Le cronache di Zi. Libro 2 Nara

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Jean-Franรงois Chabas

LIBRO 2

NARA


Nel suo reame, la principessa Nara aveva

la fama di essere buona e sempre pronta a preoccuparsi della sorte altrui; nessuno poteva celarle un segreto, perché con lei era impossibile fingere. Le capitava spesso di esaudire desideri che i suoi cari non avevano ancora espresso: conosceva molto bene le faccende del cuore e dell’anima. E quelle grida le suggerivano che nell’Orco dovesse esserci una smisurata fame insoddisfatta, e non soltanto di carne da divorare: era forse come certe bestie feroci, costrette a uccidere non solo per nutrirsi ma anche perché ci provano gusto? Ad ogni modo, Nara non era pronta a morire per placare temporaneamente i tormenti del signore dei Monti Gialli. «Io, prima di tutto, se non ti dispiace» bisbigliava tra sé.


UAO Universale d’Avventure e d’Osservazioni


Jean-François Chabas Le cronache di Zi. Libro 2 - Nara traduzione dal francese di Marina Karam della stessa serie: Libro 1 - Phelan ISBN 978-88-9348-672-9 Prima edizione italiana novembre 2019 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2023 2022 2021 2020 2019 © 2019 Carlo Gallucci editore srl - Roma Titolo dell’edizione originale francese: Les Chroniques de Zi. Livre 2 – Nara © 2018 Éditions Nathan, SEJER - Parigi, Francia Mappa disegnata da Audrey Gaucher Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche S.p.a. (Bergamo) nel mese di novembre 2019

galluccieditore.com

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Jean-Franรงois Chabas

LIBRO 2 - NARA traduzione dal francese di Marina Karam


Terre del Nord

Tirnambana

Mare di Felfelfly Reame dei Mille Laghi Reame delle Tre Onde


N O

E

Foresta Incantata

S oh

Fiume S

Paese dell’Est

Cairnbaan

Monti Gialli

Paese dei Ghiacci

Catena di Tak



Capitolo 1

L

a principessa posò la lumaca su una roccia, per poi romperne il guscio con una pietra. Infine la mangiò. Lo scricchiolio del calcare frantumato le riportava alla mente i molluschi del suo Reame delle Tre Onde, ma il gusto degli animaletti viscidi che stava ingollando quel giorno non aveva niente a che vedere con ciò che si poteva raccogliere sulle spiagge, dalle sue parti, e che sapeva di sale marino. «Teahupoo… Oviri… Etini!» sussurrò con lo sguardo smarrito nel vuoto. Da quanto tempo vagava per quelle montagne gialle? L’angoscia le impediva di pensare e le aveva fatto perdere il conto dei giorni. In certi momenti si rimproverava per il suo comportamento folle, simile a quello di un coniglio inseguito da una donnola. “Certo, ma un coniglio è più grosso di una donnola, e dovrebbe vergognarsi di essere aggredito da un animale più piccolo di lui” pensava. “Vero è che comunque l’Orco mi batte in altezza…” L’aveva a malapena intravisto quando le aveva assalito il cavallo; e poi la sera prima, nell’attimo in cui la sagoma del mostro si era stagliata in controluce in cima a una sporgenza rocciosa. Soltanto allora si era fatta un’idea di chi le stesse dando la caccia per divorarla. 7


