Claudia Piras _ I racconti del giardino del re

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Claudia Piras

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I RACCONTI I RACCONTI

I Racconti del giardino del re

DEL DEL GIARDINO GIARDINO DEL DEL RERE



I RACCONTI

DEL GIARDINO

DEL RE Storie di una volta, raccontate da Claudia Piras.


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Ringrazio l’Omino delle Storie per avermi chiesto di accompagnarlo, la mia famiglia e gli amici per aver fatto un pezzo di strada con me e Angelo per i preziosi consigli...e grazie ai piccoli e grandi lettori! Mi raccomando: attenti all’orco e buona lettura!

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ZUANNE BALENTE Storia di un ragazzo che non sapeva cosa fosse la paura

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Zuanne Balente

C’era una volta una coppia di boscaioli che aveva due figli. Predu, il maggiore, aveva sempre molta paura: qualsiasi rumore gli faceva spavento. La notte poi non ne parliamo! Appena arrivava il

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buio, si nascondeva sotto le coperte e non ne usciva fino a quando la luce del sole faceva capolino dalla finestra. Zuanne, il più giovane, era l’opposto: non aveva paura di niente, era nato così. La gente lo aveva soprannominato: Zuanne Balente! Fattosi più grande, un giorno, volle partire per scoprire cosa fosse la paura. Cammina cammina si ritrovò in un bosco fitto fitto di grandi alberi e si sedette per riposare. Non sapeva che da quelle parti non passava mai nessuno, perchè ci abitava una strega malvagia.

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Zuanne Balente

Improvvisamente, in mezzo ad una nuvola di fumo puzzolente, la strega apparve a Zuanne che le disse: - Buongiorno nonnina, che ci fa da queste parti?  Sciocco! Sono la terribile Strega padrona di questo bosco! Nessuno è mai passato di qui senza morire dallo spavento! 

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Zuanne non ne fu per nulla impressionato: - Bene, ora cara nonnina, io devo andare. SarĂ per la prossima volta. - disse rimettendosi in cammino. La strega rimase impietrita dalla sorpresa: non le era mai capitato nessuno che reagisse a quel modo.

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Zuanne Balente

In una radura della foresta, Zuanne trovò una casa tutta frasche e sassi e con fare spavaldo bussò alla porta. Da dentro, un vocione rispose: « CHI OSA BUSSARE ALLA MIA PORTA? » Zuanne per nulla intimorito scoppiò in una fragorosa risata: - Vieni fuori se hai coraggio! Sulla soglia apparve un orco di quasi due metri, con occhi di brace e un alito che stendeva: avrebbe fatto fuggire chiunque! « ORA TI SISTEMO IO! » disse l’orco, indispettito dalla sfrontatezza di Zuanne. Fece per acchiapparlo, ma il ragazzo era svelto e all’orco toccò

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inseguirlo per tutta la radura. Per stare al gioco Zuanne si fece rincorrere dall’orco che non tardò a crollare sull’erba. - Grazie Orco! esclamò il giovane ridendo - Mi sono divertito molto a giocare con te. Adesso però, sono un po’ stanco. Ti prego di accettare questo buon formaggio in cambio di un giaciglio per la notte. E nel dire ciò tirò fuori un fagotto brulicante di vermetti. Puzzava così tanto che all’orco si aprì l’appetito: « Grazie Giovanotto! » esclamò afferrando il formaggio, « Fermati pure quanto vorrai:

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Zuanne Balente

la mia casa è la tua casa!  La mattina dopo riprese il cammino, che lo condusse a un ridente villaggio di montagna. Nella piazza il banditore leggeva un messaggio del re: - Udite, udite: chiunque riuscirà a trascorrere tre notti intere nel castello maledetto in fondo alla valle, riceverà come ricompensa la mano della principessa! -

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Zuanne Balente andò a palazzo, dove fu ricevuto dal sovrano. - Maestà, io sono pronto a dimorare nel castello. disse il ragazzo. - Sicuramente è necessario avere un grande coraggio, ma anche intelligenza! - rispose il re. Zuanne si mostrò determinato ad affrontare la prova e si recò al castello maledetto, che essendo disabitato da anni, era freddo, inospitale e pieno di polvere e grandi ragnatele. Il giovane accese un fuoco e con il caldo si addormentò. Fu svegliato da un rumore di catene. Aprì gli occhi e

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Zuanne Balente

vide davanti a sé un terribile fantasma. Zuanne, molto irritato per il brusco risveglio, prese un tronco dal fuoco e prima che il fantasma avesse il tempo di far nulla, glielo gettò addosso. Questo, con la sua coperta in fiamme, fuggì e il ragazzo potè tornare a dormire tranquillo.

