento, attiguo alla vecchia chiesa, quello dei Frati Francescani Minimi: i Paolotti.
perpendicolari al primo elemento, definendo così uno spazio privato all’aperto, che funge da cortile di ingresso. Il prospetto opposto, visibile da grandi distanze, è meno articolato di quello principale.
RUDERI DEL FRANTOIO DI BORGO COVàLA E FABBRICATI RURALI
chiesa di santa maria degli angeli
Edificata nel 1590, assieme ad un convento francescano per volere dei Padri Cappuccini, fu ricostruita dopo il sisma del 1783, e demolita dopo il terremoto del 1908. è sormontata dalle statue di una Madonna col Bambino e di due Angeli.
Municipio
L’edificio che oggi ospita la sede municipale di Bagnara risale al periodo fascista, come rivela il suo stile razionalista e severo. Ha un ampio portico che dà sulla grande piazza antistante, ed un balcone che occupa quasi l’intera lunghezza della facciata.
Risalente al 1500, periodo in cui questo territorio ricadeva sotto l’amministrazione di Seminara, il frantoio fu motivo di disputa tra i Signori della zona. Il 10 maggio 1594 fu venduto al duca di Bagnara don Carlo Ruffo. Oggi si conserva assieme all’intero Borgo Covàla, circondato da oliveti. La struttura comprende un oleificio alimentato dalla condotta idrica, circondato da altri sei ambienti (magazzini e depositi), ma anche residenze per i lavoratori. Era stato programmato un intervento di restauro finalizzato alla creazione di un agriturismo per poter conservare e riconvertire l’edificio.
masseria caratozzolo
CHIESA DEI SANTI PIETRO E PAOLO
Edificata nel Rione Valletta dopo il sisma del 1783, fu usata come teatro fino al 1837. Oggi
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chiesa di santa maria delle grazie a solano inferiore
La sua importanza è dovuta alla presenza di un’antica fontana in pietra, su una parete perime-
ANTICO MACELLO
Sito nel Rione Oliveto, l’edificio ha un corpo centrale, con copertura a due spioventi, e due corpi laterali di altezza minore con pianta ad L,
Sita in località Pellegrina, comprende due corpi paralleli, ospitanti degli edifici per le attività agricole, ma anche le residenze per i lavoratori, caratterizzate dalla ripetizione seriale delle unità abitative. Oggi l’antico edificio è stato restaurato e viene utilizzato per varie attività.
aziende e servizi
RISTORO
Ristorante Il Pirata
OSPITALITà
Agriturismo Santa Barbara Albergo Delle Rose
calendario degli eventi 19
festa di San Giuseppe 29
DOMENICA DI PASQUA
festa dei Santi Pietro e Paolo
Affruntata
GEN
FEB
MAR
8
Palio di Bagnara
APR
MAG
DA FINE MARZO A FINE GIUGNO
Pesca del Pesce Spada
GIU
16
festa dell’Immacolata
Vendemmia
16
ULTIMA DOMENICA
1a DOMENICA
6
festa del Carmine festa di S. Maria festa di S. Maria festa di Maria SS e dei XII Apostoli di Porto Salvo del Rosario
LUG
AGO
1a DOMENICA
1a METà DEL MESE
SETT 1a DECADE
Sagra Sagra Sagra del Gelato del Pesce Spada del Pane di Grano
Sagra dell’Alalunga
OTT 1a DECADE
Festival Mia Martini
Santo Patrono San Nicola di Bari
NOV
DIC FESTIVITà NATALIZIE
i Presepi
Sagra dello Zibibbo
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SS 18 15 6
SP 8
SP PALMI-SEMI N ARA
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IO ONTEVECCH VIA P
16
6 14
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6
SP 8
1 borGo di SaNt’aNtoNio: aNtiCHe Mura via Vescovado
7 larGo teaNo largo Teano
13 CHieSa di SaNt’aNtoNio dei PiGNattari via Pontevecchio
2 baSiliCa MiNore della MadoNNa dei PoVeri via Carlo V
8 MuNiCiPio piazza Vittorio Emanuele
14 oSPedale deGli iNNoCeNti (ruderi) via Pontevecchio
3 CHieSa ColleGiata di SaN MarCo Strada Provinciale 86, corso Barlaam
9 MoNuMeNto a barlaaM da SeMiNara Strada Provinciale 86
15 CeNtro PreSeNZa aMbeSi-iMPioMbato Strada Statale 18, località Sant’Elia
4 CHieSa di SaN MiCHele largo San Michele
10 CaStello MeZZateSta (ruderi) via Belvedere
16 le CeraMiCHe di SeMiNara
5 CHieSa GreCo-ortodoSSa via Pontevecchio
11 arCo di roSìa via Rosella
18 Corteo StoriCo Carlo V
6 altare del CalVario via Calvario
12 CoNVeNto dei CaPPuCCiNi (ruderi) prolungamento via Belvedere
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17 FeSta della MadoNNa dei PoVeri
SEMINARA
87
L’edificio, di origine seicentesca, è stato ricostruito, dopo il terremoto del 1783, in stile barocco. Al suo interno è visibile una pala d’altare marmorea di scuola messinese risalente al XVI secolo, raffigurante l’Epifania o Adorazione dei Magi. Il presbiterio è decorato con bassorilievi in marmo. Vi sono conservate alcune sculture e bassorilievi del ’500, una statua lignea di San Rocco e una tela raffigurante Santa Maria delle Grazie risalente al STRADA PROVINCIALE P XVI secolo. La facciata, ristrutturata, presenta elementi ALMI -SEM INA architettonici romanico-gotici: il portale ad ogiva ha un RA bassorilievo nella lunetta; al centro del settore superiore a striscie bicolori alternate, campeggia il rosone; sotto il timpano che corona la facciata corre una finta galleria ad archetti. Sul lato destro, leggermente arretrato, si erge il campanile su tre livelli con aperture tutte ad arco sul lato frontale: il primo livello, che occupa Chiamata originariamente chiesa oltre la metà dell’altezza della torre, ha una della Madonna degli Angeli, la chiemonofora cieca; quello mediano ha due sa collegiata di San Marco fu costruita aperture accostate; al terzo livello le presumibilmente nel XVI secolo. È stata aperture sono tre. dichiarata Monumento Nazionale per le VIA N AZIO NAL pregevoli opere d’arte che contiene: la statua E della Madonna degli Angeli, in marmo con fini sculture nel basamento, opera di Antonello Gagini; il paliotto dell’Altare Maggiore, del XVIII secolo, in marmi policromi a rilievo raffiguranti La Trasfigurazione; un altro paliotto in marmo raffigurante anch’esso La Trasfigurazione, datato al XVI secolo; un altare marmoreo con tabernacolo del ’500, ornato di angeli; Puttini e i Santi Francesco e Caterina d’Alessandria, in una grande pala decorata con motivi vegetali; l’altare dell’Epifania scolpito in marmo di Carrara, probabilmente opera della scuola Siciliana, databile al XVI secolo. Vi sono anche uno stemma scolpito in marmo a bassorilievo ed un crocifisso ligneo del X secolo che, secondo alcuni storici, proviene dall’antica città di Taureana, distrutta dal terremoto del 1783. La facciata è a due ordini. Quello inferiore, tripartito da lesene, ha il portale ad arco ribassato; nelle campate laterali si aprono due nicchie vuote pure ad arco ribassato. Il comparto superiore, che si restringe rispetto a quello inferiore, è raccordato da due eleganti volute, al centro ha un finestrone rettangolare ed è coronato da un timpano che, in sommità, è sormontato dal basamento della croce, ornato da quattro ricci. Sulla sinistra si può osservare il rudere del campanile: ne rimane il piano terra e parte del primo livello; i muri si presentano con bugnato liscio di mattoni a vista.
MICHELE
CHIESA
SAN MICHELE DI
largo San Michele
VIA SAN MICHELE
CHIESA COLLEGIATA
SAN MARCO
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DI
Strada Provinciale 86, corso Barlaam
MONUMENTO A DA
SEMINARA
AM BARLA ORSO C 6 8 CIALE OVIN R P A
È un omaggio a Barlaam da Seminara (Seminara 1290 - Avignone 1348), monaco basiliano, teologo, filosofo, matematico e astronomo. Fu nominato Vescovo di Gerace da papa Clemente VI nel 1342. è riconosciuto come il massimo teologo bizantino calabrese. Per le sue straordinarie doti intellettuali e come dotto in teologia e filosofia fu chiamato verso il 1328, dal nuovo Imperatore di Costantinopoli e dal Gran Domestico Giovanni Cantacuzeno nella capitale dell’Impero Romano d’Oriente, divenendo il maggiore Teologo della Chiesa di Bisanzio. Proclamato “Maestro della Teologia” nel 1334, gli fu affidato il compito di rappresentare la Chiesa Ortodossa durante il tentativo di unione con la Chiesa Latina. In seguito, nel 1339, fu inviato in missione segretissima ad Avignone presso Papa Benedetto XII per trattare un’alleanza politico-militare tra il Papato, gli Angioini e Bisanzio. Accusato di latinofonìa, venne dichiarato eretico nel Concilio di Costantinopoli ed i suoi scritti bruciati davanti alla Porta di Santa Sofia. Barlaam si spostò, quindi, a Napoli, dove riordinò l’imponente biblioteca di Roberto d’Angiò. Conobbe Giovanni Boccaccio e successivamente, convertitosi al Cattolicesimo, a Perugia conobbe Francesco Petrarca, del quale fu insegnate di lingua greca. Su interessamento dello stesso Petrarca fu nominato Vescovo della Diocesi di Gerace, continuando a lavorare ad un’alleanza militare con Bisanzio. Morì ai primi di giugno del 1348, forse di peste.
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O NT EV E C
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BARLAAM
V
MUNICIPIO piazza Vittorio Emanuele
BARLAAM
Al suo interno custodisce quattro bassorilievi settecenteschi che formavano il basamento del monumento dedicato a Carlo V, situato nell’antica piazza dello Spirito Santo, poi distrutto dal sisma del 1783. I bassorilievi raffigurano le battaglie tra francesi e spagnoli del 1495 e del 1503, l’Entrata trionfale di Carlo V a Seminara e i festeggiamenti in suo onore. Inoltre, il palazzo custodisce due sculture granitiche del XII-XIII secolo, raffiguranti dei monaci in preghiera, provenienti dall’antica città di Seminara.
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STR ADA PR A NAR EMI MI-S PAL IALE INC OV
CASTELLO
MEZZATESTA
via Belvedere
RUDERI DEL CONVENTO DEI CAPPUCCINI prolungamento via Belvedere
CONVENTO
CAPPUCCINI
Dell’antico convento oggi possiamo vedere solo alcuni ruderi, dai quali si evince chiaramente l’originaria struttura muraria in mattoni e pietra irregolare. La Torre dell’Orologio, invece, è di nuova costruzione e contrasta fortemente con gli antichi manufatti.
