Il Biancorosso n.3 - periodico de "La Gazzetta del Mezzogiorno"

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O ilBIANC ROSSO

Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno I numero 3 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano

periodico di informazione sportiva de

LIAM

LO SCOZZESE VOLANTE NINA MORIC «BARI ASPETTAMI SARÒ CON VOI IN CURVA»



BR L’EDITORIALE

il

di Fabrizio Nitti

ALTRE SEI PARTITE

MARZO sarà un MESE DECISIVO È

il mese probabilmente decisivo. A marzo capiremo se questo Bari può davvero dire la sua, in maniera marcata, nella corsa alla promozione diretta o in quella ai playoff. Perché davanti ai biancorossi di Fabio Grosso, dopo il buio sentiero dell’incertezza a cavallo di gennaio e febbraio, si sono aperte due strade. L’idea pazza di inseguire uno dei primi due posti, l’idea più concreta di raggiungere un posto prestigioso nella scaletta playoff. In questo pazzo campionato di serie B, in fondo, tutto è possibile. E per l’impossibile il Bari si è attrezzato a suon di vittorie. La nuova vita biancorossa, all’insegna dell’esaltazione del collettivo e della corsa, del sacrificio e della concretezza (due vittorie per 1-0 e una per 2-1), del gruppo più che dell’individualità, sembra la scelta giusta. Empoli, Frosinone e Palermo sono più forti, ma questa nuova «allegria» biancorossa, questa solidarietà calcistica emersa nel momento più complicato della stagione, può per certi versi colmare gap e valori tecnici divergenti. Più corsa, più muscoli, più fisico in mezzo al campo. Più compattezza tattica, attenzione, concentrazione. Più morale e consapevolezza dei propri mezzi. Mauricio Pochettino, tecnico del Tottenham, dice che il segreto per vincere «è sentire il tuo calcio e trasmetterlo ai calciatori con cura ed

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amore». Fabio Grosso, evidentemente, è riuscito a centrare la missione dopo qualche mese di rodaggio e qualche turn over di troppo. E torniamo al fatidico mese di marzo, quello che segna l’arrivo della primavera e della bella stagione. Sei partite compreso il recupero contro lo Spezia (partita rinviata causa neve il 27 febbraio). Un calendario che, oggettivamente, non pare essere complicatissimo, soprattutto per chi ha voglia di correre e continuare a sognare. Difficile sì, ma abbordabile. Tre partite in casa e tre in trasferta, un solo scontro diretto (il match esterno di Cittadella), quattro avversarie che vivono sulla linea di galleggiamento o poco sotto (Avellino, Pro Vercelli, Brescia e Ascoli). Un trampolino di lancio bello e buono, un’occasione da cogliere al volo. Il Bari, sulla carta, è superiore a tutte le squadre «marzaiole». Certo, da qui a dire che farà bottino pieno e basta, ce ne corre. Ma la raccolta di punti dovrà essere copiosa. A cominciare dalla partita di Avellino, ormai uno storico derby di serie B. Quella contro gli irpini non è mai stata una partita qualsiasi, non è mai stata una partita banale e mai probabilmente lo sarà per una serie di motivazioni. Avanti tutta Bari. Con la forza del sorriso ritrovato.

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BR SOMMARIO

il

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MORIC

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BERGOSSI

HENDERSON

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il Biancorosso anno I n. 3 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81 Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it

LIBERA

A cura di Redazione sportiva

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Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Alberto Bergossi Isabella Cardone Francesco Damiani Michele De Feudis Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Nicola Lavacca Fabrizio Nitti Pierpaolo Paterno Fotografie Luca Turi Donato Fasano A. Scuro Ricciolo Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci

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Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)

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IL DERBY DEL ‘45

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I TIFOSI CARDONE

MANZARI

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Assistenza, redazione e registrazione telematica di contratti concordati con agevolazione IMU e Certificazione ai sensi L.431/98 Contratti per studenti, famiglie, ad uso diverso, ufficio, etc. Consulenza pratiche legali, tecniche, catastali, fiscali, condominiali etc In collaborazione con ALAC CORSI PER AMMINISTRATORE CONDOMINIALE


BR I MARCATORI

il

GALANO

IMPROTA

BASHA

CISSÉ

D’ELIA

ANDERSON

BRIENZA

FLORO FLORES

PRESENZE

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GOL DI PIEDE SU AZIONE

GOL DI TESTA SU AZIONE

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Improta Galano Cissè Tello

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Floro Flores 1 Petriccione 1 Anderson 1 Nenè 1

Il Bari è una squadra portata al palleggio e alla ricerca del gioco ragionato. Fin dall’inizio del campionato, i biancorossi sono riusciti a trovare la rete su azione con una certa continuità. La fanno da padrone i due esterni, Galano ed Improta: in particolare, nella prima parte di stagione sono andati a segno grazie a “tagli” rivelatisi letali per gli avversari. 6

GOL SU SVILUPPI DI CALCIO PIAZZATO

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Galano

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Curioso il destino. Pur con quattro centravanti puri a disposizione, l’unico ad andare in gol di testa su azione è il più piccolo tra le punte in organico: Galano. Nel suo momento d’oro, il “Robben di Puglia” si è rivelato anche in un fondamentale che non è certo la sua specialità, colpendo in tal modo il Brescia e la Salernitana.

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Tonucci Basha Galano

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Kozak Marrone

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Discreta la produzione da calcio piazzato (corner o punizione): i gol di Basha, Kozak e Marrone sono arrivati direttamente da deviazioni su palla ferma. Le reti di Tonucci (ora passato al Foggia, ma a bersaglio con il Cesena) e Galano (la prima nella doppietta a Perugia) evidenziano, invece, la riuscita di precisi schemi provati in allenamento.

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KOZAK

HENDERSON MARRONE

NENé

PETRICCIONE SABELLI

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GOL DA FUORI AREA

GOL SU RIGORE

GOL SU PUNIZIONE

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D’Elia Improta Basha Galano

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La conclusione dalla distanza è un’altra arma utilizzata con una certa frequenza. Anche in questo caso, va sottolineato come abbiano pescato il jolly diversi elementi magari non identificati come specialisti nel tiro da fuori. Spicca soprattutto D’Elia che ha colpito ben due volte (Empoli e Cremonese): una di sinistro (il piede prediletto), l’altra di destro.

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Improta Galano

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Dato stranamente esiguo: una delle big della B ha usufruito di appena due penalty, segno che forse i galletti sono un po’ in credito con la classe arbitrale (diversi gli episodi dubbi non premiati con il tiro dagli undici metri). Dal dischetto, sono stati precisi sia Improta (nella trasferta di Frosinone), sia Galano (decisivo per battere l’Avellino al San Nicola).

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Brienza Galano

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Non mancano gli specialisti a disposizione di Fabio Grosso. Solo due di loro, tuttavia, hanno colpito. Determinante Brienza contro il Pescara, così come il solito Galano ha trasformato una punizione a Perugia. Mancano all’appello almeno altri due tiratori: Floro Flores (palo a Venezia) e Nenè. a cura di Davide Lattanzi

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BR L’ESPERTO

il

BARI

PROMOZIONE DIRETTA SI PUO ANCORA FARE L’ORGANICO È DI PRIM’ORDINE ED È SCONTATO CHE ALLA LUNGA I VALORI EMERGERANNO Alberto Bergossi

N

Chi è Alberto Bergossi è nato a Forlì il 25 giugno 1959. Cresciuto nella squadra forlivese della Pianta, passa all’Us Russi di Ravenna. Veste poi le maglie di Bologna (debuttando in serie A), Palermo e Spal. Milita quindi per un biennio nell’Avellino (1982-84), poi approda al Bari accumulando 84 presenze, 8 reti (il suo incredibile slalom concluso con gol nel derby con il Lecce resta una pietra miliare nella storia biancorossa), una promozione in serie A non evitando, però, l’immediato ritorno in B. Dopo una parentesi al Forlì, torna ancora al Bari e, con 18 presenze ed un gol, contribuisce al ritorno in A dei galletti nel 1989. Chiude la carriera al Mantova, ma resta nel mondo del calcio, diventando procuratore.

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on ho mai avuto dubbi sul Bari. L’organico biancorosso è di prim’ordine ed è scontato che alla lunga i valori debbano emergere. Non ho smarrito le mie convinzioni nemmeno nel momento di maggiore difficoltà attraversato dai galletti: in un torneo così lungo ed equilibrato, capita inevitabilmente a tutte le compagini un periodo di appannamento. I galletti, però, l’hanno superato con le doti della grande squadra: coesione, grinta, unità di intenti. È stato bravo anche Fabio Grosso: fin da inizio stagione, l’allenatore dei pugliesi mi ha colpito. È giovane, ma, pur essendo alla prima esperienza con i professionisti, ha mostrato idee chiare, la conoscenza di una precisa identità di gioco che ha trasferito al suo gruppo e, in quest’ultimo frangente, anche freddezza e coraggio nell’affrontare situazioni complicate, senza farsi travolgere dagli umori di una piazza passionale come poche, ma al contempo esigente ed esausta dalle delusioni accumulate negli ultimi sette anni. La sfida di Avellino può essere davvero uno snodo nella stagione barese. È un derby del Sud contraddistinto da un’antica rivalità, molto sentito dalle tifoserie. Bari ha dimensioni, tradizione e potenzialità da categoria superiore: ho avuto la fortuna di conquistare ben due promozioni con i galletti, in due periodi differenti della mia milizia in Puglia, nel 1985 e nell’89, ma in entrambi i casi ho ammirato il coinvolgimento totale della città e l’atavica “fame” di affermarsi stabilmente nel massimo campionato. Ad Avellino ho giocato due stagioni in A e devo dire che nella città irpina è forte il senso di appartenenza al palcoscenico più prestigioso, sebbene per dimensioni e seguito il paragone con Bari non regge. Giocare al Partenio, comunque, non è semplice: è un ambiente molto caldo. In più, da sempre gli irpini costruiscono squadre che si immedesimano nel contesto. I calciatori biancoverdi “sentono” la maglia e tra le mura amiche danno sempre qualcosa in più. Ecco perché superare un esame di tale spessore, significherebbe che il Bari ha ormai raggiunto piena maturità. Nel 2018 provocazioni o atteggiamenti intimidatori avvenuti in passato diventano persino anacronistici: sarebbe il caso che le squadre dessero per prime il buon esempio senza creare motivi di tensione nel pubblico. L’obiettivo degli irpini è soprattutto la salvezza: si tratta di un complesso abituato a lottare in ogni match con il coltello tra i denti. E considerando che l’Avellino in casa ha perso solo due volte, se Galano e compagni riusciranno addirittura a centrare un blitz, daranno un segnale fortissimo al campionato. A mio avviso, Empoli e Frosinone hanno qualcosa in più rispetto alla concorrenza. Ma le distanze non sono incolmabili e il Bari deve ancora provare a concorrere per i due posti che assegnano la promozione diretta. E se invece i sogni dovessero passare dai playoff, occorrerà disputare gli spareggi promozione con la massima determinazione e con tutto il calore del pubblico barese che può davvero rivelarsi il valore aggiunto per i ragazzi di Grosso.

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BR L’INTERVISTA

il

NINA MORIC

STREGATA DALLE CURVE

Michele De Feudis

T

ifa per la Dinamo Zagabria, ma nel suo cuore calcistico c’è spazio anche per una simpatia riservata al Bari. Nina Moric, modella per grandi stilisti come Versace, Gattinoni e Cavalli, e showgirl, ha fatto discutere sui social per un incoraggiamento riservato alla squadra biancorossa. Ci racconta il suo rapporto con il mondo del pallone tra Italia e Croazia, sua terra natìa, rivela di aver avuto tra i corteggiatori un ex calciatore dei galletti e conferma l’intenzione di voler venire a seguire una partita anche sugli spalti dell’Astronave di Renzo Piano. Nina, i tifosi del Bari vorrebbero invitarti a seguire una gara di Brienza e compagni al San

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Nicola. È sorpresa dalle attenzioni che le riserva questa tifoseria? «Sono ben voluta un po’ da tutte le tifoserie, tranne quelle del Napoli e del Livorno a cui ho riservato qualche battutina di troppo. Ho in mente di fare un giro in diverse curve: Lazio, Inter, Juventus, Verona e ovviamente il Bari». Il suo rapporto con il mondo del calcio: da piccola seguiva qualche club? «Ovviamente nella mia famiglia si tifava la Dinamo Zagabria. Da noi c’erano schemi differenti, incontrare le squadre serbe e bosniache era qualcosa di più di un appuntamento sportivo».

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HO IN MENTE DI FARE UN GIRO TRA GLI STADI ITALIANI E OVVIAMENTE VERRÒ ANCHE DA VOI VI RACCONTO UN ANEDDOTO: UN GIOCATORE DEL BARI MI INVIÒ UN ENORME MAZZO DI FIORI...

La sua squadra del cuore? «In realtà non ho una squadra del cuore. Mio figlio è interista e il mio fidanzato juventino. Quando le loro squadre vincono, loro sorridono… Come posso non essere felice anche io?». A Bari la immaginano già con una sciarpa biancorossa al collo… «Per quanto riguarda il Bari non è che segua la squadra, non voglio mentire, ma credo che una città così bella merita palcoscenici importanti. Lo meritano i baresi. Ogni volta che per lavoro sono a Bari o in provincia il calore che mi riservano mi emoziona».

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È mai stata testimonial di un club calcistico? «No, non credo nemmeno che lo farei. Mi piace l’onestà che hanno la maggior parte dei tifosi, anche gli ultrà, spesso messi alla gogna. Lo sport rende migliori, fa crescere anche chi lo vive intensamente da fuori. Credo nelle passioni vere, e nei veri appassionati. Non mi piacerebbe identificarmi con una squadra, ma con i valori che il calcio trasmette». A Bari hanno giocato due campioni croati: Zvone Boban e Robert Jarni. Li ha conosciuti? Ha ricordi delle loro carriere? «No. Io di calciatori ne ho conosciuti pochi nella mia vita. Ho conosciuto Jovetic e Perisic ma solo per presentarli a mio figlio: due ragazzi d’oro, molto simpatici e gentili. Però un aneddoto ve lo racconto». Siamo pronti. «Circa cinque o sei anni fa ho ricevuto un mazzo di fiori enorme da un calciatore del Bari, mi sembra nordafricano ma non sono sicura. Fu sicuramente un gesto carino, ma non ho mai voluto al mio fianco nessun calciatore… Preferisco uomini creativi, trovo eccitante la genialità. Poi chi mi aveva inviato i fiori era anche abbastanza brutto (sorride, ndr)». Boban in Croazia è stata ed è una vera icona di patriottismo? «Sì, non ricordo se ancora giocasse quando sono venuta in Italia. Ho memoria nitida delle ottime partite che ha disputato in nazionale e di quello che rappresenta per il popolo croato. È giusto così: l’attaccamento ai colori della propria nazione, Boban lo ha sempre dimostrato. Per questo ha la mia stima. Come dice l’inno di Mameli, “siam pronti alla morte l’Italia chiamò” oggi quante persone morirebbero per la propria patria? Tutto questo si è perso, il calcio dovrebbe aiutare a riscoprire il patriottismo». Cosa pensa del mondo delle curve e del tifo organizzato italiano? «Mi piace questo modo di vivere il calcio, c’è più rispetto del prossimo lì che nelle tribune a volte troppo imborghesite. È un mondo difficile da comprendere per chi non entra nelle periferie, chi non sa cosa siano le case popolari. Io, da quando ho iniziato a conoscere le borgate, ho capito aspetti della società che mi hanno reso migliore e felice». L’ultima partita vista sugli spalti di uno stadio? «Inter-Napoli lo scorso anno. Avevo una parrucca rossa, degli occhiali enormi, mi sono bardata e resa irriconoscibile. Non volevo essere disturbata per le foto, volevo godermi la partita, poi qualcuno mi ha riconosciuto e qualche foto l’ho fatta lo stesso. Spero di tornare presto in uno stadio». Segue le partite della nazionale italiana o croata? «Le seguo entrambe, ma io sono croata. In un’ipotetica finale mondiale Italia-Croazia, tiferei per la Croazia. Almeno nel 2018, purtroppo, questo non succederà. L’Italia non si è qualificata per i campionati in Russia. Spero allora di convincere tanti amici italiani a sostenere la Croazia. Sono sicura di riuscirci…».

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BR IL PERSONAGGIO

il

MR HENDERSON una famiglia M nel pallone

Filippo Luigi Fasano

da papà Nicky trequartista degli anni Novanta al fratello Ewan, un classe 2000 diviso fra centrocampo ed attacco 2 marzo 2018 anno I n. 3

inuto 47 di Bari-Frosinone, primo tempo ancora in corso. Dagli spalti del San Nicola rimbomba un ruggito. Un gol? No, Kozak ci penserà solo dopo l’intervallo. Un cambio atteso? Macché, Brienza è in panchina e ci resterà alla fine. Un fallo, solo un fallo. Convalescente dopo tre ko di fila, quel Bari che sta tenendo botta alla capolista, è ancora vivo. A ricordarlo, ci pensa Liam Henderson, lo scozzese arrivato a gennaio, 22 anni da compiere ad aprile. Un colpo ad Ariaudo e via, fregandosi di quel giallo che svolazza puntuale. La strada per il cuore dei tifosi può passare pure da un calcione assestato, se sei rosso di capelli e hai il 14 sulle spalle. Colore e numero che a Bari fanno rima con Alessandro Gazzi. Più diga l’ex Torino, mentre Liam è una lama che fende. Anche alla cieca. Palla o gamba per lui, pari sono. Ma quando colpisce la sfera, è ancora meglio. A Terni è successo due volte, e per due volte il Bari ha segnato. La prima con un destro ad incrociare che ha sorpreso Plizzari, dai 25 metri. La seconda con un corner a spiovere, giusto sulla testa di Marrone. Un gol ed un assist festeggiati con un

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BR IL PERSONAGGIO

il

scozzese centrocampista 21 anni

TIC L E

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ORG

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fotomontaggio: la sua faccia su quella di Mel Gibson sulla locandina di Braveheart, il film sul patriota scozzese William Wallace. I tifosi che lo festeggiano, l’avevano già adottato al suo esordio. Metto un turbo nel motore, deve aver pensato Fabio Grosso, facendolo subito incrociare con il meglio della cadetteria. Gente come il bosniaco Krunic o il tentacolare Chibsah, il mediano che fa densità. Ha sbuffato Mr Henderson, caricando l’arancio delle gote fino a farle diventare paonazze. Ma non gli sono scappati quasi mai, fra pregi e difetti tipici dell’incursore puro. Troppa foga però, quando per un passaggio azzeccato se ne contano tre fuori misura. È fra quelli che mancano e sanno mancare, il giovane Liam. Nonostante l’impiego pressoché nullo (solo 23 minuti da subentrato quest’anno), il popolo del Celtic non l’ha presa bene, nel vederlo partire. Era successo altre due volte, e questa sarà l’ultima. La prima se ne andò a Trondheim, destinazione Rosenborg, conquistando in tre mesi coppa e scudetto di Norvegia, oltre alle simpatie di una modella locale. Poi, da Glasgow ad Edimburgo per giocare nell’Hibernian: 36 presenze in Championship (B scozzese) con 6 reti ed 11 assist, ma senza promozione. Nell’estate 2016 l’ennesimo ritorno al Celtic dove aveva esordito a 17 anni, con comparsate in Champions ed Europa League. Allora lo scarrozzava ancora papà Nicky, un trequartista che ha dato il meglio di sé negli anni Novanta. Era l’idolo di Liam assieme a Gerrard e Zidane. «Ed anche il mio critico più esigente», aveva ricordato il giocatore dopo il debutto in biancoverde. Una intera famiglia nel pallone, compresi i fratelli minori. Soprattutto Ewan, quadrifoglio sul petto pure lui, un classe 2000 che ondeggia fra centrocampo ed attacco, come suo padre. L’appuntamento per ritrovarsi tutti assieme è in nazionale maggiore. Liam potrebbe conquistarla proprio a Bari, dopo l’intera trafila nelle selezioni giovanili. Per ora dovrà accontentarsi della Scozia under 20 di rugby, di scena al Della Vittoria venerdì 16 marzo. Anzi no, il giorno dopo si gioca a Cittadella.

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SQUADRE DI CLUB

ENB ROS

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HIBERNIAN CEL TIC

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L’INTERVISTA DOPPIA

COME TI CHIAMI? Luca Guerra.

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SOPRANNOME War. QUANTI ANNI HAI? 29. SEGNO ZODIACALE? Gemelli. PROFESSIONE? Giornalista e addetto stampa. TRE AGGETTIVI PER DEFINIRTI? Esigente, testardo, generoso. IL TUO PUNTO DEBOLE? La mancanza di fiducia, se la avverto vado in tilt. COME TI VESTI DI SOLITO? Male. A parte gli scherzi, camicia e maglione. COSA TI DICONO PIU’ SPESSO? Che sono logorroico. LA PRIMA COSA CHE FAI AL MATTINO? Guardo il cellulare. L’ULTIMA COSA CHE FAI LA SERA? Leggo un libro. UN SOGNO RICORRENTE? Commentare la finale dei Mondiali. UNA FIGURACCIA MEMORABILE? Serata in macchina con amici, 8/9 anni fa. In sei a bordo dell’auto. Ci ferma la Guardia di finanza in controsenso. Apre il cofano e trova delle cime di rapa in bustoni enormi. Abbiamo perso 15 minuti a spiegare che non erano sostanze stupefacenti. ULTIMO LIBRO LETTO? “Sportivo sarà lei”, una raccolta di testi dimenticati di Beppe Viola. COSA FAI SE IL GATTO NERO ATTRAVERSA LA STRADA? Faccio finta di niente, non sono scaramantico.

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DI COSA HAI PAURA? Solitudine. FRASE PREFERITA? “Non ci sono più saggi ma esperti di settore”. PER QUALE SQUADRA DI CALCIO TIFI? Vale dare tre risposte? Barletta, Bari, Juventus. COSA TI RIFARESTI DAL CHIRURGO PLASTICO? Nulla, sono già passato da troppi ortopedici. Basta bisturi.

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COME TI IMMAGINI TRA 30 ANNI? Con delle cuffie alle orecchie e a parlare con un microfono in mano. Sperando di avere ancora qualcuno che mi ascolti. COSA CAMBIERESTI DEL TUO CORPO? Perderei qualche chilo. IL RICORDO INDELEBILE? Il primo servizio televisivo su una tv satellitare nazionale. Non ci credevo. QUELLO PEGGIORE? Il primo provino in radio, nel 2007. Lessi un giornale radio finendo con il fiatone. UNA PERSONA CHE STIMI? Nel mio lavoro, Fabio Tavelli. DOVE VORRESTI VIVERE? Mi piacerebbe tornare a Milano, oppure a Valencia o a Berlino. Ma a Barletta e Bari si sta così male? IL SAN NICOLA O IL DELLA VITTORIA? Il San Nicola, al Della Vittoria ho visto solo concerti. LA CANZONE CHE INTERPRETI MEGLIO? Canto male sempre. Mi cimento più spesso con Venditti e Ligabue. LA CANZONE CHE TI HA FATTO INNAMORARE? “Sign of the Times” di Harry Styles. È malinconicamente romantica. HAI NEMICI? Ora, spero di no. In passato qualcuno, ma è bastato ignorarlo. IL PIATTO PREFERITO? Pasta al pesto. COSA PENSI DELL’ALTRO? Un grande professionista e una persona generosa. Con Alessandro Patella formiamo un bel trio. MEGLIO LA RADIO O LA TV? Il primo amore è la radio e resta tale. Ma è un po’ quel che si dice di attacco e difesa: il primo fa vendere i biglietti, la seconda fa vincere. Ecco, la radio è la difesa e la tv è l’attacco. IL TUO PORTAFORTUNA? Ero legato a un braccialetto rosso di gomma, perso nella scorsa estate. DESTRA O SINISTRA? Faccio troppa fatica a distinguerle oggi.

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LA COSA PIU’ TRASGRESSIVA CHE HAI FATTO? Di quello che si può raccontare, andare al lavoro qualche volta dopo notti in bianco a far baldoria. UN LAVORO CHE AVRESTI FATTO? Lo chef. COSA NON SOPPORTI? L’ignoranza. O meglio, chi fa finta di non essere ignorante. COMPAGNO DI VIAGGIO IDEALE? Due amici storici, Cosimo e Angelo. IL MIGLIOR CALCIATORE DEL BARI VISTO IN AZIONE? Cassano sarebbe banale, allora dico Almiron. Una roccia a centrocampo. UN PREGIO DEI TIFOSI BARESI? La capacità di entusiasmarsi e sostenere sempre. UN DIFETTO DEI TIFOSI BARESI? Anche loro, come tanti tifosi, sono forse troppo attivi sui social. IL GOL PIU’ BELLO SEGNATO DAL BARI? Tra quelli che ho commentato, il gol di Galano, 4-3 a Benevento. LA PARTITA DA DIMENTICARE? Bari-Novara 3-4, maggio 2016. Che magone. IL PIATTO CHE CUCINI MEGLIO? Faccio una pasta col tonno da urlo. LA MAGLIA DEL BARI PIU’ INTRIGANTE? 1994/1995, bianca con scacchi rossi. IL COMPLIMENTO PROFESSIONALE PIU’ BELLO? «Mi sembrava di essere allo stadio accanto a te» dopo una radiocronaca. LA CRITICA PIU’ FEROCE? Quando mi dicono che sono arrogante: giuro che è solo una prima sensazione. CON CHI VORRESTI ANDARE A CENA? Woody Allen e Alessandro Del Piero tra gli uomini, Jennifer Aniston e Emma Stone tra le donne.

CHI GETTERESTI DALLA TORRE? Gli estremisti. SLIP O BOXER? Siete amanti del macabro? Slip.

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GUERRA-RUSCITTO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

COME TI CHIAMI? Paolo Francesco Ruscitto. SOPRANNOME La ‘bbramme. QUANTI ANNI HAI? 37, appena compiuti. SEGNO ZODIACALE? Pesci. PROFESSIONE? Giornalista. TRE AGGETTIVI PER DEFINIRTI? Leale, sincero, meticoloso. IL TUO PUNTO DEBOLE? Fidarmi delle persone sbagliate. COME TI VESTI DI SOLITO? Outfit tra classico e sportivo. COSA TI DICONO PIU’ SPESSO? Che sono preciso e passionale. LA PRIMA COSA CHE FAI AL MATTINO? ll segno della croce. L’ULTIMA COSA CHE FAI LA SERA? ll segno della croce. UN SOGNO RICORRENTE? Cadere nel vuoto, essere inseguito durante un attacco militare. UNA FIGURACCIA MEMORABILE? Chiesi a Mario Ferorelli, ex presidente della Circoscrizione Murat, durante un’intervista in radio come conciliasse l’attività politica con quella coniugale: si era appena separato… ULTIMO LIBRO LETTO? “Pane e Amianto”, di Giuseppe Armenise. COSA FAI SE IL GATTO NERO ATTRAVERSA LA STRADA? Mi fermo e lo accarezzo. DI COSA HAI PAURA? Di vivere senza amore. FRASE PREFERITA? «Salga a bordo, cazzo» - ex comandante De Falco.

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PER QUALE SQUADRA DI CALCIO TIFI? Bari. COSA TI RIFARESTI DAL CHIRURGO PLASTICO? Nulla. COME TI IMMAGINI TRA 30 ANNI? Più maturo per seguire il Bari in Europa. COSA CAMBIERESTI DEL TUO CORPO? Nulla. IL RICORDO INDELEBILE? La vittoria delle elezioni universitarie del 2002 in cui ero candidato. QUELLO PEGGIORE? Un’operazione chirurgica ad un occhio. UNA PERSONA CHE STIMI? Mia madre. DOVE VORRESTI VIVERE? A Torino. IL SAN NICOLA O IL DELLA VITTORIA? Il San Nicola. LA CANZONE CHE INTERPRETI MEGLIO? “Tutto quello che un uomo” di Sergio Cammariere. LA CANZONE CHE TI HA FATTO INNAMORARE? “This is what you are”, di Mario Biondi.

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HAI NEMICI? Chi non mi ha rispettato. IL PIATTO PREFERITO? Trofie con funghi cardoncelli e pomodorini.

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COSA PENSI DELL’ALTRO? Lo rispetto sempre, anche se il suo modo di pensare è lontano dal mio.

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MEGLIO LA RADIO O LA TV? Questa è facile… IL TUO PORTAFORTUNA? La fede. DESTRA O SINISTRA? Chi persegue l’interesse generale. CHI GETTERESTI DALLA TORRE? Chi crede che raccontare verità scomode faccia il male del Bari. SLIP O BOXER? Boxer sportivi. LA COSA PIU’ TRASGRESSIVA CHE HAI FATTO? Una passeggiata in bici sulla statale 16, all’età di 8 anni. UN LAVORO CHE AVRESTI FATTO? L’architetto. COSA NON SOPPORTI? L’ipocrisia e la falsità. COMPAGNO DI VIAGGIO IDEALE? Chi condivide le tue passioni o magari Diletta Leotta. IL MIGLIOR CALCIATORE DEL BARI VISTO IN AZIONE? Yksel Osmanovski. UN PREGIO DEI TIFOSI BARESI? L’amore e la passione incondizionati per il Bari. UN DIFETTO DEI TIFOSI BARESI? La “schizofrenia” dell’umore. IL GOL PIU’ BELLO SEGNATO DAL BARI? Il gol di Protti in rovesciata nella partita Bari-Fiorentina del 9 aprile ’95. LA PARTITA DA DIMENTICARE? Bari-Lecce del 15 maggio 2011… IL PIATTO CHE CUCINI MEGLIO? Spaghetti con pomodorini, pesto e una cascata di rodez. LA MAGLIA DEL BARI PIU’ INTRIGANTE? Maglia Adidas del campionato 19891990. IL COMPLIMENTO PROFESSIONALE PIU’ BELLO? Durante la cronaca dell’asta fallimentare vinta da Paparesta, un ascoltatore mi scrisse che avevo descritto e incarnato lo stato d’animo della gente in quel momento. LA CRITICA PIU’ FEROCE? «Sei troppo pignolo». CON CHI VORRESTI ANDARE A CENA? Con San Nicola.

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BR COME ERAVAMO

il

GIACOMO

LIBERA

PUPE E INFORTUNI

ERO IN CONVITTO CON MENEGHIN. LE RAGAZZE CI SCRIVEVANO E DAVAMO LORO APPUNTAMENTO DAVANTI A UN CINEMA. SE ERANO CARINE CI USCIVAMO SE NO TIRAVAMO DRITTO

Filippo Luigi Fasano

L

’appuntamento è alle 9,30 davanti alla stazione. Ci arriva puntuale, Giacomo Libera, con i suoi 66 anni portati alla grande e la scanzonata consapevolezza di poter vivere la vita in un modo solo, così come viene. Dopo Varese, Bari è la piazza in cui è rimasto di più e giocato di meno: 22 presenze e 6 gol, tra 1979 e 1982, quasi tutte prima dell’infortunio che gli ha lasciato, ancora oggi, un ginocchio impossibile da piegare. E Bari è la città che Libera ha sposato dopo il ritiro dal calcio, assieme alla signora Bianca e ad una nuova vita professionale (rappresentanza di abbigliamento, un’azienda a Casamassima gestita adesso dal figlio Alessandro): «Ma come si fa a lasciare questi posti? – chiede e si chiede –. Il cibo, un mare stupendo, il calore delle persone: la qualità della vita in Puglia non ha eguali». Una di queste persone è Gianni Antonucci, con cui Libera ha condiviso pure una rieducazione in piscina. Se lo ricordano subito l’un l’altro, nello studio dello storico biancorosso. «Quand’è che ci siamo conosciuti? Ottobre 1973: Varese-Bari 1-0 la decide Giacomo, da avversario. Ma il suo vero biglietto da visita è fuori dal campo, con una pelliccia di visone addosso: volevo intervistarti – ricorda Antonucci –. E tu mi presentasti quella bellezza da copertina». Già. Aveva 22 anni Libera, e cresceva a pupe e pallone. Si parlava di lui come il Gigi Riva dell’Inter. Stesso piede, un sinistro che rombava, stessa provenienza, lago Maggiore: «Lui di Leggiuno, io di Ispra. Lui introverso, io esuberante. Mi piaceva divertirmi. Non rimpiango nulla».

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Da San Siro, però, Libera ci è passato. «Ci sono arrivato da Varese, dove ero in convitto con Meneghin. Esordio con gol in Coppa Italia, alla Juve. Lo stadio pieno, il cuore che batteva fortissimo. Poi sono arrivati gli infortuni». Assieme alle ragazze. «Ci scrivevano e davamo loro appuntamento davanti a un cinema, il Missouri. Se erano carine, ci uscivamo. Altrimenti, tiravamo dritto». Prima Foggia, poi Bari. «Mi telefonano in ritiro, di notte: “Sono Regalia, il ds del Bari. Ti abbiamo preso: sei contento?” E me lo chiedi? Venivo qui ogni domenica sera». La doppietta al Taranto se la ricordano ancora. «Il gol di testa fu spettacolare. L’altro, addirittura di destro, forse l’unico della carriera. Poi, in allenamento, mi si è girato il ginocchio. Mi hanno rimesso in piedi ma non sono più tornato quello di prima». Dalle magliette infeltrite ai maglioni di cachemire. «Mi dicevo: “E se mi riconoscono, che figura ci faccio?” Primo cliente a San Giovanni Rotondo. Manco il tempo di entrare in boutique, che il proprietario mi punta: “Ma lei non ha giocato nel Foggia?” Volevo sprofondare. Poi, però, mi ha fatto un grosso ordine. Mai vergognarsi, se si fanno le cose per bene». Le piace, questo Bari? «Il gioco non mi diverte, anche se i risultati stanno arrivando. Il posto di questa città è in serie A, a metà classifica. Bisogna lavorare per arrivarci».

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BR la curiosità

il

la politica

nelpallone

flop e top In altro, Berardino Capocchiano tentò l’avventura alla Provincia di Monza; accanto, Antonio Matarrese, deputato al Parlamento per cinque legislature; il barese Angelo Montrone assessore allo sport di Abano Terme fino al 2016 e Marco Tardelli, l’ex campione del mondo e allenatore del Bari nella stagione 2002-2003 e 2003-2004, candidato alle elezioni europee del 2014

Francesco Damiani

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ra due giorni l’Italia è chiamata a rinnovare il suo Parlamento e anche quest’anno nelle varie liste si è cercato di candidare personaggi famosi per guadagnare più consensi. Ci sono anche degli ex calciatori, ma non è che calciatori e politica vadano molto d’accordo. E non solo perché spesso usano simboli e frasi del tutto fuori luogo sui social. Per un Weah appena eletto presidente della sua Liberia e un Rivera deputato per diverse legislature, ci sono tanti tentativi falliti di passare dal campo o dalla panchina a un posto in Parlamento o anche in qualche amministrazione locale. Anche il Bari può contare su tre ex non proprio recenti che hanno tentato la via della politica con risultati piuttosto deludenti. L’unico che sia riuscito a superare l’esame delle urne è Angelo Montrone, che nel Bari non hai mai giocato, ma che è barese ed è cresciuto nel vivaio biancorosso anche se la fortuna calcistica l’ha trovata a Padova ed è lì che si è stabilito dopo aver appeso le scarpe al chiodo. Proprio in Veneto, per la precisione ad Abano Terme, dal 2011 al 2016 ha ricoperto l’incarico di assessore allo sport. Decisamente peggio è andata a Berardino Capocchiano, incubo dei tifosi del Bari nei primi anni ’90. Originario di Zapponeta, ma cresciuto in Germania, attaccante di grandi prospettive quando giovanissimo giocava nella Lazio, nella sua permanenza a Bari ha segnato solamente quattro reti e il duo comico Toti e Tata lo soprannominò “pibe de piombo”. Nel 2009, tentò la carriera

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tanti i tentatiVi falliti di passare dal campo o dalla panchina al parlamento O AGLI ENTI LOCALI chi ci è riuscito e chi no

politica candidandosi alla neonata provincia di Monza. Un fallimento anche quella esperienza, del tutto simile al suo rapporto con la porta avversaria e allora meglio continuare a dedicarsi all’azienda messa su qualche anno fa che gli sta dando grandi soddisfazioni tanto da fargli venire addirittura l’idea di acquistare il Piacenza. Con la politica ci ha provato anche Marco Tardelli. L’ex campione del mondo che in panchina a Bari, dove è rimasto meno di un anno a cavallo di due stagioni, non ha lasciato un grandissimo ricordo, nel 2014 fu candidato dal PD addirittura al Parlamento Europeo. Anche a lui, però, è toccata l’amara di sorte di rendersi conto che convincere gli elettori non è semplice come segnare un gol nella finale di un mondiale. Il ricordo dello storico urlo dopo aver superato il portiere tedesco Schumacher nella fantastica notte madrilena dell’11 luglio ’82 non gli è servito per conquistare un posto a Bruxelles e anche nel suo caso la carriera politica è finita prima ancora di cominciare. Decisamente meglio è andata a chi ha guidato il Bari dalla scrivania. Antonio Matarrese era già onorevole quando la sua famiglia nela 1977 decise di acquistare il Bari, ma è abbastanza probabile che la proprietà della società biancorossa abbia contributo alle successive rielezioni. Così come le alterne fortune dei galletti hanno determinato un affievolimento del consenso popolare e anche dopo la promozione in A del 2009, per lui candidato al Comune, non ci fu certo un plebiscito.

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BR AMARCORD

il

4 MARZO 1945

IL DERBY DEL DOPOGUERRA Gianni Antonucci

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e il 4 marzo 2018 sarà ricordato per le nuove elezioni politiche, il 4 marzo del 1945 (73 anni fa) rappresenta una delle tante date importanti nella lunga storia biancorossa: il ritorno, dopo 22 mesi, del calcio giocato al “della Vittoria”. L’ultima partita era stata contro il grande Torino il 25 aprile 1943 (in pieno conflitto bellico). Poi, tutta una serie di avvenimenti che bloccavano l’attività agonistica: caduta del regime, armistizio, arrivo degli Alleati, le bombe dei tedeschi sul porto con 16 navi a picco, il convegno antifascista del comitato di liberazione in città, il pesantissimo “off limits” per il non accesso allo stadio, ormai sotto il vigile controllo degli Alleati e ridotto, per altro, a un rudere. Difficile poter ottenere anche un breve permesso per accedervi. Tra l’altro, i calciatori del Bari, rimasti liberi, si erano “accasati” presso club della provincia (Conversano, Rutigliano, Casamassima, ecc.). Dal ricostituito Liberty dei fratelli Padolecchia fu allestito un provvisorio campo di gioco vicino

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al cimitero dedicato al compianto Antonio Lella, giocatore biancorosso e barese deceduto anni prima. Il campo era completamente in terra battuta e con 4 proprietari che ne vantavano il possesso. Solo in pochi erano in grado di racimolare le cinquanta mila lire per l’allestimento del terreno di gioco. Il resto, tutta improvvisazione: gli spogliatoi erano in un capannone di una azienda vinicola, la stanza per l’arbitro era, per così dire, mobile, alternando l’utilizzo di un vicino negozio o del “salone del barbiere” o nel retrobottega di un bar o addirittura nell’alloggio del custode dell’adiacente cimitero. Il Bari per poter giocare versava una specie di canone al Liberty, e non mancavano liti e polemiche. In quello stesso periodo, la sera di Capodanno 1945, il Bari cambiava denominazione: da Unione Sportiva ad Associazione Sportiva, modifica resasi necessaria per poter ritesserare i calciatori rimasti liberi dopo il 31 dicembre 1943. C’era l’off limits per il non accesso al della Vit-

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DELLA VITTORIA STORY

A sinistra Maestrelli palleggia nello stadio riaperto a luglio del 1945. Cerchiato il cratere provocato da una bomba di aereo tedesca. A fianco, Camillo Fabbri, autore del gol della vittoria nel derby col Lecce. Sotto, la squadra dell’As Bari che affrontò i giallorossi nel dopoguerra

toria da parte dei civili, e quindi dei tifosi biancorossi. La struttura era ormai completamente inagibile. Nell’incursione della Luftwaffe del 2 dicembre 1943, nonostante i palloni frenati una prima bomba cadeva sul campo, e subito un’altra traforava la pensilina della tribuna coperta. Lo stadio era ormai adibito al parcheggio di automezzi militari, di carri armati (le cosiddette “tanks”), e spesso ad incontri di calcio tra militari, a sfide sul ring per il pugilato ed anche a corse di cavalli, mentre gli spogliatoi erano utilizzati per alloggi di qualche ufficiale e soprattutto per il deposito dell’UNRRA. Il Bari non rimase da parte, s’iscrisse al campionato pugliese che cominciò con 13 squadre (Altamura, Bari, Barlette, Brindisi, Lecce, Pro Italia Taranto, Audace Taranto, Arsenale Taranto, Grottaglie, Gioia del Colle, Acquaviva, Matera e Liberty Bari) e fu sospeso dopo 17 giornate con appena 7 squadre rimaste (Bari, Arsenale, Lecce, Acquaviva, Barletta, Altamura, Liberty). Le altre, senza ormai giocatori ritornati

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alle loro sedi (al nord), non erano più competitive. Il Bari fu primo con 27 punti con il vantaggio di aver recuperato tutti i suoi effettivi tranne Capocasale, tesseratosi con l’Audace Taranto. Alla vigilia del derby con il Lecce, in calendario il 4 marzo 1945, le autorità alleate concessero finalmente il permesso di giocare al “della Vittoria” con inizio alle 15,30, mobilitando i dirigenti per sistemare il terreno di gioco. In oltre 2.000 sbarcarono dal tram e dalle carrozze, molti a piedi o con la bicicletta. Non c’era il botteghino e si entrava gratis. Si giocò sotto una leggera nevicata spinta, però, da un leggero vento. Sfidata così una giornata tipicamente invernale: il fascino di una partita al “della Vittoria” valse però anche la “pizzicata” di gelo. Il Bari ripagò i suoi fedelissimi vincendo 2-1 con rete di Orlando al 25’ e di Fabbri al 69’. Poi su rigore il leccese Natale. La partita finiva nel semibuio. C’era ancora l’oscuramento in città. L’importante era di essere tornati al “della Vittoria” dopo un’assenza di quasi due anni.

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BR I TIFOSI

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BARi IN TESTA L’AMORE CORRE SUL WEB UNA grande PIAZZA MEDIATICA DOVE CONDIVIDERE OPINIONI, critiche, COMMENTI E PROPOSTE

Nicola Lavacca

NON SOLO CALCIO

Bari In Testa è impegnata anche nel sociale con una serie di iniziative che coinvolgono i calciatori A sinistra Igor Protti, a destra Leonardo Bonucci e Giorgio Perinetti

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Bari in Testa” e nel cuore. La prima e unica associazione dei tifosi biancorossi, nata nell’ottobre del 2006, è una sorta di agorà mediatica dove condividere passione calcistica, opinioni, commenti e proposte. Ma c’è anche la sede di via Toma per incontrarsi e dire la propria sul Bari, per essere protagonisti attivi di quel cambiamento auspicato dai soci fondatori dodici anni fa, quando Giuseppe Manzari e Francesco Resta (ideatore del sito SoloBari.it) insieme ad altri 14 aficionados crearono un nuovo modello di sodalizio per essere sempre e ovunque vicini alla squadra della loro città. «Il Bari dei Matarrese stava attraversando un momento di calma piatta - racconta il presidente Giuseppe Manzari -. Sentimmo il bisogno di fare qualcosa di diverso, di essere anche propositivi per ridare slancio ed entusiasmo a tutto l’ambiente. Partendo dal forum di SoloBari, dove i tifosi esprimevano il proprio pensiero, decidemmo di costituire l’associazione che raccolse subito 200 adesioni. Questa novità nel panorama dei supporter biancorossi lasciò subito una traccia profonda. Ancora oggi siamo una realtà importante per dare voce, in maniera spontanea e aperta, a tutti quei tifosi che esternano il loro parere con schiettezza e senso di appartenenza. Perché tutti noi vogliamo il bene della Bari». Ad un anno dalla sua nascita, l’associazione si rese protagonista di una proposta per certi versi “rivoluzionaria” sul fronte societario dopo che la trattativa per la cessione dell’As Bari tra i Matarrese e la cordata dei monegaschi era puntualmente fallita. «Bisognava dare un segnale forte, anche in prospettiva futura - sottolinea Manzari -. Così lanciammo l’idea dell’azionariato popolare coniando l’ormai famoso slogan “Compriamola”, un’ipotesi non solo suggestiva che ebbe tanti consensi da parte della tifoseria e del mondo imprenditoriale. Successivamente la cosa si arenò, ma credo sia un’alternativa da tenere in considerazione». Lo sguardo proteso verso il futuro, senza di-

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menticare il presente con la speranza di vedere veleggiare sempre più in alto il vessillo biancorosso. «Abbiamo scelto la denominazione “Bari in Testa” per due motivi - fa notare il presidente Manzari -. Il primo è che siamo animati da una passione immensa per la nostra squadra del cuore. Il secondo è perché vogliamo una società ambiziosa, vincente. Insomma, desideriamo vedere il Bari sul ponte di comando, non solo in B ma anche in A. Ci auguriamo di poterci tornare quest’anno nel massimo campionato perché a noi la serie cadetta va stretta». L’amore sviscerato per il Bari scorre e si ramifica sul web. Gli iscritti all’associazione sono circa 500, ma è sulla pagina Facebook che si intrecciano i commenti e si dipana la discussione. I like sono più di 2.000. Da un paio di settimane è stato attivato anche un profilo su Instagram che già sta avendo un grande successo. «Sono le nuove e moderne forme di comunicazione.

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«VOGLIAMO UNA SOCIETà AMBIZIOSA E VINCENTE LA SERIE B CI VA STRETTA »

Tutti hanno la possibilità di essere partecipi delle vicende calcistiche del Bari. Siamo una voce fuori dal coro, ci sentiamo liberi di dire la nostra con obiettività non avendo peraltro alcun legame con la società. È una scelta che ha condiviso e apprezzato anche il presidente Giancaspro dopo averci incontrati. Siamo presenti allo stadio in Curva Sud, con il nostro inconfondibile striscione che portiamo durante le trasferte». Essere di “Bari in Testa” significa anche dare un senso all’amicizia oltre il calcio e avere uno spirito solidale. «Abbiamo realizzato tante belle iniziative come il Memorial “Guido Signorile” per ricordare un nostro amico tifoso che a soli 26 anni ha perso la vita in un incidente stradale - afferma Giuseppe Manzari -. Quel giorno Igor Protti ha voluto essere con noi, mostrando tanto affetto e vicinanza ai familiari di Guido. L’impronta biancorossa è qualcosa che ti rimane dentro. Per sempre».

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BR BIANCOROSA

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GALANO A DESTRA O A SINISTRA? Isabella Cardone / Allenatrice

