Repubblica gramolati 04 07

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LA REPUBBLICA FIRENZE (04.07.2013) GRAMOLATI E LA CRISI 'SUPERARLA SI PUO' intervista di Ilaria Ciuti Gramolati è nella sede della Cgil toscana, in un via vai francamente bizzarro. Si incontrano tutti, dai licenziati, ai cassintegrati, ma anche economisti esteri, sindacalisti europei, esponenti di Banca Etica. Gramolati, sembra un capolinea. Perché? «La realtà cambia e anche noi. Non dobbiamo subirla, dobbiamo diventare anche un laboratorio di idee e a ogni problema indicare una soluzione e contrattarla. Ci sono esperienze in Europa, in questi giorni stiamo lavorando alla Carta di Firenze che sarà il manifesto dei sindacati europei prima del voto europeo del 2014». E la Toscana? «Va meglio di altre regioni, ma ci misuriamo con una crisi che dura da troppo e non finirà presto. Manca una strategia nazionale per contrastarla, una politica industriale - basti pensare a Finmeccanica dove si sono nominati i nuovi vertici prima di aver definito gli obiettivi industriali - e una politica fiscale che ridistribuisca il reddito e faccia ripartire i consumi. I lavoratori non si sono rassegnati, hanno costruito mobilitazioni straordinarie per difendere il posto. Hanno inventato soluzioni inedite con grandi prove di solidarietà. Il sindacato toscano non si è arroccato affidandosi al barometro dei rapporti di forza, ha offerto a queste lotte la forza dei rapporti». Suonabene: dai rapporti di forza alla forza dei rapporti. Mavuole dire che la salvezza è nei buoni rapporti sindacali? «Il merito principale è della determinazione dei lavoratori. Poi, certo, siamo riusciti a costruire un sistema che si è rafforzato tramite relazioni sociali e sindacali sempre più innovative, a partire dalla partecipazione. Questo sistema è diventato un fattore d`attrattività per il territorio che ha dimostrato di saper governare il cambiamento. Il nostro sistema di imprese è diviso in tre. Un 30% di aziende non solo non risente della crisi ma sta ottenendo risultati significativi sia nell`export (nel primo trimestre 2014 in Toscana fa il +6,4% rispetto allo stesso trimestre del 2012, oltre il +2,2% dell`Italia) che nell`occupazione. Un 40% sta andando in direzione opposta perdendo competitività e occupazione, un ulteriore 30% non è ancora entrato stabilmente in una delle due aree e dobbiamo assolutamente trascinarlo verso il primo gruppo». E quali sono i fattori del successo? «Investimenti, ricerca, export, indifferentemente combinati tra loro. Il fattore che non manca mai è la buona qualità delle relazioni industriali e della partecipazione. La stessa Confindustria lo sta valorizzando perché si sta dimostrando efficace in tutto il mondo, dalla Germania ad alcuni stati degli Usa. In Toscana, di fronte alle maggiori difficoltà, siamo riusciti a trasformare le relazioni industriali nel punto di forza del lavoro con risultati non solo difensivi. Qualche esempio: Kme, vicenda Ginori-Gucci, Selex, il polo di Avena del Pignone, il contratto integrativo Unicoop che governa la ristrutturazione del modello di distribuzione qualificando l`occupazione senza penalizzarla, così come nel caso Ikea o nei progetti per le biomasse». Una Toscana felix? «No. Il lavoro con la crisi ha perso, e tanto. Le persone e le situazioni investite dalla crisi sono moltissime, le loro difficoltà ancora in parte sconosciute. Solo nel 2012 si sono persi in Toscana 17.000 posti lavoro. Siamo riusciti a mitigare una situazione spaventosa con 66.543 accordi difensivi dal 2009 ad oggi, tra cui 330 contratti di solidarietà. Restano molti nodi aperti: Isi, Mabro, Lucchini, Breda solo per citare i casi più noti, oltre alle centinaia di realtà che non hanno i numeri per emergere ma che vanno tutelate. E il Maggio». Lì si dice che nonvolete la liquidazione per fare piacere alle banche. «È singolare che a sostenerlo sia il commissario, che è l`unico a ricevere un lauto compenso come consigliere di sorveglianza di un importante istituto di credito. La liquidazione è uno strumento


rischioso, non solo per il possibile effetto su tutto il sistema delle Fondazioni liriche, ma anche per noi. Le banche, dopo avere perso i soldi, non si impegnerebbero in una newco costituita dagli stessi azionisti della badcompany. Inoltre non sono escluse conseguenze per l`intero sistema toscano, che deve fare i conti con una difficoltà d`accesso al credito visto che qui, spiega Bankitafia, le sofferenze bancarie sono più alte che altrove. La non affidabilità del Maggio, partecipato dalle nostre principali istituzioni, peggiorerebbe questo indicatore e l`accesso al credito. La fregatura non sarebbe per le banche, ma per chi ha bisogno di affidamenti per investire e per quel 20% di imprese toscane che dovrà ristrutturare il proprio debito». E allora che fare secondo lei? «Le banche devono essere responsabilizzate, il governo deve costruire un contesto favorevole alla rinegoziazione del debito e dare stabilità alle Fondazioni liriche. Il commissario deve presentare un piano industriale all`altezza del prestigio del Maggio e coerente con il modello toscano di relazioni sociali». Non ha digerito la definizione del Maggio come stipendificio? «No. Ci vedo una continuità ideologica con i fannulloni di brunettiana memoria. Ma, ancora più pericoloso, un tentativo continuo per dividere i lavoratori anziché per unire. Le sembra che oggi ci sia bisogno di alimentare egoismi o solidarietà?». Ma come si difende chi perde lavoro? «Anche per il welfare servono nuovi strumenti che stiamo trattando con la Regione. Stiamo lavorando a un accordo per un fondo di microcredito aperto in cui la Regione metta la base e chi vuole aggiunga. Dopodiché, attraverso regolare bando, si troverà il gestore. E` proprio di questo che stiamo parlando con Banca Etica: sarebbe una novità assoluta in Italia. Crescono i poveri, non i soliti di sempre, ma persone che avevano un reddito e ora per lunghi periodi non hanno più niente. In Italia le famiglie cadute in povertà sono salite a 6 milioni, e chi ha potuto si è difeso consumando in 5 anni 5 miliardi di risparmi, pari a un terzo delPil. I sindaci raccontano che alcune famiglie tolgono i figli dalla mensa scolastica e si iscrivono a quella della Caritas. Sono diminuite del 18% le iscrizioni all`Università, è cresciuto l`abbandono scolastico. Una madre ci ha raccontato di avere dovuto scegliere tra iscrivere il figlio all`università o curarsi. Possiamo tollerare questo? Vogliamo affrontare questo dramma solo con la carità o mantenere aperto un circuito di cittadinanza? Il microcredito in molte situazioni può fare la differenza».


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