O BIANC ROSSO
il
A
RIPRENDIAMOL I PLAYOFF
FLORO FLORES
VINCITORI O SCONFITTI PARLANO I PROTAGONISTI
TALENTO INCOMPRESO DA COCCOLARE
Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno I numero 9 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano
periodico di informazione sportiva de
BR L’EDITORIALE
il
di Fabrizio Nitti
caos e playoff
il ciambotto in salsa romana è sciapito
26 maggio 2018 anno I n. 9
I
l ciambotto è una ricetta tipica barese a base di pesce misto, nel quale i profumi si miscelano, si confondono e inebriano l’avventore. Strepitoso, ciambotto, unico. Una bontà infallibile. Se, però, trasferiamo il concetto «ciambottaro» al di fuori del seminato culinario, ad esempio al mondo del calcio, il significato può variare. Prendiamo la vicenda Bari-Cittadella, come è stata gestita la storia del deferimento e di tutto quanto collegato. Ecco, allora il saporito «ciambotto» barese si trasforma in un insipido ciambotto alla romana e alla milanese. E gli odori si diversificano, si trasformano. In tanfo... Dunque, Bari-Cittadella. Playoff in bilico a causa di una tempistica calcistica veloce quanto una lumaca, una vicenda che somiglia tanto a un teatrino dell’assurdo. Ma si possono attendere quasi due mesi per arrivare a un giudizio? Si può attendere la fine del campionato per emettere una sentenza? E ancora: si può, sempre a fine campionato, spostare un’udienza al giorno immediatamente prima della partita? Si può dire a 8.000 persone che hanno già acquistato il biglietto: scusate abbiamo sbagliato, non si gioca più? Non si potrebbe. E invece è stato fatto. Troppe cose non quadrano e a volte, come diceva Giulio Andreotti, a pensare male si fa peccato ma si azzecca. La verità è che, ormai, non è possibile godersi in pieno neanche un’annata positiva, quella che si è appena conclusa con il Bari sesto in classifica e con una serie interminabile di rimpianti per un campionato che avrebbe potuto regalare qualche punto in più. Ma questo è un altro discorso. Sarebbe stato più giusto, per tutti e non solo per chi ha gridato alla irregolarità del campionato, chiudere la faccenda Bari prima della fine della stagione. Perché, ricordiamolo, il Bari è andato sotto processo per il presunto mancato pagamento di ritenute Irpef e contributi Inps entro lo scorso 16 marzo. Calcisticamente, una vita fa. Ammessa e non concessa la colpevolezza del club biancorosso, un conto sarebbe stato scontare l’eventuale penalizzazione a campionato in corso, con la possiblità di recuperare punti strada facendo; un conto è beccare un “meno” a bocce ferme, senza la possibiltà dunque di recuperare punti. Sarebbe una mazzata terrificante. Senza considerare lo sgarbo commesso nei confronti di una città ormai nel pallone per aver conquistato i playoff, cioè la possibilità di giocarsi la serie A.
