Nota dell’autore
Dopo la pubblicazione del Meraviglioso Mago di Oz, iniziai a ricevere lettere da parte di bambini che mi raccontavano quanto si fossero divertiti a leggere la storia e mi chiedevano di “scrivere ancora” dello Spaventapasseri e del Boscaiolo di Latta. Sulle prime considerai queste letterine, per quanto schiette e sincere, alla stregua di graziosi complimenti; ma nei mesi e addirittura negli anni a seguire le lettere continuarono ad arrivare.
Alla fine promisi a una bambina – aveva fatto un lungo viaggio per venirmi a trovare e sottopormi la sua richiesta, e tra l’altro si chiamava Dorothy – che quando avessi ricevuto da mille bimbe mille letterine in cui mi si chiedevano notizie dello Spaventapasseri e del Boscaiolo di Latta, a quel punto avrei scritto un altro libro. Forse la piccola Dorothy era una fata travestita da bambina a cui è bastato agitare la bacchetta magica, o forse il successo dell’adattamento teatrale del Meraviglioso Mago di Oz ha guadagnato alla storia
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nuovi amici, fatto sta che dopo quel giorno le mille lettere sono giunte a destinazione – e a quelle ne sono seguite molte altre.
E ora con questo libro, anche se in colpevole ritardo, mantengo la promessa.
L. Frank Baum
Chicago, giugno 1904
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Il Fantastico Paese di Oz
Dedico questo libro ai miei ottimi amici e attori illustri, David C. Montgomery e Fred A. Stone, le cui splendide interpretazioni del Boscaiolo di Latta e dello Spaventapasseri hanno deliziato migliaia di bambini da un capo all’altro del Paese.
Capitolo 1
Tip fabbrica uno Zuccone
Nel Paese dei Gillikin, che si trova a nord rispetto al Paese di Oz, viveva un giovane chiamato Tip. Il suo nome, in realtà, era molto più lungo: la vecchia Mombi, infatti, ripeteva spesso che il nome per intero era Tippetarius; ma nessuno certo si aspettava che lo chiamassero così, se si poteva ottenere lo stesso risultato con un più semplice “Tip”.
Il ragazzo non aveva alcun ricordo dei genitori, perché da piccolissimo lo avevano affidato alla vecchia conosciuta come Mombi, la cui reputazione, mi duole dirlo, non era delle migliori. Il popolo dei Gillikin aveva le sue buone ragioni per sospettare che la donna praticasse le arti magiche, e quindi preferiva tenersene alla larga.
Mombi non era proprio una strega, perché la Strega Buona che regnava su quelle terre del Paese di Oz aveva proibito a tutte le altre streghe di vivere entro i suoi dominii. E così la tutrice di Tip, per quanto aspirasse a praticare la magia, si rendeva conto che avrebbe infranto la legge se
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non si fosse limitata a essere una semplice Fattucchiera, o al massimo una Maga.
Tip aveva il compito di andare nel bosco a raccogliere la legna, che serviva alla vecchia per mettere sul fuoco il calderone. Lavorava anche nei campi di granturco, dove era impegnato a zappare e scartocciare le pannocchie; e poi governava i maiali e mungeva la vacca a quattro corna di cui Mombi andava particolarmente fiera.
Ma non fatevi l’idea che lavorasse tutto il tempo, no: troppa fatica, il ragazzo ne era convinto, poteva fargli male. Quando veniva spedito nel bosco, spesso Tip si arrampicava sugli alberi a caccia di uova di uccelli o si divertiva a inseguire i lesti conigli bianchi o a pescare nel torrente usando spilli ricurvi al posto degli ami. Solo allora si affrettava a raccogliere una bracciata di legna da portare a casa. E quando andava a lavorare, o almeno così dava a intendere, nei campi di granturco, appena gli alti steli lo nascondevano alla vista di Mombi, Tip si metteva a frugare nelle tane dei citelli o, se ne aveva voglia, si sdraiava tra i filari per schiacciare un pisolino. E così, stando bene attento a non stancarsi troppo, cresceva forte e robusto come ogni ragazzo dovrebbe essere.
