Il primo anno
Alla fattoria di Silver Bush c’erano centinaia di alberi, grandi e piccoli, e ognuno era un amico personale di Pat. Per lei era sempre un dramma quando qualcuno di loro doveva essere tagliato, fosse anche un vecchio arbusto malandato del boschetto sul retro della casa. Nessuno era mai riuscito a convincerla che tagliare un albero fosse qualcosa di diverso da un omicidio… magari un omicidio che aveva delle ragioni, perché bisognava pur accendere il fuoco in qualche modo, ma nondimeno un omicidio in piena regola.
Dal macchione di betulle bianche però non era mai stato tagliato nessun albero. Quello sarebbe stato un vero sacrilegio. Ogni tanto una tempesta d’autunno ne abbatteva qualcuno, e Pat lo piangeva finché il tempo non lo trasformava in uno splendido tronco coperto di muschio e circondato da felci che crescevano rigogliose tutto intorno.
A Silver Bush tutti adoravano il macchione, ma per nessuno aveva lo stesso significato che aveva per Pat. Per lei era come un essere vivente. Conosceva ogni betulla, e loro conoscevano lei, così come la conoscevano gli angolini remoti e ombrosi coperti di felci, e il vento che non mancava mai di salutarla frusciando tra i rami. Fin da quando aveva memoria, Pat ricordava di aver giocato in quel macchione, di aver passeggiato e sognato tra le sue fronde.
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Non c’era mai stato un tempo in cui quel posto non avesse catturato la sua immaginazione e dominato la sua vita. Quando era bambina era popolato da lepricani e dal popolo verde delle storie che le raccontava Judy Plum; e anche adesso che quelle credenze infantili, care e adorabili, si erano allontanate divenendo pallidi fantasmi che solo ogni tanto la chiamavano, la loro magia aleggiava ancora fra i tronchi argentei del macchione. Per Pat quel posto non sarebbe mai stato un semplice boschetto fatto di alberi dalla corteccia bianca e di avvallamenti colmi di felci, come era per gli altri. D’altro canto Pat stessa, così aveva sempre detto la sua famiglia, era sempre stata un po’ diversa dagli altri. Era stata diversa da bambina, quando guardava il mondo con gli occhioni spalancati; lo era rimasta quando era diventata una ragazzina impertinente, snella e dalla pelle abbronzata; e lo era ancora adesso che aveva superato i vent’anni, e secondo Judy Plum avrebbe proprio dovuto trovarsi un fidanzato.
In passato c’era stato qualche ragazzo, ma Judy li considerava tutt’al più degli esperimenti, e Pat, dal canto suo, sembrava non volerne proprio sapere di fidanzati, a dispetto di tutte le allusioni della vecchia domestica. Tutto ciò che desiderava, o sembrava desiderare, era gestire Silver Bush e prendersi cura della madre, che era di salute cagionevole. E ovviamente fare in modo che i cambiamenti fossero ridotti al minimo necessario. Se una fata le avesse offerto di esaudire un unico desiderio, sarebbe stato avere una bacchetta magica con la quale assicurarsi che tutto intorno a lei rimanesse sempre identico almeno per un centinaio di anni.
Pat amava appassionatamente la sua casa e le era fedele in tutto, nelle virtù come nei difetti… sebbene, rispetto a questi ultimi, nessuno sarebbe mai riuscito a farle ammettere che Silver Bush ne avesse. Ogni singolo dettaglio della fattoria le procurava grande gioia e
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quando si allontanava per far visita a qualcuno provava un profondo senso di nostalgia fino al ritorno.
«Silver Bush per lei non è una casa, è una religione» aveva detto una volta scherzando lo zio Brian.
Ogni stanza aveva un significato per Pat e custodiva un messaggio importante. Solo guardandola, si capiva che Silver Bush era una casa molto amata, in cui nessuno sembrava mai avere fretta, e da cui nessuno andava via senza sentirsi meglio di come era arrivato. Una casa dove regnavano sempre le risate. E di risate ce n’erano state così tante che le pareti di Silver Bush ne erano come impregnate. Ci si sentiva benvenuti e a proprio agio non appena si varcava la soglia, la casa ti accoglieva e ti invitava al riposo, l’atmosfera era così ospitale che le poltrone stesse sembravano ansiose di avere qualcuno seduto sopra. E poi era piena di bellissimi gatti… adulti grossi e pelosi che si crogiolavano al sole sui davanzali, e morbidi gattini che dormivano stretti l’uno all’altro sulle lapidi di arenaria scaldate dal sole nel vecchio camposanto di famiglia oltre il frutteto. La gente veniva da tutta l’Isola per avere uno dei gatti di Silver Bush. Pat li dava via a malincuore, ma non poteva fare altrimenti, perché la popolazione felina era in perenne aumento.
