LE AVVENTURE DI GARGANTUA François Rabelais
traduzione e adattamento di Alberto Manzi
François Rabelais
Le avventure di Gargantua traduzione e adattamento di Alberto Manzi disegni di Denis Medri
ISBN 979-12-221-0683-0
Prima edizione: ottobre 2024
ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2028 2027 2026 2025 2024
© 2024 Gallucci – La Spiga
I Focus sono a cura di Roberto Galofaro
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François Rabelais
LE AVVENTURE DI GARGANTUA
traduzione e adattamento di Alberto Manzi
disegni di Denis Medri
Già lo so: non appena dirò che Gargantua era un gigante, voi alzerete le spalle e scoppierete in una gran risata. Penserete infatti che io vi stia raccontando chissà quale storia fantastica.
Invece no.
Gargantua è esistito. Ci sono le prove.
Alcuni zappatori, ripulendo un fossato, urtarono con i loro arnesi contro qualcosa di duro. Era una cassa, una enorme cassa di bronzo, così lunga che non si riusciva a trovarne la fine (infatti non è stata trovata). Scoperchiatala in un punto, venne alla luce un vecchio, grigio, grazioso e ammuffito libretto ove, in una lingua antica, erano scritte le mirabolanti avventure del gigante Gargantua e di suo figlio Pantagruele.
Me le sono lette tutte d’un fiato; dopodiché ho pensato che anche voi vi sareste divertiti a leggerle, così le ho tradotte e…
Eccovi la storia.
François Rabelais
GARGANTUA
Capitolo I
Genealogia e nascita di Gargantua – Perché gli fu imposto tal nome – Come Gargantua fu vestito – L’adolescenza di Gargantua e i suoi studi a Parigi
A quei tempi Grangola era un gagliardo burlone a cui piaceva bere e mangiare. Quando venne il momento si sposò Gargamelle, la figlia del re dei Farfalloni. Dalle loro nozze nacque uno straordinario bambino che, cosa singolarissima, appena nato cominciò a urlare:
«Voglio bere! Bere! Bere!»
Tutti rimasero stupefatti. Si aspettavano che il piccino, come tutti gli altri marmocchi, piangesse o balbettasse quegli interminabili «uhè, uhè, uhè!» che deliziano le orecchie di tutti i genitori, invece… Invece udirono quel comando. Ed era così potente, che fece tremare tutte le case attorno, entro un raggio di cento chilometri.
Gli venne immediatamente porto da bere, e il neonato rivelò non poca avidità nell’inghiottire un preoccupante quantitativo di latte. Finito che l’ebbe, minacciò di voler bere ancora: tanta era l’ingordigia con cui trangugiava, altrettanto sonori i rumori che ne derivavano. In breve
la stanza fu piena di suoni spaventosi, gorgoglii, risucchi, versacci acuti e gravi: una sorprendente modulazione con cui il neonato esprimeva il compiacimento che gli derivava dal fatto di poter bere, finalmente!
Poi vi fu silenzio. Ma le orecchie di coloro che avevano assistito all’avido pasto del lattante conservarono l’eco di quell’insieme di rumori scomposti. Non è da escludere che, trattandosi di dare un nome al bambino, si scegliesse quello di Gargantua come quello che ricordava più da vicino, nel suono, il rumoreggiare di cui sopra.
Quando gli amici di Grangola si recarono a vedere l’erede, rimasero a bocca aperta, perché egli ben meritava di figurare nell’albo d’oro dei giganti.
Gargantua era enorme, tanto enorme che, per allattarlo come si doveva, Grangola si vide ben presto costretto a far venire diciassettemilanovecentotredici mucche.
Bene o male (piuttosto bene che male), Gargantua crebbe sempre più e, all’età di un anno e due mesi, i medici ordinarono che fosse portato a spasso a prendere un po’ di sole. La cosa non era semplice: chi mai avrebbe potuto portare sulle braccia quel bimbo gigantesco? Suo padre no, perché non sta bene che un re porti a spasso i lattanti, e sua madre aveva troppo da fare per avere un po’ di tempo libero da dedicare al figlio (le regine, lo sapete bene, son sempre piene di lavoro). Perciò il povero Gargantua doveva rimanersene in casa. Per la verità a lui non importava molto, purché gli facesse compagnia una piccola
botte di vino rosso. Ma i medici sono petulanti e vogliono essere obbediti.
