1 minute read

PER SEQUENZE DI LUCI E DI INCANTI di Rocco Zani

Negli spazi espositivi della Villa Comunale di Frosinone, la mostra di Enzo Sabatini “Composizioni Astratte 2.0” Quello con Enzo Sabatini è un appuntamento conciliante che si consuma con generosa puntualità. E’ l’incontro primaverile che preannuncia, quasi paradossalmente, ciò che è accaduto. Come ad “apparecchiare”, con salutare lentezza, il racconto – o i racconti – della precedente estate. Quella che da decenni vede Enzo Sabatini porre lo sguardo tra le cromie e i segni del “suo” mare. Fino a farne un paesaggio intimo, esclusivo, rimodulato per sequenze di luci o di incanti. Un paesaggio dell’anima diremmo noi, rifiutando per un istante l’uso smodato di questa accezione. Perché Enzo Sabatini si fa “dialogo” tra la sostanza dell’immagine e di questa il senso, la percezione, il battito. Una sorta di cortile affettivo dal quale è impossibile – fortunatamente – migrare o distrarsi. Un luogo capace di riservare ricorrenti sorprese e lasciare che queste dettino i capitoli del divenire. In un certo senso mi ricorda Roman Opalka che dipinse l’infinito affidando alla sequenza numerica il rintocco del tempo. Ogni ora del giorno, ogni giorno della sua vita. Le geometrie cromatiche di Enzo Sabatini indagano il luogo e lo preservano. Ne colgono ogni minuscola movenza, ogni probabile alterazione. Talvolta, in questa successione di segni e orizzonti più o meno celati, si avverte il rifiato del vermiglio o dell’oro. Un ruolo testimoniale quello dell’artista, poeticamente arroccato ai margini dell’apparenza, per far si che questa diventi - o restituisca – ai nostri occhi un’immagine di memoria, di affezione, di naturale bellezza. Nella sua piena maturità nulla si è incrinato nel cammino prescelto, quasi a rimarcare, invero, un più intenso rigore concettuale che - per stramberie del tempo - si è arricchito di inusitati bagliori, di prospettive inedite e di colori che sono, oggi, consonanti e vocali del dire.

Advertisement

This article is from: