O BIANC ROSSO
il
Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno I numero 8 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano
periodico di informazione sportiva de
EL TANQUE ARGENTINO NENÉ L’INTERPRETE IDEALE DEL TIKI-TAKA DI GROSSO
IL MUSEO CHE NON C’È QUELLE 250 MAGLIE RIGOROSAMENTE USATE
Motoria S.r.l.
BR L’EDITORIALE
il
di Gaetano Campione
obiettivo playoff
mantenuta la prima promessa L
a prima promessa è stata mantenuta. Il Bari puntava ai playoff e ai playoff è arrivato. Gustiamoci, allora, il profumo della felicità dipinta sui volti dei giocatori alla fine della partita col Perugia e su quelli, imperturbabili, dell’allenatore Grosso e del direttore sportivo Sogliano, i nostri gemelli siamesi condannati a vivere o a morire insieme. Una buona parte dei meriti è anche loro. Non riconoscerlo, equivale a mistificare la realtà. Dunque, onore al merito, da una città intera aggrappata all’idea di tagliare questo traguardo, dopo anni di delusioni e di illusioni. Quelli che vediamo scorrere adesso, però, non sono i titoli di coda sul film delle ambizioni biancorosse. Anzi. Dopo Parma e Carpi inizierà un altro campionato. Forse, il vero campionato, quello più atteso da tutti. Il solo giudizio che conta, a questo punto, è la continuità nel rendimento, in campo e sugli spalti. Perché, come avevamo già scritto, si avverte la necessità di un’operazione simpatia da parte della società, in grado di recuperare l’anima spenta, malinconica e rassegnata della città del pallone. Quella che ha disertato l’ultima partita (rispetto alle potenzialità, i 14mila spettatori di Bari-Perugia rappresentano un pugno nello stomaco). C’è tempo per soffiare e
11 maggio 2018 anno I n. 8
alimentare il fuoco della passione popolare. Va riscoperta la centralità del tifoso, bisogna riuscire a farlo alzare dal divano e a riportarlo di nuovo al San Nicola. Provare è un dovere per un club che sa comunicare poco e non sempre bene. I silenzi stampa, i muri innalzati, non aiutano a ripristinare fiducia e simpatia. Se la spinta del pubblico è sempre stata un fattore determinante, deve continuare ad esserlo. Qualche suggerimento? Invitare tutte le scuole calcio della città, prevedere pacchetti per le famiglie a prezzi agevolati, far pagare 5 euro alle donne in qualsiasi settore, chi ha un abbonamento può invitare un amico a un prezzo simbolico e via dicendo. La fantasia non manca. Chi ama “la Bari” ai playoff venga nell’astronave di Renzo Piano, il motore di tutte le emozioni e abbandoni l’etichetta di tifoso-nativo digitale. Lasci i social e si sieda in curva. Sul rettangolo da gioco non si cammina mai da soli. Le coreografie, i cori, i tamburi, gli striscioni, caricano l’ambiente di orgoglio e di responsabilità. Il ricordo di Bari-Latina, semifinale playoff del 2014, resiste alla legge del tempo. E’ scolpita nella storia del club a lettere cubitali, perché non riportare indietro le lancette dell’orologio del pallone? Tutti insieme appassionatamente, aspettiamo l’operazione simpatia.
3
BR sommario
il
8
ANDRADA
6 BASHA il Biancorosso anno I n. 8 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81
DONATI
NENĂŠ
Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso
12
Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Michele De Feudis Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Vito Prigigallo Tiziano Tridente Fotografie Corcelli De Giglio Maizzi Luca Turi Donato Fasano A. Scuro Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci
10 18
16
IL GALLO
ARCIULI OSMANOVSKI
Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia
FERRARIS IV
Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)
4
20
22
23 CATACCHIO 11 maggio 2018 anno I n. 8
BR IL REGISTA
il
a cura di Davide Lattanzi
BASHA L’INSOSTITUIBILE MINUTI TOTALI
MIGJEN BASHA
2.487
PRESENZE
30 DA TITOLARE
29 GOL
2 AMMONIZIONI
7 SUBENTRATO
1 SOSTITUITO
8 6
Mai come in questo momento va detto che i numeri parlano per lui. Per numero di presenze, lo precedono soltanto Micai, Tello, Improta, Marrone e Galano. Come minutaggio complessivo e gettoni da titolare, tuttavia, è tra i leader assoluti del Bari edizione 2017-18. Le assenze, peraltro, sono state sempre per causa maggiore: lievi acciacchi oppure convocazioni nella nazionale albanese. Soltanto due volte, per scelta tecnica, è andato in panchina: a Carpi (senza entrare) e con l’Empoli (disputando comunque l’ultima mezzora). Cresciuto nel Losanna, passato da Lucchese e Viareggio, esploso nel Rimini e transitato con successo da Frosinone, Atalanta e Torino, Basha ha riscattato le ultime due stagioni vissute in tono minore con un torneo convincente. PERCHÉ SÌ Nessuno più di lui si è guadagnato il posto sul campo, a suon di prestazioni. Basti pensare che lo scorso anno era stato una meteora nell’era Stellone per poi essere rilanciato con l’avvento di Colantuono. In estate, la sua posizione non era solidissima, ma Grosso non ha mai pensato di privarsene. Personalità, abilità nel coniugare la doppia fase (recupero e rigiocata), continuità di rendimento gli hanno permesso di essere un intoccabile nello scacchiere di Grosso. PERCHÉ NO I limiti sono noti. D’altra parte, Basha non nasce regista: spesso in carriera ha giocato da mediano puro o da mezzala (posizione spesso ricoperta nella nazionale albanese). Il passo non è rapidissimo, le idee sono spesso elementari, talvolta cade in errori pericolosi. Non è, insomma, l’uomo dal numero alla Pirlo. Gli anni sono ormai 31 ed il contratto è in scadenza: difficile capire quale possa essere il suo futuro, ma se restasse sui livelli di quest’anno sarebbe ancora utile.
11 maggio 2018 anno I n. 8
Il regista è uno dei pilastri di una squadra di calcio. Dovrebbe essere l’ispiratore della manovra, l’organizzatore del gioco. Nel tempo, il ruolo si è evoluto. In un gioco ormai basato su ritmo, corsa, agonismo ed intensità (sovente a scapito della tecnica pura), oggi il “play” raramente è l’uomo in grado di effettuare lanci di 40 metri per gli attaccanti o di eccellere con giocate che ne esaltino il talento. Servono, invece, muscoli e presenza, coraggio e ritmo, capacità di recuperare palla e rigiocarla rapidamente. Ebbene, Fabio Grosso ha trovato queste doti in Migjen Basha eleggendolo a punto fermo del suo Bari. Una rarità, considerando che, tra i 26 calciatori di movimento a disposizione, praticamente nessuno ha potuto ritenersi un titolare inamovibile. L’albanese, invece, lo è stato. Di fatto, è stato anche il capitano dei biancorossi. Poiché l’uomo designato, Franco Brienza, quasi sempre è partito dalla panchina lasciando l’incombenza di vestire la fascia all’albanese. E pensare che nel mercato estivo era arrivato Luca Marrone, lui sì, regista più “classico” secondo i canoni tradizionali. Alla resa dei conti, invece, l’ex juventino si è riciclato nella batteria dei difensori disputando in mediana appena due incontri, entrambi (curioso il destino) contro l’Empoli, all’andata e al ritorno, con risultati modesti. A conti fatti, l’alternativa di Basha è stato Jacopo Petriccione: profilo promettente, ma non ancora all’altezza del titolare. Ecco, quindi, nel dettaglio la stagione dei registi biancorossi, esaminata ai raggi x.
PRESENZE
MINUTI TOTALI
1.186
19
DA TITOLARE
12
GOL
Cresciuto nelle giovanili di Cagliari, Siena e Fiorentina, proprio nel vivaio viola ha mostrato potenzialità notevoli raggiungendo la finale scudetto Primavera nel 2015. E’ andato poi a farsi le ossa nella Pistoiese e ha esordito in B lo scorso anno con la Ternana disputando una stagione da titolare. In estate, il ds Sean Sogliano ha scommesso su di lui decidendo di prelevarlo a titolo definitivo dalla Fiorentina: Bari ha rappresentato per il ragazzo goriziano il primo approccio con una grande piazza. Nel complesso, l’esame può considerarsi superato, poiché si è fatto trovare pronto a qualsiasi chiamata, mostrando anche una buona elasticità tattica. Deve crescere, non c’è dubbio. Ma le prospettive sono rosee ed i margini di miglioramento non mancano. PERCHÉ SÌ A soli 23 anni (compiuti a febbraio), Jacopo non ha mai tremato pur indossando una maglia “pesante” in un ambiente esigente. Secondo le esigenze, ha fatto sia il “vice Basha” occupando la posizione di centrale davanti alla difesa, oppure è stato schierato da mezzala. Corsa, dinamismo e lucidità sono le peculiarità che lo hanno reso un’alternativa preziosa, pronto all’uso da titolare e a gara in corso. E’ di piena proprietà del Bari: un prospetto su cui insistere.
