Pazza Italia

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Consigliato dai ai anni

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12,00

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Andrea Valente è nato nel 1968 a Merano. Da bambino ha imparato a usare la macchina da scrivere prima della penna. La biro gli serviva per disegnare. Poi è diventato famoso con il personaggio della Pecora Nera. Durante l’anno incontra un sacco di ragazzi nelle scuole. Se vuoi conoscerlo, puoi scrivergli all’indirizzo ciao@andreavalente.it. Ma devi ricordarti di dargli del tu, altrimenti si offende.

Andrea Valente

Dalla crisi dello zucchero nel paese di Acquedolci al traguardo solitario nella valle di Ultimo, prende forma il primo Atlante fantastico d’Italia. I nomi dei piccoli centri sono reali, le storie completamente immaginarie: ecco a voi il più divertente testo di geografia che una mente originale potesse mai escogitare.

Andrea Valente

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Andrea Valente

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Andrea Valente Pazza Italia

disegni di Andrea Valente

ISBN 88-88716-75-0 Prima edizione agosto 2006 © Carlo Gallucci editore srl Roma ristampa 5 4 3 2 1 0 anno 2011 2010 2009 2008 2007 2006 9

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galluccieditore.com Tutti i diritti riservati. Senza il consenso scritto dell’editore nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e da qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, né fotocopiata, registrata o trattata da sistemi di memorizzazione e recupero delle informazioni.


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Acquedolci

«C

apo», disse il signor Orlando arrivando di corsa, «le cose si mettono male». E in questi casi, quando uno arriva correndo e, ovviamente, col fiatone, le cose generalmente si mettono male davvero. Al punto che il Capo, solitamente imperturbabile, alzò lo sguardo accennando addirittura a grattarsi la punta del naso. «Capo…» ripeté il signor Orlando, ma non aggiunse più altro: era chiaro che il Capo aveva capito. Del resto lui era il Capo e i capi capiscono sempre tutto al volo. Beh, magari non tutto e non sempre, ma spesso. Diciamo qualche volta. Vabbè, quando capita capiscono. Comunque si vede che al Capo questa volta andò bene, perché ti assicuro che capì. «È finito lo zucchero?» si accertò. «È finito lo zucchero», confermò il signor Orlando, facendo seguire un silenzio carico di pensieri. «Sono amareggiato», bofonchiò il Capo. «Anche l’acqua», sussurrò il signor Orlando, «si va facendo più amara. Ma non tutta» 13


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«Non tutta?» «No. La gran parte in realtà è piuttosto salata». Di nuovo seguì un silenzio imbarazzante, al punto che il signor Orlando, non avendo più nulla da dire, girò i tacchi e se ne uscì. Ben presto in città l’umore della gente si adeguò all’acqua e chi non aveva uno sguardo amaro aveva l’animo inacidito. Nulla, comunque, per cui andar troppo tranquilli. Si smise di sorridere e di giocare a scacchi nella piazza; le campane cominciarono a stonare e da ultimo, come estrema soluzione, si chiusero addirittura le scuole. Il Capo, intanto, se ne stava lì a pensare e a grattarsi, oltre alla punta del naso, anche la narice destra. Quando ormai la situazione era a dir poco disperata e le famiglie si stavano preparando a emigrare, il signor Orlando riunì i più anziani per un ultimo saluto e a loro si unì un ragazzetto col naso all’insù. «Non mi sembri tanto anziano», gli fece lui, che era un tipo preciso e pignolo, soprattutto quando si trattava dell’età delle persone, ma il ragazzetto non si turbò. Gli sorrise e restò lì con loro. Continuando a sorridere, è chiaro. Al sentire gli inconfondibili passi del Capo, il signor Orlando intuì che le cose non stavano andando per il verso giusto e cercò di spingere via il ragazzetto: un po’ per non averlo tra i piedi, un po’ perché almeno lui si potesse salvare. 14


