Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno I numero 5 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano
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O BIANC ROSSO
periodico di informazione sportiva de
BARI NON MOLLARE
BIANCA GUACCERO «IL MIO PRIMO AMORE»
BR L’EDITORIALE
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di Fabrizio Nitti
avellino all’orizzonte
qui si parrà la tua nobilitate D
ecollo rinviato, il Bari sbatte contro l’Ascoli dopo sette partite felici e torna con i piedi ben piantati per terra. Nel giorno in cui un po’ tutti aspettavano il salto di qualità, il balzo forse definitivo, i biancorossi offrono una prestazione da dimenticare, fanno riemergere una serie di interrogativi con i quali convivono da tempo e che la serie positiva aveva parzialmente nascosto. Non certo eliminato. Ancora una volta la squadra di Grosso si smarrisce nel momento in cui la classifica chiama ad un salto in alto. Questione di personalità? Questione di atteggiamento, di approccio morbido? Questione di esperienza? Perché il Bari delude nel momento in cui deve decollare? Forse, come sempre, la verità abita un po’ dappertutto. È chiaro che il Bari deve tentare di perfezionarsi in queste ultime dieci partite di campionato, di eliminare quei difetti che poi producono partite come quella di Ascoli. È pur vero, non va mai dimenticato, che la squadra di Grosso, pur fra alti e bassi, sta disputando il campionato che avrebbe dovuto disputare, cioè una stagione da trascorrere in alta quota, a ridosso delle primissime posizioni. Una brutta sconfitta per tanti motivi,
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dunque. Ma fortunatamente il Bari torna subito in campo, a Pasquetta il campionato di B ritorna. Non per tutti, ma per il Bari sì e questo è forse un vantaggio. Le due trasferte consecutive messe assieme non dal calendario ma da una serie di eventi esterni (ad Avellino si gioca il recupero della giornata rinviata per la tragica morte di Astori della Fiorentina), avrebbero dovuto costituire una sorta di trampolino di lancio, per candidarsi con maggiore forza ad una posizione vantaggiosa in ottica playoff, oppure per tentare l’assalto alle prime due posizioni. C’è Avellino all’orizzonte, un’altra partita spartiacque, un’altra avversaria che fa della corsa e della grinta le armi maggiori. Mettiamo da parte, per un attimo, la classifica. In Irpinia il Bari dovrà semplicemente dare una risposta orgogliosa dopo il flop di Ascoli. A se stesso e a tutti i tifosi. Fosse ancora vivo, il sommo poeta, quello amato senza mezzi termini e odiato senza mezzi termini negli anni del Liceo, avrebbe inviato una letterina con poche parole a Grosso e ai biancorossi: «Cari ragazzi, qui si parrà la vostra». Fateci vedere di che pasta siete fatti, per dirla con il linguaggio dei nostri tempi. Avanti Bari, rialza la testa. I mezzi non mancano.
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BR sommario
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BRIENZA
I PETRUZZELLI WAGS
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il Biancorosso anno I n. 5 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81
GUACCERO
Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it
I TIFOSI I BABY DEL BARI
A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Michele De Feudis Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Fabrizio Nitti Pierpaolo Paterno Vito Prigigallo Tiziano Tridente Fotografie De Giglio Luca Turi Donato Fasano A. Scuro Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci
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GROSSI
PRISCIANDARO
BELLINAZZO
Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)
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BR LA DIFESA
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COPPIE O TRIS, CERCANDO Davide Lattanzi
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LE DIFESE
a alternato uomini e moduli, ma forse la formula ideale non l’ha ancora trovata. Il Bari ha incassato 39 gol in 32 gare: media di 1,21 a partita. Numeri non eccezionali per una retroguardia che si pone fuori dalle prime 8 della B, alle spalle di Palermo, Venezia e Parma, Carpi, Spezia, Cremonese, Cittadella, Empoli. Dal “gioco delle coppie” all’assetto a tre: Fabio Grosso ha cambiato spesso il “cuore” della sua difesa. Otto i calciatori impiegati, ma due di loro sono stati ceduti nel mercato di gennaio. Curioso il destino: a partire sono stati Denis Tonucci ed Elio Capradossi, ovvero i protagonisti che avevano cominciato il campionato.
TONUCCI CAPRADOSSI CAPRADOSSI MARRONE
PRESENZE GOL SUBITI
posto un argine alle copiose reti subite nella prima parte della stagione. Non a caso, la porta di Micai è rimasta inviolata contro Cremonese, Ternana ed Ascoli. Tuttavia, sono anche arrivate giornate meno brillanti: due reti incassate con Pro Vercelli e Cittadella (“sopportate” dai quattro punti comunque incamerati). Tuttavia, forse la manovra ha perso un po’ di brio ed imprevidibilità senza al contempo risolvere una volta per tutte le defaillance della terza linea. Ecco perché, complice l’infortunio rimediato da Marrone a Salerno, è stato riproposto l’originario 4-3-3: Tonucci ha ritrovato il posto giocando in coppia ora con Gyomber, ora con lo stesso Marrone, una volta
Il loro rendimento in avvio di torneo, però, è stato traumatico: ad Empoli, in particolare, ogni pallone in profondità si è rivelato un incubo. Dopo il successivo stop interno con il Venezia, allora, è stato varato il pacchetto arretrato a tre: ideale per inserire Marrone che proprio da regista di un reparto composto in tal modo si era riciclato negli ultimi anni. Con questo assetto ha debuttato pure Norbert Gyomber: proprio lo slovacco e Marrone sono state le presenze pressoché costanti di un trio completato talvolta da Cassani, altre da Capradossi o Tonucci, altre ancora da Fiamozzi adattato da centrale pur essendo un terzino. Una difesa più nutrita ha, in parte,
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LA RETROGUARDIA GIUSTA ristabilito dall’infortunio. La brusca caduta con l’Entella ha suggerito un nuovo passaggio ai tre difensori contro il Palermo, ma l’esperimento è franato a fronte del 3-0 conquistato dai siciliani. Da allora, la virata di Grosso sulla retroguardia a quattro è diventata pressochè definitiva. A Carpi, il trainer biancorosso ha gettato nella mischia pure Diakitè, acquistato già a fine ottobre, ma inutilizzabile poiché la lista dei 18 “over 23” era completa (non a caso per far giocare il francese in Emilia fu pagato un parametro di 10mila euro). Ad ogni modo, l’inserimento dell’ex laziale ha avviato la semi rivoluzione del mercato di gennaio. In rapida successione, infatti, sono
arrivati Marios Oikonomou ed Alan Empererur. Molte speranze si addensavano sul greco: prelevato dalla Spal, ma di proprietà del Bologna, possiede sulla carta potenzialità e numeri da categoria superiore. Eppure, il suo impatto è stato traumatico: una quaterna subita contro l’Empoli (nell’ultima apparizione della difesa a tre), un tris calato dal Venezia. Poi, il 25enne ellenico è uscito di scena per un’infrazione allo scafoide. Gyomber, Diakitè e Marrone si sono quindi alternati nel costituire la coppia di centrali, fin quando l’emergenza non ha propiziato il lancio di Empereur. Insomma, un autentico tourbillon. Eppure, i vecchi difetti non sono ancora
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cancellati. Avversari rapidi e portati allo scambio nel breve oppure le formazioni che attaccano a ritmi alti continuano spesso a creare grossi grattacapi alla difesa biancorossa. Nel calcio, si dice, vince chi subisce di meno. Il rush finale della B sta per scattare: forse c’è ancora tempo per rendere perfetti meccanismi fin qui non perfettamente oliati. L’auspicio è che Grosso riesca a portare gli uomini di maggior caratura nella migliore condizione possibile per l’ultimo bimestre della stagione. Toccherà anche ai singoli dare un segnale concreto delle loro potenzialità nel frangente in cui si giocherà il tutto per tutto.
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BR IL PERSONAGGIO
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LE VITE DI
a cura di Filippo Luigi Fasano
FRANCO
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LORENZO MANCANO
Meno male che Ciccio c’è. Trentanove anni compiuti il 19 marzo e festeggiati in maglietta e calzoncini. Sul campo, dove ha abdicato persino Pirlo, l’interprete deluxe della classe ‘79. Ma Brienza no, lui c’è ancora. Con lo stupore di scoprirsi ancora decisivo. Stagione dopo stagione, gara dopo gara. Certo, il minutaggio si è ridotto. E per questo la classe si è fatta ancora più abbagliante, concentrata com’è nei minuti dopo il 15esimo della ripresa. È diventata la ‘comfort zone’ dei tifosi biancorossi, quella in cui può succedere di
SERSE COSMI
LUCA TONI
RINO FOSCHI
allenatore dell’esordio in A
compagno di squadra nel Palermo e in nazionale
suo direttore sportivo a Palermo e Cesena
“Vuoi giocare in Terza Categoria?”
“Ciccio resisti!”