Per fortuna un inventore trovò la soluzione adatta. Dopo averci studiato sopra un bel pezzo, ideò una magnifica carretta trainata da dieci paia di buoi: su quella il piccolo Gargantua fu portato allegramente a spasso, di qua e di là. Il nome dell’inventore, Giovanni Denyau, fu presto noto a tutti, ed è tutt’oggi conosciuto e ammirato. Non so se gli abbiano fatto un monumento in qualche parte del mondo, ma credo di sì.
Proprio in quei giorni a Gargantua vennero fatti i primi vestiti.
Ci volle un piccolo esercito di sarti e di operai, ma non c’è da meravigliarsi se si pensa che per fare la camicia furono cuciti ben novecento metri di tela con altri duecento per i rinforzi delle ascelle; per il farsetto furono impiegati
ottocentotredici metri di raso bianco, e per i legacci millecinquecentonove e mezzo pelli di cane. Per i calzoni non ci vollero meno di millecentocinque metri e un pezzetto di lanetta bianca, e, in quanto alle scarpine, occorsero ben quattrocentosei metri di velluto azzurro.
All’indice della mano sinistra Gargantua portava, come segno della sua discendenza regale, un grazioso anello su cui era montato un carbonchio grosso quanto un uovo di struzzo: un anellino da poco, che quasi quasi spariva tra le pieghe delle sue dita paffutelle.
Tutto questo è ancor poco se si pensa che, quando ebbe sì e no cinque anni, per fargli una piccola borsa ove mettere qualche sassolino ci volle un’intera pelle di elefante.
Dai tre ai cinque anni, Gargantua fu allevato ed educato secondo il volere paterno e passò quegli anni come tutti i ragazzi del mondo: bevendo, mangiando e dormendo; dormendo, mangiando e bevendo. Quando gli era possibile giocava con il fango, si sporcava il naso con il carbone, sfondava le scarpe, acchiappava le mosche e correva volentieri dietro alle farfalle.
Naturalmente fu anche costretto a studiare, e i migliori maestri del paese furono messi a sua disposizione. Ma, secondo l’uso di quei tempi, i maestri non fecero altro che fargli imparare a memoria tutti i libri fin allora conosciuti, sicché Grangola, pur notando che suo figlio Gargantua studiava molto e con assiduità, si convinse che non ne traeva però alcun profitto; non solo, ma diventava sempre
più un povero pazzo dalle idee stravaganti e campate in aria. Così, quando Gargantua ebbe quindici anni, Grangola decise di mandarlo a scuola a Parigi. C’era una sola difficoltà: come avrebbe raggiunto Parigi, città tanto lontana, quel benedetto figliolo?
Proprio in quei giorni il re di Numidia mandò in regalo a Grangola la più enorme e mastodontica giumenta che fosse mai stata vista. Essa era grande come sei elefanti, aveva le orecchie penzoloni e, meraviglia delle meraviglie, una coda grossa come una torre, coi peli irti come le spighe di grano.
Quando Grangola la vide, esclamò:
«Ecco quel che ci vuole per mandare mio figlio a Parigi! ora sì che tutto andrà bene! Egli diverrà un grand’uomo».
L’indomani stesso Gargantua si mise in viaggio accompagnato dal precettore Ponocrate, dal paggio Eudemone, dall’abile Ginnasta, espertissimo nell’arte del cavalcare, e dai servi del seguito.
* * *
Arrivati a questo punto, dovrei raccontarvi come Gargantua diventasse il più dotto uomo della Terra, così dotto che nessuno scienziato poteva disputare con lui; ma credo che a voi interessino di più le sue grandi imprese. Perciò abbiate pazienza: aspettiamo un momento, lasciamolo crescere ancora un po’ e stiamo a vedere quel che accadde più tardi.
Una collana di classici avvincenti e storie senza tempo con cui scoprire il piacere della lettura. Opere fondamentali, trame appassionanti, testi chiari e concisi per arricchire l’apprendimento scolastico. Collezionali tutti!
Le avventure di Gargantua
Il gigante Gargantua è un tipo pacifico e bonario: fosse per lui, passerebbe la vita a banchettare e bere in allegria. Ma il dovere lo chiama: i fornai del regno confinante stanno mettendo a ferro e fuoco la regione, per una lite scoppiata con i poveri sudditi di Gargantua. Al gigante non resta che sradicare un’enorme quercia, per farne una clava, e unirsi alla battaglia… Tra astuzie, inganni, trovate esilaranti, ma soprattutto grandi abbu ate, questo capolavoro della letteratura satirica regala grasse risate e un gioioso senso di libertà.
• Focus di approfondimento su Gargantua e Pantagruele
• Ritratto di Alberto Manzi, il Maestro d’Italia disegni di Denis Medri