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Il cuoco fra tradizione e innovazione ALIMENTAZIONE E QUALITÀ DEGLI ALIMENTI

La centralità dei temi dell’alimentazione,dell’enogastronomia, della qualità e della tipicità è testimoniata dal proliferare di manifestazioni, pubblicazioni, programmi televisivi, siti Internet, blog e forum che, in vario modo, si occupano di questi temi.

A riprova di questa tendenza, nel corso dell’ultimo decennio, i consorzi per la tutela e la valorizzazione di prodotti alimentari e le associazioni che, a vario titolo, si occupano di enogastronomia sono diventati sem- pre più numerosi. Contemporaneamente, sono aumentati gli istituti e gli enti che si occupano di formare i professionisti che, a tutti i livelli, operano nel settore turisticoalberghiero e, in particolare, della ristorazione.

L’interesse per questi temi scaturisce direttamente dal ruolo fondamentale che le istituzioni ad ogni livello hanno riconosciuto ai diversi aspetti dell’alimentazione e della tutela della qualità alimentare, in particolare delle tipicità agroalimentari. Questa tendenza è determinata, però,anche dal nuovo atteggiamento del consumatore contemporaneo che:

• cerca cibi sicuri e genuini, considerando gli alimenti come fattori fondamentali per la tutela della sua salute;

• è sempre più mobile e informato, oltre che competente e attento al rapporto qualitàprezzo;

• conosce i marchi di tutela dei prodotti alimentari ed è consapevole del valore economico e culturale della tipicità e della territorialità;

• comprende l’importanza dei prodotti alimentari di qualità;

• considera l’innovazione e la varietà un valore aggiunto.

In campo alimentare, i prodotti che sceglie devono rispondere al suo bisogno di alimentarsi, ma nel contempo essere garanzia di qualità e, quindi, di naturalità, sicurezza e, non da ultimo, salute

La salute , dunque il benessere psico-fisico,è il principio ispiratore e l’obiettivo di tutte le attività di informazione e prevenzione in campo alimentare.

I modelli dietetici di riferimento più recenti, tra i quali la piramide alimentare italiana o le Dietary Guidelines forAmericans, 2010 , si occupanochiaramente di regime alimentare, quindi di dieta, indicando con questo termine il comportamento alimentare, vale a dire l’insieme degli alimenti consumati normalmente da un individuo o da un gruppo di individui e le frequenze di consumo. In particolare,oltre ad affermare che il benessere dell’individuo è legato alla dieta, al consumo regolare di acqua e all’attività fisica, la piramide della dieta mediterranea moderna sottolinea l’importanza:

• della convivialità, intendendo il pasto come momento sociale, da condividere in armonia e tranquillità,

• della stagionalità dei prodotti che, coltivati a campo aperto e consumati a maturazione, presentano migliori qualità nutrizionali,

• della valorizzazione dei prodotti locali, possibilmente a chilometro zero.

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La nuova piramide alimentare della dieta mediterranea, elaborata alla luce delle moderne esigenze alimentari e dello stile di vita contemporaneo, costituisce un modello alimentare di riferimento per tutte le popolazioni dell’area mediterranea, rispettando le diverse varianti locali esistenti.

Alimentarsi è una risposta a un bisogno primario , ma è contemporaneamente anche ricerca del piacere. Poiché apprezziamo il cibo con tutti i sensi in quanto è fatto di sapori, odori, colori, consistenze e suoni, il piacere deriva dall’esperienza sensoriale. Traiamo piacere, però, anche dalla soddisfazione del desiderio, dall’atmosfera e, non da ultimo, dalla compagnia. Nella cultura del Bel Paese, il mangiare insieme , quindi l’aspetto conviviale del pasto, ha sempre avuto un ruolo centrale, quasi formativo, non solo nella vita famigliare e personale ma anche in quella sociale e professionale, e da sempre influenza in modo determinante le scelte inerenti i consumi alimentari e, di conseguenza, quelle riguardanti i servizi ristorativi. Così, il pasto deve essere nutrizionalmente equilibrato e salutare, per il benessere fisico, ma anche piacevole e appagante per i sensi, per il benessere mentale. In altri termini, il cibo deve essere buono La differenza rispetto al passato è che per essere buono un alimento non deve essere soltanto gustoso dal punto di vista organolettico, ma anche:

• salutare, vale a dire nutrizionalmente equilibrato e valido;

• sicuro dal punto di vista igienico, chimico e microbiologico;

• naturale ed ecosostenibile, cioè prodotto nel rispetto l’ambiente.