“Voglio rivederlo in A assieme al Bari”
“Franco, fra i più grandi”
Un fenomeno, sin da piccolo. E già allora si comportava da professionista. L’appuntamento era alle 8 per la colazione? Bene, lui alle 7 era giù, bell’e pronto. Per la Primavera lo segnalò Gianni Di Meglio (ex difensore del Messina in B, cresciuto nel Foggia, ndc), dopo che la Fiorentina non l’aveva confermato: «Mister, questo è bravo!». Lo era davvero, anche se all’inizio gli feci credere che non aveva superato il provino. Ha segnato anche al Bari vincitore del Viareggio ‘97: tre a zero all’antistadio. Mimmo (Caso, ndc) allenava la prima squadra e lo venne a vedere: «Ma questo ci può dare una mano!». E lo fece esordire in B, a 18 anni. Troppo educato, Ciccio, e forse questo gli ha precluso livelli ancora più alti in carriera. «Sono il presidente di una squadra di Terza Categoria: vuole venire a giocare con noi?», gli chiedo ogni tanto. E lui di rimando: «Va bene, quando devo venire?».
Lo spessore umano è la prima cosa che mi viene in mente, parlando di lui. A Perugia arrivò giovane ma aveva già professionalità, lealtà e tanto entusiasmo. Davvero un ragazzo d’oro, nel senso autentico del termine. Lo è stato anche da giocatore, un vero talento. Una grande carriera la sua, anche se poteva e doveva fare qualcosa di più. È rimasto uno dei pochi ad interpretare il calcio in un certa maniera. I suoi gesti tecnici sono sempre speciali. Qualità superiore: appartiene ad una categoria in via di estinzione. Ciccio, resisti!
Con Ciccio ho avuto subito un bel rapporto. Nel suo ruolo ha sempre fatto molto bene, sebbene non abbia mai avuto la possibilità di poter giocare in una “grande”. Lui ancora decisivo a 39 anni? No, non me lo aspettavo. Già era stanco quando era più giovane, figurati adesso... Scherzi a parte, è un giocatore che si cura molto bene. È bravo, ha qualità. E per questo riesce a fare la differenza, anche quando non è al cento per cento. Gli mando un grande “in bocca al lupo”. Il prossimo anno voglio rivederlo in serie A, assieme al Bari.
Uno dei calciatori che ho voluto sempre con me. E che quando ho venduto, e venduto bene, mi è sempre dispiaciuto cedere. L’ho trovato al Palermo, l’ho voluto al Cesena. E prima ancora lo avrei portato al Padova. Perché Franco è Franco: un eccellente professionista, uno che fa la differenza. Ho avuto gente come Cavani ed Amauri, cinque campioni del mondo fra cui Grosso. Brienza è assieme a loro, nella lista dei più grandi. Quando venne fuori l’interessamento del Bari, provai a riprenderlo un’altra volta: «Come? Non vieni da me e vai là?». Quando non tifo Cesena, seguo il Bari, perche c’è lui. Arrabbiandomi quando non lo vedo in campo.
suo allenatore in Primavera
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ESORDIO IN B
1 febbraio 1998 Foggia-Reggiana 0-2
ESORDIO IN A
8 febbraio 2004 Milan-Perugia 2-1
ESORDIO IN NAZIONALE
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compagno di squadra nella Reggina
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NICOLA AMORUSO
“Franchino, una mosca bianca” Di lui ho un ricordo stupendo. Franchino è una mosca bianca nel nostro calcio, come gli dicevo io. Oltre ad avere colpi fantastici, è un ragazzo splendido, altruista. Preferiva sempre far segnare, piuttosto che fare gol. Anche in occasioni in cui era più facile tirare in porta, piuttosto che passarla al compagno libero. Con me è successo, e l’ho apprezzato molto. Non mi stupisce che a 39 anni sia ancora importante: conosco la sua passione, la sua umiltà. E’ ancora capace di entrare e fare la differenza. Nello spogliatoio è sicuramente un esempio per tutti.
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“Conte lo voleva alla Juve”
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suo allenatore a Siena
«Tanti auguri per i tuoi 22 anni, hai una fulgida carriera davanti a te». Gli ho scritto proprio così, perché è rimasto un ragazzino. Umile, con un grande senso d’autocritica. Gli voglio troppo bene. Eppure all’inizio ci fu un confronto acceso, a Siena. Ero su una montagnola e lo incitavo a rientrare: «Ciccio, devi tornare!». Una, due, tre volte. Alla fine si gira e mi fa: «Fenomeno, hai finito di rompere?». Lascio perdere, e dopo qualche giorno si viene a scusare: «Mister, non mi era mai capitato di comportarmi così». Lo voleva la Samp, quell’estate. Ma io lo stoppai subito: «Tu sei l’unico che non va via da qui». E fu la sua fortuna: nel mio 4-4-2 giocava esterno puro, a sinistra. Altro che trequartista. Ma avrebbe potuto fare anche il terzino o il centrale, se avesse voluto. È l’intelligenza calcistica fatta persona. Conte, che l’aveva allenato l’anno prima, voleva portarselo alla Juve. Non se ne fece nulla e venne con me a Palermo. E lo riprenderei ancora oggi. Per giocatori come lui l’età non conta. Ciccio ha ancora la testa del calciatore: spero riesca a portare il Bari in A. E che chiuda la carriera lì, dove ancora merita di stare.
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39 anni attaccante
FRANCESCO SANNINO
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O
tutto. Che liberi al tiro il centravanti di turno come che duetti con Floro Flores, fino a concludere in prima persona. Lo applaudi dopo, senza mai indovinare cosa accadrà prima. Succede a Bari ed è già successo ad ogni tappa prima di Bari. Da Foggia a Bologna, passando per Palermo, Perugia, Reggio Calabria, Siena, Cesena e in tutte le altre piazze che ha lasciato sorridenti e sognanti. Queste le testimonianze di chi dai 18 anni ad oggi se l’è goduto e se lo vuole godere ancora. Almeno sino agli -anta.
ROBERTO DONADONI suo allenatore a Bologna
“Una fortuna per ogni allenatore” Brienza è uno di quei calciatori che fanno la fortuna dei propri allenatori. È vero, forse ha disputato una carriera inferiore alle sue potenzialità. Ma il fatto che alla sua età ancora giochi a questi livelli è indice di un tasso tecnico decisamente superiore alla media, oltre che di professionalità assoluta. Si è sempre messo a servizio della squadra, dimostrandosi un giocatore molto duttile, sempre in grado di sapersi adattare. E poi è una ottima persona e l’aspetto umano valorizza ancora più le sue qualità. Complimenti a lui per tutto quello che ha fatto e per l’apporto dato al Bologna sotto la mia guida tecnica. Gli sono grato.
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BR B R FOCUS
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PIETRO PETRUZZELLI
UN
SAN NICOLA MODERNO
VIDI TUTTA TTORI A LA CITTÀ IL PRIMO ABBONAMENTO IN CURVA NORD FU UN REGALO PER AVER AIUTATO UN COMPAGNO DI CLASSE 31 marzo 2018 anno I n. 5
Gaetano Campione
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l primo abbonamento in curva Nord fu un regalo. A consegnarlo, il padre di un compagno di classe a cui aveva dato una mano in chimica. Operazione portata a termine con successo visto che il 5 del primo quadrimestre si trasformò in un 7. E da allora il calcio biancorosso è entrato nella vita di Pietro Petruzzelli, oggi assessore allo Sport. Con una differenza, rispetto a ieri: l’incarico istituzionale lo costringe a mantenere un certo stile british anche quando vorrebbe dire qualcosa in più a chi gioca in campo. «È una frequentazione diversa - spiega Petruzzelli - e mi controllo di più. Cerco di avere un atteggiamento più comprensivo, ad esempio, quando le aspettative dei tifosi non sono all’altez-
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BR focus
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za dello spettacolo». Con lui, allo stadio San Nicola, c’è sempre Matteo, 8 anni, il primogenito. Sciarpa al collo e occhi puntati sul rettangolo di gioco: «Porta bene. Da quando segue il Bari, la squadra di Grosso non ha mai perso. L’appuntamento con lo stadio va al di là dell’aspetto puramente sportivo. Stiamo insieme, chiacchieriamo, lo stimolo a cantare i cori della curva, gli spiego cosa va bene e cosa non bisogna fare. L’altro figlio, Enrico, 6 anni, non sembra interessato più di tanto al mondo del calcio. La prima volta che l’ho portato allo stadio, dopo 10 minuti mi ha chiesto di poter giocare col telefonino: evidentemente non è ancora pronto».
dividere è meglio che imporre». Perché la querelle del San Nicola affligge la città da diversi decenni? «Perché la vicenda è complessa sotto il profilo urbanistico, sportivo e politico. Lo stadio è poco funzionale e pur volendo insediare all’interno attività reddituali, mancano gli spazi adeguati per farlo. Trovare una soluzione non è affatto semplice». Le vicende giudiziarie di Giancaspro possono influenzare o aver influenzato l’iter? «Non credo. Presunzione d’innocenza a parte, almeno ad oggi, ritengo si tratti di vicende separate dal ruolo di presidente del Bari calcio.
