Il Biancorosso n.18 - periodico de "La Gazzetta del Mezzogiorno"

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O BIANC ROSSO

il

Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno II numero 18 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano

periodico di informazione sportiva de

DIVERTIAMOCI ANCORA L’ANALISI

L’INTERVISTA IL POSTER

CALCIOMERCATO GLI ACQUISTI

GIOVANNI LOSETO RACCONTA RADICE

I CAMPIONI D’INVERNO



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L’EDITORIALE

di Gaetano Campione

LA STORIA SI SCRIVERÀ A TORRE DEL GRECO

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l primo appuntamento con la storia di questo campionato di serie D ha una data: il 3 febbraio. In programma c’è il big match Turris-Bari che potrebbe in un certo senso riaprire, o chiudere definitivamente, il discorso promozione. Se i biancorossi dovessero strappare anche un solo punto sul campo della diretta concorrente, finora l’avversario più pericoloso, il verdetto sarebbe inappellabile. A patto che la squadra di Cornacchini arrivi all’appuntamento clou con lo stesso vantaggio di oggi, nove punti. Ecco perché le due trasferte consecutive previste dal calendario (Santacataldese e Cittanovese) valgono quasi quanto una stagione intera. Certo, non sarà facile tornare con i sei punti. Le due squadre stanno attraversando un buon momento di forma con all’attivo solo due sconfitte ciascuna. Inoltre i siciliani si sono concessi il lusso di fermare Nocerina e Turris, tra le favorite allo sprint finale. La Cittanovese, invece, in piena lotta playoff, può contare nel suo curriculum di marcia 11 punti nelle ultime sei partite. Il Bari dalla sua ha la caratura tecnica decisamente superiore. Il mantra è sempre lo stesso: se i biancorossi giocheranno come sanno giocare, non ci sarà storia. La partita in casa con l’Igea Virtus dovrebbe rappresentare per Cornmacchini &C. una semplice formalità. Dunque, sarà una questione di tenuta, di

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testa come dicon gli addetti ai lavori. Bisogna credere nelle proprie possibilità fino in fondo e non commettere passi falsi per presentarsi a Torre del Greco guardando gli avversari dall’alto in basso, senza timori riverenziali. Anche perché in questa trasferta potrebbe mancare il sostegno dei tifosi biancorossi per la legge del contrappasso: all’andata fu vietata la trasferta a Bari dei tifosi campani. C’è poi un altro scenario da considerare. La Turris ha un calendario fino al 3 febbraio leggermente più favorevole (Troina fuori, Santcataldese in casa e Rotonda fuori) e farà di tutto per recuperare il maggior numero di punti. Due dei quali sono legati ad una penalizzazione, altrimenti la forbice si restringerebbe. In questo caso il finale di campionato diventerebbe rovente. Un duello alla distanza colpo su colpo, da seguire trattenendo il respiro: lo scivolone di uno o dell’altro avrebbe conseguenze devastanti sotto il profilo della tenuta. Non dimentichiamo che la Turris, sotto il profilo squisitamente tecnico, è senza dubbio la squadra meglio attrezzata dopo il Bari. Occhio, quindi, a non affrontare i prossimi avversari con leggerezza o, peggio, sufficienza. La posta in palio vale una stagione intera. Cari tifosi, bisogna ancora soffrire un po’.

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SOMMARIO

il Biancorosso anno II n. 18 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81

IADARESTA DI CESARE

Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione

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Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Michele De Feudis Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Vito Prigigallo Il Nostro Bari Fotografie Luca Turi Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci Giuseppe Corcelli Sergio Scagliola Saverio De Giglio Foto poster: Sergio Scagliola

LOSETO

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SCAGLIOLA

MUJESAN

Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Dedalo Litostampa srl viale Luigi Jacobini, 5 70132 Bari

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MERCHANDISING

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L’ANALISI

MERCATO CHE POKER

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n mercato generoso, malgrado ci fosse ben poco da correggere. Il Bari non ha fatto da semplice spettatore nelle finestre di campagna acquisti aperte in serie D. Sebbene alcune compagini abbiano messo in atto autentiche rivoluzioni, il club biancorosso ha inserito fin qui ben quattro elementi, nonostante fosse primo in classifica con un super margine su ogni inseguitrice. Rinforzare

Davide Lattanzi

EDOARDO BIANCHI

PASQUALE IADARESTA

Presenze: 3 Da titolare: 2 Subentrato: 1 Minuti giocati: 215’

Presenze: 3 Da titolare: 0 Subentrato: 2 Minuti giocati: 24’

Caratteristiche

Caratteristiche

Curriculum di estremo lignaggio: Lazio, Roma, Juventus, Empoli e Torino, a soli 19 anni praticamente ha girato il meglio che esista a livello di settori giovanili. Il valore del ragazzo, quindi, è certificato. E’ un difensore completo, sa agire da terzino, ma anche disimpegnarsi da centrale. Le peculiarità, pertanto, sono più da marcatore che da laterale di spinta, sebbene nel controllo dell’uomo debba migliorare sul piano dell’attenzione. La giocata, però, è pulita, l’elevazione discreta. Predilige il destro, ma sa utilizzare pure il mancino: aspetto che gli consente di essere utilizzato su entrambe le fasce.

Prospettive di impiego

La concorrenza è agguerrita. Perché nel ruolo di terzino destro, Aloisi e Turi hanno già dimostrato di offrire ampie garanzie, nonché di essere già inseriti nei meccanismi di Cornacchini. Che, però, lo tiene in grande considerazione: pur essendo arrivato a dicembre, ha collezionato tre presenze, due da titolare. L’essere eclettico lo aiuterà: se è vero che a destra non è facile trovare spazio, può risultare molto utile da centrale perché completa il reparto con Di Cesare, Mattera e Cacioli.

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Tra i professionisti non ha sfondato, sebbene fosse tra i gioiellini del settore giovanile del Siena ed abbia esordito in serie A sotto la guida di Luigi De Canio che all’epoca aveva come secondo Antonio Conte (nel 2005-06). Ha cominciato poi un lungo pellegrinaggio in serie C con alterne fortune per poi riscoprirsi bomber di razza in serie D: in doppia cifra con Marcianise, Fondi e Torrecuso, lo scorso anno ha segnato a raffica a Latina (25 volte) e laureandosi capocannoniere del girone G. Il fisico da panzer (192 centimetri per 84 kg) lo rende il tipico ariete d’area di rigore: abile nel gioco aereo, quasi impossibile da spostare nel corpo a corpo.

Prospettive di impiego

Per come è costruita la squadra biancorossa, potrebbe affermarsi come la classica arma da usare a gara in corso. In 4-2-3-1 o nel 4-3-3 (i moduli più utilizzati da Cornacchini) patirebbe il passo cadenzato e la limitata attitudine ad attaccare la profondità. Ma potrebbe essere un grimaldello ideale per scardinare le difese arroccate, esaltandosi con i cross degli esterni o svettando sui calci piazzati. Da titolare, andrebbe meglio con una punta vicina, in un 4-4-2 che, però, finirebbe per escludere Brienza.

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numericamente la batteria degli under: ecco l’unico desiderio espresso dal tecnico Giovanni Cornacchini. Detto, fatto. Perché sono arrivati ben tre baby: il difensore Edoardo Bianchi, il centrocampista Marco Vincent Ridl, l’esterno mancino Giacomo Quagliata. Ma non solo. Alla corte del trainer dei galletti, infatti, si è aggiunto pure Pasquale Iadaresta, punta di peso che rinforza un attacco già ricco di uomini e soluzioni. Possibile che nelle prossime ore sia perfezionato pure qualche movimento in uscita (Luigi D’Ignazio potrebbe lasciare il gruppo pugliese, dato il poco spazio degli ultimi due mesi). Ma attenzione a quanto accadrà fino a fine mese. Perché gennaio è il periodo dedicato ai trasferimenti tra professionisti. E chissà che il Bari davvero non pensi al futuro bloccando qualche profilo di rilievo utile anche per la serie C. Ecco, intanto, il poker di nuovi ai raggi X.