«Oggi è venuto Tom Baker a chiedere un gatto» disse un giorno Judy. «“Che razza è?” mi ha chiesto con aria tutta solenne. I Baker non ce l’hanno mai avuto tanto sale in zucca. “Oh, no, non è di nessuna razza” ho risposto. “Ma l’abbiamo accolto qui e ci abbiamo scambiato due parole ogni tanto, perché a ogni gatto che si rispetti piace chiacchierare” ho continuato “e anche ricevere qualche complimento qua e là. E per questo tutti fanno del loro meglio per noi, quando si tratta di sfornare gattini e anche per tutto il resto. Io com’è fatto un topo me lo sono dimenticato”. Così gli ho detto. Non gliel’ho dato troppo volentieri il nostro gattino. Sono sicura che lo
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casa di Pat tratterà bene, ma non si ricorderà mai di passarci un po’ di tempo insieme, lo so»
«Comunque sono i gatti i nostri padroni, non il contrario» commentò pigramente Cucciola. «Zia Edith dice che è assurda la maniera in cui li viziamo e che ci sono tanti cristiani che fanno una vita peggiore dei nostri gatti. Secondo lei è abominevole che li facciamo dormire ai piedi del letto»
«Su, su, guarda, Signor Gatto ti ha sentita e se ne è andato tutto arrabbiato» la rimproverò Judy. «I gatti sanno sempre cosa si dice di loro. E Signor Gatto è molto sensibile».
Cucciola guardò Signor Gatto che si allontanava. Era il gatto nero e sinuoso di Judy, di lui Sid diceva che era così vecchio che si era dimenticato di morire. Se ne andò indignato tra le felci che costeggiavano il sentiero. Cucciola, Pat e Judy stavano trascorrendo le ultime ore di quel pomeriggio d’estate nel macchione di betulle. Avevano preso l’abitudine di andare a sbrigare i loro lavoretti quotidiani lì, dove fra le foglie silenziose ogni tanto trapelava il canto degli uccelli, o il chiacchiericcio di uno scoiattolo, o il mormorio del vento che tesseva incantesimi fra i tronchi. Pat veniva sempre qui a scrivere lettere, Cucciola a studiare. Spesso le accompagnava la loro madre, con i lavori a maglia e il cucito. Era un posto adorabile per lavorare, anche se Cucciola non faceva granché quando era lì, lasciando la maggior parte delle faccende a Pat e Judy. Quest’ultima era seduta su un tronco coperto di muschio, intenta a snocciolare le ciliegie per trasformarle in marmellata, mentre Pat si dedicava a un nuovo paio di tende verde mela per la sala da pranzo. Cucciola, secondo cui il tronco non era un luogo adatto a far accomodare una signora, appoggiò le mani sull’erba alle sue spalle e si chinò all’indietro, alzando lo sguardo sul cielo dalle sfumature opaline che si intravedeva fra le cime degli alberi.
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«Malandrino non se ne sarebbe andato via in quel modo» disse. «Non è così permaloso»
«Ohi, ohi, è impossibile ferire i sentimenti di quel gatto, per la semplice ragione che non ce li ha» disse Judy, lanciando un’occhiata un po’ seccata al grosso gatto grigio seduto sul tronco accanto a Pat, che in quel momento stava fulminando con i suoi occhi color giada, solcati da una linea nera al centro, un cane dal pelo lucido e dorato intento a masticare tutto contento un osso piuttosto maleodorante che aveva trovato dall’altro lato del tronco. Si interrompeva solo ogni tanto per guardare Pat con aria adorante e un po’ malinconica, e allora lei lo accarezzava e gli tirava dolcemente le orecchie appuntite, al che Malandrino prendeva un atteggiamento ancora più scostante. Aveva sempre considerato quel “cane McGinty” – così lo chiamava Judy – un intruso. Hilary Gordon lo aveva lasciato a Pat circa due anni prima, quando era andato a studiare a Toronto. All’inizio sembrava che McGinty avesse davvero il cuore spezzato, ma poi aveva capito che Pat gli voleva bene, si era un po’ ripreso, e nei confronti di Malandrino si limitava a restituire ciò che riceveva. Tra i due c’era una sorta di tregua armata, perché il gatto non aveva mai dimenticato la lezione che aveva ricevuto da Pat il giorno che aveva graffiato il naso di McGinty. Il quale McGinty, dal canto suo, sarebbe anche stato ben disposto a diventare suo amico, se non fosse che Malandrino di amici non ne voleva.