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BR sommario
il
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camplone
10 defendi il Biancorosso anno I n. 9 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81
floro flores
zavettieri
Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso
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Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Nicola Lavacca Vito Prigigallo Fotografie Corcelli De Giglio Maizzi Luca Turi Donato Fasano A. Scuro Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci
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19 tifosi
decaro
formula playoff
amarcord
Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)
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27 26 maggio 2018 anno I n. 9
BR L’ANALISI
il
MODULI IL CAMALEONTE CAMBIA PELLE
IL 4-3-3, CON CENTROCAMPO NON TROPPO INGESSATO E DUE ESTERNI A SUPPORTARE UN CENTRAVANTI HA DATO PIÙ SODDISFAZIONI
U
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CITTADELLA
4-2
ANDATA 20/10/2017 SCHEMA: 3-4-3
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MICAI
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CAPRADOSSI
MARRONE
GYOMBER
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FIAMOZZI
BUSELLATO
BASHA
IMPROTA
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GALANO
CISSÉ
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IOCOLANO
0-0
RITORNO 17/3/2018 SCHEMA: 4-3-3
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MICAI
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ANDERSON
DIAKITÈ
MARRONE
BALKOVEC
Davide Lattanzi n Bari camaleonte. Nei moduli e negli uomini. Fabio Grosso, durante la regular season, ha ruotato tutte le pedine del suo ampio scacchiere, utilizzando addirittura tutti i calciatori di movimento. Difficile, quindi, ipotizzare con quale modalità il tecnico proporrà i biancorossi nel percorso dei playoff. Un mini torneo che metterà i galletti immediatamente di fronte al Cittadella ed, eventualmente, subito dopo al Frosinone. Nell’ipotetica finale, infine, l’avversario emergerà da una tra Palermo (ammesso direttamente in semifinale), Venezia e Perugia (che daranno vita al secondo preliminare). Una parziale indicazione, però, può venire da come Grosso ha proposto il Bari (durante il campionato) contro gli avversari qualificati ai playoff. Già, perché emerge un dato interessante. Ovvero che spesso, contro compagini di grande caratura, l’ex campione del mondo del 2006 ha varato soluzioni differenti. Accorgimenti, magari, per limitare il tasso tecnico del rivale di turno. Indicativo, ad esempio, quanto avvenuto già alla quarta giornata, a Frosinone. Reduce da due sconfitte di fila (con Empoli e Venezia), Grosso varò per la prima volta la difesa a tre: un’idea, probabilmente nata per aumentare la protezione del pacchetto arretrato che si era dimostrato vulnerabile soprattutto sui centrali. L’esperimento non dette i risultati sperati in tale circostanza (i ciociari si imposero 3-2), ma fu spesso ripetuto, almeno durante la prima parte del torneo. Uno schieramento simile è stato adottato anche con il Palermo, sia all’andata, sia al ritorno, ma in entrambe le occasioni il campo non ha dato esiti troppo incoraggianti: al San Nicola fu fragorosa la caduta per 0-3, al ritorno arrivò un prezioso pareggio per 1-1, sebbene in un finale convulso e quando il Bari comunque era ripassato al suo assetto più abituale. La difesa a tre ha contraddistinto pure il primo incontro con il Cittadella, ma attenzione: fu una proposta ben diversa da quelle con le big. Basti pensare che, a tutti gli effetti, fu schierato un 3-4-3, con ben quattro calciatori offensivi: Galano (esterno offensivo destro), Cissè (centravanti), Improta e Iocolano a scambiarsi i compiti di aiuto al centrocampo e spinta sull’esterno a sinistra: ne scaturì una gara spettacolare, che i biancorossi vinsero 4-2, con doppietta di Basha e reti di Galano e Improta. Negli altri confronti, dal ritorno con Cittadella e Frosinone,
VS
BARI
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TELLO
BASHA
HENDERSON
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IMPROTA
KOZAK
CISSÉ
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BARI
FROSINONE
2-3
ANDATA 16/9/2017 SCHEMA: 3-5-1-1
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CASSANI
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IMPROTA
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10 BRIENZA
24 FLORO FLORES
