Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno I numero 2 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano
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O BIANC ROSSO
periodico di informazione sportiva de
KOZAC
BENTORNATO
BR L’EDITORIALE
il
di Gaetano Campione
CONTRO LE DELUSIONI
CUORE E DETERMINAZIONE R
iannodare il filo della memoria dopo 110 anni non è facile. Devi partire dal luogo dove tutto è cominciato, in via Roberto da Bari, per ritrovare l’anima della storia biancorossa e per provare a immaginare l’odore e la luce di quella lampada a petrolio attorno alla quale si radunarono i 13 personaggi che la sera di venerdì 15 gennaio 1908, diedero vita al Bari Foot ball club. In barba ai proverbi e alle credenze popolari: “Né di Venere né di Marte ci si sposa né si parte”. Solo quattro i baresi. Gli altri amici? Tutti di fuori. Perché San Nicola è sempre stato il patrono dei forestieri. La città di Bari accolse l’arrivo del primo club calcistico distratta come sempre, quando c’è da pagare qualcosa. Lo Statuto prevedeva Soci onorari, attivi, temporanei, contribuenti e allievi con tassa d’ammissione e rata mensile da 2 lire a 50 centesimi. I colori sociali? Granata e bianco. E prima di arrivare agli attuali bianco e rosso, la storia calcistica del capoluogo pugliese passò attraverso il bianco e blu del Liberty e il nero e verde dell’Ideale. Oggi tutto questo fa parte del c’era una volta, ma l’odore e la luce di quella lampada a petrolio sono parte del midollo della città. Finalmente c’è una targa a indicare lo storico locale dove tutto ebbe inizio. La città, svogliata, incerta e apatica, ha sempre preferito dimenticare in fretta. Come se avesse paura di ricorda-
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re. Il tempo che consuma e deteriora ha fatto il resto. Di storia visibile purtroppo c’è ben poco. Eppure, ogni ogni volta che la Bari scende in campo la stessa città si accende. Dopo 110 anni di storia, il pallone biancorosso ha imboccato la strada di un lento declino, caratterizzato da una grandezza destinata a rimanere tale solo nell’immaginario collettivo dei tifosi. Da sette anni siamo estromessi dal palcoscenico dalla serie A, spediti nel Purgatorio calcistico dalla maledizione del calcio scommesse. Eppure oggi il confine tra illusione e realtà, purtroppo, è ben definito. La globalizzazione ha trasformato l’industria del pallone nel supermarket di magnati e oligarchi. Vince chi spende tanto e bene. I baresi dicono, con il realismo che li contraddistingue: “Mangi per come spendi”. E 110 anni dopo siamo tutti a dieta. I tifosi ne hanno viste troppe per concedersi il lusso dell’entusiasmo. Sono prudenti, cauti, giudiziosi: cambia-
li in bianco non si firmano più in un contesto così ricco di storia. E allora, lo scatto in avanti col Frosinone è quello giusto? Forse. Speriamo. Gli esami del Bari non finiscono mai. La trasferta di Cremona, infatti, non è una delle tante del calendario. Arriva in un momento del campionato critico, in quanto ora la squadra deve misurarsi con i suoi confini, con la sua voglia e la sua capacità di volare alto. Insomma, deve farci capire che cosa vuol fare da grande. La posizione in classifica e il calcolo delle probabilità rappresentano, per ora, le uniche due certezze. Nonostante il distacco dalla testa della classifica, la promozione diretta è ancora possibile. Lo raccontano i numeri. A patto che si voglia centrare l’obiettivo tutti insieme. Con il Frosinone il Bari ha emozionato per cuore e determinazione. In serie B queste sono caratteristiche importanti che possono fare la differenza sulla lunga distanza. Sotto il profilo del gioco e dell’incisività è apparso, forse, scolastico e con poche idee. Ma per normalizzare un ambiente diventato rovente alla vigilia della partita, non serviva strafare o inventare chissà cosa. L’importante è che l’impegno in questa direzione sia ribadito sul campo. Cremona può dimostrare come col Frosinone lo scatto in avanti sia stato quello giusto. Solo così il resto diventerà una piacevole conseguenza.
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BR SOMMARIO
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IOCOLANO
il Biancorosso Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81
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ANDERSSON
SASSANELLI
Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Michele De Feudis Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Nicola Lavacca Fabrizio Nitti Pierpaolo Paterno Antonello Raimondo Vincenzo Torrente Tiziano Tridente Fotografie Luca Turi Donato Fasano A. Scuro Ricciolo Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci Progetto grafico Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)
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TORRENTE
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PERRONE MITROPA CUP
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BR B R IL PERSONAGGIO
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IOCOLANO A CUORE
APERTO
HA FATTO SUBITO SIMPATIA CON QUEI CAPELLI LUNGHI E RICCI CHE UN PO’ LO ACCUMUNANO AL BRASILIANO MARCELO CAMPIONE DEL REAL MADRID SIMONE IOCOLANO INVECE, VIENE DALLA DURA GAVETTA. NATO A TORINO IL 17 OTTOBRE 1989 SOLO A 28 ANNI È APPRODATO IN SERIE B IL NUMERO 23 DEL BARI GIOCA COSÌ IL “SUO” BURRACO RACCONTANDOSI DENTRO E SOPRATTUTTO FUORI DAL CAMPO
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LE ORIGINI
Davide Lattanzi Quando ero piccolo, si usava sempre giocare in cortile. Sono di Rivoli, vicino Torino, ed ogni pomeriggio con i miei amici inseguivamo un pallone. La mia passione si è sviluppata così, pur non nascendo in una famiglia di fanatici per il calcio. La sera non mi ritiravo a casa se non ero esausto e “sporchissimo”, ma giocare mi dava felicità e ha contribuito a formare il mio carattere solare. Quando a 16 anni fui aggregato alla prima squadra dell’Ivrea, in serie C, capii che un semplice sogno poteva avverarsi e comunicai in famiglia che volevo fare il calciatore. Devo dire che mi hanno sempre sostenuto con grande entusiasmo ed oggi mia mamma è persino più informata di me. E’ una fortuna essere assecondati nelle proprie inclinazioni. Ho due sorelle: la più piccola ha 17 anni, si è appassionata al ballo e gareggia a livello nazionale. Così, i miei si dividono un po’ per seguire gli impegni miei e suoi, ma sono felice quando sono con lei perché ha, rispetto a me, ha maggior bisogno della loro presenza.
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IL POZZETTO
IL JOLLY Due persone mi hanno cambiato la vita ed entrambi sono allenatori. Il primo è Osvaldo Jaconi che proprio all’Ivrea mi lanciò nel calcio “vero” dandomi una chance irripetibile. L’altro è Mario Petrone: ero al Bassano ed un giorno mi chiamò in privato per farmi un discorso. Mi disse di scegliere: o concentrare tutti i miei sforzi sul calcio, oppure trovarmi subito un lavoro. Fu la “scossa”: da allora, LA PERSONA ogni impegno professionale ha DETERMINANTE la precedenza sul resto.
CANASTA
IL MONTE DEGLI SCARTI C’è stato un periodo terribile, ma non voglio dimenticarlo. A Bassano mi successe di vivere una stagione tribolata IL MOMENTO per via di DIFFICILE diversi infortuni. Ebbene, l’anno dopo mi ritrovai fuori rosa, senza un apparente motivo. Passai cinque mesi d’inferno: soffrii moltissimo e mi sentivo un fallito. Per fortuna, ebbi una nuova occasione. Promisi a me stesso che avrei trasformato quella rabbia in energia per non abbassare più L’AMORE la guardia. E penso di aver vinto la mia scommessa.
GLI HOBBY LE PASSIONI I RIFERIMENTI
Ho riferimenti ben saldi. Non sono un tipo da play station, piuttosto mi rilassa ascoltare la musica scegliendo la canzone più adatta alle varie situazioni. Diciamo che le mie risorse, la mia energia è la famiglia. Le persone che ti vogliono bene sono le uniche in grado davvero di ricaricarti.