«Ah, con tutte queste ciliegie da snocciolare prima di cena vorrei proprio avere un fantasma come quello che abitava al castello dei McDermott tanti anni fa» disse Judy con un sospiro esagerato. «Quello sì che era un fantasma… una creatura davvero utile e industriosa. Non ci credereste a tutte le faccende che sbrigava: mescolava il porridge, pelava le patate, lucidava gli ottoni… non si tirava indietro davanti a nulla. Purtroppo un giorno il vecchio lord
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gli lasciò qualche soldo sulla credenza della cucina, dicendo che era proprio un lavoratore da assumere quello lì… e il fantasma non si fece più vedere, si era offeso. Ahi, ahi, quella faccenda costò al vecchio McDermott una domestica extra. Ma con creature così non sai mai come comportarti, eh no. È lo svantaggio di avere a che fare con i fantasmi. Qualcun altro si sarebbe offeso se non l’avessero ringraziato. Però un fantasma come quello ci farebbe proprio comodo qui a Silver Bush, vero Cucciola cara?»
Fortunatamente Judy non notò lo scambio di sorrisi tra Pat e Cucciola, che si erano confessate reciprocamente quanto le divertissero quelle storie, alle quali da bambine avevano creduto senza esitare. C’era stato un tempo in cui entrambe non avrebbero dubitato in alcun modo dell’esistenza dell’industrioso fantasma dei McDermott.
«Judy, se con questa storia volevi invitarmi a darmi da fare e ad aiutarti a snocciolare le ciliegie, non credo che abboccherò all’amo» disse Cucciola con un ghigno impertinente. «Detesto il cucito e le marmellate. Quella con la vena domestica è Pat, non io. Quando vengo qui voglio soltanto starmene sdraiata sull’erba ad ascoltarvi parlare. E poi ho indosso il mio abito azzurro e il succo di ciliegia macchia. Ho anche mal di pancia… davvero… ogni tanto mi viene»
«Se insisti a voler mangiare le mele verdi devi fare i conti con un po’ di mal di stomaco» disse Judy, commentando quello che per lei era un semplice rapporto di causa-effetto. «Certo, quando ero ragazza io non era considerata buona educazione parlare così delle proprie interiora, Cucciola»
«Continuate tutti a chiamarmi Cucciola» disse lei mettendo il broncio. «Vi ho chiesto di smettere, ma nessuno di voi mi ha dato retta. Fuori di casa sono Rae… e mi piace, invece a Silver Bush sono sempre e soltanto “Cucciola”. È così… infantile! Adesso ho tredici anni!»
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«Hai ragione, Cucciola cara» concordò Judy «ma io sono troppo vecchia per imparare nomi nuovi. Immagino che per me rimarrai sempre Cucciola. E dire che per scegliere il tuo nome si è scatenato il finimondo. Te lo ricordi, Pat? E ricordi quanto eri agitata perché la notte che è nata Cucciola sono andata a cercare la neonata nell’aiuola del prezzemolo? Ah, che notte terribile qui a Silver Bush! Non pensavamo che vostra madre ce l’avrebbe fatta, Patsy cara. Se penso che sono passati tredici anni!»
«Io ricordo che quella notte dietro la Collina della nebbia è spuntata una luna grande e rossa» disse Pat con voce sognante. «Oh, Judy, lo sai che la scorsa settimana un fulmine è caduto sul pioppo di mezzo dei tre che crescevano al centro della collina? Lo ha ucciso sul colpo e hanno dovuto tagliarlo. Non so come farò a sopportarlo, ho sempre amato quei tre alberi, erano lì da quando riuscivo a ricordare. McGinty, no! Lo so che quella coda che penzola è una bella tentazione… Malandrino, tirala su. E ora che ci penso, caro Malandrino, dovresti smetterla di lasciarmi topi accanto al letto tutte le mattine, non ho bisogno di vederli per credere che li hai acchiappati»
«Come urla quando ne porta uno di sopra!» disse Judy. «Gli si spezzerebbe il cuore se non potesse più esibirli di fronte a qualcuno»
«Ma se un attimo fa hai detto che non ha sentimenti» ridacchiò Cucciola.