MARCO VINCENT RIDL

GIACOMO QUAGLIATA

Presenze: 0 Da titolare: 0 Subentrato: 0 Minuti giocati: 0

Presenze: 0 Da titolare: 0 Subentrato: 0 Minuti giocati: 0

Caratteristiche

È stato l’ultimo colpo prima delle vacanze natalizie, aggregandosi alla compagnia biancorossa poco prima del match con il Roccella. In realtà, era già stato testato dal Bari tra agosto e settembre, ma poi era rientrato al Savona. È un classe 2000 con peculiarità più da combattente che da organizzatore di gioco. Un interditore che morde le caviglie e si esalta nel contrasto. Non ha ancora esordito: sta aspettando con pazienza la sua occasione. Intanto, è nei monitor della rappresentativa di serie D. Segno che la stoffa non manca.

Prospettive di impiego

La strada non è in discesa. Perché a centrocampo Cornacchini si affida puntualmente all’esperienza di due tra Hamlili, Bolzoni e Feola. Ma attenzione. Perché come mediani puri, oltre loro, c’è soltanto l’altro “millenial”, Langella. Insomma, il reparto non extra large potrebbe offrire opportunità, soprattutto nei casi in cui la seconda linea si disporrà a tre uomini. Toccherà a lui poi sfruttare le chance che dovessero capitare per far vedere quanto vale sotto il profilo tecnico. 12 gennaio 2019 anno II n. 18

Caratteristiche

È arrivato quasi a sorpresa all’inizio di questo 2019, perfezionando i dettagli del suo contratto in settimana. Nato a Palermo, è di proprietà della Pro Vercelli, ma ha cominciato a farsi le ossa nel Latina, dove ha disputato (nel girone G di serie D) ben 19 gare segnando pure due reti. È un laterale più che un terzino puro: nel senso che a sinistra può ricoprire ogni posizione di etserno, pur amando partire dalle retrovie. È un 2000: di lui si dice un gran bene, a Bari può mostrare il suo valore.

Prospettive di impiego

Pur essendo il colpo last minute, paradossalmente è quello che ha le maggiori chance di diventare un titolare. Perché D’Ignazio è in uscita e a sinistra rimarrebbe il solo Nannini che tira la carretta ormai da tre mesi. Partirà da alternativa, ma se si giocherà bene le sue carte, potrebbe sovvertire le gerarchie. Con lui, peraltro, potrebbero essere varati anche altri moduli, come ad esempio gli schieramenti con la difesa a tre. Cornacchini sa che lo potrà utilizzare in ogni caso: un’occasione per mettersi in mostra in questo girone di ritorno del campionato di serie D.

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IL PERSONAGGIO

DI CESARE LA VOGLIA MATTA DI GIOCARE IL RECORD STAGIONALE DI MARCATURE EGUAGLIATO GIÀ ALLA FINE DEL GIRONE DI ANDATA IL RICHIAMO DEL CAMPO È SEMPRE PIÙ FORTE DI QUALSIASI CATEGORIA

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Filippo Luigi Fasano

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’esordio fra i dilettanti, esattamente fra i 30 e i 40 anni. Il record stagionale di marcature eguagliato già alla fine del girone d’andata, e con una giocata da numero 10. Dopo soli quattro mesi, la “Second Life” di Valerio Di Cesare in biancorosso ha già tanto da raccontare. Se ne era andato nel gennaio 2017, il difensore romano, in un mercato da porte girevoli. Dai cadetti alla C, destinazione Parma, per ottenere due promozioni in un anno e mezzo: la prima in B, da protagonista, la seconda, da puntello. Finito ai margini, rieccolo in Puglia per lo stesso motivo per cui se ne era andato in Emilia: la partita. Perché il richiamo del campo è sempre più forte di qualsiasi categoria, anche tre piani più sotto. Soprattutto se sei a Bari: «Ero fuori lista – ricorda il centrale numero 6 – Avrei dovuto aspettare gennaio per accasarmi in serie B. Ma non me la sentivo di rimanere cinque mesi senza giocare. È venuta fuori questa opportunità ed eccomi qui». L’ha convinta qualcuno? «No, è stata una scelta mia. C’è chi mi diceva: “Sei pazzo, in serie D”. Altri invece mi spingevano a venire. Ci ho pensato parecchio: scendere in questa categoria non era facile. Ma il progetto mi ha convinto». Che Bari ha ritrovato? 12 gennaio 2019 anno II n. 18


«Forse fa più freddo rispetto a due anni fa (ride, nda). Ambiente diverso, in positivo. Soprattutto rispetto agli ultimi cinque mesi della prima esperienza». Ha avuto la sensazione di lasciare qualcosa in sospeso, andando via allora? «Ero venuto da Brescia con un obiettivo, salire in serie A con il Bari. A un certo punto ho capito di non avere più la fiducia dell’allenatore. Insomma, era l’ora di andare, pure con un anno e mezzo di contratto ancora davanti. Sono fatto così». Com’è stato il percorso in D sino a questo punto? «Molto faticoso, più dal punto di vista mentale che fisico. Sembra tutto facile ma non lo è. Abbiamo disputato un grande girone d’andata e dobbiamo continuare così anche in quello di ritorno». Ha avuto tanti tecnici in carriera. Quale la peculiarità di Cornacchini? «Si lavora davvero tanto a livello fisico. Mi ha colpito questo». L’avversario più difficile da marcare, quest’anno. «Forse Kargbo, l’attaccante del Roccella. In generale, mi aspettavo più “cattiveria”, nella categoria. Ma in questa prima parte di stagione non l’ho notata». E in tutta la carriera, invece, chi l’ha 12 gennaio 2019 anno II n. 18

«HO TROVATO UN AMBIENTE DIVERSO IN POSITIVO RISPETTO A DUE ANNI FA CON CORNACCHINI SI LAVORA DAVVERO TANTO A LIVELLO FISICO»

fatto ammattire? «Uno che mi ha fatto un numero incredibile è Robinho, in un Torino-Milan. Finta e gol. Mi ha mandato a raccogliere le cicorie fuori dal campo (sorride, nda)». Il compagno di squadra più difficile da tenere in allenamento? «Quando sta bene, Ciccio (Brienza, nda) è sempre Ciccio». Riavvolgiamo il nastro. Dopo essere cresciuto nella Lazio, a 18 anni va al Chelsea. Un’esperienza che rifarebbe, così giovane? «Hai voglia! Tornassi indietro, forse non tornerei più in Italia. Purtroppo ho perso un anno, il secondo, rompendomi un ginocchio. Poi è arrivato Abramovich, hanno iniziato a comprare campioni. E allor mi son detto: “Valerio, è il momento di andare”». L’ha fregata anche lì la voglia di giocare? «Forse sarei dovuto restare, cercando di andare in prestito da qualche parte». Si è poi ripresentata, l’occasione di andare all’estero? «Putroppo no. Ogni anno, in Italia ce n’è una, basti pensare a ciò che è successo quest’estate in serie B. Altrove non succede. Ma anche fuori dal calcio, siamo indietro rispetto agli altri. Anni fa, ci sarei andato sicuramente, a giocare fuori. Anche per far fare un’esperienza ai miei figli».

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IL PERSONAGGIO

Come si chiamano? «Andrea ha 11 anni, e gioca a calcio. Emma ne ha 7 e suona il pianoforte». E dove li avrebbe portati? «In Inghilterra, dove sono già stato. O in Germania, nonostante il freddo (sorride, nda)». La carriera dice che è stato un buon difensore di serie B. La serie A, però, l’ha solo assaggiata a Torino. «Il calcio prima era molto diverso. C’era molta più qualità, con molti “vecchi” e qualche giovane. Ora è il contrario. Anche perché ci sono meno risorse per costruire le rose». Con il Parma è partito in C ed è arrivato in A. Qual è stato il punto più difficile dalla scalata? «I cinque mesi di Lega Pro, ne parlavo con i miei ex compagni durante le feste natalizie. Molto più difficile quel periodo che la serie B: tre sconfitte di fila, pure contro l’ultima in classifica. Un’esperienza che ci è servita ad affrontare i playoff in un’al12 gennaio 2019 anno II n. 18

«FIRMEREI PER TORNARE IN B IN DUE ANNI E , SE POI AL TERZO ARRIVASSE LA CILIEGINA SULLA TORTA...»

tra maniera. Sono durati dal 21 maggio al 17 giugno, ci siam detti: o andiamo in B adesso, oppure è finita. Ogni partita giocata al massimo. La più dura? Contro il Pordenone, in semifinale: abbiamo sofferto tanto. A ripensarci, una cosa fantastica. Forse la migliore della mia carriera». Dalla D alla A in tre stagioni, non c’è riuscito nessuno. «Un gruppo davvero unico, siamo diventati amici. È questo il segreto. E non è un caso che il Parma stia facendo bene in serie A». Si riparte per una nuova arrampicata. Personalmente, dove pensa di arrivare? «Firmerei per tornare in B in due anni. E se poi al terzo arrivasse la ciliegina sulla torta...». Dopo aver fatto il calciatore, le piacerebbe restare in questo mondo? E in quale ruolo? «Mi piacerebbe fare il direttore sportivo. Ma adesso penso solo a giocare: sto bene e vado avanti».