Le cronache di Zi

Un essere gigantesco. Ma ancor più di quella visione fugace, erano le sue grida a essere terrificanti. Quella strana creatura le lanciava di sera: risuonavano tra i monti al pari di uno degli olifanti delle Tre Onde, ma con maggior potenza, come se mille guerrieri avessero trovato il modo di soffiare contemporaneamente nel corno. E oltre che agghiaccianti erano anche tristi, quelle urla, perché racchiudevano tutta la solitudine del mondo. Nel suo reame, la principessa Nara aveva la fama di essere buona e sempre pronta a preoccuparsi della sorte altrui; nessuno poteva celarle un segreto, perché con lei era impossibile fingere. Le capitava spesso di esaudire desideri che i suoi cari non avevano ancora espresso: conosceva molto bene le faccende del cuore e dell’anima. E quelle grida le suggerivano che nell’Orco dovesse esserci una smisurata fame insoddisfatta, e non soltanto di carne da divorare: era forse come certe bestie feroci, costrette a uccidere non solo per nutrirsi ma anche perché ci provano gusto? Ad ogni modo, Nara non era pronta a morire per placare temporaneamente i tormenti del signore dei Monti Gialli. «Io, prima di tutto, se non ti dispiace» bisbigliava tra sé. La principessa sorrise: la sua natura ribelle tornava a prendere il sopravvento. Intanto era opportuno non farsi mangiare dall’Orco, che le aveva già divorato il cavallo. Nel darsela a gambe senza neanche guardarsi alle spalle, aveva udito i nitriti di dolore dell’animale e lo schianto del suo grande costato che andava in frantumi. Woa era stata una cavalcatura tranquilla e docile, la sua preferita. Tra i cento destrieri che le erano stati offerti per il suo tredicesimo compleanno, solo lui aveva saputo conquistarla perché le era sembrato imperturbabile. 8


Nara

E per quattro anni, in effetti, era andata proprio così. Se non si fosse fatto pungere da quello stupido insetto, mai si sarebbe imbizzarrito, finendo poi la sua corsa su quei Monti Gialli la cui tetra reputazione, dal Reame dei Mille Laghi, era giunta fin da lei, nelle Tre Onde. Peraltro, era giusto dire che nessuno l’aveva obbligata a inoltrarsi in quel posto lugubre. Più volte la sua scorta aveva cercato di dissuaderla. «Pensa, principessa, che se capitasse qualche sventura non potremmo venire in tuo aiuto a causa del na-i-ema» le aveva ricordato Tearanui, la sua ancella. Il na-i-ema la perseguitava fin dall’infanzia. Per lei, che possedeva uno spirito avventuroso, era la maledizione più crudele, perché nei primi anni della sua vita le aveva impedito di fare tutto ciò che potesse metterla in pericolo. Vai lo stregone era stato astuto, scagliando sulla famiglia di Teahupoo un sortilegio davvero insolito: «Re delle Tre Onde, visto che non mi hai invitato in occasione della sua nascita, tua figlia potrà contare soltanto su se stessa. Nessuno potrà soccorrerla in caso di pericolo, altrimenti morirà. Questo vale per le ferite, per le malattie e per ogni nemico, uomo o animale che sia. Na-i-ema! Na-i-ema! Così sarà! Na-i-ema!» Sua madre Etini, la regina, il cui nome significava “ci sono molti fiori bianchi sul cammino”, aveva lanciato un grido di disperazione, perché Vai lo stregone possedeva straordinari poteri magici e non parlava mai invano. Oviri il selvaggio, di appena sei anni e fratello di Nara, aveva tentato di scagliarsi su Vai, che puntandogli contro la sua bacchetta magica l’aveva fatto crollare a terra. Il bambino aveva perso tutti i capelli e ora, a ventitré anni, era glabro su tutto il corpo e con la testa liscia come un uovo. 9


Le cronache di Zi

E quello stesso giorno in cui era nata Nara, diciassette anni addietro, lo stregone era fuggito saltando dalla finestra del gran padiglione delle feste e lasciando tutti quanti nel dolore. Così, per colpa della sua crudeltà, nessuno avrebbe potuto prendersi cura della neonata, figlia della regina e del re. Teahupoo, il cui nome significava “muro di teschi”, aveva appoggiato le grandi mani sui braccioli del trono. «Adesso parlo io! Che tutti si mettano alla ricerca di Vai lo stregone!» aveva tuonato. «Bisogna catturarlo per togliere il na-i-ema!» Ahimè, Vai non era mai stato trovato. Questo non voleva comunque dire che lo stregone avesse lasciato le Tre Onde. Poteva essere dovunque, nascosto come un granchio negli anfratti di una roccia. Lo cercavano fin dalla nascita della principessa, senza mai abbandonare la speranza di porre fine al na-i-ema. Come sperare che un bambino, appena uscito dalla pancia della madre, potesse sopravvivere senza essere curato? Nara aveva il diritto di essere nutrita ma non guarita, e mille sono le malattie infantili che incombono su un neonato. Tuttavia la principessa era una bambina robusta e, se le veniva la febbre, le passava senza bisogno di cure. Le cose si erano complicate via via che Nara diventava grande. Se è vero che non le si poteva prestare soccorso, in compenso era possibile prevenire i pericoli: il re e la regina avevano fatto erigere attorno alla figlia vere e proprie mura, e nessuno poteva avvicinarla tranne loro e il fratello Oviri. Un’altra, al posto di Nara, si sarebbe forse spenta in quell’orrendo isolamento, ma la principessa delle Tre Onde era tanto felice quanto la scelta del suo nome – che significava “allegria” – aveva fatto sperare. Spumeggiava come la soffice schiuma dei grandi cavalloni del Mare di Felfelfly, sprizzava energia e desiderio di vivere da tutti i pori. Non potendo scegliersi un altro 10