RITORNO 10/2/2018 SCHEMA: 4-3-3
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SABELLI
GYOMBER
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D’ELIA
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BUSELLATO
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ANDERSON
KOZAK
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BARI
PALERMO
0-3
ANDATA 10/12/2017 SCHEMA: 3-4-2-1
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CASSANI
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GYOMBER
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BASHA
BUSELLATO
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CISSÉ
1-1
RITORNO 30/4/2018 SCHEMA: 3-5-2
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FIAMOZZI
CAPRADOSSI
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D’ELIA
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BASHA
SALZANO
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IOCOLANO
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GYOMBER
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EMPEREUR
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ANDERSON
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NENÉ
CISSÉ
1-3
RITORNO 3/2/2018 SCHEMA: 4-3-3
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HENDERSON BALKOVEC
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alle doppie sfide con Venezia e Perugia, Grosso ha sempre proposto il 4-3-3. Certo, anche questa disamina, merita precisazioni. Con il Frosinone, ad esempio, il tecnico, venendo da due bruschi stop di fila, propose una formazione estremamente compatta e votata al reciproco sacrificio: centrocampo muscolare, con Basha, Henderson e Busellato e i due esterni (Galano e Anderson) schierati sul lato del piede “forte” (l’olandese a destra, il foggiano a sinistra) per rifornire l’ariete Kozak. Una formula che premiò contro i ciociari (successo 1-0, gol di Kozak), ma durò poco, poiché finiva con lo snaturare le doti di palleggio e tecnica da sempre proposte dai pugliesi. Non a caso, già a Cittadella, il tridente era più spregiudicato, con Improta e Cissè sulle ali e una mezzala più dinamica e versatile come Tello in mediana. E se il 4-3-3 fu una costante pure contro il Venezia (in due partite opache e per certi versi sfortunate), tale modulo ha anche caratterizzato i match contro il Perugia nei quali Grosso ha forse schierato le formazioni più coraggiose nelle gare contro le grandi. Sia in Umbria, sia al San Nicola, infatti, l’allenatore biancorosso ha scelto una mezzala prettamente offensiva come Iocolano e tre punte portate ad offendere e al dialogo in velocità (Galano, Nenè e Improta all’andata, Improta, Andrada e Cissè al ritorno). L’audacia fu premiata: vittoria 3-1 in entrambi i casi. Nel complesso, la strategia di Grosso sovente ha visto un atteggiamento di attenzione, quasi di attesa, nei primi tempi per poi accelerare nei secondi, anche sfruttando l’ingresso di “top” come Brienza e Floro Flores che danno il meglio part time, sgravando il peso dei 90’. Non c’è dubbio che il campione del mondo del 2006 non stravolgerà il suo credo: auspicando un ciclo di gare ravvicinato, alternerà accorgimenti e uomini, ma forse sarà il caso di tentare di esaltare le doti del vasto reparto offensivo. D’altra parte, cominciando i playoff da sesto, il Bari non può far calcoli: servono almeno tre vittore e due pareggi per conquistare la serie A. «Dobbiamo vincerle tutte», ha addirittura rincarato Grosso partendo dall’assunto che toccherà ai galletti menare le danze. Il primo avversario, però, si chiama Cittadella e la sensazione è che si riparta dalle certezze. Ovvero, 4-3-3, con centrocampo non troppo ingessato e due esterni a supportare un centravanti. La formula, in fondo, che ha dato le maggiori soddisfazioni.
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0-2
SCHEMA: 4-3-3
BRIENZA
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VENEZIA
ANDATA 9/9/2017
TELLO
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BARI
22 DE LUCIA
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SABELLI
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OIKONOMOU
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PETRICCIONE
BUSELLATO
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GALANO
FLORO FLORES
IMPROTA
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BARI
PERUGIA
3-1
ANDATA 16/12/2017 SCHEMA: 4-3-3
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MICAI