Judy la ignorò e si voltò verso Pat.
«Domani farai il budino di ciliegie, Patsy?»
«Sì, penso di sì. Oh, ti ricordi quanto piaceva a Joe?»
«Ohi, ohi, non ho dimenticato quasi niente di Joe, Patsy cara. Da dov’è arrivata la sua ultima lettera? Da Shanghai forse? Non credo che i cinesi ne sappiano nulla di come si fa il budino di ciliegie. E
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nemmeno quello di prugne. Quello lo faremo a Natale, quando Joe tornerà a casa»
«Chissà se tornerà veramente» sospirò Pat. «Non lo ha mai fatto da quando è partito. Ha sempre scritto di sì, ma poi è sempre successo qualche imprevisto»
«Trix Binnie dice che Joe si è fatto un tatuaggio sul naso ed è per questo che non ritorna a casa» disse Cucciola. «Dice che il capitano Dave Binnie lo ha visto l’anno scorso a Buenos Aires e non lo ha riconosciuto per quanto era brutto. Secondo te c’è qualcosa di vero?»
«No, se lo ha detto una Binnie» disse Judy sprezzante. «Non ti preoccupare, Cucciola»
«Oh, ma non sono preoccupata. In realtà speravo che fosse vero, sarebbe molto interessante. Se davvero si è fatto un tatuaggio gli chiederò se ne fa uno anche a me quando torna a casa».
Non c’era davvero nulla da dire a riguardo. Judy tornò quindi a rivolgersi a Pat.
«Entro Natale sarà capitano, non ha detto così? Ohi, ohi, quel ragazzo ne ha fatta di strada! Ha un anno in meno di vostro zio Horace quando ha avuto la sua prima nave. Me la ricordo quell’estate che è tornato portando con sé una scimmia»
«Una scimmia?»
«Da non crederci. Quella bestia diventò la padrona di casa, vostra nonna per poco non ebbe una crisi di nervi. E il povero Jim Appleby… quello lì non l’aveva mai visto sobrio nessuno, al massimo poteva essere un po’ meno ubriaco del solito, nelle giornate buone. Insomma, venne a Silver Bush a comprare dei maiali e trovò la scimmia di vostro zio Horace che saltellava spensierata sul recinto del porcile. Vostro nonno mi raccontò che il vecchio Jim sbiancò tutto tranne il naso e disse… oh, lo sapete che disse? “Ecco, ho dato fuori di matto! Mamma me lo diceva che sarei andato a finire
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così e adesso è successo. Ma giuro che non toccherò più una goccia d’alcol!” Mantenne la parola per due mesi, ma era così irascibile e litigioso che la sua famiglia fu felicissima quando alla fine si dimenticò di aver visto la scimmia. Sua moglie disse che Horace Gardiner avrebbe fatto meglio a tenere la sua bestiaccia al guinzaglio. Ah, se Joe verrà sarà proprio una bella riunione di famiglia, Patsy»
«Sì, ci saranno anche Winnie e Frank e saremo di nuovo tutti insieme. Uno di questi giorni dobbiamo cominciare a pensare ai preparativi. Ah, mi piace fare piani!»
«Zia Edith dice che fare piani è inutile perché tanto succede sempre qualcosa che manda tutto all’aria» disse Cucciola con aria mesta.
«Non devi crederci nemmeno per un secondo, tesorino. E poi che importa se i piani vanno all’aria? Almeno ti sei divertita a farli. Non permettere a tua zia Edith di renderti una… una… com’è che dice Siddy?»
«Una pessimista»
«Ohi, ohi, è proprio quello che è lei, non trovate? Insomma, non permetterle di farti diventare così. Se anche Joe caro non riesce a venire, ci saranno Winnie e Frank e i piccolini di vostra zia Hazel. E già adesso i tacchini che ci mangeremo se ne stanno appollaiati sul recinto dietro il fienile, a ingrassare più che possono. Ohi, ohi, che grandi preparativi faremo. La nostra cara Edith non riuscirà a rovinarmeli con i suoi sospiri e la sua tristezza. Quella lì ce l’ha con la vita, ve lo dico io. Patsy, te la ricordi quella volta che ti sei messa a ballare tutta nuda sotto la luna e la nostra cara Edith ti ha vista?»
