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STORIE DI CUCINA CUCINE D’OGGI

Una narrazione

©2021 Edizioni Plan – Loreto (AN), Italy www.gruppoeli.it info@gruppoeli.it

Giovanni Ballarini

Storie Di Cucina

Cucine d’oggi

Impaginazione: Andersen

Foto: Shutterstock, archivio Eli-La Spiga Edizioni

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ISBN 978-88-6444-167-2

Tecnostampa – Pigini Group Printing Division – Loreto – Trevi 21.83.279.0

Questo libro è una narrazione antropologica di dati ottenuti dalle più disparate fonti e per una lunga serie di stimoli, occasioni, incontri, discorsi e discussioni in luoghi e tempi così dilatati e con un gran numero di persone che posso solo ringraziare collettivamente. Nella elaborazione e stesura di questo scritto un mio ringraziamento particolare va a Luca Govoni per i molti suggerimenti e a Marino Marini per il contributo bibliografico.

Prefazione

La cucina perenne è cambiamento

Introducendoci nel 2000, più che tentare di prevedere il futuro, partendo dalla memoria del presente bisogna prendere coscienza delle aspirazioni che si vorrebbero vedere realizzate nel futuro, senza avere alcuna pretesa di completezza o di priorità. A questo riguardo utili, se non necessarie, sono alcune considerazioni.

Quando la rivoluzione francese fa crollare un regime con il suo stile, si teme la fine di una cucina, mentre è l’origine della nuova cucina borghese. Un’analoga paura alla fine del 1900 pervade quanti credono che tutto naufraghi quando gli chef superano i limiti della cucina borghese con nuove e inconsuete proposte. Timori e paure che si ripetono per ogni cambiamento e che sorgono quando si dimentica che la cucina, per mantenersi viva, ha bisogno di mutare, come l’albero che ogni anno si spoglia delle foglie vecchie per rivestirsi di foglie nuove, il serpente che cambia la pelle o l’araba fenice che risorge dalle sue ceneri.

La cucina non è un insieme di regole o ricette prefissate e immobili, ma un insieme di avvenimenti che accadono, cambiano con il mutare della società, senza seguire regole prestabilite e soprattutto non si mettono in fila come si vorrebbe per una descrizione ordinata dei cambiamenti. Gli avvenimenti accadono in modo diffuso, sparso e disordinato, come quando Cristoforo Colombo parte per le Indie alla ricerca delle spezie e dalle Nuove Terre riporta patata, pomodoro e mais, eventi che cambiano le cucine europee e poi mondiali. Oppure quando gli scienziati scoprono le macchine per fare il vuoto o il freddo, rivoluzionando la conservazione degli alimenti e la gastronomia.

La cucina, la sua storia o qualsiasi sua narrazione, può essere pensata come un insieme di cose, di qualche cosa che è ben definito e che rimane immobile e riproducibile: un fatto, un alimento, un cibo, una tecnica, una ricetta. Oppure si può pensare alla cucina come un insieme di eventi, di accadimenti, di processi, di quanto succede, di ciò che non dura e che è in continua trasformazione, non rimane nel tempo ma si evolve e soprattutto ha diverse e spesso anche contrastanti interpretazioni che cambiano, per cui quello che è prima elitario diviene poi popolare e viceversa. Vincente è la seconda prospettiva di una cucina non statica, ma in perenne cambiamento, a volte lento e quasi impercettibile, quindi facilmente accettato, altre volte rapido se non traumatico e quindi discusso e anche in parte e inizialmente rifiutato.

Pensare la cucina come un mondo di eventi, accadimenti e processi ha guidato la ricerca e l’esposizione di questa narrazione, che in modo schematico ha raccolto avvenimenti anche da altri descritti e narrati, concepita ed esposta come una serie di mappe spazio-temporali, tra loro anche sovrapposte. Ogni mappa ha una delimitazione sociale e temporale e nel suo interno accoglie una serie di eventi che non sono disposti in un inesistente e quindi impossibile preciso ordine lineare, come alcuni gradirebbero avere, perché tra gli eventi esiste una complessa e per certi aspetti infinita rete di rapporti. Ogni mappa inoltre si sovrappone e ha rapporti con le precedenti e sta alla base di quelle successive.