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VIA BELVE DERE
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FOR C 22 ELLA 0m
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RUDERI
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20
Il palazzo, costruito tra il XVI e il XVII secolo, fu probabilmente residenza dei Duchi Spinelli. Nel 1806, dopo la loro partenza, il castello passò alla famiglia Mezzatesta, che lo riedificò sulle strutture cinquecentesche danneggiate dal terremoto del 1783. Infatti la struttura presenta una diversità di stile: la porta e il frontone centrale sono tipicamente cinquecenteschi, il resto è ottocentesco. Dell’edificio rimangono gli imponenti muri perimetrali con la facciata caratterizzata da un basamento di grossi blocchi di pietra e da un portale in granito con bugne, alcune delle quali a punta di diamante, ed un elemento decorativo posto sulla chiave di volta. Si accedeva ai piani nobiliari attraverso alcune scalinate in pietra che sono ancora, in parte, visibili. Subì gravi danneggiamenti durante il terremoto del 28 dicembre 1908 e non fu più riedificato.
DEI
POVERI
Festa della Madonna dei Poveri: la Danza dei Giganti, il Palio, i tamburini
CCH IO
TE V E
DELLA MADONNA
Strada Provinciale 86, corso Barlaam
PON
BASILICA MINORE
La chiesa è stata ricostruita dopo il terremoto del 1908 sulle rovine del vecchio santuario. Al suo interno, a pianta basilicale a tre navate con transetto e un profondo coro, si trovano alcune opere di pregio: preziosi reliquiari quattrocenteschi in argento; un fonte battesimale del ’500; la Maddalena e Madonna col Bambino; due statue di Rinaldo Bonanno del ’600; la statua lignea della Madonna dei Poveri. Secondo la tradizione popolare, la statua lignea della Madonna dei Poveri fu rinvenuta verso la metà del X secolo a Taureana, nei pressi delle rovine della chiesa di San Fantino, annerita dalle fiamme dell’ultimo saccheggio dei Saraceni. Narra la leggenda che, nonostante gli sforzi da parte delle autorità civili e religiose, non fu possibile spostare la statua che si mostrava estremamente pesante e che, al contrario, si lasciò sollevare con grande facilità dalle braccia dei più umili popolani, i quali la acclamarono, da quel momento, come la Madonna dei Poveri. La statua, per due volte, nel 1783 e nel 1908, rimase integra, nonostante i terremoti avessero distrutto totalmente la città di Seminara. V IA
8 INCIALE PROV A D A STR
M LAA BAR O S OR 6-C
EVENTI: 10-15 agosto Festa della madonna DEi pOveRI
Tra le manifestazioni popolari di Seminara, la più spettacolare è la danza dei Giganti, due fantocci di cartapesta, alti circa tre metri, portati in spalla da due uomini e fatti danzare al suono di Tamburini per le vie del paese, durante la festa della Madonna dei Poveri, (o Madonna Nera), che combina liturgia e tradizione. Il gigante nero, chiamato “Grifone”, raffigura il truce saraceno; la gigantessa “Mata”, regina locale nelle sembianze di una bella popolana, è la sua preda. La loro danza è accompagnata da altri due fantocci: un cavallo ed un cammello, di origine araba, che nella mitologia antica raffigurerebbero i fondatori della città di Messina. I Giganti, simbolo di libertà, vennero adottati in molte città siciliane e calabresi vittime di devastazioni saracene. In occasione della stessa festa viene usato il Palio, un drappo di seta azzurra issato su un asta di 6 metri, che viene fatto volteggiare nelle piazze al ritmo dei tamburi. Quello di portare il drappo è un privilegio secolare di una famiglia seminarese. Il Palio era il simbolo dell’autonomia di Seminara, tuttavia le sue origini sono toscane, infatti Seminara aveva creato, grazie al commercio della seta, un legame con Siena e Firenze, dove da tempo remoto si praticava I’usanza del Palio. Furono alcuni commercianti di seta toscani che portarono a Seminara I’uso dello sbandieramento. I Tamburini sono un adattamento povero di usi medievali e rinascimentali. Con essi il popolo imita, a modo suo, le ricche sfilate, multicolori e sfarzose, dei Tamburini delle città del Nord. Nell’intento di arricchire il modesto quadro, I’ingegno popolare ha preso in prestito qualche elemento del folklore di Napoli, come la figura del “capo tamburo”.
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ROSìA
È una struttura che faceva parte dei contrafforti a semiarco delle antiche mura fortificate della città di Seminara, sopravvissute al terribile terremoto del 1783. Nei pressi dei resti dell’Arco, che risale al X-XI secolo, si apriva una delle porte della città, da cui partiva la strada che portava a Palmi e quindi alla costa. Anche oggi la sua posizione è prossima all’attuale ingresso di Seminara ed è facilmente raggiungibile, a due passi dal borgo di Sant’Antonio.
ARCO DI ROSìA via Rosella
LL A OSE VIA R 180 m
Corteo Storico Carlo V Si tratta della rappresentazione di un evento storico avvenuto nel novembre del 1535: l’ingresso di Carlo V a Seminara, allora città più popolosa e ricca della Calabria Ultra, dopo aver vinto contro i pirati saraceni. Si narra che l’Imperatore fu accolto trionfalmente col suono delle campane a festa, accompagnato dai baroni e dal clero, e l’odierna manifestazione vuole creare un intreccio tra storia, orgoglio e tradizioni, per stimolare la conoscenza del glorioso passato della città di Seminara e tramandarlo alle nuove generazioni. Questa rappresentazione rievocativa, che si tiene fin dal 1995, vede la partecipazione di circa 200 figuranti vestiti con i costumi d’epoca, tra cui vi sono coloro che rappresentano la Corte Imperiale, ed è ormai parte integrante del Ferragosto seminarese, assieme alla processione della Madonna dei Poveri, allo sventolio del Palio, al giro dei Giganti e dei tamburi. Il Corteo parte dal borgo di Sant’Antonio, l’originario punto di arrivo dell’imperatore, per proseguire lungo le strade cittadine fino a piazza Vittorio Emanuele, dove si svolge uno spettacolo che farà rivivere i fasti e la magia dell’epoca rinascimentale. Carlo V quando venne a Seminara aveva 35 anni e ricambiò I’accoglienza ricevuta emettendo, a favore dei cittadini, ben 220 decreti di privilegi e donando alla città lo Stemma Araldico del ramo spagnolo della sua famiglia, I’unico esistente in Italia, che si può ammirare nella chiesa di Sant’Antonio dei Pignattari. L’avvenimento è ricordato da una lapide incisa in latino sulla facciata della chiesa dello Spirito Santo e da un bassorilievo del monumento al duca Spinelli, oggi conservato nel palazzo municipale.
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Costruito tra il 1400 e il 1450, si trova subito fuori le antiche mura della città. Nel XV secolo era uno degli ospedali più importanti della Provincia Reggina ed il più antico della Calabria Ultra. Si pensa che vi siano stati curati i soldati feriti nella Battaglia della Figurella, primo scontro tra Angioini e Aragonesi per la conquista del Regno di Napoli, avvenuto il 21 giugno del 1495. Oggi si presenta complessivamente in discreto stato, poiché è stato restaurato di recente.
VI A
V
BORGO DI SANT’ANTONIO:
innocenti VIA PON TEVE CCHI O
via Pontevecchio
E SC OVA DO
ruderi dell’ospedale degli innocenti
ANTICHE MURA via Vescovado
La città di Seminara, nata probabimente tra il VII e l’VIII secolo, sorgeva su un’altura, era protetta da una cinta muraria fortificata, dotata di quattro porte turrite e di un castello, ed era un importante crocevia militare. è considerata la fortezza più imponente della Calabria tirrenica meridionale del Medioevo. Alcune porzioni della cinta muraria esistono ancora oggi e circondano la zona dell’antico borgo di Sant’Antonio. EVENTI: 11 agosto corteo storico carlo v
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CHIESA DI SANT’ANTONIO DEI
PIGNATTARi
via Pontevecchio
è ubicata nella parte bassa del centro abitato, vicino alla chiesa di Sant’Antonio dei Pignattari. Si presenta come un classico modello di arte sacra bizantina, pur essendo di recente costruzione. Ha la tipica planimetria a croce, con il braccio d’ingresso più lungo degli altri, e con un tamburo centrale sovrastato da un tetto conico. All’esterno è ornata da giochi di tegole e mattoni, mentre all’interno le pareti sono state affrescate con colori vivaci, nel classico stile bizantino, con immagini di Cristo e dei Santi, da un artista fatto venire appositamente dalla Grecia. Il campanile è pure degno di nota: staccato dall’aula liturgica, si sviluppa su tre piani a base quadrata che si restringono ad ogni livello, come viene evidenziato dalle coperture perimetrali a coppi; le aperture, su ogni lato e piano, sono ad arco, quelle del secondo sono munite di bifore, nella cella campanaria sono a giorno; sovrapposta a quest’ultima una cupoletta con copertura a calotta, ad imitazione della cupola maggiore, completa l’opera.
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CHIO EVEC T N PO VIA
30 m
In contrada Borgo, lungo la strada per Taurianova, troviamo la chiesa che si affaccia sulla piazza che ospita il monumento a Leonzio Pilato. La facciata, di gusto semplice, è abbellita da un altorilievo posto sopra il portale d’ingresso. Due nicchie laterali accolgono altrettanti vasi scolpiti. L’edificio principale, affiancato dalla torre campanaria a base quadrata e tetto cuspidato, presenta due aperture ad occhio come quella sopra il portale, al centro della facciata. Le finestre della cella campanaria sono ad arco a tutto sesto. L’interno ospita un’acquasantiera del ’500, lo stemma imperiale di Carlo V e varie opere e sculture, tra cui la statua di Santa Maria dei Miracoli, raffigurante la Vergine col Bambino, di probabile scuola Gaginiana, risalente al XVI secolo. Nella piazza antistante, il monumento a Leonzio Pilato prende posto sopra un piedistallo di pietra a vista. Leonzio Pilato, erudito calabrese, fu scolaro di Barlaam. Nel 1360, Boccaccio lo fece andare a Firenze dove, primo maestro pubblico di greco, insegnò per tre anni, ascoltato anche dallo stesso Boccaccio. Tradusse in latino l’Iliade e l’Odissea. Morì per naufragio, di ritorno dalla Grecia, intorno al 1365.