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SABELLI
TONUCCI
MARRONE
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TELLO
BASHA
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GALANO
NENÉ
IMPROTA
RITORNO 5/5/2018 SCHEMA: 4-3-3
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3-1
MICAI
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SABELLI
GYOMBER
EMPEREUR
BALKOVEC
31
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BUSELLATO
BASHA
IOCOLANO
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IMPROTA
ANDRADA
CISSÉ
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BR I MIEI PLAYOFF
il
CAMPLONE
NOVARA
BEFFA ATROCE IL TIFO DELLA CURVA PUÒ ESSERE L’ARMA IN PIÙ DI QUESTO BARI
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Filippo Luigi Fasano
I
l nome di Andrea Camplone resta indissolubilmente legato alla storia recente del Bari. Con lui in panchina, i biancorossi (quinti al termine del campionato) hanno raggiunto per l’ultima volta i playoff subendo una beffa atroce dal Novara nei minuti finali di una gara che avevano recuperato dallo 0-3 (tripletta di Gonzalez) con le reti di Rosina, doppietta, e Puscas. Ma proprio negli ultimi minuti dei supplementari Galabinov gelò il San Nicola regalando al Novara il passaggio del turno e al Bari un’estate difficilissima che si sarebbe conclusa con il passaggio del testimone al vertice societario fra Paparesta e Giancaspro. Quel Bari-Novara ancora oggi resta uno dei peggiori incubi sportivi della tifoseria barese in attesa di un riscatto che potrebbe cominciare proprio domani contro il Cittadella. Camplone, il Bari è di nuovo ai playoff. Con quali prospettive ci arriva secondo lei la squadra di Grosso? «Penso che il Bari possa fare molto bene. Ho sempre detto che è una squadra molto attrezzata che può competere alla pari con Frosinone e Palermo che sono le altre due grandi protagoniste. Ma attenzione perché Venezia e Cittadella possono essere due mine vaganti. Il Bari può arrivare fino in fondo e a mio parere Grosso finora ha lavorato molto bene, ma adesso tocca ai giocatori andare in campo e spingersi verso il traguardo finale». Come si affronta un playoff? «Con la testa sgombra dimenticando tutto quello che è stato fatto fino a pochi giorni fa. E’ una fase nuova del campionato e si riparte da zero. Bisogna andare in campo senza stress e paura di giocare». In una ideale griglia di partenza dove collocherebbe il Bari? «Come ho detto può essere protagonista fino alla fine alla pari di Palermo e Frosinone, ma visto che si parte tutti alla pari, ogni squadra può avere qualcosa in più. Non sottovaluterei il Venezia. Diciamo che in una competizione del genere è avvantaggiato chi ha meno da perdere». Il tifo può essere l’arma in più del Bari? «Assolutamente sì. La curva del Bari è in grado di trascinarti ben oltre le tue possibilità. È sempre lì a incitarti anche nei momenti di difficoltà. Diciamo che ti può dare un 10-15 per cento in più». Come lo ricorda quel playoff di due anni fa? «Non potrò mai dimenticarlo. Fu tremendo andar fuori in quel modo anche se resta anche il ricordo piacevole di esserci qualificati per la fase finale del campionato. Ma la partita fu davvero tremenda, una mazzata difficile da mandare giù. Veramente pazzesco». Per la società erano già giorni caldi e dopo
26 maggio 2018 anno I n. 9
pochi giorni il presidente Paparesta uscì di scena. Voi come la vivevate? «Sapevamo che c’era quella situazione ma non ne abbiamo avvertito assolutamente il peso e in questo è stato molto bravo il presidente Paparesta. Vivevamo con tranquillità concentrati solo sul campo». Dopo due anni c’è ancora qualche problema a livello societario. «Sì ho letto della faccenda del deferimento, ma finché non ci sarà un verdetto preferisco non esprimermi». Le è capitato di parlare ancora con i tifosi del
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«QUI HO SCOPERTO UNA CITTà CHE NON CONOSCEVO»
Bari di quella partita con il Novara? «Sinceramente no. Mi è rimasto un rapporto particolare con i tifosi, credo di essere stato amato nonostante sia rimasto a Bari solamente sei mesi e questo mi fa molto piacere. Si era creato un feeling importante forse perché sono una persona molto schietta che dice quello che pensa. Anche nel periodo in cui non stetti bene sentii la tifoseria molto vicina. Allenando a Bari sono riuscito a scoprire una città che non conoscevo e che è mi piaciuta molto tanto che ci torno ancora in vacanza perché c’è un bel legame».