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Scelgo tre immagini. La firma con il Bari, innanzitutto. Perché in quel frangente realizzai che stavo approdando in una grande piazza ed in una categoria che avevo inseguito invano da tanto tempo. Fu un po’ come una nuova realizzazione professionale. Poi un quarto di finale play off: giocavo nel Bassano contro la Juve Stabia e l’accesso in semifinale si decise ai rigori. Io segnai il penalty decisivo e improvvisamente vidi un’intera città impazzire di gioia. Infine una rete su punizione con la maglia dell’Alessandria contro la Cremonese in una sfida sentitissima dalla tifoseria. Esultai aggrappandomi alla rete dove erano assiepati i nostri supporter: quella gioia fu immortalata in una foto che ho trasformato in un poster a cui sono legatissimo.
IL GIORNO INDIMENTICABILE
LA PINELLA Io e la mia fidanzata siamo insieme da 12 anni: lei pure è torinese, di Collegno. In pratica, la nostra storia è cominciata quando eravamo poco più che bambini. Però sono stato sette anni lontano da casa, quando giocavo a Bassano ed anche quando mi avvicinai con il trasferimento all’Alessandria non eravamo proprio conviventi. E allora, ho preso l’iniziativa e, venendo al Bari, l’ho voluta al mio fianco in questa grande avventura. Era il momento di diventare “grandi” anche nel nostro rapporto. Siamo felici qui. È vero: noi del Nord siamo un po’ freddi e forse poco abituati al calore che si respira al Sud. Ma a Bari sto conoscendo gente che ha un cuore immenso ed ora posso davvero dire di sentirmi a casa.
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2005 PUNTI VITTORIA Il mio sogno è la serie A. Non ho mai smesso di pensarci e certo non lo farò adesso. A gennaio talvolta vedevo il mio nome accostato ai possibili partenti: avendo giocato in Coppa Italia con l’Alessandria, per regolamento avrei solo potuto tornare là e non andare in altre squadre. Ma non ci ho mai pensato: avrei visto questo passo IL SOGNO indietro come un fallimento. Non gioco sempre e sono il primo ad arrabbiarmi quando resto fuori. A volte NEL CASSETTO l’”incazzatura” mi resta addosso anche un paio di giorni. Ma poi torno nello spogliatoio e vedo che stringono i denti anche molti altri miei compagni con carriere d’alto profilo. Siamo in tanti, ma la forza di un gruppo che vuole vincere è remare sempre nella stessa direzione e farsi trovare pronti alla chiamata. E allora, riparto più forte di prima. Per dimostrare a mister Grosso che quando avrà di nuovo bisogno di me, darò tutto per essere utile alla causa e ambire fino in fondo ad un magico traguardo…
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BR COSA FANNO
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KENNET
L’ALTRO GEMELLO DEL GOL
IN COPPIA CON PROTTI REALIZZÒ 36 RETI 12 LE SUE IL GOL PIÙ BELLO? UN PALLONETTO AL VOLO ALLA FIORENTINA: IN PORTA C’ERA TOLDO
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Filippo Luigi Fasano
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Uno a zero in casa, zero a zero in trasferta. Più che un pronostico, era una speranza. Però alla fine ci ho preso, anche se mi dispiace per l’Italia». Quasi si schernisce, Kennet Andersson, ripensando allo spareggio che ha negato agli azzurri la qualificazione al Mondiale di Russia. Non succedeva dall’ediztione 1958, quella che la Svezia padrone di casa avrebbe onorato sino alla finale, persa contro il Brasile di un giovanissimo Pelé. Per rivederla sul podio, si sarebbe dovuto attendere Usa ‘94: scandinavi terzi e Andersson vice capocannoniere con 5 reti, a braccetto con Roberto Baggio. L’estate dopo Regalia lo avrebbe portato a Bari, per far coppia con Protti. Gemelli diversi, in un tandem bello e dannato: 12 gol Kennet, addirittura 24 Igor, laureatosi re dei bomber mentre i biancorossi scivolavano in B. «Stagione strana – ricorda in un italiano ancora invidiabile il centravantone di Eskilstuna, 50 anni ad ottobre ed un presente nella dirigenza dell’IFK Goteborg, la società che lo ha lanciato in Europa da calciatore – Retrocedere non è mai bello. Ma il bilancio personale è stato abbastanza buono. Il primo anno nel campionato più bello del mondo: ho imparato l’italiano, ho visto come funziona il vostro paese». Lei altissimo e possente, Protti rapido ed esplosivo. Non poteva che essere intesa a prima vista. «Con Igor c’è stato un rapporto davvero speciale. In allenamento come negli spogliatoi, prima della partita. E soprattutto sul campo: insieme abbiamo fatto davvero tanti gol». Con chi altri ha legato? «Un po’ con tutti. Con Ingesson ovviamente, ma anche con Abel Xavier. E con Gegé (Gerson, ndr). È tornato a vivere a Bari? Mi fa piacere. L’anno scorso ho rivisto Gautieri. All’inizio pensavo che sarebbe stata dura ma il gruppo mi ha aiutato molto ad inserirmi in una realtà nuova, rendendomi tutto più facile». Il gol più bello? «Un pallonetto al volo, alla Fiorentina. Su assist, manco a dirlo, di Igor. In porta c’era Toldo». È vero che anche i suoi figli giocano a calcio? «Sì, in una piccola società. Liam ha 15 anni e gioca a centrocampo. Come sua sorella, Stella, che ne ha 19 ed è nata a Bologna: il calcio femminile è molto praticato, in Svezia. Un futuro nel pallone anche per loro? Non ci penso. A me interessa solo che stiano bene». Purtroppo Ingesson ci ha lasciato troppo presto. Sente spesso la sua famiglia? «Sua moglie, Veronica, verrà a trovarci fra qualche mese. I ragazzi stanno crescendo: David va ancora a scuola, Martin lavora. Stanno bene». Mandi una cartolina a Bari. «Mi auguro di vedere tante belle partite al San Nicola, con la squadra in serie A. Sarebbe bellissimo. E un grazie a tutti per quell’anno in biancorosso, che è stato davvero importante per me».
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BR L’INTERVISTA
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PAOLO SASSANELLI
IL BARI MI TRASFORMA
DIVENTO INCONTENIBILE
PAOLO SASSANELLI-
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Michele De Feudis
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Ai miei amici romani, con cui gioco a calcio due volte alla settimana, spesso riservo appellativi baresi. Uno lo chiamo “Tavarilli fa fueck” come il nostro amato Vincenzo…». Paolo Sassanelli, attore barese e volto cult di serie tv come “Classe di ferro”, “Un medico in famiglia”, “Il maresciallo Rocca” e “L’ispettore Coliandro”, protagonista al cinema del film “Lacapagira” di Alessandro Piva nonché premiato con il Nastro d’argento per l’interpretazione in “Song’e Napule”, è un tifoso appassionato del Bari e alla Gazzetta racconta la sua passione – senza freni – per il pallone e per i biancorossi. Sassanelli, classe 1958, non ha ancora appeso le scarpe da calcio al chiodo? «Non scherziamo. A sessant’anni continuo a giocare a calcio, due volte alla settimana». A calcetto? «Non ha ancora inquadrato il mio amore per questo sport… Gioco l’undici e undici con la maglia della Nazionale attori. Con me scendono in campo Enzo Decaro, Marco Risi, Daniele Pecci, Luca Zingaretti, il regista Matteo Garrone». Con il Bari “come siamo messi”? «Sono frequenti le litigate con mia moglie, perché reputa eccessiva la mia partecipazione emotiva durante la gare del Bari, che seguo in tv». Ha provato a spiegarle il tifo per i biancorossi? «È tedesca, non ge la fasch… Durante la partita dei playoff Latina-Bari, quella della squadra di Roberto Alberti e Nunzio Zavettieri, ha provato a mettersi davanti allo schermo, non immaginando i rischi che correva…». Quando è nato l’amore per i galletti? «Fin da piccolo andavo al Della Vittoria con mio padre e poi con gli amici, i compagni di sofferenze. Le partite iniziavano alle due e mezza, non c’erano posticipi e anticipi. Ci bestemmiava mia madre, si saltava il pranzo della domenica». Che ricordi ha conservato? «Non c’erano i tornelli né la tessera del tifoso. Accatv’ u biglietti e trasiv… Il tagliando si prendeva alla biglietteria dopo una lunga fila o dai bagarini. Altri tempi, ma il divertimento era assicurato». Perché? «Ci affezionavamo a giocatori magari poco talentuosi, ma che davano l’anima in campo. Penso a Francesco Cuccovillo. Gridavamo Fuscfusc Cuccovillo. In area sveniva e spesso conquistavano un meritato rigore. Avevamo anche giocatori di valore, come Angelo Frappampina, che poi andò al Napoli». La squadra allenata da Fabio Grosso le piace? «Bene la vittoria con il Frosinone, ma nelle altre due partite precedenti mi ha fatto disperare. Il tecnico non aveva messo bene in campo i ragazzi. Come allenatore è valido, speriamo continui a far bene». Lei vive a Roma. Ha un clan biancorosso con cui segue le partite?
