MUsic ai
Hai capiTo, l’iNtelLigENza ArTifiCiale...
In un ipotetico film di fantascienza, uno scontro fratricida tra macchine, algoritmi che se le danno di santa ragione a colpi di intelligenza artificiale, vedrebbe, da qualche parte, noi umani resistenti, partigiani della musica suonata, magari devoti all’analogico, nascosti nei boschi intenti ad ascoltare vecchi vinili incisi negli Anni Settanta, sicuri che prima o poi arriverà uno Jena Plissken a staccare definitivamente la spina e azzerare tutto.
Michele Monina MusicAI
ISBN 979-12-221-0710-3
Prima edizione novembre 2024
ristampa 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2028 2027 2026 2025 2024 © 2024 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Alcune parti di questo libro sono nuove versioni di testi già apparsi online.
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Michele Monina MusicAI
Hai capito, l’intelligenza artificiale...
Questo libro è per mia moglie Marina, e i nostri quattro figli Lucia, Tommaso, Francesco e Chiara. Ci provasse una AI a mettere insieme una squadra del genere, se ci riesce. In caso sarà buona per il mio avatar.
E questo libro è ovviamente per Massimo Cotto, con nostalgia.
Prefazione
Ho cominciato a scrivere di musica per caso, ormai quasi trent’anni fa, dopo aver smesso con l’idea che nella vita sarei stato un musicista. L’avevo fatto perché non volevo condividere la mia creatività con altri, e all’epoca la tecnologia, almeno quella prêt-à-porter a disposizione di un ragazzo di provincia non esattamente abbiente, non mi permetteva di poter fare tutto da solo. Lo avevo fatto, anche, spinto da colui che era uno dei miei idoli giovanili, Nanni Balestrini, che nei primi anni della mia carriera di scrittore sarebbe stato il mio mentore. Scrivevo narrativa. E la scrivevo con velleità postmoderne, guardando anche con molta attenzione alla fantascienza. Per questo mio scrivere narrativa, era il periodo subito successivo all’esplosione dei cosiddetti Cannibali e io ero nel novero dei giovani autori da tenere d’occhio, sono stato contattato
da diversi magazine. Tra questi “Panorama” e “Tutto Musica”, entrambi della Mondadori, che in effetti stava pubblicando il mio secondo romanzo, aironfric.
Così è cominciata la mia carriera da critico musicale, per aver pubblicato romanzi velleitari di non grande successo. L’essere stato un musicista, certo, ha agevolato il mio farmi largo in quel mondo, complice anche il fatto che avevo un uso delle parole piuttosto singolare. Capito che quello era un campo di gioco che mi consentiva non solo di divertirmi, ma anche di vivere, ho senza alcun dubbio optato per abbandonare la letteratura, dedicandomi a tempo pieno al parlare di musica.
L’ho fatto con lo stesso spirito anarcoide con il quale affrontavo i racconti e i romanzi, in fondo l’ultima band nella quale avevo militato praticava il punk, stando dentro il sistema musica, certo, scrivevo pur sempre per testate mainstream, ma con uno stile e soprattutto uno storytelling assolutamente da outsider.
Poi, incontrato il successo di una biografia su Vasco Rossi, per una decina d’anni ho scritto solo libri, smettendo di collaborare con continuità con quotidiani o magazine. Dicevo che quello era un lavoro per ragazzi, intendendo che richiedeva una energia che col tempo sentivo affievolirsi, e anche un atteggia-
mento incendiario che, entrato sempre più nel sistema, pensavo e temevo si sarebbe alla lunga spento.
Dopo quasi dieci anni, in maniera anche piuttosto inattesa, sono stato chiamato da Peter Gomez a lavorare alla nascita delle pagine di spettacolo del “Fatto Quotidiano”, e da lì è tutto ripartito. Ero un uomo di mezza età, con un buon numero di libri pubblicati alle spalle, una conoscenza del sistema e soprattutto di chi quel sistema abitava, artisti e discografici. Ma soprattutto ero del tutto libero di muovermi, avendo un piano B ben avviato e non pensando affatto che quello del critico musicale sarebbe tornato a essere il mio primo mestiere.
Sbagliavo. Complici i social, il mio nome ha ripreso subito a circolare, e tutto è ripartito lì dove si era fermato. Solo che nel mentre il mondo, e anche quello della musica, era cambiato. La discografia sembrava sul punto di crollare, la pirateria e il file sharing erano divenuti ingestibili. La rete, quella che per tutti era sembrata inizialmente la risorsa democratica e di libertà che attendevamo da tempo, si era rivelata sì tale, ma anche una sorta di buco nero capace di attrarre a sé tutto e tutto distruggere.
