Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno I numero 10 / â‚Ź 0,70 piĂš il prezzo del quotidiano
il
periodico di informazione sportiva de
O BIANC ROSSO
AVANTI TUTTA
BR L’EDITORIALE
il
di Gaetano Campione
in campo vogliamo
maschi alfa F
inalmente, si gioca. Dopo infinite polemiche e immancabili veleni, la parola passa a sua Maestà il pallone. Quello imprevedibile, che rotola, fa sognare e segnare. Il mondo del calcio torna a girare intorno al proprio asse. Tra le perle di saggezza dei nostri nonni ce n’è una che ci piace ricordare: la vittoria cura tutti i mali. Se il Bari trionferà, ritornerà il sereno, viceversa la situazione diventerà ancora più complessa. Allora cosa chiediamo a questa squadra? Che si comporti come un gruppo di “maschi alfa”, dominanti, sicuri di sé. Li vogliamo tutti capibranco, forti e determinati, coraggiosi e motivati. Col Cittadella non si può e non si deve sbagliare: la differenza tra le grandi squadre e le squadre piccole c’è e ci sarà sempre. Vincere, sarebbe la rivincita più bella dopo quanto è successo. Per favore, però, lasciamo stare il bel gioco. La testa vale più della tattica in certe occasioni anche se il desiderio del grande calcio si respira ad ogni angolo del capoluogo pugliese. A questo punto, contano solo il risultato e la capacità di tirare fuori il meglio da tutto il gruppo. La rosa del Bari è variegata,
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offre una serie infinita di soluzioni per affrontare l’avversario di turno. Un particolare che potrebbe risultare decisivo e far pendere il piatto della bilancia dalla nostra parte. A Grosso chiediamo di trasmettere la stessa determinazione, con l’aggiunta di un pizzico di incoscienza, messa nel tirare quel rigore decisivo della finale Mundial. Il cammino per portarci in cima all’Everest parte da Cittadella. E’ il campo base di questa avventura. Gustiamoci la partita, con la convinzione che il calcio, a differenza della vita, salda sempre i propri conti: la serie A ci manca da troppo tempo. Ultima riflessione. Si spera in un arbitraggio all’altezza della situazione. Troppe volte gli episodi hanno fatto la differenza nella storia biancorossa, lasciando ferite ancora aperte. I playoff sono una competizione, diversa, anomala. Un campionato nel campionato dove ogni squadra porta in dote una piccola percentuale di quanto fatto nel corso della stagione regolare. Per certi aspetti è come se si sottoponesse ad un reset la stagione fin qui svolta. Se azzerassimo tutto, ci sarebbe la possibilità di ricucire quel rapporto con la città sportiva incrinato negli ultimi mesi. “Maschi alfa”, non avete scuse.
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BR sommario
il
9 il Biancorosso anno I n. 10 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81 Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva
ferronato
abodi
basha
Coordinamento Gaetano Campione
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Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Fotografie Corcelli Photo Saverio De Giglio Maizzi Luca Turi Donato Fasano A. Scuro Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci
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Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)
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toneatto
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BR l’analisi
il
lassù
nessuno ci ama
le vie del gol per i biancorossi sono infinite punizione azione testa, cross calcio d’angolo ma solo due rigori a favore
Gol sugli sviluppi di calcio d’angolo: 8
TONUCCI
BASHA (2)
GALANO
SABELLI
KOZAK
Bari 3 Cesena 0
Bari 4 Cittadella 2
Perugia 1 Bari 3
Venezia 3 Bari 1
Bari 1 Frosinone 0
MARRONE Ternana 1 Bari 2
BRIENZA Bari 1 Spezia 1
Davide Lattanzi
N
on si può certo dire che il Bari sia stato “coccolato” dagli arbitri. Nell’analisi dei gol che i biancorossi hanno realizzato da palla ferma, spiccano i “soli” due calci di rigore. Un’anomalia per una squadra giunta sesta (sul campo) in regular season e quindi sbarcata ai playoff. Addirittura sproporzionato il confronto con il Cittadella che ha usufruito di ben undici penalty, record stagionale della cadetteria. In ogni caso, i galletti hanno realizzato 15 gol sugli sviluppi di calcio piazzato, circa un quarto delle reti complessive (59) messe a segno dai biancorossi nella regular season. Una buona media, considerando che quello pugliese non è certo un complesso di “corazzieri”. In ogni caso, dal dischetto, i tiratori baresi sono stati impeccabili: Improta non ha fallito nella trasferta con il Frosinone (sebbene il suo gol non abbia evitato la sconfitta) e Galano ha trasformato con l’Avellino, rivelandosi determinante per il successo sugli irpini. Piuttosto esiguo anche il bottino di gol da punizione diretta, nonostante un’imponente batteria di specialisti: dai destri di Floro Flores e Nené, ai