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«UNA STORIA DA FILM? QUELLA DI CASSANO TORNIAMO AL DELLA VITTORIA: UN CATINO INFUOCATO CHE CI PORTEREBBE IN EUROPA DOVE MERITIAMO DI ANDARE PRIMA O POI»
«Sì, ci vediamo con un gruppetto di barese. Ci sono il giornalista di Repubblica Daniele Vulpi e l’amico Sabino Martiradonna. Io sto a Testaccio e Vulpi sta nell’Appio Latino. Da un po’ non riusciamo a riunirci, ma i playoff li vedremo per forza insieme. Tifando senza freni». Segue la squadra in trasferta? «Sì, i prossimi playoff li voglio seguire dal vivo». Con gli ultras? «Meglio di no, perdo la ragione quando è in campo il Bari. Seguo con aplomb inglese il Milan, club per cui simpatizzo. Ma il Bari mi trasforma, divento incontenibile». Per arrivare ai playoff bisogna conquistare ancora tanti punti… «Sono sorpreso finora che gente come Floro Flores o Brienza non stia facendo abbastanza la differenza. Possono fare molto di più». La piazza sportiva barese? «È esigente, mette molta pressione ai giocatori, come a Roma». Lo stadio San Nicola cosa le fa venire in mente? «Questo pensiero: andrebbe buttato giù. Il calcio è cambiato: torniamo al Della Vittoria, nel centro della città. Da quello stadio si potrebbe tirar fuori uno stadio cittadino-gioiello, funzionale. Un catino infuocato che ci porterebbe in Europa. Dove meritiamo di andare, prima o poi». Cosa manca per decollare? «Il Bari ha la forza emotiva e i tifosi per ritagliarsi uno spazio in Europa. La società deve però essere all’avanguardia. Bisogna seguire il modello Juventus, insuperabile sul piano dell’organizzazione. Se hai uno stadio di proprietà e una società forte, tutto diventa più facile». C’è un calciatore del Bari che ha una storia da film? «Antonio Cassano: abbiamo avuto un fenomeno nazionale, doveva essere una stella internazionale. Ventenne a Roma o Madrid ha perso di vista la realtà. Senza gli indirizzi di qualche persona saggia, si può sbandare. Poi sarebbe bello portare sul grande schermo anche Mario Fara, il giocatore biancorosso con la panza e tantissimo talento. Un personaggio cinematograficamente affascinante…». C’è qualche pellicola sul calcio che l’ha colpita? «Il pallone è uno sport poco cinematografico, al contrario del baseball che si presta alle riprese per i tempi e le forme. Il calcio, per apprezzarlo, devi avere una inquadratura larga… Non è facile girare un film sul calcio. Gli americani ci hanno provato ma con risultati non entusiasmanti. Poi certo, “Febbre a 90°” è un must. Mi piace anche “Il mio nome è Eric”, girato da Ken Loach con Eric Cantona come attore…». Il suo ultimo progetto? «Sarò regista di un film sul baseball: una storia ambientata a Milano. Un gruppo di ragazzini della periferia meneghina si ritroverà dopo quarant’anni e replicherà una partita particolare. Una rivincita da vedere, con tante sfumature e colpi di scena».
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BR COME ERAVAMO
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IO, CARLETTO SONO ANCORA
UNO DI VOI PERRONE: «HO FIDUCIA IN GROSSO A PATTO CHE LA SQUADRA TROVI CONTINUITÀ»
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Antonello Raimondo
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Lode a te, Carlo Perrone». I tifosi cantavano così quando I quel piccoletto arrivato dal CamL pobasso, ma padovano di nascita, PO M E li deliziava con le sue giocate da A 80 mille e una notte. Un rapporto Z 9 N 1 VICE 9intensissimo quello che ancoR 7 L 3 19 8 9 ra oggi lega Carletto a Bari e al 1 1980 Bari. Una scintilla scattata quasi SQUADRE 1983-1984 TRIESTINA subito, un «amore» cresciuto col DI CLUB tempo fino a diventare la clas1984 -198 sica cosa per sempre. Quella che 19 7 87 CAM nemmeno gli anni che scivolano -1 POB 99 ASSO 0 via inesorabili potranno mai «ingiallire» come i libri dimentiBA RI cati in uno scaffale di casa. Buongiorno, Perrone. Quando si parla di calcio, a Bari, c’è sempre spazio per uno come lei. «Guardi, il calore di quella città lo sento ancora oggi sulla pelle. Nessuno può toccarmi Bari. Punto». Provi a spiegare. «Con la maglia biancorossa ho esordito in serie A. Con quei colori ho giocato partite bellissime e vinto tanto. Compresa la Mitropa Cup. Ma c›è molto altro...». Oltre il campo, insomma. «Esattamente. Ho subito sentito la maglia come un qualcosa di mio. Dai baresi ho ricevuto un affetto incredibile. Anche nei mesi dell’infortunio, un periodo tristissimo». Lei ha conosciuto Catuzzi, un’altra istituzione da queste parti. «Enrico era vent’anni avanti. Per metodi di allenamento e capacità di pensare il calcio. E poi grande uomo, davvero». Quindi, l’«abbraccio» con Salvemini. «Profilo diverso. Lui era un mister più classico. Ma bravo e capace». E tanti compagni bravi. 90
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«E sì, molto bravi. Penso a Maiellaro, che fenomeno. Era bello giocare con lui». Eppure si parlava di voi come “nemici”. Della serie, Perrone o Maiellaro. «Chiacchiere. Almeno per me. Con Pietro mai alcun problema. E poi è un dualismo che non poteva esistere. In tutte le squadre dovrebbero esserci due come noi. Altro che. Forse qualcuno si divertiva alle nostre spalle...». Ha ancora rapporti con qualcuno dei suoi vecchi compagni? «Con Fabio Lupo, attuale direttore sportivo del Palermo. E ogni volta che torno a Bari è sempre un piacere abbracciare i baresi. Penso a Giovanni Loseto e Giorgio De Trizio, due grandissimi. E anche ad Angelo Terracenere, gente di ferro». Che idea si è fatto del Bari di oggi? «Ha tutto per essere competitivo. Purtroppo non l’ho visto spesso. Alleno nell’Eccellenza veneta e di sabato sono in giro a vedere partite. Ma ho fiducia in Grosso. A patto che la squadra trovi continuità. In B è tutto». Il calcio italiano, intanto, è in ginocchio. «Bisogna tornare a curare la base. Oggi i bambini giocano due-tre ore a settimana e poi solo tv, playstation e telefonini. Io e Maiellaro ne abbiamo fatti di danni nei cortili e per strada. Altri tempi, altri campioni, altri risultati». Sarri o Allegri? «Facile dire Sarri. Ma ci vuole coraggio a contestare Allegri, un fenomeno nella gestione del gruppo. Max è uno che sa cambiare e che tiene tutti sulla corda. Maurizio punta solo su 12-13 calciatori. Ed è un limite. Penso agli infortuni e ai tanti calciatori che rifiutano il Napoli per timore di non giocare più». Perrone, è stato un piacere. «A chi lo dice? Forza Bari, sempre. Un pezzo di cuore, una storia incancellabile, un’emozione continua. Lo scriva, lo dica ai baresi che Carletto è ancora uno di voi».