I vicini erano per lo più spaventati dai bislacchi incantesimi di Mombi e, a causa dei suoi strani poteri, la trattavano con una certa diffidenza, ma non si azzardavano a mancarle di rispetto. Tip, invece, esprimeva nei suoi confronti un odio
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manifesto e non si preoccupava di nascondere i suoi sentimenti. Talora, in effetti, non le mostrava il rispetto che avrebbe dovuto, visto e considerato che era stata lei a crescerlo.
Nei campi di granturco di Mombi crescevano anche le zucche, chiazze rossastre tra i filari di steli verdi: erano state piantate e accudite con sollecitudine perché dovevano servire a sfamare la vacca a quattro corna durante l’inverno. Ma un giorno, dopo aver tagliato e ammucchiato il granturco, Tip stava portando le zucche nella stalla quando gli venne la bella idea di intagliarne una a forma di testa per far prendere un colpo alla vecchia.
Scelse quindi la zucca migliore, quella più grande, di un lucente color arancio, e cominciò a intagliarla. Con la punta del coltello disegnò due cerchi per gli occhi, un triangolo per il naso e una mezzaluna per la bocca. La faccia, una volta terminata, non poteva certo dirsi una gran bellezza; ma sfoggiava un sorriso così ampio e largo, e un’espressione così allegra che persino Tip, osservando ammirato il proprio lavoro, scoppiò a ridere.
Il ragazzino non aveva compagni di giochi, per cui non sapeva che i bambini spesso si divertono a svuotare la zucca della polpa e mettere al suo interno una candela accesa per renderla più spaventosa; ma gli venne un’idea che prometteva di essere altrettanto efficace. Avrebbe costruito la sagoma di un uomo usando la zucca per la testa, quindi l’avrebbe
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sistemata in un punto strategico, in modo che Mombi se la trovasse di fronte all’improvviso.
«E a quel punto» ridacchiò tra sé Tip «si metterà a strillare più forte della maialina marrone quando le tiro la coda, e per la paura tremerà più di quanto l’anno scorso tremavo io per la febbre!»
Aveva tutto il tempo del mondo per mettere a punto il suo piano, perché Mombi era andata al villaggio – a far la spesa, aveva detto – ed erano almeno due giorni di viaggio.
Quindi prese l’accetta e andò nel bosco, dove scelse alcuni alberelli robusti e diritti che abbatté e ripulì dei rametti e delle foglie. Da questi avrebbe ricavato le braccia, le gambe e i piedi dell’uomo. Per il corpo staccò una striscia di spessa corteccia dal tronco di un grosso albero e, lavorando di buona lena, riuscì a piegarla fino a ottenere un cilindro del giusto diametro, fissandolo ai bordi con alcuni cavicchi di legno. Poi, fischiettando tutto contento, avvitò con cura le braccia e le gambe, assicurandole al corpo mediante alcuni cavicchi intagliati con il suo coltello.
Quando ebbe concluso l’impresa, cominciava ormai a imbrunire, e Tip si ricordò che doveva mungere la mucca e governare i maiali. Prese dunque l’uomo di legno e lo portò a casa con sé.
Quella sera, alla luce del fuoco della cucina, smussò con cura i bordi delle giunture e levigò le irregolarità del legno
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con la perizia di un vero falegname. Quindi appoggiò l’uomo alla parete per farlo stare in piedi e rimase ad ammirarlo per un po’. Era fin troppo alto per sembrare un uomo vero; ma agli occhi d’un ragazzino quel difetto non poteva che apparire un pregio, e così Tip non trovò nulla da obiettare sulla stazza della sua creazione.