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IL FOTOGRAFO

SCAGLIOLA IL PALLONE IN UNO SCATTO UNA DELLE SUE IMMAGINI HA VINTO IL PRIMO PREMIO ALL’IPA DI NEW YORK LE DIFFICOLTÀ DI COGLIERE L’ATTIMO DECISIVO DELLA PARTITA

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Gaetano Campione

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n apparenza sembra tutto facile. Uno punta la fotocamera verso il rettangolo di gioco e scatta. Invece, la foto è decisamente più complicata. «Il calcio è uno sport molto dinamico e il fotografo non ha alcun controllo su quello che farà il soggetto. Faccio un piccolo esempio: ci sono ventidue calciatori che si muovono nel rettangolo di gioco, ne punti uno - quello con la palla - con il tuo 400 mm, è nel mirino, scatti e improvvisamente un altro giocatore gli passa davanti mandando in crisi l’autofocus: hai prodotto una foto fuori fuoco. Le difficoltà che incontri nel calcio e nello sport di squadra, le variabili a cui vai incontro sono tantissime e tu devi essere pronto a dipanare qualsiasi problema in tempo reale solo per poter portare a casa un lavoro decente». La sistemazione di un fotoreporter in campo quanto incide sulla riuscita di una buona foto? «Tantissimo. Di solito, per regolamento e in linea di massima, ai fotoreporter sono assegnati gli spazi dietro le porte,tra una bandierina e l’altra, e devo dire che la posizione ideale sarebbe proprio quella adiacente alla bandierina del calcio d’angolo. Risulta più agevole se ti posizioni sul lato dove stazionano le panchine, così hai sott’occhio anche gli allenatori. Da questa postazione con un buon 400 mm e un 70/200 con 2 corpi macchina, hai coperto la porta opposta, il centrocampo e anche l’area di rigore dove è più facile scattare e catturare foto piene di dinamismo: un dribbling,una parata del portiere, una rete realizzata, un contrasto, un rigore». Il pallone e il calciatore sono oggetti in movimento. Come si bloccano, fotograficamente parlando? « ... e qui ci immergiamo nella tecnica fotografica: basta avere una frazione di secondo brevissima del tipo 1/500 di sec. come minimo. Naturalmente dipende dalla distanza del soggetto, dal tipo di movimento che fa, se procede frontalmente o parallelamente a te, e poi dalla focale in uso: se è un ottica grandangolare, medio tele o tele obiettivo spinto». Quante immagini si scattano di una partita? «Di solito scatto molto affinché possa avere maggiore scelta nell’arco della partita e quindi non meno di due/ tremila scatti». Il famoso scatto continuo quanto agevola il suo lavoro? «Tantissimo! Per ottenere buoni risultati, 12 gennaio 2019 anno II n. 18


imposti la tua macchina in scatto continuo con una cadenza alta a circa 10/12/14/20 fotogrammi al secondo (per chi ha macchine tecnologicamente avanzate) e vai con la raffica con la certezza di poter scegliere, tra i tanti scatti, quelli migliori. Lo svantaggio è legato ad una produzione eccessiva di scatti, di cui molti scarti. Con un briciolo di esperienza si può scattare meno e avere la foto giusta al momento giusto». L’equazione buon obiettivo uguale buona fotografia è vera? «Se buona fotografia è intesa come immagine fotografica tecnicamente ineccepibile, ti dico di sì ovviamente, se poi innanzi tutto riesce a raccontare qualcosa e tecnicamente è perfetta, abbiamo fatto Bingo». Scatto in verticale o scatto in orizzontale? «Dipende da cosa devi fotografare. Il formato orizzontale lo uso per inserire più elementi nella scena che danno più forza dal punto compositivo al soggetto; lo scatto verticale, a parer mio, da’ una visone più dinamica. Nel calcio, se vuoi fotografare un giocatore in figura intera, necessariamente devi farlo in verticale e in questo caso il cal12 gennaio 2019 anno II n. 18

«IL CALCIO È UNO SPORT MOLTO DINAMICO E IL FOTOGRAFO NON HA ALCUN CONTROLLO SU QUELLO CHE FARÀ IL SOGGETTO»

ciatore, diventa il fulcro dell’attenzione». La fotografia della quale essere orgoglioso? «Premetto che sono orgoglioso di tutte le mie foto; tutte hanno una storia, ma quella che merita di essere citata è la foto che ha vinto a New York all’International Photography Awards (IPA) il 1° premio nella Sezione editorial Sport. A questa edizione hanno partecipato 165 paesi al mondo con circa 15 mila foto. Questa immagine, con questo angolo di campo, ci porta maggiormente dentro l’azione e, seppur congelata dal momento, vive di un attimo unico ed irripetibile che solo un gesto sportivo sa dare: gioia, esaltazione, delusione, disperazione; in una bella cornice per me fantastica data dallo stadio san Nicola. Mi rende ancor più orgoglioso il fatto di averla scattata, come dicevo prima, nello stadio san Nicola, nella città di Bari e con il Bari Calcio protagonista». La fotografia da dimenticare? «È quella che mi son perso per un istante, quella che non ho potuto scattare e che non ho potuto raccontarvi... è quella che hai scattato nel corso di una partita di calcio in una finale di coppa: ritieni di avere la foto

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IL FOTOGRAFO

del giorno, quella da prima pagina e poi si rivela inutile perché la squadra avversaria nel frattempo ha reailzzato una rete in più e la tua foto non vale più niente» Cosa ha in più Sergio Scagliola rispetto agli altri? «Ognuno di noi si esprime in maniera diversa in confronto ad altri e non so come si comportano gli altri, ma io seguo il mio istinto, i miei sentimenti, la mia passione, cerco sempre di far rivivere nelle foto le mie emozioni nelle gesta degli altri. Cerco di sfruttare al massimo le conoscenze tecniche e le potenzialità del mezzo fotografico con le nuove tecnologie per poterne ricavare immagini diverse dal solito. Inoltre, tanta libertà creativa ed espressiva». Si può fotografare bene anche con un telefono cellulare? «Sì! Se fisicamente ti do una bella penna stilografica d’oro, di quelle dal nome prestigioso, scriveresti concettualmente meglio il tuo articolo? La fotografia è anche raccontare con le immagini, non avremo

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«SEGUO IL MIO ISTINTO I MIEI SENTIMENTI LA MIA PASSIONE CERCO SEMPRE DI FAR RIVIVERE NELLE FOTO LE MIE EMOZIONI»

tecnicamente una qualità ineccepibile, ma se emozionano e comunicano, perché non scattare?». Ritoccare le foto non è come falsificare il prodotto? «Se il falsificare è inteso solo come pulire l’immagine e cioè dargli un minimo di contrasto, ritagliarle o reinquadrarle e bilanciare tonalità e colore, abbiamo solo migliorato la nostra foto e allora eticamente non abbiamo commesso nessun «reato». Ma se abbiamo rimosso o messo qualcosa in quel file, allora è un’altra storia. Tutt’altra foto». La massima soddisfazione di un fotografo sportivo? «Pubblicare le proprie immagini su quotidiani e riviste dopo aver scattato in importanti competizioni a livello nazionale ed internazionale». Il sogno nel cassetto? «I campionati Mondiali di calcio e le Olimpiadi». Rimpianti? «Non aver potuto fotografare i grandi atle12 gennaio 2019 anno II n. 18