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Trecase

I

l lupo cattivo, il solito lupaccio peloso, giunse in paese e, sfoderando il suo sorriso giallastro, aguzzo e affamato, fermò la prima vecchietta che passava per di là: «Senti, vecchia», le fece, sputacchiando anche un po’, «dove abitano I tre porcellini?» E dicendo porcellini sputacchiò ancora di più. Quella, prima ancora di sentir finire la frase era già bell’e svenuta. Stramazzò al suolo in un modo che il lupo ci rimase anche un po’ male. In fondo non aveva mica chiesto chissà cosa. Una semplice informazione. Comunque c’era poco da fare: la vecchia si ostinava a starsene svenuta, così il lupo si rivolse al vigile, indaffarato a dirigere il traffico su un trespolo nel centro della piazza. Quando, però, lo vide avvicinarsi, il vigile fermò fischiando la macchina più vicina, saltò su e si fece trasportare il più lontano possibile. Di nuovo il lupo ci rimase malino. Si voltò verso la vecchietta, ma quella era ancora svenuta. Secondo me faceva finta, ma fingeva così bene che non era il caso di andarla a disturbare. 119


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Fu così che il lupaccio, sentendo l’acquolina sgorgare tra le gengive, si recò in municipio, spalancò la porta dell’ufficio del sindaco e gli si parò davanti con fare aggressivo. «Dimmi», gli intimò, «dove abitano I tre porcellini?» Il sindaco, per nulla spaventato, rispose con cortesia: «Egregio signor lupo, per soddisfare la sua curiosità in materia è bene che si rivolga al collega ufficiale dell’anagrafe. Lui sì che sa tutto, molto più di me, che sono un semplice sindaco e nulla più». Non credo che il lupo capì proprio tutto, ma di sicuro capì quanto bastava, tant’è che salutò il sindaco con un inchino e si fiondò nell’ufficio accanto. Quello dell’ufficiale dell’anagrafe, appunto. «Dimmi subito», ringhiò, «dove abitano I tre porcellini! Dimmelo prima di cena, oppure mangio te e non ci penso più». Il funzionario prese un enorme registro, lo aprì alla lettera “pi” e, dopo aver bofonchiato non so cosa, sorrise al lupo e rispose: «Abitano lì, là e da quell’altra parte». Il lupaccio, felice e contento, se ne tornò per strada con l’ambita informazione incisa nel cervello. Però… Però, come faceva ad andare lì, là e dall’altra parte allo stesso momento? Lui era un semplice lupo, perbacco, mica un mago. Che se fosse stato un mago avrebbe tramutato un qualsiasi arbusto in un arrosto e avrebbe mangiato a sazietà. 120


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Comunque non si perse d’animo. Cominciò andando lì. Sulla porta, in bella mostra, c’era un biglietto con su scritto: Sono là. firmato: Il primo porcellino “Perfetto”, pensò il lupo. E corse là. Però anche su quella porta c’era scritto qualcosa col gesso: Siamo dall’altra parte. firmato: Due dei tre porcellini Vabbè, un ultimo sforzo. Il lupo si mise a correre e arrivò dall’altra parte in un batter d’occhio.


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Inutile dire che anche sulla terza porta c’era affisso un messaggio: Siamo lì. firmato: I tre porcellini «Ma cos’è», sbraitò, «il “gioco delle tre carte?”» No, era il “gioco delle tre case”, che è un po’ la stessa cosa. È un gioco popolarissimo in quel paese, più ancora della tombola, tanto più che il paese si chiama proprio Trecase. Il lupo, affamato com’era, arrivando non se ne accorse nemmeno. Peggio per lui. Furioso e furibondo tornò dall’ufficiale dell’anagrafe, ma l’ufficio era chiuso e sulla porta un cartello diceva: Sono dal sindaco. firmato: L’ufficiale dell’anagrafe E dal sindaco c’era scritto: Sono dal vigile all’incrocio. firmato: Il sindaco Nella piazza c’era un cartello grande così: Sono dalla vecchietta svenuta. firmato: Il vigile E dalla vecchietta ormai la vecchietta non c’era più. Te l’avevo detto io, che faceva finta. Scampato il pericolo se l’era data a gambe levate. 122





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Andrea Valente è nato nel 1968 a Merano. Da bambino ha imparato a usare la macchina da scrivere prima della penna. La biro gli serviva per disegnare. Poi è diventato famoso con il personaggio della Pecora Nera. Durante l’anno incontra un sacco di ragazzi nelle scuole. Se vuoi conoscerlo, puoi scrivergli all’indirizzo ciao@andreavalente.it. Ma devi ricordarti di dargli del tu, altrimenti si offende.

Andrea Valente

Dalla crisi dello zucchero nel paese di Acquedolci al traguardo solitario nella valle di Ultimo, prende forma il primo Atlante fantastico d’Italia. I nomi dei piccoli centri sono reali, le storie completamente immaginarie: ecco a voi il più divertente testo di geografia che una mente originale potesse mai escogitare.

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