CHIESA
GRECO-ORTODOSSA
via Pontevecchio
LE CERAMICHE di seminara Nel panorama della lavorazione della terracotta in Calabria, Seminara rappresenta I’optimum per il suo genere di produzione, caratterizzato da forme originali, per certi versi bizzarre, e dalla vivacità dei colori. Seminara rappresenta un vero centro d’arte, i “maestri pignattari” lavorano I’argilla ancora secondo la più antica tradizione con pochi strumenti e molta fantasia. Le loro mani plasmano con gesti rapidi e sicuri le forme più estrose: maschere, fiasche, borracce modellate a forma di tarallo, di colomba, di riccio, di pesce o di paladino, di gendarme o di re che nell’irriverente gergo dialettale si chiamano “babbuini” o “babbaluti” e poi ancora utensili, ancore e vasi. Proprio perché modellato “a mano” ogni pezzo è “unicum” con evidente qualità rispetto alla produzione in serie. I colori e gli ornamenti richiamano antiche leggende, rituali magici ed allegorie. Le tradizioni della ceramica seminarese affondano le loro radici nella storia della Calabria, in particolar modo nel periodo magno-greco. L’indubbia grecità di Seminara ha influenzato non solo la cultura, la storia ma anche I’artigianato, infatti, è possibile riconoscere nelle forme delle cortare, o maschere seminaresi, i tratti tipici dello stile ellenico. Inoltre, la ricchezza di materia prima presente sul territorio della cittadina, ha sicuramente favorito lo sviluppo della lavorazione dell’argilla, poiché la creta, sia rossa che bianca, era presente in grandi quantità nelle contrade Sant’Antonio e Ponte Vecchio; allo stesso modo anche la vetrina e la silice, elementi essenziali per comporre smalti e ossidi, potevano essere reperite a Seminara o in altre aree della Calabria (Gambarie e Tropea). Gli artigiani lavoravano e mescolavano quanto il territorio offriva, con sapiente e antica maestria, ricreando i colori classici della tradizione (verde, giallo e blu) e riproducendo quelle forme tramandate loro dai padri. Ancora oggi, all’interno delle antiche botteghe artigiane di Seminara, è possibile trovare gli attrezzi che in passato erano utilizzati per compiere tutta quella serie di operazioni necessarie alla realizzazione dei manufatti. Di estremo interesse e bellezza è il forno per la cottura della ceramica: esso ha forma di pozzo, ed è diviso in due livelli di cui il primo, in basso, costituisce la camera da fuoco, collegata con dei fori al secondo livello, adibito a camera di cottura. Le dimensioni del forno variavano da bottega a bottega, ma non superavano mai i 2 metri di profondità e 1,80 metri di diametro, e I’impianto era costituito da mattoni di terracotta legati insieme da una miscela d’argilla e terra chiamata “maddu”. Il combustibile utilizzato nella fornace era composto da legna (castagno e olivo) e sansa; alcuni artigiani facevano uso anche dei tralci della vite. Le ceramiche seminaresi possono essere suddivise in due grandi categorie: la prima è quella degli utensili alla quale appartengono tutti gli oggetti d’uso quotidiano (bicchieri, piatti, tegole, bombole ecc.); la seconda è quella degli oggetti artistici che hanno un significato popolare-animistico-religioso. A questa categoria appartengono: i babbaluti, bottiglie antropomorfe di varia grandezza munite di un manico nella parte posteriore, che simboleggiano il sesso maschile; la flaskokrùkella, bottiglie a forma di ciambella, che oltre a simboleggiare il sesso femminile, rivestono anche una funzione pratica e cioè quella di mantenere freschi più a lungo i liquidi contenuti, una volta esposti all’aria o immersi nelle acque dei ruscelli; le maschere apotropaiche, dall’aspetto orrido e grottesco, concepite per tenere lontani gli spiriti del male che, nel credo popolare, si materializzano negli invidiosi portatori di malocchio, nel diavolo, negli spiritelli dei campi maligni e burloni. Infine, tra gli innumerevoli prodotti dell’arte ceramica vanno annoverati: il caratteristico “riccio”, una strana bottiglia panciuta e irta di punte; le “lumiere” a olio, di chiara ispirazione cristiana, così come le bottiglie a forma di pesce o di colomba; la fiaschetta “a barilotto”, che il contadino portava legata alla cintura; boccali con ornati a rilievo (cuccumi); vasi da fiore (graste); brocche con becco (bumbuleji).
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altri beni ed il monumento ai Caduti. L’Obelisco fu edificato nel X secolo con l’arrivo dei monaci basiliani, che seguivano i precetti di San Basilio Magno; costituisce una rara memoria storica dell’antica Seminara, passato indenne attraverso i vari terremoti che distrussero molte altre costruzioni. Le fonti storiche riportano che, durante il terremoto del 1783 l’Obelisco, pur girando su sé stesso di 360 gradi, rimase in piedi. Anticamente era posto dentro il monastero imperiale dei Santi Elia e Filarete, distrutto dal terremoto del 1693.
ALTARE DEL CALVARIO
è sito lungo via Calvario, poco dopo la sua diramazione dalla via principale, posto in modo che, essendo la strada in salita, fosse visibile da una discreta distanza. L’edicola, alla fine di una breve scalinata, consta di tre nicchie con bassorilievi di scene della Sacra Scrittura. Il piccolo tempio è caratterizzato dai tre timpani gotici con croci e da colonnine terminanti a cono.
Largo Teano
Consiste in uno slargo posto in prossimità del centro della città, che ospita l’Obelisco basiliano
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CENTRO PRESENZA AMBESI-IMPIOMBATO
Si tratta di una struttura composta da una costruzione rurale d’epoca circondata da un vasto parco, all’interno del quale è presente un campo da calcio, un’area pic-nic, un chiosco bar, una chiesetta, un ampio parco giochi, panchine, sentieri e un largo affaccio da cui si gode dello splendido panorama dello Stretto di Messina e della Costa Viola. Si tratta di un’area privata ma aperta al pubblico.
aziende e servizi
RISTORO
ARTIGIANATO
Agriturismo L’Antico Carro
TIPICO
Bottega Ceramiche Ditto Bottega Ceramiche Ferraro Bottega Ceramiche Condurso
calendario degli eventi
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SS 18
27 Villa di leoNida rePaCi via Petrosa
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28 CaSa oliVa via Petrosa
9
29 teatro all’aPerto contrada Marinella
5 18
30 aFFaCCio della Motta via Stazione 31 aFFaCCio di SaNt’elia contrada Sant’Elia 32 belVedere GiuSePPe SaFFioti viale B. Buozzi 33 belVedere di Via de SalVo via De Salvo
1 CoNCattedrale di SaN NiCola VeSCoVo via Cesare Battisti
10 CHieSa di SaN FaNtiNo largo Conte Pietro Antonio Spinelli, contrada San Fantino
2 SaNtuario del CarMelo via Santa Teresa del Bambin Gesù
11 CHieSetta di SaN MarCo località Tonnara, lungomare Costa Viola
19 FoNte di SaN roCCo piazzetta San Rocco
3 CHieSa di Maria SS del SoCCorSo piazzetta del Soccorso
12 CHieSa del SS CroCiFiSSo via Rosselli, piazza dell'Annunziata
20 FoNtaNa Muta viale B. Buozzi
4 CHieSa di Maria SS del roSario (o SaN FraNCeSCo) via Concordato
13 PalaZZo SuriaNo corso G. Garibaldi
21 FoNtaNa della PalMa piazza G. Amendola
5 CHieSa dell’iMMaColata e di SaN roCCo piazzetta San Rocco
14 PalaZZo CaStellaNo largo Armando Zagari
22 MoNuMeNto a SaN FraNCeSCo viale B. Buozzi
6 CHieSa dell’adoraZioNe (o dell’oratorio) via Antonio Gramsci, n˚44
15 PalaZZo CordoPatri piazza Cavour
23 MoNuMeNto ai Caduti via Roma
7 CHieSa della MadoNNa dell’altoMare località Taureana, piazza San Fantino
16 PalaZZo SaN NiCola (MuNiCiPio) piazzale Municipio
24 CHieSetta di SaNt’elia contrada Sant’Elia
8 CHieSetta di SaN GiuSePPe viale Stazione
17 Villa CoMuNale GiuSePPe MaZZiNi largo Armando Zagari
25 ParCo arCHeoloGiCo dei taureaNi località Taureana
43 FeSta del SaCro CaPello e di Maria SS della lettera
9 CHieSa della SaNta FaMiGlia Strada Statale 18
18 MauSoleo di FraNCeSCo Cilea piazza Sottotenente Livio Pentimalli
26 FortiNo di PietreNere lungomare Donna Canfora
44 FeSta della Varia
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34 MoNte SaNt’elia contrada Sant’Elia 35 CoSta Viola 36 SPiaGGia di PietreNere lungomare Donna Canfora 37 SPiaGGia della MariNella contrada Marinella 38 SPiaGGia della toNNara lungomare Costa Viola 39 l’oliVo 40 la leGGeNda di doNNa CaNFora 41 la leGGeNda del Volo del diaVolo 42 la leGGeNda di draGut raiS
PALMI
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MONTE SANT’ELIA Nel territorio di Palmi è presente parte del S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario), dal nome “Costa Viola e Monte Sant’Elia”, che si estende anche ai comuni di Bagnara Calabra e Scilla. Il Monte Sant’Elia costituisce una propaggine occidentale del massiccio dell’Aspromonte i cui versanti degradano rapidamente verso il mare. La pendenza del massiccio, formato da rocce intrusive e metamorfiche, è interrotta a diverse altezze da pianori (terrazzi marini) particolarmente sviluppati alle quote comprese tra i 400 ed i 600 metri sul livello del mare. Gli impatti negativi sul S.I.C. sono rappresentati dall’elevato livello di urbanizzazione, dalla presenza di strade, infrastrutture turistiche e coltivazioni.
LA Leggenda del volo del Diavolo Si narra che un giorno frate Elia si trovasse in solitaria meditazione sul Monte Sant’Elia, che domina la cittadina di Palmi, quando gli si accostò un uomo con un grosso sacco sulle spalle. Il monaco gli chiese che cosa portasse in quel sacco e l’uomo, dal viso nero, lo aprì e ne estrasse un mucchio di monete d’argento, dicendogli di averle scoperte in un casolare abbandonato e di essere disposto a dividerle con lui. Il frate prese le monete e cominciò a lanciarle lungo la china: a mano a mano che rotolavano, esse si tramutavano in pietre nere, di quelle che si vedono ancora oggi sul luogo. Contrariato, l’uomo (che si rivelò essere il diavolo) balzò in piedi e dalle sue spalle si aprirono due grandi ali nere di pipistrello, con le quali egli si alzò in volo, lasciando su un grosso masso le sue impronte, ancora oggi visibili. Poi il demone planò sul mare e vi si tuffò, sprofondando in esso. Le acque gorgogliarono e schiumarono, si elevò un’alta nuvola, e quando questa si fu dileguata, sul mare si delineò un isolotto a forma di cono, dal cui vertice incavato uscivano lingue di fuoco e fumo. Era lo Stromboli e sotto di esso c’era il demonio imprigionato che soffiava fiamme e tuoni.
