Io, il calcio e il mio papà

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PER PAPÀ INVECE È ANCHE UN LAVORO: HA CONOSCIUTO I PIÙ GRANDI CALCIATORI QUESTA VOLTA, PERÒ, VOGLIO ESSERE IO A RACCONTARVI IL BELLO DEL CALCIO.

elementari, gioca nel ruolo di ala e ha un tiro micidiale di sinistro proprio come il suo idolo Gigi Riva. Il tifo per il Cagliari è l’unico entusiasmo calcistico non condiviso con Darwin Pastorin, il suo papà, che resta invece inguaribilmente juventino. Forse anche perché dopo i primi dribbling in strada a San Paolo del Brasile, dov’è nato nel 1955, l’apice della carriera sportiva lo raggiunse tanti anni fa proprio con un provino per le giovanili bianconere. Oggi Darwin si occupa di sport come giornalista, scrive libri (Crossa al centro! Gallucci) e mantiene intatto il gusto tutto sudamericano dell’epica del pallone. Una passione, come dimostra quest’opera a quattro mani, che si tramanda di padre in figlio. ISBN 978-88-6145-025-7

Consigliato dagli ai anni

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Io, il calcio e il mio papà

Santiago è nato a Torino nel 1998, frequenta le

con Darwin Pastorin

E SA UN SACCO DI STORIE.

Santiago

PER ME IL PALLONE È UN GIOCO,

Santiago con papà Darwin Pastorin

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calcio e il mio

papà


Santiago con papĂ Darwin Pastorin

Io, il calcio e il mio papĂ disegni di Desiderio


Santiago con papà Darwin Pastorin Io, il calcio e il mio papà disegni di Desiderio di Darwin Pastorin nella stessa collana: Crossa al centro! Gli autori devolvono tutti i proventi al Reparto oncologico dell’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino

ISBN 978-88-6145-025-7 Prima edizione novembre 2007 © Carlo Gallucci editore srl Roma ristampa 5 4 3 2 1 0 anno 2012 2011 2010 2009 2008 2007 9

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galluccieditore.com

Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.


Io, il calcio e Santiago

N

el novembre del 2002 pubblicai Lettera a mio figlio sul calcio. Nel luglio del 2004 diventò un tascabile e, persino, uno spettacolo teatrale allestito dalla Fondazione Aida di Verona, dal titolo Mi chiamano Garrincha. Il libro, dedicato al mio piccolo Santiago, a quel tempo un frugoletto di poco più di quattro anni, aveva solo uno scopo: raccontargli, attraverso le mie esperienze di vita e di inviato speciale per il quotidiano sportivo torinese Tuttosport, il gioco più bello e appassionante del mondo. Un gioco che, come sottolineò lo scrittore esistenzialista Jean-Paul Sartre, poteva anche rappresentare una metafora dell’esistenza. A quel tempo Santiago aveva una passione per il ruolo del portiere. Il ruolo, guarda caso, della fantasia e della letteratura. In porta giocarono Albert Camus, Vladimir Nabokov, Evgenij Evtushenko, Sandro Veronesi e Alberto Bevilacqua; Peter Handke ha fatto di un estremo difensore “di qualche fama” il protagonista del suo giallo psicologico Prima del calcio di rigore. Hanno narrato il por9


Io, il calcio e il mio papà

tiere (il suo talento, la sua solitudine, il suo estro e i suoi tormenti) gli scrittori Umberto Saba, Alfonso Gatto, Giovanni Arpino, Osvaldo Soriano, Eduardo Galeano. Io ho raccontato di Moacyr Barbosa, l’eroe tragico del mondiale del 1950. Scrivevo a mio figlio, nella Lettera, dei miei sogni e della mia infanzia brasiliana, dei miei miti e dei miei idoli; e, con la scusa del pallone, gli narravo storie di uomini ora felici e ora disperati, di gol e autogol, di terzini e centravanti, di nonni e di poeti. Santiago è cresciuto, è diventato un ragazzino, due occhi azzurri rubati al mare e al cielo, ed è un appassionato di football. Non solo per via del suo tifo per il Cagliari e per Gigi Riva (che chiama “Rombo di Tuono” riprendendo la splendida immagine di Gianni Brera): ama leggere libri e novelle di calcio, compreso il mio primo libro per ragazzi Crossa al centro! (Gallucci), cita a memoria i risultati dei mondiali, da Montevideo 1930 a Berlino 2006 (con la quarta Coppa conquistata dalla Nazionale italiana) e gioca da ala sinistra. È pure, mio malgrado, anti-juventino: per via del recente scandalo e di una squadra – dice lui – che ha vinto troppo per essere simpatica. Si diverte a prendere in giro la mia juventinità con due simboli del Torino: l’ex calciatore, oggi apprezzato opinionista televisivo, Aldo Agroppi e lo scrittore Giuseppe Culicchia. 10


