Angelo di liberto
Prefazione di MARIA FALCONE
Don Tano infila la mano in tasca, quando la estrae due cose brillano: il suo anello d’oro e la lama di un coltello. Papà non ci fa caso, ha aperto la porta.
Dall’interno le luci si muovono e si sentono le voci di mamma, Anna e Maria. Devo fare qualcosa. Mi avvicino e sono vestito da moschettiere. Ho la mia spada e quando don Tano mi vede si ferma e mi mostra i denti. Mi metto davanti a mio padre. A noi due, don Tano!
Universale d’Avventure e d’Osservazioni
UAO
Angelo Di Liberto
Il coraggio di Giovanni disegni di Damiano Rotella
dello stesso autore: Lea
ISBN 979-12-221-0507-9
Prima edizione maggio 2024
ristampa 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2028 2027 2026 2025 2024
© 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Opera pubblicata con il patrocinio della Fondazione Falcone
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Prefazione di Maria Falcone
Questo libro di Angelo Di Liberto ha per me un grande pregio, quello cioè di aver messo in risalto la vita familiare in cui Giovanni ha vissuto e dalla quale ha assorbito valori e interessi.
Mentre rileggevo le sue pagine, alle quali anche io ho contribuito attraverso il racconto ad Angelo della mia infanzia con Giovanni, mi sono come sempre emozionata pensando a quegli anni felici, fatti di tante cose semplici, all’interno di una famiglia ben radicata in una società ferita e povera a causa della seconda guerra mondiale.
Noi bambini, in quegli anni, ci accontentavamo di poco ed eravamo contenti anche solo se la mamma preparava i biscotti o se papà ci portava un pomeriggio al cinema.
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Ascoltavamo con grande attenzione i racconti delle nostre zie, che ci parlavano spesso dei tempi eroici della prima guerra mondiale, che noi non avevamo vissuto.
Dal mio ricordo e dall’analisi di tanti piccoli episodi della nostra vita familiare, ho potuto constatare che il “Giovanni uomo”, quello che tutti conosciamo, con le sue qualità, è il frutto dell’esperienza educativa che ha vissuto nella nostra famiglia.
Sicuramente anche la scuola e l’incontro con un bravissimo professore di filosofia contribuiranno a completare la sua formazione, costruendo comunque sui pilastri che già la famiglia aveva posto.
I tanti episodi della vita di Giovanni bambino di queste pagine, anche se influenzati dalla fantasia dell’autore, mettono in evidenza che già da piccolo mio fratello aveva assorbito quei valori in cui poi crederà per tutta la vita e che lo porteranno professionalmente a essere il magistrato Falcone.
La fabula di Di Liberto, quindi, potrà essere un prezioso strumento nelle mani di ogni inse-
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gnante che saprà coglierne le potenzialità educative.
Voglio dunque ringraziare Angelo per l’attenzione che ha dato ai miei racconti e per la maestria e abilità con cui ha saputo tradurli in bellissime parole che spero possano emozionare i ragazzi che le leggeranno.
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Mi chiamo Giovanni Salvatore Augusto, ho sette anni e questo potrebbe essere il giorno più bello della mia vita.
Sono le quattro e mezza di notte nell’orologio a pendolo e appena farà luce mio padre, come promesso, entrerà per aprire le antine di vetro, scosterà le tendine di velluto e finalmente scoprirò cosa c’è dentro la nicchia nel muro di fronte al mio letto. Tanto oggi non andrà a lavorare al laboratorio dell’ufficio d’igiene. Lui è sempre impegnato ma per me il tempo lo trova.
È la prima notte che trascorro nella mia stanza dopo quattro giorni in cui ho dormito in quella di mia sorella Maria, che ha tre anni più di me e una passione per la Spagna. Non si mette certo a recitare frasi in un’altra lingua come fa invece mia sorella Anna, la più grande, che
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parla sempre in inglese anche quando siamo a tavola, ma mi ci pizzico lo stesso. L’ultima volta la mamma ha messo me e Maria in punizione in soggiorno, su due sedie vicine.
«Restate seduti fermi fino a che non ve lo dico io».
Maria mi guardava, poi a un certo punto ha arricciato il naso e si è alzata.
«Ma dove vai? La mamma non vuole».
Mi ha ignorato e se n’è andata. Io sulla sedia mi ci sono addormentato.
Stanotte non ho dormito molto, un po’ sì e un po’ mi svegliavo, perché non vedevo l’ora che fosse l’8 dicembre, la festa dell’Immacolata.