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AFFACCIO DI SANT’ELIA è costituito da una comoda piazza su più livelli, da cui si gode la spettacolare vista dello Stretto di Messina, del costone del Monte Sant’Elia che scende fino all’abitato di Palmi, della Piana di Gioia Tauro con il suo porto terminal container, primo per transhipment di tutto il Mediterraneo, e di tutta la costa fino a Capo Vaticano, oltre che della parte nord-orientale della Sicilia e delle isole Eolie. Le tre croci, rappresentanti il Calvario, sono un punto di riferimento per la sottostante comunità palmese.
chiesETTA di
sant’elia
La chiesa sorge sulla sommità dell’omonimo Monte. Nell’XI secolo, alcuni monaci basiliani costruirono l’abbazia dedicata a Sant’Elia Juniore sulla cima del Monte allora chiamato Aulinas. Tale chiesa fu l’unica che superò la distruzione di Palmi, nel XVI secolo, ad opera dei pirati saraceni. L’abbazia fu distrutta dal terremoto del 1783 e, su quei ruderi, nel 1804 venne costruita una chiesetta, distrutta a sua volta nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Ricostruita nuovamente, ad oggi appare in tutta la sua semplicità, anche grazie al restauro finanziato dall’Azienda Scopelliti 1887. L’interno, a navata unica, ospita, in una nicchia posta dietro l’altare maggiore, la statua di Sant’Elia Juniore e, in una nicchia nel lato destro, una statua della Madonna della Montagna.
sant’elia
EVENTI: penultima domenica di luglio festa di sant’Elia profeta è una festa molto antica e prevede le funzioni religiose, la sfilata dei Giganti, sagre, spettacoli musicali e pirotecnici. prima domenica di settembre Festa di Maria Santissima della Montagna Anche questa festa si svolge sulla sommità del Monte Sant’Elia, in prossimità della chiesa, e prevede le funzioni religiose, la sfilata dei Giganti, uno spettacolo pirotecnico e la processione con la statua, che si conclude con una fiaccolata.
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COSTA
VIOLA
COSTA
VIOLA
Il riflesso del sole e delle rocce sull’acqua del mare donano ai fondali del basso Tirreno Reggino un colore azzurro-violaceo, che ha dato a questo litorale il nome di Costa Viola. Nello specifico, la Costa Viola si estende per circa 35 km e comprende i litorali di Bagnara Calabra, Palmi, Scilla e Seminara, delimitate dal paesaggio aspromontano. Vi sono tratti sabbiosi, tratti ghiaiosi e tratti rocciosi, coste frastagliate e grotte, mentre i fondali hanno un ecosistema simile a quello tropicale. Il paesaggio marino è incorniciato dai terrazzamenti, caratterizzati dalle armacere, coltivati principalmente a vigneto. Dal punto di vista architettonico, questo tratto di costa, che guarda verso la Sicilia, ospita i ruderi di quelli che un tempo rappresentarono la struttura difensiva del sud della Calabria, ossia fortini, mura e torri, tra cui Torre Ruggiero a Bagnara. Dal punto di vista naturalistico vi sono dei veri e propri monumenti naturali, come lo Scoglio dell’Ulivo, presso la Tonnara di Palmi.
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SPIAGGIA DELLA
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MARINELLA
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La Marinella è situata a ridosso delle pareti del Monte Sant’Elia, che scendono fino a mare, creando una costa rocciosa e scoscesa. La spiaggia si trova incastonata in una piccola zona pianeggiante ed è formata da uno stretto bagnasciuga sassoso. Sulla vicina costa si trovano diverse grotte e scogli di notevoli dimensioni. Il sito è molto apprezzato per le immersioni, in virtù della spettacolare fauna sottomarina. VIA
M
LA Leggenda di Dragut Rais La leggenda racconta che nel 1549 una flotta di pirati saraceni, guidati dal terribile corsaro Dragut Rais, approdò sulla spiaggia della Marinella di Palmi. Gli uomini scalarono la scogliera, fino alla fonte dell’Acqua degli Ulivi (Acqualivi), dove si fermarono a riposare, ed è qui che furono sorpresi dai Palmesi. Tra i due popoli vi fu una sanguinosa lotta ed un uomo, che si pensava fosse Dragut Rais, fu ferito e decapitato su una roccia, oggi chiamata “la pietra del Drago”. Tuttavia, gli avvenimenti storici ci dicono che Dragut non morì in quell’occasione, ma nella battaglia di Malta del 1565. Il violento scontro è ricordato sia da un’edicola dedicata alla Madonna del Carmine, sita ad Acqualivi, che riporta i nomi di tutti i morti della battaglia, sia dallo stemma civico di Palmi. Quest’ultimo, infatti, presenta una palma circondata dalle bandiere dei pirati barbareschi, due cannoni che ricordano la Cittadella fortificata e, a destra, una testa di moro mozzata.
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La chiesa, detta anche dei Monaci o dell’Annunziata, che sorge nella piazza intitolata all’Annunziata nel rione Cittadella, fa parte della parrocchia di Maria Santissima del Soccorso. È il più antico luogo di culto di Palmi sopravvissuto ai terremoti: fu edificata nei primi decenni del XVII secolo, sulle rovine di un precedente edificio di cui rimane una cripta sotto la pavimentazione, e venne affidata alla Confraternita dei Cappuccini. Nel corso dei secoli ebbe varie denominazioni: Santa Maria de Caravellis, dell’Annunziata, dei Monaci, dei Riformati e, infine, del Crocifisso. Rimasta miracolosamente in piedi all’urto di violenti terremoti, che non risparmiarono neppure il convento francescano annesso alla stessa, di cui oggi sono leggibili gli elementi di attacco del portico demolito nel 1908, la chiesa stava per essere abbattuta. In seguito ai danni arrecati dal terremoto del 1783, dovette subire una parziale ricostruzione. Evitata la demolizione nel 1882, per molti decenni fu destinata a parecchi usi: caserma, tribunale, carcere, scuola, seggio elettorale, sede di assemblee. La chiesa, durante l’ultima guerra mondiale, subì alcuni danni alla copertura che causarono infiltrazioni d’acqua piovana, provocando, di conseguenza, danni alla pavimentazione, alle lapidi, alle tombe, agli stucchi, e distruggendo una Via Crucis su tela di apprezzabile pregio. L’interno, baroccheggiante, conserva alcune pale d’altare del ’700 e ’800. Sull’Altare Maggiore si può ammirare il celebre Crocifisso, opera in legno, attribuita genericamente a fra’ Umile da Petralia, scultore siciliano. L’opera deve essere riportata alla scuola dei crocefissisti francescani, attivi durante il ’600 nel Meridione.
SANTIS SANTISSIMO CROCIFIS CHIESA
piazza dell’Annunziata
CROCIFISSO
VIA POR T
OO RES
TE
EVENTI: 3 MAGGio (novena dal 24 aprile) Festa del Santissimo Crocifisso Risale al XVII-XVIII sec. e prevede le funzioni religiose, una piccola fiera e la sfilata dei Giganti con i Tamburini.
E SA
LVO
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VIA D
Un notevole punto panoramico del comune di Palmi si trova nel largo affaccio che costeggia, per un tratto, la via De Salvo, a sud dell’abitato. Fornito di panchine, regala la vista del costone del Monte Sant’Elia ed uno scorcio dello Stretto di Messina.
BELVEDERE DI VIA DE SALVO
DEL
scali
nata
SU
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SANTUARIO
DEL
CARMELO
viale Trento e Trieste
VIA ROS SELL I
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L’edificio, facente parte della parrocchia di San Nicola, è tra i beni vincolati della Regione Calabria (D. M. 363, 12 novembre 2009) e sorge nell’omonima piazza, nel cenRE tro cittadino. Fu eretto in onore della Madonna del CarmiVIAL E T ne per la cui intercessione, si narra, la città fu risparmiata dal terremoto del 1894. La Madonna del Carmine è oggetto di particolare venerazione a Palmi: l’evento per cui è ricordata fu registrato dal 31 ottobre al 16 novembre 1894, quando pare che le colonne dell’altare, le mura della chiesa e il volto della Madonna, grondarono acqua. Tutto ciò fu interpretato come miracoloso intervento sulla città durante il terremoto del 16 novembre 1894. Tuttavia, non fu risparmiata dal sisma del 1908, che la distrusse, portando alla costruzione dell’attuale chiesa sullo stesso luogo di quella originaria, ma con dimensioni più piccole. Tra le opere custodite all’interno, vi sono: gli affreschi del pittore catanese Conti Consoli degli Anni Trenta del 1900, fra cui quelli della Natività e dell’Annunciazione; una statua lignea della Madonna del Carmine del De Lorenzo della seconda metà del 1700; la Via Crucis di Fortunato Messina scolpita su legno; un Crocifisso ligneo dello scultore Santifaller di Ortisei; una statua del Sacro Cuore di Gesù; antichi confessionali in legno scolpito realizzati da artigiani locali. EVENTI: 16 LUGLIO (novena dal 7 luglio) festa di Maria Santissima del Carmelo - 16 novembre (SEDICIna dal 31 OTTOBRE) anniversario del miracolo del terremoto del 1894 La prima festa prevede la celebrazione eucaristica, la processione, una piccola fiera, l’uso delle luminarie ed uno spettacolo pirotecnico. La seconda prevede la processione con una rievocazione storica: giunti alla fine di corso G. Garibaldi la statua è trasportata di corsa per qualche centinaio di metri, in ricordo di quanto fecero i portatori di allora quando avvertirono la scossa di terremoto.
URIANO PALAZZO
SURIANO corso G. Garibaldi
Questa nobile residenza, oggi in stato di abbandono, fa parte del centro storico di Palmi, risalente alla ricostruzione successiva al terremoto del 1908. L’edificio si affaccia su strade poste a livelli differenti, per cui le sue facciate si articolano in modo diverso le une dalle altre, ed una di esse è rivolta verso il mare. A pochi metri vi è la chiesa di Maria Santissima del Soccorso.
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Nel centro storico cittadino sorge questo parco pubblico, tra la via Roma e la via Toselli, che rientra nell’elenco dei Monumenti Nazionali. Nel luogo dove oggi è ubicata la Villa, realizzata nel 1870 su progetto dell’ingegnere di origine svizzera Heinrich Fehr (progettista anche della Villa Mazzini di Messina, della Villa Comunale Carlo Ruggiero di Cittanova e di numerosi altri giardini in Calabria e Sicilia), nel passato vi era un grande spazio roccioso chiamato “Piano delle Muraglie” detto la “piazza” o “piazzetta”. Più volte la Villa è stata oggetto di lavori di manutenzione e di restauro, l’ultimo dei quali nel 1998. Nel 1927 è stato emanato un decreto di vincolo per “scene panoramiche che da quel luogo si godono”. La Villa è dotata, al suo interno, di alberature ad alto fusto, vialetti in pietra, giochi per bambini e al centro vi è collocata una piccola fontana; inoltre, è arredata da alcuni busti di marmo di personaggi del passato, nazionali e locali, tra cui quello del musicista palmese Antonio Nicola Manfroce. Completano la struttura un chiosco bar ed un palco fisso usato per spettacoli di vario genere e per alcune manifestazioni civili, artistiche e sportive, tra le quali quelle legate alla festa della Varia di Palmi.