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LA SQUADRA VENETA HA USUFRUITO DI 11 PENALTY RECORD STAGIONALE IN SERIE B
mancini di Galano e Brienza, davvero non mancava la possibilità di alternare la conclusione a giro con la potenza. Ce l’hanno fatta solo, di sinistro, Brienza e Galano, nel modo meno consueto: tiro deviato, ma vincente del fantasista di Cantù contro il Pescara, palombella beffarda dell’esterno dauno per fissare il 3-1 a Perugia, con un probabile cross per le punte che si è rivelato letale per l’estremo umbro. Molto meglio da calcio d’angolo: fondamentale in cui si sono viste anche trame interessanti. Basha contro il Cittadella, Kozak con il Frosinone e Marrone con la Ternana hanno segnato alla maniera “classica”: colpo di testa su traversone dalla bandierina. Ancora Basha con il Cittadella e Sabelli con il Venezia hanno estratto il jolly con la botta da fuori su corta respinta della difesa avversaria. Galano sottomisura a Perugia e Tonucci di tacco (ed un po’ di fortuna) nel match inaugurale con il Cesena hanno comunque capitalizzato schemi studiati in allenamento. Un capitolo a parte, merita la volée di Brienza
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CLASSIFICA DEI RIGORI REGULAR SEASON SERIE B
0
1
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AVELLINO
PALERMO
NOVARA
2
10 10
9
9
8
7
7
7
7
5
5
4
4
4
3
3
3
3
3
3
2
1
8
7
7
6
7
7
5
5
5
4
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3
2
2
2
2
2
2
0
2
0
BRESCIA
2
CESENA
2
VENEZIA
3
CARPI
3
SALERNITANA
3
BARI
3
VIRTUS ENTELLA
3
SALERNITANA
5
NOVARA
5
BRESCIA
6
CARPI
4
SPEZIA
5
BARI
5
VENEZIA
6
ASCOLI
6
TERNANA
6
EMPOLI
6
PESCARA
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SPEZIA
1
FROSINONE
1
PALERMO
2
PERUGIA
2
PARMA
4
EMPOLI
4
PESCARA
4
PRO VERCELLI
5
PRO VERCELLI
5
ASCOLI
5
CREMONESE
5
VIRTUS ENTELLA
5
CITTADELLA
5
FOGGIA
6
FOGGIA
7
CREMONESE
7
PERUGIA
7
PARMA
7
CESENA
8
TERNANA
8
AVELLINO
8
FROSINONE
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CITTADELLA
A FAVORE
CONTRO
GOL SU RIGORE: 2
GOL SU PUNIZIONE DIRETTA : 2
IMPROTA
BRIENZA
Frosinone Bari
GALANO 3 2
Bari Avellino
1 1
Bari Pescara
con lo Spezia: ben pescato sull’angolo di Balkovec, il 39enne genietto ha comunque estratto un capolavoro di coordinazione e tempismo. Tre anche le marcature sugli sviluppi di calci di punizione (non diretti): di rapina Kozak con la Pro Vercelli, con precise “inzuccate” Floro Flores con il Novara e Gyomber con il Perugia al San Nicola. Insomma, il computo è soddisfacente. Ma i margini di miglioramento sono inestimabili e sarà il caso di esplorare tutte le risorse in confronti come quelli dei playoff, ovvero sfide ad eliminazione diretta, nelle quali sovente l’episodio può rivelarsi decisivo a rompere l’equilibrio. Di solito, per capitalizzare al meglio tali opportunità occorrono due fattori: disporre di una batteria di saltatori specialisti e di tiratori tecnicamente dotati. Sul primo piano, il Bari denota qualche carenza. Se si prende in esame l’undici base, hanno comprovate doti aeree soltanto Gyomber e Nené. Si fa rispettare Basha, ha una discreta scelta di tempo Marrone, ma non si tratta di cecchini di fama rinomata. Il migliore in tal senso è senza dubbio Kozak che non a caso
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GOL SUGLI SVILUPPI DI CALCIO DI PUNIZIONE: 3
GALANO
1 0
Perugia Bari
1 3
KOZAK Bari PVercelli
BRIENZA HA UN PIEDE DI CATEGORIA SUPERIORE GALANO OTTIMO SUGGERITORE
FLORO FLORES 2 2
Bari Novara
1 1
GYOMBER Bari Perugia
3 1
ha marcato in questo modo i suoi unici due gol in campionato. Ma l’ariete ceco da tempo è uscito dal range dei titolari: troppo macchinoso per il calcio ragionato e “palleggiato” voluto dal tecnico biancorosso. Tuttavia, se ci fosse bisogno di un arrembaggio, l’ex laziale resta una carta sicura. Come incaricati a scagliare palloni invitanti, invece, i biancorossi vantano una scelta forse unica in B: Brienza ha piede di categoria superiore, Galano è un ottimo suggeritore, così come Floro Flores. L’autentica rivelazione, però, è Jure Balkovec. Il terzino sloveno ha un sinistro che “canta”: non avrà passo arrembante, non sarà un fenomeno in marcatura, ma dal suo mancino possono nascere opportunità uniche. Probabilmente è stata proprio questa dote a fargli conquistare una maglia da titolare ed in meno di un terzo di campionato ha già fornito diversi assist. Insomma, i presupposti per colpire davvero non mancano. Il Bari ha tanti modi per creare gol che ora valgono doppio.