Arriviamo a oggi. Non voglio dire che ho cominciato a scrivere questo libro dieci anni fa, tanti ne sono
passati da che sono tornato a occuparmi di musica quotidianamente. Mentirei sapendo di mentire. Ma è indubbio che sono anni che sto mettendo da parte materiali nel tentativo di decodificare quello che è il mondo della musica contemporaneo. Prima, quindi, l’arrivo degli algoritmi, eletti a sovrani dell’Universo da Spotify e da chi ha stabilito o subìto il fatto che la musica sarebbe effettivamente diventata liquida. Poi, più recentemente, l’avvento dell’AI, vero spauracchio e chimera che potrebbe ridurre questo ambiente in polvere o aprirci scenari inimmaginabili. Ne ho scritto, negli ultimi anni, provando a raccontare di volta in volta le evoluzioni, cominciando a sviluppare delle teorie, modificandole in base a quel che accadeva o, in alcuni casi, ampliandole e rendendole credo piuttosto monolitiche.
Per questo, anche per questo, il libro che vi apprestate a leggere, risulterà in alcune pagine anomalo. Perché alcune storie vengono riproposte, come nel caso del gatto nero di Matrix, identiche a loro stesse, se non per il fatto di accadere in scenari differenti, in altri lievemente modificate, perché nel mentre quelle storie hanno acquisito altri significati. Per questo, anche per questo, alcune conclusioni che mi sembravano lapidarie, lungo il racconto, costruito per mini-saggi,
diventano meno solide, lasciando spazio a altre tesi, come nelle Variazioni Goldberg, senza che io intenda paragonarmi a Bach, né tantomeno a Glenn Gould.
Questa è una storia fatta di tante storie. Dove la musica e la tecnologia sono le protagoniste, a voi stabilire chi è destinata a interpretare il ruolo del villain. Una storia che parla di contemporaneità, certo, ma che guarda al futuro.
Quarant’anni fa William Gibson, fondatore del movimento cyberpunk che spesso ricorrerà in queste pagine, iniziava il suo romanzo più famoso, Neuromante, con queste parole: “Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto”. Venticinque anni fa gli avrei rubato questo incipit, parola per parola, per iniziare proprio il mio romanzo aironfric, convinto burroughsianamente che se qualcuno ha scritto qualcosa di particolarmente incisivo è inutile star lì a provare a farlo meglio, tanto vale prenderlo e copiarlo. Grazie a Neuromante l’idea di internet e cyberspazio, era il 1984, avrebbe cominciato a prospettarsi come qualcosa di ipotetico, oggi parlare di realtà virtuale contrapponendola alla realtà reale è roba da boomer.
“Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto” apriva in qual-
che modo le danze. Provateci voi, oggi, a spiegare a qualcuno nato negli ultimi vent’anni cosa sia un canale morto della televisione, capirete come il mondo corre molto più veloce di noi, forse anche troppo. Mi sono dilungato anche troppo, e siccome amo guardare a quello che succede, spesso provando anche a capire cosa succederà, ma resto pur sempre uno che è arrivato alla scrittura nel momento in cui ha deciso che chitarra e pianoforte non sarebbero più stati gli strumenti, letterari e letterali, coi quali avrebbe provato a raccontare il mondo, vi lascio alla lettura di questo libro con il jingle che Brian Eno, vero genio musicale, ha concepito una vita fa per Windows, una delle musichette che più a lungo ci ha accompagnato nella nostra vita, senza che molti ne conoscessero l’autore. Provate a ricordarvela, e soprattutto: benvenuti in questo ambiente.
Introduzione
Nel tessuto sonoro della contemporaneità, l’intreccio tra intelligenza artificiale e musica si dipana in un intricato balletto di algoritmi e creatività umana. Come un compositore del digitale, l’AI si insinua nei solchi dell’esperienza musicale, sfidando le convenzioni e spingendo i confini dell’arte sonora. Attraverso la sinergia tra il pensiero algoritmico e l’anima umana, si delinea un nuovo panorama sonoro, dove l’imprevedibilità dell’AI si mescola con la profondità emotiva dell’espressione umana. In questa danza tra codice e sentimento, emerge un’armonia ibrida, capace di suscitare meraviglia e riflessione, ponendo interrogativi sul significato stesso della creatività e dell’autenticità nell’èra dell’intelligenza artificiale.
E ancora.