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BR L’ESPERTO
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BARI
CON LA CREMONESE FAI SCOCCARE LA SCINTILLA REINSERIRSI NELLA LOTTA PER LA PROMOZIONE DIRETTA NON SAREBBE IMPOSSIBILE Vincenzo Torrente
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Chi è Vincenzo Torrente è nato a Cetara il 12 febbraio 1966. Ex difensore, dopo gli inizi tra Cetarese e Nocerina, diventa una bandiera del Genoa: nel club ligure milita per 15 stagioni (dal 1985 al 2000) indossando anche la fascia da capitano. La sua carriera agonistica si conclude nel 2001, ad Alessandria. Immediatamente intraprende il percorso da tecnico, trascorrendo ben sette anni nel settore giovanile del Genoa e vincendo un torneo di Viareggio. Quindi, diventa l’eroe del miracolo Gubbio, condotto dalla serie D alla B. Approda poi al Bari ottenendo due salvezze (2012 e 2013) malgrado le ingenti penalizzazioni (sei punti il primo anno, sette il secondo). In seguito guida Cremonese, Salernitana e Vicenza.
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Non sarà decisiva». È una frase che usiamo spesso noi allenatori quando il cammino in campionato è ancora lungo. Tuttavia, non si può negare che Cremonese-Bari sia una partita diversa dalle altre. Non solo perché si tratta di uno scontro diretto tra due formazioni che si trovano in piena zona playoff. Ma soprattutto per le prospettive che potrebbero derivare a chi si assicurerà la vittoria. Sulla carta, il Bari è più attrezzato. Per abbondanza di elementi ad alto livello, la rosa biancorossa è tra le più imponenti della categoria, senza nulla da invidiare alle tre big Palermo, Frosinone ed Empoli. Quante altre compagini possono permettersi di mandare in panchina gente come Galano, Improta, Brienza, Floro Flores, Diakitè o Oikonomou contando su alternative di pari valore? La Cremonese, dal canto suo, sta raccogliendo i frutti di un programma da tempo avviato dalla società. Il cavalier Arvedi investe ormai da molte stagioni e non considera la serie B un approdo finale. L’ambizione è tornare in A: un torneo che spesso i grigiorossi hanno affrontato in passato. Non a caso, proprio subito dopo il mio biennio a Bari, nel 2013 decisi di scendere di categoria per guidare la Cremonese in Lega Pro sperando in un programma ad ampio respiro: la realtà dimostra che avevo visto giusto, anche se purtroppo in quella stagione non arrivarono risultati auspicati ed il mio percorso si interruppe prima del previsto. Ora il progetto ha trovato continuità tecnica con il direttore sportivo Giammarioli e con l’allenatore Tesser. È stato allestito un bel mix tra gente rodata nella categoria come Claiton, Pesce, Arini ed emergenti tra i quali mi sta impressionando proprio il talento barese Castrovilli. In più, Paulinho può rivelarsi determinante in un qualsiasi momento. Il Bari troverà un ambiente caldo e smanioso di affrontare un avversario così blasonato, ma lo Zini è uno stadio pensato per il calcio, senza pista e con un bel terreno: è piacevole giocare in un contesto del genere. La trasferta lombarda può dire tanto per i galletti. Ai ragazzi di Fabio Grosso finora è mancata una lunga striscia di risultati utili, ma aver battuto il Frosinone capolista può far scoccare una scintilla. E se arrivasse una vittoria anche a Cremona, nessun traguardo sarebbe precluso. È vero: la distanza dalle prime tre non è minima, ma con tante sfide da disputare, reinserirsi nella lotta per la promozione diretta non sarebbe impossibile. E se invece ai galletti toccherà passare dai playoff, allora bisognerà presentarsi alla “coda” del torneo nel miglior modo possibile, con la convinzione di poter arrivare in fondo. Perché, agli spareggi promozione, i biancorossi avrebbero un alleato unico: il pubblico. Giocare partite determinanti con 50mila tifosi a sostenerti può generare una carica pressochè impossibile da arginare. In tal caso, dovranno essere pure bravi i tifosi a capire che in quel frangente bisognerà dare tutto. Ma sono discorsi prematuri. Il Bari adesso deve concentrarsi sull’incontro di Cremona e dare il definitivo segnale che il periodo complicato è ormai superato.
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L’INTERVISTA DOPPIA
COME TI CHIAMI? Claudia Carbonara. SOPRANNOME Carbonazza. QUANTI ANNI HAI? 39. SEGNO ZODIACALE? Gemelli. PROFESSIONE? Giornalista. TRE AGGETTIVI PER DEFINIRTI? Ottimista, determinata, ironica. IL TUO PUNTO DEBOLE? Il cibo. COME TI VESTI DI SOLITO? Jeans, anfibi, maglia a maniche corte. COSA TI DICONO PIU’ SPESSO? «Claudia e questo Bari?». LA PRIMA COSA CHE FAI AL MATTINO? Apro la finestra e ringrazio Dio. L’ULTIMA COSA CHE FAI LA SERA? Guardo i video più strani sul cellulare. UN SOGNO RICORRENTE? Di dover ripetere gli esami di stato. UNA FIGURACCIA MEMORABILE? Un ragazzo per presentarsi mi ha dato la mano sinistra, gli ho fatto notare che sarebbe stato opportuno darmi la destra e lui mi ha mostrato il moncone. Volevo morire! ULTIMO LIBRO LETTO? La ragazza del treno. COSA FAI SE IL GATTO NERO ATTRAVERSA LA STRADA? Mi accerto di non averlo investito. DI COSA HAI PAURA? Forse della sofferenza fisica quando morirò, ma non della morte in sé. FRASE PREFERITA? “Prendi la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore” (Italo Calvino). PER QUALE SQUADRA DI CALCIO TIFI? Da giornalista sportiva se lo dicessi perderei di credibilità. Delle straniere il Bayern Monaco. COSA TI RIFARESTI DAL CHIRURGO PLASTICO? Essendo abbondante mi farei dare una ridimensionata generale.
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COME TI IMMAGINI TRA 30 ANNI? Meno bella, ma più serena e soprattutto con tante cose da raccontare.
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COSA CAMBIERESTI DEL TUO CORPO? La pancetta! Non va via neanche con l›acido, ma poi penso: la Carbonara senza pancetta, che Carbonara è?
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IL RICORDO INDELEBILE? Estate 1998, animatrice a Castiglione della Pescaia. L’esperienza più formativa che abbia mai fatto.
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QUELLO PEGGIORE? Il periodo della depressione e delle crisi di panico. UNA PERSONA CHE STIMI? Mino distante, il mio editore. Da solo sta creando un piccolo impero editoriale e da subito mi ha proposto un contratto serio. DOVE VORRESTI VIVERE? Dove vivo. A 50 metri dal mare, sentendone il profumo quando esco di casa e sentendone il dolce rumore quando mi addormento d›estate con la finestra aperta. IL SAN NICOLA O IL DELLA VITTORIA? Il Della Vittoria ristrutturato. LA CANZONE CHE INTERPRETI MEGLIO? Sally di Vasco, tanto non so cantare. LA CANZONE CHE TI HA FATTO INNAMORARE? Sorry seems to be the hardest word - dei Blue. HAI NEMICI? Più di quelli che io possa immaginare. IL PIATTO PREFERITO? Pesce crudo, ma più che sushi i nostri frutti di mare. COSA PENSI DELL’ALTRA? Bellissima, dolce, umile, talentuosa. MEGLIO LA RADIO O LA TV? Tv, ho sempre fatto solo quella. IL TUO PORTAFORTUNA? Non ne ho. Non credo nella fortuna. DESTRA O SINISTRA? Destra.
