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L’ARTE DI UTILIZZARE GLI AVANZI DELLA MENSA:
Inizia La Fine Della Cucina Ottocentesca
Ed ecco siamo al fine… Venuta l’ora, dico fine anche a me e buona fortuna a chi legge. Addio!, Bologna, 5 ottobre 1916. Così Olindo Guerrini (che compì gli anni ieri entrando nel settantaduesimo, aggiunge) chiude il suo libro L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa: Raccolta da Olindo Guerrini. L’Editore A. F. Formiggini pubblica il libro nel 1918, mettendo solo in costa come autore O. Guerrini (L. Stecchetti), uno pseudonimo tra parentesi e che non compare in nessun’altra parte della pubblicazione originale. Il libro nato nel 1916 esce alla fine della guerra, nel 1918, e Olindo Guerrini usa il proprio nome e nessuno dei suoi numerosi pseudonimi, il che fa supporre che Guerrini ritenga la sua Arte di utilizzare gli avanzi della mensa un’opera profonda e riflessiva, degna del proprio nome e non di un nome fittizio. Il libro ha un titolo chiaro e preciso. Che la cucina sia un’arte oggi non vi è dubbio, ma non quando il libro è pubblicato, anche se la parola arte compare nel titolo del libro di Pellegrino Artusi La scienza in cucina e arte del mangiar bene e Olindo Guerrini ricorda, nel suo Esordio, che il libro nasce su consiglio del buon Artusi. Importante è la precisazione, sempre nel titolo, del termine raccolta in quanto l’autore precisa che sarebbe stata opera buona raccogliere le ricette italiane sparse pei libri (passim) e non avevo agio né qualche cosa d’altro per provare e riprovare, perché Guerrini è un letterato e non un cuoco. Indicativo è l’uso del termine solenne e raffinato di mensa riferito agli avanzi, non di tavola e tanto meno di cucina, che si spiega tenendo conto dell’allora imperante cucina borghese. Gli avanzi di una mensa borghese sono sempre d’alto livello, come pure i suggerimenti per utilizzarli. A questo riguardo Olindo Guerrini ricorda che secondo un detto genovese un buon pasto dûa (dura) trei giorni e una mia nipote afferma che é misura di buona economia l’imbandire pranzi lauti e sontuosi poiché cogli avanzi si sbarca il lunario per una settimana. Per gli stessi motivi non ci si deve meravigliare che per adoperare gli avanzi usi anche il caviale (sic!) e i tartufi (sic!). In questo Guerrini a tavola si rivela tradizionalista, e lo afferma fin dall’Esordio del libro quando afferma preferisco di attenermi all’uso vecchio perché, se c’é un’arte refrattaria al futurismo, è l’arte del cucinare e aggiunge che l’arte della cucina è conservatrice e passatista, dandone poi qualche esempio. Anche se il Manifesto della cucina futurista di Filippo Tommaso Marinetti e Fillia sarà pubblicato nel 1931, il futurismo con il suo Manifesto del Futurismo al quale Olindo Guerrini accenna è del 1909. Il tradizionalismo gastronomico e di tipo borghese, che ben traspare da tutte le pagine del libro che chiude la vita dell’autore, in un certo senso contrasta con l’insofferenza nei confronti delle regole troppo rigide e delle costrizioni più soffocanti che soprattutto nella sua giovinezza determinano in lui atteggiamenti di vita scapigliata, ma soprattutto segna uno spartiacque tra una tradizione di un passato che scompare e il presente in un’oscillazione fra le due componenti di rivoluzionario in letteratura e conservatore a tavola di Olindo Guerrini, che in sintesi ha una vita giovanile scapigliata, iconoclasta e oltranzista in letteratura, ma rimane tradizionalista borghese a tavola.