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BR B R I MIEI PLAYOFF
il
MARINO DEFENDI
IMPOSSIBILE RIVIVERE LE STESSE EMOZIONI «DOPO LE DUE PARTITE PAREGGIATE CON IL LATINA ROSICO ANCORA OGGI A PENSARCI» Filippo Luigi Fasano
S
i scrive playoff, si legge montagne russe. Due volte il Bari vi ha partecipato e per due volte non si è fatto mancar nulla: speranze e rimonte, illusioni e rincorse. Senza però un lieto fine, dall’alba della presidenza Paparesta, nella stagione 2013/14, al suo tramonto, nel 2015/16. Due anni di distanza fra un tentativo e quello successivo, quasi fosse questo il tempo minimo per riprendersi da emozioni forti, fortissime. Un giocatore solo ha saputo reggerle in campo l’una e l’altra volta, Marino Defendi: mezzala per vocazione, ma anche interno, attaccante o terzino per necessità, in 170 gare in biancorosso fra 2011 e 2016. Alla vigilia dell’ennesima lotteria, dopo un altro biennio dall’ultima volta, rieccolo qui. Con un’altra maglia, quella della neoretrocessa Ternana, ma con la stessa voglia di riannodare ricordi, belli e maliconici, ma comunque indimenticabili. Con la speranza, magari, di un esito finalmente diverso. Torniamo a fine maggio 2014, a quel 4-1 al Novara che vi spalanca le porte dei playoff. «Il traguardo di una stagione movimentata, a cominciare dalle dimissioni dell’allenatore (Gautieri, nda) al rientro dal ritiro. E poi un girone d’andata in cui non ce ne girava manco una. Ma eravamo consapevoli del nostro valore, e per questo ci abbiamo sempre creduto». Quella cavalcata finale fu davvero qualcosa di unico? «La forza del gruppo, l’entusiasmo che cresceva partita dopo partita, la voglia della città di rivivere un sogno. E poi, paradossalmente, il fallimento della società rappresentò un trampolino di lancio, per tutti. Insomma, tanti
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«È UN TORNEO: CHI CI ARRIVA, LO HA SENZ’ALTRO MERITATO MA CIÒ CHE HAI FATTO PRIMA NON CONTA PIÙ NIENTE BISOGNA PREPARARSI PARTITA PER PARTITA NOI SENTIVAMO LA SPINTA DEI TIFOSI E AVEVAMO L DESIDERIO DI REGALARE LORO QUALCOSA DI IMPORTANTE»
26 maggio 2018 anno I n. 9
fattori difficili da replicare, tutti assieme». Pronti, via e 3-0 a Crotone nel primo turno, alla faccia del peggior piazzamento di classifica. «Sentivamo la spinta dei tifosi e avevamo il desiderio di regalare loro qualcosa di importante. La vittoria venne da sé». In semifinale, il doppio 2-2 contro il Latina: la vittoria al San Nicola sfuggita all’ultimo tiro ed il vantaggio del ritorno durato troppo poco. Con qualche episodio sfavorevole. «Alla carica subita da Guarna nella gara d’andata ci penso ancora. E non scorderò neppure il rigore nell’incontro di ritorno (subito dopo l’1-0 di Polenta, nda). Oltre al danno, la beffa. Difficile accettare errori così gravi, in partite così importanti». Eravate partiti dall’ottavo posto ma sembrava ve lo fosse scordati. «Era un periodo in cui ci veniva tutto. Facevamo cose semplici e ci divertivamo a farlo. Non ci servivano campioni, bastava il gruppo, il nostro. Dopo due partite pareggiate in quel modo, rosico ancora oggi, a pensarci. La finale