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L’ALTEZZA DEL TACCO DELLA SCARPA PREFERITA? Sono alta 1,75 per fortuna... odio i tacchi. LA COSA PIU’ TRASGRESSIVA CHE HAI FATTO? Ubriacarmi su una spiaggia con amici a 19 anni e perdere i sensi. Cosa che non rifarei mai più. UN LAVORO CHE AVRESTI FATTO? La guida turistica a Firenze. COSA NON SOPPORTI? Gli ignavi. COMPAGNO DI VIAGGIO IDEALE? Ingrid, una mia amica di qualche anno fa, con lei mi divertivo anche nelle stazioni di servizio. IL MIGLIOR CALCIATORE DEL BARI VISTO IN AZIONE? Vitor Barreto. UN PREGIO DEI TIFOSI BARESI? L’ironia e la simpatia. UN DIFETTO DEI TIFOSI BARESI? Sanno più di tutti, più dei giornalisti, più degli allenatori... insomma loro si che sanno. IL GOL PIU’ BELLO SEGNATO DAL BARI? La magia di Cassano contro l’Inter è da cineteca del calcio. LA PARTITA DA DIMENTICARE? 19 maggio 2004 Venezia - Bari 2-0 (la Cirillo non era ancora nata). IL PIATTO CHE CUCINI MEGLIO? Tubettini con le cozze. LA MAGLIA DEL BARI PIU’ INTRIGANTE? Beh la nera di quest›anno tanta roba.
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IL COMPLIMENTO PROFESSIONALE PIU’ BELLO? Claudia sei l’orgoglio di noi tifose.
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LA CRITICA PIU’ FEROCE? Di essere sul libro paga di qualcuno.
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CON CHI VORRESTI ANDARE A CENA? Con mia nonna, anche solo per l’ultima volta...
CHI GETTERESTI DALLA TORRE? Antonio Azzalini.
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CARBONARA-CIRILLO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
COME TI CHIAMI? Barbara Cirillo. SOPRANNOME? Babi o Bina. QUANTI ANNI HAI? 30. SEGNO ZODIACALE? Pesci. PROFESSIONE? Giornalista. TRE AGGETTIVI PER DEFINIRTI? Maldestra, leale, riccia. IL TUO PUNTO DEBOLE? La testa tra le nuvole. COME TI VESTI DI SOLITO? Jeans, blazer, sneakers e sempre un paio di décolleté nella borsa. COSA TI DICONO PIU’ SPESSO? Ma tu sei la giornalista di Telebari? LA PRIMA COSA CHE FAI AL MATTINO? Controllare il cellulare e mandare il buongiorno a chi amo. L’ULTIMA COSA CHE FAI LA SERA? Guardare un film o una serie tv. UN SOGNO RICORRENTE? Non ne ho. Di solito, però, i miei sogni assomigliano molto a film d’azione in cui la protagonista sono io. UNA FIGURACCIA MEMORABILE? Difficile dirlo. Ne ho fatte tante e sono molto affezionata a tutte. Non voglio fare torti citandone solo una. ULTIMO LIBRO LETTO? Prendiluna di Stefano Benni. COSA FAI SE UN GATTO NERO TI ATTRAVERSA LA STRADA? Lo accarezzo. DI COSA HAI PAURA? Di perdere le persone che amo. FRASE PREFERITA? “Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente né a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percettibile, che l’anima respira e grazie alla quale vive”. PER QUALE SQUADRA DI CALCIO TIFI? Bari e le Pink Bari ma ho studiato il calcio seguendo la Roma. COSA TI RIFARESTI DAL CHIRURGO PLASTICO? Assolutamente nulla. COME TI IMMAGINI FRA 20 ANNI? Maldestra, leale e riccia, con qualche ruga in più.
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COSA CAMBIERESTI DEL TUO CORPO? ... IL RICORDO INDELEBILE? L’ultimo bacio di mia nonna QUELLO PEGGIORE? I ricordi brutti li cancello sempre. UNA PERSONA CHE STIMI? La mia amica Claudia Carbonara, una bellissima scoperta. DOVE VORRESTI VIVERE? A Bari. IL SAN NICOLA O IL DELLA VITTORIA? Il Della Vittoria. Anche se a me tocca vedere sempre le partite dallo studio. LA CANZONE CHE INTERPRETI MEGLIO? Starman di David Bowie. L’ultima volta che l’ho cantata ero in radio, mi hanno registrato e ancora oggi mi prendono in giro. QUELLA CHE TI HA FATTO INNAMORARE? Skinny Love dei Bon Iver. HAI NEMICI? Immagino di sì. Ma nessuno mi hai mai dichiarato apertamente guerra. IL PIATTO PREFERITO? Quello che riesco a cucinare senza sbagliare la ricetta. COSA PENSI DELL’ALTRA? Mi ripeterò: è stata una bella scoperta. Non è solo una collega ma anche un’amica. È per questo che non vi svelerò mai il contenuto dei messaggi che ci mandiamo mentre siamo contemporaneamente in diretta.
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MEGLIO LA RADIO O LA TELEVISIONE? La tv. È il mio primo amore. IL TUO PORTAFORTUNA? Il mio unico tatuaggio. DESTRA O SINISTRA? Sinistra. CHI GETTERESTI DALLA TORRE? Tutte le prime donne. L’ALTEZZA DEL TACCO DELLA SCARPA PREFERITA? 12 cm. LA COSA PIU’ TRASGRESSIVA CHE HAI FATTO? Cosa vi fa credere che ve lo direi? UN LAVORO CHE AVRESTI FATTO? La ballerina. Ho sempre sognato di entrare nell’accademia di Bejart. COSA NON SOPPORTI? La violenza. COMPAGNO DI VIAGGIO IDEALE? Quello che ho scelto come compagno di vita. IL MIGLIOR GIOCATORE DEL BARI VISTO IN AZIONE? Daniel Andersson (ne ero innamorata pazza quando avevo 13 anni). UN PREGIO DEI TIFOSI BARESI? Il cuore e la tenacia nell’affrontare anche le trasferte più difficili. UN DIFETTO DEI TIFOSI BARESI? La fretta ma di questi tempi hanno anche ragione. IL GOL PI BELLO SEGNATO DAL BARI? Quello di Antonio Cassano in Bari Inter. Me lo sono goduto in tribuna est con mio papà e mio fratello.
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LA PARTITA DA DIMENTICARE? Il derby truccato. IL PIATTO CHE CUCINI MEGLIO? Le polpette al sugo.
LA MAGLIA DEL BARI PIU’ INTRIGANTE? La prima maglia che ricordo: stagione ‘94 - ‘95, bianca con quadretti rossi, sponsor tecnico Wuber.
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IL COMPLIMENTO PROFESSIONALE PIU’ BELLO? Sei un cavallo di razza. LA CRITICA PIU’ FEROCE? Quella che arriva puntualmente da mia madre.
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CON CHI VORRESTI ANDARE A CENA? Con Francesco Totti.