1 AMMONIZIONI
5 SUBENTRATO
7 SOSTITUITO
2
11 maggio 2018 anno I n. 8
JACOPO PETRICCIONE
PERCHÉ NO Il ruolo va definito. È un regista oppure una mezzala? Per ora, vincerebbe la seconda ipotesi. Del play puro manca la fisicità (indispensabile nel calcio moderno), nonché la giocata più ardita: con lui al “comando”, il centrocampo diventa un tantino scolastico. Da interno, invece, può esplodere poiché possiede intensità, ritmo, resistenza, intelligenza nel comprendere i tempi di inserimento. Starà a lui capire dove si sente più a suo agio ed al Bari valorizzarlo in tal senso.
7
BR B R IL PERSONAGGIO
il
FEDERICO ANDRADA L’ATTESA È FINITA Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi
D
icono che sia uno che non molla mai. Dicono che porti in campo quella voglia, quell’agonismo, quel sacro furore che impari solo giocando per strada. Dicono che alla giocata di fino preferisca una rincorsa in più. Che prodezze come quelle contro il Perugia vadano applaudite e subito dimenticate, perché lui è uno da reti ‘brutte’, ‘sporche’: quelle che realizzi solo per averle annusate, sentendo la porta senza neppure mirarci dentro. Chissà se il primo, deflagrante, impatto non sia l’inizio una di quelle storie che solo il calcio può raccontare. Certo è che c’è qualcosa di magico in Federico Andrada, l’ultimo attaccante salito sulla giostra del gol. Lo dimostra il fatto che, al suo debutto in biancorosso (nello scorcio finale della trasferta di Palermo, lo scorso 30 aprile), dopo tre mesi senza disputare nemmeno un minuto, il Bari trovi un insperato pareggio in inferiorità numerica. Entra in campo con ‘garra’ da mediano, Federico, ed è il primo a saltare addosso a Floro Flores e Nenè, dopo l’1-1 appena siglato. E ancor più schiacciante è il secondo indizio: esordio da titolare e prodezza da urlo, per preparazione e finalizzazione. Tutto in un pomeriggio, tutto in una sola partita, quella che ha improvvisamente acceso i riflettori sul 24enne argentino, acquistato da Sean Sogliano nelle battute finali del mercato di gennaio. Una scelta precisa, quella del direttore sportivo del Bari. Non potendo ingaggiare un bomber di nobile pedigree e numeri incontestabili per la B, ha puntato su un elemento di prospettiva. Cercandolo in quel mercato sudamericano che il dirigente di Alessandria non ha mai smesso di scandagliare, anche dopo Verona. Dove portò il messicano Marquez e l’ar-
8
È STATO PRIMATISTA DI RETI NEL SETTORE GIOVANILE DEL RIVER PLATE CON 139 GOL RECORD ANCORA IMBATTUTO
gentino Saviola, stelle cadenti da rilanciare, ed il paraguaiano Iturbe, astro nascente rivenduto poi a peso d’oro. Ma quelli erano calciatori “fatti”. Stavolta, si trattava di piazzare una scommessa. Di credere che il giovanotto primatista di reti nel settore giovanile del River Plate (139 centri, score ancora imbattuto) potesse sfondare pure in Italia. Le origini calcistiche di Federico, ad ogni modo, sono di tutto rispetto. Nato vicino Buenos Aires, a Vicente Lopez, il 3 marzo 1994, Andrada è stato lanciato fra i professionisti da Ramon Diaz, ex centravanti anche lui che in Italia ha vestito le maglie di Napoli, Avellino, Fiorentina ed Inter (vincendo uno scudetto in nerazzurro). Malgrado la giovane età, Federico ha già girato parecchio: ha cercato fortuna al Metz, in Francia, per poi ripartire in patria dalla seconda divisione. Atletico Rafaela e Quilmes le tappe prima di approdare al Velez e tornare al River Plate, che nel frattempo non ha mai perso il controllo del suo cartellino. Fino alla chiamata del Bari, che lo ha prelevato a titolo definitivo: contratto fino al 2020 con opzione di rinnovo per un’ulteriore stagione. Da gennaio a fine aprile, il numero 29 biancorosso ha svolto un lungo apprendistato. Come prima di lui, era accaduto a Balkovec e Anderson. Ma, evidentemente, non ha perso tempo: ha guardato, imparato, tentato di carpire i segreti della nuova realtà. Non a caso, si è presentato in mix zone, nel post gara con il Perugia, sfoggiando un italiano perfetto. Ed anche sul piano tecnico-tattico ha palesato notevole elasticità. In patria si muoveva alle spalle di un altro attaccante. Ed, in effetti, nel primo tempo contro gli umbri, ha svolto più o meno le stesse man-
11 maggio 2018 anno I n. 8
ME TZ
15 15
2016-2017
201
QUILMES
7
20
18
I BAR sioni, agendo da “falso nueve” per poi arretrare e favorire il taglio di Cissè. Ma se l’è cavata persino meglio nella ripresa, da esterno destro: da lì ha ha confezionato il raddoppio, ondeggiando fra due avversari, scambiando con Floro Flores e resistendo alla carica di un altro difensore. Prima di scoccare il sinistro che si è spento lassù, all’incrocio, imprendibile per Leali. Uno spunto alla Bruno Giordano, a voler osare un amarcord. E poi, tanto per gradire, un assist perfetto per Iocolano, meritevole di miglior esito. Chicche che hanno fatto breccia nel cuore dei tifosi, pronti ad eleggerlo a proprio beniamino come già avevano fatto i compagni di squadra, che hanno festeggiato il supergol a colpi di ‘calate’. Personaggio lo è sempre stato, Federico, anche quando di lui si aveva traccia solo in distinta. Figuriamoci adesso, dopo aver infilato in soli cinque giorni debutto e prima rete italiana. Gol e vittoria: una ‘combo’ celebrata nello spogliatoio, prima di andare in doccia, con una ‘story’ su Instagram. Una manciata di secondi pubblicata per 24 ore, sul profilo ‘fedeandra22’, ma già diven-
11 maggio 2018 anno I n. 8
LA RAFAE O C I T ATLÉ
0 4-2
1 20 2015
SQUADRE DI CLUB 8 201
attaccante argentino 24 anni
2 TZ E M
-20
14
20
2012
-2014
RIVER PLATE
Chi è
VÉLE Z SA RSFI ELD
RIV ER PL AT E
È una prima punta,un vero numero nove, ma all’occorrenza può svariare su tutto il fronte d’attacco. Fisico potente, è alto 180cm e pesa 74kg è stato ribattezzato el Tanque (il carrarmato). Ha imparato i segreti dei grandi attaccanti passati in questi anni dal River, tra tutti el Tigre Falcao, Abreu e Rosales, ma il suo idolo è el Torito Fernando Cavenaghi. Ha una buona velocità di base, sgusciante, abile nel dribbling e nello stretto calcia molto bene con il sinistro e con il destro che è il suo piede preferito. Molto bravo anche di testa, cerca spesso il fraseggio con i compagni di squadra ed è molto intelligente dal punto di vista tattico. È anche un ottimo rigorista. A livello giovanile, con la maglia della Seleccion, partecipa al campionato Sudamericano under 15 nel 2009 disputatosi in Bolivia e al Sudamericano under 17 nel 2011 disputatosi in Ecuador, dove ha realizzato 4 gol. Nella miglior stagione del River Plate ha segnato 37 volte in 23 partite.
tata virale, fra i tifosi biancorossi: lui in maglia rossa a far baldoria con il resto della squadra, fra giocatori seminudi a dimenarsi su panche e pedane di fortuna. Alle sue spalle, il colombiano Tello, in un quadretto tutto sudamericano. Come era già avvenuto alla fine di febbraio, quando Andrada aveva ripreso il manto del San Nicola innevato, a poche ore dall’inizio di Bari-Spezia, poi rinviata. Un video da oltre 10mila riproduzioni, il più gettonato in mezzo a tante foto di momenti di vita quotidiana. Un selfie con il cane Angus, giusto prima di partire per l’Italia. Un bacio alla sua ragazza. Uno scatto nel giorno del suo 24esimo compleanno, festeggiato con il personale dell’albergo che lo ospitava. Non mancano papà e mamma, molto social pure loro, arrivati in Puglia per il lungo ponte a cavallo fra aprile e maggio. Federico ha fatto loro da Cicerone, fra un allenamento e l’altro: una visita a Polignano, fra un affaccio a strapiombo sul mare ed un altro su lama Monachile, una passeggiata nei vicoli sghembi di Bari Vecchia, un tramonto a San Girolamo, la rassicurante imponenza del faro di San Cataldo. E poi l’ultima meraviglia, quella cometa tracciata contro il Perugia. Dal vivo, al San Nicola, dove i signori Andrada erano arrivati solo con la speranza di veder giocare il proprio figliolo. Ed invece è stata loro recapitata l’ultima cartolina. La più bella, prima di ripartire per l’Argentina.