ce l’avevamo lì davanti, e ce la siamo vista sfuggire». Per quanto “meravigliosa” sia stata la “stagione fallimentare”, per giocare con il titolo del film che l’ha descritta, è stata pur sempre una sconfitta. «Il film racconta davvero bene l’altalena di emozioni. Proprio ora ripenso alla fine, e tutta la gente che ci aspettò in aeroporto nonostante l’eliminazione. Mi chiedevo e mi chiedo: “Che cosa ci facevano, lì, così tante persone?” Ci ho pensato tanto, anche in vacanza. Però alla fine ho realizzato che avevamo riacceso l’entusiasmo di Bari, riportando 60mila persone allo stadio. Avevamo vinto lo stesso». Quelle settimane hanno anche alimentato una illusione, quella di poter salire in A quasi di diritto. «Dopo un campionato così, è normale che la gente abbia aspettative. E se ai proclami non seguono i risultati, il tifoso ci resta male, sopratutto in una piazza come Bari. Ma mi tengo stretto il ricordo di quell’anno, senza guardare a ciò che è successo dopo». L’avresti confermato, quel gruppo? «Sì. Ci conoscevamo talmente bene che giocavamo praticamente a memoria. E l’anno seguente avremmo potuto senz’altro riprovarci. Però bisogna anche pensare a chi aveva la possibilità di migliorarsi. Come Ceppitelli, che andò in serie A. Il calcio è anche questo». Nel 2016, si comincia di nuovo dal primo turno. Stavolta al San Nicola, ma ancora contro il Novara. «Era cambiato tutto. Ci abbiamo comunque provato sino alla fine. In panchina c’era Camplone: grande staff, belle idee. Con più di tempo, avrebbe potuto ottenere risultati anche migliori». L’impressione è che foste arrivate piuttosto scarichi, alla fase cruciale. «Un campionato di alti e bassi porta ad arrivare un po’ stanchi, alla fine. Ma senza qualche infortunio di troppo, ce la saremmo senz’altro potuta giocare meglio». Riuscite a rimontare tre gol ma poi prendete il 4-3 a due minuti dalla fine dei supplementari. «Stessa sensazione di vederti mancare la qualificazione quando ce l’avevi lì, ad un passo. Un gol subito alla fine, e l’occasione fallita da Jacopo (Dezi, nda) negli ultimi secondi. Situazioni assolutamente diverse fra loro, però. Due anni prima nessuno si aspettava la qualificazione, mentre le aspettative ce le sentivamo tutti addosso, in quel campionato». Erano comunque squadre molto simpatiche, amatissime dai tifosi. Lo è anche il Bari di Grosso? «Sa qual è il punto? Che il mio Bari, soprattutto il primo, fece letteralmente impazzire le persone. Magari la gente si aspetta di rivedere le stesse cose, di rivivere le stresse emozioni. Ma questo è impossibile. Le vittorie sul campo, certo. Ma pure i selfie, gli appelli a comprarsi “la Bari”, compreso quello di Rocco Siffredi. Tutto ha contribuito a creare un ambiente fantastico. E irripetibile». Consigli per i suoi ex compagni? «È un torneo: chi ci arriva, lo ha senz’altro meritato. Ma ciò che hai fatto prima non conta più niente. Bisogna prepararsi partita per partita». Ci rivediamo al San Nicola? «A giugno scendo a salutare gli amici. Ma nessun pronostico, per scaramanzia. Per ora, solo un grande “in bocca al lupo”. E un fortissimo abbraccio al popolo barese».