Nell’epoca dell’innovazione tecnologica e dell’interconnessione globale, il rapporto tra tecnologia e musica si rivela come un intricato intreccio di tradizione e sperimentazione, di conservazione e trasformazione. In questo scenario complesso e mutevole, l’intelligenza artificiale emerge come protagonista di un dibattito fecondo e controverso, offrendo spunti di riflessione senza precedenti sul futuro dell’espressione musicale. L’approdo dell’intelligenza artificiale nel mondo della musica si configura come un vero e proprio punto di svolta, suscitando entusiasmo, perplessità e dibattito. Se da un lato, infatti, l’AI promette di ampliare gli orizzonti della creatività umana, dall’altro solleva interrogativi cruciali sull’autenticità e sulla genuinità dell’arte. In questo contesto, il ruolo del critico musicale si rivela fondamentale nel cogliere le sfumature di un cambiamento epocale e nel tracciare percorsi di comprensione e interpretazione. Innanzitutto, occorre sottolineare il potenziale trasformativo dell’intelligenza artificiale nel processo compositivo e interpretativo della musica. Grazie alla sua capacità di analizzare vasti corpus di dati e di elaborare algoritmi complessi, l’AI può generare composizioni originali, suggerire nuove armonie e proporre soluzioni creative al di là dei confini della tradizione. Tuttavia, se da
un lato questa dimensione algoritmica può aprire nuove frontiere espressive, dall’altro solleva dubbi sulla spontaneità e sull’autenticità dell’opera musicale generata dall’intelligenza artificiale. Inoltre, va considerato il ruolo dell’intelligenza artificiale nel contesto dell’ascolto e della fruizione musicale. Attraverso algoritmi di raccomandazione e di analisi dei gusti personali, l’AI può personalizzare l’esperienza musicale dell’ascoltatore, suggerendo nuove scoperte e ampliando il suo orizzonte sonoro. Tuttavia, questa personalizzazione eccessiva dell’ascolto rischia di ricondurre la musica a una mera merce di consumo, privando l’ascoltatore dell’esperienza della scoperta e dell’incontro con l’imprevisto. Infine, è importante interrogarsi sulle implicazioni etiche e sociali dell’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo della musica. L’automazione dei processi creativi e interpretativi può comportare rischi di omologazione e standardizzazione, minando la diversità e l’originalità dell’arte. Inoltre, la centralità dell’AI nel processo decisionale dell’industria musicale solleva interrogativi sulla distribuzione equa delle risorse e sul ruolo degli artisti umani nell’ecosistema musicale del futuro. In conclusione, il rapporto tra tecnologia e musica, con particolare attenzione all’intelligenza artificiale, si configura come un terreno fertile
per l’esplorazione e la riflessione. Attraverso un dialogo aperto e critico, è possibile cogliere le potenzialità e le sfide di un’epoca caratterizzata dalla convergenza tra intelligenza artificiale e creatività umana, aprendo nuove prospettive sul futuro dell’espressione musicale.
Se avete l’impressione di aver letto un insieme di parole buttate lì un po’ a cazzo di cane, un menare il can per l’aia, avrebbero detto i nostri vecchi, un menare il can per l’aria, avrebbe detto, sbagliando qualcosa, ChatGPT, be’, avete perfettamente ragione. I testi che avete letto, che esprimono in maniera plastica il concetto di mettere insieme parole a caso al fine di riempire un vuoto, senza riuscire però a esprimere nulla di sensato, sono stati scritti per me dalla suddetta applicazione di intelligenza artificiale. Un piccolo esperimento, diviso in due parti. Prima ho chiesto di scrivere un testo sul rapporto tra AI e musica da comporre col mio stile. Poi, visto che ChatGPT aveva partorito poche righe, inconcludenti e affatto scritte col mio stile, ho allargato il campo d’azione, chiedendo un testo lungo e artificiale sul rapporto tra tecnologia e musica, con particolare attenzione all’AI, sempre scritto alla maniera del critico musicale Michele Monina. Il risultato, se possibile, è stato ancora
più sconfortante. Altre parole prive di senso, scritte con una lingua che con la mia, credo di poter dire con una certa contezza, nulla ha a che fare.
Il motivo di questo mio interrogare l’AI per buttare giù l’introduzione di questo libro era figlio di due necessità, la prima, scrivere appunto una introduzione di questa raccolta di mini-saggi, fossi un giornalista o uno scienziato di fronte a un comitato di pari li avrei chiamati anche articoli, sul tema, appunto, del rapporto tra tecnologia e musica, con particolare attenzione all’AI, che avrei serenamente potuto redigere in prima persona, ma vuoi mettere farti aiutare dall’oggetto del tuo scrivere? E vuoi mettere, soprattutto, delegare a qualcun altro quel che avresti potuto fare tu?