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LOREM IPSUM

ti del passato ed alcuni del presente». Sergio Scagliola è anche un tifoso? «Sì, sono anche un tifoso. Tifoso del Bari. Tifoso del bel calcio. Tifoso di tutti gli sport. Tifoso pacato ed obiettivo, di quelli che credono ancora nel detto «che vinca il migliore» Un giocatore del Bari particolarmente fotogenico? «Jean-François Gillet, ex portiere del Bari. Molto fotogenico. Ho avuto il modo di fotografarlo anche al di fuori dell’ambito calcistico, nel mondo della moda come testimonial di una azienda di abbigliamento. Meglio le partite diurne o quelle notturne? Perché? «Le notturne perché la luce è uniforme in tutte le posizioni del campo di gioco, grazie all’illuminazione artificiale e quindi con la macchina fotografica in manuale, imposti un tempo, un diaframma e una sensibilità iso e ti concentri solo ed esclusivamente su quello che avviene in campo. È utile dire anche che devi avere delle costosissime otti12 gennaio 2019 anno II n. 18

che luminose e costosissime macchine con sensibilità altissime. Di giorno invece abbiamo 2 possibilità, una che ricalca la stessa situazione serale ovverosia un cielo completamente nuvoloso dove la luce è morbida ed omogenea e la seconda possibiltà invece, dove devi fare molta attenzione, è quando c’è il sole che illumina il campo per metà come ho spiegato nella prima domanda». Lo sport che la emoziona meno sotto il profilo fotografico? «Secondo me non c’è uno sport che emoziona poco: si gareggia, c’è chi vince e chi perde, chi si esalta e chi si deprime è un scontro fra due persone, fra due squadre. sta anche a noi documentarlo e raccontarlo in modo che possa emozionare il fruitore dell’immagine». Le è mai venuta la voglia di esultare dopo un gol? «Certamente sì, ma con la consapevolezza di portare a casa anche l’immagine del gol o l’esultanza finale del calciatore».

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IL POSTER

IL BARI

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CAMPIONE D’INVERNO 2018-2019

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GIOVANNI LOSETO

VI RACCONTO

RADICE IL SERGENTE DI FERRO

«ERA UN GRANDE MOTIVATORE CON LUI IL BARI CAMBIÒ MODULO E LA SQUADRA RITROVÒ COMPATTEZZA E LA SUA IDENTITÀ»

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Michele De Feudis

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Arrivò a Bari con la nomea di “sergente di ferro”, ma aveva tanta umanità. È stato il tecnico che mi lanciò, insieme ad Enrico Catuzzi. In quella stagione sfortunata ebbi la possibilità di giocare con continuità e la mia crescita convinse il club a cedere Nicola Caricola alla Juventus…»: Giovanni Loseto, bandiera del Bari, storico difensore biancorosso, fino alla passata stagione nello staff tecnico del club, racconta così la parentesi barese nel 1983 di Gigi Radice, allenatore scudetto (aveva vinto il campionato con il Torino nel 1975-76, il primo dopo la tragedia di Superga, da calciatore tre scudetti e una Coppa dei Campioni con il Milan) giunto nella città di San Nicola per rimettere in corsa una squadra impelagata nelle retrovie della cadetteria. Aveva una visione netta: calcio tutta intensità, pressing costante figlio di una preparazione atletica molto accurata e di un lavoro psicologico su tutti i calciatori del gruppo, unito al talento nel lanciare giovani (come Loseto) e atleti in crisi o relegati ai margini. «Purtroppo il torneo si chiuse con una retrocessione. Sbagliai anche io un rigore decisivo contro il Monza, mentre altri ne sprecò il nostro rigorista, Carmelo Bagnato», aggiunge Loseto. L’arrivo di Radice a Bari generò nuovo entusiasmo, che poi si sarebbe affievolito a causa di una serie di occasioni sprecate per risalire la china: «Avevamo molto rispetto nei suoi confronti. Era un tecnico che aveva fatto benissimo prima di venire in Puglia. Mise regole per migliorare il nostro rendimento. Ricordo - spiega Loseto - che prima delle gare veniva la sera a salutarci, parlava molto in camera, annunciava chi doveva giocare, spiegava le sue decisioni. Ci seguiva. Avevo solo 19 anni. In quella stagione c’erano tanti baresi nella rosa: da Giorgio De Trizio a Michele Armenise, poi Nicola Caricola, Gigi De Rosa, Gigi Nicassio». Con Catuzzi il Bari del 1982-83 giocava a zona, con Radice il modulo cambiò: «Il tecnico decise di tornare al calcio con il libero dietro i marcatori. Era un grande motivatore. La squadra ritrovò compattezza e una sua identità, ma i rigori sbagliati compromisero la rincorsa. Poi ci furono episodi sfavorevoli: a Cremona, contro la super corazzata allenata da Emiliano Mondonico, eravamo in vantaggio per uno a zero. Sarebbe stata una vittoria cruciale, ma poi pareggiò un certo Gianluca Vialli, giovanissimo. Io marcavo il bomber Sauro Frutti… A Cava dei Tirreni perdemmo uno a zero, ma Bagnato 12 gennaio 2019 anno II n. 18


L’ALLIEVO E IL MAESTRO

sbagliò il rigore del pari… Ogni gara c’era un corpo a corpo senza sconti con i centravanti avversari. Radice era molto umile, è stato come un padre per noi. Il gruppo era giovanissimo, ci consigliava come un genitore». C’è poi un aneddoto che avrebbe potuto cambiare la carriera di Loseto: «Radice dopo la stagione a Bari, andò all’Inter. E quella estate mi voleva portare a giocare il Mundialito con i nerazzurri. Il Bari, però, non mi diede il permesso. La stagione successiva, tuttavia, iniziò il ciclo virtuoso con Bruno Bolchi in panchina e in due anni passammo dalla C alla A». Nella sua prima stagione da professionista, Loseto collezionò 2 presenze con Catuzzi e 15 con Radice: «La stagione finì con un grande dispiacere e un abbraccio collettivo. Radice voleva rimanere a Bari ma l’offerta 12 gennaio 2019 anno II n. 18

A sinistra, Giovanni Loseto, storico difensore biancorosso lanciato da Gigi Radici, a destra, recentemente scomparso

dell’Inter era davvero irrinunciabile. Con maestri come Radice affinai la tecnica della marcatura a uomo, ormai desueta nell’attuale calcio. Noi studiavamo come braccare l’avversario, togliergli spazio e aria vitale. Adesso invece con le marcature a uomo spesso si vedono attaccanti saltare da soli in area sulle palle inattive e segnare senza ostacoli…. Potendo girare all’indietro le lancette del tempo, ogni tanto avrei voglia di tornare in campo in questi anni. Ma sono contento della mia carriera. Ho marcato e giocato contro grandi campioni: da Pruzzo a Van Basten, da Gullit a Maradona, Zico e Platini». I progetti futuri di Loseto: «Per ora sono un pensionato, circondato da un grandissimo affetto dei tifosi. Il calcio ti dà, a volte, anche queste sorprese».

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AMARCORD

MUJESAN

IL DIPLOMATICO DELL’AREA DI RIGORE Gianni Antonucci

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ucio Mujesan è sempre nel ricordo del popolo sportivo barese. Veneto (nato a Prano, vicino Trieste, l’11 gennaio 1943), aveva iniziato nei ragazzi della Ponziana e poi in prima squadra (1a categoria), segnando subito un gol. Segnalato alla Roma, giocava nella “Primavera” per proseguire nella “De Martino” e poi fra le riserve della squadra giallorossa della Capitale. Veniva ceduto in prestito al Messina in B: s’infortunava ma giocava ugualmente 11 partite segnando 4 gol. Nel 1963-64 passava al Venezia (B) e realizzava 4 gol in 30 partite. Troppo poco, dissero i tecnici della Roma che lo cedevano in via definitiva all’Avellino in C. Qui Mujesan aveva il suo primo exploit: 29 partite, 15 gol e nazionale di C (Italia-Malta a Cosenza 3-1) il primo anno, 32 partite e 14 gol nel secondo torneo. Al Bari, intanto, arrivava in panchina un giovane friulano, Lauro Toneatto, segnalato da Pugliese e fresco allenatore del Siena. Assieme al presidente De Palo, il nuovo tecnico – subito definito dall’informazione “il sergente di ferro” – volle avere a disposizione calciatori che avevano buone referenze oltre che esperienza dei campi “minati” di serie C.