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Al mattino, continuò a esplorare il castello. Trovò una camera con un letto e decise di passare lì la seconda notte. Ma anche quella volta qualcosa disturbò il suo sonno e si svegliò sentendo quello che sembrava un miagolare di gatti. Zuanne aprì gli occhi si trovò faccia a faccia con tre grandi tigri che lo guardavano minacciose.

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Zuanne Balente

Il ragazzo prese un bastone e iniziò a distribuire colpi. Ad ogni colpo, le tigri diventavano più piccole, fino a trasformarsi in tre giocosi gattini che Zuanne prese ad accarezzare. La terza notte Zuanne andò a dormire. Dopo qualche minuto sentì delle urla impressionanti: un enorme cinghiale era pronto ad attaccarlo.


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Il ragazzo raccolse il bastone e iniziò a picchiare la bestia, che si trasformò in un roseo maialino. La mattina dopo, Zuanne tornò a palazzo. Il re non credeva ai suoi occhi: - Ragazzo, visto che oltre ad esservi dimostrato coraggioso, siete tornato tutt’intero, come promesso, sposerete mia figlia! Subito celebrarono le nozze. Zuanne era incantato dalla moglie e si sentiva molto felice. Anche la principessa era felice con Zuanne e decise che l’avrebbe aiutato a conoscere la paura. Una notte, mentre il marito

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Zuanne Balente

dormiva, prese una bella brocca d’acqua e... SPLASH! la rovesciò tutta sulla testa del marito! Il povero Zuanne, tremante e coi capelli dritti si spaventò tanto che pensava di morire. Ora finalmente, conosceva la paura, come tutti la conoscono.

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IL GATTO MAMMONE Storia di un gatto anziano, di doni esemplari e preziose punizioni.

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Il Gatto Mammone

In un tempo molto lontano, quando gli animali parlavano e le stelle nascevano, c’era un villaggio di uomini i cui campi erano tanto infestati dai ratti, che non v’era nè un chicco di grano nè uno di mais da raccogliere.

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Ma c’era anche una colonia di gatti, che trovato quel villaggio e salvati gli uomini ebbe da loro, per riconoscenza, un grande palazzo con giardini fioriti, piante da frutto sempre cariche e servi che cucinavano per loro, pulivano e riparavano i guasti provocati dal tempo. Il palazzo era molto grande e i gatti sempre piÚ numerosi. Di servi c’era sempre bisogno,

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Il Gatto Mammone

tant’è che nel villaggio, nessuno era mai veramente perduto: - Io vado a vivere con i gatti! diceva il nuovo povero facendo i bagagli e salutando la famiglia! Nel villaggio viveva una madre che aveva due figlie: una si chiamava Stellina ed era buona e laboriosa, l’altra, che si chiamava Peppina era scorbutica e pigra. E fu così che un giorno, Stellina lasciò Peppina e sua madre: - Se resterò qui, moriremo tutte di fame. Vi voglio bene, ma vado a vivere con i gatti disse, e partì.

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Cammina cammina, arrivò al palazzo dei gatti. Stellina fu accolta con calore e cominciò subito a lavorare: pulì, rammendò le coperte, verniciò le finestre, taglio l’erba alta e cucinò per loro. Passarono le settimane e tutti i gatti erano molto felici di Stellina.

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Il Gatto Mammone

Un giorno tornò a Palazzo, il Gatto Mammone, re di tutti i gatti: « Ditemi, siete ben serviti dalla bella ragazza con gli occhi neri? » - Oh si Gatto Mammone, non abbiamo mai avuto un così buon servitore, ne servitrice migliore. -

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Poi entrò in cucina e trovò Stellina che piangeva: « Cosa succede dolce fanciulla, non sei felice nel nostro palazzo? » - Si, Gatto Mammone. Sono tutti molto buoni con me. Ma desidero notizie da casa, e ho nostalgia di mia madre e mia sorella. Il Gatto Mammone, essendo un vecchio gatto sensibile, capiva i sentimenti della ragazza « Tornerai a casa dunque » le disse, « e vi resterai, a meno che non ti piaccia. Per ringraziarti di quel che hai fatto per noi e per le tue buone maniere, ti voglio fare un regalo. »