Nara

avversario, si azzuffava con il fratello ridendo a crepapelle. Era così giocherellona da far sorridere persino Oviri il selvaggio, e solo lei poteva compiere questo miracolo. Ma Nara, principessa delle Tre Onde maledetta da Vai, non ne poteva più di quella reclusione. Scorgeva il mare oltre gli ostacoli di bambù, corallo e giunchi eretti tra lei e il mondo esterno, ed era attratta dal rumore costante che proveniva dalle acque tumultuose. «Etini! Teahupoo! Voglio uscire! E uscirò!» aveva dichiarato dall’alto dei suoi sette anni, dopo che le era appena stato opposto l’ennesimo rifiuto. E, fissando con gli occhi scuri il padre, aveva aggiunto: «Sei tu che mi infliggi una sorte crudele, e non Vai lo stregone». Siccome tutti erano abituati al buon umore di Nara, e nessuno avrebbe messo in dubbio la sua spensieratezza, quella frase era piombata nel silenzio come una sentenza. Una notte, mentre Nara architettava piani di evasione che sapeva comunque irrealizzabili, Teahupoo era andato a trovarla. Con le sue mani da Ercole, aveva divelto senza sforzo le pesanti sbarre di corallo rosso che bloccavano la finestra, mormorando: «Figlia mia, non esiste pena maggiore della privazione della libertà. Non posso sopportare di tenerti chiusa in questa prigione per colpa di quel malvagio stregone. Va’, fa’ ciò che vuoi della tua vita. Oggi ti accompagno fin sulla spiaggia per insegnarti a nuotare. Ma ricordati che se sarai in pericolo non potrò aiutarti…» «Che cosa dice la mamma?» si era informata Nara, subito impaurita. «Etini, per il momento, non riesce ad accettare di vederti fuori da qui, ma non si oppone. Vedrai, un giorno verrà con noi». La regina, tuttavia, non si era mai rassegnata ad accompagnare la figlia nelle sue uscite sempre più avventurose. La prospettiva di 11


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vedersela strappare da un pericolo che non avrebbe potuto affrontare per difendere la sua bambina le era insopportabile. Negli abissi del Mare di Felfelfly si nascondevano parecchie creature inquietanti che talvolta risalivano in superficie per commettere terribili misfatti. Etini temeva più di tutti i ti-o-nii, ben noti su tutte le rive del mare e terrore dei pescatori. Nei Mille Laghi li chiamavano “squalopteri”, altrove avevano anche altri nomi. Persino chi non si era mai avvicinato a loro ne aveva sentito parlare. La paura della regina era giustificata: ancora bambina, aveva visto suo padre trascinato via da un ti-o-nii mentre stava praticando il nau-nau, il gioco dei re, che consisteva nel cavalcare le grandi onde su due tavole di legno leggero, una sotto ciascun piede. Etini, dalla spiaggia, stava ammirando la sua agilità, quando il ti-o-nii era uscito dall’acqua in un geyser di schiuma spumeggiante. Era una bestia smisurata, lunga oltre trenta piedi; la sua pelle era gialla come il sole e i denti rossi scheggiati davano l’impressione di aver già azzannato. Forse quel ti-o-nii avrebbe potuto divorare all’istante il giocatore di nau-nau. Ma quei grandi predatori erano noti per la loro crudeltà, tanto spietata quanto quella dei gatti con i topi. Se per la loro forma e per il disegno della mascella assomigliavano a squali, erano però molto più intelligenti di loro. Talvolta giocavano a lungo con le loro prede. A tutt’oggi, Etini era convinta che, se fosse stato da solo, suo padre avrebbe affrontato il ti-o-nii senza nemmeno tentare di fuggire, perché sapeva quanto fosse inutile. Ma lei, così piccola sulla spiaggia, aveva gridato dallo spavento, e il giocatore di nau-nau aveva tentato di raggiungere la figlia terrorizzata. Era balzato su un’onda rapida. I suoi capelli, Etini lo ricordava bene, volavano nel vento e nella schiuma, e le braccia erano spalancate come per prendere il volo. Il ti-o-nii per un attimo era scomparso, ma lei sapeva che era lì, 12