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È STATO UNO DEGLI ATTACCANTI PIÙ APPREZZATI DAI TIFOSI DEL BARI

Si rivolgeva all’esperto Filippo Calabrese che conosceva da tempo per ottenere un bomber prolifico. Calabrese (che già anni prima aveva segnalato Troja al Bari) parlò a Toneatto di Anastasi, attaccante della Massimiliana di Catania che, invece, veniva preso dal Varese. Sfumati prima Troja, poi Anastasi, le più importanti attenzioni erano rivolte a Lucio Mujesan, il cannoniere dell’Avellino, esperto ormai in C. Nello stesso momento in cui si stava per concludere l’acquisto in via definitiva, ecco spuntare la Spal di Ferrara che chiedeva Mujesan. Non c’era tempo da perdere: pur di assicurare al Bari il forte attaccante, il segretario generale biancorosso, Filippo Nitti, anticipando tutto e tutti, si mise in treno, raggiunse Avellino e con grande abilità invitò personalmente Mujesan a non accettare l’offerta della Spal facendolo firmare per il Bari per 25 milioni di vecchie lire. Soddisfatti il De Palo e ancor di più il nuovo allenatore Toneatto: avere un bomber come Mujesan voleva dire – prendendo in prestito lo slogan di una pubblicità dell’epoca – mettere una “tigre” nel motore. Il giocatore indossò la maglia biancorossa per due consecutive stagioni: una in C (con promozione) e l’altra in B. Lucio Mujesan diventò l’idolo dei tifosi baresi. Tanti i gol realizzati: 39 in 71 presenze con una media di 12 gennaio 2019 anno II n. 18


GOLEADOR 0,55. Trentanove gol, uno più bello dell’altro. In particolar modo quello segnato in B al Padova direttamente da fondo campo e l’altro, sempre in B, al Novara. Da ricordare, poi, il gol al Monza (recuperando e mettendo in rete un pallone che il portiere Ciceri stava facendo saltellare per il rinvio), contro il Potenza, a Verona (ritenuta la squadra più forte), contro il Perugia (dopo la precedente clamorosa vittoria interna, su di un campo coperto di neve contro la Lazio), a Modena, in casa col Catania. La folla gridava allo stadio «MujesanMujesan-Mujesan». E scandiva pure il nome di Galletti, già autore di alcune “doppiette”: «Attenti a quei due». I giornali cominciavano ad occuparsi con insistenza di lui, definito il «commesso viaggiatore del calcio». Poi la stampa lo ribattezzava «il diplomatico dell’area di rigore». «Talvolta sembra che si distragga, ma appena gli arriva il pallone lo calamita e se lo trascina in entusiasmanti slalom, difendendolo con signorile decisione. Allora ti convinci che la freddezza gli serve per ipnotizzare gli avversari, che le eclissi parziali gli servono per farsi dimenticare, per starsene in agguato, pronto a scattare, come un falco sulla preda». I giornali scrivevano ancora: «Si è disciplinato anche nello stile, scarno, nitido, elegante. Concede al preziosismo qualche barocco colpo di tacco – ci vuol 12 gennaio 2019 anno II n. 18

A sinistra, Mujesan premiato dal sindaco dell’epoca In alto, il n. 10 biancorosso in rete

DUE STAGIONI IN MAGLIA BIANCOROSSA E UNA VALANGA DI GOL REALIZZATI

tanto poco per mandare in solluchero la platea – che poi si sconta con lunghe, estenuanti volate mozzafiato, impeccabile, composto, nell’ampia falcata da mezzofondista. Anche il dribbling è secco, definitivo, mira al sodo. È fatto di movimenti semplici, puliti, punto di arrivo di una maturazione lenta, sofferta». La stampa all’unisono evidenziava: «Mujesan ha dovuto imparare tutto due volte. Ad un certo punto ha dovuto ricominciare daccapo, con alle spalle un bilancio di illusioni perdute. Poteva definitivamente richiudere i sogni nel cassetto. Ma è un tenace, un combattente di razza». Veniva premiato per la sua prolificità in zona di tiro dal sindaco di Bari con una simpatica cerimonia al centro del terreno di gioco del “della Vittoria”. «La flemma di Mujesan è anche forza di concentrazione, calcolo accorto. Non può permettersi di sbagliare, deve rimanere sempre lucido, se non vuole che i sogni rimangano nel cassetto. Se gioca al risparmio prima o poi lo capitalizza. E quando, al novantesimo, gli altri non ce la fanno più, lui ha ancora le energie per shockare il pubblico. Le ultime partite-thrilling gli hanno guadagnato la fama di Hitchcock degli stadi. Ma Mujesan è anche l’uomo-raffica, è il pericolo pubblico, è il bounty-killer. Ha colpito la fantasia dei tifosi e la fantasia è prodiga di definizioni». Era una una punta “fatta” che si esaltava in un gioco studiato per le sue caratteristiche: Galletti (una “spalla” sempre rimpianta) gli apriva i varchi, lui partiva da lontano e segnava. Schemi imparati a memoria, perfetti come un manuale. Lo voleva il Milan (Rocco aveva simpatia per quelli delle sue parti), ma Mujesan passava al Bologna. Anziché soldi (valutazione di 350 milioni di lire), al Bari arrivavano Fara, Tentorio, Paganini, Tonoli (via Siena), Spalazzi in prestito e poi, con la differenza (oltre i 50 milioni), il terzino Aurelio Galli di appena 21 anni. A Bologna era, però, un incompreso. Cervellati, mister del Bologna, lo faceva giocare a centrocampo perché «Il giocatore nel Bari indossava la maglia numero dieci». Comunque due tornei, in fase calante: undici reti nel primo, sette nel secondo, con annesso infortunio. Poi il passaggio al Verona (nove presenze, zero gol). I postumi dell’infortunio erano duri da smaltire. Il giocatore perdeva la fiducia, diventava nervoso, apatico. Si trascinava tra ricordi e polemiche. Ritornava nel 1971. Il campionato cominciava, ma era subito… notte. Lucio Mujesan non era più quello di un tempo: realizzava appena 2 gol in 15 partite. Restava, tuttavia, un bomber di eccezionali qualità, tra gli “indimenticabili” del calcio barese.

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L’INTERVISTA

GENEROSO ECCO COME SI CATTURANO I TALENTI Francesco Damiani

RESPONSABILE DEL SETTORE GIOVANILE PER QUASI VENT’ANNI E PADRE DELL’ULTIMA GENERAZIONE D’ORO DEI BABY BARESI

ESPERTO Dino Generoso Nella pagina accanto da calciatore con Ardemagni e Consonni

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alciatore per tre stagioni e poi responsabile del settore giovanile per quasi vent’anni. E che anni. Dino Generoso è il padre dell’ultima generazione d’oro dei baby baresi. A voler contare i trionfi, basta citare tre scudetti (Primavera e due volte Allievi), una coppa Italia Primavera e un torneo internazionale di Viareggio (massima espressione del calcio giovanile). «Ma anche tre secondi posti nazionali nella categoria giovanissimi. Tre finali scudetto perse che non mi sono ancora andate giù» precisa. È stato lui a tenere a battesimo i vari Cassano, Ventola, Legrottaglie, Lafortezza, Carrozzieri, Sibilano, Bellavista, Galano e tantissimi altri. Generoso, se il campionato del Bari finirà come tutti si augurano e cioè con la promozione in C, ci saranno da allestire nuove squadre per il settore giovanile per partecipare ai campionati nazionali. Da dove bisogna partire? «Innanzitutto mi auguro che questa speranza si tramuti presto in realtà. Negli ultimi anni, il settore giovanile è stato trascurato e per ripartire la cosa più importante è capire se lo si vuole ricostruire in maniera seria o soltanto perché bisogna farlo. Detto ciò, è necessario ricostruire i rapporti con la società di calcio giovanile del territorio e intendo non soltanto la Puglia, ma anche le regioni più vicine. A ciò va aggiunta la creazione di una rete di osservatori che vedano i ragazzi, li segnalino e collaborino alla creazione di un database con i dati dei ragazzi osservati». E per quanto riguarda gli allenatori? «Quello è il secondo step. Bisogna puntare su tecnici che amino lavorare nel settore giovanile, che non lo considerino come un trampolino personale per fare carriera ma che ci si dedichino con passione. Non devono guardare ai risultati per costruirsi una carriera come spesso succede. Importante nella scelta degli allenatori è la creazione di un gruppo di lavoro omogeneo». Come si scelgono i giocatori? «La fase più delicata è proprio quella della selezione. Non basta visionare i giocatori. Bisogna individuare le qualità di base ma saper anche guardare a medio lungo termine. Spesso si sceglie la forza del momento, cioè ragazzi pronti a farti vincere subito e non si guarda a quello che un ragazzo può diventare in prospettiva». Al Bari l’anno prossimo serviranno tanti giocatori e cinque squadre. «Sì, ma bisogna creare la cosiddetta scala dedicando molta attenzione alla fasce più piccole perché sono quelle che negli anni ti 12 gennaio 2019 anno II n. 18

