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LA MOSTRA “PURO VISIBILE”

Al Macs Di Santa Maria Capuavetere

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La mostra PURO VISIBILE presentata al MACS di Santa Maria Capua Vetere il 31 marzo scorso presso il Liceo Artistico Solimena ha visto la partecipazione di ben diciannove artisti.Antonio Grazianocon le sue fotografie ha testimoniato il profondo legame con il territorio documentando Napoli e il suo tessuto urbano che interagisce costantemente con la provvisorietà delle impalcature che per decenni caratterizzano l’aspetto dei monumenti più rappresentativi della città. In questo caso si tratta della guglia della chiesa di Santa Maria di Portosalvo, un luogo liberato dai ponteggi solo di recente. Un report “strutturale” che nell’altra fotografia rappresenta l’aspetto più tipico della Città, da sempre, e simbolicamente, ricondotta alla dimensione universale del luogo elettivo dei sentimenti e dell’amore. Paola Adamoè presentecon le sue scene dal gusto “hopperiano” ispirate ad una quotidianità intensamente vissuta fatta di attese in stazione, treni in partenza e corridoi che di fatto diventano percorsi obbligati della realtà e della mente e chesimbolicamente presentano“una via d’uscita” in relazione ad ogni possibile tensione psicologica. Alberto Balaguer con le sue scene trasognate e giocate sul momento mori offre il suo repertorio più tipico che s’ispira alle miserevoli condizioniesistenziali dell’uomo dinanzi al trascorrere del tempo e alla vanitas della vita. Un senso dell’antico che pervade le ambientazioni e che diventa una lezione sul passato ancora più intensamente figurativa e universale. Si fa interprete di una cultura artisticadi spessore mettendo in mostra le sue notevoli capacità pittoriche e disegnative.Enzo Briscese sottolinea la preoccupante condizione dei giovani rispetto all’uso dei dispositivi tecnologici e incentra la sua tematica intorno all’imbarbarimento del linguaggio basato su di una comunicazione che è provocatoriamente ridotta al sistema binario, 0101…, che paradossalmente non produce semplificazioni ma, al contrario, genera confusione e isolamento con riferimento esplicito alla sindrome di hikikomori. Alfonso Caccavale affronta il tema dell’antico attraverso il linguaggio della rielaborazione digitale. Presenta due opere dedicate alla digital art che esprimono una modalità figurativa che lascia intravedere l’oggetto originario nel fondo della raffigurazione quale il tempio di Poseidone a Paestum e la testa di Apollo cosiddetta di Kassel.

Il cromatismo psichedelico adoperato riproduce una scomposizione d’insieme che smaterializza l’idea delle cose e rielabora i concetti in chiave figurativa completamente destrutturata. Sono composizioni che finiscono per essere esempi emblematici dell’arteconcettuale. Umberto Carotenutoriproduce con gusto manualistico il Golfo di Napoli, il Vesuvio, la lava e i fenomeni eruttivi del territorio in un contesto narrativo che s’ispira a conoscenze di carattere archeologico ricostruendo le origini delle prime fasi abitative delle coste campane ad opera dei coloni greci risalenti alla cosiddettafase euboica. È rappresentata l’origine dell’antropizzazione dei nostri territori spesso celata nel mistero delle sepolture “ad anfora” rinvenute nelle aree archeologiche di Cuma e oggi esposte al museo archeologico di Baia. Rossella Cavagnuolo nel contesto della mostra propone le sue rappresentazioni con un linguaggio polimaterico d’ispirazione concettuale e presenta due opere di cultura geometrica con inserti figurativi dal profondo significato simbolico. Il nudo femminile viene trattato con un fare intenso affidando alla corposità del colore l’intera resa anatomica. Rosaria Cecere adopera un linguaggio ispirato ad un genere burlesque con scene e personaggi appartenenti al registro espressivo “del favoloso” con riferimenti significativi di chiara estrazione simbolica. Una lunga tradizione sottende a questo tipo di raffigurazione caratterizzata, come proprio in questo caso, da una ricchezza cromatica notevole e da un’articolata capacità compositiva. Biagio Cerbone esprime un linguaggio figurativo vettoriale incentrato sulle sinestesie e le associazioni sensoriali. Una sorta di adesione visiva ai movimenti artistici del Fluxusdominati però da una versione specificamente figurativa che perviene ad intense e variegate elaborazioni di carattere cromatico. Antonio Ciraci, maestro del figurativo e della visibilità colta e carismatica, propone le sue figure mitologizzate all’insegna di un profondo intreccio culturaled’identità antropologica.