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Il Gatto Mammone

Scesero in cantina dove c’erano due grandi vasi: uno pieno d’olio e uno di un liquido lucente come l’oro. « In quale di questi vasi dovrò immergerti? » le domando il Gatto Mammone. - Nel vaso dell’olio. rispose Stellina con timidezza. « No, no; tu hai meritato di meglio che questo » L’afferrò nelle sue zampe forti e

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la immerse nell’oro liquido. Meraviglia delle meraviglie! Quando Stellina uscì dal vaso brillava da capo a piedi! « E ora va. Ma ricorda: se sentirai il raglio di un asino, non ti voltare. Quando invece, sentirai il gallo cantare, voltati subito. » Stellina partì e proprio mentre si avvicinava alla casa di sua madre,

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Il Gatto Mammone

senti il gallo cantare. Si voltò a guardarlo e subito le comparve una stella diana sulla fronte, coronando i suoi capelli neri e lucidi. Poi, passando vicino a un campo, sentì l’asino ragliare, ma non si voltò. La mamma e la sorella urlarono di ammirazione vedendola, e urlarono ancora più forte quando Stellina, mettendo la mano in tasca tirò fuori una manciata di monete d’oro. Per un po’ la mamma e le sue figlie vissero insieme molto felicemente, perchè Stellina dava loro tutto quello che il Gatto Mammone le aveva donato;

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ma Peppina che era sempre piÚ gelosa di Stellina, un giorno disse: - Andrò anche io a vedere cosa posso prendere ai gatti. La colonia dei gatti non aveva ancora preso un altro servitore e furono contenti di vedere arrivare Peppina. Presto capirono però,

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Il Gatto Mammone

che non era minimamente simile a sua sorella: di lavorare non aveva voglia e poi era lenta e maldestra. Negli angoli delle stanze crescevano polvere e ragnatele, nel giardino l’erba era diventata altissima e la nuova serva cucinava solo pasta al sugo.

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Quando tornò il Gatto Mammone tutti i gatti si lamentavano: - Io ho una zampa gonfia che sembra rotta: Peppina me l’ha schiacciata con le sue pesanti scarpe di legno! - Dorme tutto il giorno, e quando non dorme ci fa i dispetti! -

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Il Gatto Mammone

- Cacciala via! Il Gatto Mammone andò da Peppina e la portò in cantina, poi le chiese con voce cupa e severa: « In quale vaso ti dovrò immergere? » - Nell’oro liquido. disse Peppina, che non era modesta come sua sorella. Gli occhi del Gatto Mammone erano infuocati : « Non l’hai meritato! » disse afferrandola e immergendola

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in un vaso pieno di petrolio. Unta e puzzolente, Peppina lasciò il palazzo. Quando era quasi arrivata a casa, sentì il raglio di un asino: si voltò e subito le crebbe sulla fronte una lunga coda d’asino, che la rese ancora più brutta.

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Il Gatto Mammone

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COMARE LUCERTOLA Storia di un equivoco finito in tragedia.

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Comare Lucertola

Una mattina, Comare Lucertola si svegliò con una gran fame: accese il fuoco, unse con un filo d’olio la casseruola e cominciò a friggere il suo bell’ovetto. Ma la fiamma era troppo alta e l’uovo si bruciò!

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Tutto quell’odore di bruciato arrivò al becco di Comare Gallina, la quale vedendo una nuvola di fumo salire dal prato, pensò fosse andata a fuoco la tana di Comare Lucertola: - Oh povera comare mia! Che brutta fine! Io per la disperazione mi taglio la cresta! E così fece: si tagliò la cresta ed andò al mercato a comprare qualcosa per il pranzo. Quando al mercato, Compare Cavallo vide Comare Gallina senza cresta, le domandò: - Comare Gallina, che fine ha fatto la tua bella cresta rossa? - Compare Cavallo, se voi

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Comare Lucertola

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Comare Lucertola

sapeste... Comare Lucertola è caduta nella casseruola ed è morta. Io per il dolore mi son tagliata la cresta! - Oh! Ma cosa mi andate raccontando Comare mia? Ma io per la disperazione mi taglio la coda! - E così fece. Quando Comare Mucca che ruminava tra le viole, vide Compare Cavallo tornare a casa senza coda gli domandò: - Compare Cavallo, che fine ha fatto la tua coda nera e lucente? - Comare Mucca, se voi sapeste...Comare Gallina si è tagliata la cresta perchè Comare Lucertola è caduta