9
BR FOCUS BR
il
IL FLIPPER
NENÉ
RICUCE E CESELLA Filippo Luigi Fasano
V
entitrè settembre 2009, quinta giornata di serie A. A meno di un quarto d’ora dalla fine, Bari e Cagliari sono ancora sullo 0-0, nonostante i tentativi degli ospiti di sbloccare punteggio e partita. L’ennesimo pallone verso la porta di Gillet arriva da destra: supera Ranocchia ma non Anderson Miguel da Silva, detto Nené, brasiliano dello stato di San Paolo, in campo da tre minuti al posto di Matrì. Controllo col ginocchio destro e sinistro al volo di collo pieno, sotto l’incrocio. Gol. Il primo in Italia, dopo i 20 realizzati l’anno prima nel Nacional, in Portogallo. Arriva al San Nicola, dove sarebbe potuto arrivare comunque. Leggenda vuole fosse stato proposto al Bari subito dopo la promozione ma che Antonio Conte avesse temporeggiato, per valutarlo meglio dal vivo. Non se ne fece nulla, così come a gennaio 2017, dopo un lustro passato in Sardegna, una stagione a Verona ed un’altra a La Spezia. Quest’estate, però, si può. Gli anni sono 34 ma la classe è intatta: attaccante centrale di ruolo ma piedi da centrocampista. Ed è per quelli che Nené si fa apprezzare, rivelandosi l’interprete offensivo ideale per il tiki-taka imbastito da Grosso. In una mediana orfana di un regista autentico, di quelli dalla gittata facile anche a 30 metri, rincula sulla tre quarti, dove ricuce e cesella, smussa ed imbecca. Gli sbattono contro palloni grezzi, veloci come in un flipper, e lui li indirizza in filtranti golosi, negli spazi lasciati sguarniti. Segna in Coppa Italia, contro la Cremonese, e fa segnare. Sopratutto Improta e Galano, assecondandone il ‘killer istinct’ di inizio stagione. Come Kutuzov con Barreto. Esce di scena a fine settembre, ma quando rivede il campo con continuità, si ricorda pure che non di soli assist vive un “nueve”, falso o vero che sia. Ed allora fioccano anche i gol, in tutti i modi possibili: su rigore (Sassuolo, ancora in coppa) e di potenza (Brescia), di testa (Avellino, Pescara) e di rapina (Perugia, Foggia), persino in spaccata (Palermo). È tornato a pieni giri nel momento topico, Nené, quello dello sprint verso la A. E se promozione sarà, sarà rinnovo automatico, per un altro anno. Un motivo in più, dopo ogni rete, per guardare lassù.
L’INTERPRETE IDEALE DEL TIKI-TAKA DI GROSSO
10
11 maggio 2018 anno I n. 8
la religiosità del giocatore si vede quando punta indici e sguardo all’insù dopo ogni gol
in viaggio con papà
Un brasiliano atipico Il primo assist non si scorda mai. È toccato ad un altro brasiliano, Jedaias Capucho Neves detto Jeda, battezzare Nené per il suo primo gol italiano: il primo che crossa, il secondo che insacca. Proprio al San Nicola. Una cortesia fra connazionali, all’inizio dell’unico campionato giocato assieme nel Cagliari. Ma le somiglianze finiscono qui: «Io sono originario del Nord del paese, mentre Nené è paulista – ricorda Jeda (due anni a Lecce fra A e Lega Pro, ultimo infausto derby compreso, e la stagione 15/16 a Casarano), che alle soglie dei 40 ancora sgambetta fra i dilettanti –. Un ragazzo semplice, tranquillo, piuttosto riservato. Lontano da ciò che ci si aspetta da un brasiliano. Pronto però ad integrarsi subito nel gruppo e a sciogliersi con i compagni. «Scherzi con noi e poi il sorriso lo perdi a casa, con tua moglie»: lo prendevamo in giro così. È arrivato in Italia con la famiglia». Insomma, poche difficoltà di ambientamento: «Era una scommessa del presidente Cellino, io per primo non lo conoscevo. E alla fine ci ha azzeccato: ha fatto i suoi gol anche a Cagliari». Una sola simpatica rivalità, quella con Larrivey. In allenamento, per un posto in attacco, e a tavola: «Si sedevano vicini e si dicevano l’un l’altro: “Sei argentino, non vali niente”. E l’altro: “Parli tu che sei brasiliano”. Ma, alzati da tavola, eravamo tutti amici».
11 maggio 2018 anno I n. 8
per grazia ricevuta Un gol per dire dire “grazie”. Si gonfia la rete e Nené punta indici e sguardo all’insù, prima che l’abbraccio dei compagni lo riporti quaggiù. Non una moda, ma un omaggio sincero. A chi non si vede ma si è fatto sentire, nella sua vita. Costruendogli attorno una bella famiglia ed emancipandolo dalle asprezze dell’infanzia. È per questo che la religiosità dell’attaccante di Sorocaba non si vede solo in campo ma anche e sopratutto fuori. Come a La Spezia, nel gruppo di lettura della Bibbia promosso dall’argentino Nahuel Valentini: «Sappiamo di essere dei privilegiati – precisa il 30enne difensore, ora in forza all’Oviedo, in Spagna – Ma anche nel nostro lavoro ci sono momenti in cui serve pazienza. Dopo un infortunio, ad esempio. Oppure quando si sta fuori per tante partite. È allora che la parola di Dio ci conforta e sostiene. Pensa a Paolo, nella Lettera ai Filippesi: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza”. Se viviamo in armonia con Dio, potremo ricevere una potenza superiore alle nostre forze. Bello, no? Vale anche per il calcio». Religiosità sì, ma anche giri di Do: «Gli piaceva come suonavo la chitarra – ricorda Valentini – Diceva che sarei dovuto andare a Sanremo. Ma non ha mai accompagnato, né con il canto, né con il ballo. Peccato, da brasiliano poteva far bene».
Del padre non ha né il nomignolo vezzoso, né la certezza di affermarsi come il calciatore. In attesa di capirlo, Gustavo Afonso Calefe, primogenito del numero 27 biancorosso, va dove lo porta il padre. Cagliari, Verona, Spezia, e adesso Bari, dove è stato aggregato alla Primavera di De Angelis. È al primo anno nella categoria, visto che è nato a San Paolo il 20 ottobre 2000. Ed è forse anche per questo, che il suo impiego è stato piuttosto ridotto. Due subentri nel finale, entrambi al posto della stellina Manzari: cinque minuti a Crotone, ad 1-3 acquisito, a dicembre, e e venti in occasione della goleada di Avellino (6-0), a fine febbraio. Attaccante come il padre, in un settore giovanile che ha visto far capolino, ad inizio stagione, altri parenti d’arte: Nicholas Brienza classe 2002 in under 16, nipote di Franco, e Daniele Lupo classe 1999 in Primavera, figlio di Fabio, 81 presenze e 3 reti in biancorosso, dal 1987 al 1991.
11
12
BR punto di vista
il
MASSIMO DONATI
BASTA NEGATIVITà PENSIAMO Francesco Damiani
ALLA PROMOZIONE «Grosso ha lavorato bene per un certo periodo, a inizio stagione, la squadra ha anche giocato molto bene ma si mettono in evidenza i punti e le partite buttati via» 11 maggio 2018 anno I n. 8
«
Per il Bari sta iniziando la parte più importante del campionato. Bisogna eliminare tutte le negatività e pensare solo in positivo perché il traguardo della serie A è raggiungibile». Massimo Donati segue il Bari come se vestisse ancora la maglia biancorossa anche se da un paio di anni è tornato in Scozia e gioca nel St. Mirren da qualche mese. «Ho letto le recenti vicissitudini legate al deferimento e alla possibile penalizzazione. Ma non bisogna pensarci. Purtroppo è vero che a Bari si guarda troppo spesso al negativo più che a quanto di buono fatto. Prendiamo i giudizi su questa stagione. Il Bari è nei playoff, potrebbe salire in A, ma si pensa a quello che non è stato fatto. Secondo me Grosso ha lavorato bene, per un certo periodo, a inizio stagione, la squadra ha anche giocato molto bene, ma si mettono in evidenza i punti e le partite buttati via. Certo, avrebbe anche potuto fare di più, ma questo succede a tutte le squadre
13
BR PUNTO DI VISTA
9 19 002 2001-2 2002-20 03 200 3
TO RIN O
0 9-2
01
TA AN L ATA
MILAN
PARMA
il
0 6 20 -200 4 0 20 SQUADRE 2006-2007 DI CLUB 200 20 7-2009 09 -2 01 2
ATALANTA CELT IC
13 -20 12 20 014 2013-2 2014-20 16
2
20
18
018
BA RI O ERM PAL
EN IRR .M ST
SEGUE IL BARI COME SE VESTISSE ANCORA LA MAGLIA BIANCOROSSA ANCHE SE DA UN PAIO DI ANNI È TORNATO IN SCOZIA E GIOCA NEL ST. MIRREN DA QUALCHE MESE
A VERON
BARI
11 maggio 2018 anno I n. 8
SINA MES
4
00
2 3-
016 -2
HAM ILT O N ACA D.