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BR IL GIOCATORE
il
KOZAC LA FORZA LIBERAZIONE
Libor Kozak festeggia con Anderson il gol al Frosinone In alto a destra Rafal Nadal
Francesco Damiani
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sando un po’ di fantasia e giocando con il suo nome, si può tranquillamente dire che per Libor Kozak il gol segnato al Frosinone è stato una vera liberazione. Perché l’attaccante ceco non segnava da un’eternità, precisamente dal dicembre 2013 quando giocava nell’Aston Villa. Quattro anni e due mesi. Non perché giocasse male o non riuscisse a centrare la porta. Semplicemente perché praticamente non giocava. Questi ultimi quattro anni per Kozak sono stati un vero calvario con giorni e mesi passati più in ospedale che sul campo con i compagni. Frattura di tibia e perone il primo terribile infortunio in uno scontro con un compagno in allenamento e il conseguente intervento. Sbagliato. Torna in campo, ma soltanto per giocare scampoli di gara, poi arriva la frattura alla caviglia e torna sotto i ferri altre due volte. Per lui la possibilità di tornare in campo a sentirsi un giocatore vero sembra lontanissima. Il vice allenatore dei Villans in quegli anni è Gordon Cowans. «Libor è un ragazzo simpatico e un ottimo centravanti e sono contento che sia riuscito a segnare con la maglia del Bari» dice l’ex centrocampista biancorsso. «Mi ricordo bene quando gli capitò il grave infortunio. Lo andai a trovare in ospedale e gli parlai di quando era capitato anche a me di subire un infortunio simile quando giocavo. Cercai di rassicurarlo, gli dissi che sarebbe andato tutto bene e che sarebbe tornato presto a giocare». E oggi Kozak è un giocatore del Bari. «Sono molto contento che sia venuto a Bari
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ARRIVA DA
NADAL NON GIOCAVA DA QUATTRO ANNI E DUE MESI PER GLI INFORTUNI COWANS: «È UN OTTIMO ATTACCANTE»
perché è un posto dove si sta molto bene. Ricordo che già quando giocava nell’Aston Villa parlava un ottimo italiano» conclude Cowans. Comprensibile la perplessità di tifosi e addetti ai lavori quando a fine agosto Sean Sogliano annuncia l’acquisto di Kozak. Le prime giornate di campionato non sembrano incoraggiare la scelta del diesse biancorosso fra la condizione da ritrovare e lo scetticismo sempre crescente. Kozak si vede in panchina per la prima volta al San Nicola contro la Ternana a settembre ma per la prima partita bisogna aspettare la sfida di coppa Italia contro il Sassuolo a fine novembre. In campionato torna a giocare pochi giorni dopo: 7 minuti contro l’Entella. Dopo quell’esordio ancora spiccioli di partita fino all’inizio del girone di ritorno quando Grosso lo schiera dal primo minuto contro il Cesena. Adesso la risalita di Libor è cominciata. A dargli forza per affrontare gli interventi e le riabilitazioni anche la biografia di uno dei campioni che maggiormente ammira, Rafa Nadal. Proprio dal libro dedicato al tennista spagnolo, Kozak ha tratto ispirazione leggendo dei sacrifici fatti per arrivare ad essere uno dei più forti di tutti i tempi. Lui che di sacrifici se ne intende, leggeva quelle pagine e andava avanti sapendo che prima o poi il momento in cui il pallone sarebbe finito nella rete sarebbe arrivato. È successo in un pomeriggio di febbraio a Bari. Nella corsa a torso nudo sotto la curva c’è tutta la gioia di un momento atteso per più di quattro anni.
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BR
il
AMARCORD
L’EUROPA CONQUISTATA MITROPA CUP 1990 L’UNICO TROFEO INTERNAZIONALE VINTO DAI BIANCOROSSI
BARI-GENOA 1-0
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Un attacco dei biancorossi nella finale con i liguri In basso, lo scambio dei gagliardetti
Gianni Antonucci
E
stato l’unico trofeo di “marca Europa” vinto dal Bari. Si tratta della Mitropa Cup che nel 1955 ereditava il lascito della Coppa dell’Europa centrale sospesa nel 1939 con l’affermarsi delle altre coppe europee (Campioni, Uefa, Fiere). Poco alla volta, però, la Mitropa perdeva di importanza: dal 1980 veniva riservata soltanto alle squadre vittoriose in Europa nel torneo corrispondente alla nostra serie B. Dal 1992 è stata definitivamente annullata dopo che dal 1927 in poi, nell’albo d’oro si erano inserite il Bologna per 3 volte, il Pisa per 2 e poi con uno ciascuno Fiorentina, Udinese, Milan, Ascoli e prima del Torino proprio il Bari. Un Bari che non aveva potuto partecipare alla coppa delle Fiere perché in quel periodo la manifestazione era riservata solo alla serie C e B. Resta, così, l’unico trofeo a livello europeo (Mi-
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I PROTAGONISTI Sopra a sinistra, il presidente Vincenzo Matarrese festeggia la conquista della Mitropa Cup In alto, l’esultanza dei giocatori Accanto, la squadra che vinse il trofeo Sotto, mister Salvemini
tropa) vinto dal Bari che peraltro, ha partecipato tre volte al torneo Anglo-Italiano (1973, 1977, 1992), alla coppa dell’Amicizia (1959) e alla coppa delle Alpi (1970). La conquista della Mitropa era ottenuta dal Bari nell’ultima gara ufficiale giocata al “Della Vittoria”. Un provvedimento comunale purtroppo, non consentì che la finale si disputasse al nuovo stadio San Nicola (era l’anno dei Mondiali di calcio disputati in Italia) nel giorno della sua inaugurazione. Così toccò al vecchio “Della Vittoria” festeggiare il trionfo del Bari nella partita della conquista del primo ed unico titolo europeo ottenuto dal club. Il torneo si giocava su 5 campi dell’allora provincia barese: Andria, Bitonto, Barletta, Altamura e Bari. La fase finale fu divisa in due gironi, quello A vinto dal Genoa e quello B dal Bari.
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La partitissima per l’assegnazione del trofeo è rimasta nella storia biancorossa grazie ad un gol realizzato al 14’ da Perrone dopo uno splendido assist di Terracenere che poi abbandonava il terreno di gioco per infortunio. Il Bari, in quel suo primo torneo di A con Salvemini, dopo aver chiuso al nono posto, si fregiava di questo nuovo risultato, vincendo con una formazione quasi “sperimentale”. Infatti molti giocatori titolari (Loseto, Carrera, Maiellaro, Lorenzo e soprattutto Di Gennaro) furono lasciati a riposo dopo l’estenuante torneo. Monelli, Lupo, Amoruso, invece, furono utilizzato negli ultimi minuti. Quell’anno diventò storico: il Bari brindava finalmente in coppa assieme ad altre squadre italine tre italiane più illustri, Milan (Champions League), Sampdoria (Coppa delle Coppe), Juventus (Europa League).