«Ballare tutta nuda? A me non fai nemmeno mettere i pantaloncini corti qui a casa!» si lamentò Cucciola.
«Mi mandarono a Coventry e mi spezzarono il cuore» disse Pat, come se Cucciola non avesse aperto bocca. «Non hanno mai saputo
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quanto sono stati crudeli. Ricordo la sera che sei tornata, Judy, e io ho sentito il profumo del prosciutto fritto!»
«Oh sì, quanti begli spuntini ci facevamo una volta, Patsy. Ma ne abbiamo ancora tanti davanti a noi, spero. A proposito, signorina Cucciola, che mi sembra il modo più appropriato di chiamare Rachel… se non ti va di snocciolare le ciliegie magari hai voglia di preparare qualche muffin ai mirtilli per stasera? Patsy deve finire di cucire e a Siddy piacciono tanto»
«Va bene» acconsentì Cucciola. «Mi piacciono le cose ai mirtilli. La prossima settimana andrò giù alla Baia a raccoglierli con Winnie. Ha detto che potrò dormire in una tenda sulla spiaggia. Mi piacerebbe dormire fuori una notte anche qui a Silver Bush. Potremmo appendere un’amaca tra quei due grossi alberi laggiù. Sarebbe meraviglioso. Judy, lo zio Tom ha avuto delle storie d’amore quando era giovane?»
«Ohi, ohi, ma che modo di saltare da un argomento all’altro!» protestò Judy. «Non dubito che si sia divertito come fanno tutti i ragazzi, però non so perché nessuna delle sue avventure è mai diventata qualcosa di serio. Come mai me lo hai chiesto?»
«Perché quest’estate lui mi ha chiesto di andare a spedirgli una lettera all’ufficio postale di Silverbridge per ben tre volte. Ha detto che all’ufficio di North Glen erano troppo ficcanaso. E la lettera era indirizzata a una signora».
Pat e Judy si scambiarono un’occhiata eloquente. Judy trattenne l’entusiasmo e rispose con studiata noncuranza.
«Ricordi il nome preciso, Cucciola cara?»
«Oh, la signora Non-so-che» rispose lei sbadigliando. «Me lo sono dimenticato. Ma lo zio Tom era tutto rosso e impacciato quando mi ha chiesto quel favore che ho cominciato a pensare a cosa potesse esserci dietro»
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«Tuo zio Tom ormai deve avere quasi sessant’anni» rimuginò Judy. «L’età giusta per prendersi una seconda sbandata per le donne. Ma non andrà lontano, ci penserà Edith a tenerlo in riga. Io me lo ricordo quanto era entusiasta all’idea di partire per il Klondike all’epoca della corsa all’oro… nessuno sembrava in grado di fermarlo, ma la nostra cara Edith fece morire tutto sul nascere e secondo me lui non l’ha mai perdonata per questo. Ohi, ohi, ce li abbiamo avuti tutti dei sogni che non si sono mai avverati. A me sarebbe piaciuto tornare una volta nel Vecchio Mondo a vedere se il castello dei McDermott era rimasto magnifico come un tempo. Ma non accadrà mai»
«Ognuno ha la sua Carcassonne» disse Pat sognante, citando i versi di una poesia che Hilary Gordon le aveva fatto leggere una volta.
Cucciola invece, con il suo solito senso pratico, disse: «E perché no, Judy? Adesso che sono abbastanza grande per aiutare Pat potresti prenderti un paio di mesi di vacanza l’estate. Il biglietto di seconda classe non costa tanto, potresti andare a trovare tutti i tuoi parenti e divertirti un sacco».