La storia e ogni narrazione devono inoltre tenere conto che la cucina funziona come una rete di eventi, dai più semplici ai più complicati, che sono anche relazioni sociali, condizionamenti economici, dipendenze tecnologiche, sentimenti, impressioni, emozioni e tanto altro. Una narrazione della cucina come un mondo di accadimenti in cambiamento perenne, sia pure con diverse velocità, ha il merito di mettere in luce l’esistenza di una cucina perenne che si manifesta in una infinita molteplicità di forme diverse nei luoghi e nei tempi. Una cucina perenne che collega le cucine dei diversi periodi e, come per altri linguaggi, dà la possibilità di comprendere la cucina dell’altro, sia pure con diversi gradi di difficoltà, e rende possibile tradurre una cucina in un’altra, anche qui con una serie di limitazioni e anche di tradimenti, con la mediazione d’interpretazioni, come avviene per ogni linguaggio.

Vedere la cucina come una serie di accadimenti in continuo cambiamento limita se non rende inadeguato lo strumento di una grammatica gastronomica che al più può essere circoscritta a un singolo periodo o momento, come peraltro avviene per le grammatiche di altri linguaggi, dal verbale al musicale o delle arti visive, plastiche o architettoniche. Non è la grammatica, ma è la memoria personale o collettiva, psicologica o scritta che salda gli eventi e gli accadimenti, che altrimenti apparirebbero sparpagliati. Da qui la necessità non di una sola narrazione, ma di tante, se non infinite narrazioni.

Una cucina in perenne movimento porta alla necessità e al tempo stesso alla grande difficoltà di abbandonare schemi superati e acquisirne di nuovi, in un processo di uccisione del padre e di elaborazione del lutto del delitto di ogni nuova cucina che uccide e sostituisce la precedente. Una complessa situazione che spiega i contrasti che caratterizzano ogni epoca di rapido e profondo cambiamento, come quella che contraddistingue la fine del 1900 e l’inizio del 2000.

Grande è l’attuale difficoltà di elaborare un lutto per una cucina borghese che più che morta è stata uccisa. Perché è così difficile? Perché nella storia dell’Italia unitaria la cucina borghese ha avuto lo straordinario merito di elevare la cucina alla dignità di un poema collettivo, sapendo valorizzare le virtù e i significati delle singole cucine regionali. Soprattutto in cucina esistono una simbologia e un immaginario densissimi che resistono al loro superamento e che si rendono concreti in riti, piatti e ricette che divengono un patrimonio che non può essere svenduto o semplicemente liquidato, anche se ignorato nei suoi significati simbolici dalle emergenti nuove classi e generazioni. La forza attrattiva che il paradigma borghese aveva per la società italiana non può far scordare che è una narrazione di un mondo e di una cucina che si è definitivamente esaurito, perché il mondo del 2000 non è più quello del 1900.

Lo strappo tra i due secoli che stiamo vivendo è fortemente traumatico, e ora non si tratta di cancellare la memoria di grandissimo e insostituibile valore di ciò che la cucina borghese è stata, del suo poema collettivo, unitario e regionale, ma di elaborare un lutto incorporandone la memoria senza volgere lo sguardo all’indietro e guardando avanti, avendo il coraggio di riconoscere che è ora che i morti seppelliscano i morti, perché non è più sufficiente tutelare tradizioni ormai obsolete limitandosi ad auspicare un loro miglioramento.

Richiamando quanto già enunciato e nel quadro del cambiamento di era che viviamo è necessario sottolineare che sta anche mutando il ruolo delle tradizioni che possono continuare a esistere e vivere non in quanto riti tutelati o imbalsamati, ma assumendo il ruolo di una cerniera mobile con funzione di collegamento non solo di tipo materiale, ma soprattutto culturale, e cioè di significati sociali e soprattutto simbolici, di mediazione e di dialogo tra le cucine di due ere, una tramontata e l’altra in formazione.

Chi si accinge a leggere questo libro deve avere presente che non è una storia della cucina, ma una sua narrazione antropologica che riguarda alcuni degli infiniti aspetti che la cucina ha assunto in ogni cultura e in ogni età. Arbitraria è stata la scelta dei fatti, degli episodi, dei miti e dei racconti e per questo la presente è solo una delle tante se non infinite, altre possibili narrazioni. In questa raccolta di notizie di diversa origine e ricavata da scritti personali voluta è la mancanza di una bibliografia, spesso soltanto espressione vanitosa dell’autore, superflua per lo specialista e inutile per il comune lettore che, se vuole approfondire qualche specifico argomento, ha a disposizione un vastissimo e efficiente sistema bibliografico informatizzato.