HA TENUTO A BATTESIMO GIOCATORI DEL CALIBRO DI CASSANO VENTOLA LEGROTTAGLIE E GALANO

assicurano il ricambio visto che per limiti di età ogni anno c’è un grande via vai di giocatori». È meglio puntare su giocatori del territorio oppure guardare anche altrove? «Con quelli del territorio ci sono vantaggi dal punto di vista economico, ma anche di attaccamento alla maglia. Ma, nel lavoro di selezione, bisogna porsi limiti soltanto se ne vale davvero la pena». I giocatori vanno selezionati anche dal punto di vista caratteriale? Lei è un esperto visto che ha avuto a che fare con un certo Cassano. «Attenzione. Antonio era avanti rispetto agli altri, ribelle se vogliamo dire così, ma non è mai stato maleducato né con lo staff né con i compagni. Si devono prendere anche i giocatori con un carattere più forte, perché poi inseriti nel sistema si riescono a controllare». Perché già negli ultimi anni della gestione Matarrese il settore giovanile è stato trascurato? «Questioni economiche e di volontà. Io ho lasciato il Bari nel 2011 per contrasti con il direttore sportivo. Ma già i soldi cominciavano a scarseggiare. Poi quello che è successo dopo l’ho seguito poco, mi sono allontanato dal calcio». Se le chiedessero di partecipare alla ricostruzione del settore giovanile accetterebbe? «Se mi rendessi conto che alla base c’è un progetto serio, accetterei con entusiasmo. Credo che la nuova proprietà lavorerà bene anche in questo settore e mi piacerebbe dare una mano alla mia squadra del cuore».

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CALCIO GIOVANILE

TRENTADUE E LA TRADIZIONE DI FAMIGLIA IL PADRE E LO ZIO SONO STATI CALCIATORI. LUI LI VUOLE SUPERARE TECNICAMENTE Francesco Damiani

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er Davide Trentadue, il nuovo anno è iniziato nel migliore dei modi con un assist da calcio d’angolo per Pinto nella vittoriosa gara contro il Castrovillari. Una gioia per questo ragazzo classe 2001 che è arrivato a vestire la maglia della Juniores del Bari soltanto pochi mesi fa. Ma il biancorosso, in casa sua non è certo una novità. Davide, giocare nel Bari è un po’ una tradizione di famiglia visto che anche suo zio ha indossato la maglia biancorossa da giovanissimo. «Si, spero di continuare questa tradizione. Anche mio padre è stato calciatore, ma non nel Bari, e spero di poter giocare a livelli più alti di loro due. Comunque, adesso penso prima di tutto a studiare e prendere il calcio come divertimento. Poi, in seguito, si vedrà se potrà diventare qualcosa di più serio». Pur essendo barese, l’arrivo al Bari non è stato immediato. «No infatti. È il primo anno che gioco qui. Nelle ultime due stagioni ho giocato a Monopoli». Quando è arrivata la chiamata della società come è stata accolta? «Tutti in famiglia siamo stati molto contenti. Soprattutto mio padre e mio zio che avevano già vissuto esperienze simili. Mio zio mi ha dato tanti consigli su come affrontare questa avventura al meglio incoraggiandomi a impegnarmi sempre al massimo perché questa può essere un’occasione importante anche per il mio futuro». Cosa significa indossare la maglia del Bari? «Il sogno sarebbe poter giocare con questa maglia al San Nicola. Credo che sia l’obiettivo di ogni ragazzo di Bari. Per il momento vivo questa esperienza con molto tranquil-

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«STO VIVENDO UNA STAGIONE DISCRETA IL MIO SOGNO È GIOCARE ALLO STADIO SAN NICOLA»

lità. È chiaro che mi piacerebbe tantissimo una convocazione in prima squadra, ma so che sarà difficile. Dipenderà da come mi comporto e da quello che farò vedere in campo». Se si dovesse descrivere come giocatore? «Non sono molto grintoso anche se su questo aspetto sto lavorando molto. Punto molto sulla tecnica e sul posizionamento in campo che per un centrocampista come me è importante. Sto vivendo una stagione discreta, mister Alfieri mi sta dando fiducia e spesso mi fa partire titolare. Nel girone di andata sono stato schierato dall’inizio in quasi la metà della partite». È appena iniziato il girone di ritorno con una vittoria contro il Castrovillari. Che giudizio dà alla prima parte di stagione? «È stato un ottimo girone di andata nonostante alcuni miei compagni siano stati bloccati dagli infortuni. Però ci hanno dato una grossa mano Mutti e Gioria della prima squadra. Abbiamo raccolto un buon numero di vittorie e qualche altra ci è scappata in maniera immeritata. Ora dobbiamo guardare a questa seconda fase e cercare di fare meglio». A quale giocatore si ispira? «Inizialmente Iniesta per il modo di giocare. Adesso, mi piace molto anche Bentancur». L’obiettivo da calciatore? «Oltre a tifare per il Bari che è la squadra della mia città, sono tifoso romanista e quindi mi piacerebbe tantissimo giocare lì». A parte il calcio quali altri hobby ha? «La playstation. Ma gioco veramente poco perché fra il calcio e la scuola ho veramente poco tempo per dedicarmici. Frequento il quarto anno di liceo scientifico allo Scacchi e so che è importante non trascurare la scuola». 12 gennaio 2019 anno II n. 18


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MERCHANDISING

SCIARPE REGALO COL BOTTO A FINE FEBBRAIO ARRIVERANNO LE MAGLIE GRIFFATE ROBE DI KAPPA Gaetano Campione Aspettando le magliette (quelle nuove, disegnate appositamente) griffate Robe di Kappa, in arrivo per la fine di febbraio, è esplosa la febbre del merchandising. Durante le festività sono andate letteralmente a ruba le sciarpe (tre le tipologie preparate) messe in vendita col nuovo logo ricamato del Bari. A seguire, berretti e scaldacollo. Ancora pochi i pezzi in circolazione (la serie era rigorosamente limitata) in vendita nei punti autorizzati. L’attesa, evidentemente, ha dato i risultati sperati. Anche perché, con le incertezze sulla partecipazione al campionato legate all’inizio della stagione, tutta la macchina organizzativa si è mossa in ritardo. Ora si tratta di recuperare il tempo perduto e di entrare alla grande in quel mercato globalizzato al quale punta il presidente Luigi De Laurentiis. Anche utilizzando Amazon. A fine dicembre è stato dato il via all’operazione definitiva con lo sponsor tecnico che dovrà fornire il materiale richiesto. Un passaggio cruciale perché il tifoso-cliente vuole prima vedere, toccare con mano il prodotto per poi decidere dove acquistarlo, se farlo immediatamente o se utilizzare i canali dell’e-commerce. Il presupposto, a prescindere dalla scelta, è che il gadget sia disponibile. La maglia, ad esempio. Autentica e non la replica, come quella indossata da Brienza o Di Cesare in campo, consente al tifoso di sentirsi al centro dell’attenzione. Perché la maglia racchiude la storia, la tradizione, l’orgoglio di appartenere ad una comunità ben precisa. E’ come se fosse un hard disk con all’interno i colori, i ricordi, le speranze e le illusioni di una fede sportiva trasmessa da padre in figlio. Non è un caso se spesso dagli spalti dello stadio si pretende l’attaccamento alla maglia dei giocatori, 12 gennaio 2019 anno II n. 18

Dove Punti vendita autorizzati BARI Bar Viola c.so Sonnino, 95 FB Italia via Piccinni, 40 Football Club via P. Petroni, 45 ALTAMURA Soccer & Sport via Melodia, 14 MODUGNO Rego Sport via Roma, 99/a MOLA DI BARI Conenna corso Umberto, 150 PUTIGNANO Valerio Sport via G. Verdi, 5/f TRANI Tiki Taka c.so V. Emanuele I

forse il simbolo per eccellenza. Ma il merchandising rappresenta solo un aspetto dell’operazione visibilità che ruota attorno al club e alla squadra. Importante, perché con le altre attività collaterali contribuisce alla solidità economica e finanziaria della società. Solo con questa autonomia si può programmare il futuro con le ambizioni tipiche di una grande città metropolitana, con un bacino potenziale di un milione di tifosi. Infine, una considerazione. San Nicola, patrono dei forestieri. Un proverbio attualissimo anche oggi. Ai De Laurentiis un merito su tutti va riconosciuto. La capacità di aver proposto e fatto rispettare regole del business dinamiche e moderne, supportate dall’indipendenza economica accennata prima. Niente scambi merce, pane quotidiano dalle nostre parti. Se vuoi entrare nella grande famiglia biancorossa, devi pagare. Un punto sul quale non sono ammessi “se” e “ma”. I contratti triennali garantiscono ad entrambe le parti la bontà dell’investimento nel tempo. E i baresi si sono messi in fila, aprendo i cordoni della borsa. Col Messina, se a qualcuno fosse sfuggito, c’erano ben tre sponsor sulla maglia biancorossa. Si fossero comportati così in precedenza, i baresi, forse la Bari - come la chiamiamo dalle nostre parti - non sarebbe fallita. Ma questa è un’altra storia.