Stadio San Nicola, croce e delizia dei nostri tifosi. Come la mettiamo? «L’impianto è bello esteticamente ma poco funzionale rispetto alle esigenze di oggi». Qual è il futuro che aspetta il San Nicola? «Il Consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno e ha deciso di scegliere la strada del riammodernamento dello stadio, attraverso modifiche strutturali necessarie per prolungare la vita dell’impianto. Il prossimo passo sarà convocare i rappresentanti del Bari calcio per confrontarci sul progetto e sulla documentazione presentati. Aggiungo che da tempo Palazzo di città ha creato un gruppo di lavoro tra dirigenti comunali, impegnato a studiare tutti gli aspetti della vicenda». Tempi brevi? «Ritengo proprio di sì». Come spiega l’atteggiamento dell’opposizione che prospetta soluzioni certo non finalizzate ad un progetto ad ampio respiro? «Le opposizioni fanno la loro parte anche se a volte dimostrano di non avere a cuore il futuro dello stadio. In consiglio comunale sostenevano che l’amministrazione avrebbe dovuto continuare a percorrere la strada della gara quinquennale e non del riammodernamento della struttura. Su questo aspetto serve la coesione di tutta la città perché cambierà completamente lo scenario. Con-
Seguire la strada indicata dal Consiglio comunale ci sembra la cosa migliore. La legge sugli stadi è arrivata proprio per risolvere casi come il nostro e prevede sempre più il protagonismo dei privati. La finanza pubblica oggi si riduce e bisogna individuare le priorità». La vostra Giunta risolverà la grana del San Nicola? «Spero di sì. Sarebbe la vittoria di un’intera città e non solo della nostra Giunta. Noi ci stiamo provando». Molti vorrebbero tornare al Della Vittoria per rivedere il Bari giocare lì. Tecnicamente questo è possibile. Rimarrebbe però sempre il problema di cosa fare del San Nicola... «La risposta è già contenuta nella domanda: cosa facciamo del San Nicola? Non utilizzarlo equivalerebbe a sperperare del danaro pubblico. Quindi non è pensabile abbandonare la struttura, né demolirla per i vincoli esistenti. E ammesso che il Della Vittoria avesse tutto quanto previsto dal decreto Pisanu, si creerebbe un serio problema di viabilità, tra Fiera del Levante, porto, parcheggi insufficienti. Mi piacerebbe riportare il calcio al Della Vittoria, una volta inaugurato lo stadio del rugby e del football americano a Catino. I baresi potrebbero assistere alle partite delle squadre giovanili o del calcio femminile».
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oggi la carica istituzionale durante le partite lo costringe a mantenere un certo aplomb
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BR L’INTERVISTA
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BIANCA GUACCERO
CON IL
BARI nel
cuore Michele De Feudis
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Manco da un po’ dalle gradinate del San Nicola. Se il Bari lotterà per il salto di categoria fino alla fine, vorrei essere la madrina nella partita della promozione, ma senza spogliarelli, perché non è nel mio stile…»: Bianca Guaccero, attrice barese di stanza a Roma, ha avuto fin da piccola la passione del Bari, corroborata anche da un lungo fidanzamento con l’attaccante Nicola Ventola, cresciuto nel club biancorosso prima di spiccare il volo verso l’Inter. Bianca, come nasce la passione per il Bari? «Fin da adolescente andavo in curva a vedere le partite. Poi a 17 anni mi sono fidanzata con Ventola e allo stadio mi lasciavo andare a cori e canti. Stavo pure vicino ai fumogeni». Quando la squadra giocava in trasferta? «La mia famiglia si riuniva davanti alla tv per tifare. Se vincevamo, mio zio metteva l’inno nazionale a tutto volume». Le donne e le regole del calcio. Se le chiedessi del fuorigioco? «Non scherziamo. Le ho imparate, anche se il fuorigioco resta ostico». È in crescita in Italia il calcio femminile… «A scuola giocavo a calcetto con le mie compagne. All’inizio pensavo di essere un attaccante di temperamento, ma davo il meglio di me quando mi schieravano in difesa. A me, però, piace il calcio soprattutto come gioco di squadra». Una visione che non si applica solo allo sport… «La condivisione è essenziale nel calcio come nella vita. È un insegnamento universale. Certo ci sono anche i solisti, bravi e individualisti. Preferisco di contro chi ha l’umiltà di cogliere i segnali che arrivano dai compagni. Sintoniz-
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e SE ANDASSE IN A... zando i tuoi movimenti con quelli degli altri si impara a segnare di più e meglio. Una metafora che vale in ogni campo». La prima partita al San Nicola? «Quella dell’inaugurazione, andai allo stadio con mio padre e mio fratello, c’era pure mia madre. Fu un’emozione incredibile, sembrava di stare in una navicella spaziale». Era il 3 giugno del 1990 e il Bari superò il Milan in amichevole con gol di Scarafoni e Monelli. Oltre ai galletti… «Vivo con grande adrenalina le sfide della Nazionale. Soprattutto il momento dei rigori. Ricordo l’urlo strozzato per quello calciato da Roberto Baggio sulla traversa per i mondiali americani, per non parlare di quello vincente di Fabio Grosso in Germania: ha avuto super freddezza nel segnare con una responsabilità immensa. Aveva sulle spalle una vero “affare di stato”». Dei tempi trascorsi accanto a Ventola che ricordi conserva? «Non mi piacevano gli alti e bassi della tifoseria: un giorno i biancorossi erano eroi, un giorno schiappe. Dalle stelle alla stalle». Il fidanzamento? «Dopo una trasferta all’Olimpico nella quale il Bari perse in extremis contro la Lazio (3-2 il 27 settembre 1997). Ero nella Capitale per firmare il mio contratto per il film “Terra bruciata”, con Michele Placido e Giancarlo Giannini. Arrivai in auto a Roma con i miei genitori, firmai come attrice per la pellicola di Fabio Segatori e andammo tutti allo stadio. Che rabbia, eravamo in vantaggio ma finì male (Nedved nel recupero segnò il gol-partita, ndr). Fu una giornata dolceamara, tra successi professionali e scoppola calcistica».
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Dicevo a Nicola: “Scappa dall’albergo” Lui rispondeva: “Sei matta, è vietato…” Non potevano far niente né prima né dopo A volte però infrangevamo queste regole…» Che ricordi ha dei ritiri? «Non ci vedevamo mai in quei frangenti. Dicevo a Nicola: “Scappa dall’albergo”. Lui rispondeva: “Sei matta, è vietato…”. Non potevano far niente né prima né dopo. E abbiamo detto tutto… A volte però infrangevamo queste regole…». Vivendo a Roma, come segue i biancorossi? «Sono in costante contatto ogni fine settimana con mio padre Ettore e mio fratello Domenico, mi aggiornano sui risultati. Purtroppo la storia del club è segnata da stagioni nelle quali la proprietà non investiva abbastanza». Il Bari di Fabio Grosso? «Sento che piano piano sta tornando a costruire le basi per riguadagnare la ribalta. Ma bisogna crederci, mettere risorse e poi sa quello che ci vorrebbe?». Cosa? «Maggior spazio per i baresi nella squadra, perché metterebbero in campo tutta un’altra energia». Dal calcio al mondo dello spettacolo. Quali i prossimi impegni? «La radio, con Rtl: conduco “Pane amore e Zeta”, su Radio Zeta. Una esperienza entusiasmante, affrontiamo temi di attualità. Ripercorro la strada di mio padre, che aveva un programma su una radio di Bitonto, ma sul calcio». La vedremo presto sul grande schermo? «Con Sergio Rubini e Rocco Papaleo ho girato a Taranto il film “Il grande spirito”, una storia surreale e poetica come tutte le opere del regista di Grumo». Ultima domanda tornando al calcio e al Bari. Il calciatore preferito? «Un solo nome: Igor Protti, la nostra bandiera».