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BR L’ACCOGLIENZA
il
ferronato
l’idolo della città
biscotti e vin brulé cari tifosi vi aspettiamo
Giuseppe Ferronato, il tifoso del Cittadella con il giocatore del Bari, Sciaudone
«ascoltare il vostro inno mi fa venire i brividi È uno dei più belli d’italia»
Francesco Damiani
C
he si giochi a Bari o a Cittadella per Giuseppe Ferronato non fa alcuna differenza. Lui c’è sempre, che sia fra i 51 paganti del 2002 o anche in beata solitudine come gli è successo nel 2014 quando è diventato amico e idolo di tutta la città di Bari. Adesso Ferronato segue le vicende che precedono la prima sfida dei playoff con lo sguardo distaccato di chi ha a cuore le vicende della propria squadra, ma sa che si tratta di una partita di calcio che va giocata sul campo e che tutto il resto ha poca importanza. Ferronato Bari-Cittadella è la sua partita del cuore? «Certo che sì. Conosco Bari da quasi 25 anni perché sono venuto un sacco di volte per lavoro e sono sempre stato benissimo da voi, ho tanti amici in città e grazie al calcio ho avuto occasione di venire ancora tante volte e stringere altre amicizie. Quella volta dei 51 paganti è stata la mia prima trasferta calcistica a Bari». Cosa ne pensa di tutto quello che ha preceduto questa sfida? «C’è tanto rammarico e queste sono situazioni che fanno male. Il Cittadella non ha chiesto che il Bari venisse penalizzato, ma ha soltanto chiesto che si facesse chiarezza. Ma non c’è solo la situazione del Bari. E Palermo e Foggia? Se ci sono delle regole vanno rispettate da parte di tutti, ma chi ci rimette siamo sempre noi tifosi. Quelli baresi che avevano comprato il biglietto e noi del Cittadella che abbiamo dovuto aspettare fino all’ultimo per poterlo fare. Non voglio entrare nel merito della questione, ma se si sapeva della sentenza, perché hanno cominciato a vendere i biglietti?». Lasciamo da parte questo contorno spiacevole perché finalmente si va in campo. «Noi faremo una gara di grande agonismo. Le squadre saranno ancora più caricate dopo quello che è successo. Mi auguro che sia una bella partita, ma soprattutto corretta».
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È l’unico sostenitore del cittadella che ha seguito al san nicola la squadra del cuore da allora È diventato un mito per i baresi «il pallone è come una donna, sul più bello ti tradisce»
Ci può raccontare come si svolgerà il suo prepartita? «Cercherò di andare nel parcheggi ospiti a salutare i miei tanti amici baresi e magari brindando insieme a loro con il vin brulè come facemmo due anni fa offrendo biscotti e da bere a quasi 400 persone. O con le vostre birre e polipi. L’anno scorso a Bari mi volevano impedire di raggiungere il parcheggio dei baresi, ho dovuto insistere tantissimo per poter passare». Se la sente di fare un pronostico? «Il cuore dice Cittadella ovviamente. Sembra la stessa situazione dell’anno scorso ai playoff con il Carpi. Giocavamo in casa e avevamo due risultati su tre. Non finì bene». Giocare al Tombolato non è la stessa cosa che al San Nicola «Il nostro stadio è piccolo ma dispersivo e questo può essere un vantaggio per il Cittadella. Se dovessimo essere in tanti, potremmo essere il dodicesimo uomo. In questi giorni sono andato a seguire gli allenamenti, il campo è in condizioni perfette, non c’è una zona con la terra, solo erba». Eppure lei ha un debole per la tifoserie barese. Giusto? «Mamma mia che esperienza venire al San Nicola. Le assicuro che quando parte l’inno e tutti cantano a me vengono i brividi. Credo che sia uno degli inni più belli d’Italia. Soprattutto la parte che dice quanti viaggi con gli amici. Ecco, quella è una cosa che vivo sulla mia pelle perché ormai da tanti anni seguo il mio Cittadella». Un augurio per questa sfida? «So che i tifosi del Bari sono arrabbiati con Giancaspro e con Marchetti, ma devono solo fare il tifo per la loro squadra. Cantino il loro inno perché ne sarei veramente felice. Poi la partita vada come deve andare, alla fine brinderemo tutti insieme. Il pallone è rotondo, anzi è come una donna. Sul più bello ti tradisce».