Anche se è ancora buio e tutti dormono, io non posso più aspettare. Già mi sono immaginato che cosa ci troverò nella nicchia: una spada come quella di Zorro e di D’Artagnan mentre combatte contro Lord de Winter. Finalmente una spada vera, non il giocattolo di legno che mi sono fabbricato con la gamba di una sedia. Mi ha aiutato mio padre. Mi ha chiesto dove l’a-
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vevo presa. Io gli ho detto la verità, che l’avevo staccata da una sedia trovata su un cumulo di cose buttate a piazza Magione, non era di nessuno. L’ha portata da un falegname che l’ha fatta diventare a punta, poi mi ci ha messo l’elsa con un altro pezzo di legno e l’ha legata con una corda.
Sono un moschettiere, D’Artagnan, la spada l’appoggio sempre sul comodino vicino al letto. Sono come zio Salvatore, il fratello di mia madre. Lui è un eroe, lo dicono tutti, perché è andato in guerra per servire la patria, arruolandosi nei bersaglieri, anche se non aveva nemmeno diciotto anni e aveva dovuto falsificare il documento per partire. Dopo un anno è stato colpito da una granata ed è morto. Mamma piange ancora per lo zio Salvatore, dice che devo essere coraggioso quanto lui e per questo mi ha dato il suo come secondo nome. Augusto l’ha deciso mio padre, dato che ha sempre amato la storia degli imperatori romani. Però a casa mi chiamano solo Giovanni. Papà, ogni tanto, biddicchiu, quando mi mette una mano sulla testa e mi scombina i capelli.
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Prima di essere D’Artagnan ero Zorro, poi però ho strappato la tappezzeria di raso color ruggine del piano nobile dove abitano le sorelle di mio padre, le zie Stefanina e Melina, facendo delle “Z” con la spada. “Zazzazza”. Mia madre si è arrabbiata, mentre papà è stato più buono con me. Lui mi capisce e lo sa che l’ho fatto per sbaglio, che quando gioco con la spada non capisco più niente.
Zorro l’ho conosciuto in un libro. Nello studio di papà c’è una libreria piena piena. Di pomeriggio, quando finisco di fare i compiti e non vado a tirare di scherma contro il mio amico ficus, un albero altissimo che si trova vicino casa, vado lì, salgo su una poltrona e prendo un libro. Alessandro Dumas è il mio scrittore preferito perché I Tre Moschettieri l’ha scritto lui e io vorrei la pettorina con la croce e il cappello con la piuma. Voglio vincere i cattivi e proteggere i deboli.
Vuoi vedere che la sorpresa è questa? Papà ha nascosto la pettorina e il cappello nella nicchia? Veeeeeroooo, per questo mi ha fatto dormire da Maria.
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Quanto manca all’alba? Ancora non è spuntata la luce e io ora ho sonno. Non mi devo addormentare. Il lume sul comodino è sempre acceso perché, lo confesso, ho paura del buio ma non lo deve sapere nessuno. Prendo la spada e me la metto accanto, tra poco ce ne sarà un’altra, quella nuova. È proprio il giorno più bello della mia vita.
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Angelo Di Liberto vive a Palermo. Da ragazzo conobbe Maria Falcone a scuola e, affascinato dai racconti sul fratello, ha cominciato a interessarsi alla vita del giudice, che è così diventato il suo riferimento, il suo eroe. Da allora non ha mai smesso di scriverne e diffonderne le idee di legalità e giustizia. Autore di romanzi e racconti, in rete ha fondato la comunità di lettori consapevoli “Billy, il vizio di leggere - il gruppo” e ha dato vita a “Modus Legendi”, l’iniziativa che porta in classifica nazionale autori e libri di qualità. Con Gallucci ha già pubblicato Lea.
Copertina: Illustrazione di Damiano Rotella Fotografia dell’autore: © Pasquale Buffa
Art Director: Stefano Rossetti
Graphic Design: Eleonora Tallarico / PEPE nymi
Non si è mai troppo piccoli per stare dalla parte del bene.
Dicembre 1946, casa Falcone, a Palermo. Giovanni ha 7 anni e riceve un regalo speciale dal papà. Qualcosa però non lo convince in quel gruppo di statuine: c’è un personaggio inquietante, da cui non riesce a staccare gli occhi. In quel pastore dallo sguardo truce il bambino identifica un boss mafioso, responsabile di un omicidio di cui in città in quei giorni si parla molto. Con la sua spada di legno, Giovanni immagina di affrontarlo, combattendo contro il suo speciale compagno di giochi, un albero di ficus. Scoprirà così il valore del coraggio, è così che imparerà a dire: “Io non ho paura”.
“Papà mi ha detto che anche i moschettieri avevano paura e che non mi devo vergognare. Bisogna convivere con la paura ed è quello che farò pure da grande. Ilcoraggiosomuoreunavoltasola, ilvigliaccoognigiorno”.