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BR I TIFOSI
il
Nicola Lavacca
LA GRANDE
FAMIGLIA
SENZA
CONFINI 22
L
a passione per il Bari non ha confini e si ramifica anche nei club che rappresentano un altro significativo spaccato del tifo biancorosso. Il passato quasi si specchia nel presente, attraverso sensazioni ed emozioni che non si manifestano soltanto allo stadio durante la partita. Come si suol dire, l’unione fa la forza. Con questo spirito nel 1977 nacque il Centro coordinamento Bari club, quando salì sul ponte di comando della società l’allora presidente Antonio Matarrese. Anni e anni di storia, stagioni indimenticabili altre meno belle per tanti supporter che pur appartenendo a microcosmi un po’ diversi tra loro sono stati sempre accumunati dall’amore viscerale per La Bari. Ancora oggi è così, se si fa eccezione per un breve periodo quando l’era dei Matarrese stava per tramontare. Accadde negli ultimi 2-3 campionati prima di arrivare al fallimento del marzo 2014. Fu in quel frangente, tra decadenza e rinascita, che su iniziativa del commercialista Franco Spagnolo e dell’avvocato Claudio Petruzzelli venne costituita l’associazione “La Bari Siamo Noi” da 9 appassionati tra imprenditori e professionisti che lanciarono anche l’idea dell’azionariato popolare. Poi, la società finì nella mani di Gianluca Paparesta, promotore tra
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CENTRO COORDINAMENTO È la casa comune nata per risvegliare la passione dei supporter biancorossi
le altre cose di un’ampia collaborazione con le varie componenti della tifoseria. «L’obiettivo fu quello di risvegliare qualche entusiasmo sopito e di tornare ad essere un gruppo unito - sottolinea Franco Spagnolo attuale presidente del Centro Coordinamento denominato “La Bari Siamo Noi -. Ripresero vigore alcuni club storici, come il “Levante” del quartiere Libertà e la roccaforte di Modugno. Strada facendo si è ricreata una bella realtà che si identifica nei colori biancorossi, anche per la presenza di molti ragazzi e giovani. Attualmente gli iscritti sono oltre 6.000. Ci sono alcune sezioni anche a Locorotondo, Alberobello e Trani. Solitamente i nostri striscioni allo stadio li posizioniamo in tribuna est. Portiamo tutti il Bari nel cuore». La sede del Centro coordinamento è in via Alberotanza, una vera e propria “casa dei tifosi” dove è possibile incontrarsi, scambiare opinioni, consultare libri e testi che parlano del Bari. Insomma, la passione biancorossa è diventata anche un fatto culturale, con tante iniziative collaterali che spesso si rivolgono ai bambini e alle scuole. «Il nostro è un impegno anche divulgativo per far conoscere ai più piccoli il valore sportivo e
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TRENTA I CLUB ISCRITTI AL CENTRO CON 6MILA TESSERATI IL PRESIDENTE FRANCO SPAGNOLO : «IL NOSTRO È UN AMORE VISCERALE»
affettivo della squadra che amiamo di più - fa notare Franco Spagnolo -. Nascono così tanti piccoli tifosi. Siamo orgogliosi quando vediamo quei bambini che hanno avuto modo di ascoltarci, andare allo stadio con la sciarpa al collo per incoraggiare il Bari. Siamo stati fieri di collaborare per l’almanacco del giornalista Gianni Antonucci che è diventato il presidente onorario della nostra associazione. Un’altro interessante lavoro è il dvd sulla storia del Bari, con oltre 5.000 copie distribuite gratuitamente». I club affiliati al Centro coordinamento sono circa 30, di cui una ventina tra Bari e provincia. Ce ne sono anche nel Lazio, in Lombardia e in Emilia Romagna. Ben 4 si trovano all’estero: Dublino, Berlino, Lussemburgo e Santiago del Cile. «La nostra è una grande famiglia che, alla pari di tanti altri tifosi, ha a cuore le sorti del Bari conclude Spagnolo -. Noi andiamo allo stadio sia in casa che fuori. L’importante è che la nostra passione venga ricambiata dall’impegno massimale dei giocatori. Per questo, siamo rimasti un po’ delusi dalle prestazioni contro Empoli e Venezia. Ma abbiamo fiducia. A noi interessa soprattutto che la squadra porti sempre più in alto il nome dell’intera città».
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BR LA LAVAGNA TATTICA
il
UNA QUESTIONE DI
MODULI di Fabrizio Nitti
C
onvinzione, necessità, emergenza. Un po’ per scelta e un po’ perché a volte si cambia nel tentativo di far quadrare il cerchio, il Bari di Fabio Grosso in questa stagione è salito e sceso più volte dall’ottovolante tattico. Spesso gli allenatori parlano di interpretazione, di come si «adopera» la testa nel tentativo di vincere o non perdere una partita. I numeri, dicono, importano poco. Sarà pur vero questo, e lo è senz’altro. Ma la tattica, scegliere come disporre chi in mezzo al campo, mettere la squadra su tre o quattro linee in mezzo al campo, nel calcio di oggi è un fattore primario. La tattica, insomma, conta. Bari, tatticamente, è sempre stata terra di profonde novità. Una per tutte? Il Bari di Catuzzi. Anni ‘80 e quando tutti correvano dietro l’uomo da marcare, qui l’indimenticato Enrico dava vita a quella splendida squadra spettacolo che, giocando a zona un calcio totale, resta ancora viva nella memoria del tifoso barese. Una piccola Olanda trapiantata in Puglia. Nel corso degli ultimi anni, diciamo da Torrente in poi, da queste parti ha messo radici il 4-3-3. E proprio da questo modulo anche Fabio Grosso è ripartito nell’estate scorsa, quando Sean Sogliano ha deciso di puntare tutto sul giovane tecnico scuola Juventus. Grosso ha personalizzato il modulo e soprattutto nelle prime apparizioni, la squadra ha regalato partite vibranti e divertenti. Prima di fare un passo indietro, all’insegna della prudenza e forse anche spinto su questa strada dalle caratteristiche di giocatori che non garantivano la copertura della profondità. La sfida persa a Empoli nel girone di andata è la rappresentazione più eloquente. Squadra prolifica, ma perforabile. E allora ecco il passo verso la difesa a tre, un centrocampo a cinque e due attaccanti, forse uno e mezzo visto il Galano in posizione più centrale dietro la punta di riferimento. Il tentativo è quello di proteggersi meglio, ma il risultato è un po’ ambiguo: toglie alla squadra il sorriso, il coraggio di rischiare. Dal 3-5-2 al 3-4-3 il passo è stato semplice. Provo a sistemare i pezzi in difesa, dando copertura ai due marcatori centrali, piazzo due centrali in mezzo al campo, mantengo tre attaccanti davanti. Risultati altalenanti, anche se oggettivamente il 3-4-3 non è dispiaciuto in quelle poche volte in cui è stato esibito. Nel tentativo di trovare la soluzione giusta, il Bari ha in effetti un po’ smarrito una sua precisa identità, andando incontro a un periodo di vacche magre, di sussulti della piazza, di interrogativi. Chiuso il mercato di gennaio, Grosso ha deciso di tornare al 4-3-3 estivo, forse il modulo che, sulla carta e in generale, riesce meglio a occupare ogni zona del campo, al di là di chi viene mandato in campo. Se la scelta è stata compiuta, sarà bene proseguire sulla stessa via fino alla fine del campionato. Perché stiamo entrando nella fase decisiva del campionato e perché i giocatori ora più che mai hanno bisogno di sicurezze. Anche tattiche. E allora 4-3-3 sia.