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BR IL PERSONAGGIO
il
MIGJEN
BASHA
AFFIDABILE E GENEROSO
Filippo Luigi Fasano
N
on ha la gittata da trenta metri, per cambiare gioco all’improvviso. E neppure un contagiri nel piede destro, per recapitare il pallone ovunque e a chiunque. Insomma, non è esattamente un regista, Migjen Basha. Ma è quello che gli si avvicina di più, nella rosa del Bari, non foss’altro per la capacità di bilanciare pesi e contrappesi. Schermo davanti alla difesa, quasi a formare un vertice con i due centrali: un ombrello a loro protezione, come De Rossi nella Roma. E poi l’altro triangolo, quello da formare con le mezzali: quantità di serie, qualità quanto basta per farle andare, per assecondarne l’inserimento. Se ci sono gamba e fiato, pure qualche puntata sulla tre quarti avversaria. E tiro, senza farsi troppo pregare. Chiedete informazioni al Cittadella, bucato nella gara d’andata, di piede e anche di testa. Chissà se al preliminare andrà in onda una replica, a prescindere da dove si giochi. Ma ora che il gol è tornato ad essere materia d’attaccanti, Basha servirà sopratutto lì in mezzo. Dove sa farsi sentire, Migjen, soprattutto quando non c’è: cinque assenze, nel 2018, e due sconfitte del Bari, sulle ultime tre del ruolino. L’ultima volta in panchina, contro il Carpi, ci è rimasto solo perché in diffida, per ritornare in vista dei playoff. Dove in campo ci saranno Basha ad altri dieci, come fosse la prenotazione per un tavolo da imbadire. Deve aver pensato più o meno lo stesso, Gianni De Biasi, nel 2013, al rinnovo del contratto come commissario tecnico dell’Albania. Per alzare il tiro dopo un quinto posto nel girone di qualifi-
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cazione mondiale, non basta essere uno stimato allenatore della scuola italiana. C’è Euro 2016 all’orizzonte e bisogna ragionare da direttore sportivo, operare da ds. Pensare a chi di albanese non ha il passaporto ma ha ancora le radici. Puntare sull’amor proprio, prima che sull’amor di patria, sulla voglia di essere protagonista con la maglia del paese delle aquile. Tipi come Basha, nato a Losanna e rossocrociato fino all’under 21. Ma di genitori kosovari: «Lui è stato il primo “rinforzo” – ricorda De Biasi – Andai a trovarlo a Sappada, nel ritiro del Torino. Si rese subito disponibile, anche se poco convinto che la cosa andasse in porto. Aveva già giocato con la Svizzera, in nazionale giovanile, e non gli sembrava possibile ripartire con l’Albania». Scettico il giocatore, scettica persino la federazione. Ma De Biasi tira dritto, e con l’aiuto di un amico avvocato, la spunta: «Presentiamo ricorso, inserendo una formula inedita. E il Tas ci dà ragione. Basha è “nostro”. Dopo di lui, lo diventeranno Berisha, Mavraj, Xhaka. E tanti altri». Il nuovo corso è quello che scrive la storia, promuovendo l’Albania alla fase finale dell’Europeo, per la prima volta. Con Migjen punto fermo: «Era fra i quattro-cinque giocatori di spicco, uno dei più importanti – racconta il tecnico – Per la qualificazione dovemmo aspettare l’ultima
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VIA RE GG IO
LUCCH ESE
LOSANNA
2004-2006 2006 -2007 20 07 -20 08
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NEL MOMENTO CRUCIALE DELLA STAGIONE POTREBBE RAPPRESENTARE UNA OPPORTUNITÀ PER RESTARE IN BIANCOROSSO
E INON FROS
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O COM
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SQUADRE DI CLUB
BARI
partita, in Armenia. Loro fuori da tutto, noi a giocarci la vita. Vincemmo 3-0. Una squadra con la “esse” maiuscola, la nostra. Tutti pronti a dare il massimo, giocassero o meno. L’attaccamento a quella maglia restava sempre viscerale: c’era un orgoglio pazzesco, nell’indossarla». E non è detto che Basha non possa vestirla ancora, con l’attuale tecnico Christian Panucci: «È una fase di transizione – spiega De Biasi, in attesa di sedere sulla panchina di un’altra nazionale europea (“discretamente importante”, precisa) dopo il mondiale di Russia – Ora per l’Albania è periodo di amichevoli, utile a fare esperimenti e a valutare nuovi profili. Ma al momento delle qualificazioni, Migjen potrà tornare utile. È una certezza, un giocatore che il nuovo ct conosce personalmente». Il presente, però, si chiama Bari e Bari soltanto. Alla vigilia di un nuovo torneo di lunghezza variabile, da una a cinque partite. È in gioco la serie A, e lo sarà a ritmi alti, altissimi. Una partita ogni tre giorni, e ad una temperatura che è già
INI M I R
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IL TECNICO DE BIASI RICORDA COSÌ IL GIOCATORE ALBANESE: «MIGJEN È PERFETTAMENTE IN GRADO DI GESTIRSI A 31 ANNI, HA LA MATURITÀ GIUSTA PER DARE IL MEGLIO DI SÉ. UNO COME LUI È SEMPRE UN VALORE AGGIUNTO»
ATALANTA
TOR INO
LU CE RN A
quella di mezza estate. Difficile pensare a qualcuno che possa dare il cambio, al centrocampista con il numero 8 sulle spalle e la fascia al braccio: Basha è e resta infungibile. Soprattutto in un organico che offre una doppia possibilità in quasi tutte le zone del campo meno che nella sua, dove la concorrenza si è rivelata sempre troppo acerba o troppo compassata. Insomma, gli toccherà trottare e trottare ancora, senza sosta. Con l’auspicio che la sua tenuta regga per novanta minuti. Se non per centoventi. Non sempre è stato così, nella sua esperienza barese. Perplessità da fugare, secondo De Biasi: «Se non ha problemi particolari – ribadisce il tecnico trevigiano – Migjen è un giocatore generoso, ma perfettamente in grado di gestirsi. A 31 anni, ha la maturità giusta per dare il meglio di sé». Con il contratto in scadenza, un surplus di affidabilità nel momento cruciale della stagione potrebbe rappresentare un’opportunità per restare in biancorosso: «Nelle rose serve sempre un giusto mix di giovani e meno giovani – osserva De Biasi – E uno come lui è sempre un valore aggiunto. Ovvio però che l’ultima parola spetti all’allenatore, in base agli elementi a disposizione. Ma al di là del valore del calciatore, resta la stima per l’uomo. Ci messaggiamo spesso e volentieri, fra un incoraggiamento e un “in bocca al lupo”. Un rapporto intimo, il nostro. Senza grosse esternazioni e smancerie, ma autenticamente vero. Continui a essere la persona che ho conosciuto. Sempre».