Qualità e benessere

Gli operatori del settore ristorativo sono chiamati oggi a collaborare attivamente con le istituzioni per evidenziare al grande pubblico il legame tra alimentazione e benessere, da sempre noto ma spesso trascurato a vantaggio di aspetti come il costo, la rapidità di preparazione e la facilità di consumo dei cibi. Così, per esempio, sempre più ristoranti inseriscono nel menu informazioni nutrizionali riguardo alle preparazioni proposte(apporto calorico, contenuto in grassi, proteine, vitamine,fibre). L’introduzione di questi menu “trasparenti”, dovuta spesso a disposizioni legislative nazionali o locali oppure ad accordi di categoria, evidenzia come gli operatori siano ormai chiamati a muoversi in una direzione ben precisa: riconoscere il rapporto tra cibo e salute, cioè l’importanza del cibo per il mantenimento del benessere fisico e mentale dell’individuo.

spesso una delle cause di numerose patologie, che vanno dall’obesità al diabete, dalle dislipidemie all’ipertensione arteriosa, che, potenziandosi reciprocamente, concorrono alla comparsa dell’aterosclerosi e delle sue complicanze cardio-vascolari. Non va dimenticato, inoltre, che la ricerca medicoscientifica mette in correlazione sia i tumori sia le inabilità emergenti (demenze presenili e senili) con l’alimentazione.

Il consumatore del XXI secolo si sta rivelando particolarmente attento all’alimentazione, per scelta o perché personali esigenze mediche gli impongono schemi dietoterapeutici specifici. Per esempio, nell’ultimo decennio è raddoppiato il numero di soggetti affetti da allergie o intolleranze alimentari, che rientrano entrambe fra quelle manifestazioni derivanti dal consumo di un alimento che costituiscono un pericolo per la salute del soggetto ( Reazioni Avverse da Alimenti, RAA). Se le allergie alimentari sono scatenate da una risposta anomala da parte del sistema immunitario, lo stesso che ci difende da microrganismi e virus, nei confronti di sostanze contenute negli alimenti, le intolleranze sono, invece, reazioni di vario genere che scaturiscono dall’ingestione di alimenti e dipendono, per esem-

Le RAA (Reazione Avverse da Alimenti) sono tutte quelle manifestazioni che sono diretta conseguenza del consumo di un alimento e che costituiscono un pericolo per la salute del soggetto. Possono scaturire dall’ingestione di una sostanza tossica contenuta nell’alimento (reazioni tossiche) oppure dipendere da una particolare sensibilità individuale (come nel caso di allergie e intolleranze alimentari). pio, da deficit enzimatici o da sostanze che manifestano un’azione farmacologica (per esempio, l’istamina). Gli operatori della ristorazione si confrontano frequentemente con due intolleranze, quella al lattosio e, in particolare, quella al glutine (celiachia).

Quest’ultima, in particolare, impone loro di rispettare anche precise pratiche operative, oltre che di valutare quali alimenti proporre.Le dinamiche del rapporto cibo-benessere sonodi dominio pubblico e il professionista capace e competente deve lavorare avendo presente che chi siede alla sua tavola sa che quello che mangia influisce sulla sua salute e che il suo lavoro contribuisce alla corretta educazione alimentare.

Già in un documento del 2002, l’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sollecitava gli Stati membri a sviluppare “una strategia globale sulla dieta, sull’attività fisica e la salute per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili, basata sull’evidenza e sulle migliori regole, con particolare enfasi a un approccio integrato”. Non si può, infatti, semplicemente dire ai cittadini cosa devono fare: affinché gli interventi e le campagne di prevenzione o informazione in ambito alimentare siano efficaci,occorre educarli ad adottare un comportamento corretto.

Quest’ultimo deve consolidarsi come abitudine, senza che ci sia la pretesa di imporre dall’alto un modello alimentare unico. Bisogna, infatti, rispettare la cultura alimentare e gastronomica esistente, lavorando in una prospettiva intersettoriale. Questo significa che occorre coinvolgere non solo i cittadini, ma anche, per esempio, le istituzioni a tutti i livelli, gli operatori sanitari e gli addetti del comparto sociale.