Io, il calcio e il mio papà

Un pomeriggio, tra un compito di italiano e una sfida in giardino («Io faccio il Cagliari, tu la Juve, ma, per favore, non comprare la partita»), mi disse: «Papà, ti ricordi di Lettera a mio figlio sul calcio? Beh, ho pensato di risponderti perché anch’io ho già tante cose da dirti». Così, ci siamo messi a scrivere insieme questo libro. Se trovate qualche termine difficile, non da bambino delle elementari, beh, avrete già capito: quelle parti sono state scritte da Santiago. Quelle più banali invece sono, decisamente, le mie. Darwin

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Divisi dalla maglia

C

ome dimenticare quel giorno? Mio padre si aggirava per la stanza nervosamente, la tv accesa da mezz’ora: «Quanto manca, Santiago?» Santiago sono io, neppure dieci anni, alunno delle elementari: «Ancora 15 minuti, papà». Lui era un po’ triste, io molto felice. Un quarto d’ora ancora e la sua Juventus avrebbe giocato, a Rimini, la prima partita del Campionato di Serie B. Per lui era quasi una tragedia: la sua squadra del cuore per la prima volta retrocessa, due scudetti tolti, giocatori di prestigio ceduti, uno dopo l’altro. Certo, era rimasto Gigi Buffon; erano rimasti anche David Trezeguet, Pavel Nedved e Mauro German Camoranesi: ma gli altri? Via. Così tanti che nemmeno riuscirei a ricordarli tutti. Povero papà. Eccolo lì, con i suoi cinquant’anni suonati, e quella sua passione presa in giro, spernacchiata, of13


Io, il calcio e il mio papà

fesa. Avrei voluto dirgli: «Dai, vedrai: un anno passa in fretta. La Juve tornerà in serie A e riprenderà a vincere trofei, come sempre». Quel pensiero mi passò in un baleno. Perché per me quel giorno era bellissimo. Bellissimo come il sorriso di mia mamma Olga, come un’impresa di Spiderman o di Zorro. Quel giorno la Juve esordiva in B. E io, tifoso del Cagliari, detestavo il bianconero. Dissi a mio padre: «Scusami se ti lascio da solo. Ma la B non mi interessa. La A gioca domani.


Io, il calcio e il mio papà

Ciao, vado a divertirmi in giardino. Vado a fare David Suazo. E, comunque, meritavate la serie C con 30 punti di penalizzazione». Mio papà non disse nulla. Guardava Felice Piccolo e Matteo Paro, due giovani giocatori della Juventus, e pensava a Pietro Anastasi, Omar Sivori e Gino Stacchini. Gli idoli della sua giovinezza.

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PER PAPÀ INVECE È ANCHE UN LAVORO: HA CONOSCIUTO I PIÙ GRANDI CALCIATORI QUESTA VOLTA, PERÒ, VOGLIO ESSERE IO A RACCONTARVI IL BELLO DEL CALCIO.

elementari, gioca nel ruolo di ala e ha un tiro micidiale di sinistro proprio come il suo idolo Gigi Riva. Il tifo per il Cagliari è l’unico entusiasmo calcistico non condiviso con Darwin Pastorin, il suo papà, che resta invece inguaribilmente juventino. Forse anche perché dopo i primi dribbling in strada a San Paolo del Brasile, dov’è nato nel 1955, l’apice della carriera sportiva lo raggiunse tanti anni fa proprio con un provino per le giovanili bianconere. Oggi Darwin si occupa di sport come giornalista, scrive libri (Crossa al centro! Gallucci) e mantiene intatto il gusto tutto sudamericano dell’epica del pallone. Una passione, come dimostra quest’opera a quattro mani, che si tramanda di padre in figlio. ISBN 978-88-6145-025-7

Consigliato dagli ai anni

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Santiago è nato a Torino nel 1998, frequenta le

con Darwin Pastorin

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Santiago con papà Darwin Pastorin

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