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BR WAGS
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social, stadio e famiglia
L’ALTRA METà DEL CALCIATORE
Filippo Luigi Fasano
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i ritrovano il sabato in tribuna Ovest allo stadio San Nicola, ma anche nella varie città in cui è impegnato il Bari in trasferta. Commentano la partita, cercano di tenere a bada i figli e aspettano i propri mariti o compagni sapendo che l’andamento della serata sarà influenzato anche dal risultato della partita. In caso di vittoria ci sarà più voglia di divertirsi, in caso di sconfitta magari si resterà a casa coi musi lunghi. Sono le wags biancorosse, le mogli o compagne dei giocatori di Fabio Grosso. Ma non si pensi a loro come le classiche mogli dei calciatori tutte intente a fotografarsi in qualunque momento per strappare montagne di like. Le signore biancorosse non sono social-dipendenti. «I social li uso per lavoro e di sicuro non mi piace conoscere gente tramite internet - dice subito Roberta Vogliacco, compagna di Stefano Sabelli -. Come me anche le altre mogli o fidanzate dei giocatori del Bari non sono sempre attaccate al telefonino per pubblicare foto». La loro presenza allo stadio non passa inosservata soprattutto quando di lavoro fai la modella e hai partecipato, vincendole, alle selezioni pugliesi di Miss Italia come nel caso di Roberta. Per lei la vita con un calciatore non è certo una novità visto che suo fratello gioca da qualche stagione nelle giovanili della Juventus dopo essere cresciuto nel vivaio biancorosso. Soprattutto per motivi di lavoro, va a lei il titolo di reginetta dei social. Fra Facebook e Instagram l’album fotografico è in continuo aggiornamento specie se si tratta di postare foto di viaggi romantici con il suo Stefano. «In realtà non ho un vero e proprio rapporto con i social anche se per il mio lavoro sono una bella forma di pubblicità - dice ancora. - Credo solo che attualmente siano un grande mezzo di comuni-
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cazione». L’amore con Sabelli quindi non è nato grazie alle foto social. «Assolutamente no. È nato in maniera tradizionale. Facevo la hostess per uno sponsor del Bari e lui ha iniziato a corteggiarmi appena mi ha vista. Ma io non volevo saperne perché il mondo del calcio non mi piace molto. La sua simpatia e la sua caparbietà, però, hanno fatto sì che mi lasciassi andare». Con l’arrivo di Djavan Anderson, il capitolo wags si è arricchito con Lorraine, la compagna dell’olandese. Anche lei con i social non scherza e si intuisce che le piaccia girare per la città visto che non mancano le foto in alcuni punti caratteristici di Bari, a cominciare dal teatro Petruzzelli. Anche Cristian Galano ha una compagna barese, Giorgia. Per lei e per il Robben di Puglia tante scene di vita familiare da condividere con gli amici, ma anche tante foto tipiche delle ragazze della sua età. Decisamente tenera la coppia Luca e Astrid Marrone che pochi giorni fa ha festeggiato la nascita della primogenita Diletta con una foto del piedino della piccola mentre in un’altra si vede il giocatore baciare il pancione della moglie. La selfiemania non risparmia praticamente nessuno in casa biancorossa e le signore non fanno eccezione fra foto di viaggi, scene casalinghe e abiti da sfoggiare. Niente di particolarmente vistoso, per carità, ben distanti dalle mogli dei calciatori inglesi per le quali anni fa fu coniato il termine wags. Un’altra coppia social è quella formata da Antonio Floro Flores e sua moglie Michela scatenati nei giochi con le figlie. Tanta vita familiare anche per la signora Brienza, Isabella. Ma del lavoro dei loro mariti e fidanzati? Poche tracce, giusto qualche foto allo stadio (molto gettonata la curva biancorossa).
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L’INTERVISTA DOPPIA
COME TI CHIAMI? Emiliano Cirillo. SOPRANNOME Nemi. QUANTI ANNI HAI? 53. SEGNO ZODIACALE? Bilancia. PROFESSIONE? Giornalista. TRE AGGETTIVI PER DEFINIRTI? Disponibile, simpatico, pratico. IL TUO PUNTO DEBOLE? Non so mai dire di no. COME TI VESTI DI SOLITO? Vesto sportivo, ma amo giacca e cravatta. COSA TI DICONO PIU’ SPESSO? Che sono ansioso. LA PRIMA COSA CHE FAI AL MATTINO? Un pensiero a mio padre che non c’è più. L’ULTIMA COSA CHE FAI LA SERA? Bevo integratore contro colesterolo. UN SOGNO RICORRENTE? Andare su un’isola e vivere il resto della mia vita spensierato. UNA FIGURACCIA MEMORABILE? Fui invitato a raccontare una barzelletta che dimenticai. C’erano almeno 50 persone. Capirono tutti l’imbarazzo e mi diedero un’altra chance di lì a qualche minuto. Ma mi dileguai. ULTIMO LIBRO LETTO? “La mossa del cavallo” di Andrea Camilleri. COSA FAI SE IL GATTO NERO ATTRAVERSA LA STRADA? Provate a immaginare. DI COSA HAI PAURA? Della società attuale. Poche speranze per i giovani e tante chiacchiere. FRASE PREFERITA? I giochi sono fatti. PER QUALE SQUADRA DI CALCIO TIFI? Inter dalla nascita. Ma tifo anche per il calcio pugliese. Possibile che non si riesca a tornare in A? COSA TI RIFARESTI DAL CHIRURGO PLASTICO? Nulla.
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COME TI IMMAGINI TRA 30 ANNI? Come oggi, con 20 anni di più addosso. COSA CAMBIERESTI DEL TUO CORPO? Toglierei volentieri alcuni chili sull’addome. IL RICORDO INDELEBILE? Una intervista a Giovanni Trapattoni dopo Lecce-Inter. QUELLO PEGGIORE? Gli incidenti nel post gara di LecceCarpi. Finale playoff per salire in B. UNA PERSONA CHE STIMI? Mia moglie assolutamente. DOVE VORRESTI VIVERE? Su un’isola, baciato al sole. IL SAN NICOLA O IL DELLA VITTORIA? Il Della Vittoria sicuramente. LA CANZONE CHE INTERPRETI MEGLIO? “Quanno chiove” del mito Pino Daniele. LA CANZONE CHE TI HA FATTO INNAMORARE? “Alba chiara” di un altro mito, Vasco Rossi. HAI NEMICI? Credo proprio di sì. IL PIATTO PREFERITO? Pasta con pomodorini saltati, basilico e scaglie di ricotta dura. COSA PENSI DELL’ALTRO? Ognuno ha la propria personalità che rispetto. Ma pretendo rispetto anche io. MEGLIO LA RADIO O LA TV? La televisione. IL TUO PORTAFORTUNA? Onestamente non ho portafortuna.
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COMPAGNO DI VIAGGIO IDEALE? Mio cugino. IL MIGLIOR CALCIATORE DEL BARI VISTO IN AZIONE? Igor Protti. UN PREGIO DEI TIFOSI BARESI? Il grado di maturità raggiunto. UN DIFETTO DEI TIFOSI BARESI? Non si puo’ sempre vincere. IL GOL PIU’ BELLO SEGNATO DAL BARI? Guardo a questo campionato. La sassata di D’Elia a Cremona. Nella storia del club incornicio Protti contro la Cremonese al San Nicola. LA PARTITA DA DIMENTICARE? Empoli-Bari di quest’anno. IL PIATTO CHE CUCINI MEGLIO? Pasta e pomodoro. LA MAGLIA DEL BARI PIU’ INTRIGANTE? Quella del campionato 1999-2000. IL COMPLIMENTO PROFESSIONALE PIU’ BELLO? Il più bello è sempre quello che verrà. Se verrà. LA CRITICA PIU’ FEROCE? In 33 anni ce ne sono state ma devo dire sempre per minimi dettagli sui quali si poteva anche sorvolare. CON CHI VORRESTI ANDARE A CENA? Con il prossimo presidente della Federcalcio. Per capire come rilancerebbe l’immagine del calcio italiano.
DESTRA O SINISTRA? Sto bene al centro. CHI GETTERESTI DALLA TORRE? Tutti coloro che pretendono di avere la bacchetta magica e di cambiare le cose. SLIP O BOXER? Slip. LA COSA PIU’ TRASGRESSIVA CHE HAI FATTO? E chi si ricorda. Sicuramente prima del matrimonio. UN LAVORO CHE AVRESTI FATTO? Il manager di un club di calcio. COSA NON SOPPORTI? La folla in genere. Odio le attese.
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CIRILLO-CAVONE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13
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COME TI CHIAMI? Luigi Cavone, Gigi per tutti. SOPRANNOME Gigio fino al liceo. Oggi, per molti amici, Cav One (letto all’inglese).
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QUANTI ANNI HAI? 55. SEGNO ZODIACALE? Bilancia. PROFESSIONE? Giornalista. TRE AGGETTIVI PER DEFINIRTI? Tollerante, disponibile, infaticabile. IL TUO PUNTO DEBOLE? Dimentico a fatica i torti subìti. COME TI VESTI DI SOLITO? Con me l’alta moda fallirebbe. Camicia e maglione, poche volte la giacca ma senza cravatta. COSA TI DICONO PIU’ SPESSO? Che non mi faccio mai sentire. LA PRIMA COSA CHE FAI AL MATTINO? Caffè, quando non c’è da cullare un pargolo. L’ULTIMA COSA CHE FAI LA SERA? reparare la caffettiera della mattina.
