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Capitolo 1 Uno strano pacchetto
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Capitolo 1
Uno strano pacchetto
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Tutto cominciò quando il postino suonò alla porta di sera anziché di mattina. Se Nemo se ne fosse rimasto seduto sul divano tra i genitori, i piedi appoggiati al tavolino basso e la coppetta di gelato al cioccolato sulla pancia abbronzata (con quel caldo infernale dava un bel refrigerio), si sarebbe risparmiato un sacco di guai.
E anche tutti gli altri abitanti di Barbaville.
Invece domandò: «Ma chi è?» e la sua mamma, senza staccare gli occhi dalla televisione, rispose: «Sono una persona che sa molte cose, è vero, ma non so tutto». I capelli e la camicetta erano mossi dal vento, perché accanto al televisore c’erano due grossi ventilatori dalle pale oscillanti che sembra-
vano sorvegliare il salotto come due bodyguard. La porta della terrazza e tutte le finestre della grande stanza con la cucina a vista erano spalancate per far entrare in casa la frescura della sera.
«Vai tu ad aprire, per favore?» borbottò il papà di Nemo, raccogliendo con una tortilla una cucchiaiata di crema di avocado da una scodella. La fece scomparire in bocca sgranocchiando rumorosamente. A casa Pinkowski non si mangiava altro che avocado dall’inizio di giugno. Salsa di avocado, insalata di avocado, avocado ripieni di gamberi e persino – ma una volta soltanto! – frullato di avocado.
I genitori di Nemo gestivano un supermercato sulla piazza principale e, per non buttare via niente, mangiavano sempre tutto quello che non potevano più vendere. Nemo trovava che fosse un’ottima idea quando si trattava di pizza scaduta o tavolette di cioccolato, ma una vera impresa se bisognava far fuori tre dozzine di avocado.
Suonarono di nuovo alla porta.
Il signor Pinkowski lanciò un’occhiata eloquente al figlio. Nemo appoggiò la coppetta di gelato sul tavolino e si districò dal divano. I genitori non si
perdevano nemmeno una puntata di Amore senza confini e Nemo le guardava sempre insieme a loro. Non perché gli piacessero le storie d’amore sdolcinate, ma perché nella serie recitavano i genitori di Ada, e Ada era di gran lunga la bambina più carina di tutta la classe, se non addirittura di tutta la scuola! Se non addirittura di tutta Barbaville! O forse persino del Paese, del mondo, della galassia…
Tutte le volte che Nemo guardava una puntata, gli sembrava di essere un pochino più vicino ad Ada. Ma verso la fine di ogni episodio cominciavano gli sbaciucchiamenti. Di quelli faceva volentieri a meno! Si alzò, andò a piedi scalzi in corridoio e aprì la porta d’ingresso.
«Toh!» disse.
«Ciao, Nemo» lo salutò Franz Toh.
«Allora, chi è?» chiese la voce della mamma dal salotto.
«Il postino!» rispose Nemo.
«A quest’ora?» brontolò il papà.
«Scusa per l’ora» disse Franz Toh. «Ma c’ho qui uno strano pacchetto. Credo che sia per te».
Allungò a Nemo un pacco marrone coperto di scritte a grandi lettere nere.
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«Per me?» Nemo era stupito. Non aveva mai ricevuto un pacco postale.
«Credo di sì». Il postino si gettò dietro le spalle i lunghi rasta e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto di stoffa. Lo usò per tamponarsi il sudore dalla fronte. «È tutto il giorno che me lo porto dietro. Mi sono scervellato mica da ridere per capire di chi era». Franz Toh sorrise fiero. «Ma poi ci sono arrivato!»
Allungò il collo per guardare insieme a Nemo la scritta sul pacchetto. Era proprio stranissima.
PER NESSUNO! Consegnare alla casa didietro. Dove cresce il pepe
«Ecco, non puoi che essere tu»
«Uhm» fece Nemo, domandandosi se era il caso di offendersi. «E perché?»
«Perché Nemo in latino significa “nessuno”» spiegò il postino. «Inoltre abiti in vicolo del Pepe
e... ehm... per qualche motivo anche “alla casa didietro” mi pareva adatto a voi».
Si strinse nelle spalle con aria di scuse, mentre entrambi guardavano l’enorme cartellone pubblicitario piantato in giardino. Si vedeva un fondoschiena femminile con accanto un rotolo di carta igienica intorno al quale svolazzavano delle farfalle.
Il papà di Nemo andava molto fiero dell’accordo che aveva stipulato con l’azienda che produceva carta igienica. Dopotutto, ogni mese il manifesto gli fruttava un cinquantone che i Pinkowski investivano tutti insieme in sushi.