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BR l’intervista
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andrea abodi
«ilsan nicola AVRà UNA
NUOVA VITA»
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Davide Lattanzi
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Se Andrea Abodi crede nel progetto Bari, allora io devo esserne convinto». L’investitura viene da Cosmo Antonio Giancaspro in persona. Già, il presidente biancorosso non lo ha mai nascosto: lo stadio San Nicola è un asset strategico irrinunciabile nel suo programma. Ma tra burocrazia, leggi in evoluzione e schermaglie politiche, la “grana” relativa all’astronave progettata da Renzo Piano si trascina ormai da una vita. Per dare una sferzata all’iter, l’imprenditore molfettese ha affidato le chiavi dello sviluppo a B Futura, la piattaforma che sostiene i club cadetti sulla realizzazione di nuove strutture e la ristrutturazione di impianti già esistenti. L’aspetto finanziario, invece, è coordinato dall’Istituto di credito sportivo che, per tali fattispecie, offre condizioni agevolate. Andrea Abodi è il comune denominatore delle due realtà: ex presidente di B Futura, ora è a capo dell’istituto di credito sportivo. E sul “nuovo” San Nicola, come ama definirlo, si è messo a lavoro “anima e cuore”. Perché nella sua brillante carriera da manager nel ramo delle infrastrutture (nonché nello sport: dal 2010 al 2017 ha condotto la Lega di serie B) avrà visto e valutato milioni di idee. Ma Bari…beh evidentemente è una “mission impossible” dal fascino irresistibile per uno che ama le sfide ad alto tasso di difficoltà. Ebbene, in attesa dei nuovi e decisivi confronti tra Comune e società sportiva, ecco come Abodi descrive lo stato dell’arte su uno degli stadi più belli, ma “complessi” del mondo. Andrea Abodi, lo sviluppo del progetto San Nicola si avvicina alla fase decisiva: è fiducioso in uno sviluppo positivo? «La fiducia è un ingrediente indispensabile, pur nei limiti della ragionevolezza, quando si vuole sviluppare un progetto infrastrutturale in Italia. In questo caso, sebbene si sia in presenza di oggettive difficoltà, mi sembra ci siano tutte le condizioni per un esito positivo dell’iniziativa. Naturalmente, oltre alla fiducia, servono determinazione, perseveranza, competenze e confronto. Tuttavia, sono convinto che questa sia la strada intrapresa per poter avere un nuovo San Nicola, denominazione alla quale bisogna portare estremo rispetto». Il Comune di Bari è favorevolmente impressionato dal progetto presentato di concerto da società biancorossa, B Futura e istituto del Credito sportivo: l’ente locale sembra pronto ad aprire l’iter per una concessione di lunga durata al club che, di fatto, darebbe il via al programma di ristrutturazione e riqualificazione: quanto la soddisfa aver contribuito a rendere proficuo un dialogo da sempre difficoltoso? «Il dialogo, insieme alla capacità di ascolto, rappresenta un fattore imprescindibile per portare avanti iniziative di questo tipo, per rispondere alle esigenze della comunità e dell’Ammnistrazione. Mi fa piacere poter dare un contributo in tal senso anche per il ruolo che ricopro nel Credito sportivo, una banca pubblica che ha il dovere di favorire lo sviluppo delle infrastrutture sportive e culturali italiane, anche attraverso un corretto modello di relazione e metodo di lavoro.
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Ma sarò soddisfatto solo se tutto questo impegno comune, del quale il presidente Giancaspro è “motore” indispensabile, porterà a realizzare la nuova casa del Bari e dei suoi tifosi, utile e funzionale al territorio». Siete in costante dialogo con l’entourage di Renzo Piano: ridiscutere alcuni punti sui vincoli architettonici potrebbe ottimizzare i costi e favorire l’opera? «Il confronto si è aperto da tempo, ma mi auguro che un incontro con Renzo Piano, che spero di poter avere a breve, possa consentire di condividere una nuova vita per il San Nicola per tener conto della sua fruibilità e funzionalità, di una gestione ottimizzata e sostenibile. Sarebbe affascinante poter immaginare il nuovo stadio disegnato ancora una volta da un’eccellenza italiana, qual è l’architetto Piano». Pensa che la realizzazione del nuovo San Nicola costituisca un’importante opportunità per la città di Bari e per investitori interessati al progetto? «Se non ne fossi convinto non avrei iniziato a seguire il progetto, prima come presidente di Lega e e di B Futura, e ora come Credito sportivo. Per me lo stadio è il cuore, ma il progetto darebbe nuova e più dignitosa vita a tutta l’area circostante e sono certo che sarà un’iniezione di fiducia per altro sviluppo in quel quadrante della città. Una crescita sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale e finanziario». Il presidente Giancaspro si è detto trascinato dalla sua determinazione. Che cosa la spinge a perseguire questo programma tra tante difficoltà? «Lo spirito è sempre lo stesso, a Bari e in ogni città nella quale emerga l’esigenza di migliorare le infrastrutture, per servire al meglio la domanda degli appassionati e degli investitori.