Inoltre, le istituzioni devono collaborare con l’intero comparto agroalimentare e della ristorazione, industria alimentare compresa, affinché:

• tutti ricevano lo stesso messaggio;

• il consumatore reperisca prodotti più salutari;

• l’informazione al consumatore sia chiara ed esaustiva, per esempio mediante precisi sistemi di etichettatura e criteri di classificazione.

La pubblicità e tutti i mezzi di comunicazione, pubblici e privati, devono impegnarsi a veicolare uno stesso messaggio di salute, evitando di trasmettere informazioni ambigue, in particolare quando si rivolgono a bambini, adolescenti e giovani.

Qualità e naturalità

Secondo le più recenti analisi di consumi e tendenze del gusto, il prodotto alimentare risponde a requisiti di unicità e qualità quando si allontana dai prodotti alimentari di massa, più industrializzati e meno particolari. Esso rimanda all’artigianato e non all’industria ed è percepito dal consumatore come più naturale e più ecologico perché le materie prime e le tecniche produttive impiegate sono più rispettose dell’ambiente e, per esempio, non prevedono l’uso eccessivo di additivi, coloranti e conservanti. Perché, per esempio, l’agricoltura che si dice tipica, biologica o biodinamica non si preoccupa soltanto di produrre, ma guarda con occhio attento e vigile alla tutela dell’ambiente e della biodiversità , occupandosi anche di ecosostenibilità eimpatto ambientale, nonché di tutela del territorio. Il consumatore che sceglie il prodotto alimentare di qualità sente di distinguersi dagli altri, di affermare una propria autonomia, di fare una scelta consapevole e, almeno così spera, corretta.

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Nel corso dell’ultimo decennio le istituzioni hanno prestato sempre maggiore attenzione ai prodotti alimentari di qualità, in particolare a quelli tipici locali perché si è riconosciuto il loro fondamentale valore economico, oltre che culturale, per le popolazioni e le zone di produzione, ma anche e soprattutto per l’economia nazionale, che vede nel settore agroalimentare e in quello turistico-ristorativo due tra le sue principali fonti di ricchezza. Le produzioni tipiche rientrano ormai a pieno titolo anche tra le principali attrattive di specifiche zone e hanno fatto sì che anche aree senza particolare vocazione turistica diventassero mete predilette di escursionisti e viaggiatori del gusto.

Il XXI secolo ha generato una nuova consapevolezza, facendo in modo che il “quanto si mangia” fosse sostituito dal “come si mangia”, riconoscendo, dopo decenni di abbondanza alimentare e scarsa attenzione per la qualità del cibo, che il benessere dell’individuo inizia a tavola e che l’alimentazione è un fattore fondamentale nella prevenzione di numerose patologie.

Per salvaguardare e tutelare la cultura e l’identità enogastronomica territoriale e nazionale, a scapito delle forti spinte globalizzanti, si è reso necessario puntare sulla qualità e sulla tipicità del prodotto agroalimentare, rendendolo più visibile (perciò più conosciuto al grande pubblico) e, quindi, più appetibile . Questo prodotto agroalimentare deve emergere rispetto a tanti altri prodotti simili, facendosi portatore di un’idea di qualità superiore ma anche, per esempio, di ecosostenibilità.

La promozione dei prodotti in ambito agroalimentare interessa certamente il consumatore comune, che va educato a non scegliere prodotti omologati, talvolta di scarsa qualità, ma anche e soprattutto gli operatori del settore ristorativo, che in larga misura possono contribuire a far conoscere tipicità territoriali e prodotti a marchio e a comunicare il messaggio di qualità che li accompagna.

Si tratta di portare a scegliere non un prodotto, ma il prodotto, quello con caratteristiche uniche e particolari, che permette di salvaguardare e valorizzare il comparto produttivo di una determinata area, facendosi portatore nel contempo di un chiaro valore aggiunto, quello del territorio e della cultura che, insieme, lo hanno prodotto. La tipicità scaturisce dalla combinazione di una serie di fattori ambientali concreti con una dimensione culturale, legata alla comunità umana e, quindi, alla sua tradizione, ai suoi saperi e alle sue competenze, diventando una garanzia di genuinità e qualità superiore.