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UN SOGNO RICORRENTE? Andare in onda senza fogli e dovere improvvisare tutto. UNA FIGURACCIA MEMORABILE? Mi sono addormentato in autobus, al capolinea, alla stazione Termini. Attenuante, erano le 5.30 del mattino. Mi ha svegliato l’autista prima di ripartire.
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ULTIMO LIBRO LETTO? “Destinatario sconosciuto” (Katherine Kressmann Taylor).
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COSA FAI SE IL GATTO NERO ATTRAVERSA LA STRADA? Se sono alla guida, cerco di non investirlo. Non cambio strada. DI COSA HAI PAURA? Degli ascensori tutti chiusi, senza vetrate. FRASE PREFERITA? “Se c’è rimedio, perché ti arrabbi? Se non c’è rimedio, perché t’arrabbi?”. PER QUALE SQUADRA DI CALCIO TIFI? Il Bari e l’Inter di Sandro Mazzola. COSA TI RIFARESTI DAL CHIRURGO PLASTICO? Davvero nulla. COME TI IMMAGINI TRA 30 ANNI? Spero in discreta salute con qualche buona lettura, magari a spasso tra le Murge e il mare. COSA CAMBIERESTI DEL TUO CORPO? Non saprei da dove cominciare… Scherzo. Bene così. IL RICORDO INDELEBILE? Bari-Juventus 2-2 di Coppa Italia dell’84. Bari qualificato ai quarti di finale. E Lazio-Bari 0-2 del campionato 2009-2010, con 10mila tifosi baresi in Curva sud all’Olimpico. QUELLO PEGGIORE? Purtroppo tanti. Cito il Bari-Sampdoria 1-2 del 1981, addio alla promozione in serie A. Era il Bari di Catuzzi. UNA PERSONA CHE STIMI? Per fortuna molte. Nel mondo del calcio, Max Allegri. DOVE VORRESTI VIVERE? In campagna a pochi minuti dal mare. IL SAN NICOLA O IL DELLA VITTORIA? Colpa dell’età: il Della Vittoria. LA CANZONE CHE INTERPRETI MEGLIO? “Hotel California” degli Eagles. LA CANZONE CHE TI HA FATTO INNAMORARE? “She”, di Aznavour. HAI NEMICI? Sono certo di no. IL PIATTO PREFERITO? I panzerotti. COSA PENSI DELL’ALTRO? Serio, affidabilissimo, competente. Un grande lavoratore. E quando deve dirti una cosa, un cagnaccio. MEGLIO LA RADIO O LA TV? Le ho masticate entrambe. Bellissime, ma la radio rimane una malattia incurabile. IL TUO PORTAFORTUNA? Non ne ho. Ma non mi separo mai da cinque piccole foto di mio padre, anni ’20, ginnasta all’Angiulli, insieme con
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Francesco Martino (campione olimpico a Parigi agli anelli). DESTRA O SINISTRA? Se ha ancora un senso, sinistra. Anche perché, politica a parte, a calcio sono mancino. CHI GETTERESTI DALLA TORRE? I mediocri, quando sono rumorosi o potenti. SLIP O BOXER? Boxer. LA COSA PIU’ TRASGRESSIVA CHE HAI FATTO? Un’incursione con amici in un lido per nudisti. Durò cinque minuti, ci veniva troppo da ridere. UN LAVORO CHE AVRESTI FATTO? Il documentarista per National Geographic. COSA NON SOPPORTI? Il rumore. COMPAGNO DI VIAGGIO IDEALE? Chiunque sappia alternare il cazzeggio più sfrenato a momenti di grande silenzio e indipendenza. IL MIGLIOR CALCIATORE DEL BARI VISTO IN AZIONE? Mario Fara. UN PREGIO DEI TIFOSI BARESI? Veri e veraci. UN DIFETTO DEI TIFOSI BARESI? Aver creduto troppo a promesse e pagliacciate da 40 anni in qua. Compresi cowboy “low cost” e tigri spelacchiate della Malesia. IL GOL PIU’ BELLO SEGNATO DAL BARI? Alberto Bergossi in Bari-Lecce 2-0 dell’84. LA PARTITA DA DIMENTICARE? Bari-Lecce del 2011. HAI LETTO IL LIBRO DI ANTONUCCI? Sto divorando l’ultimo, per i 110 anni del Bari. LA MAGLIA DEL BARI PIU’ INTRIGANTE? Quella con sponsor Wüber. IL COMPLIMENTO PROFESSIONALE PIU’ BELLO? Un “sei molto bravo” ricevuto da Sandro Ciotti. LA CRITICA PIU’ FEROCE? Per fortuna mai subite critiche feroci. Ma le “gridate” di Mario Gismondi per un articolo scritto male erano memorabili. CON CHI VORRESTI ANDARE A CENA? Con mia moglie.
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BR i tifosi
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da berlino a santiago
c’è un mondo biancorosso
cinque I club all’estero che seguono la squadra tra birre, tv e cori 31 marzo 2018 anno I n. 5
Tiziano Tridente
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a Bari siamo noi: il centro coordinamento dei club biancorossi si chiama così. L’associazione è composta da appassionati che seguono le vicissitudini della squadra e spesso ne commentano le gesta nei locali di via Alberotanza, sede del circolo inaugurata nel 2015. Tra quel “noi” però ci sono anche “loro”: tifosi lontani migliaia di chilometri dalla città che nonostante tutto continuano a coltivare l’amore per i galletti riuniti in club rigorosamente affiliati al centro coordinamento di Bari. «I club baresi all’estero sono cinque – racconta il presidente Franco Spagnuolo -, quattro in Europa e uno in Sud America. Quelli europei si trovano a Berlino, Dublino, Lussemburgo e Trondheim, in Norvegia: ragazzi di casa nostra che si sono trasferiti per lavoro oltre i confini nazionali ma che non hanno voluto abbandonare la grande passione per la Bari. Più curioso, invece, è il caso del club sudamericano: ha casa a Santiago del Cile ed è stato tirato su da un ragazzo del posto che si chiama Carlos Puelma». Del posto sì ma legato all’Italia dal filo indissolubile delle origini. Non pugliesi, bensì lucane. «È nato in Cile ma aveva un nonno di Tolve, in provincia di Potenza – spiega Spagnuolo -. Il nonno era molto tifoso del Bari e quando Carlos da piccolo veniva a trovarlo in Italia la tappa allo stadio era fissa. Poi Carlos è cresciuto e ha messo in piedi un grande centro sportivo: si chiama Casa Italia e tra i soci c’è anche Ivan Zamorano. È lì che i ragazzi del club si riuniscono. La cosa più bella? Gli oltre 200 iscritti vivono tutti a Santiago ma provengono da ogni parte della Puglia. Con il campanilismo che da sempre caratterizza la nostra regione credo sia un caso unico. Miracoli che forse solo la Bari riesce a compiere». Il pallone vissuto un po’ come un pretesto, le dinamiche dello sport riflesse nel loro bagliore più intenso: vere e proprie comunità italiane all’estero che attorno al Bari hanno costruito legami duraturi e amicizie sincere. «I club sono nati proprio così – conferma Spagnuolo -. Chi vive il calcio da tifoso, quando si trasferisce all’estero, cerca ad esempio di risolvere la questione relativa al dove vedere le partite. Se il problema è comune, trovare la soluzione diventa più semplice. Quindi il gruppo di Berlino si riunisce al ‘Caffè Sport Italia’, un locale frequentato da moltissimi italiani. A Lussemburgo, invece, i ragazzi vedono le partite alla ‘Brasserie Colomb’. Mentre a Dublino, il più delle volte, il team biancorosso ‘gioca’ in casa. Per loro l’importante è stare insieme. Poi, appena possono, prendono il primo aereo e seguono la squadra sugli spalti. In questo i più attivi sono i ragazzi di Lussemburgo». Luoghi stranieri in cui si respira aria familiare e quindi, per i supporter del Bari, tappe obbligate di molti viaggi. «Personalmente sono andato a trovare due volte i ragazzi di Dublino e una quelli di Berlino – conclude Spagnuolo -. La cosa che mi ha colpito di più è stata la loro capacità di coinvolgere la gente del posto: vi assicuro che adesso, da quelle parti, a simpatizzare per la nostra squadra del cuore sono davvero in tanti». Gli ambasciatori del tifo made in Bari nel mondo hanno colpito nel segno.