I mini-saggi in questione, per la cronaca, sono autoconclusivi e seguono una linea temporale che ci ha accompagnato da ieri a domani, passando ovviamente per l’oggi, per cui li si può leggere in ordine casuale, abbandonando nel mentre il libro al suo destino momentaneo, o tutti di seguito, e nel caso si noteranno alcuni temi ricorrenti, sorta di refrain non troppo diversi da quelli che si trovano dentro le canzoni. Fine della cronaca.
La seconda necessità, ma qui siamo nel campo del
sindacabile, era quella di dimostrare in maniera plastica che sì, l’AI è alle porte, e che può essere sempre cosa buona e giusta mettere sacchi di sabbia alla finestra, riempire secchi con olio bollente e pece, armarsi fino ai denti. Ma ancora il momento dell’attacco finale non sembra arrivato, il che rende il mio libro non meno interessante, spero, quanto piuttosto premonitorio. Tanto più considerando che sono ormai circa quattro anni che provo a intessere ragionamenti su queste tematiche, forse anche qualcosa di più.
Su tutto c’era poi la curiosità di leggere cosa ne sarebbe venuto fuori. Quel che avete appunto appena letto. Il resto è tutta farina del mio sacco, altra espressione che oggi come oggi sembra davvero incomprensibile, chi mai tiene più la farina nei sacchi, fornai a parte.
Nei fatti, manco fossi Linda Hamilton nei panni di Sarah Connor in Terminator, al momento posso dire di aver vinto questa prima battaglia, anche se nelle pagine che seguono cercherò di spiegare come io non viva l’arrivo dell’AI come una battaglia, men che meno come una guerra, e sia anzi piuttosto incline a accettare tutti i cambiamenti che il progresso ci porrà di fronte con sguardo curioso e assolutamente non ostile.
L’AI probabilmente sarà tra noi non tra molto tempo, porterà cambiamenti epocali, entrando a gamba tesa sul nostro stile di vita, cancellando posti di lavoro, modificando nostre abitudini quotidiane, incidendo sul nostro modo di stare al mondo, quindi anche sul nostro modo di scrivere, produrre e ascoltare musica, perché vita quotidiana e musica mai come oggi, in epoca di streaming e di pervasività quasi violenta, sono un tutt’uno, ma prima che una qualsiasi ChatGPT riesca a scrivere come me, be’, hai voglia cara AI a mangiare corn flakes sottomarca.
Stampato e fabbricato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Grafica Veneta spa (Trebaseleghe, PD) nel mese di ottobre 2024 con un processo di stampa e rilegatura certificato 100% carbon neutral in accordo con PAS 2060 BSI
micHelE MoNina
(Ancona, 1969) vive e lavora a Milano. Scrittore e critico musicale, ha pubblicato novantacinque libri, alcuni dei quali firmati a quattro mani con star della musica quali Vasco Rossi, Cesare Cremonini e Caparezza. Oltre ad aver scritto per la televisione, la radio, il cinema e il teatro, nel 2022 ha coinvolto 307 lettori nel reading Rock Down - Altri cento di questi giorni, andato in scena all’Elfo Puccini e durato oltre 72 ore. Suo un album per Universal sotto le mentite spoglie della pop band femminile Bikinirama.
© Immagine di copertina generata da PEPE nymi con l’ausilio dell’intelligenza artificiale
Immagine in quarta: LariBat / Shutterstock.com
Foto dell'autore: archivio Michele Monina
Art Director: Stefano Rossetti
Graphic Designer: Davide Canesi / PEPE nymi
Cosa lega lo scacchista Garri Kasparov ai Beatles, Gerry Scotti ai Kiss, la pecora Dolly a Ridley Scott, i Kraftwerk agli Extraliscio? Ce lo spiega Michele Monina, famigerato critico musicale, gia autore di romanzi di fantascienza ispirati al maestro Nanni Balestrini. Con il suo consueto stile punk e fuori dagli schemi ci guida all'interno di mondi vicini e lontani, dal cyberspazio di William Gibson alla galassia dei deepfake, dagli androidi di Iroshi Ishiguro alle nuove frontiere della pornografia. A fungere da filo conduttore la temutissima intelligenza aritificiale . ’
IL POP è PIeNO DI CANzONI Che SI SOmIGLIANO PeRChé teNDe DI SuO A SeGuIRe Le mODe, Che SI tRAttI DI GeNeRI, DI SuONI, ANChe DI vOCI. PeRChé DOvRemmO SCANDALIzzARCI Se A FARe queSte IPOtetIChe hIt è uNA AI INveCe Che uN teAm DI AutORI, PRODuttORI e INteRPRetI Che PRAtICANO LO SteSSO SPORt?