Vale la pena ricordare, a questo proposito, che a livello europeo i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo concentrano buona parte dei prodotti con denominazioni geografiche (DOP, Denominazione di Origine Protetta, o IGP, Indicazione Geografica Protetta), grazie alla struttura del comparto produttivo di riferimento, fatto di aziende di piccole o medie dimensioni, e alla lunga tradizione dell’ enogastronomia mediterranea.

L’Italia, in particolare, è uno dei Paesi con il maggior numero di prodotti a denominazione, tra i quali figurano anche alcuni tra quelli più copiati al mondo. Il prodotto a marchio è legato, in genere, a un’idea di eccellenza della produzione, che lo rende gradito al consumatore non solo nazionale ma anche e soprattutto estero, che lo identifica sotto il rinomato marchio del Made in Italy, riconoscendo in esso l’italianità come garanzia di qualità

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La sostenibilità è oggi la parola chiave di strategie attuate in ambiti tra loro apparentemente molto diversi. Nel comparto alimentare, essa non guida soltanto le scelte del consumatore, ma anche quelle degli operatori lungo tutta la filiera, a partire dai ristoratori e dai cuochi.

Parlare di sostenibilità significa oggi riferirsi in primis al prodotto agroalimentare offerto, dunque al sistema agricolo e all’agricoltura organica e biodinamica, ma anche al luogo dove questo stesso prodotto è consumato e/o a particolari dinamiche gestionali e produttive.

Qualità e sicurezza

La qualità di un cibo dipende dall’impegno di tutte lepersone coinvolte nella complessa catena produttiva che va dallaproduzione delle materie prime alla loro lavorazione, comepure al trasporto, alla preparazione e alla conservazione del prodotto lavorato finoal consumo finale.

buiscono, quindi, a determinare il suo livello qualitativo in termini di sicurezza. Un alimento è infatti sicuro e salubre quando non causa danno al consumatore dopo che è stato preparato e consumato secondo l’uso a cui è destinato e nel momento in cui risponde ai requisiti minimi, sanciti dal legislatore, riguardo al contenuto di sostanze contaminanti. La contaminazione può essere di tipo chimico o microbico e può avvenire durante la produzione delle materie prime o nel corso delle operazioni successive (per esempio, trasformazione, trasporto e stoccaggio). In ogni caso, essa costituisce un chiaro pericolo per il consumatore, in quanto può portare all’insorgere di malattie di origine alimentare.

È obbligo delle istituzioni mantenere informati i cittadini riguardo agli organismi preposti alla tutela della salubrità dei cibi, ad eventuali nuovi rischi, ai programmi di prevenzione e a quant’altro riguardi la sicurezza alimentare. Sempre da parte delle Il consumatore contemporaneo è consapevole che la qualità è una dimensione in continuo movimento, quindi dinamica, che dipende da molti fattori in combinazioni sempre diverse da loro. Uno dei fattori che concorrono a determinare la qualità di un cibo che è considerato fondamentale è la sicurezza, perché tutti sappiamo che il cibo fa bene, ma può anche fare male. Riguardo alla sicurezza, il consumatore deve essere consapevole del suo ruolo attivo, essendo egli stesso responsabile per la conservazione e l’uso corretto degli alimenti che acquista e consuma. Egli deve conoscere il prodotto e sapere come conservarlo, manipolarlo e consumarlo. Deve essere informato e informarsi adeguatamente, imparando, per esempio, a leggere e interpretare le etichette alimentari.

L’Unione Europea e l’OMS definisconola sicurezza alimentareuna responsabilità condivisa “dai campi alla tavola”: tutti gli operatori che lungo la filiera produttiva intervengono nella produzione e nella trasformazione di un prodotto alimentare contri- istituzioni non devono mancare appropriati controlli ufficiali e, in caso di emergenze sanitarie che si manifestino inqualsiasi punto della filiera, l’attuazione rapida di procedure di salvaguardia adeguate ed efficaci.

Affinché l’intera filiera produttiva si svolga incondizioni di sicurezza, gli operatori che intervengono lungo di essa devono impegnarsi a garantire lasalubrità dei cibi nei singoli passaggi, applicando adeguate procedure operative e creando sistemi di monitoraggio che ne assicurino la corretta attuazione. Essi devono rispettare il quadro normativo inerente il settore alimentare e quello specifico per la categoria di alimento, nonché attenersi a pratiche operative consolidate e di provata efficacia, a garanzia di una produzione sicura dal punto di vista igienico, chimico e microbiologico.