e bisogna sempre guardare avanti. Bisogna unire tutte le forze, essere tuniti per il raggiungimento dell’obiettivo». Come vede il Bari per questi playoff? «Bene perché la squadra mi sembra quadrata e ci sono i presupposti per fare bene. I playoff sono un campionato a parte e lo dico anche ripensando all’esperienza dell’ultimo anno a Bari quando abbiamo perso contro il Novara. Ma è necessario concentrarsi sull’obiettivo promozione, non pensare ad altro. Anche per questa storia del deferimento, la squadra deve essere isolata, deve pensare solamente al campo». Come mai ha deciso di tornare in Scozia? «Sono venuto qui principalmente perché volevo continuare a giocare ma al tempo stesso frequentare il corso da allenatore Uefa A, cosa che in Italia non è possibile mentre qui sì. Però ora la mia attenzione è rivolta alla carriera da allenatore, mi voglio concentrare su quella. Ho studiato tanto, mi sono aggiornato, ho seguito il corso da tecnico che dura un anno e sto per sostenere gli esami. Insomma, mi preparo per la mia nuova carriera». Che tipo di allenatore pensa di poter essere anche alla luce dell’esperienza già vissuta con le giovanili dell’Hamilton Academical? «Guardando alla mia carriera e a tutti gli allenatori che ho avuto, posso dire che Ventura
RIA O D MP A S
e Gasperini sono quelli che mi hanno dato di più a livello di idee anche se fra loro sono molto diversi, direi quasi opposti. Mi piacerebbe riuscire a trovare una sintesi fra loro due. La prima esperienza con i ragazzi mi è piaciuta, ma comunque preferirei allenare prime squadre piuttosto che giovanili perché c’è maggiore possibilità di sviluppare le proprie idee». Italia o Scozia per allenare? «Sono aperto a tutte le soluzioni. Vorrei cominciare in Scozia, ma valuterei anche proposte dall’Italia». In Scozia cosa si dice di Henderson? «Se ne parla molto bene anche se è considerato un giocatore da campionato europeo più che scozzese. Qui per i giocatori è obbligatorio correre sempre per tutto il campo, senza mai fermarsi e lui questa caratteristica non ce l’ha ancora. Però nessuno discute le sue doti tecniche e non è un caso che abbia esordito giovanissimo nel Celtic. Personalmente ritengo che sia una delle sorprese più positive della stagione del Bari». Le piacerebbe allenare il Bari un giorno? «Magari, sarebbe bellissimo. Sono stato a Bari cinque anni in tutto e conservo un ricordo fantastico oltre che delle amicizie sincere. Purtroppo non tutta la tifoseria mi vedrebbe bene di nuovo a Bari, ma mi piacerebbe davvero tanto un giorno sedermi su quella panchina».
15
BR l’intervista
il
emanuele arciuli
un tifoso atipico
«
La passione per il Bari? Mi accompagna da sempre. Tutto inizia da un Bari-Cesena 1-1 al Della Vittoria. Il 15 ottobre del 1972. Per i biancorossi segnò Arduino Sigarini. Adesso spero che Brienza e compagni affrontino i playoff con la determinazione della Juve nel ritorno di Champions contro il Real Madrid». Emanuele Arciuli, pianista di levatura internazionale, docente al conservatorio Nino Rota di Bari, ospite per lezioni negli Usa presso i prestigiosi atenei di Princeton e Miami, tempera il suo essere un artista cosmopolita con un marcato campanilismo calcistico. Maestro, ha sempre amato il calcio e “la Bari”? «Ai tempi della scuola, quando frequentavo il liceo classico, una parte della giornata era dedicata a una specie di “Bar Sport” con i miei amici. Discutevamo sempre dei galletti, ci scambiavamo informazioni. Al tempo non c’erano mica i social network». Andava da ragazzo allo stadio? «Non sempre. Sono un tifoso atipico. Poi adesso sono spesso in tournée e registro le partite e le rivedo. Insomma ho seguito il Bari con alterni sentimenti. Ci sono stati momenti in cui ha prevalso la delusione…». Ha mai calzato le scarpette con i tacchetti? «Giocavo al campo zeta dell’istituto dei gesuiti Di Cagno Abbrescia, gestito dall’originale Padre De Gioia. Ero una schiappa: volevo giocare come un centrocampista che gestisce la manovra. Da calciatore sarei stato il regista che manca al Bari da anni. Tecnicamente non
16
11 maggio 2018 anno I n. 8
«questo bari Non mi entusiasma e non mi emoziona. Non si avvertono nella squadra quel carattere o personalità che pure sono stati tipici di alcune stagioni biancorosse Da un po’ si è persa questa anima, c’è una strana mancanza di vitalismo»
ero male, ma non ero aggressivo nei contrasti. Insomma preferivo il dialogo alle mazzate ed ero gracilino». Gira il mondo per concerti. Come segue le gesta di Floro Flores e compagni? «Una volta in Australia a Melbourne e un’altra in Alaska, due anni fa, mi sono collegato via streaming con RadioNorba per seguire la radiocronaca di Michele Salomone. Mi divertivo e palpitavo per ogni azione». Il calcio richiama le radici e una certa identità legata a luoghi e colori della maglia. «Esiste un aspetto identitario rilevante. Faccio un mestiere che mi porta ad avere nei confronti dell’identità dei luoghi un rapporto anomalo. Ho a che fare con persone di tante altre nazioni quotidianamente. La musica consente di suonare con persone che parlano lingue diverse dalla nostra, con emozioni indescrivibili. Non ho mai apprezzato il compiacimento localistico. Ma il calcio mi consente di divertirmi facendo il campanilista, compiacendomi di queste appartenenze con sfottò e satira». Il calciatore del Bari preferito? «Non ne ho uno. Ho amato Totò Lopez, e il Bari di Bruno Bolchi. Ricordo la formazione: Conti, Cavasin, Guastella, Loseto… Quella squadra generava grande empatia. In avanti avevamo i bomber Galluzzo e Messina, l’estroso Claudio De Tommasi. Porto nel cuore le gesta di Giovanni Loseto, una vera bandiera, i gol di Igor Protti e le serpentine di Antonio Cassano». C’è una partita che considera indimenticabile? «Il derby Bari-Lecce, del 30 settembre 1984. Memorabile il gol di Bergossi, terminato festeggiando aggrappato alle grate che dividevano il campo dalle tribune. Il giorno dopo avevo l’esame per il diploma di pianoforte…». Il Bari di Fabio Grosso la convince? «Non mi entusiasma e non mi emoziona. Non si avvertono nella squadra quel carattere o
11 maggio 2018 anno I n. 8
«in alaska pur di non perdere la partita mi sono collegato in streaming per seguire la cronaca di salomone»
personalità che pure sono stati tipici di alcune stagioni biancorosse. Da un po’ si è persa questa anima, c’è una strana mancanza di vitalismo. Poi a fronte delle critiche le reazioni dei diretti interessati sono sempre molto piccate. Eppure i tifosi sono impagabili e unici nel panorama della B. Vorrebbero la serie A». Galano aveva iniziato alla grande… «Dopo il girone d’andata è sparito insieme a Improta e Tello. Insomma ci manca la grinta che ho visto nel Napoli allo Juventus Stadium contro l’undici di Allegri. Nelle fasi finali vorrei vedere undici biancorossi con la rabbia di Buffon e compagni contro il Real al Bernabeu». I playoff sono assicurati. Ma si poteva fare di più? «Il Bari non ha l’organico migliore della B, ma è tra i primi della categoria. Abbiamo sprecato tante partite…». Il futuro del club? «Sono deluso e disorientato. Non vedo una vera proiezione nel futuro. Si parla di progetto triennale, ma i numeri dei calciatori trasferiti, oltre cento e dei tecnici cambiati sono poco rassicuranti. Insomma vorrei capire il nesso tra una visione di respiro lungo e quello che sta accadendo, insieme a risposte in termini di solidità economica della società. È senza dubbio difficile gestire un club in B, ma ci vogliono certezze». Bruciano ancora le amarezze per il calcioscommesse. «Siamo molto scottati dalle vicende di Andrea Masiello e compagni, e dalle infiltrazioni della criminalità nel calcio. Spero che queste vicende siano parte di un passato sepolto». Il pronostico finale sul torneo del Bari? «Potevamo ambire al secondo posto dopo l’Empoli, ma non sarà possibile la promozione diretta. Nessuna previsione sulla lotteria dei playoff. È importante arrivare al terzo o quarto posto. dal quinto tutto diventa più difficile».