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Comare Lucertola

nella casseruola, ed è morta. Io per il dolore mi son tagliato la coda! - Oh! Ma cosa mi andate raccontando Compare mio? Ma io per la disperazione mi taglio la mammella! » E così fece. Quando Comare Pecora che belava felice con le sue sorelle, vide Comare Mucca senza la mammella, le domandò: - Comare Mucca, che fine ha fatto la tua florida mammella? - Comare Pecora, se voi sapeste... Comare Gallina si è tagliata la cresta, Compare Cavallo si è tagliato la coda, perchè Comare Lucertola è caduta nella

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casseruola, ed è morta. Io per il dolore mi sono tagliata la mammella! - Oh! Ma cosa mi andate raccontando Compare mio? Ma io per la disperazione mi toso la lana a zero! - E cosÏ fece.

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Comare Lucertola

Quando Compare Bue che riposava beato sotto una quercia, vide Comare Pecora rasata a zero, le domandò: - Comare Pecora, che fine ha fatto la tua morbida lana? - Compare Bue, se voi sapeste... Comare Gallina si è tagliata la cresta, Compare Cavallo si è tagliato la coda, Comare Mucca si è tagliata la mammella, perchè Comare Lucertola è caduta nella casseruola, ed è morta. Io per il dolore mi son tosata la lana! »

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- Oh! Ma cosa mi andate raccontando Comare mia? Ma io per la disperazione mi scorno! E così fece. Quando Compare Asino che cercava di addentare una carota, vide Compare Bue senza un corno, gli domandò: - Compare Bue, che fine ha fatto il tuo forte corno? - Compare Asino, se voi sapeste... Comare Gallina si è tagliata la cresta, Compare Cavallo si è tagliato la coda, Comare Mucca si è tagliata la mammella, Comare Pecora si è tosata la lana, perchè Comare Lucertola è caduta nella

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Comare Lucertola

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casseruola, ed è morta. Io per il dolore mi son scornato! - Oh! Ma cosa mi andate raccontando Compare mio? Ma io per la disperazione mi cavo un occhio! - E così fece. Quando Comare Lucertola che era uscita a cercare un altro uovo, incontrò Compare Asino senza un’occhio, gli domandò: - Compare Asino, che fine ha fatto il tuo occhio vispo e attento? - Comare Lucertola, se voi sapeste... Comare Gallina si è tagliata la cresta, Compare Cavallo si è tagliato la coda, Comare Mucca si è tagliata la

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Comare Lucertola

mammella, Comare Pecora si è tosata la lana, Compare bue si è scornato, perchè Comare Lucertola è caduta nella casseruola, ed è morta. Io per il dolore mi sono accecato! - Oh! Ma cosa mi andate raccontando Compare mio? Che brutta storia! -

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Comare lucertola per il rimorso, si getto davvero nella casseruola e in paese organizzarono per lei un bellissimo funerale.

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Comare Lucertola

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LA BAMBOLA

DI PASTA Storia di un magico raggio di luna e di un folle amore.

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La bambola di pasta

All’ inizio di questo racconto, una donna impastava dolci bellissimi, profumati di miele e decorati con perle di zucchero. A ogni festa i suoi dolci deliziavano e incantavano il paese, imbandendo persino le tavole di dame e cavalieri. Nessuno

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impastava biscotti piĂš saporiti e cosĂŹ finemente ricamati.

Ma la pasticciera era triste perchè non poteva avere bambini. Si sentiva sola e una notte parlò alla Luna: - Oh Luna, tu che sei grande e buona, concedimi una figlia e io

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La bambola di pasta

preparerò per te il dolce più prezioso mai visto Ma la Luna tacque. La notte seguente provò ancora: - Oh Luna, tu che sei grande e buona, concedimi una figlia e io impasterò per te il dolce più soffice mai assagiato. E così parlò la donna, per sei notti, senza mai ricevere risposta. Alla prima notte di Luna piena, decise che con la pasta avrebbe modellato la sua bambina. La fece col cuore di mandorla e di mandorle gli occhi. Le guance di ciliegia e i capelli di