Il consumatore o l’operatore responsabile sa che l’etichetta è il principale mezzo di informazione riguardo al prodotto alimentare, nonché uno strumento di tutela fondamentale. La trasparenza e la chiarezza del suo contenuto consentono di fare scelte accurate e il più possibile rispondenti alle esigenze contingenti. La normativa sull’etichettatura dei prodotti alimentari prevede alcune indicazioni obbligatorie e riguarda tutte le categorie di alimenti (preconfezionati, preincartati e sfusi).

Professione Cuoco

Così come il mercato dei prodotti agroalimentari e dei servizi ristorativi si modifica in risposta alle richieste dei consumatori, anche il mestiere dell’operatore di cucina si evolve e progredisce incessantemente. Il cuoco non lavora più soltanto al chiuso della cucina del ristorante, ma è anche, per esempio, il professionista che coordina centri di preparazione pasti o mense, lavora per società di banqueting che organizzano eventi di vario genere, è consulente di industrie alimentari e di produttori di attrezzature, nonché, non da ultimo, docente e guida per i professionisti a venire.

Dal cuoco artigiano del passato siamo passati allo chef contemporaneo, imprenditore e immagine di un nuovo modo di intendere la cucina e l’alimentazione: il cibo è benessere e il cuoco, manipolandolo, crea salute. Le sue preparazioni, infatti, sono salutari, genuine, sicure o, più semplicemente, di qualità.

Il cuoco è oggi il comunicatore che contribuisce attivamente a dire al grande pubblico che una corretta alimentazione è fondamentale per la tutela della salute, garantendo in prima persona che il settore ristorativo e l’industria alimentare adottano questo principio fondamentale e si impegnano a offrire prodotti di qualità.

Dato che l’interesse del pubblico per i temi dell’alimentazione e dell’enogastronomia è andato aumentando, anche i mezzi di comunicazioni hanno rinforzato questa tendenza concentrandosi su questi argomenti e sfruttandoli a scopo informativo e di intrattenimento. Così, i palinsesti delle principali emittenti televisive si sono arricchiti di programmi e rubriche che si occupano di food, affidatia personalità di rilievo dell’enogastronomia nazionale o internazionale, che sono diventati a pieno titolo volti noti dello star system . Oggi i cuochi sono scrittori, opinionisti, critici, giornalisti, conduttori, blogger efood stylist, diventando personaggi pubblici, tanto che:

• sono nel cast di trasmissioni televisive;

• partecipano a dibattiti anche di carattere medico-scientifico;

• sono autori di libri e collaborano con giornali e riviste;

• sonotestimonial di campagne pubblicitarie per beni di largo consumo, siano essi prodotti alimentari o attrezzature di cucina;

• collaborano con i grandi marchi dell’industria alimentare e della ristorazione veloce, per promuovere tipicità territoriali o trasmettere nuove immagini aziendali;

• sono ambasciatori del Made in Italy, partecipando a manifestazioni volte a promuovere l’eccellenza dei prodotti nazionali.

Sono consulenti delle grandi industrie e dei marchi della ristorazione, prestando la loro opera per trovare il giusto equilibrio tra gli ingredienti e garantirci di trovare il prodotto che cerchiamo, nel posto e nel momento giusto.

Partecipano nel veicolare le nuove tendenze del gusto, talvolta anticipandole, oppure nell’adattare la grande cucina al mondo e alla vita di tutti i giorni.

Tutti questi mutamenti, che hanno condotto gli chef dalle cucina nelle pubblicità delle grandi industrie alimentari o sui set fotografici e televisivi e le loro creazioni nei menu della ristorazione veloce, sono scaturiti da diversi fattori, alcuni di natura sociale ed economica, tra i quali, per esempio, ricordiamo:

• la maggiore mobilità delle persone e delle merci che ha determinato sempre nuove tendenze del gusto;

• lo sviluppo di materiali e tecnologie sempre più avanzati;

• il crescente interesse del consumatore per il benessere e la salute e il loro legame con l’alimentazione,

• il riconoscimento del valore economico e culturale dei prodotti di qualità e di quelli tipici locali.