17
BR COME ERAVAMO
il
YKSEL OSMANOVSKI
LA SERIE A CI ASPETTA TUTTI INSIEME Filippo Luigi Fasano
M
almö-Bari e ritorno. Daniel e Yksel, Andersson e Osmanovski. Il meglio lo dettero assieme e in biancorosso: tre anni in Puglia, prima di salutarsi e provare a ripetersi altrove. L’uno centrocampista di sontuosa regia, l’altro punta svolazzante dal dribbling stretto. Si sono ritrovati a casa, nella società che li ha lanciati. In campo, per l’ultima fase di una onorata carriera, e fuori, nello stesso organigramma: Daniel Andersson direttore sportivo del club biancoceleste, Osmanovski team manager della squadra under 21. Ma se il pomeriggio Yksel lo passa in panchina, a seguire i suoi ragazzi, di mattina sta dietro una scrivania. Compra e vende anche lui. Case però, non calciatori. Ed è da qui che comincia a raccontare di sé: «Mi occupo di sviluppo immobiliare – spiega in un italiano ancora invidiabile – Prima di giocare in Italia, studiavo ingegneria delle costruzioni. E quando sono tornato in Svezia, ho completato gli studi. Ne ho fatto il mio nuovo lavoro. Mi piace, sto bene». Torniamo al calcio. Bello scherzo, che ci avete fatto ai playoff. «Prima del sorteggio avrei voluto incontrare chiunque, tranne l’Italia. È passata la Svezia ma è comunque un peccato. Un mondiale senza Italia non è un mondiale». Ok, ma è successo. Perché? «Gli azzurri non erano così forti come quelli di 10-15 anni fa. Ma non mi sarei mai aspettato la loro eliminazione». Andrete in Russia, ma senza IbrahiSVEDESI movic. Daniel Andersson e Yksel Osmanovski «Veniamo dalla stessa zona di con l’amministratore delegato del Bari Malmö, Rosengard. Quartiere di Francesco Ghirelli Nella pagina accanto, la squadra del immigrati: tutti giocavano a calBari stagione 1998-1999: da sinistra cio. Lui ha quattro anni meno di in piedi, Neqrouz, Zambrotta, D. Andersson, De Rosa, Masinga, Mancini; in ginocchio, Garzya, Bressan, De Ascentis, Marcolini, Osmanovski
18
11 maggio 2018 anno I n. 8
11 maggio 2018 anno I n. 8
MA LM ÖF F
RI BA
-19 98 19 95
me, ci stiamo ritrovati in Svezia per una ‘mentorship’: i grandi insegnano ai più piccoli a credere in sé stessi. Ma Ibra era già pronto, non aveva bisogno di nulla». Anche lei ha fatto bene (nel Bari, 85 presenze e 14 reti, tutte in A). A quale gol è più affezionato? «Quello al Milan, in casa. Tutta l’area di rigore percorsa da destra a sinistra. E alla fine, il pallone sotto le gambe di Abbiati. Davanti alla curva Nord». Da quanto tempo non entra al San Nicola? «Due anni. Ho ritrovato Pasquale il custode, Dino il magazziniere. Nessuna partita ma è stata ugualmente una sensazione incredibile. Tanti ricordi, tante emozioni». Peccato per quella retrocessione, all’ultimo anno. «Forse i nuovi non erano all’altezza dei giocatori che erano partiti. Ma l’organizzazione del Bari non l’ho più trovata altrove. A Torino, per esempio, quattro allenatori in una sola stagione». Chi è il nuovo Osmanovski? «Non ce ne sono. Anzi no: mio figlio, Denni. Ha 10 anni e gioca a calcio per divertirsi. Elisa, invece, ha 14 anni e fa danza». Segue ancora la squadra? «Certo. Il secondo posto ormai è andato ma ai playoff possiamo farcela. Bari deve stare in A, non in B». Quanto si assomigliano Bari e Malmö? «Molto. Per il numero di abitanti, per il mare, per il clima. Che in Puglia è pure migliore. Ci torno spesso in vacanza, con la famiglia. L’ultima volta, assieme a Lorenzo Catalano (allenatore, figlio di Biagio ex bandiera del Bari, nda). Posti bellissimi, un po’ di nostalgia. In supermercato e in albergo ancora si ricordavano di me. Ci rivederemo». Un messaggio ai tifosi? «Forza Bari, aiutiamo la squadra tutti assieme. La serie A ci aspetta».
01
0 8-2
NO TORI
9 19 -2002 2001
SQUADRE DI CLUB
2002 20
200
BORDEAUX
2-2
04
-2
00
004
7
TOR INO
MA LM Ö
FF
LA MATTINA IN PANCHINA SEGUE I RAGAZZI DELL’UNDER 21 DI MALMÖ IL POMERIGGIO DIETRO UNA SCRIVANIA VENDE CASE 19
BR IL TIFOSO
il
il gallo donato
rischiO la pelle
e le penne
pensionato, 66 anni, pizzaiolo di professione si sentì male in un derby e la moglie gli vietò di andare allo stadio il vestito? acquistato a milano chiese a paparesta di fare un giro di campo su una bicicletta prima di ogni partita ma gli fu risposto di no
20
Vito Prigigallo Signor Donato, ma non fa caldo con quell’armatura addosso? «Non soffro il caldo. E poi, sa com’è, la passione…». Già, per passione si fa qualsiasi sacrificio. Si rischia anche la vita. E lei, signor Donato, ha rischiato di lasciarci la pelle, oltre che le penne. «È vero. Il Bari vinceva 2-0, poi si fece rimontare e perse 4-2. E io mi sentii male. Ma proprio male». Nonostante la brutta avventura di qualche anno fa, Donato, 66 anni, pensionato, che di mestiere ha fatto il pizzaiolo, ha ripreso a indossare l’abito di scena. Alle partite del Bari al San Nicola si veste da gallo, con tanto di cresta rossa, penne bianche e zampe da bipede. Dove ha comprato il vestito? «A Milano». Ah! E come mai stava nella capitale economica? «Perché a Milano ci ho lavorato. Come pizzaiolo, naturalmente. Un giorno, nel periodo di Carnevale, mi trovai davanti ad un negozio che vendeva abiti per bambini e fittava quelli per i grandi: c’erano tutti, Pulcinella e Mandrake, Zorro e il Sultano. Dissi al negoziante se mi poteva vendere quello da gallo. E lui non ci pensò neppure un attimo: tanto, rispose in milanese, non l’aveva noleggiato nessuno da quando l’aveva in negozio». Erano gli anni di Tonino Matarrese alla presidenza. Bei tempi. Fino a quando arrivò il divieto al travestimento di Rachele. «Mia moglie mi proibì addirittura di andare allo stadio. Anche perché le avevo raccontato un altro episodio». Beh, lo racconti anche a noi. «Un giorno incontrai il presidente del Bari, lo fermai e gli mostrai gli abbonamenti che portavo sempre nel borsello: una ventina. Gli chiesi: don Vincenzo (l’ing. Matarrese, fratello di Antonio, a lungo presidente del club), perché il Bari va così male. E lui fece: se volete venire, venite, altrimenti state a casa. Una pugnalata». E qui, intervenne di nuovo la signora Rachele. «Già. Mi vietò di nuovo di andare allo stadio». Poi sono arrivati i pomeriggi magici della squadra fallita che sfiorò l’impresa. «E lì veramente c’era da impazzire. Ho indossato di nuovo il vestito da gallo e ho di nuovo occupato il mio posto allo stadio». Non ha mai chiesto di andare in campo, chessò, una passerella? Una specie di gabibbo portafortuna. Non si può far volare un’aquila come all’Olimpico, ma almeno si potrebbe far passeggiare un uomo travestito da pollo, con tutto il rispetto. «In effetti ne ho parlato a Paparesta». E che gli ha detto? «Gli ho proposto di prestarmi una bicicletta, avrei girato intorno, sarebbe stato bello». In bicicletta lei compare nel docufilm di Mario Bucci “Una meravigliosa stagione fallimentare” girato proprio dopo l’incredibile rimonta di quattro anni fa. «Appunto. Ma purtroppo lui non ne ha voluto
11 maggio 2018 anno I n. 8
sapere. Eppure la squadra si allenava in città, in mezzo alla gente, c’era un priscio enorme. Peccato». Con il Carpi, all’ultima di campionato, si rischiano i 30 gradi. Si vestirà lo stesso? «Ma vi siete fatti due conti? Se la Bari vince a Parma si può rimettere in corsa per il secondo posto». Beh, mi pare una prospettiva improbabile. «E se succede? Comunque, vince o non vince, col Carpi e ai playoff io ci sarò. E chissà che questo gallo non ci porti in Serie A». Signor Donato, parliamo di pizze. «E che c’entra?» C’entra, c’entra. Se il Bari va in A, direttamente o con i playoff, che pizza offrirà a Fabio
11 maggio 2018 anno I n. 8
una pizza dedicata a grosso? con funghi trifolati e capperi
Grosso? «Premetto che tutte queste pizze moderne… e che cos’è? La pizza dev’essere buona, semplice, magari ben cotta, con ingredienti genuini». Vabbè, ma la proposta per mister Grosso? «Posso preparargliene una con prosciutto cotto (il crudo no, è troppo salato) e funghi freschi, una con funghi trifolati e capperi (sapete, l’impasto deve avere poco sale…) e poi due sorprese». Ci sorprenda, su. «Con una crudaiola vinsi il 2° posto ad un concorso europeo per pizzaioli e con un calzone di cipolla vinsi la medaglia di bronzo. È vero che la giuria si ridusse da 15 a 13 perché due non erano abituati a una cosa così pesante, ma dagli altri arrivarono voti altissimi».