Judy sbatté le palpebre come se qualcuno le avesse dato un pizzicotto. «Ohi, ohi, Cucciola cara, sembra tutto molto ragionevole detto così. Chissà perché non ci ho mai pensato. Ma non sono più giovane come una volta… tutto questo correre di qua e di là mi ha fatta invecchiare»
«Non sei affatto troppo vecchia, Judy. Vacci l’estate prossima. Devi solo deciderti a farlo»
«Ohi, ohi, devi solo deciderti, dice lei. Ci vuole un sacco di tempo per decidersi, Cucciola cara, bisogna pensarci su»
«Ma no, non pensarci… fallo e basta» disse Cucciola rotolandosi a pancia in giù e tirando le orecchie di McGinty. «Se ci pensi troppo non lo farai mai»
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«Ohi, ohi, quando avevo tredici anni ero saggia anche io come te. Dopo ho imparato solo a essere più sciocca» disse Judy in tono sarcastico. «Andarsene fino in Irlanda non è affatto come fare un salto a Silverbridge. E i miei amici laggiù saranno invecchiati anche loro, dubito che mi riconoscerebbero, ingrigita come sono adesso. Al castello ci sarà un nuovo Lord McDermott, immagino, uno che parla bene l’inglese. Il vecchio lord aveva un accento pesante come il piombo»
«Mi emoziona sempre pensare che hai vissuto in un castello, Judy, e che hai servito un lord. È più emozionante della storia della cugina di quarto grado di mamma che ha sposato un nobile inglese. Chissà se la conosceremo mai. Un giorno dobbiamo andare a far visita ai nostri parenti nobili, Pat. Io e te»
«Temo che lei non sia a conoscenza della tua esistenza» disse Pat con un sorriso. «Una cugina di quarto grado è una parente parecchio lontana, ed è andata a vivere in Inghilterra con sua zia quando era ancora piccola. Credo che anche mamma l’abbia vista solo una volta»
«Ohi, ohi, sì che l’ha vista» disse Judy. «È venuta in visita alla Baia quando aveva dieci anni e un giorno sono venuti tutti qui a giocare. Che giornata quella. E pensare che adesso è la moglie di un baronetto… Sir Charles Gresham. Sua zia invece ha sposato un conte»
«Ed era un conte imperiale?» chiese Cucciola. «Non so perché, ma “conte imperiale” suona meglio di conte e basta»
«Ohi, ohi, era tutto quello che un conte deve essere. Non ricordo di cosa fosse conte a dir la verità, però aveva un nome molto aristocratico. Quando vostra cugina si è sposata la notizia è finita su tutti i giornali. Lady Gresham non era giovane, ma ha fatto proprio bene ad aspettare. Ohi, ohi, non dimenticherò mai che faccia han-
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no fatto le zie della Baia quando è arrivata la notizia. Inorgoglirsi ancora di più era impossibile, perciò optarono per restare umili. “Ah, per noi non cambia nulla” diceva la vostra prozia Frances. “Lei è una gran signora adesso e non baderà più alle persone comuni come noi”. Ohi, ohi, sentire Frances Selby che si definiva una persona comune!»
«Trix Binnie dice che non crede che Lady Gresham sia nostra parente» disse Cucciola, stringendo a sé un gattino giallo con il musetto simile a una farfalla dorata che era appena schizzato fuori dalle felci.
«Come osa! Ma è davvero vostra cugina di quarto grado. Suo zio invece era il vescovo che accusarono di aver rubato l’argenteria della Baia la notte che dormì lì»
«L’argenteria, Judy?» Pat non aveva mai sentito quella storia sebbene Judy le avesse raccontato innumerevoli storie di famiglia.
«Te lo dico io! Hai presente la spazzola e il pettine d’argento che stanno nella stanza degli ospiti alla Baia, insieme allo specchio e ai due flaconcini di profumo? Ah, quanto ne andavano fiere le tue zie. Non li tiravano mai fuori per la gente comune, ma un vescovo è pur sempre un vescovo, perciò quando salì in camera si ritrovò tutta quella mercanzia in bella mostra sulla scrivania. Ohi, ohi, ma la mattina dopo mica c’era più! La vostra pro-prozia Hannah era ancora arzilla all’epoca, doveva passarne di tempo prima che finisse confinata nel letto, e si infuriò. Si sedette al tavolo e scrisse una lettera al vescovo per chiedergli cosa ne avesse fatto della sua argenteria. E lui rispose: “Sono un uomo povero ma onesto. L’argenteria è nel baule delle lenzuola, era troppo lussuosa per un umile sacerdote come me e avevo paura di farci cadere sopra qualcosa”. Ohi, ohi, trovarono tutto sopra le lenzuola, proprio come aveva detto lui, e la vostra povera pro-prozia non fu più la stessa dopo aver accusato il vescovo
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di essere un ladro. Patsy cara, a proposito di lettere, c’era qualche notizia interessante in quella che hai ricevuto da Jingle questa mattina, se posso chiedere?»