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arance candite. Con soffici savoiardi fece le braccia, con gli amaretti le gambe e di pirichitos i piedini. - Ti chiamerò Dolceluna. Dolceluna era cosÏ bella che decise

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La bambola di pasta

di metterla affacciata al balcone perchè tutti potessero ammirarla. Chi passava sotto la casa della pasticciera, vedeva Dolceluna e credendola una bambina vera la salutava: - Buon giorno dolce fanciulla, non aiuti la tua mamma a fare i dolci? - chiedevano gli anziani. Ma la bambola non rispondeva. - Buon pomeriggio bella fanciulla, cosa fate là su tutta sola? - chiedevano i giovanotti. Lei ancora non rispondeva: sorridava soltanto, e il suo sorriso era talmente dolce e sincero che tutti le volevano bene

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comunque. Passò di lÏ anche un Principe: voleva ringraziare di persona la pasticciera che aveva addolcito il suo diciottesimo compleanno. Ma prima di bussare, alzando lo sguardo vide Dolceluna. - Buona sera! -

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La bambola di pasta

Lei non rispose e lui se ne innamorò subito. Quando entrò a ringraziare la pasticciera chiese il nome della bella fanciulla: - Si chiama Dolceluna disse la donna - per quale motivo me lo domandate? - Desidero avere in sposa la vostra Dolceluna. Tornerò domani a prenderla con la mia carrozza e vivremo felici nel mio sontuoso palazzo. La pasticciera amava tanto la sua Dolceluna e non volendo che nessuno gliela portasse via, escogitò un piano:

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- Nasconderò la mia bambina nel pozzo e quando domani il principe verrà a prenderla, gli dirò che è caduta giù mentre prendeva un secchio d’acqua. » Così quella notte, mise Dolceluna nel secchio e piano piano la calò

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La bambola di pasta

in fondo al pozzo. Poi rientrò in casa e, più serena, se ne andò a dormire. Ma la bambola nel pozzo iniziò a sciogliersi. Fu allora che dai monti spuntò pallida la Luna. Baciò lieve i prati e le colline, le case e gli animali, e quando per specchiarsi si affacciò nel pozzo, vide Dolceluna e le sue perle di zucchero galleggiare sull’acqua mentre le gambe si inzuppavano e crescevano. La accarezzò e Dolceluna si trasformò in una ragazza vera. Il giorno dopo arrivò

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il principe che sentendo le tragiche parole della pasticciera, versò una lacrima. - Fontanieri! Pompieri! Accorrete! Dolceluna è caduta nel pozzo! - disse il principe. La madre vedendo che il principe intendeva comunque portar via

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La bambola di pasta

Dolceluna, non seppe più nascondere il suo segreto: - Sua altezza, non mettete in pericolo la vita dei fontanieri, ne dei pompieri: nel pozzo c’è solo una bambola di pasta! Il principe follemente innamorato, risparmiò i poveretti, ma non poteva accettare che il suo sogno si sciogliesse nelle profonde acque del pozzo e si tuffò di persona per salvare la sua amata. Quale non fu la sorpresa per la pasticciera quando vide la sua Dolceluna venire fuori dal pozzo tra le braccia del principe, sana, salva e in carne e ossa!

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Si festeggiarono subito le nozze e la pasticciera preparò una torta talmente bella che nessuno osò assaggiarne una fetta.

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La bambola di pasta

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LA MEZZA

GALLINA Storia di due giovanotti il cui padre non sapeva fare le divisioni

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La mezza gallina

C’era una volta un anziano contadino, che stanco della campagna, decise di partire per scoprire il mondo. Passò i suoi ultimi giorni su una barchetta in mezzo al mare e ai suoi due figli non lasciò che una gallina. - A chi spetta questa Gallina? -

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chiese il fratello piccolo - La divideremo! disse il fratello più grande e più saggio. La tagliarono in due: al fratello maggiore spettò la parte davanti, al minore la parte di dietro. Ma con quella mezza gallina non ci si poteva certo campare, e il fratello maggiore partì in cerca di fortuna. Per la strada incontrò un mercante che gli domandò: - Dove vai con quella mezza gallina? - Vado al giardino del re per mangiare tutto quello che c’è! -

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La mezza gallina

rispose il ragazzo a testa alta. - Non vorresti comprarne una intera? Non farai una bella figura con quella lÏ! - Mi dispiace, non posso comprarla perchè non ho di mio, che questa mezza gallina. -

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Il commerciante, vedendo che non c’era aria d’affari disse - Perbacco! Allora buona fortuna! Incontrò tanti curiosi che domandarono dove fosse diretto con quello strano fagotto, e lui rispondeva sempre con fierezza: - Vado al giardino del re per mangiare tutto quello che c’è! Sentiva che quella gallina, lasciatagli dal padre, doveva essere davvero preziosa. Al palazzo del re trovò un giardino con una bella fontana nel mezzo.