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BR il settore giovanile
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dall’oratorio alla nazionale
quando il cielo si tinge di blu Pierpaolo Paterno
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l cielo dei baby biancorossi si tinge di blu, anzi di azzurro. Il colore della “B Italia”, sintesi tra l’Under 21 e le selezioni minori, stanno colorando l’arcobaleno del settore giovanile targato Fc Bari. I nomi d’autore, stavolta, corrispondono a quello di Alessandro Logrieco (2003) e di Claudio Cellamare (2004), entrambi in arrivo dall’Under 15 di Michele Andrisani e convocati dal commissario tecnico Massimo Piscedda per la terza edizione del torneo “We Love Football” in corso di svolgimento a Dall’Ara di Bologna sino al 2 aprile. Vetrina di prestigio per i due ragazzini dei quartieri Libertà e Madonnella, già in Emilia tra i protagonisti di un torneo - internazionale maschile Under 15 e nazionale femminile Under 15 - che da mercoledì (il calcio d’inizio lo ha dato Figo) sta mettendo in campo le migliori squadre mondiali come Ajax, Flamenco, Juve, Milan, Sassuolo, Atalanta e Palmeras. Per Alessandro Logrieco, regista e capitano della truppa Under 15 che sta lottando dietro Napoli e Roma per un posto d’elite nei playoff di categoria, si tratta dell’ennesima conferma. Attaccante, nato a Bari il 5 gennaio 2003, Logrieco ha esordito in Nazionale a 15 anni, un mese e dodici giorni giocando 36’ lo scorso 17 febbraio a Caldiero Terme nella gara vinta contro l’Olanda agli ordini del tecnico federale Antonio Rocca. Gli addetti ai lavori, a cominciare dal direttore del settore giovanile barese Gennaro Delvecchio, sono pronti a scommettere sulle potenzialità di crescita di questo ragazzo che può giocare anche da mezzala e per qualità, passo, fisico e intelligenza tattica può ricoprire tutti i ruoli del centrocampo. Scheletro del Bari in cui la new entry azzurra Cellamare ha giocato da titolare tutte le gare. Una scommessa nella troupe 2003 insieme ad altri cinque sotto età. Con lui il compagno tranese Vincenzo Farucci (2004) - coppia dei centrali difensivi - quest’anno già convocato due volte in Nazionale. Statura media, di grande temperamento, voglioso, grintoso ed un trascinatore nello spogliatoio e in campo, Claudio Cellamare non perde tempo... per diventare grande sulle orme del suo mentore Michele Andrisani. Mister nel cui sangue scorre ancora qualche traccia di
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i baby del bari serbatoio della “B italia” sintesi tra l’under 21 e le selezioni minori
Alessandro Logrieco
Claudio Cellamare
azzurro avendo militato nella Nazionale Universitaria Italiana che in Sicilia vinse la medaglia d’oro al torneo di calcio della XIX Universiade anno ‘97. Dall’oratorio della chiesa dei Carmelitani in via Napoli, passando dal biancorosso del Bari sino al Dall’Ara di Bologna con la maglia della Italia B. Destro naturale nella difesa a quattro di Andrisani, Claudio Cellamare ha esordito col pallone a 5 anni sponda Free Time scuola calcio del Bari. Poi, per due anni, è passato al Di Cagno Abbrescia seguito da Pasquale Loseto. Selezionato al Milan Day da Franco Baresi e Galliani, il gioiello barese è stato premiato nel 2013 dai rossoneri per il gol più bello del torneo (una punizione sotto l’incrocio). Poi, all’età di otto anni, approda al Bari. Dai Pulcini ad oggi, cinque stagioni (Esordienti, Giovanissimi, Under 15) sempre con Michele Andrisani. Quindi la preselezione con l’Italia arrivata quindici giorni fa e la successiva convocazione tra i 18 fortunati: «Claudio - dice papà Michele - è un super tifoso del Bari. Ha l’abbonamento dai tempi di Conte e Ventura. Va sempre al San Nicola sia sugli spalti che come raccattapalle nelle partite della prima squadra. Sogna di arrivare in prima squadra ed esultare sotto la Curva, alla fine di un derby vinto contro il Lecce. La chiamata in azzurro non se l’aspettava. Alla preconvocazione - d’accordo con Delvecchio - non gli ho detto nulla. Ma il preside della sua scuola media mi ha anticipato dando la notizia in classe». Una storia quasi già scritta nell’album di una famiglia con fattore “x”. Suo fratello Loris, 19 anni, gioca a basket: l’anno scorso ha esordito in B col Bisceglie e oggi è Under in D con l’Angiulli. Papà Michele è stato mediano in C col Nola dall’84 all’89. L’ultimo giovane biancorosso convocato in azzurro quest’anno è stato il portiere classe ‘96 Victor De Lucia (scadenza contratto il 30 giugno 2021), voluto da Piscedda lo scorso 13 febbraio per la gara amichevole tra la Nazionale Italiana U20 e la Rappresentativa “B Italia” U20. L’ultima perla incastonata in una triade su cui investire per il futuro.
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BR amarcord
il
IL GIALLO DI
Gianni Antonucci
CESARINO CENTRAVANTI TASCABILE
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nno 1939: tre giovani si facevano notare in un Bari “provinciale”. Il primo, Tommaso Maestrelli, esordiva in A a Milano il 28 febbraio: aveva appena 16 anni, 4 mesi e 19 giorni. Il secondo, Franceschino Capocasale, studente dell’istituto tecnico, costretto dal padre ad effettuare da calciatore sempre da solo le trasferte in treno, partendo il sabato sera con rientro il lunedì mattina per non perdere le lezioni a scuola. Il terzo, Cesarino Grossi centravanti nato al rione Carrassi, tanto brevilineo da essere chiamato “il topolino della serie A”. Talento eccezionale a dir poco infinito. Nella città vecchia l’avevano definito il centravanti tascabile perché alto 1,65 m per 56 kg di peso. Lo battezzarono definendolo “mezzo balilla” per accostarlo al grande Peppino Meazza detto il “balilla”. A vederlo così piccolo e minuto, non gli si dava un centesimo di fiducia; in campo, invece, era tutt’altra cosa, roba da spellarsi le mani. Era diventato l’idolo dei tifosi e soprattutto dei ragazzi. Oltre che per le sue doti calcistiche era diventato noto per un gustosissimo episodio accaduto a Milano all’ingresso per gli spogliatoi. La
il bari nel 1938-39 Da sinistra, Paciello (massaggiatore), Cappelini, Di Gennaro, Fusco, C. Grossi, Dugini, Mancini, Del Bianco, Duè, Andrighetto; in ginocchio, Capocasale e Cubi
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era alto 165 cm, giocò 46 partite con il bari segnando 16 gol tutti in serie a
sfida era con l’Ambrosiana Inter. Una partita che i “bookmakers” dell’epoca davano per “chiusa”. L’allenatore Cargnelli decideva, senza avvertire nessuno, di far esordire il giovane Grossi in campionato. All’entrata nello stadio, gli inservienti fermavano subito quel ragazzino che indossava i pantaloncini corti. Lo ritenevano il solito intruso capace di entrare senza pagare nello stadio. Fu il capitano biancorosso Cubi a notare l’assenza nel gruppo del giovane Grossi. Così il massaggiatore Paciello dovette spiegare agli inservienti che quel “ragazzino” sarebbe sceso in campo da centravanti del Bari. Ci fu una risata generale. Grossi, invece, entrò in campo e cominciò a sbalordire prima i milanesi e poi i pochi baresi presenti ad una partita che vide un continuo crescendo di gol, di emozioni, di prodezze meravigliose che portarono il Bari dallo svantaggio di
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2 gol al pareggio per 2-2 ispirato dalle “giocate” di Grossi chiamato “Ninì”. In tribuna si chiedevano: «Ma quello lì è il nuovo Meazza?». Aveva da poco compiuto i 20 anni (nato il 22 gennaio 1917) quando esordiva in serie A: i primi gol, in trasferta, ad Alessandria il 9 maggio 1937 con una doppietta in soli 2 minuti al quarto e al sesto del primo tempo. Per i ragazzi dell’epoca Cesarino Grossi era diventato qualcosa di più di un idolo, nel sillabario di ogni studente c’era la sua foto (si acquistava in formato cartolina postale da Foto Ficarelli a 20 centesimi) che serviva anche da segnalibro. È difficile scordare le sue imprese. A Torino il 16 gennaio 1938 fu straordinario: da solo trascinò il Bari alla vittoria per 4-2. Al rientro in città, i tifosi di Carrassi capeggiati da Nicolino Milella fecero gran festa offrendo un banchetto in un ristorante di via Melo. Le sue prestazioni calcistiche erano eccezionali dappertutto: Roma, Milano, Genova, Napoli, Torino, Firenze conoscevano il “Pietro Micca” del Bari che faceva saltare le difese avversarie. Ninì Grossi col Bari giocava 46 partite, segnando
morì in albania nel 1939: colpito da un fulmine o dai artigiani del paese delle aquile?
enorme quadro con una grande foto del compianto Grossi. Tutta la stampa nazionale (con le firme dei più noti giornalisti non soltanto sportivi) si occupava della tragedia, della fine del giovane centravanti del Bari calcio. Rimaneva ed è rimasto il dilemma: fu davvero un fulmine a centrarlo, appena arrivato, in Albania? Oppure, come più d’uno sostenne, furono i partigiani albanesi, che poco gradivano la presenza di truppe italiane, a colpire Cesarino Grossi mentre beveva a una fonte? Restano indelebili il ricordo del centravanti-soldato che fece innamorare del calcio una città intera e la sua carriera breve ma eccezionale. Ninì sognava di indossare la maglia azzurra e di emulare Faele Costantino, considerato suo maestro. Quando la sera del 12 aprile 1939 sul ponte di Corso Cavour, abbracciò gli amici prima di partire da soldato per l’Albania, era triste. Una specie di presagio? L’interrogativo aspetta ancora una risposta certa: Cesarino Grossi è morto per un fulmine o è stato ucciso in un agguato?