VILLA COMUNALE GIUSEPPE
MAZZINI
La residenza si trova nel centro della città di Palmi, inglobata nel suo tessuto urbano, ma si differenzia dagli altri palazzi per il modo in cui si articolano i prospetti in stile liberty. Al piano terra abbiamo un rivestimento che imita il bugnato ed è interamente in colore chiaro, mentre al primo piano le aperture sono incorniciate da maioliche colorate, che definiscono la parte alta della facciata a contatto con il cornicione e gli elementi di aggetto con copertura a falde. Da notare anche le eleganti inferriate del parapetto dei balconi. La piccola piazza, sulla quale si affaccia il palazzo, è adiacente ad una delle strade più importanti del comune, corso Giuseppe Garibaldi. scali
nata
VIA R OSS ELLI
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CORDOPATRI C 160 ORSO G. GAR m
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piazza Cavour
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PALAZZO
CORDOPATRI
Il palazzo, sito accanto alla Villa Comunale Giuseppe Mazzini, ha una struttura rigida, sulla quale vengono applicati elementi come archi, paraste e timpani, che si ispirano allo stile neoclassico e allo stile liberty. Questi particolari architettonici articolano i prospetti e le aperture dell’edificio, differenziandosi dallo stesso anche cromaticamente, oltre che stilisticamente, grazie al loro colore chiaro che contrasta con l’intonaco scuro dei prospetti.
CASTELLANO PALAZZO CASTELLANO largo Armando Zagari
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piazza G. Amendola
FONTANA DELLA PALMA Simbolo della città di Palmi, la fontana prende il nome dalle palme che anticamente erano piantate in vari punti della cittadina. Un tempo si trovava in piazza I Maggio ma fu spostata in piazza Amendola, dove è collocata attualmente, a fianco del moderno tribunale, nel luogo dove sorgeva la vecchia chiesa di San Nicola. Nel 1977 la sua immagine fu coniata sui francobolli, nella serie “fontane d’Italia”. Fu realizzata dell’artista Jommi, il quale riprese l’idea della vecchia fontana progettata dallo scultore Giuseppe Sutera e chiamata “della Palma” o “del mercato” (inaugurata nel 1669 e demolita nel 1886). L’attuale fontana, realizzata in stile barocco del tipo berniniano moderno, fu costruita nel 1923. Composta da una vasca circolare, alla base della quale vi sono collocati quattro delfini, mentre alla sommità vi è una palma stilizzata in pietra, decorata da motivi scultorei, che sovrasta il tutto.
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Festa del Sacro Capello e di Maria Santissima della Lettera
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BAT ARE CES VIA
L’originaria chiesa Matrice di San Nicola, distrutta dal sisma del 1783, ricostruita, e danneggiata ancora nel 1908, sorgeva in piazza Amendola. L’edificio attuale, terminato nel 1932, è Concattedrale della Diocesi di Oppido-Palmi dal 1979. In facciata presenta un rosone e tre porte che si aprono sotto archi a tutto sesto con fasci di colonnine. Il portale centrale presenta un alto protiro con tetto a due spioventi. Sul lato destro, vi è il campanile a pianta quadrata e tetto cuspidato, che risale agli Anni Cinquanta. L’interno, a croce latina, ha tre navate, di cui quella centrale più alta, scandite da pilastri a base quadrangolare con capitelli decorati da visi di angeli, sui quali si impostano archi a tutto sesto. Ogni navata è conclusa da un’abside ed in quello centrale è collocato l’altare maggiore, proveniente dalla vecchia chiesa Matrice demolita, realizzato dal maestro Alfarone; vi è esposta una’icona antica di Maria Santissima della Lettera, che si rifà ai canoni dell’arte bizantina.
TIST I
Il giorno precedente l’ultima domenica di agosto, che vedrà il trasporto della Varia, è dedicato alla Festa del Sacro Capello e di Maria Santissima della Lettera. Si inizia di mattina seguendo le stesse usanze delle altre festività religiose cittadine, cioè con lo sparo di mortaretti alle ore 8:00 dal Monte Sant’Elia (ripetuti poi alle 12:00 e all’inizio della processione), con le Sante Messe celebrate nella Concattedrale di San Nicola e con la “sfilata dei Giganti”, accompagnati dal Palio e dal “complesso dei tamburinari”. Nel pomeriggio, dalla chiesa di Maria Santissima del Soccorso parte la processione della varetta del Sacro Capello (senza quest’ultima reliquia) verso la Concattedrale. La varetta, portata a spalla dagli stessi Mbuttaturi della Madonna del Soccorso, è formata da un porta-reliquia chiamato “Trionfino” di origine secolare inserito, dal 1996, nel modello di un vascello medievale a ricordo di quello che trasportò il Sacro Capello a Palmi nel 1582. Il trionfino è conservato nei locali della Congrega del Soccorso mentre il vascello è custodito nel complesso museale della Casa della Cultura. Al rientro in chiesa, il reliquario viene tolto del vascello; quest’ultimo viene riportato in processione fino alla chiesa del Soccorso. Concludono la serata uno spettacolo musicale in piazza I Maggio e uno spettacolo pirotecnico dal Monte Sant’Elia. Negli anni in cui non viene celebrato il trasporto della Varia, l’ultima domenica d’agosto è dedicata al solo culto di Maria Santissima della Lettera. Dal 1991, per volere del parroco della Concattedrale di San Nicola la festa viene celebrata annualmente, senza le tradizioni locali (sparo di mortaretti, sfilata dei Giganti, fuochi d’artificio); vengono celebrate le Sante Messe e viene svolta la processione del quadro della Vergine con le stesse modalità e percorso di quella effettuata il sabato che precede il trasporto della Varia.
CONCATTEDRALE
DI
SAN
NICOLA
VESCOVO
FESTA DELLA VARIA La Varia di Palmi è una festa popolare cattolica che si svolge, in onore di Maria Santissima della Sacra Lettera, l’ultima domenica di agosto con cadenza pluriennale, divenuta patrimonio dell’Unesco il 4 dicembre 2013. Le sue origini risalgono al 1575, quando scoppiò a Messina un’epidemia di peste, ed il morbo si propagò sulle coste calabre. I cittadini di Palmi accolsero quanti fuggirono dalla città peloritana e mandarono aiuti in Sicilia. Superata la calamità, la città di Messina, in segno di riconoscenza, donò alle autorità ecclesiali palmesi uno dei capelli della Madonna venerati nella città siciliana: l’11 gennaio 1582, accompagnata da una moltitudine di imbarcazioni palmesi, la barca di Giuseppe Tigano portò da Messina a Palmi il reliquiario del Sacro Capello. Da quel momento cominciò la venerazione verso la Madonna “della Lettera”, poi eletta patrona della città; nella ricorrenza della festa venivano tributate solenni processioni alla cui spesa partecipava tutto il popolo, pagando un balzello imposto dal Comune sulla carne. La tradizione della Varia prese spunto dalla festa che a Messina rappresentava l’Assunzione della Vergine, usando una macchina sulla cui base (cippu), erano posti il Sepolcro della Madonna ed una nuvola a forma di piramide su cui prendevano posto il globo terrestre, il sole e la luna. In cima venivano collocate una persona rappresentante il Padreterno ed una bambina rappresentante la Madonna. Per questo a Palmi fu fatto costruire da un certo Mastro Jacopo, un Carro Sacro simile, che rappresentava l’universo con una nuvola, le stelle, il sole e la luna, sopra il quale prendevano e prendono posto, bambini rappresentanti gli angeli, uomini rappresentanti i XII apostoli e, in cima, un uomo che raffigura il Padreterno e una bambina che rappresenta la Madonna (Animella). Nel 1872 la manifestazione fu abolita ovunque con un decreto che la definiva barbara ed incivile, anche a causa di alcuni incidenti. Nel 1900, dopo quasi 30 anni, Palmi riprese la manifestazione grazie a Giuseppe Militano che ideò una “Varia Meccanica” che “camminava senza ruote”: non più trasportata sulle spalle dei portatori, scivolava a spinta sulle lastre di granito del Corso, mediante pattini di ferro fissati sotto la base. La Varia, propriamente detta, è una costruzione in ferro su una base di legno, alta quasi 16 metri. Un modello in scala è esposto al Museo nazionale delle Arti e Tradizioni popolari di Roma. Il programma inizia la mattina del 16 agosto, col trasporto “du Cippu” (base lignea su cui viene costruita la Varia) per le vie del paese, fino a corso G. Garibaldi, dove viene posto sotto l’impalcatura che servirà per costruire la Varia. Nei giorni di Ferragosto l’Amministrazione Comunale seleziona tre bambine (tra i 10 e i 12 anni) per poi procedere con la scelta definitiva della fanciulla che interpreterà l’Animella (in dialetto palmese Animeddhra). La scelta della bambina avviene la penultima domenica di agosto con votazione diretta popolare, nella Villa Comunale, da parte della cittadinanza, con l’installazione di veri e propri seggi elettorali. Al termine dello scrutinio il primo cittadino comunica i risultati e la bambina vincitrice viene posta su una portantina, e portata a spalla in piazza I Maggio per la designazione ufficiale. Il giorno della festa 200 giovani Mbuttaturi spingono il Carro Sacro, disposti sotto le antiche insegne corporative dei Marinai, Artigiani, Carretteri, Bovari e Contadini. La tradizione vuole che la Varia non si debba mai fermare perché Palmi ha sempre avuto dei giovani vigorosi e perché sarebbe di cattivo auspicio. Durante il trasporto l’attenzione di tutti è rivolta verso l’esile bambina che, oscillando paurosamente nell’azzurro del cielo, impartisce la benedizione in nome della Madonna della Sacra Lettera mentre migliaia di persone trepidanti invocano: “Senza sconzu; Senza Sconzu Maria di la Littara!”