Le sue opere acquistano un valore simbolico per il territorio da cui proviene divenendo “le sue ultime ancelle” dell’immaginario ispirate ad uno stile inconfondibile legato alla tradizione partenopea che domina al centro di un linguaggio più ampio, d’impronta specificamente meridionale. Aurora Cubicciotti declina la figura umana in tantissime versioni passando dal ritratto alla posa anatomica di antichissima reminiscenza classicistica legata alla tradizione del “nudo” accademico. La sua è un’approfondita competenza nel campo del disegno e della raffigurazione che nell’uso del colore diventa a tratti anche di tipo materico. Un ambito culturale in cui si attiva una sapiente capacità a idealizzare il repertorio umano e figurativo con profonda attinenza alla cultura trasognata del poema naturalistico che genera immagini pronte ad evocare ogni repertorio prettamente emotivo.

Giuseppina Cusano sembra irrompere nel panorama dell’intera mostra con le sue raffigurazioni paesaggistiche generando uno strano contraddittorio culturale in fieri. In realtà lei non intende generare nessuna “polemica” di natura stilistica ma soltanto mettere in pratica una serena e descrittiva pittura d’immagine dotata di una vena fotografica che alimenta la curiosità dell’osservatore che si lancia istintivamente “all’inseguimento” dei mille particolari appartenenti aquelle abitudini popolari tipiche di un’intera epoca. Enzo Faraldo si spinge nei meandri della metafisica elaborando immagini incentrate sulla cultura fantastica e simbolica. Il legame con la tradizione assume una dimensione evocativa d’impianto che richiama le grandi pale d’altare del Rinascimen- to. Una sorta di attualizzazione della figura e del paesaggio di estrazione veneta nel solco della tradizione della pittura ferrarese e veneziana della fine del Quattrocento con un chiaro riferimento alla musica che è un altro degli aspetti fondamentali della personalità artistica dell’autore.

Francesco Matrone elabora nell’intera mostra una dimensione ai limiti del figurativo proponendo un repertorio d’immagini sviluppato all’interno del processo ideologizzante del concetto e affidando così uno dei temiqui proposti alla “claustrofobia” di una scarabattola. Si tratta della figura di Giordano Bruno che assume dimensioni diversificate e tanti significati legati alla ben nota sfera ermeneutica e socialedegli studi bruniani. Nell’altra opera sembrerebbe addirittura raggiungereun linguaggio astrattista-geometrico che non è propriamente tale perché, rimanendo fedele alla matrice figurativa di partenza,essa si posiziona - legandosi concettualmente - a latere dell’opera accanto proposta. José Manuel Mendez si rifà ad una cultura neoimpressionistica d’avanguardia affidando a poche pennellate l’immagine di una marina industriale dei nostri giorni.

Una pittura dotata di una sapienza cromatica molto importante dove la gamma delle tonalità fredde - dal nero, al grigio, al celeste - si distribuisce con intensità sfruttando l’immenso fondo bianco di chiara ascendenza “luministica”. RamónPeréz arricchisce l’intero panorama della mostra con due calotte di pallone “giocate” attraverso un “dualismo” cromatico che lascia intravedere una reiterata osservazione dello stesso soggetto in ore diverse del giorno. Una sapienza nella resa della superficie materica che mostra le condizioni attuali di un qualcosa che ha perso definitivamente la sua funzionalità e che potrebbe rappresentare da subito “altro” come la cupola di un tempio o la volta di un planetario. Gennaro Ricco propone nudi femminili basati sulla resa dei contorni in chiave espressiva. Un riferimento esplicito alla figura trattata secondo quei canoni dell’espressionismo nordico con rievocazioni della cultura cromatica come sistema di forze fisiche in campo. Un omaggio di tipo evocativo rivolto soprattutto all’evoluzione della figura novecentesca secondo quegli sviluppi maturati in molti ambienti artistici della seconda metà del secolo scorso senza mai lasciarsi attrarre da suggestioni di tipo aniconico. Roberto Russointegra il gesto pittorico con il recupero dei temi appartenenti alla“pagina stampata”. La sua è la raffigurazione del ritratto femminile accostata ai grandi titoli dei giornali e delle riviste. Un tema di natura psicologica molto forte per i tempi in cuiviviamo che dichiara tutta la sua intensità nell’attualizzazione della figura umana –in questo caso della donna – e nel contesto culturale contemporaneo condizionato dalle mode e dalle notizie giornalistiche in molti casi conformistichee pregiudizievoli. JesusSusilla completa il panorama generale del percorso espositivo con queste “due versioni” dedicate alla nascita e al “destino dell’uomo” strettamente condizionate dal mistero della vita. Nel fondo un susseguirsi di formule matematiche indicano simbolicamente una corrispondenza tra cultura scientifica e imprevedibile fatalità del cosmo. Si tratta di una visione molto intellettualizzata della figura umana che ritrova nella “purovisibilità” la maggiore fonte d’ispirazione artistica.

(Mino Iorio, Critico e Storico dell’Arte)

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