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DEMETRIO SCOPELLITI IL MATERIALE E LA MEMORIA
Come per molti della sua generazione il percorso di Demetrio Scopelliti, iniziato in Accademia, sposa in un primo tempo l’impegno civile. Le tele giovanili rivelano una decisa attenzione al sociale e la sua pittura figurativa non disdegna l’intervento della fotografia. In quegli anni di ricerca di un proprio linguaggio che coniughi l’impegno politico e l’espressione artistica Scopelliti incontra l’opera di Mimmo Rotella, che aveva già aderito al movimento del Nouveau Realisme. Scopre così che ci sono altri modi per rompere con l’ordine precostituito: la realtà può essere immediatamente immessa nell’opera con tecniche miste che illuminano, con l’enfasi e l’accumulo, le proprietà che oggetti di uso comune hanno in sé allo stato latente. È una lezione che rimane a lungo, al di là delle scelte successive, segnate dall’abbandono del Realismo e del Pop. Nel clima generale dell’Informale l’artista si concentrerà su una diversa forma di estetica e di impegno e in vari modi la sua ricerca sulle possibilità emozionali della materia si protrarrà fino ai nostri giorni. La materia di Scopelliti è oprattutto il legno: lo sfibra, lo martella, lo incolla, insegue una spaccatura, la amplifica, immette colle, sabbie, colore. Il modo in cui un colore viene applicato è più importante della scelta di tale colore (J. Dubuffet). È la materia che deve parlare perché essa stessa è portatrice di significati. Il materiale è un linguaggio. E quasi sempre è memoria. Se è così si possono andare a cercare segni sui muri delle vecchie case, nelle nostre chiese, porte e numeri civici. Sugli sfondi greche e fregi, memoria di una classicità che ci appartiene e con la quale dobbiamo fare i conti, come con il nostro presente, carta da forno compresa. Il piacere della pittura inizia con la preparazione della tavola che è attesa, inizio di un’avventura. Prosegue con la materia-colore e si completa in punta di pennello. Costante rimane la ricerca di un equilibrio compositivo che si impone da sé.
Nelle opere più recenti appare spesso il bianco, in sfumature diverse dal latte al ghiaccio, spesso accompagnato da macchie di caramello e di verde. Il colore è contenuto da uno spazio-pausa, forse uno spazio mistico, dice l’autore. Tra queste tavole c’è anche un grande uovo: mi ha fatto pensare all’origine della terra, l’origine della vita. Ma di fronte a questo tipo di pittura le intenzioni dell’artista non contano e non credo sia consentita al critico una lettura di tipo psicoanalitico. Mi devo fermare ad una lettura di segni e da questi segni ricavo sicuramente un’ottimistica fiducia nella comunicazione e un grande amore per la pittura.
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Demetrio Scopelliti Pieces Of Wall
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe... (Eugenio Montale)
Le opere di questa mostra fanno parte di un progetto nato in due tempi, prima e dopo il lock-down del 2020. Scopelliti stava lavorando già dall’autunno 2019 ad una esposizione per la libreria Bocca di Milano quando il Covid ha avvolto di lutto e di silenzio il mondo intero. Si è allora assistito ad una crescita esponenziale dei social e alla loro massiva capacità di aggregazione resa quantitativamente vertiginosa dalla pandemia anche per ciò che concerne il Sistema dell’Arte. Demetrio Scopelliti però, come molti altri, si è fermato, anche il suo colore felice ha chiuso i battenti per riaprirli solo alla fine dello scorso anno. Questa la genesi delle incrostazioni esposte, piccole tavole in cui strati di colla, gesso, carta incollata, colore, sabbia di quarzo, creano uno spazio altro, non identificabile con il già visto se non in dettagli scalcinati che di norma non attirano attenzioni particolari, ma aperto al dialogo con l’io e con i propri ricordi coscienti, o anche solo con un vissuto rimosso. Uno spazio non basato sull’autorità dell’immagine che, solo di rado, emerge scolorita in guisa di motivo decorativo architettonico, numero civico sbiadito dal tempo, grumo di brandelli di carte colorate, manifesti incollati uno sull’altro testimoni di un respiro e di una vita che quei muri hanno abitato. Muri che hanno vissuto, compagni muti e perenni, l’alito e il sospiro di chi li ha abitati, di chi, scavando nella memoria, li ricorda con il loro odore umido di inverni andati, di chi sovrapponendo materia su materia, li ricrea per se stesso e per chi ha il coraggio di affrontare un cammino che può essere a ritroso come pure in avanti, sospinto dalla quantità di luce, dal bianco abbacinante, dal puro nulla che si apre progressivamente nella parte bassa di ognuno di questi pezzi di muro. Pieces of wall è tutto ciò, è psiche e materia, è composizione ed equilibrio ossessivo, è colore felice, colore largo che respira in tutte le tonalità di cui la nostra retina può godere.