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«MI AUGURO DI AVERE TRA BREVE UN INCONTRO CON RENZO PIANO»
Nei prossimi cinque anni in Italia si apriranno almeno dieci cantieri dedicati a nuovi stadi, con investimenti che supereranno il miliardo e mezzo di euro, creando posti di lavoro e socialità. Un obiettivo affascinante per il quale vale la pena essere ferocemente determinati». Quanto le opportunità finanziarie garantite dal credito sportivo potranno agevolare la realizzazione di nuovi impianti o il restyling di stadi già esistenti? «Il contributo più rilevante del Credito sportivo mi auguro possa essere quello del modello e del metodo da adottare, perché questi sono presupposti che consentiranno una più facile finanziabilità delle opere. Sarà importante provare a non consumare nuovo territorio, arricchendo l’infrastruttura sportiva di servizi e opportunità dei quali il territorio ha bisogno. Il Credito sportivo che inizia una nuova fase dopo 74 mesi di Commissariamento, peraltro ben gestito, avrà anche questo compito, diventando velocemente molto di più di una semplice banca». Dopo tante “vite” ed esperienze diverse, qual è il sogno di Andrea Abodi? «Quello di fare bene il mio dovere, nel ruolo che in questo caso mi è stato affidato dal Governo. Ho sempre sognato di poter essere utile e concreto, in tutte le fasi della mia fortunata vita lavorativa e questa esperienza al vertice dell’unica banca pubblica del nostro Paese rappresenta il coronamento di un percorso. L’obiettivo è il bene comune e questo è ben chiaro non solo a me, ma anche agli altri 170 colleghi che lavorano ogni giorno, in tutta Italia per contribuire al miglioramento delle infrastrutture sportive e culturali. Tantopiù in questa fase delicata dell’Italia, nella quale il senso del dovere e dell’interesse generale deve avere il sopravvento sulle nostre cattive abitudini e attitudini».
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BR
il
AMARCORD
TONEATTO
IL SERGENTE DI FERRO I GIOCATORI CHIEDEVANO DI ESSERE CEDUTI PER NON ALLENARSI CON I SUOI METODI DURISSIMI Gianni Antonucci
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esta uno dei personaggi indimenticabili della storia ultracentenaria del Bari. Nella primavera del 1966 il club biancorosso, precipitato in C, non era riuscito a risalire. Il presidente Angelo De Palo si ritrovava solo e senza eccessive risorse. Era l’unico responsabile del Bari dopo lo scioglimento del consiglio. Al suo fianco soltanto Macario, Girone, Colosi ed Albanese, quale accompagnatore della squadra. Lauro Toneatto, il tecnico che aveva assistito alle partite di Salerno ed in casa contro l’Avellino, nato a Flambro, in provincia di Udine, il 21 gennaio 1933, definito “razza Piave”, diventava l’allenatore della squadra. Era stato segnalato da Oronzo Pugliese, di cui era stato l’allievo prediletto quando era ancora giocatore. A Bari, però, si chiedevano: «Chi è mai questo illustre sconosciuto?». A Vietri sul mare, in Campania, veniva firmato il compromesso col quale si legava al Bari. Dopo Bari-Avellino del torneo precedente, seduto di fianco al presidente De Palo, Lauro Toneatto era stato presentato ufficialmente alla stampa. Era rimasto impressionato dal pubblico, numeroso malgrado tutto. Poi, conosceva Peppino Cusmai, il capo del tifo barese, il quale lo avvertiva che “portava male” assistere alla partita con una gamba accavallata sull’altra; Toneatto obbediva: quel gesto forse influiva sulle fortune che avrebbe avuto a Bari. Con il presidente rinnovava subito la squadra, ricostruendo soprattutto il morale dell’ambiente facendo aggiungere al “razza Piave” l’etichetta, peraltro assegnatagli dai calciatori, di “sergente di ferro”. Il suo curriculum nel mondo del calcio era poco conosciuto. Si sapeva che era cresciuto nell’Empoli dove, nel 1953-54, esordiva in prima squadra, in serie C. Giocava terzino o centromediano, ruoli a lui congeniali non solo per la struttura fisica, ma per il temperamento da gladiatore. In un Bari-Empoli del 1954 “bisticciava” con Maestrelli e veniva espulso. All’Empoli rimaneva sino al 1955-56 per passare, poi, al Siena, sempre in C, avendo come maestro Oronzo Pugliese. Giovanissimo iniziava, invece, la carriera di allenatore, cominciando col Siena. Nella sua prima stagione biancorossa (1966-67) portava il Bari in serie B anche con l’aiuto dei gol di Mujesan, Cicogna, Galletti e le parate di Lonardi. Nella squadra riusciva a creare un ambiente familiare. Nonostante il carattere apparentemente “burbero”, si faceva voler bene da dirigenti, calciatori, tifosi. La Figc lo premiava il 15 giugno 1967 assegnandogli una medaglia d’oro quale migliore allenatore di serie C. Dopo la promozione il segretario Filippo Nitti gli diceva: «Lei oggi gioisce per gli applausi di questa folla. Ma stia attento, perché questa stessa folla domani, se le cose non andranno così bene, le si rivolterà contro, la fischierà, la insulterà». Il Bari era di nuovo in B. I caroselli di auto, il vociare festoso dei tifosi si spegnevano lentamente. Il Bari aveva vinto da campione, sia pure in serie
