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ATTILIO LAURICELLA
Attilio Lauricella è nato a Radusa (CT) nel 1953 e risiede a Torino dal 1959.
Si è formato attraverso lo studio classico della figurazione frequentando il Liceo Artistico dell’Accademia Albertina di Torino e gli atelier di vari artisti. Lavora a tempo pieno come pittore
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Sono numerose le esposizioni personali a carattere anche didattico, per conto degli Assessorati alla cultura di vari Comuni dell’interland torinese.
Ha presentato le sue opere in prestigiosi studi d’architettura in varie città italiane. Dal 1972 prende parte a varie rassegne della Promotrice delle Belle Arti e del Piemonte Artistico e Culturale di Torino di cui si può ricordare la mostra “Giovani Artisti in Piemonte” del 1983.
Ha esposto al Fiat France di Parigi (1980) nonché nei
Foyer di alcuni teatri torinesi, quali il “Teatro Nuovo” e il Teatro “Erba” nel 1978 con mostre personali e lo Stabile “Gobetti” per la collettiva “Storie di quadri” con un progetto di cm 150x500 nel 1982. Nel 1990, ‘91 e ‘98 ha presentato i suoi lavori al Salone del Libro di Torino Esposizioni e al Lingotto.
Partecipa ed è promotore di varie iniziative collettive e conferenze con il gruppo “Oltre” e “Nuova sintesi”. Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.
E’ presente attualmente (2009) nel Direttivo del Piemonte Artistico Culturale di Torino e collabora con varie Associazioni, fra cui Arte Città Amica e partecipa alla promozione di un gruppo di Artisti Astratti attraverso l’Associazione It.ART di cui è Fondatore con i quali sono stati realizzati vari cicli espositivi.
Tuffarsi nel vortice energetico e vitale del mondo è l’urlo di passione per il colore di Attilio Lauricella. Una ricerca profonda del reale che muta nella sua pura essenza attraverso la trasformazione e la trasfigurazione dell’oggetto in istanti geometrici che coprono tutta la superficie del supporto in un movimento continuo,dinamico,inalterato,dove tratti e linee più sinuose o curve tendono a colmare il senso e l’andamento dell’intera composizione.
Figure geometriche pure, che vengono ripetute all’infinito, come triangoli, sottendono un cosmo in evoluzione. Il colore genera strutturalmente il significato della vita rappresentata:il rosso, il verde ed il giallo sono catturati dal segno e dal gesto dell’artista, che scompone che scompone i suoi universi all’insegna dell’unità dell’opera.
L’equilibrio geometrico per il regolare viene rivissuto e respirato nel ciclo rappresentativo senza incertezze, la ripetizione incessante ed assidua trova il suo rapporto dimensionale in un flusso che corre parallelamente al dato emozionale. Il fruitore è avvolto dall’anima vitalizzante e totalizzante della complessità artistica.
L’informale di Lauricella è come uno spazio sgranato all’infrarosso,o quando si osserva un cristallo visto controsole, si scopre la materia nella sua essenza: dalla trasparenza all’arcobaleno, e più si penetra il particolare, più si avvicina a tutte quelle particelle e molecole che compongono l’universo nei propri cicli vitali, anzi energetici,quelli che appartengono al divenire artistico di Attilio.
Emozione, sorpresa e stupore implicano una doppia so- spensione momentanea: da una parte quella del firmamento lauricelliano, che ruba attimi al reale, poi filtrato dalla propria vena artistica,e dall’altra dell’osservatore, che si trova attonito in campi di colore e geometria fugacemente orchestrati. Anche la ricerca dei materiali per le installazioni non tradisce il senso e il carattere creativo dell’artista,che approda sulle rive della luce, rendendo ancora più vitali le proprie composizioni. Geometria, colore e luce vivono in una costante simbiosi di movimento,che non avrà mai una fine, segnando così il passaggio da un’opera all’altra nel racconto infinito e di non morte dell’arte di Attilio.
(Barbara Rotta)
Solcare l’uscio dello studio di un pittore è come gettarsi in un mondo magico, fatto di sensazioni tattili, visive, olfattive e soprattutto di emozioni psichiche. Come nella fucina di un grande mago, l’artista crea, forgia nel fuoco sempre vivo della sua immaginazione, compone e disgrega, cuce e taglia, moltitudine d’idee, di concetti, di studi, che sul suo tavolo di lavoro divengono realii miracoli.
L’odore acre delle trieline, quello un po’ nauseante dei colori ad olio, i caleidoscopici lavori multiformi e coloratissimi appesi alle pareti del piccolo studiolo, stordiscono, annebbiano la mente, creano un senso di disagio misto al gran piacere dell’osservazione. Quasi come sotto l’effetto allucinogeno, il cuore si riempie di felicità, dandoci però una vertigine incontrollabile. . . . . . (Franco Campora)