Tradizione e innovazione

Storicamente la formazione del giovane cuoco avveniva presso un maestro che gli trasmetteva oralmente i saperi e, mediante l’esempio, le tecniche del mestiere. Il cuoco professionista riceve oggi una formazione strutturata e organizzata in modo sistematico riguardo non solo alle tecniche di cucina in senso stretto ma anche, tra gli altri, all’igiene, alla dietologia, alla merceologia, alla chimica, alla legislazione, all’economia e all’organizzazione del lavoro.

Lo chef di cucina è oggi un tecnico che basa la sua creazione:

• sullo studio continuo e accurato di materie prime, tecniche, materiali e strumenti;

• sull’esperienza professionale maturata sul campo nel corso del tempo.

• sull’incontro con le diverse culture del mondo.

L’alimentazione e, quindi, la cucina sono la fotografia di un’epoca e una componente della storia di una cultura e del popolo che la abita. Se l’alimentazione è andata modificandosi di pari passo con l’evoluzione umana, la cucina è contrassegnata dall’operato dei cuochi e delle cuoche di tutto il mondo, alcuni divenuti famosi, come Georges-Auguste Escoffier (1846-1935), altri rimasti sconosciuti.

Egli studia e improvvisa, certo, perché l’arte in sé lo prevede, ma senza lasciare nulla al caso.

Il suo lavoro consiste sempre nel trasformare le materie prime alimentari in svariate preparazioni da servire al cliente, eseguendo operazioni di routine, quali il lavaggio, il taglio, la cottura. Cosa trasformare, come farlo e con quali mezzi sono oggetto di una ricerca permanente, di una continua mediazione fra tradizione e innovazione.

L’evoluzione della professione è determinata, infatti, non solo da nuovi ingredienti o da nuove combinazioni di essi, ma anche da tecniche e attrezzature in continua evoluzione, che hanno modificato le tempistiche e i sistemi di lavorazione, producendo risultati talvolta inattesi e rivoluzionari, ma sempre radicati nei valori tradizionali di quello che un tempo era un mestiere artigiano.Lo chef di cucina:

• sa applicare le tecnologie di produzione tradizionali e quelle più moderne;

• sa controllare le cotture e i metodi di preparazione;

• conosce le tecniche operative e i sistemi di produzione del pasto;

• ha un’approfondita conoscenza delle materie prime e delle loro applicazioni;

• adotta comportamenti igienici corretti e si attiene rigorosamente alla normativa igienico-sanitaria di riferimento.

La sua professionalità è valutata oggi non solo in termini gastronomici, bensì, così come avviene per qualsiasi altra attività produttiva, tenendo conto della gestione economica, quindi, per esempio, del rapporto costi-ricavi, dei tempi di realizzazione delle preparazioni e delle tecnologie impiegate per ottenere il risultato finale.

Forse si nasce chef di cucina, di sicuro lo si diventa, dopo molti anni di pratica e con la continua ricerca di perfezionamento e di nuove soluzioni che muovano dalle esperienze acquisite. Lo chef di cucina si aggiorna in continuazione, studia costantemente, sia raccogliendo informazioni mediante riviste, testi specializzati e analisi delle tendenze di mercato,sia frequentando stage e corsi di formazione.Nella professione dello chef, come in altre del comparto turisticoalberghiero, la formazione permanente è una reale necessità e trova una vera applicazione, perché solo grazie ad essa è possibile restare al passo con i tempi e porsi obiettivi sempre nuovi e perché, oggi più che mai, per lo chef è fondamentale la ricerca del miglioramento costante e della perfezione, per potersi realizzare in questa professione così moderna ma dal cuore antico. Così come lo chef in quanto tecnico deve mantenersi costantemente aggiornato, allo stesso modo deve esser un instancabile viaggiatore, perché deve andare in giro, ascoltare cosa hanno da dirgli e insegnargli i colleghi e la gente di tutto il mondo, oltre a confrontarsi con il tempo e la cultura che abita, perché la cucina è la fotografia di un’epoca e con essa si evolve. Così, lo chef di cucina:

• deve padroneggiare i più moderni sistemi informatici, per comunicare, informarsi, organizzare e promuovere la sua attività (per esempio,per creare banche dati o catalogare ricette e menu);

• deve mantenersi aggiornato sui cambiamenti delle tendenze del gusto;

• deve conoscere mezzi e strategie di comunicazione;

• deve viaggiare per conoscere usi,costumi, prodotti e preparazioni diversi da quelli locali;

• deve conoscere le lingue straniere e padroneggiare il linguaggio tecnico della cucina almeno in italiano e in francese, affinché la comunicazione in ambito lavorativo sia sempre chiara ed efficace.