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La mezza gallina

Si sedette e lasciò che la sua mezza gallina si dissetasse. Ma l’acqua entrava da una parte ed usciva dall’altra! Sgorgava come un fiume in piena! Presto si formò un magnifico lago a irrigare i fiori e le piante

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tutt’intorno. Si affacciò allora la principessa, che vedendo il lago rimase per un attimo impietrita! - Oh che pasticcio! Corse a chiamare il re e la regina. -Oh che meraviglia! disse il re, e tutti e tre scesero a vedere. Trovarono il ragazzo con la mezza gallina. - Salve giovanotto, sai dirci cos’è successo qui? -

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La mezza gallina

- Maestà, è stata la mia mezza gallina! rispose orgoglioso il ragazzo - Oh! ma davvero? Vendicela subito! - disse il re, che pensava già a nuovi campi di carciofi per il suo regno: ne andava goloso e poi avrebbe dato di che lavorare alla sua povera gente. Il ragazzo tornò a casa senza la sua mezza gallina, ma con un sacco pesantissimo. -Cos’hai li dentro? E dov’è la tua mezza gallina? domandò il fratello minore. - Escimi un lenzuolo! rispose il maggiore col suo italiano poco curato,

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- Il re ha comprato la mia mezza gallina in cambio di queste... Stese il lenzuolo e lo riempì completamente di monete d’oro! Il fratello minore volle partire anche lui con la sua mezza gallina, per andare al giardino del re. Incontrò quel solito mercante - Anche tu con una mezza gallina? E dove vai? - Non sono cose che ti riguardano! - tagliò corto il giovane. - Ma va in malora! - rispose il mercante indispettito. Così incontrò molti altri curiosi:

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La mezza gallina

con loro fu scortese e tagliò corto per arrivar prima a palazzo e loro ricambiarono con maledizioni e insulti. Giunto al giardino del re poggiò la sua mezza gallina vicino alla fontana. La poveretta non avendo che il sedere, riempÏ tutto il giardino di cacca.

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Quando il re, la regina e la principessa scesero a vedere, trovarono il secondo fratello con la sua mezza gallina. - Salve giovanotto, sai dirci cos’è successo qui? - Maestà, è stata la mia mezza gallina! Me la comprate? rispose orgoglioso il ragazzo. - Ah! Ma certo! rispose il re, che arrabbiato e confuso da tutta quella puzza, non pensava che con la cacca avrebbe potuto concimare i carciofi. Il ragazzo tornò a casa senza la sua mezza gallina, ma con un sacco pesantissimo. - Escimi un lenzuolo! -

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La mezza gallina

disse al fratello. Stese il lenzuolo e lo riempĂŹ completamente di cacca!

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BABBORCO Storia di un mangiatore di gnocchi e focacce.

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Babborco

Un tempo molto lontano, viveva in questa terra un Babborco grosso e solitario. La sua casa stava in cima a una montagna e ai piedi della montagna c’era un villaggio di pastori e contadini.

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Temendo che l’orco potesse mangiare i loro bambini, gli abitanti del villaggio mandavano a turno uno dei loro figli, perchè portasse su, fino in cima alla montagna, una focaccia calda e un piatto di gnocchi per l’orco. Quando fu la volta del povero Giuseppe, la mamma che aveva preparato una focaccia tenerissima e degli gnocchi dal profumo di menta, gli disse: - Mi raccomando figlio mio, non fermarti lungo la strada o la focaccia si raffredderà, gli gnocchi si incolleranno, e se all’orco il pranzo non piace, ti mangerà! -

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Babborco

Giuseppe era un bambino tutto pelle e ossa perchè la sua era una famiglia molto numerosa e non sempre sulla tavola c’era di che mangiare per tutti. Però Giuseppe era anche molto sveglio ed è per questo che fra tutti i suoi fratelli, fu proprio lui a partire verso la cima del monte con il piatto fumante in mano.