«Ah, ok… allora grazie!» Nemo si mise il pacchetto sottobraccio e scarabocchiò uno sgorbio illeggibile sul tablet di Franz Toh. Il postino risalì in sella alla sua bici e se ne andò salutando con un «Peace and love!» e suonando il campanello.
«A-a-a-mo-ore seeeenza co-o-on-finii!» Quando Nemo tornò in salotto, scorrevano già i titoli di coda.
«Allora? Cos’era?» La mamma lo guardò con curiosità.
«Ho ricevuto un pacco!» Nemo s’inginocchiò
davanti al tavolino e con il pacchetto spostò di lato la coppetta di gelato oramai liquefatto.
«E da chi?» volle sapere il papà. Si alzò sbuffando e radunò bicchieri e scodelle sul bancone che divideva il soggiorno dall’angolo cottura.
«Non ne ho idea» rispose Nemo. «Non c’è scritto il mittente». Si avvicinò il pacchetto all’orecchio e lo scrollò. «Forse ho partecipato a un concorso e ho vinto qualcosa!» Recuperò le forbici da un cassetto e tagliò la prima striscia di nastro adesivo.
«Fermo!» La mamma si drizzò a sedere e indicò la scritta scarabocchiata di traverso sul pacchetto.
NON APRIRE QUESTO PACCO! MORDE!
«Meglio se non lo apri» disse con un tono che Nemo conosceva fin troppo bene.
«Perché?»
«Beh, perché c’è scritto “Non aprire questo pac-
co”!» La mamma glielo tolse di mano. «Potrebbe essere un pacco bomba»
«Macché!» ribatté Nemo sprezzante. «Un pacco bomba non morde mica»
«Appunto! Magari è pure peggio!» La mamma esaminò diffidente il bizzarro avvertimento. Poi lesse l’indirizzo. «Che cosa ti fa pensare che sia proprio per te? Il destinatario di sicuro non sei tu. Non è tuo, devi riportarlo indietro». Si alzò e appoggiò il pacchetto nell’ingresso. «Domattina presto vai subito alla posta, prima di andare a scuola, d’accordo?»
«Ma non è indicato il mittente» protestò Nemo. «Come faccio a rispedirlo?»
«A questo penseranno all’ufficio postale. Tu lo riporti indietro e basta. Capito?»
«Uffa, mamma!» Nemo si alzò e sbuffò contrariato. «Il pacchetto è mio. Posso farne quello che voglio»
«Ascolta tua madre» si intromise il papà, che stava caricando rumorosamente la lavastoviglie.
«Capito?» ripeté la mamma, fissando Nemo come il serpente Kaa con il piccolo Mowgli.
«E va bene». Nemo alzò gli occhi al cielo. Meglio arrendersi. La mamma era non solo severa, ma pure
testarda. Quando si metteva in testa qualcosa, era dura come un tozzo di pane stravecchio.
«E guai a te se non lo fai!» Gli stampò un bacio in testa e gli diede una pacca sul sedere. «E adesso, a nanna!»
Nemo si trascinò in bagno a testa bassa. Controvoglia si lavò i denti e si pulì i baffi di gelato dalla faccia, quindi si chiuse in camera sua.
Si buttò sul letto di pessimo umore.
La vita a Barbaville era barbosa come quando si addormentano i piedi. E adesso che finalmente succedeva qualcosa, niente, era subito: “No! Vietato!” Magari dentro il pacco c’era qualcosa di esagerato! Un computer portatile. Oppure un canotto gonfiabile.
Nemo faticò a addormentarsi, per il gran caldo e la delusione.
Quando infine cadde in un sonno profondo e agitato, sognò un rocambolesco inseguimento. Due malviventi incappucciati (che somigliavano parecchio ai suoi genitori) gli avevano rubato un pacchetto e sfrecciavano su stradine strette a bordo di una Porsche nera. Lui li inseguiva su una Porsche rossa. Le due macchine strusciavano contro i muri,
la carrozzeria faceva scintille, le gomme erano surriscaldate…
Nemo si svegliò in un bagno di sudore. Il sole del mattino cadeva esattamente sul suo letto.
“Vabbè, se non altro in sogno vivo qualche avventura” pensò contento e si alzò.
Se avesse saputo che razza di giornata avventurosa lo aspettava, è probabile che si sarebbe rimesso a dormire e a sognare. Perché ciò che capitò a Barbaville quel giorno fu decisamente un tantino troppo movimentato.