Per esercitare in modo adeguato questo mestiere, deve dimostrarsi sempre il più pulito , ordinato e preciso possibile perché la cura dell’igiene personale, degli indumenti e dell’ambiente di lavoro, l’ordine, la rapidità e la precisione dell’esecuzione sono qualità imprescindibili dello chef competente e capace. Infine, ma non da ultimo, lo chef deve dimostrare di avere senso estetico , perché qualsiasi esperienza di gusto, lo sappiamo bene, nasce sì dal connubio di tutti i sensi, ma non ha mai luogo senza che i colori e gli accostamenti della preparazione siano apprezzati prima di tutto con lo sguardo. Non a caso, anche impiattare è un’arte e la disposizione degli elementi di un piatto, indicando come e quando assaporarli, stabilisce la giusta via da seguire per ottenere la massima soddisfazione.

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Il vero professionista ricerca dunque un equilibrio sempre nuovo tra la tecnica applicata in modo rigoroso e l’estro individuale che deriva dalla sua passione per un mestiere che muove dalla tradizione per trovare l’innovazione, nel segno dell’elegante semplicità e del rispetto delle materie prime impiegate.

Gualtiero Marchesi e lo storico

Massimo Montanari dialogano su alcuni temi d’attualità della cucina italiana, rivelandoci come la tradizione diventi tale quando l’invenzione di un singolo diventa patrimonio collettivo.

Etica professionale e attitudini

Se intendiamo per etica professionale la condotta corretta che ogni operatore deve adottare nell’interagire con l’azienda, i colleghi e i clienti, appare subito chiaro che una squadra affiatata, in armonia e disponibile, crea un ambiente di lavoro tale da permettere di offrire un buon servizio al pubblico e di trasmettere un’immagine di qualità.

Nel lavoro di squadra, tipico del settore ristorativo, la collaborazione è infatti fondamentale. Così, la buona riuscita del lavoro di cucina, che indubbiamente risponde a questo requisito,dipende da tutti gli elementi che la compongono. Di conseguenza, lo chef di cucina deve essere predisposto alla comunicazione interpersonale e deve avere buono spirito collaborativo, dimostrandosi sempre aperto al dialogo e al confronto. Egli è il leader e l’organizzatore della cucina perché le competenze professionali e le caratteristiche personali che lo contraddistinguono gli permettono di guidare il suo gruppo di lavoro, cioè la sua brigata, con senso di responsabilità, onestà, rigore ed equilibrio. Lochef coordina e organizza il suo lavoro e quello di tutti i suoi collaboratori, avendo sempre ben chiaro che deve essere in grado di:

• riconoscere, apprezzare e valorizzare le diversità che si manifestano tra i diversi soggetti che compongono la sua brigata;

• giudicare in modo oggettivo;

• rispettare le posizioni altrui;

• accettaresia l’apprezzamento sia la critica da parte di colleghi o clienti, trovando sempre nel giudizio altrui spunti e stimoli per il miglioramento e la crescita;

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• ascoltare gli altri e nello stesso tempo esprimere fermamente le sue opinioni, motivandole.

La premessa fondamentale per la creazione di una buona squadra di lavoro è costituita, infatti, dalla buona conoscenza di sé e degli altri, raggiunta mediante l’umiltà di riconoscere i propri errori, l’immedesimazione nei colleghi e la volontà di migliorare insieme. Il pregiudizio non deve avere accesso alla cucina e nulla deve essere dato per scontato per diventare un cuoco di successo.

Oltre a rispettare colleghi e clienti, lo chef deve essere puntuale, rigoroso nel rispetto delle procedure di lavorazione e dei regolamenti aziendali, nonché avere cura degli ambienti, delle attrezzature di lavoro e delle materie prime, evitando sprechi inutili. In altri termini, deve avere buona memoria, dimostrare efficienza ed efficacia a livello sia operativo sia decisionale.