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LA SQUADRA DEL 1966-67
Da sinistra, in piedi, il medico sociale Nerini, Lonardi, Mujesan, Armellini, Galletti, Loseto, Correnti e l’allenatore Toneatto in ginocchio De Nardi, Carrano, Marino, Gambi, Cicogna
C, distanziando di 7 punti la seconda (l’Avellino), di 10 la terza (il Taranto), ottenendo 17 vittorie, 14 pareggi, e subendo soltanto 3 sconfitte (Crotone, Pescara e Cosenza, quest’ultima a promozione già ottenuta), conservando l’imbattibilità del proprio campo e con soli 14 gol subìti (meno di mezzo gol a partita). L’anno successivo (1967-68) in B il club sfiorava la clamorosa promozione in A, che otteneva dodici mesi dopo fra trionfi e battimani. Nel giorno della gran festa, però, Toneatto annunciava di cambiare squadra per impegni precedentemente assunti. I giocatori premevano affinché rimanesse, dichiarando di volersi addirittura “autotassare”. Toneatto, invece, voleva solo rispettare un impegno già preso. Ritornava, però, un anno dopo, ma faceva i conti con i maledetti spareggi di fine giugno 1971 e con l’età della squadra, ormai non più giovane. Andava via a Foggia, che portava subito in A. Poi tutta una serie di panchine diverse. L’etichetta di “sergente di ferro” gli era stata data per la sua severità negli allenamenti. Erano così “faticosi” che molti calciatori avevano chiesto alla società di essere ceduti per non sottostare a quelle “estenuanti” sedute che sfiancavano l’atleta. Notevole il suo impegno nel valorizzare molti giovani calciatori fra i quali Pasquale Loseto, barese verace, Galletti, Zignoli, De Nardi (diventato uomo di fascia) e soprattutto Mujesan. E proprio Mujesan movimentava il mercato dell’estate 1968 passando al Bologna per 45 milioni contanti e sei calciatori: Fara, Spalazzi, Galli, Tonoli, Tentorio, Paganini. Veniva così dimenticata la “pesantissima” sconfitta in casa del 16 giugno 1968 contro il Verona di Liedholm dopo una lunga ed estenuante rimonta che aveva aperto la speranza ad una nuova ed importante (oltre che clamorosa) promozione in A. Bastava vincere l’ultima partita interna contro il Verona, dietro al Bari di un solo punto. La squadra, comunque, dopo
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ALLIEVO DI ORONZO PUGLIESE SI IMPEGNÒ NEL VALORIZZARE MOLTI GIOVANI TRA I QUALI PASQUALE LOSETO E MUJESAN
quel “recupero” incredibile, era ormai “cotta”. La maggior parte dei giocatori si sosteneva con le flebo. Muccini era diventato irriconoscibile. Eppure tutti si concentravano per la partitissima col Verona. Lo stadio era pieno come un uovo, vociante come una festa paesana. Il Bari partiva come una furia. Il Verona si trovava subito a mal partito e, ancor prima che se ne accorgesse, subiva il gol di Galletti. Sulle ali dell’entusiasmo, i baresi continuavano ad aggredire, a galoppare verso la porta avversaria, a cercare il gol con caparbietà, con rabbia, e una voglia matta di farla finita subito. Ma una, due, tre, quattro, cinque volte i biancorossi sbagliavano facili occasioni. Sulle gradinate sembrava d’essere a Piedigrotta. Una grandissima “A” fatta di fuoco e fiamme bruciava in alto, e sollevava al cielo dense colonne di fumo, mentre tutt’intorno era un applauso, un suono solo di tamburelli, trombe, tric-trac, sirene che ululavano, tifosi che impazzivano. Poi, il primo fattaccio: Casisa, Muccini, un’indecisione, un gesto mal interpretato, il pallone agli avversari e, infine, alle spalle di Miniussi. Lo stadio diventava di ghiaccio. Ammutoliva d’un colpo. Una sensazione tremenda, di disfacimento. Il pareggio poteva bastare. Il Verona, invece, trovava il pallone del secondo gol, quello del kappaò. C’era il tempo per raddrizzare la situazione, ma non c’erano la calma, la determinazione, le idee. Si attaccava nervosamente, disperatamente. Ed era la disfatta! Dodici mesi dopo, il riscatto con la promozione in A dopo l’ultima partita giocata a Monza alla presenza di un esercito di tifosi baresi. Si tornava in serie A, ma senza Toneatto già in precedenza impegnato con un altro club. Tornava al Bari nel 1970 portando la squadra agli spareggi per la A (Bologna e Napoli) contro Atalanta e Catanzaro e mancata per alcuni episodi dubbi e altri non “regolari”. Anni dopo partecipava alla cerimonia dei 100 anni del club biancorosso, festeggiato da tutti.