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alano a destra o a sinistra? No, non si tratta di un quesito politico, sebbene le elezioni siano alle porte. È, invece, il “dilemma” che riguarda uno dei più talentuosi e rappresentativi calciatori biancorossi. Già, perché da tre giornate il “Robben di Puglia” ha traslocato di corsia (passando da destra a sinistra) dando vita quasi ad un revival: nel calcio d’altri tempi (basato spesso sul 4-4-2), infatti, l’ala era schierata puntualmente sul lato del piede “forte”, con il compito di rifornire di cross gli attaccanti. In epoca moderna, invece, sono sempre di più i tecnici che preferiscono disporre gli esterni offensivi a “piedi invertiti”, come si dice in gergo. Cristian Galano è un mancino naturale, eppure nella sua carriera ha puntualmente giocato sulla destra. Da Vincenzo Torrente al tandem Alberti e Zavettieri, da Devis Mangia fino alle recenti esperienze con Stefano Colantuono e Fabio Grosso, ogni allenatore ha cercato di assecondare le inclinazioni del 26enne foggiano. E chi è uscito da tale spartito (Davide Nicola, ad esempio, a volte lo ha utilizzato da seconda punta pura) ha finito con il non valorizzarlo appieno. Nell’attuale stagione, Grosso si è affidato a svariati assetti tattici: nel 4-3-3 (il modulo maggiormente utilizzato) o nel 3-4-3, Galano è stato puntualmente proposto da esterno destro. In tale posizione, il numero undici ha rispettato in pieno le consegne sia in fase realizzativa (sulle 13 reti realizzate, molte sono venute con il marchio di fabbrica del “rientro” verso il centro con conclusione forte oppure a giro), sia in quella di costruzione (con l’assist filtrante per le punte o per il taglio della mezzala o dei terzini, nonché per i “tagli” delle punte). Persino quando lo ha usato da attaccante (nel 3-5-2), il tecnico dei galletti gli ha permesso di partire dalla posizione defilata sulla destra, magari con il compito di accentrarsi con maggiore frequenza. Nelle ultime tre gare, invece, l’ala dauna è stata spostata a sinistra. Due le possibili motivazioni che hanno spinto Grosso a tale mossa: la prima è stata sperimentare Anderson da ala destra. Una ricerca “dovuta” per trovare collocazione ad un talento in crescita (già corteggiato dalle big italiane ed estere nel mercato di gennaio) senza togliere posto a Stefano Sabelli che da terzino destro (ovvero il ruolo in cui era inizialmente esploso Anderson) sta sfoggiando una serie di prestazioni di livello. La seconda è provare a rifornire una punta potente come Kozak con traversoni da sfruttare nel gioco aereo. Probabilmente Galano non si sposa al meglio con tale strategia: lo scatto bruciante per superare l’avversario, andare sul fondo e crossare per il centravanti non è la sua “giocata” tipo. A destra, il ragazzo è sembrato spaesato, quasi un pesce fuor d’acqua, troppo a lungo avulso dalla manovra. Tuttavia, i risultati sono ugualmente venuti, rimarcando che nel calcio il collettivo è in ogni caso più importante e decisivo del singolo. Dando per scontato che qualsiasi tecnico difficilmente può rinunciare al giocatore più determinante e prolifico, il “dilemma” è dunque destinato a riproporsi: Grosso vorrà assecondare le caratteristiche di Galano riportandolo nel ruolo preferito o insisterà sulla strada intrapresa, forte delle conferme venute dai numeri? Come sempre accade, al campo toccherà l’ardua sentenza.

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BR SETTORE GIOVANILE

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GIACOMO

MANZARI

IL RE

DELLE

TRIPLETTE VIVO PER IL PALLONE E ADORO MESSI

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SECONDA PUNTA MANCINA HA REALIZZATO TRE GOL DUE VOLTE AL FOGGIA E UNA ALL’AVELLINO NONNO DONATO LO ACCOMPAGNA TUTTI I GIORNI A SCUOLA E AGLI ALLENAMENTI Pierpaolo Paterno

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onno Donato. Papà Nicola. E un nipote di nome Giacomo. La trilogia dei Manzari si incastona alla perfezione nel più piccolo della famiglia. Attaccante e capocannoniere del Bari Primavera, piede mancino naturale alla base di un fisico asciutto di 185 centimetri. Tutti i numeri di un ragazzo semplice, affezionato alla maglia numero 10 che non sveste dai tempi in cui lo allenava Giorgio De Trizio. «Ma i primi calci al pallone - ricorda papà Nicola, 40 anni e residente con la famiglia a San Girolamo dopo i primi anni al quartiere San Paolo - li ha tirati all’età di sei anni al Di Cagno Abbrescia. Da piccolissimo frequentava le piscine comunali, prendendo tutti i brevetti di nuoto. Ma nel 2006, l’Italia campione del mondo di calcio lo ha stregato e lì è nato un nuovo amore». Sino ai provini al campo Matarrese e l’approdo in biancorosso con mister Del Zotti: «Gli altri allenatori che hanno contribuito alla sua crescita sono stati Prayer, De Trizio, Diliso, Sassarini, Valeriano Loseto e Giampaolo. Sino alla Primavera con De Angelis, rimanendo l’unico superstite della selezione di annata 2000». Con Giacomo ci sarebbe, in realtà, anche Nicola Schirone. Terzino della Primavera che, tra le altre cose, condivide la frequenza del quarto anno al Gorjoux per conseguire il diploma sportivo. “La mia vita è il calcio” recita il profilo personale di Manzari su whatsapp: «Vive per il pallone e adora Messi, ma non è un ragazzo social - continua papà Nicola - né insegue idoli particolari. Segue il suo percorso personale per diventare calciatore. Credo abbia stoffa, in campo gioca per la squadra». Tecnica di cui si è accorto anche Fabio Grosso nel ritiro estivo e in qualche allenamento della prima squadra. Oltre che nonno Donato, arzillo 69enne in pensione che immola la sua giornata per il nipote, mettendo anche da parte gli amici del bar vicino la Basilica di San Nicola (dove la famiglia ha origine): «Il nonno materno lo ha visto nascere prima di me in ascensore, accompagnando mia moglie in ospedale per il parto. Da allora, non lo lascia più. Lo accompagna tutti i giorni a scuola e agli allenamenti. Giacomo, infatti, non ha il motorino e non lo chiede nemmeno rispettando le nostre disponibilità economiche». Le ultime sono pennellate random, seguendo le ragioni del cuore: «Giacomo ama il Bari, e nutre una leggera simpatia per l’Inter. Per la nostra famiglia, il Bari è come il Real Madrid. La prima volta che l’ho portato al San Nicola è stato nel 2006. E fino all’anno

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MANZARI STORY

Le tappe fondamentali nella vita sportiva di Giacomo: il primo trofeo (a sinistra), le scarpe griffate e il primo contrasto duro

LA PRIMA VOLTA DA TIFOSO AL SAN NICOLA NEL 2006

scorso, è stato impiegato come raccattapalle». Giacomo Manzari è nato a Bari il 21 settembre del 2000. Seconda punta mancina, è in Primavera dal 1 luglio dell’anno scorso segnando undici gol: due in Coppa Italia, entrambi contro l’Ascoli, e nove in campionato (di cui tre al Foggia nei dei derby stagionali e tre ad Avellino) con una media di una rete ogni due partite. Schierato sempre da titolare, è stato utilizzato sette volte come punta centrale, ma si è disimpegnato a volte nelle vesti di ala destra, sinistra e all’occorrenza anche trequartista. Insomma profilo duttile, spesso in tandem col compagno - già 18enne - Claudio Maffei. In venti gettoni di presenza complessivi, quest’ultimo ha segnato quest’anno nove gol, 6 in campionato e tre in Coppa. Nella batteria dei cecchini, De Angelis conta pure sul santermano Nunzio Lella, centrocampista centrale classe 2000, anche lui con 5 bersagli in campionato (Pescara, Palermo, Frosinone sia all’andata che al ritorno col bis da tre punti). È omonimo dell’attaccante biancorosso Antonio Lella II che alla fine degli anni ‘20 collezionò 2 gol in 43 presenze tra B e Divisione nazionale.

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BR NUMERI E STATISTICHE

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LA POSTA DEI LETTORI MICHELE CONSIGLIO

LE PROSSIME PARTITE Domenica 4 marzo ore 15 avellino-BARI Sabato 10 marzo ore 15 bari-pro vercelli Sabato 17 marzo ore 15 cittadella-bari

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Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a: ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it 2 marzo 2018 anno I n. 3




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