Chi avrà voglia di leggere questa narrazione non deve aspettarsi una descrizione della cucina rigidamente cronologica e didatticamente puntuale. In modo analogo, per gli argomenti presi in considerazione e per gli episodi riferiti, è un assaggio di quell’immenso se non infinito mondo della cucina e della gastronomia. Le pagine che seguono sono una narrazione che ha l’ambizione di far entrare il lettore nella dimensione umana e nel ribollimento di idee e di critiche che sono il fertile terreno nel quale oggi le cucine e le gastronomie si stanno sviluppando nella cultura umana.

Cucine Moderne

1900: storia tripartita del “secolo breve”

Per i secoli di un più o meno lontano passato gli storici hanno costruito metodologie appropriate, ma non per il 1900, dove vi sono aspetti che sono stati trascurati e che ora iniziano a essere considerati. Eric Hobsbawm ha denominato il 1900 “secolo breve”, in contrapposizione al precedente “secolo lungo”, perché il suo inizio non coincide con l’anno 1900, ma piuttosto con il 1914-1918, quando la prima guerra mondiale chiude il periodo mille ottocentesco, e il suo termine può essere collocato nel 1991, quando con la caduta del muro di Berlino si schiudono nuovi scenari geopolitici e sociali, si aprono problemi e prospettive che sfoceranno nel successivo secolo che inaugura il terzo millennio. Tre sono le fasi che fortemente incidono sulla società italiana, europea e mondiale e che determinano fondamentali modifiche negli stili alimentari e nella cucina. La prima fase ottocentesca del 1900 della cucina italiana, che nel suo periodo più fastoso coincide con la Belle Époque, esprime i valori della borghesia e in Italia ha la sua più tipica caratterizzazione nel ricettario di Pellegrino Artusi del 1891. Termina con la fine della prima guerra mondiale, quando nel 1917 Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini) completa la compilazione de L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa (1918). Negli ultimi anni di questa fase, che coincidono con la guerra mondiale, sorge la nuova dimensione di società di massa, e in Europa e Italia si assiste all’arrivo degli americani e dei loro alimenti, con le conseguenze in cucina che si prolungheranno anche in seguito. Se l’America scopre l’Europa, questa scopre l’America. In questo periodo compaiono i germi dei movimenti sociali e culturali che in cucina e in gastronomia si svilupperanno in tempi successivi e tra questi il Futurismo, ma soprattutto un nuovo modo d’intendere i rapporti tra funzione e forma.

La seconda fase del secolo, tra le due guerre mondiali, ricca di sconvolgimenti e di derive politiche, vede un graduale declino della borghesia con la sua cucina per il progressivo emergere di un ceto medio urbanizzato che gradualmente abbandona le cucine agricole dalle quali in buona parte deriva, in un processo che sarà completato negli anni del secondo dopoguerra. In questo periodo d’intervallo tra due grandi guerre, persistono sacche di povertà e un calo della cultura contadina regionale, mentre il fenomeno più importante per una storia della cucina è la progressiva modernizzazione di una società di massa alla ricerca di specifici caratteri d’identità culturale.

La terza fase del “secolo breve” inizia dopo la seconda guerra mondiale e vede lo sviluppo di grandi cambiamenti economici e sociali con aumento del reddito, abbandono delle campagne e progressiva urbanizzazione, riduzione delle dimensioni familiari, aumento della popolazione anziana. Di pari passo i nuovi mezzi di comunicazione e la facilità degli spostamenti portano verso un’unificazione degli stili alimentari, che sempre più risentono d’influssi prima euroamericani e poi mondiali. Queste condizioni conducono a una graduale riduzione fino alla quasi totale scomparsa della classe borghese che è sostituita da un ceto medio di sempre più incerta definizione con una sfrangiata e mobile composizione. Fondamentali del periodo sono le nuove conoscenze in campo medico, scientifico e tecnologico che interessano la nutrizione e l’alimentazione con la scoperta da parte degli americani della dieta mediterranea, mentre la cultura borghese che lentamente si era formata nel 1800 e si era mantenuta fino alla metà del 1900 è sempre più messa in discussione e contestata dai moti che rivendicano il nuovo nell’arte e in particolare nel romanzo (Nouveau Roman), nella critica letteraria (Nouvelle critique littéraire) nel cinema (Nouvelle Vague) e in cucina (Nouvelle Cuisine, di Henri Gault e Christian Millau, 1972), movimenti che definiscono la completa frattura con un passato d’origine ottocentesca e che per questo sono indicati come il termine della cultura del “secolo breve” che stravolge la cucina tradizionale borghese e contadina. Da qui in avanti e con la quasi completa scomparsa della borghesia e della sua cucina si aprono nuove prospettive che saranno sviluppate tra la fine del 1900 e l’inizio del 2000.

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