«Sì, molto» rispose Pat. «Avevo proprio in programma di dirtelo oggi pomeriggio, quando saremmo venute qui. Hilary ha mandato un suo progetto per una finestra a non so che concorso importante… e ha vinto il primo premio. Su centosessanta partecipanti!»
«Ah, è proprio intelligente il nostro Jingle… fortunata la ragazza che se lo prenderà».
Pat la ignorò. Desiderava che Hilary Gordon rimanesse solo un amico per lei, ma l’idea di questa “ragazza fortunata”, chiunque fosse, non la riempiva certo di gioia.
«A Hilary sono sempre piaciute le finestre. Ogni volta che ne vedeva una un po’ diversa rimaneva incantato. Per esempio quella dell’abbaino in cima alla casa della vecchia Mary McClenahan… Judy, ti ricordi quando ci hai mandati da lei a chiederle un incantesimo per ritrovare McGinty?»
«E lei lo ha fatto, no?»
«Perché sapeva già dov’era». Pat sospirò. «Era molto più divertente quando credevo che fosse una strega, sai Judy?»
«Ti dico una cosa». Judy chinò la testa grigia con aria misteriosa. «Meno cose credi, più fredda diventa la vita. Prendi questo macchione… non era più bello quando era pieno di creature fatate?»
«Sì… in un certo senso. Ma la magia è rimasta, anche se le fate non ci sono più»
«Ohi, ohi, è perché una volta ci credevi. Le fate non possono esistere se non ci credi, ecco perché gli adulti non le vedono mai» disse la saggia Judy. «Mi dispiace tanto per i bambini che non hanno mai avuto l’occasione di credere nelle fate, avranno una vita più povera per questo motivo»
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«Ricordo una storia che mi hai raccontato una volta… quella di una ragazzina che stava giocando in un macchione come questo ed è stata attirata nel mondo delle fate da una musica meravigliosa. Alla “penombra” venivo sempre qui in punta di piedi e tendevo l’orecchio, però non credo di averla voluta sentire per davvero quella musica. Avevo paura che se fossi andata nel mondo delle fate non sarei più tornata. E nemmeno il mondo delle fate poteva essere all’altezza di Silver Bush per me».
Negli occhi castani di Pat comparve quello sguardo dal quale tutti capivano che stava ricordando qualcosa di adorabile. Pat non era considerata la più bella della famiglia Gardiner, ma quello sguardo donava al suo viso qualcosa di magico. Si alzò, ripiegò il suo lavoro di cucito e si avviò verso la casa, seguita da McGinty. I pettirossi cominciavano a cinguettare e le nuvole sopra il macchione a colorarsi di rosa. Il sole a occidente ammantava le felci e l’erba alta lungo il sentiero di una sfumatura dorata. Sulla destra, le ombre della sera cominciavano ad allungarsi sui pascoli in collina, e oltre i campi in basso si intravedeva la foschia azzurrina del mare di agosto.
Sid era in cortile e stava tentando di far bere un vitellino ostinato. Le due anatre bianche di Cucciola riposavano accanto al pozzo. Avrebbero fatto parte del pranzo del Ringraziamento, ma Judy non aveva ancora osato accennarlo a Cucciola. Papà Gardiner falciava i primi steli di avena, mentre la mamma, svegliata dal suo pisolino, era in giardino, in mezzo ai garofani vellutati. Uno scoiattolo correva impertinente sopra il tetto. Si preannunciava una serata tranquilla, come piaceva a lei, con tutti gli abitanti di Silver Bush felici e contenti. Pat adorava vedere posti e persone felici, e possedeva il dono, tra i più invidiabili, di trarre un genuino piacere dalle piccole cose. I pipistrelli sarebbero spuntati fuori insieme alla luna e la vasta distesa verde della tenuta si sarebbe stretta intorno alla casa,
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che agli occhi di Pat era sempre sembrata più una persona che un edificio.
