Alta Definizione Gallucci
Divier Nelli
Coma
Divier Nelli Coma ISBN 978-88-6145-768-3 Prima edizione ottobre 2014 ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2014 2015 2016 2017 2018
© 2014 Carlo Gallucci editore srl - Roma © 2014 Divier Nelli, tramite Nabu International Literary Agency
Il marchio FSC® garantisce che la carta di questo volume contiene cellulosa proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. L’FSC® (Forest Stewardship ® Council ) è una Organizzazione non governativa internazionale, indipendente e senza scopo di lucro, che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, scienziati e tecnici che operano insieme per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Per maggiori informazioni vai su www.fsc.org e www.fsc-italia.it Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.
A Lisa, mia madre
“Dimenticare. È spesso utile quanto il ricordare” Massimo Bontempelli
Avvertenza Questa è una storia di fantasia. Ogni riferimento a fatti, persone e luoghi è da considerarsi puramente casuale.
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La donna guardò il taxi fare inversione e allontanarsi in una nuvola di fumo grigio e polvere. Aveva pensato a lungo a quel momento, cercato mille volte di immaginare come sarebbe stato, come avrebbe reagito, e adesso che c’era… Tornò a fissare il cancello automatico a lance acuminate, la siepe di lauro che circondava il giardino e aveva bisogno di una potata, la porticina di servizio dello stesso verde carico del fitto fogliame. Era di bell’aspetto, le avevano detto che somigliava a Grace Kelly. Il tailleur pantalone antracite metteva in risalto la figura slanciata, anche se un po’ troppo magra. Aveva con sé un borsone di tela nera, di quelli da palestra, con cerniera lampo, e nell’altra mano due voluminose buste di carta. Continuò a guardarsi intorno con curiosità. Per l’intero tragitto, dai finestrini del taxi non aveva fatto altro. Non riuscì a individuare nell’ambiente circostante niente di familiare, non provò nemmeno una sorta di déjà vu. Eppure… 9
La strada dove si trovava era stretta, dritta, due utilitarie affiancate ci passavano appena. Un lato fiancheggiava i binari della ferrovia che correvano oltre una palizzata in cemento coperta di rampicanti, l’altro una distesa di campi punteggiati da serre e abitazioni vecchie e nuove. Mise a terra il borsone con sopra le buste. Poteva aprire il cancello con il telecomando, ma usò il mazzo di chiavi. Le provò nella serratura della porticina finché non trovò quella giusta. Prima di entrare diede ancora una rapida occhiata alla cassetta delle lettere, dove compariva la scritta “Claudia Volpi”, e scosse la testa. L’erba giallastra del giardino le arrivava quasi alle cosce. In un angolo c’era un fabbricato, la saracinesca arrugginita abbassata. Percorse con passo incerto la dolce curva del vialetto di ghiaia fino alla casa dalla facciata scrostata. Salì due gradini di marmo ingrigito e si ritrovò in una veranda con il soffitto a spesse travi di legno. C’erano robusti mobili di vimini, un tavolino rotondo con il ripiano di vetro e un paio di poltrone senza cuscini. Ci siamo, pensò Claudia, gli occhi incollati alla porta, il cuore che batteva forte. Le ci volle altro tempo per trovare la chiave. Ebbe un attimo di esitazione, e un brivido le attraversò la schiena. L’avevano messa in guardia: «Soprattutto agli inizi, non sarà facile…» 10
Si fece coraggio, doveva tenere duro. Girò la chiave facendo scattare la serratura tre volte, poi spinse la porta. Il sole irruppe all’interno illuminando un lungo corridoio pieno di pulviscolo. Un lampadario a gocce di vetro proiettava sui muri riflessi sinistri. Claudia rimase sulla soglia. La sua ombra si stagliava sottile e nera sul pavimento di graniglia Anni Settanta, per poi risalire quasi ad angolo retto sulla porta in fondo, lattiginosa a causa dei vetri smerigliati. Un tanfo insopportabile la investÏ, mozzandole il respiro peggio di un pugno nello stomaco.
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Subito sulla destra, oltre un’ampia porta a vetri spalancata, c’era una stanza in penombra. Claudia accese le luci ed entrò in un salotto con un grande divano beige logoro e macchiato. Davanti c’era un tavolinetto coperto di bicchieri e piatti di plastica con resti di cibo. Storse la bocca pensando che quella roba doveva avere come minimo un paio di mesi, puzzava da morire. Sul pavimento, pile di giornali e riviste. La libreria che copriva due pareti fino al soffitto era stracarica di volumi e sembrava sul punto di cadere a pezzi. Su ogni cosa si era depositato uno spesso strato di polvere. Borsa e buste le scivolarono di mano. Come le avevano detto? «Soprattutto agli inizi…» Il suo primo impulso fu di tornare all’aria aperta, al tepore, alla luce diretta del sole, di fuggire lontano da quel tanfo insopportabile, anche se non sapeva bene dove. In realtà l’unico posto dove sarebbe potuta andare, anzi tornare, era proprio quello da cui era appena venuta. Claudia si morse la guancia. Non poteva dargliela vinta, sarebbe stato come ammettere che avevano 12
ragione su tutto. Non riusciva ad accettarlo. Avrebbe fatto da sé… Con tono impassibile, guardandola dritta negli occhi, le avevano perfino raccomandato di mettersi in casa un aiuto, qualcuno da avere accanto. «Di solito di queste cose si occupano il marito, i figli, i parenti… Certi momenti saranno davvero difficili…» Per la rabbia scagliò via la prima cosa che le capitò fra le mani. Il piccolo portacenere arancione attraversò la stanza come un proiettile ed esplose all’impatto con la parete. Una miriade di schegge di vetro si sparpagliò in tutte le direzioni. Si lasciò cadere sul divano. Calmati, respira… Così… Si passò le dita lunghe e nervose tra i capelli. Se li era fatti tagliare corti, appena un centimetro, ma questo non attenuava la delicatezza dei suoi lineamenti. Cerca di recuperare il controllo. Ce la puoi fare. Ne hai già superate tante, no? In questo modo non risolvi nulla. Anzi… Fu allora che vide il cellulare, spuntava da sotto il cuscino che le sfiorava il fianco. Lo afferrò piena di speranza, i battiti di nuovo accelerati. Provò ad accenderlo. Non dava segni di vita, dopo due mesi doveva essere scarico. Si guardò intorno con sgomento, in cerca del caricabatteria. Doveva accedere alle informazioni del telefonino, era fondamentale. 13
Le sembrava passato un secolo da quando tutto aveva avuto inizio. Si sentĂŹ ancora piĂš sola, microscopica e impotente. Quello che le era accaduto era assurdo e assolutamente spaventoso.
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