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piazzale Municipio
PALAZZO
SAN NICOLA
Il monumento dedicato al grande musicista palmese è stato realizzato dall’artista Michele Guerrisi e dall’architetto Nino Bagalà, nella zona chiamata “Arangiara”, dove anticamente vi era una torre. Ubicato in piazza Francesco Pentimalli, il mausoleo, esternamente, si presenta con un’ampia area sopraelevata rispetto alla piazza. Sull’alto muro che delimita lo spazio monumentale esterno sono disposti dei bassorilievi marmorei, scolpiti da Michele Guerrisi, con raffigurazioni di scene del mito di Orfeo ed Euridice, il tutto attorno ad una scultura bronzea che rappresenta la musa Erato. Il mausoleo ospita il sarcofago, decorato da mosaici, contenente le spoglie del Maestro, morto a Varazze nel 1950, e della moglie. Durante i lavori, per ottenere lo spazio necessario per l’opera, venne demolito un altro antico monumento cittadino, cioè la “Torre dell’Orologio”, e fu sbancata parte della collina sottostante il borgo medievale denominato “Spirito Santo”.
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VIA
Il municipio di Palmi sorge di fronte alla concattedrale. L’edificio, progettato dall’architetto Vittorio Alberto Storchi, fu costruito tra il 1915 ed il 1932, anno dell’inaugurazione. Ha pianta a corte aperta e due piani fuori terra. Le facciate sono marcate da bugnati lisci che salgono fin sotto il cornicione, dove aggettano le falde inclinate della copertura. Sopra il portale si trova il “balcone delle bandiere” dal quale il sindaco annuncia i nomi delle tre bambine candidate per l’elezione dell’Animella della Varia. Nell’ampia corte aperta di palazzo San Nicola c’è un piccolo resede usato, tra l’altro, per alcune manifestazioni legate alla festa della Varia.
CES ARE BAT TIS
TI
(MUNICIPIO)
MAUSOLEO DI FRANCESCO CILEA piazza Sottotenente Livio Pentimalli
L’OLIVO ORIGINE: è una pianta sempreverde della famiglia delle Oleaceae, la cui origine va con ogni probabilità ricercata in Asia Minore. La diffusione in Calabria è merito dei coloni greci del VII sec. a.C. DESCRIZIONE: La Sinopolese (detta anche Chianota, Coccitana, Sciolaria, Pianota) è la cultivar di ulivo più diffusa sul territorio, assieme alla Ottobratica. Le piante hanno età secolare e creano un paesaggio unico al mondo: un vero e proprio “bosco di olivi”. Nei vecchi impianti, data la mole delle piante, la potatura avviene ad intervalli molto lunghi (7-10 anni) con elevati costi di manodopera. La raccolta, anch’essa onerosa, è effettuata da terra, con macchine raccoglitrici in pianura e con reti nelle zone acclivi. Nella parte bassa della Piana, i sesti di impianto sono ampi, con un ridotto numero di piante per He (50-70). Nella fascia collinare e pedo-montana i sesti sono stretti e superano le 100 piante per He. Da un decennio è in atto una lenta riconversione degli oliveti tradizionali con nuovi impianti e una olivicoltura moderna e razionale. CARATTERISTICHE: L’olivo Sinopolese è un albero maestoso con portamento assurgente, raggiunge i 25 metri, ha chioma folta e rami penduli e sottili. La forma d’allevamento più utilizzata è la forma libera. Il frutto è una drupa ovale dal peso medio di circa 2-3 grammi; a maturazione il colore è nero-violaceo. La polpa è carnosa con il 18-20 % d’olio. La raccolta delle olive si effettua da settembre a febbraio, influenzata da fattori come l’altimetria (maggiore è l’altezza, più ritardata è la raccolta), e viene concentrata in tempi brevi per produrre olio di qualità. La produzione media di olive per Ha è di 100-110 q. Oggi sono importanti le tecniche colturali, per cui l’utilizzo della meccanizzazione è un elemento imprescindibile. L’attuale tendenza è di ridurre i sesti d’impianto e di abbassare l’altezza degli alberi. UTILIZZO: L’uso principale è per la produzione di olio, ma è consuetudine usare le olive anche come prodotto da mensa (tal quali, infornate, schiacciate) pur non BELVEDERE avendo le caratteristiche carpologiche del prodotto da mensa viale Bruno Buozzi GIUSEPPE (il rapporto polpa/nocciolo è molto basso). L’olio viene impiegato anche nella produzione di saponi, creme, shampoo, bagnoschiuma, unguenti.
SAFFIOTI
B VIALE
B RUNO
UOZZI
GISA
Il Belvedere Gisa, intitolato a Giuseppe Saffioti, offre un vasto panorama che permette di ammirare il centro cittadino di Palmi ed il Mar Tirreno. Nei pressi di quest’area è colloca la statua bronzea dedicata a San Francesco, che guarda verso la città e la abbraccia idealmente.
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Questo punto panoramico è costituito da uno slargo fornito di panchine, che si trova in mezzo agli ulivi, vicino alla strada che dal centro abitato di Palmi porta alla spiaggia della Marinella. Da qui si gode del fantastico panorama dello Stretto di Messina, delle Isole Eolie e splendidi tramonti sul mare.
VILLA DI LEONIDA
REPACI
ONE STAZI VIA
O
VILLA PETROSA
via Petrosa
Villa Petrosa, detta anche Villa Repaci, in quanto appartenuta al grande scrittore palmese, si trova vicino ad un costone che dirada verso il mare, immersa tra gli ulivi che nascondono appena il panorama di tutta la Costa Viola. è stata ristrutturata nel 2008 dal Comune di Palmi, dopo anni di abbandono.
via Stazione
AFFACCIO DELLA 112
MOTTA
LU NG OM AR EC
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CONTRADA S AN FAN TIN O
Conte Pietro CHIESA DI largoAntonio Spinelli SAN FANTINO
SPIAGGIA
DELLA
TONNARA
La località deve il suo nome ad un’antica tonnara che vi sorgeva nel Novecento, di cui oggi non c’è più traccia. Si tratta di una splendida spiaggia di sabbia bianca, lunga quasi due chilometri, delimitata a sud da un suggestivo scoglio con sopra un ulivo detto, appunto, Scoglio dell’Ulivo, a nord da piccoli scogli, residui di un’antica scogliera, e dominata alle spalle dal bastione montuoso del Sant’Elia, estrema propaggine aspromontana. Il mare che la bagna è bellissimo, turchese, limpido e trasparente, con fondali preziosi e ricchi che meritano una visita subacquea.
Sita a Taureana, è sede dell’omonima parrocchia. Già nel 1143 vi è traccia, nel luogo dove fino al 951 sorgeva l’antica Taureanum, di un monastero dedicato a San Fantino, che visse in questi luoghi nel V sec. d. C.: fu prima stalliere, poi condusse vita ascetica e compì miracoli. Nel 1551 il monastero fu distrutto dai Saraceni e, nel 1552, il Conte Pietro Spinelli di Seminara riedificò la chiesa intitolandola a Santa Maria dell’Alto Mare. La chiesetta, nel suo attuale aspetto è quella ricostruita nel 1857, a seguito del sisma che l’aveva danneggiata; è ad unica navata, di conformazione ellittica, con un piccolo campanile, leggermente sporgente rispetto alla parete laterale. Sotto la chiesa vi è il Ninfeo dove fu sepolto San Fantino. L’edificio oggi rientra nel parco archeologico di Taureana; a seguito degli scavi condotti nel 1993 dagli archeologi Di Gangi e Lebole emersero due absidi facenti parte di una basilica descritta nell’VIII secolo dal vescovo Pietro. Esse sono sovrapposte alla cripta, che conserva le reliquie di San Fantino, rivolte verso oriente, all’esterno dell’attuale chiesa. Dallo scavo affiorarono le pavimentazioni di due chiese sovrapposte: quella bizantina dell’VIII secolo e quella del 1552; di quest’ultima sono visibili anche le mura interne, allineate sull’asse est-ovest, con ingresso a nord; si scorgono ancora sull’intonaco tracce di colore. EVENTI: ultima domenica di luglio festa di Maria Santissima dell’Alto Mare - 24 luglio festa di san fantino La prima prevede la processione ed il trasporto dell’effigie della Vergine in barca, dallo scoglio dell’Isola fino allo Scoglio dell’Ulivo. La seconda segue l’antico rituale bizantino (benedizione dei cavalli e processione dell’icona del santo con, al seguito, i suoi cavalieri)
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La struttura fu progettata dai francesi per ordine del re di Napoli e di Spagna, Giuseppe Bonaparte, durante il periodo di Gioacchino Murat, all’inizio del XIX secolo. Nel progetto il fortino aveva mura grigie di pietra levigata e doveva essere collegato ad una batteria di cannoni collocati vicino ad una torre. Nelle mura è presente una serie di feritoie che corrono lungo il perimetro, realizzate con cornici di pietra più chiara e senza spigoli. La struttura, costruita in funzione delle lotte tra inglesi, francesi e filoborbonici, non venne completata perché i Borboni ripresero il comando del Regno di Napoli.
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PIETRENERE spiaggia di Pietrenere
PARCO ARCHEOLOGICO DEI
TAUREANI
FANTI NO
località Taureana
CONTR ADA SA N
Il pianoro di Taureana ha restituito una notevole documentazione relativa ai diversi insediamenti stratificati che si sono succeduti nel tempo: dal Villaggio dell’età del bronzo (II millennio a.C.) alla Città italica dei Tauriani (dal IV al I secolo a.C.); dalla Tauriana romana (I secolo a.C. - IV secolo d.C.) al Complesso Sacro Medievale (IV-XIV secolo) dedicato al culto di San Fantino; le capanne di 4.000 anni fa, gli impianti urbani della città prima brettia e poi romana (2400/2000 anni fa); le architetture pubbliche, sacre e private. Nel Parco troviamo: la torre costiera di Taureana, detta anche di Donna Canfora, ossia una torre di avvistamento, situata sulla costa e risalente al 1565; la Casa del mosaico, in uso dal II al I secolo a.C. come edificio pubblico o come abitazione privata di un personaggio pubblico, la cui struttura di particolare complessità architettonica ha una superficie di circa 400 mq; il Santuario romano (da tutti conosciuto come il Palazzo di Donna Canfora), risalente alla fine del I secolo a.C.; il teatro costruito forse nel I secolo d.C, che rimase in uso fino al IV.
FORTINO DI
SPIAGGIA DI
PIETRENERE
M GO LUN
RA FO CAN A N ON ED R A
PIETRENERE
Con questa denominazione si indica una spiaggia ampia e non molto lunga, caratterizzata da un litorale di sabbia chiara bagnato da un mare azzurro, limpido e con fondali digradanti, ideale per nuotare e fare il bagno. La spiaggia è ben attrezzata, offre diversi chioschi, bar e la possibiltà di praticare sport acquatici.
LA Leggenda di DONNA CANFORA La leggenda di Donna Canfora narra di una ricca e bellissima nobildonna che visse a Taureana di Palmi, in quella che oggi è chiamata “Casa di Donna Canfora”, della quale rimane solo un alto podio, all’interno del Parco Archeologico dei Taureani. Secondo la storia, della quale esistono parecchie varianti, un giorno un corsaro saraceno, che aveva sentito parlare della straordinaria bellezza della fanciulla, sbarcò sulle coste di Palmi travestito da mercante, con un carico di stoffe preziose. Egli invitò la donna sulla propria nave dicendole che le avrebbe mostrato i suoi tessuti più belli, custoditi all’interno della stiva, dopodiché fece partire l’imbarcazione. La nobildonna si accorse dell’inganno, ma fu catturata dai pirati saraceni, allora chiese di poter dare un ultimo saluto alla propria terra, così salì a poppa e si gettò in mare, sparì tra le onde ed annegò, anche a causa delle sue vesti appesantite dall’acqua, che le impedirono di nuotare verso riva. Si dice che in quel punto, vicino la spiaggia di Pietrenere, le acque siano di un azzurro cangiante, che va dal verde smeraldo al turchese, dall’oro all’argento, poiché quelli erano i colori delle vesti di Donna Canfora. La leggenda narra anche che la donna si sia trasformata in sirena e che, nelle notti tempestose o di luna piena, si possano ascoltare i melodiosi canti con cui racconta la sua triste storia, provenienti dalle grotte sotto la scogliera.
115
altri beni
CHIESA DI MARIA SS DEL SOCCORSO
Conosciuta semplicemente come chiesa del Soccorso, sorge nell’omonima piazzetta del centro storico. Fu edificata nel XVIII secolo, collegata con un chiostro all’allora adiacente convento, ma subì notevoli danni provocati dai ricorrenti terremoti; fu ricostruita nel 1788 e ulteriormente danneggiata dal terremoto del 1908. L’attuale facciata è scandita da coppie di lesene, sormontate da capitelli ionici, ed è conclusa da un timpano mistilineo. Il suo interno, in tardo stile barocco, è a navata unica. Il soffitto è a cassettoni, realizzato su disegno dell’architetto palmese Nino Bagalà, che progettò, intorno agli Anni Settanta, anche il pavimento. Sulle pareti della navata si aprono, nella parte superiore, delle finestre semicircolari.
tica chiesa, eretta il 10 maggio 1733, si trovava molto distante dal luogo attuale; venne distrutta dal terremoto del 1783 e ricostruita nel 1790, ma nel 1919 il ciclone che si abbatté su Palmi le provocò gravi danni. Nel 1937 alla parrocchia del Rosario fu assegnata una vasta zona della città, ossia l’area dove sorge attualmente. La facciata è caratterizzata da un portico, avanzato rispetto al piano della facciata, suddiviso in tre settori: quello centrale, più alto ed aggettante, è costituito da due colonne sulle quali s’imposta un arco ad ogiva; quelli laterali, invece, sono definiti da archi a tutto sesto. Sulla parte superiore è collocato un rosone. L’interno è costituito da un’unica navata con copertura lignea, le cui capriate sono decorate da disegni. Nella parte superiore si aprono delle finestre arcuate che illuminano l’interno.
Fantino, è stata edificata nel 1552, in seguito alla distruzione del monastero di San Fantino dovuta alle scorrerie dei Saraceni. All’interno della chiesa furono conservate le spoglie del Santo taureano, in una cripta. La facciata attuale è lineare; una scalinata precede l’ingresso, sormontato da una grande vetrata. Sul lato sinistro vi è il campanile.
CHIESETTA DELL’ADORAZIONE o DELL’ORATORIO
La chiesa sorge nel centro storico cittadino. Nel vecchio luogo di culto vi era un altare maggiore in marmo policromo che scampò alla distruzione ed oggi è conservato nella chiesa del Crocifisso. Nel pavimento vi erano le lapidi marmoree delle tombe delle famiglie palmesi che, purtroppo, furono interrate e sepolte nella cripta (che era adornata da affreschi) durante i lavori di ricostruzione dell’attuale edificio. Sopra il portale d’ingresso, vi è un bassorilievo in bronzo raffigurante l’Annunciazione, opera dell’artista palmese Antonio Badolati.
CHIESETTA DI SAN GIUSEPPE
Fu costruita negli anni 1959-1960 nella frazione di Palmi Scalo, in occasione dei lavori per il raddoppio del binario della Ferrovia Tirrenica Meridionale. Nella moderna chiesetta dell’allora popoloso rione dei ferrovieri, per alcuni anni si celebrarono regolarmente le funzioni religiose. Col passare degli anni la stazione di Palmi fu in parte disabilitata e il rione si spopolò; la chiesetta, per mancanza di fedeli, non è più officiata e da molti anni è chiusa.
CHIESA DI MARIA SS IMMACOLATA E SAN ROCCO
CHIESA DI MARIA ss DEL ROSARIO o DI SAN FRANCESCO
L’edificio, costruito agli inizi del XX secolo, è annesso al convento di San Francesco da Paola. L’an-
116
Fu costruita nel 1951 in piazza San Rocco. L’antica chiesa era stata distrutta dal terremoto del 1783, poi riedificata nel 1788, e nuovamente distrutta dal terremoto del 1908 e dall’incendio del 30 dicembre 1924. L’attuale edificio ha una facciata molto semplice e lineare, suddivisa in tre settori da elementi verticali in pietra scura, su intonaco chiaro. Sul lato destro della facciata sorge il campanile. L’interno è a navata unica, coperta al centro da una cupola di forma quadrangolare. Il 16 agosto ha luogo la festa in onore di San Rocco.
CHIESA DELLA SANTA FAMIGLIA CHIESA DELLA MADONNA DELL’ALTOMARE
La chiesa, appartenente alla parrocchia di San
La chiesa, di recente realizzazione, è stata progettata nel 1996, dagli architetti Flavio Bruna, Aimaro Isola e Saverio Isola; i lavori di realizzazione
terminarono nel 2005. All’esterno il complesso si articola in tre volumi: il campanile, la chiesa e la residenza, che si compongono sullo spazio unitario del sagrato, creando un gioco di pieni e vuoti. Le pareti perimetrali dei tre volumi, scandite da aperture semicircolari, sono caratterizzate da un rivestimento in mattoni a faccia vista. Emerge il grande tetto, in rame, a quattro falde, oblique rispetto agli assi principali della chiesa. Una torre a tre piani, pensata come residenza per il clero, è posizionata nel giardino di ulivi. Sul lato est è situato l’oratorio con bar. La struttura della chiesa è in c.a., quella della copertura è in legno lamellare.
gli. Le figure sono poste su un basamento lapideo, accompagnate da due colonne, sulle cui basi sono incisi i nomi dei caduti durante la Grande Guerra.
Fonte di San Rocco
Collocata in piazza San Rocco, la fontana fu realizzata nel 2010 dall’artista palmese Maurizio Carnevali, su progetto dell’architetto Bagalà. Una statua bronzea ritrae San Rocco adagiato su massi di granito, prelevati dall’imponente costone del Tracciolino, dai quali sgorga una sorgente di acqua.
monumento a san francesco d’assisi
è ubicato sul Belvedere Giuseppe Saffioti, da cui si ammirano il centro cittadino ed il Mar Tirreno. La scultura bronzea rappresenta il Santo con le braccia aperte in segno di protezione verso la città. La statua è collocata su una base di pietra e marmo con intorno una fontana e un piccolo giardino.
CASA OLIVA
Diverse case di villeggiatura si riscontrano nelle aree rurali a ridosso della fascia costiera, nelle zone che sono state meno toccate dal flagello della malaria e che pertanto si presentavano più salubri, come Casa Oliva. Si tratta di una costruzione su due livelli, che affaccia verso il mare offrendo un panorama mozzafiato. Presenta un impianto rettangolare unitario e semplice ed un linguaggio sobrio. Il tetto, ormai distrutto, era a padiglione.
CHIESETTA DI SAN MARCO
Il piccolo luogo di culto della frazione della Tonnara di Palmi è ubicato sul lungomare Costa Viola. La chiesetta fu inaugurata il 28 dicembre 1959 ed è dedicata al Santo Evangelista, protettore dei pescatori, perchè sorge in una località abitata quasi esclusivamente da famiglie di pescatori. Fu costruita e arredata a spese del signor Filippo De Marco di Palmi, solerte sostenitore della valorizzazione dell’eminente posto turistico. Per tradizione i pescatori della Tonnara e dei centri rivieraschi dello Stretto di Messina, iniziano la stagione della pesca del pesce spada il 25 aprile, festa liturgica di San Marco e, con le barche che muovono le onde di fronte allo spettacolo dello Stromboli, lanciano il grido tramandato dagli avi: “Viva San Marcu binidittu” (“Viva San Marco benedetto”), nell’istante in cui viene catturato il grosso pesce.
TEATRO ALL’APERTO
FontANA MUTA
Costruita nel XX secolo, fu denominata fontana Muta perché per un lungo periodo fu sprovvista d’acqua. Si presenta con una grande vasca rettangolare lobata sul lato maggiore ed una nicchia nella quale prendono posto tre fiori di loto stilizzati e sovrapposti, dai cui bordi saltella l’acqua, alimentata da uno zampillo posto in alto. Il prospetto è a bugnato liscio, coronato da un timpano. Il tutto prende posto nel volume di una doppia rampa di scale.
monumento ai caduti
Il monumento si trova in piazza Municipio. Fu realizzato nel 1932 dallo scultore Michele Guerrisi ed è costituito da due gruppi di statue bronzee: da una parte vi sono un soldato ed un fante; dalla parte opposta vediamo due donne che rappresentano le madri unite dal dolore per la perdita dei propri fi-
Sorge in località Motta, su di un terrazzo dal quale sono ammirabili lo Stretto di Messina ed i centri di Scilla e Bagnara Calabra. La struttura è stata inaugurata nel 2000 e riprende la forma degli antichi teatri greci. Negli ultimi anni ha svolto un ruolo primario nella gamma di eventi dell’estate palmese, con rappresentazioni teatrali e serate con personaggi dello spettacolo italiano e internazionale all’interno del “Magna Grecia Teatro Festival”, rassegna teatrale itinerante.
117
aziende e servizi
RISTORO OSPITALITĂ
118
Ristorante La Collina Ristorante Aulinas Ristorante Uliveto Hotel Stella Maris
calendario degli eventi
ULTIMA DOMENICA
festa di Maria SS della Lettera/ festa della Varia
24 festa di San Fantino
GEN
FEB
MAR
APR
3 festa del SS Crocifisso
festa di Sant’Antonio da Padova
MAG
GIU
16 festa di San Rocco
8
festa dell’Immacolata
16 Apertura stagione 1a DOMENICA 1a DOMENICA 16 anniversario del concertistica/ festa di Maria SS festa di Maria SS festa di Maria SS Concorso musicale miracolo del del Soccorso della Montagna del Carmelo Francesco Cilea sisma del 1894
LUG
AGO
PENULTIMA DOMENICA DI LUGLIO
Estate Palmese
SETT
OTT
NOV
6
festa di San Nicola
DIC
Premio letterario “Palmi”
festa di Sant’Elia ULTIMA DOMENICA
festa di Maria SS dell’Alto Mare
Danza dei Giganti
Sagra dello Stocco
Sagra della Struncatura
119
Allegato 1 I risultati del processo partecipativo
ricreative
4 2
Sociali
3
Produttive
5
religiose
1
MOTIVAZIONE
Culturali
SCORE
RISPOSTE
Di quali attività presenti nel territorio del Basso Tirreno Reggino è più a conoscenza? Tra le attività in elenco su quale è più informato?