21
BR la curiosità
il museo il
che non c’è
enrico catacchio e le 250 maglie usate «La più preziosa È stata quella di Pelè procurata da un amico brasiliano l’ho “sacrificata” per averne altre Mi è capitata anche quella di Neeskens quando giocava nel Barcellona»
22
Francesco Damiani
F
isicamente, il museo BariItalia di Enrico Catacchio non esiste, ma il 36enne barese, tifosissimo dei biancorossi, ha una collezione di quasi 250 maglie fra Bari e Nazionale. Tutte, rigorosamente usate. Com’è nata la passione per il collezionismo di maglie? «Insieme alla mia passione per il Bari. Nel 1993 mia madre mi regalò per il mio compleanno la maglietta del Bari. Non me la toglievo più di dosso, almeno fino a quando un giorno, mentre tornavo in bicicletta da un allenamento del Bari insieme a due amici, fummo fermati da ragazzi più grandi e me la rubarono. Però la scintilla era scoccata e da allora il mio pensiero fisso è stato raccogliere maglie del Bari e della Nazionale». E quali sono stati i primi passi? «Ci sono sempre di mezzo mia madre e il mio compleanno. Nel 2000 comprò una maglietta di Cassano e riuscì non so come a convincerlo a indossarla durante l’allenamento nel giorno del mio compleanno. Io non sapevo nulla, ovviamente, e quando i miei amici quel giorno mi proposero di andare a vedere l’allenamento del Bari accettai. A fine allenamento, Cassano si sfilò la maglietta e sotto aveva quella comprata da mia madre che mi consegnò. Potete immaginare la mia gioia. L’ho tenuta appesa in camera mia, senza lavarla, per tantissimi anni e ogni tanto mia madre cercava di pulirla con un igienizzante spray. Poi nel 2006 ai tempi del mondiale in Germania grazie a un amico che aveva conoscenze in Federazione riuscii ad avere uno stock di magliette della Nazionale. Da lì è partito tutto». La sua attenzione si concentra solo su Bari e sulla Nazionale, ma negli scambi con altri collezionisti le è capitata qualche maglia particolare? «La più preziosa sicuramente quella di Pelè avuta da un amico brasiliano che a sua volta l’aveva ricevuta da un ex compagno di squadra di O’Rei. A mia volta l’ho “sacrificata” per avere altre magliette da aggiungere alla collezione. Ma me ne è capitata anche una di Neeskens quando giocava nel Barcellona». Per quanto riguarda il Bari? «Qui è davvero difficile scegliere visto che ne ho più di 150. La più datata è una di Franco Galletti di fine anni ’60, ma ce ne sono tantissi-
11 maggio 2018 anno I n. 8
me altre che hanno un valore storico oltre che affettivo. Potrei citare quella celebrative dei 90, 100 e 110 anni del club (queste ultime avute in regalo da Kozak e Gyomber), ma anche quella delle 1.000 partite in serie A indossata da Gazzi e anche in questo caso c’è lo zampino di mia madre che era la babysitter dei suoi figli. Sono molto affezionato a quella usata da Masinga nella vittoria a Milano contro l’Inter nel ’98-’99. Era la mia prima trasferta a seguito del Bari e la maglia l’ho acquistata dal guardalinee di quella partita, Babini». Quali altri pezzi rari annovera la sua collezione? «La prima maglietta con il galletto dell’era Matarrese, stagione ’79-’80 indossata da Bacchin per esempio. Ma per restare all’ambito Bari e Nazionale ne ho una di Grosso del Mondiale 2006 che quest’anno sono riuscito a farmi autografare da lui. Ma, se proprio devo sceglierne una dal valore affettivo enorme, dico l’ultima usata dal mio
11 maggio 2018 anno I n. 8
fra i pezzi pregiati la prima maglietta con il galletto dell’era matarrese
primo idolo Joao Paulo a Bari per un’amichevole contro la Juventus organizzata per festeggiare la promozione in serie A nel 1994. Tra l’altro è particolare perché è blu». Ha mai pensato di metter su un museo? «Tante volte, ma ci sono delle difficoltà non indifferenti. Innanzitutto trovare la sede adatta e poi dovrei avere tutte le garanzie necessarie per tutelare tutto il materiale. Però molte delle mie maglie sono state utilizzate pochi anni fa per la mostra “Eroi del Calcio” organizzata in collaborazione l’Associazione Calciatori». Come ci si costruisce questo patrimonio di maglie? «Soprattutto con gli scambi con altri collezionisti e operatori del mondo del calcio, ma anche con gente comune. Sono sempre alla ricerca di nuove maglie per ingrandire la collezione. Anzi, se qualcuno può aiutarmi, può contattarmi su Facebook».
23
BR
il
AMARCORD
ATTILIO FERRARIS IV
IL LEONE DI HIGHBURY Gianni Antonucci
IL CAMPIONE DEL MONDO GUADAGNAVA 3.000 LIRE A PARTITA A PATTO CHE NON SI ALLENASSE A BARI CON LA SQUADRA IN SETTIMANA
24
L
a fine della guerra Etiopica e la proclamazione dell’Impero (1936) avevano dato la netta sensazione che ormai, vinta anche la battaglia dell’autarchia, potevamo sperare in un lunghissimo periodo di pace. “Faccetta nera” continuava ad essere il motivo principale dei “sabati fascisti” trasformati in sagre campestri al suono della fisarmonica. Nel Bari società, alla presidenza, veniva designato Vincenzo Signorile, nota figura di sportivo ed amministratore dell’accorsato cinema Umberto nell’omonima piazza. Signorile era stato invogliato ad assumere la presidenza del Bari soprattutto dalle promesse di carattere economico che gli erano state garantite dal direttorio del partito fascista. I primi movimenti li effettuava cedendo giocatori che venivano pagati con cifre elevate. Banchero per la sua carriera di ex nazionale era il più retribuito: 2.300 lire al mese, una fortuna
11 maggio 2018 anno I n. 8
capitano degli azzurri
almeno per quelli che erano gli stipendi degli altri calciatori. Pochi ma buoni gli acquisti fra i quali il trentaduenne (ma 28 volte in Nazionale A e 3 in B) Ferraris IV dalla Lazio, romano… de Roma. Il suo arrivo biancorosso fece scalpore. Era stato, in alcune gare, anche il capitano degli azzurri. L’ultima presenza in Nazionale fu il 17/02/1935 nell’amichevole contro la Francia. In quella occasione, la squadra indossò la maglia di colore scuro (quasi nero) al posto del tradizionale “azzurro”. Prima della gara Ferraris (si chiamava Attilio) consegnò il gagliardetto con i colori della bandiera italiana al suo avversario Manier capitano dei francesi. Arrivava, quindi, a Bari con qualche anno in più: autentico giocatore di razza un vero campione. Due anni prima il 10/06/1934 aveva contribuito a vincere la prima coppa Rimet (la coppa del mondo) con l’Italia nella finale di Roma (2-1 nei
11 maggio 2018 anno I n. 8
Nell’ultima partita in azzurro contro la Francia, il 17 febbraio 1935, il Ferraris IV, capitano della Nazionale, scambia il gagliardetto con Mattler, capitano francese. Dopo quella partita Attilio Ferraris venne acquistato dal Bari diventando “il gladiatore” della difesa barese Nella pagina accanto, Ferraris (il quarto da sinistra) con la squadra nel 1937 In alto, la Bugatti rossa con la quale il campione del mondo 1934 raggiungeva Bari il sabato pomeriggio per giocare, poi, la domenica da difensore in campo
tempi supplementari) contro la Cecoslovacchia. Era stato, poi, definito “il leone di Highbury “ nella famosissima partita degli azzurri giocata a Londra il 14/11/1934 quando prendeva il posto di Monti infortunato e l’Italia in 10 teneva testa alla grande contro i ritenuti invincibili inglesi. Ferraris, tipo stravagante, era accolto a Bari da “principe del pallone”. Erano gli anni ruggenti quelli dei cosiddetti telefoni bianchi. Forte del suo passato e del titolo di campione del mondo aveva accettato il trasferimento al Bari ad una condizione: spesso non si sarebbe allenato in settimana con la squadra. Così, a bordo della sua “Bugatti” di colore rosso raggiungeva i compagni il sabato sera per giocare la domenica sia le partite in casa che quelle in trasferta. L’allenatore Cargnielli si cautelava tenendo sempre a disposizione il sostituto, Mimì Giacobbe, un mediano eccellente. Tutte le volte, infatti che Ferraris non arrivava in tempo per la partita (si allenava comunque a Roma) c’era sempre pronto Giacobbe a fare un po’ la… controfigura. Lo stesso Giacobbe ne era fiero perché sostituiva un vero campione possente nella sua area, sprezzante nei confronti degli avversari. Faele Costantino (1907-1991) lo definiva il gladiatore, vero gigante in difesa. L’indimenticabile Michelangelo Interesse (1896-1988), una vita fra i dirigenti biancorossi, diceva: «Attilio Ferraris è stato uno fra i più forti e bravi difensori avuti dal Bari e dall’Italia. Difficile dimenticare i suoi interventi e soprattutto le sue rovesciate. Calcisticamente era un esempio per tutti». La sua popolarità lo faceva finire inquadrato con la squadra del Bari nelle copertine dei quaderni per le “elementari”. Ferraris era pagato a presenze: 3.000 lire quando giocava , viaggio compreso, se giocava le quattro partite del mese incassava 12.000 lire. Era in arrivo nei cinema, in quel momento, il film “Mille lire al mese” con l’omonima allegra canzoncina. Mille lire al mese era l’aspirazione legittima di ogni dipendente. Ferraris , quindi, prendeva oltre 12 volte in più quello che era lo stipendio medio di un dipendente, purché sempre in campo per giocare. Accanito e bravissimo giocatore di poker, nonostante gli elevati guadagni restava puntualmente al “verde”. Quando smetteva di giocare, la sua situazione finanziaria diventava difficile. Di temperamento “caldo” ed esuberante, nel 19431944 in piena occupazione nazista a Roma a 39 anni riprendeva a giocare nell’Elettronica, modesta squadretta della capitale, che in quel periodo di fermo calcistico, affrontava pure Roma e Lazio nel mini torneo romano allestito alla meglio. Debuttava il 3 dicembre 1943 contro il Trastevere ma il 1 gennaio 1944 contro l’Avia, poneva fine alla sua carriera: per un gol convalidato ma ritenuto in fuorigioco afferrava l’arbitro (Pasinetti) per il petto e lo sbatteva fortemente contro il palo della porta. Veniva squalificato a vita! Qualche anno dopo l’8 maggio 1947 il drammatico epilogo della sua vita: a Montecatini Terme in una partita tra vecchie glorie per beneficienza con i suoi 43 anni scendeva ugualmente in campo. Nel contendere il pallone in elevazione crollava di schianto: moriva di infarto.