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i biancorossi protagonisti dei playofff
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In quattordici li hanno già giocati in cinque li hanno vinti: Oikonomou, Morleo, Improta e Kozak, oltre a Cissè la scorsa stagione In gol fra i cadetti Nenè e Floro Flores
improta
Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi
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ezzo Bari è già salito sulla giostra dei playoff. Ben 14 calciatori biancorossi hanno disputato gare valide per spareggi promozione, tra serie B, C e accesso alla coppe europee. E in cinque hanno centrato l’impresa che proprio i biancorossi inseguiranno in questo finale di torneo: conquistare la serie A attraverso l’ambita coda della stagione. Se l’esperienza conta qualcosa, quindi, Fabio Grosso ha a disposizione molti elementi che non tremeranno nel momento più delicato. Qualcuno infonderà al gruppo lo spirito vincente, altri cercheranno riscatto da trascorsi negativi. Si sia vinto o perso, presentarsi a gare
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simili dopo averle già affrontate in carriera, può risultare davvero importante, se non decisivo. Non solo. Il tecnico biancorosso ha a disposizione calciatori giù passati dai playoff in ogni ruolo. A cominciare dai portieri. Alessandro Micai era in porta al San Nicola in occasione del beffardo 3-4 subito nel turno preliminare dal Novara due anni fa, nel maggio 2016. Così come Alessandro Berardi era riserva della Salernitana che, in Lega Pro, nel 2013-14 si arrampicò fino ai quarti di finale. L’anno in cui, al piano superiore, fra i cadetti, si consumava la “meravigliosa stagione fallimentare”, per il Bari, con Stefano Sabelli e
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floro flores
nené kozak Cristian Galano come unici superstiti. Entrambi erano in campo sia a Crotone (nel turno preliminare che i ragazzi di Alberti e Zavettieri dominarono 3-0), sia nella drammatica semifinale con il Latina (doppio 2-2 tra clamorosi errori arbitrali ed eliminazione per la peggior posizione in classifica rispetto ai pontini): tre presenze e ben due reti per Galano, un assist per il terzino di scuola Roma. Il Robben di Puglia ed il numero 2 avranno senz’altro il fuoco dentro, pur di riscattare quella beffa atroce. E poi c’è chi i playoff li ha giocati con la stessa maglia ma in due diverse categorie: è il caso di Salvatore D’Elia, che con il Vicenza ha provato il salto in alto sia in serie C, sia in B, arenandosi però prima della finale. Esperienza addirittura transazionale per Marios Oikonomou, autentico specialista della materia che ha “studiato” fin dai trascorsi in Grecia: con il Pas Giannina tentò l’assalto addirittura alla Champions League. In Italia, invece, ha vinto gli spareggi per la A con il Bologna, giocando da protagonista sia le semifinali contro l’Avellino, sia le finali, opposto al Pescara. Compagno del greco nella difesa felsinea era Archimede Morleo, anche lui sempre in campo nelle sfide decisive. E con loro, c’era Riccardo Improta: un grave infortunio condizionò la stagione della punta campana che non scese in campo nella fase cruciale della stagione. In Scozia, ci ha provato Liam Henderson, con la maglia dell’Hibernian: il cammino si arrestò in semifinale, ma il centrocampista trovò il tempo di segnare una rete. Il buon esempio può darlo invece Karamoko Cissè. Una eliminazione ai
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il riccioluto iocolano lotterà per la promozione per il quarto anno di fila sarà questo l’anno buono?
rigori (malgrado la doppietta contro la Cremonese) ai tempi dell’Albinoleffe è stata ampiamente ripagata dall’escalation dello scorso anno con il Benevento: la punta guineana fu utilizzata sia in semifinale, sia nelle due finali, contro il Carpi. Un colpaccio riuscito pure a Libor Kozak: attenzione, perché l’ariete ceco, con la maglia del Brescia nel 2009, eliminò proprio il Cittadella in semifinale, per poi ripetersi in finale contro il Torino. Spulciando il ruolino di ciascuno, la milizia più longeva ai playoff, tocca però a Simone Iocolano. Il riccioluto centrocampista lotterà per la promozione per il quarto anno di fila: due avventure con il Bassano, una con l’Alessandria nei tre precedenti. Sia nel 2016, sia nel 2017 è arrivato in finale, ma gli strozzarono l’urlo in gola il Como prima e il Parma poi: il 2018 sarà l’anno della vendetta? Non è arrivato in fondo ma ha fatto puntualmente gli straordinari, il brasiliano Nenè, che nel triennio allo Spezia è puntualmente arrivato a giocarsi la massima serie. Con i liguri si è arreso due volte al preliminare ed una in semifinale, ma lo scorso anno ha segnato una rete iscrivendo il suo nome tra i marcatori dei playoff di B. In una rassegna del genere, non poteva mancare Antonio Floro Flores. Il bomber napoletano ha sfiorato la promozione nel 2005, a Perugia, risultando addirittura decisivo per superare il Treviso in semifinale, con una doppietta al ritorno. Prima di arrendersi in finale con il Torino, ai tempi supplementari. Anche lui ha una gran sete di vendetta. In fondo, non ha mai perso occasione di ricordare di essere a Bari per riprendersi la serie A.
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