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BR BIANCOROSA
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CARO FABIO VI FAREI GIOCARE COSÌ Tiziano Tridente
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re mesi di duro lavoro a Coverciano, l’esame superato brillantemente e il conseguente titolo da professionista da inserire all’interno di un curriculum già ricco di molte soddisfazioni. Isabella Cardone, responsabile tecnico di tutta la filiera griffata Pink Bari e mister della prima storica promozione biancorossa nel massimo campionato femminile italiano, dall’8 settembre del 2015 è abilitata alla conduzione tecnica di squadre di serie C, della Lega Nazionale Dilettanti e delle rappresentative giovanili di ogni ordine e grado. Non solo. In teoria potrebbe svolgere anche mansioni di “allenatore in seconda” di società della Lega Nazionale Professionisti, come ad esempio la Fc Bari. Cardone, facciamo un gioco. Se fosse la vice di Fabio Grosso, in questo momento, quale consiglio gli sussurrerebbe all’orecchio? «Gli consiglierei di lasciar perdere in modo definitivo il blasone dei nomi e di guardare un po’ più alla sostanza dei fatti. Penso a Marrone, tanto per rimanere nella stretta attualità delle ultime partite, e dico che le idee di squadra, pur modellandosi sulle caratteristiche dei singoli uomini, devono sempre avere un posto in prima fila. Partire dal presupposto che un calciatore deve giocare per forza è sbagliato». Che tipo di allenatore è Grosso? «Un tecnico che ama tenere per sé il pallino del gioco, molto interessato al palleggio e spesso propositivo. All’inizio le sue idee hanno trovato il conforto dei risultati, ultimamente qualcosa è andato storto ma credo che rispetto a chi si è seduto sulla panchina del Bari negli ultimi anni abbia da dire cose più importanti. Deve solo trovare il giusto equilibrio tra forma
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ISA CARDONE RESPONSABILE TECNICO DELLE PINK HA LE IDEE CHIARE: LA TENTAZIONE DEL DOPPIO CENTRAVANTI È DAVVERO FORTE
e sostanza». Qualcuno sostiene che Grosso in panchina sia troppo “sereno”. Per lei è un segnale di forza o di debolezza? «Ogni allenatore ha il proprio stile. Molti di noi hanno in mente ancora l’esuberanza di Antonio Conte ma ci sono tanti modi per stare in panchina e non è l’ardore che si dimostra all’interno dell’area tecnica a fare la differenza: ciò che vale è il lavoro svolto durante la settimana. Un discorso che incide anche sulla scelta dell’undici titolare. Sento dire che Grosso cambia troppo ma solo lui può conoscere l’intensità con cui un calciatore si allena dal lunedì al venerdì». Con lei in panchina come giocherebbe il Bari? «Il mio modulo preferito si basa su un centrocampo orizzontale: due centrocampisti centrali e due di fascia. In più dico che un allenatore deve partire dal materiale umano che ha a disposizione e guardando l’organico dei galletti dall’esterno, con Cissé, Floro Flores, Nené e Kozac abili e arruolabili, la tentazione del doppio centravanti sarebbe davvero forte. Quindi opterei per un 4-4-2 particolarmente offensivo. Gli imprescindibili sarebbero Galano e Anderson, due pezzi pregiati che nell’ultima finestra di mercato hanno fatto gola anche a squadre di serie A». Quattro giocatori d’attacco, quindi. Se poi non vince come la mettiamo con le “pressioni ambientali” di Sogliano? «Allenatori e addetti ai lavori, nel calcio, vivono di pressioni e adrenalina. Se a qualcuno non piace, ci sono tanti altri mestieri».
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BR SETTORE GIOVANILE
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UNDER 16 IL FIORE ALL’OCCHIELLO RAGAZZINI TERRIBILI
L’esultanza degli Under 16 che hanno collezionato finora 21 punti in campionato Sotto, l’allenatore De Luca
Pierpaolo Paterno
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entuno punti in due mesi e mezzo. Un ruolino di marcia che fa della formazione Under 16 il fiore all’occhiello del settore giovanile targato Fc Bari. Sono i classe 2002 pilotati dal 36enne Claudio De Luca, tra le prime scommesse indovinate dal responsabile Gennaro Delvecchio incaricato dallo scorso agosto di risistemare - insieme al direttore sportivo della Primavera, Fabio Gatti - il serbatoio del sodalizio di Cosmo Giancaspro. L’ultima chicca risale alla vittoria di Ascoli del 4 febbraio, prima cioè della interruzione di regular season per gli impegni delle nazionali giovanili. In precedenza, erano cadute vittime illustri come la capolista Roma (doppietta del barese doc Sabino Signorile), Pescara, Salernitana, Palermo, Foggia e Avellino. Una scalata fatta a suon di gol (17) e successi (7) iniziata proprio in terra irpina lo scorso 26 novembre e culminata due settimane fa col trionfo nelle Marche. Il tutto con proiezione da brividi dal terz’ultimo posto sino alle vette del girone C a quota 27 punti ed in coabitazione in quarta poltrona con Frosinone e Perugia. Tutte contendenti per un posto utile a giocarsi - se non l’accesso diretto riservato alle prime due della classe (Roma e Napoli sembrano inarrivabili) - almeno uno dei tre posti per i playoff scudetto di categoria. In tal senso, il prossimo big match domenicale al “Capocasale” contro il Benevento terzo potrebbe annullare il gap di tre punti dai sanniti e fare spiccare il volo definitivo. La squadra è tornata ad allenarsi al campo dei Fiori. Tutti concentrati per centrare l’ennesimo acuto, ad eccezione dei portieri Riccardo Matera ed il russo Denis Plitko perché già aggregati in
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21 PUNTI IN DUE MESI E MEZZO L’ULTIMA CHICCA LA VITTORIA DI ASCOLI 17 I GOL SEGNATI E QUARTO POSTO NEL GIRONE C
Under 17. I meriti di risultati così brillanti vanno distribuiti tra i giocatori - reclutati dai vari quartieri della città, dalla provincia, dalla Bat e alcuni da fuori regione - e da una “equipe” di nomi di belle speranze. Dallo scorso agosto, guida la squadra mister Claudio De Luca. Con lui il vice Pasquale Esposito, l’anno scorso capitano del Monopoli, il preparatore atletico Ezio Didonna, Giovanni Masi per i portieri (una mano gliela fornisce anche Grondona dall’Under 17) ed il fisioterapista Dino Colella. De Luca rappresenta una garanzia. Originario di Castellana Grotte e già con alle spalle il corso avanzato per allenatori prof, il tecnico (gioca col 4-2-3-1 o 4-3-3) vanta già importanti trascorsi sulle panchine di Monopoli, Bisceglie e Gravina. Quindi l’approdo in biancorosso, dove ritrova l’ormai insostituibile braccio destro Ezio Didonna. Altro giovanissimo classe ‘84, per quest’ultimo si tratta di un ritorno a Bari avendo costruito la sua carriera nel settore giovanile dei galletti dai piccoli di De Trizio e Caffaro alla Primavera di Tavarilli. Oggi anche insegnante di Scienze motorie in un liceo di Triggiano, Didonna è tra i pochi giovani pugliesi già in possesso del certificato per lavorare tra i professionisti. Nel tempo, all’epoca di Coverciano e della recente permanenza in Toscana, l’ex difensore di Noicattaro, Mola, Grottaglie, Fasano, San Paolo e Castellana - dove lo allenava proprio De Luca - ha stretto amicizie professionali di rilievo come quella con Vito Azzone (è di Palo), fidato collaboratore di Gigi Di Biagio prima in Under 21 e oggi alla Nazionale maggiore. Il top come presupposto per una linea verde di qualità.
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BR NUMERI E STATISTICHE
il
LA POSTA DEI LETTORI La Bbare
LE PROSSIME PARTITE
Prima ògne dêmèneche, mo ògne dì, De sere o de mezzadì, I te vògghe cercanne, Bbare. Tu me ffasce trêvigghià, ma nudde iè la giòie, Nudde iè l’abbrazze du pallone ca scote la rezza. Piccenìnne chê le calzûune curte, come nu gardììdde Sceve fêscenne e correnne ììnd o Palmiott, Pô, mangianne lepìn e bevenne Borghett, So cresciute suse le gradùne du stadie de la Vittoria E mo, chê la vàrve e cu bastone, Vògghe cannescianne o Sande Necole. Figghie e figghiastre e nepùte, La passiòna, chedda vere, Còme a me honne canòsciute. E còme a tutte, come a signirìì, Manghe le braciôle pêtene chiù dêgerì. Megghiereme iè gelòse pê stu fatte, Però u sapê, pe la Bbar jèsschê matte. Tant tìimbe so passàtê nzììme a te, Ma non so cangiate mâ chelòre: Bianghe e russe so ancore. Ógne iann honne cangiàte allenature e giocature, Ma le gasteme, le bastanate, Sole le tifuse l’honne pegghiate. Assaà so state l’inganne, E iè ‘na vit che u vògghe gridanne. Mo pure le canarine s’honne seccate, Ma la vôscie du core, chedda, non sprofonne mâ! E a le tira-pite, A chidde cha tènene la passiòne astìpate ììnd o tavùte, Vògghie disce sole na cose: I so n’òmmene affertenate, Percè pure quande m’à cûrcuà, Sembe la Bbare ià abbrazzà!
Michele Scaranello
Venerdì 16 febbraio ore 20.30 cremonese-BARI Sabato 24 febbraio ore 15 ternana-bari Martedì 27 febbraio ore 20.30 bari-spezia
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Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a: ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it
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