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- Mamma, come profumano questi gnocchi! Pensava mentre il pancino vuoto borbottava. - Se assaggerò solo uno gnocco, Babborco non se ne accorgerà di sicuro! pensò prendendone uno bello fumante e mettendolo in bocca.

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Babborco

- Certo che questi gnocchi sono proprio buoni! disse il bambino assaggiandone un altro, e poi un altro ancora, finchè non leccò perfino il piatto! « Beee! Peppino, Peppino, Babborco si arrabbierà e

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in un boccone ti mangerà! » belò una capra che passando di lì aveva visto il bambino mangiare tutti gli gnocchi. - Stai zitta tu! rispose Giovanni allungando il passo. - Mamma, come dev’essere soffice questa focaccia! pensava con l’odore di pane caldo nel naso. Le diede un piccolo morso, poi un altro e un altro ancora. Insomma, fece fuori pure la focaccia! « Muuuu! Pietrino, Pietrino, Babborco ti mangerà e la tua mamma piangerà! »

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Babborco

muggì una mucca che passando di lì aveva visto il bambino ripulire il piatto di Babborco. « Oh povero me! » Pensò Giuseppe guardando il piatto miseramente vuoto, risplendere tra le sue mani.

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Camminava terrorizzato, e già si vedeva dentro la pancia dell’orco, quando gli balenò un’idea: - Riempirò il piatto di gnocchi di capra! - disse raccogliendo la cacca di quella chiacchierona, - e poi gli porterò una bella focaccia di mucca! -

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Babborco

disse raccogliendo, un po’ più in là, una caccona di mucca appena sfornata. Con il piatto pieno andò a bussare alla porta dell’Orco: - Babborco, è pronto da mangiare! Io vado perchè la mamma mi aspetta!

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Buon appetito! disse Giuseppe che aveva già iniziato a correre giù per la montagna. Babborco assaggiò uno gnocco e ruggì: « Puà! che saporaccio questi gnocchi!! » Allora tagliò una fetta di focaccia e disse: « Puà! Che puzza di cacca questa focaccia! » Buttò gnocchi, focaccia e pure il piatto, poi si affacciò alla finestra e col suo vocione tuonò a Giuseppe che ancora correva: « Scappa pure canaglia! Tanto questa notte vengo a prenderti e di te ne farò un sol boccone! »

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Babborco

Giuseppe tornò a casa tremante di paura e bianco come un lenzuolo; salì in camera infilandosi nel letto per aspettare il tramonto del sole. Nel buio cercava di prendere sonno, ma il ricordo del vocione dell’orco non gli dava pace. Tutt’a un tratto, sentì salire dalla strada un terribile baccano, come di zoccoli che marciano tra mille campanacci: “ Oih! povero me! ” pensava Giuseppe “ Il Babborco arriva a prendermi! E con tutti i diavoli dell’inferno! ” Per arrivare alla sua camera,

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c’erano solo pochi gradini di legno, ma molto alti. « Sto salendo il primo gradino! » disse il Babborco, « Chi si nasconde, si nasconda bene!» Giuseppe terrorizzato si nascose sotto il lenzuolo. « Sto salendo il secondo gradino! » disse il Babborco, « Chi si nasconde, si nasconda bene!» E Giuseppe si nascose sotto il cuscino. « Sto salendo il terzo gradino! » disse il Babborco « Chi si nasconde, si nasconda bene!» E Giuseppe si nascose sotto

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Babborco

il materasso. « Sto salendo l’ultimo gradino! » disse infine il Babborco, che però era davvero troppo pesante per quelle vecchie tavole! E proprio quando Giuseppe ormai pensava: - Oh mamma! Sono spacciato! il pavimento non resse più e crollò portando giù pure l’orco!

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I racconti del giardino del re

Il bambino uscĂŹ dalla sua stanza e affacciandosi nel buco per guardare, vide il Babborco lungo disteso e con la lingua a penzoloni, morto. Da quel giorno, grazie a un piatto di gnocchi di capra e a una focaccia di mucca, nessuno ebbe piĂš paura del Babborco.

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Babborco

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I racconti del giardino del re

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INDICE

3 Zuanne Balente 19 Gatto Mammone 37 Comare Lucertola 55 La bambola di pasta 71 La mezza gallina 85 Babborco

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I racconti del giardino del re

pirasclaudia.blogspot.it Agosto 2017


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