i solenni funerali 16 gol tutti in A. L’ultima presenza in campo era del 12 febbraio 1939 a Roma contro la Lazio. Poi, il servizio di Leva con destinazione Albania, annessa al Regno d’Italia. D’improvviso il 22 aprile 1939 al comando presidio di Bari, da parte dell’intendente dell’Albania, giungeva questo laconico fonogramma: «Il soldato Cesare Grossi di anni 22 partito col suo reggimento 48° fanteria per l’Albania è stato colpito da un fulmine». È il testo autentico della comunicazione. Solenni i funerali: allestiti una camera ardente nella sede della società in Via Putignani e poi corteo funebre lungo Corso Cavour, Corso Vittorio Emanuele fino a Piazza Garibaldi, presenti migliaia di persone. Dietro al feretro (arrivato da Valona) tutte le autorità civili, militari e religiose. In apertura del corteo due calciatori del Bari baresi veraci, Fusco e Alfonso, portavano un
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Il corteo funebre. Accanto, da sinistra Costantino, Capocasale, Grossi e Caldarulo durante la partita Bari-Liguria del 3 aprile 1938
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BR L’INCHIESTA
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BARI
grande piazza o piazza grande?
Chi è
SONO NUMERI DA SERIE A 26
Marco Bellinazzo è nato a Napoli nel 1974. Dopo la laurea in giurisprudenza all’Università Federico II è diventato giornalista frequentando l’Istituto Carlo De Martino di Milano. Dal 2004 lavora a “Il Sole 24 Ore”, scrivendo di giustizia, lavoro e fisco. Dal 2007 si occupa degli aspetti economici e finanziari del calcio attraverso un blog che si chiama Calcio & Business. Dal 2016 è invece il responsabile delle pagine Sport & Business. Opinionista per Radio 24 (Tutti Convocati) e per le principali emittenti televisive e radiofoniche nazionali. Ha scritto Il Napoli di Maradona: Cronistoria di un sogno: il primo scudetto (con Gigi Garanzini, Mondadori, 2012), Goal economy. Come la finanza globale ha trasformato il calcio (Baldini & Castoldi, 2015) e I veri padroni del calcio (Feltrinelli, 2017)
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MARCO
BELLINAZZO «NELLA GESTIONE DI UNA SOCIETÀ DI CALCIOIL BACINO D’UTENZA È DIVENTATO UN ELEMENTO SEMPRE PIÙ CENTRALE ACCANTO AD UN UN PUBBLICO LOCALE CHE HA SEMPRE OFFERTO RISCONTRI IMPORTANTI, BARI PUÒ VANTARE UN PUBBLICO INTERNAZIONALE, DI EMIGRATI CHE LAVORANO FUORI MA CHE RESTANO RAGGIUNGIBILI CON I CANALI TECNOLOGICI». Filippo Luigi Fasano
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rande piazza o piazza grande? È la domanda che la Bari del pallone si fa da decenni, dando per scontata la risposta. Una risposta che pensa di meritare, con l’ambizione di una serie A stabile ed il sogno di una comparsata in Europa. Lì dove si sono avventurate, fenomeni Atalanta ed Udinese a parte, piazze come Cesena, Palermo, Empoli, persino Chievo. Bari no, non ancora, nonostante il nono posto per popolazione ed il primo, in cadetteria, per numero di spettatori, superiore persino a sei squadre di serie A. Ma basta davvero tutto ciò a sentirsi stretta la serie B? Il giornalista de Il Sole 24 Ore Marco Bellinazzo, esperto di economia sportiva, non ha dubbi: «Sono numeri da serie A – assicura – Nella gestione di una società di calcio, il bacino d’utenza è diventato un elemento sempre più centrale. E accanto ad un un pubblico locale che ha sempre offerto riscontri importanti, Bari può vantare anche un pubblico internazionale, di emigrati che lavorano fuori ma che restano raggiungibili con i canali tecnologici. Ebbene, la nuova ripartizione dei ricavi dei diritti tv, per la quota del 20% relativa al cosidetto ‘radicamento sociale’, richiama proprio il numero di spettatori delle partite casalinghe e l’audience certificata dei match in tv. Una stima? Dai diritti tv Bari oggi potrebbe aspirare a ricavi per almeno 40 milioni di Euro, rispetto ad una somma che non arriva al milione, in serie B. E questo cambia le regole del gioco». Si sta allargando la forbice fra chi sale dalla B e chi in A ci sta già. Qual è il percorso virtuoso che dovrebbe seguire una neopromossa? «Serve un programma molto preciso, con una proprietà in grado di sostenere l’investimento per essere ammessa alla serie A. Una volta promossi, poi, contratti con i calciatori non molto lunghi, con una parte d’ingaggio legata ad obiettivi ed incentivi, e conseguente diminuizione a seguito di retrocessione. Non è facile, ma questo è il solo modo per attutire un ritorno in B. Sopratutto in caso di mancata risalita immediata».
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«SERVE UN PROGRAMMA MOLTO PRECISO CON UNA PROPRIETÀ IN GRADO DI SOSTENERE I COSTI PER ESSERE AMMESSA ALLA SERIE A»
Cosa Bari può mettere in vetrina, per sostenere la sua squadra di calcio? «La crescente attrattività della Puglia, che oggi gode di una notorietà mondiale. In questo senso Bari, come epicentro della regione, avrebbe molto appeal verso investitori stranieri interessati a sviluppare iniziative nel turismo, e a veicolarle con il calcio. È questo il terreno su cui anche gli enti locali potrebbero ricercare partner in grado di mantenere la piazza in massima serie». La partecipazione ad una coppa europea: un sogno irrealizzato per Bari, un obiettivo centrato da realtà anche molto più piccole. Come lo si spiega ai tifosi biancorossi? «Oggi con la serie A è possibile creare un circuito virtuoso, nella gestione del club. Ed anche piccole città avranno la possibilità di misurarsi con palcoscenici internazionali, anche se questo sarà sempre più raro. Bisogna però rapportarsi con un altro tipo di realtà: penso a Bologna, Genova, molto più simili per bacino di utenza. Prendere coscienza di questo è fondamentale per capire che investimenti importanti possano e debbano essere fatti anche a Bari, che resta una delle piazze più appetibili. Il punto di debolezza? Gli anni difficili vissuti dalla squadra non hanno contribuito ad alimentare interesse». È un caso che fra le 10 città italiane con il maggior numero di abitanti, Napoli sia la sola città del Sud ad essere rappresentata in serie A? «Non lo è affatto. Ripeto, per programmare un discorso di crescita serve una società molto forte, che possa sostenere una stima di investimenti per 15-20 milioni. Realtà imprenditoriali di questo tipo sono oggettivamente più frequenti al Nord che al Sud. E quelle che operano nel Meridione, magari, non hanno un business bisognoso di essere lanciato con il calcio. Benevento? Resta una eccezione, in un Mezzogiorno che ha smesso di investire nei settori giovanili. E che non può pensare, come avveniva fino agli anni Novanta, di poter salire per soli meriti sportivi».