25
Calendario Playoff
BR LA VOLATA
il
TURNO PRELIMINARE a a
sabato 26 maggio 2018 ore 18
domenica 27 maggio ore 20.30
6
UNA
RIVOLUZIONE IN
TURNO PRELIMINARE a a
180
vs
7
5
vs
8
SEMIFINALE a
SEMIFINALE a
ANDATA martedì 29 maggio ore 20.30 RITORNO sabato 2 giugno ore 20.30
ANDATA mercoledì 30 maggio ore 20.30 RITORNO domenica 3 giugno ore 20.30
vs 3
vs 4
FINALE
ANDATA giovedì 7 giugno ore 20.30 RITORNO domenica 10 giugno ore 20.30
GARANTIRSI IL QUINTO POSTO, TENERE D’OCCHIO LA TERZA-QUARTA POSIZIONE E SOGNARE ANCORA LA PROMOZIONE DIRETTA
MINUTI
Davide Lattanzi
G
trasferta di Cremona e il match casalingo con il arantirsi il quinto posto, tenere d’occhio la Pescara. In caso di arrivo a braccetto con i lagunaterza-quarta posizione e, perché no, sognare ri, invece, il Bari avrebbe la peggio per l’esito dello ancora la promozione diretta. Ecco lo scenario scontro diretto (la formazione di Filippo Inzaghi che si prospetta per il Bari negli ultimi 180’ di ha battuto i pugliesi 2-0 al San Nicola e 3-1 al campionato. Facile, tuttavia, intuire che ognuPenzo). I vantaggi di un eventuale quarto posto na delle due gare di regular season rimanenti sono inestimabili: saltare il turno preliminare dei scriverà un pezzo di storia. L’immediato futuro, playoff (in programma il 26 e 27 maggio) cominquindi, passa dalla sfida di Parma. La sconfitta ciando il cammino per la serie A dalle semifinali dei ducali a Cesena ha ampliato a dismisura (29 o 30 maggio l’andata, 2 o 3 giugno il ritorno) il carico di suspense dello sprint in cadetteria: con il duplice vantaggio di disputare basti pensare che, per ora, soltanto la seconda gara in casa e accedere in l’Empoli ha tagliato il traguardo finale anche in caso di parità nei due della serie A. scontri (doppio pareggio o vittoria e Tutto il resto, in alta o bassa i precedenti sconfitta con medesima differenza classifica, è in ballo. La matemareti). Questa ipotesi, tuttavia, dipendetica tiene il Bari in corsa per ogni rebbe essenzialmente dal percorso del obiettivo ambizioso, partendo 10 in A / 15 in B Venezia. Il Bari, invece, ha il destino dal presupposto che il successo nelle sue mani quantomeno per il sul Perugia ha reso matematica vittorie quinto posto. Vincere con Parma e la qualificazione ai playoff. Per 3 Carpi, infatti, renderebbe sicura tale mettere nel mirino le posizioni più posizione che consentirebbe di giocare nobili, il presupposto principale è in casa il turno preliminare (contro che galletti battano Parma e Carpi, l’ottava) e di passare alla fase sucper poi vedere che cosa accadrà cessiva anche in caso di parità dopo i sugli altri campi. Difficile, in realsupplementari per poi sfidare la terza tà, acciuffare il secondo posto che classificata. vale la serie A senza spareggi. Obbligatorio, però, guardarsi anche Il Frosinone è distante quatsconfitte alle spalle e, come minimo, difendere tro lunghezze: non semplice la il margine di due lunghezze sul Cittrasferta dei ciociari con l’Enteltadella, al fine di mantenere l’attuale la, più abbordabile il confronto 14 8 sesto posto che, ugualmente, permetinterno con il Foggia, ormai privo pareggi te di disputare tra le mura amiche di obiettivi. Non ha un calendario il preliminare (contro la settima) e impossibile nemmeno il Palermo vedersela in semifinale con la terza. (terzo) che affronterà il Cesena in È bene ricordare che, in caso di casa e la Salernitana fuori. Dunque, punteggio analogo al Cittadella, sarebbe il Bari l’assalto al podio della B ha possibilità di riuscia spuntare il piazzamento migliore in virtù del ta nel complesso ridotte. Un obiettivo concreto, vantaggio nel confronto diretto (4-2 al San Nicola, però, può essere il quarto posto che vale lo sbarco 0-0 al Tombolato). Fin qui, la “griglia” di quanto diretto in semifinale: con due successi, il sorpaspuò accadere. Al campo il dovere di emettere i so al Parma sarebbe matematico, così come si verdetti: i 90’ del Tardini saranno già determipotrebbe superare il Venezia, qualora i veneti non nanti per Brienza e compagni. raccogliessero più di tre punti tra la complicata
PARMA-BARI
25
11 maggio 2018 anno I n. 8
27
BR LETTI PER VOI
il
calcio e
fantasia te che ha una lealtà incondizionata, indipendentemente da quanto male viene trattato”.
L’addio al vecchio stadio e i prezzi dei biglietti salati
Michele De Feudis
“
Stadi o teatri” è un pamphlet sul calcio moderno che rivolta gli schemi economicisti degli ultimi anni. E’ la preghiera di un tifoso dell’Arsenal, Matthew Bazell, che non accetta di vedere la sua passione declinata solo secondo i parametri del profitto che muovono i colossi multinazionali delle televisioni o dei diritti legati al calcio. Il sostenitore dei Lancieri ha scritto una lettera al direttore generale del club per denunciare l’evoluzione peggiorativa del rapporto tra società e sostenitori. Ecco una breve sintesi delle sue recriminazioni, volte a fotografare l’anima perduta del calcio. Contro il tifoso consumatore con la silver card. “Sentitevi liberi di depennare il mio nome dalla lista per la prossima stagione e far risparmiare alla squadra il prezzo per un timbro di seconda classe. Vedete, l’altro giorno ho realizzato che l’ultima volta che ho effettivamente usato la mia carta per comprare un biglietto è stato nel lontano inverno del 2004. In quel momento ho deciso che finalmente ne avevo abbastanza di essere trattato come un’ingenuo clien-
11 maggio 2018 anno I n. 8
“Lasciare Highbury (lo storico stadio dell’Arsenal, ndr) è stata una decisione difficile, ma posso capire perché la squadra abbia voluto lasciare uno stadio da 38.000 posti per uno da 60.000. Nel mio essere naïve, ho creduto che uno stadio con una capacità di posti maggiore avrebbe permesso a molti di noi di avere biglietti per le partite a prezzi più ragionevoli. Non proprio un’idea radicale. Invece l’intero progetto era parte di un enorme piano aziendale per fare soldi, che ha sbriciolato l’identità e il cuore della squadra. Fai attenzione Arsenal, perché se mai diventassi un miliardario comprerò la squadra immediatamente e come prima cosa metterò alla porta il consiglio di amministrazione”.