Il cuoco deve saper vivere la professione che ha scelto in modo positivo, godendo dei risultati del suo lavoro: un piatto ben riuscito, la possibilità di lavorare in una cucina moderna e attrezzata oppure il più semplice “grazie” da parte di un cliente o di un superiore devono procurargli soddisfazione e benessere interiore. Infine, la creatività, lo spirito propenso all’ottimismo e la volontà di ricerca della bellezza consentono al cuoco di continuare la sua crescita.

In chiusura, è interessante collegare le qualità essenziali che il buon cuoco deve possedere ai suoi cinque sensi, vale a dire:

• la vista, poiché deve avere “occhio” per le esigenze, le priorità, gli atteggiamenti dell’ospite e del personale che collabora con lui;

In qualsiasi ambito lavorativo il successo professionale si ottiene mediante l’attitudine, le buone capacità tecniche e la spinta all’innovazione, supportati però da alcune doti e virtù personali ben precise, che devono essere coltivate giorno dopo giorno in modo continuo e costante, con spirito di sacrificio. Le qualità essenziali che un cuoco deve possedere per fare carriera sono molte, ma a grandi linee egli deve essere in grado di assumere efficacemente alcuni ruoli ben precisi.

• l’olfatto, in quanto deve saper avvertire sia i profumi e gli odori gradevoli sia quelli sgradevoli;

• il tatto, poiché, oltre ad avere sensibilità per l’aspetto fisico delle cose, egli deve saper agire con savoir faire;

• il gusto, ovviamente, e in senso più ampio il buon gusto in tutte le cose, partendo, naturalmente, da quelle legate alla gastronomia, poiché è con esso che principalmente comunica con i suoi clienti;

• l’udito, con il quale deve saper ascoltare tutto, senza preclusioni di sorta.

Mansioni e competenze

Il mestiere del cuoco è un’attività di servizio, quindi legata al settore terziario. I contratti di lavoro sono regolamentati dal CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) del settore turistico. Si tratta di un lavoro spesso soggetto a stagionalità, tanto che può accadere, in determinati periodi dell’anno, di dover esercitare la professione in luoghi diversi in base all’andamento dei flussi turistici. Per questo motivo, è necessario essere flessibili e disposti al cambiamento, nonché essere disponibili a lavorare lontano dall’abituale luogo di residenza, spostandosi sia in Italia sia all’estero. Inoltre, è bene considerare che il cuoco, generalmente, lavora di più quando gli altri si concedono svago e riposo, dato che i fine settimana, le festività e le fasce orarie normalmente destinate ai pasti o allo svago sono i momenti in cui si concentra la domanda di servizi ristorativi.

Abbiamo detto che il lavoro dello chef di cucina consiste nella trasformazione di materie prime alimentari in preparazioni di vario genere da servire al cliente. Oltre a questa mansione, lo chef di cucina:

• gestisce gli orari, i turni di lavoro, quelli di riposo e le ferie del personale di cucina;

• si occupa della stesura del menu (cioè la lista dei piatti offerti ai clienti) insieme al food & beverage manager e fissa i costi di produzione dei singoli piatti (food cost);

• esegue le richieste di approvvigionamento per il proprio reparto;

• controlla la merce al momento dell’arrivo in azienda e verifica la qualità delle materie prime;

• comunica e collabora con la sala al momento del servizio;

• controlla la presentazione dei piatti per il servizio, indicando modalità di allestimento e prendendo decisioni riguardo a porzioni e modalità di presentazione;

• esegue le lavorazioni più complicate;

• verifica il rispetto della normativa igienico-sanitaria e attua il sistema di autocontrollo da essa previsto.

Per assolvere ai compiti appena delineati, lo chef di cucina:

• predispone gli interventi di formazione dei dipendenti.

• crea gli standard per i piatti e fa conoscere ai dipendenti la giusta preparazione e presentazione;

• deve assicurarsi ogni mattina che i dipendenti conoscano il lavoro da svolgere nella giornata;

• controlla, insieme al food & beverage manager, la resa dei generi alimentari lavorati e delle porzionature per poter determinare i costi delle materie prime;

• controlla e predispone la sistemazione delle celle e dei punti di stoccaggio degli alimenti in cucina;

• fa rispettare le norme in materia di sicurezza, igiene e di prevenzione degli incendi.

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Il CCNL per il settore turistico si occupa di tutelare i rapporti di lavoro riguardanti esercizi pubblici, imprese di viaggio e turismo, alberghi, villaggi turistici, campeggi e stabilimenti balneari.

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