Il mattino dopo, osservando di nuovo la sua opera, Tip si accorse che al fantoccio mancava il collo con cui attaccare la zucca al corpo. Quindi tornò nel bosco, non molto lontano da lì, e ricavò da un albero alcuni pezzi di legno con cui completare il lavoro. Rientrato a casa, fissò all’estremità superiore del corpo una traversa, facendo un buco al centro per tenere dritto il collo. Allora appuntì la cima del pezzo di legno che doveva fungere da collo e, quando tutto fu pronto, vi fissò sopra la testa di zucca, infilzandola per bene, e scoprì che vi calzava a pennello. La testa poteva ruotare da una parte e dall’altra, come più gli piaceva, e i cardini di braccia e gambe gli consentivano di far assumere al fantoccio qualsiasi posizione volesse.
«Ah be’» dichiarò con una punta d’orgoglio «ora sì che è un uomo, proprio un uomo coi fiocchi! Sai quanti strilli di spavento caccerà la vecchia Mombi! E una volta vestito come si deve sembrerà ancora più vivo».
Procurarsi i vestiti si rivelò un’impresa tutt’altro che facile; ma l’intrepido Tip si arrischiò a rovistare nell’enorme
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cassapanca in cui Mombi teneva i suoi ricordi e i tesori più preziosi, e proprio in fondo trovò un paio di calzoni viola, una camicia rossa e un panciotto rosa a pois bianchi. Portò la refurtiva al suo fantoccio e, per quanto gli abiti non fossero proprio della misura giusta, riuscì comunque a dare alla sua creatura un tocco di briosa eleganza. Un paio di calze fatte a maglia che appartenevano a Mombi e un paio di scarpe ormai logore che invece erano di Tip completarono l’abbigliamento, e alla fine il ragazzo era così felice che si mise a ballare per la stanza e a ridere forte, in preda alla frenesia e all’entusiasmo tipici della sua età. «Devo trovargli un nome!» esclamò. «Un uomo così ben fatto deve per forza avere un nome. Dunque, vediamo» aggiunse, dopo averci pensato su un momento «credo che lo chiamerò “Jack lo Zuccone”!»
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Il Fantastico Paese di Oz
Lyman Frank Baum
(1856 - 1919) nacque a Chittenago, nello stato di New York. Figlio di un ricco petroliere, intraprese le carriere più disparate, finché raggiunse il successo con la saga del Mago di Oz , di cui Gallucci sta traducendo di nuovo e pubblicando tutti i 14 volumi.
Della stessa serie:
il meraviglioso mago di
«La zia Em» disse Dorothy «mi ha detto che le streghe sono tutte morte… tanti e tanti anni fa» «Chi è la zia Em?» indagò la vecchina.
«È mia zia e vive nel Kansas, il posto da cui vengo».
La Strega del Nord parve rifletterci su per un po’, la testa china e gli occhi bassi. Poi li sollevò e disse:«Non so dove si trovi il Kansas, perché non l’ho mai sentito nominare prima di oggi. Però dimmi, è un paese civile?»
«Oh sì» rispose Dorothy. «Be’, questo spiega tutto. Non credo che nei paesi civili ci siano più streghe, né maghi o fattucchiere o stregoni. Ma, sai, il Paese di Oz non è mai stato civilizzato perché siamo tagliati fuori dal resto del mondo.
Perciò tra noi ci sono ancora streghe e maghi» «Chi sono maghi?» «Oz in persona è il Grande Mago» rispose la Strega in un bisbiglio. «È più potente di tutte noi messe insieme e vive nella Città di Smeraldo».
raduzione zilahy
In copertina
Art director: Francesca Leoneschi
Graphic designer: Pietro Piscitelli / theWorld ofDOT
UNATRADUZIONED'AUTORE PERSCOPRIREL'INTRAMONTABILE CLASSICODELLALETTERATURA. da un potente di Oz. L’uniil misterioso di Oz. Nell’avDorothy si affiancachiedere al Mago un tutti i costi un buona dose di quattro dovranno lastricata di matQuando arriverai raccontagli la tua
IL MERAVIGLIOSO MAGO DI OZ L.F. BAUM
1 Lyman Frank Baum
OZ
la serie completa dei romanzi di traduzione di mirko zilahy 15 € 13,50