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I TIFOSI

CURVA NORD MISSIONE SOLIDARIETÀ

In un momento in cui il tifo nel calcio sembra ridursi sempre più spesso a violenza pura, i supporter biancorossi sposano la solidarietà. Il grande cuore pulsante della curva Nord ha regalato un pizzico di felicità ai bambini di tre ospedali della città. Così i tre gruppi di tifo organizzato hanno subito aderito con entusiasmo all’iniziativa, si sono autofinanziati e, in occasione della festività della Befana, hanno consegnato le tradizionali calze ai piccoli pazienti dei reparti di Oncologia del Policlinico, dell’Ospedale pediatrico e del reparto Pediatrico del San Paolo.

111 ANNI AUGURI BARI Il 15 gennaio il Bari compirà 111 anni di vita. In più di un secolo il galletto ne ha viste di tutti i colori, ma senza dubbio l’ultimo anno è stato uno tra i più travagliato della sua storia. Per festeggiare questa ricorrenza il gruppo Il Nostro Bari” ha ideato un logo celebrativo costituito essenzialmente dal numero romano (111) formato dalla metà di 3 maglie della storia biancorossa: si parte dalla casacca bianca griffata Adidas e sponsorizzata dalla Sud Leasing, con la quale Perrone e compagni, battendo il Genoa si

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aggiudicarono la Mitropa Cup, centralmente è la divisa rossa del 1991 definita MacLaren, sempre prodotta dall’Adidas indossata, tra gli altri da Platt, per terminare con l’attuale prima maglia che rappresenta un nuovo inizio per la storia del Bari. L’idea è quella di racchiudere attraverso 3 maglie significative parte della storia del Bari, alternando i colori sociali del club nato per volere di Floriano Ludwig, ovvero il bianco e il rosso.

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A SPASSO COL BARI

SAN CATALDO NON PERDETE IL BUCCELLATO Davide Lattanzi

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no spaccato di Sicilia che presenta una bella fusione di culture e tradizioni. San Cataldo assorbe l’ingerenza della vicina Caltanissetta, ma conserva molte fondamenta del capoluogo Palermo. Per chi viaggia a spasso con il Bari, è una cittadina che si può visitare anche in una mattinata, lasciandosi trasportare da un’atmosfera in cui il fervente culto religioso si mescola ad una gradevole architettura moderna. LA CITTÀ - San Cataldo è un comune italiano di 22.478 abitanti del libero consorzio comunale di Caltanissetta, in Sicilia. Sorge in una zona collinare interna, posta a 625 metri sul livello del mare e contiene testimonianze di insediamenti umani risalenti al VI-V secolo a.C. L’attuale centro abitato ha origini relativamente recenti. Fu una baronia, poi comune, fondata dal principe Nicolò Galletti nel 1607, richiedendone il 18 luglio la licenza dal Re di Sicilia Filippo III. CHE COSA VEDERE - Il complesso monumentale del Calvario sorge nella zona alta della città. Fu edificato nel 1854 e vi si svolge la “Scinnenza” durante i riti della Settimana Santa, durante la quale, nella sera del venerdì santo, viene rappresentata la crocifissione e la morte di Gesù. Dotato di una grandissima scalinata, vi si tengono manifestazioni di ogni genere: festival, sfilate ed esibizioni teatrali e altro ancora. Merita una visita il castello dei baroni Galletti, dallo stile neogotico, nonché le torri: quella della nuova parrocchia di Cristo Re è dotata di un orologio che le ore, le mezz’ore e il mezzogiorno, invitando i fedeli alla devozione 12 gennaio 2019 anno II n. 18

È UNA DELLE SPECIALITÀ PIÙ GUSTOSE PREPARATA CON PASTAFROLLA FICHI UVA PASSA MANDORLE E SCORZE D’ARANCIA HA LA FORMA DI UNA CIAMBELLA DA VEDERE CHIESE E CASTELLO

IL DOLCE In alto, il tipico buccellato siciliano, la chiesa di Cristo Re, la città e Aldo Baglio nato da genitori sancataldesi

mariana con la preghiera dell’“Angelus” o nel tempo di Pasqua con il “Regina Coeli”. San Cataldo è famosa anche per l’alto numero di edifici religiosi. Da vedere la Chiesa Madre, la parrocchia di Santo Stefano, Santa Maria delle Grazie, Santa Maria del Rosario. IL PERSONAGGIO - San Cataldo è la “patria”, tra gli altri, di scrittori e registidi discreto successo. Ma il personaggio più famoso è senza dubbio Aldo Baglio, comico, attore teatrale e cinematografico del celebre trio “Aldo, Giovanni e Giacomo”. Baglio è nato a Palermo, ma da una famiglia originaria di San Cataldo, da cui ha preso anche il nome completo di battesimo, appunto Cataldo. LO SPORT - La Sancataldese è davvero il piccolo gioiello della città. Fondata nel 1945, pur con una storia confinata nelle categorie minori, resta la principale attrattiva sportiva del paese siciliano. LE SPECIALITÀ DA ASSAGGIARE - Bignè di ricotta: caratteristici per la presentazione croccante, soda, leggera e cava in modo da poter essere farciti con svariate preparazioni dolci e salate. Tipico pure il buccellato che deriva il suo nome deriva dal tardo latino buccellatum: preparato con la pasta frolla, viene lavorato in vari modi soprattutto a forma di una ciambella, poi farcito con fichi secchi, uva passa, mandorle, scorze d’arancia. Gustoso, infine, il cosiddetto “lardu chinu”, ovvero il pollo ripieno che presenta un interno con riso, cipolla rosolata con sale e pepe, carne macinata, salsa di pomodoro e condito con formaggio. Una vera prelibatezza tipica della cucina sancataldese.

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LE CURIOSITÀ

Il 24 gennaio inizia “L’isola dei famosi” e il noto format televisivo si tigne di biancorosso. Tra i vip chiamati a partecipare al reality show ci sarà ABDELKADER GHEZZAL. Il calciatorefrancese di origini algerine, scelto tra i naufraghi che sbarcheranno in Honduras, ha indossato per due stagioni la malia del Bari, collezionando 37 presenze (tra serie A e serie B) e segnando quattro gol. Una presenza condizionata, purtroppo, dalla lesione al crociato del ginocchio destro. Nel curriculum dell’attaccante anche Siena, Cesena e Parma nella massima serie. Ghezzal ha concluso da poco la carriera (in serie B al Como). Fratello del più famoso Rachid, attualmente al Leicester e ha tentato senza successo la carriera da procuratore, prima della scelta televisiva. Tra i nomi degli altri concorrenti spiccano quelli di Viktorija e Virginia Mihajlovic, figlie del’ex giocatore e allenatore della ampdoria, Sinisa Mihajlovic, attualmente senza squadra.

UNA POESIA IN VERNACOLO DEDICATA ALLA PASSIONE BIANCOROSSA

Emanuele Zambetta

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MATTE PU BBARE Iì pu Bbare vogghe matte! Sò fedèle da tand’anne... Pure stanghe e cu u-affànne, pe sta squadre àgghie a tefà!

Ce nu dèrbe se va a ssciòche e se fasce resuldàte, av’a ièss’èsageràte u casìne c’àgghie a fà!

M’arrecòrghe a Maiellàre: ma ce bbrave scecuatòre... capa matt’e drebblatòre ca facève èndusiasmà!