Nara

sott’acqua, in agguato… Quasi giunto a riva, suo padre aveva gridato: “Fuggi, Etini! Fuggi!” Ma la piccola non se l’era sentita, poiché ci doveva pur essere il modo di salvare il giocatore, era assolutamente impossibile che la vita di quel grande re finisse così… Suo padre aveva cavalcato l’onda fin quando non si era spenta sulla spiaggia, poi era saltato sulla sabbia e si era messo a correre. Il ti-o-nii aveva scelto proprio quel momento per attaccare. Era affiorato dall’acqua e, con due colpi delle potenti pinne, larghe come ali, si era ritrovato sopra il re in fuga. Aveva inclinato di lato l’orribile testa, poi aveva afferrato l’uomo per la vita, prima di effettuare nell’aria una fluida inversione di marcia, come se fosse ancora stato nell’acqua. Con un altro colpo d’ali si era riportato sulla superficie del mare, con la sua vittima ancora viva, per poi inabissarsi. Etini non aveva mai dimenticato le grida del padre, né l’espressione del suo sguardo mentre si precipitava verso di lei urlandole di fuggire. Tuttavia era diventata una donna accorta, il cui dolore non aveva attenuato il buonsenso; nelle Tre Onde si diceva che fosse lei a prendere le grandi decisioni relative al reame e che Teahupoo governasse solo in apparenza. Avrebbe potuto impedire al suo sposo di liberare Nara; ma amava sua figlia e neppure lei sopportava il peso di quella maledizione che l’avrebbe voluta prigioniera per sempre. Eppure, quando la principessina era stata vista giocare al naunau tra le onde del Mare di Felfelfly, libera da ogni impedimento, certuni si erano indignati di come le si facessero correre pericoli tanto grandi senza poterla proteggere. Altri avevano criticato ancor di più il fatto che la si autorizzasse a praticare il nau-nau, gioco di solito riservato agli uomini. Tali accuse lasciavano indifferenti i sovrani: dopo averla tenuta per sette anni rinchiusa, sentendosi per questo terribilmente colpe13


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voli, il re e la regina avevano deciso di lasciare che la loro bambina facesse tutto ciò che desiderava. Tanto che, dopo mille peripezie, Nara era infine arrivata sui Monti Gialli.

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Jean-François Chabas è nato a Neuilly-sur-Seine

nel 1967 e vive nei Paesi Baschi. Prima di scrivere ha fatto mille mestieri. I suoi pluripremiati romanzi per ragazzi sono tradotti in tutto il mondo. Con Gallucci ha pubblicato Phelan, il primo volume della serie Le cronache di Zi, e gli albi illustrati La furia di Banshee, Fenrìs, Il canto della Felicità e Lo scrigno incantato. Appassionato di fauna selvaggia e di paesaggi incontaminati, quando non scrive esplora montagne, deserti e sponde di oceani lontani. Della stessa serie:


Nel cuore dei Monti Gialli

la principessa Nara tenta di sfuggire all’Orco, creatura immortale che minaccia di divorarla. Vittima fin dalla nascita di una terribile maledizione, Nara sa che, se vuole salvarsi, può contare solo su se stessa, perché chiunque provi a prestarle soccorso non farà che condannarla a morte certa. Eppure due giovani guerrieri si mettono sulle sue tracce, disposti a tutto pur di starle accanto…

Una scrittura avvincente con il respiro epico delle grandi saghe fantasy.


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