«Pat va ancora matta per Silver Bush, come sempre, vero?» disse Cucciola. «Penso che morirebbe se fosse costretta a lasciarla. Ecco perché non credo che si sposerà mai, Judy. Quanto a me, anche io adoro Silver Bush, ma non voglio viverci tutta la vita. Voglio partire, avere delle avventure, vedere il mondo»
«Certo, certo, del resto se tutti volessero rimanere a casa propria sarebbe un bel problema» concordò Judy «ma Patsy ha sempre portato Silver Bush nel cuore, proprio in fondo. Quando aveva circa cinque anni chiese a sua madre dov’era Dio, e lei le rispose:
“È ovunque, Patsy”. “Ovunque?” fece lei con due occhioni tristi. “Vuol dire che non ce l’ha una casa? Oh, mamma, mi dispiace tanto per Lui”. Hai mai sentito niente del genere? Qualcuno che si dispiace per Dio? Be’, la mia piccola Pat lo ha fatto. Cucciola cara…»
Judy abbassò la testa e la voce come una cospiratrice, sebbene Pat non fosse più a portata di occhi e orecchie da un bel pezzo. «Ultimamente Jem Robinson ha bazzicato molto da queste parti, vero? È un bravo ragazzo e gli manca solo un anno all’università. Secondo te Pat lo ha notato in qualche modo?»
«Sono sicura di no, Judy. Anche se l’unica cosa negativa che le ho sentito dire su di lui è che sulla sua faccia starebbero benissimo le basette, ma purtroppo è nato con una generazione di ritardo. L’ho sentita che lo diceva a Sid. Ma che voleva dire, Judy?»
«Solo il Buon Dio Lassù lo sa» brontolò Judy. «Sai, Cucciola, essere un pochino schizzinose va bene, le ragazze di Silver Bush non sono mai state come le Binnie. “Olive ha un corteggiatore diverso ogni sera” mi ha detto una volta la signora Binnie, come per vantarsi. E io le ho risposto: “Oh, quindi ha scelto la quantità invece della qualità”. Però dimmi un po’… cosa succede se sei troppo schizzinosa?»
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«Io sono ancora troppo piccola per i corteggiatori» disse Cucciola «ma aspetta solo che abbia l’età giusta. Dev’essere una cosa emozionante quando qualcuno ti dice che ti ama, vero Judy?»
«Il vecchio Tom l’Ubriacone una volta me lo ha detto, ma io non mi sono emozionata poi tanto» disse Judy pensierosa.
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Stampato e fabbricato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di luglio 2023 con un processo di stampa e rilegatura certificato 100% carbon neutral in accordo con PAS 2060 BSI
Lucy Maud Montgomery nacque a New London, in Canada, nel 1874 e morì a Toronto nel 1942. Nella sua vita pubblicò numerosi libri per ragazzi, raggiungendo l’apice della popolarità nel 1908 con Anna dai capelli rossi, primo di una serie di otto romanzi, tutti pubblicati da Gallucci con una nuova traduzione di grande successo. Stampate in decine di lingue, le storie di Anna hanno continuato ad avere seguito fino a oggi, grazie anche alla celebre serie animata giapponese che la tv italiana ha trasmesso a partire dal 1980 e alla recente fiction distribuita da Netflix in tutto il mondo. La produzione letteraria della Montgomery, che va ben oltre Anna dai capelli rossi, è oggetto negli ultimi anni di una meritata riscoperta. Tra le sue opere più note ci sono la trilogia di Emily di New Moon, interamente pubblicata da Gallucci, e i due romanzi di Pat di Silver Bush, intenso omaggio al sentimento profondo che legò per tutta la vita Lucy Maud Montgomery all’Isola del Principe Edoardo, dove la scrittrice trascorse la sua infanzia.
Immagini di copertina: © Drunaa / Trevillion Images e © Ildiko Neer / Trevillion Images
Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign
Con lÕingresso nellÕetˆ adulta, i cambiamenti che Pat teme si susseguono uno dopo lÕaltro. Amici e familiari vanno e vengono, amori troppo acerbi o troppo maturi sbocciano e sfioriscono in un istante, ma cÕ anche tanta nuova vita da accogliere.
LÕunico punto fermo rimane Silver Bush, la vecchia e incantevole casa nella quale Pat vorrebbe vivere per sempre. Un destino imprevedibile le farˆ per˜ scoprire il senso pi vero della parola Ò casa Ó : non un semplice posto, ma un insieme vivo e pulsante di ricordi e affetti, e un amore capace di sopravvivere a qualunque cambiamento.
ÒLa bellezza sembrava scorrerle dentro come un fiume, e lei si arrese completamente alla magia di quel luogo e di quel momento. Non cÕera pi passato n futuro, esisteva soltanto quel meraviglioso presenteÓ.
ISBN 979-12-2210-069-2
€ 14,90