Ce va storte la scernàte e se pèrde la partìte, manghe la cchiù mmègghia zite me sapèsse chenzuà...

Quanda cappre d’èmozziùne ca me dà cusse pallòne! Iì perdèsse la raggiòne ce m’u avèssere a levà!

Tande volde sò gioìte p’Ìgor Prott’e Tovallìire; a sti granne cannonìire non le pozze mà scherdà!

Addevènghe nu serpènde velenùse e sgrebelùse; buenarìidde despettùse ca petèsse mezzecuà!

N-gap’a mmè, assà recuèrde; non avònne sparessciùte; iì cu Bbare sò cressciùte; non le vògghie scangellà!

Ce spettàgue, chèdda curve! Ne sò ffatte battamàne... Pe Barrète u braseggliàne, nom betève non gandà!

Ma delènde torn’u prisce quann’arrìve na vettòrie: iìnd’a nnudde vogghe n-glòrie e me mècche a festeggià!

Ne sò vviste calgiatùre (sì talliàne ca stranìire) troppe forte e battagglìire ca sapèvene seggnà...

A la Màgghia Biangoròsse non la pozze mà tradì! Sò geràte nanz’a Ddì ca pe ssèmbe l’àgghie amà!

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L’AVVERSARIO

SANCATALDESE CONTINUITÀ PUNTO DEBOLE Vito Prigigallo

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ella città del santo venuto dall’Irlanda (Cataldo prese i voti a Lismore agli albori del 7° secolo) e poi vissuto a Taranto, il 22 maggio si tiene la Festa della ‘Ngiambella. Che è poi la celebrazione di un biscotto semplice ma buonissimo, la ciambella sancataldese, nota in tutta la Sicilia. Ecco, domenica il Bari vorrebbe anticipare quell’evento e fare una dolcissima colazione, magari a mo’ di picnic sul prato di uno stadio che porta un nome che solo a dirlo è poesia del calcio. Di un altro calcio: quello di Valentino Mazzola, quello del Grande Torino, schiantatosi con un aereo sulla collina di Superga nel ’49. A dire il vero la Sancataldese proprio tra le mura amiche ha costruito la sua classifica. Nulla di eccezionale, ma tale da far restare anche un avversario come il Bari coi piedi ben piantati per terra. Al “Mazzola”, in terra nissena, sono stati accumulati 19 dei 22 punti e segnati 13 dei 19 gol. Anche la fase difensiva va molto meglio sull’Altopiano Solfifero: solo 6 reti subite rispetto alle 17 incassate fuori casa. Quattro delle quali alla Sancataldese gliele rifilò la squadra di Cornacchini all’andata: doppio Neglia, Floriano e Piovanello proseguirono le prove tecniche di dominio avviate nel match d’esordio in Serie D con il Messina. Per i siciliani andò a segno Ficarrotta. E proprio il 28enne attaccante è il più prolifico del gruppo verdeamaranto: 6 reti, compresa quella segnata sul 3-0 al “San Nicola”. Luca Ficarrotta è stato anche inserito nella top-eleven della Sicilia occidentale da un sito di riferimento. Ed è un dei sopravissuti della profonda innovazione operata dal direttore sportivo Galletti (che di nome fa Cataldo…). Tanto da far pensare ad una 12 gennaio 2019 anno II n. 18

LA SQUADRA Lo stemma e, in alto, la squadra, l’allenatore Milanesio e il giocatore Montalbano

Sacataldese 2.0. Guidata non più da Peppe Mascara, l’ex centrocampista offensivo del Catania che qualche dispiacere, da calciatore, al Bari l’aveva dato, ma da un argentino di 38 anni che gli faceva da secondo e che dal 14 dicembre, dopo lo 0-1 con il fanalino di coda Rotonda, ha assunto la guida della compagine: Juan Manuel Milanesio potrebbe diventare il coach a tutti gli effetti. Qualche giorno fa si è pubblicamente impegnato a risolvere il problema dei problemi di una condotta sincopata, quasi fosse una partitura jazzistica: «La continuità è un problema e su quello stiamo lavorando. Soprattutto sul concetto di intensità che esprimiamo su buoni livelli in casa, ma che ci manca fuori. Il punto di Cittanova ci ha dato morale, non solo in vista della partita con una squadra come il Bari ma sopratttuto per l’intero girone di ritorno, che è la cosa che più ci interessa». In effetti, grazie al gol di uno dei nuovi, Corrado Montalbano, attaccante di 28 anni proveniente dal Gela (sono arrivati tra gli altri Alfonso Sessa, difensore centrale di 22 anni, dal Paternò e Salvatore Rizzo), la Sancataldese ha ottenuto un buon punto in Calabria. In effetti, Milanesio ha ottenuto 4 punti in 3 partite: successo interno col Messina, sconfitta a Barcellona Pozzo di Gotto prima della sosta e 1-1 nella trasferta reggina. Ora la tripla scalata pressoché impossibile da reggere, premessa al match col Locri: prima il Bari in casa, poi il viaggio a Torre del Greco, quindi il Marsala, sempre al “Mazzola”: prima, seconda e terza della classifica della poule più meridionale del #campionatoditalia.

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GLI ANNI ‘80

UNA NOVITÀ GIALLO NERA DA RICORDARE Il Nostro Bari

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egli anni Ottanta molteplici sono le novità e i cambiamenti che caratterizzano la maglia ufficiale dei biancorossi. Primo fra tutti è l’arrivo dello sponsor Cassa di Risparmio di Puglia nel 1984, ma ci sono avvicendamenti anche per quel che riguarda lo sponsor tecnico: il marchio Pouchain lascia spazio a Adidas, che dunque diventa la terza fornitura nella storia biancorossa dopo Puma e Pouchain. Nel 1980, per il campionato di serie B, Iorio e compagni vestono una casacca totalmente bianca con tre strisce rosse che decorrono sull’intero arto superiore, dello stesso colore risultano essere i polsini e il girocollo. La triade di strisce è riportata anche sul lato dei pantaloncini e sui calzettoni. Manca però il galletto, che fa il suo ritorno nella stagione successiva, collocandosi all’altezza del cuore difronte allo stemma Adidas, la maglia è anche in questa circostanza bianca e non presenta però girocollo e polsini rossi. In occasione della trasferta di San Benedetto del Tronto, i galletti sfoggiarono una divisa inedita, di colore giallo, con le maniche nere recanti tre strisce gialle, i pantaloncini e lo stemma Adidas sono anch’essi scuri, mentre resta invariato il galletto ideato da Gratton. Questa matrice viene ripresa, però con il bianco e il rosso, nella stagione successiva: se prima le strisce erano gialle ora divengono bianche così come l’intera maglia mentre le maniche sono rosse in sostituzione delle precedenti nere. Un’ importante innovazione si ha nel 1984, quando viene stampato per la prima volta lo sponsor Cassa di Risparmio di Puglia, che spicca in una maglia bianca ornata da sottili strisce verticali rosse, dopo qualche stagione tornano i polsini e il colletto rosso, non manca il galletto. Nella stagione 1984-85, in occasione della trasferta di Varese, vinta dal Bari per 3 a 2, a causa dell’uguaglianza cromatica con la compagine lombarda, i biancorossi scesero in campo con una tenuta totalmente gialla, presentante sottili strisce nere, e un colletto a V di questo colore, la maglia, priva di sponsor e usata per evidenti condizioni di emergenza, era stata sfoggiata anche nella stagione precedente contro il Barletta e in un’amichevole internazionale con i rumeni della Dinamo Bucarest, a testimonianza di come il colore giallo sia stato adottato per far fronte a compagini i cui colori sociali erano il bianco e il rosso.

30

LA CLASSIFICA 1

Bari

46

2

Turris

37

3

Marsala

30

4

Castrovillari

27

5

Cittanovese

25

6

Gela

25

7

Nocerina

25

8

Palmese

25

9

Portici

24

10

Troina

23

11

Città di Acireale

23

12

Sancataldese

22

13

Città Di Messina

22

14

Locri

22

15

Roccella

21

16

Messina

17

17

Virtus Barcellona 14

18

Rotonda Calcio

10

LE PROSSIME PARTITE domenica 13 gennaio ore 14.30 sancataldese - BARI domenica 20 gennaio ore 14.30 cittanovese - bari Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a:

ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it

12 gennaio 2019 anno II n. 18




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