Solo posti a sedere
Per Bazell l’aver stabilito delle regole troppe rigide anche per seguire le partite - tutti seduti con posto numerato - configura una sorta di pensiero unico calcistico, che magari un domani partorirà anche un decalogo politicamente corretto dei cori che è possibile intonare sugli spalti.
L’alternativa calcio popolare
Come soluzione per fuggire dal calcio moderno Bazell indica una ricostruzione del fenomeno sportivo e sociale dal basso. In Inghilterra è nato un movimento per il calcio popolare intorno a club con azionariato diffuso, come il Fc United of Manchester o l’Afc Wimbledon. Si riparte dalle serie minori, ma almeno si rinuncia per sempre a fare compromessi per seguire allo stadio la squadra del cuore, ridotta a semplice ingranaggio economico. “Stadi o teatri? Il modello inglese e l’anima persa del calcio” di Matt Bazell (pp. 261, euro 16, ecletticaedizioni.com)
“Il goal più bello è stato un passaggio” di JeanClaude Michéa (pp. 139, neri Pozza, euro 12,50)
Esiste la meraviglia del calcio ed è racchiusa in una battuta straordinaria di Eric Cantona, campione dei Reds, nella pellicola - “Il mio amico Eric” - che gli ha dedicato il grande regista Ken Loach. All’eroe della working class protagonista del racconto il francese riserva questa risposta: “”Il mio gol più bello? È stato un passaggio”. Questa battuta ha fornito il titolo al prezioso libro di Jean-Claude Michéa, filosofo francese che offre speculazioni profonde sullo sport più amato al mondo. La sua riflessione si inserisce su un filone di pensiero dedicato al calcio che vede tra i pionieri in Italia gli intellettuali Massimo Fini ed Edmondo Berselli, fino alle ultime opere del sociologo Pippo Russo. Per Michéa gli intellettuali radicalchic e progressisti hanno storicamente snobbato il calcio, relegandolo ad una passione delle classi popolari. Ai campioni del pallone riservavano strali o critiche piccate (“un gioco praticato da analfabeti in pantaloncini”). Eppure, come rilevava lo storico marxista Eric Hobsbawn, il calcio altro non è stato che “la religione laica del proletariato britannico”. Solo quando il football ha subito una evoluzione moderna diventando uno strumento del capitalismo più raffinato, con multinazionali che comprano club e “marchiano” stadi, i pensatori al caviale hanno cambiato registro e hanno iniziato a farsi fotografare con calciatori nei settori Vip. Originale anche il discorso sugli schemi degli allenatori che possono essere tecnici liberali quando privilegiano l’individualità dei calciatori o comunitaristi - è il caso di Pep Guardiola - quando propongono un calcio collettivo, formula che esalta il talento con condizioni ben precise. Non potrebbero esistere per il pensatore francese le magie di Messi senza il sostegno costante fornito da Iniesta o Xavi. Una sentenza senza appello è invece il capitolo dedicato alle opere sul calcio di Eduardo Galeano e allo stupore dell’uomo-bambino che calcia un gomitolo o un palloncino: il calcio per Michéa è lo sport del popolo, dal popolo e per il popolo, la vera Iliade dei nostri tempi. E non ci sarà nessuna overdose di merchandising, marketing e branding che potrà stravolgere nel profondo il fenomeno sportivo più diffuso al mondo.
29
BR CALCIO E DINTORNI
il
IL TRAVERSONE Venanzio Traversa
Tifosi, andare o no a Parma?
Tifosi baresi, andare sabato a Parma sì perché è forte la tentazione di veder giocare tutti insieme Anderson, Henderson, Andrada, Floro Flores, Nènè e Cissè. Non andare perché probabilmente a fine partita vi trovereste ad essere amari spettatori, esposti anche ad eventuali sfottò, nella festa per celebrare con una giornata di anticipo il ritorno in Serie A della squadra ducale. Vi trovereste nella stessa situazione dei tifosi biancorossi che l’anno scorso a Ferrara furono amari spettatori nella festa per il ritorno degli estensi nella massima Serie. Ma tutte a noi devono capitare queste imbarazzanti situazioni, che abbiamo fatto di male?
Se vogliono tentare l’impresa…
Se vogliono tentare l’impresa e guastare la festa agli emiliani lo facciano i giocatori biancorossi da soli. Se ci riusciranno tanto di guadagnato. Anche perché sono da tempo “maggiorenni” in Serie B. Perciò, offriteci con quella finale contro il Carpi due partite decenti. Se poi a Parma riuscite a vincere meglio, allora il discorso sarà diverso. Nei playoff verremo a darvi non una mano tutte e due.
Non è un bel segnale
Molti tifosi del Bari che seguono le partite solo in televisione stanno prendendo l’abitudine di zampettare dalla partita del biancorossi a quella del Foggia. Dicono di farlo per vedere finalmente un bel gioco, cosa che nel Bari dei primi 45 minuti di ogni partita manca da parecchio. Dicono di farlo per vedere il Foggia segnare quei gol che i giocatori del Bari difficilmente riescono a fare. Bene, se fosse sempre così. Solo che a Cittadella e Venezia il Foggia non ha mostrato un bel gioco ed i gol li hanno segnati i veneti. Signori, cerchiamo di non essere pessimisti più del dovuto.
ta vedrete che chiederà che gli tolgano l’i finale dalla maglia in modo che resti solo Peron andrebbe bene Andrada il Galano della Pampa? O Andrada il Robben d’oltre Atlantico? E retrocedere purtroppo Galano da fenomeno nel Girone di Andrada a disastro nel Girone di Ritorno?
Preziosi non fare il prezioso
Il Presidente del Genova Preziosi dice che non è interessato ad acquistare il Bari. Verrebbe giù da noi solo per mangiare un piatto di orecchiette. Quanta spocchia. Come si permette di trattare il Bari e la città in questo modo? Se mai, andremo noi a Genova non per le orecchiette, a tiragli un po’ le orecchie. Perché il Signor Preziosi proprietario della famosa marca di giochi non si può permettere di giocare così con il Bari, con le orecchiette e con la nostra città. Un po’ di rispetto, egregio Patron del Genova perché l’anno venturo può darsi che il Bari e la sua squadra si ritrovino nello stesso Campionato.
Non sempre dall’estero arrivano
Come ogni squadra che si rispetti anche il Bari dovrebbe avere con i suoi osservatori in giro per i campi già un elenco di giovani promettenti di altre squadre, probabilmente da acquistare. Dovrebbe, se questo Bari che compra dal mondo intero spesso finisce per prendere anche giocatori che non servono. Non sempre le ciambelle riescono col buco come nel caso di Anderson, Henderson ed ora Andrada. Ne arrivano invece altre, tipo certi difensori dell’Europa orientale, che si fanno facilmente “bucare” dagli attaccanti avversari.
Questo sì è turismo
Alcuni tifosi del Bari che l’altro lunedì avevano prenotato il volo per la partita in notturna di Palermo l’hanno disdetto all’ultimo momento perché ad essi non è piaciuto come Andrada? Chiamami Peron ha giocato il Bari contro l’Entella. E se L’argentino-rivelazione di Barinon fosse stato per il gol di Balkovec Perugia è un giocatore che ci sarà chissà come sarebbe finita. Allora molto utile nel prossimo Campionato per ringraziare il difensore sloveno sia nel Girone di Andrada che in quello hanno preferito prenotare un volo per di Ritorno. A patto - non dico in tutte Lubiana la capitale di quel Paese per le partite ma quasi – che segni gol rendere omaggio e dire grazie a quel capolavoro fotocopia simil Galano di terzino. Speriamo che qualcun altro felice avvio di Campionato. Dopo di che faccia la stessa scelta intelligente. Ma con quale titolo fantasioso dobbiamo una gita di ringraziamento a Foggia premiarlo? Premesso che come ogni quando sarà possibile con Galano in argentino nostalgico del marito di Evi- queste precarie condizioni di forma?
30
LA CLASSIFICA 1
Empoli
76
2
Palermo
63
3
Parma
63
4
Frosinone
62
5
Perugia
57
6
Venezia
57
7
Bari
57
8
Cittadella
55
9
Foggia
51
10
Carpi
49
11
Spezia
47
12
Brescia
46
13
Salernitana 44
14
Cremonese 43
15
Pescara
42
16
Novara
40
17
Avellino
40
18
V. Entella
40
19
Cesena
39
20
Ascoli
39
21
Ternana
37
22
Pro Vercelli 34
LE PROSSIME PARTITE sabato 12 maggio ore 15 PARMA-BARI venerdì 18 maggio ore 20.30 BARI-CARPI Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a: ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it
11 maggio 2018 anno I n. 8