120
ridotte
4 1
Conservate nelle dimensioni attuali
2
adeguate
5
trasformate
3
MOTIVAZIONE
Potenziate
SCORE
RISPOSTE
Le attività produttive presenti andrebbero
01
02
5 3 4 2 1
MOTIVAZIONE
SCORE
RISPOSTE
Quale tra questi riconosci come problema principale del territorio della Costa Viola
2 3 4 1
MOTIVAZIONE
SCORE
RISPOSTE
Quali tra queste potrebbero essere soluzioni ai problemi del territorio della Costa Viola?
03
04
5
5 4 3 2 1
MOTIVAZIONE
SCORE
RISPOSTE
Quanto è soddisfatto delle azioni di tutela dell'ambiente costiero e marino?
05
121
4 3 2
SCORE
RISPOSTE
1
5 4 3 2 1
MOTIVAZIONE
5
MOTIVAZIONE
SCORE
RISPOSTE
Quanto è soddisfatto dei servizi di trasporto pubblico?
5 4 3 2 1
122
MOTIVAZIONE
SCORE
RISPOSTE
Quanto, secondo lei, le Amministrazioni locali s'impegnano nella valorizzazione e promozione del territorio in cui vive?
06
07
08
tanti ma rappresentano una risorsa fondamentale per il reddito e l'occupazione locale
1 5
Pochi, è necessario un loro aumento per lo sviluppo del territorio
4
Pochi, ma va bene cosĂŹ
3
Non so
2
MOTIVAZIONE
tanti e creano problemi alla vita dei residenti
SCORE
RISPOSTE
Secondo Lei, i turisti in visita nel territorio della Costa Viola sono:
10
123
3.1 La valutazione dei risultati La valutazione dei risultati è stata effettuata misurando sia l’incidenza percentuale delle cinque opzioni di risposta fornite per ogni singolo item, sia lo score totale ottenuto dagli items e dai questionari calcolato in base ai valori assegnati dalla scala di Likert e rapportato al punteggio massimo totalizzabile. Questo ha permesso di misurare, innanzitutto, il peso delle risposte per ogni Item e, rispetto alle motivazioni sottese a ciascuno, di tracciare un quadro interpretativo preliminare che fornirà l’opportunità di riflettere sulle azioni da intraprendere. I risultati della valutazione sono presentati in schede specifiche, con rappresentazione grafica dell’incidenza percentuale di ogni risposta nei dieci Item proposti per il totale dei questionari somministrati, affiancati da una breve valutazione degli stessi.
LEGENDA risposta 1
risposta 2
1
2
risposta 3
3
4
46%
0%
73% 27% 124
5
0%
2
risposta 5
iteM 1
27% 27%
1
risposta 4
In questo Item, basato sulla conoscenza delle attività prevalenti sul territorio, notiamo come le opzioni selezionate tra le cinque proposte siano suddivise tra l’opzione 1 (27%), l’opzione 2 (27%) e l’opzione 4 (46%). I risultati ottenuti da questo singolo item, denotano come presso il campione sia assoluta la conoscenza delle realtà culturali ricreative e produttive presenti ed assai scarsa sia quella legata alle realtà sociali e religiose.
iteM 2 3
4
5
0% 0% 0%
In questo Item, basato su possibili azioni da intraprendere per il miglioramento delle attività presenti nel territorio, notiamo come la maggioranza del campione esaminato si sia schierata a favore dell’opzione 4 (73%) e dell’opzione 1 (27%). I risultati ottenuti, denotano chiaramente come opinione diffusa, sia quella che le attività produttive presenti debbano necessariamente essere adeguate e potenziate.
1
2
iteM 3 3
4
5
13%
33% 27% 20%
1
2
In questo Item, basato sull’individuare la problematica principale del territorio in esame, notiamo come le risposte date dal campione siano distribuite, in percentuali differenti, per tutte le opzioni di risposta proposte. I risultati ottenuti, denotano come il grado di coscienza circa le criticità presenti sia profondo e rispecchi fedelmente le condizioni della realtà oggetto d’indagine.
7%
iteM 4 3
4
34% 33%
0%
13% 20% 1
2
Questo Item è direttamente connesso al precedente, in quanto veniva chiesto di scegliere quale tra le opzioni proposte potrebbe rappresentare possibili soluzioni da intraprendere per la risoluzione delle problematiche presenti. I risultati ottenuti fanno emergere come, da parte del campione coinvolto, la sola opzione 3 (creazione di cooperative ed associazioni) non ha registrato nessuna preferenza, mentre per le altre la distribuzione percentuale ha visto prevalere proposte di azioni concrete quali recupero o riqualificazione di aree ed edifici (34%) ed informazione e orientamento dei cittadini (33%).
iteM 5 3
4
7%
43% 36%
5
5
0%
In questo Item, proposto nella versione classica della scala Likert, notiamo come la maggior parte delle risposte sia suddivisa tra l’opzione 3 sufficientemente (44%) e l’opzione 4 relativamente (33%). I risultati ottenuti denotano come, per il campione, le azioni di tutela dell’ambiente marino e costiero siano accettabili ma di sicuro migliorabili e da implementare nel tempo.
14% 1
33% 27% 27%
2
iteM 6 3
13%
4
5
0%
In questo Item, proposto nella versione classica della scala Likert, in cui veniva richiesto di esprimere un’opinione circa i servizi di trasporto pubblico, notiamo una distribuzione percentuale delle preferenze quasi omogenea, che oscilla tra l’essere abbastanza soddisfatti al non esserlo per niente. In generale, nessuno dei soggetti coinvolti ha espresso un alto grado di soddisfazione (opzione 1).
125
1
2
iteM 7 3
27% 27% 1
34% 33%
1
2
3
5
0%
20%
2
In questo Item, proposto nella versione classica della scala Likert, in cui si chiedeva di esprimere un giudizio sull’impegno delle amministrazioni pubbliche nella valorizzazione e promozione del territorio, notiamo come le posizioni siano diversificate, ma anche come, allo stesso tempo, non si sia registrata alcuna preferenza per l’opzione 1 (molto). I risultati ottenuti denotano come, per il campione, la politica locale abbia un approccio che non soddisfa appieno le esigenze ed i fabbisogni del settore di appartenenza.
iteM 9 3
4
7%
1
40%
4
13%
2
In questo Item, proposto nella versione classica della scala Likert, in cui si chiedeva di esprimere un giudizio sulla gestione dei rifiuti a livello locale, il dato emerso è di carattere negativo. Le prime due opzioni, infatti, non hanno registrato nessuna preferenza e la tendenza generale registrata è di una posizione critica che dal 33% dell’opzione 3 (sufficientemente) passa ad un 27% sia per l’opzione 4 (relativamente) che per l’opzione 5 (per niente).
iteM 8
46% 47%
126
5
0% 0%
46%
60%
4
5
0% 0%
In questo Item, proposto nella versione classica della scala Likert, si chiedeva di esprimere un giudizio rispetto al coinvolgimento che i cittadini e gli attori economici dovrebbero avere nelle dinamiche di tutela, valorizzazione e promozione del territorio. I risultati ottenuti denotano come, per il campione, sia largamente condivisa l’affermazione proposta con un 46% per l’opzione 1 (molto d’accordo), e con un 47% per l’opzione 2 (d’accordo).
iteM 10 3
4
5
0% 0% 0%
In questo Item, basato sull’esprimere un giudizio rispetto alla presenza turistica, il campione ha espresso la preferenza maggiore sull’opzione 3 (60%) e sull’opzione 2 (40%). I risultati ottenuti, denotano come il turismo venga visto come una risorsa imprescindibile per il territorio di riferimento e come si debba procedere ad una qualificazione ulteriore del comparto, quale settore strategico su cui puntare per incrementare lo sviluppo e la crescita socio-economica dell’area.
3.2 I risultati secondo la scala di Likert In questa fase della ricerca, come detto, il ricorso alla tecnica proposta da Likert oltre ad aver offerto la possibilità di avere un riferimento teorico ed empirico da cui partire per organizzare la nostra indagine, ha dato l’opportunità di ottenere risultati utili ad effettuare un’autovalutazione della metodologia utilizzata. In altre parole, è stato possibile valutare il livello di discostamento tra le posizioni ed il punto di vista della ricerca con quello del campione esaminato. Rispetto ai questionari compilati, il punteggio massimo totalizzabile è stato quantificato in 750 punti, (punteggio max per item x numero di items x totale questionari). Quello effettivamente totalizzato è stato di 483, circa il 36% in meno. Lo scostamento tra le due posizioni - ricerca e campione - è risultato quindi relativo. Decisamente positivo è, invece, il dato in termini di autovalutazione della metodologia adottata e della vicinanza tra le affermazioni proposte e quelle effettivamente scelte dal campione.
Totale Generale
483
75 75 75 75 75 75 75 75 75 75
750
VARIAZIONE %
59 64 48 42 34 35 33 36 66 66
PUNTEGGIO MASSIMO
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
PUNTEGGIO TOTALE
ITEMS -21,33% -14,67% -36,00% -44,00% -54,67% -53,33% -56,00% -52,00% -12,00% -12,00%
-35,60%
127
Bibliografia FONTI BIBLIOGRAFICHE: AA.VV, La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1985 AA. VV., Calabria Bizantina. Tradizione di pietà e tradizione scrittoria nella Calabria greca medievale, Casa del libro Edizioni, Villa San Giovanni, 1983 AA. VV., Per un Atlante della Calabria. Territorio, insediamenti storici, architetture e beni culturali, Gangemi Editore, Roma, 1997 Albanese G. (a cura di), Istituzione di Paesaggi Protetti nel territorio del “Basso Tirreno Reggino” Costa Viola e Piana degli Ulivi, Laruffa Editore, Reggio Calabria, 2001 Amadio V., Analisi di sistemi e progetti di paesaggio, OASI – Dipartimento di progettazione per la città, il paesaggio e il territorio dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, FrancoAngeli, Milano, 2003 Atti della 32a Conferenza Generale dell’UNESCO, Parigi, 2003 Bevilacqua P., Le campagne del Mezzogiorno tra fascismo e dopoguerra. 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