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BR IL LIBRO
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GIOACCHINO
PRISCIANDARO
300 GOL
IL BARI GLI PREFERÌ SANTORUVO NONOSTANTE LE RETI REALIZZATE A GRAPPOLI
NON SONO BASTATI Vito Prigigallo
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ioacchino Prisciandaro perché non ha mai giocato nel Bari? «Evidentemente mai nessuno ha creduto in me. Eppure di gol in carriera ne ho fatti tanti (300, più o meno, ndr)». Sarà che, nell’83, dopo aver giocato nella Tangari («Ve lo ricordate il presidente che faceva il marmista e aveva la bottega di fronte al Cimitero di Bari?»), è stato il Monopoli a mettere gli occhi su quel ragazzone che già segnava tanti gol e s’imponeva col suo fisico. «A Monopoli sono stati cinque anni bellissimi, eravamo ragazzini, pochi pensieri per la testa, tanto pallone pochi libri». Invece di fare il salto di qualità, scende tra i dilettanti. «A Noci, in Promozione, con mister Clementini, con cui vincemmo il campionato e salimmo in D. Poi andai a Fasano, loro retrocessero e tornai a Noci quando non ci fu il ripescaggio e fu inserita l’Eccellenza». E quello fu l’anno di mister Bellantuono, con Epomeo, Totaro. E Lomelo. «Con Gennarino avevo già giocato. Una squadra strepitosa, tornammo subito in Quarta Serie». Torniamo un attimo al Bari: possibile, mai un contatto? «Sì, una volta: era il 2004 mi pare, dopo la retrocessione seguita allo spareggio col Venezia e il ripescaggio. Mi telefonarono, preferirono Vincenzo Santoruvo. Avevo già una certa età». Oggi il Bari di Grosso ha seri problemi in attacco. «Non voglio dire, ma non ci sono i centravanti di una volta: che ne dite di Vantaggiato, Viganò, Corona, diciamo pure Prisciandaro, va. Se oggi Ciccio Caputo, ottimo calciatore, segna tanti gol, vuol dire che c’è proprio crisi di attaccanti veri». Facciamo un salto indietro. A Rutigliano ci sta un anno solo, ma accade di tutto, in D. Compreso un clamoroso 6-0 al Taranto. Sulla faccia da Aldo Giuffrè di Gioacchino una smorfia, come di nostalgia. «E chi se lo dimentica. Anche quella era una
31 marzo 2018 anno I n. 5
Chi è Classe 1970, barese, Gioacchino Prisciandaro vive a Casamassima con la moglie e quattro figlie femmine («Io ci ho provato a fare un bomber, ma sono venute quattro splendide donne»). All’ex attaccante non è riuscita la carriera di allenatore: «Ho preso subito il patentino Uefa B, ero convinto che sarebbero arrivate telefonate che invece non mi hanno mai fatto. Il mondo del calcio è un po’ strano, lo sappiamo». Tra le stagioni migliori la C2 del 2001 a Martina (30 presenze, 22 gol) e soprattutto quella, sempre in C2, con la maglia grigiorossa: nel 2003 28 reti in 35 presenze e l’anno successivo in C1 18 in 29. Oggi, oltre all’attività presso il bar, dirige una scuola calcio a Casamassima.
squadra formidabile, con Gulino al mio fianco, Bitetto, Costantino, Dino De Rosa, Lapedota, Pinto. Segnai tantissimi gol, più di tutti nella Serie D di quell’anno». Siamo alle premesse del passaggio alla Cremonese. «Quando arrivai, nel 2003, con questo nome che mi ritrovo, fecero tutti una faccia… Sono tutti leghisti da quelle parti. Eppoi avevo 33 anni». Fu Riccardo Di Bari a innescare la trattativa. «Sì, il direttore era con me al Martina, conosceva il signor Rispoli che collaborava con la Cremonese. Quando me lo proposero, dissi subito no. Cremona? E che faccio, mi sposto di nuovo? Ero già stato a Pistoia e Aosta, preferivo il nostro clima, stare vicino a casa. Ma poi gli emissari vennero da me. Scesero a Palese, ci vedemmo all’Hotel La Baia. E mi convinsero». Due anni straordinari, quelli con la Cremonese. «L’accoglienza di questi giorni per la presentazione del libro conferma che davvero mi hanno voluto molto, molto bene, che è gente di passione, di cuore e di grande ospitalità». Già, il libro. Com’è nata l’idea? «Semplice. Giotta viene molto spesso al bar di una stazione di servizio che gestisco a Casamassima. Un giorno di luglio, così, gli faccio: professò, perché invece di parlare sempre di ricordi non facciamo un bel libro? Detto, fatto. Vediamo martedì, disse. Per otto mesi siamo stati insieme quasi ogni giorno». I presidenti che ricorda di più? «Chiarelli del Martina, Ruggiero del Maglie, Giuliano del Rutigliano, Putignano del Noci. E naturalmente Gigi Gualco, l’ex calciatore, della Cremonese». E una galleria dei gol più belli? «In Martina-Crotone 1-0, c’era Gasperini sulla panchina dei calabresi, in Pro Patria-Cremonese, di testa, a Busto Arsizio. E in Martina-Casamassima, di testa, in Prima Categoria». Perché il gol se è bello, è bello ad ogni latitudine calcistica.
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BR calcio e dintorni
il
il traversone Venanzio Traversa
Mazzeo “last minute” come Brienza
Dopo la fortunata cessione di Tonucci e Greco da Foggia è arrivato un altro grazie al Bari. Un grazie perché il suo centravanti Mazzeo si è ispirato nell’andare a rete alla scuola eccelsa di Brienza. Quella di segnare un gol decisivo nell’ultimo minuto della partita. Come è accaduto contro il Cesena e come spesso è accaduto in passato con altri giocatori anche se non provenienti da Bari. Se il Foggia riesce a prendere esempio da Bari per vincere in zona Cesarini quando il Bari riuscirà a prendere esempio dal Foggia per vincere fuori casa?
Perché Di Cagno non andò più Abbrescia?
Sarà vero? Sembra che Emiliano per fare un favore al Presidente Giancaspro volesse inviare la settimana scorsa Simeone Di Cagno Abbrescia per vedere come gioca la squadra lombarda e riferire a Grosso in vista della trasferta di Caracciolo e compagni in Puglia. Pare che Grosso, l’ignaro ragazzo che non conosce la lunga esperienza sportiva della famiglia Di Cagno, abbia detto no. Dimentica che Simeone è nato sotto il segno dell’Acquario ed è stato nominato nel Gran Consiglio dell’Acquedotto Pugliese. E quindi oltre a capire un tubo di calcio capisce l’intera condotta di oltre trecento chilometri che va da Caposele al Dopo i quattro un Galano “merlettato” Palazzo barese dell’Ac“nove” a ruota libera? Possibile - da Cittadella è arriva- quedotto in Via Cognetti. ta l’ennesima conferma - possibile che di questo Bari di cui si comincia Stadio, chi corre a vedere qualcosa di buono si debba e chi va Piano dire come dinanzi ad un quadro, C’è chi dice di accelerare come fa un ritratto perfetto che raffigura un Giancaspro per mettere mano ai famoso personaggio ”peccato, gli lavori sull’ Astronave. E chi dice di manca solo la parola?” Del Bari “pec- rallentare come sostengono magcato gli manca solo il gol”? Eppure gioranza e opposizione nel Consiglio per segnarlo il Bari ricorre ai “miComunale. Infine c’è uno ed è Renzo racoli” di Brienza pur disponendo di l’architetto che ha progettato lo ben quattro centravanti:Floro Flores, stadio San Nicola che dice è meglio Nenè, Cissè e Kozak. Quest’ultimo, lo andarci Piano come il suo nome. slovacco l’abbiamo atteso più di Go- Attendere, vedere se è il caso di dot finora godendo di lui solo un gol spendere tanti soldi del Comune o e mezzo. Quello a metà con Galano spendere tanti soldi per acquisire lo contro la Pro Vercelli. Per il resto né stadio da destinare ad altre attività. un Kozakko del Don né un Kozakko Però questo guazzabuglio del San del Din. Nicola se è idoneo, da ricostruire o demolire dovrà essere pur sciolto. Anche perché il glorioso Stadio della Forse ci vorrebbe un quinto Vittoria ha celebrato alla grande il con l’estro del destro ritorno alle gare con il Rugby. AttenForse ci vorrebbe un quinto cende ora di farlo con il Calcio. trattacco diverso, un Galano centravanti arretrato che possa muoversi in libertà con il suo micidiale Pieno o vuoto sinistro lungo tutto il fronte della purché bicchiere prima linea biancorossa. LasciaBasta con questi calcoli ragioniere insomma che liberi tutto il suo ristici sui punti presi dal Bari nel estro. Anche il suo destro maldestro girone di andata e quelli finora nel quando gli riesce. ritorno. Basta con questa vecchia storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. L’importante è fermarGyomber e Balkovec fateci vedere si al bicchiere e non andare oltre, I giocatori come Gyomber e passare alla bottiglia e poi al fiasco Balkovec che sono stati chiamati quello grande da due litri. Come a giocare nelle Nazionali slovacca quelli collezionati anni fa ai tempi e slovena sono pregati al ritorno di Sua Soavità Gianluca Paparesta di portare i filmati delle partite i cui tornei si rivelavano autentici perché i tifosi biancorossi vogliono vedere come giocano in altre partite fiaschi a furia di passare e ripassare docilmente sotto l’Arco romanoe con compagni diversi. Non è solo laziale di Lotito. una curiosità.
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LE PROSSIME PARTITE lunedì 2 aprile ore 15 avellino-bari Sabato 7 aprile ore 15 bari-salernitana Sabato 14 aprile ore 15 pescara-bari Martedì 17 aprile ore 20.30 bari-novara Sabato 21 aprile ore 15 foggia-bari
RECUPERI DELLA 29A GIORNATA lunedì 2 aprile ore 12.30 FOGGIA-EMPOLI lunedì 2 aprile ore 17.30 CARPI-VENEZIA lunedì 2 aprile ore 20.30 PARMA-PALERMO martedì 3 aprile ore 18 PRO VERCELLI-PERUGIA martedì 3 aprile ore 18 BRESCIA-ENTELLA
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