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BR I MIEI PLAYOFF
il
ZAVETTIERI
se passiamo il primo turno
scoccherà la scintilla
Francesco Damiani
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Ho già chiesto al mio amico Giovanni Loseto di poter seguire l’eventuale finale playoff dalla curva Nord sperando di festeggiare la promozione». Nunzio Zavettieri vuole riprendersi in questo modo quello che gli è stato tolto quattro anni fa quando nella meravigliosa stagione fallimentare in coppia con Alberti guidò un Bari senza soldi e con i libri in tribunale a una splendida semifinale playoff persa con il Latina non per demeriti dei biancorossi, che anzi avrebbero strameritato la finale, ma per qualche, diciamo così, incidente di percorso. Zavettieri siamo alla vigilia dei playoff e la mente dei tifosi non può non tornare alla sua squadra. «Fu un’avventura entusiasmante ma chiusa con tanto rammarico. Siamo usciti senza mai perdere e senza poter mettere in campo tutto il
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nostro potenziale. Non mi piace parlare della serata storta degli arbitri nelle due partite contro il Latina, ma dico che arrivammo a quelle sfide con qualche defezione di troppo e quindi non al nostro meglio. In più, eravamo decisamente cotti». Di quella stagione non si può parlare di quanto successo in campo senza parlare di quanto succedeva fuori dal campo intorno a voi. «Quello che succedeva intorno a noi lo sanno tutti ed è stata anche una spinta per poter arrivare fino alle soglie della promozione. Gli ultimi tre mesi della stagione abbiamo vissuto non dico in un sogno, ma in un’atmosfera molto particolare con la città che era tutta dalla nostra parte. Indimenticabile quando, prima della partita con l’Avellino, i tifosi ci scortarono dall’albergo del
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«Credo che Grosso abbia tante frecce al suo arco e mi auguro che sia tutto il collettivo del Bari ad avere qualcosa in più per raggiungere la promozione. si dovrà trovare un equilibrio di squadra decisivo Per motivi assolutamente personali mi auguro che possa essere Galano l’uomo in più»
ritiro fino allo stadio». Da domani per il Bari è tempo di pensare di nuovo ai playoff anche se l’atmosfera è ancora un po’ fredda. «Non vorrei dire una banalità ma adesso inizia davvero un altro campionato. Se si passa il primo turno, però, sono certo che si riaccenderà la scintilla e il pubblico tornerà a sostenere la squadra. Il Bari ha tutte le carte in regola per fare bene e andare in serie A». Le altre favorite sono Frosinone e Palermo? «Certo anche se bisogna verificare la reazione del Frosinone alla botta della mancata promozione all’ultimo secondo. In generale, conterà molto la condizione psicofisica delle squadre, l’entusiasmo e la capacità di gestire le situazioni. Vincerà la squadra che riuscirà a mettere insieme tutto questo».
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Giocare il primo turno in casa può essere un vantaggio o uno svantaggio? «Personalmente ritengo che sia meglio giocare in casa. Chi passa il primo turno arriva in semifinale con una carica diversa. In fondo si tratta di disputare soltanto una partita in più rispetto agli avversari per quanto sia tirata e importante, ma ti permette d tenere un buon ritmo». Quali possono essere gli uomini determinanti per il Bari? «Credo che Grosso abbia tante frecce al suo arco e mi auguro che sia tutto il collettivo del Bari ad avere qualcosa in più per raggiungere la promozione: si dovrà trovare un equilibrio di squadra decisivo. Per motivi assolutamente personali, poi, mi auguro che possa essere Galano l’uomo in più. Ma, ripeto, è un desiderio a livello personale».
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BR B R IL PERSONAGGIO
il
FLORO FLORES
L’INCOMPRESO
PRIMO ATTORE PER VOCAZIONE
Filippo Luigi Fasano
T
utto o niente. Non è tipo da mezze misure, Antonio Floro Flores da Napoli, rione Traiano. Non lo era ai tempi dell’Under 21, quando si ritrovò senza squadra ma Claudio Gentile lo convocò lo stesso. Non lo è neppure adesso, a 35 anni da compiere il prossimo 18 giugno. Una carriera a strappi la sua, con dieci stagioni di fila in serie A. Come a Genova, sponda rossoblù, dove sbarcò a gennaio 2011: dieci reti in diciotto gare, più quattro assist, tanto per gradire. O come a Sassuolo, all’inizio della stagione 2015/16, la terza in neroverde: segna nelle prime tre giornate, fa segnare un compagno alla quarta. Lampi folgoranti e seducenti, prima di perdersi nell’ennesima penombra di panchine e di subentri. Rieccolo Floro Flores l’incompreso, bravo e consapevole di esserlo, primattore per vocazione senza mai sentirsi uno dei tanti. Pronto a dare tutto a patto di sentirsi al centro di tutto. L’occasione per l’ennesima ripartenza gliela dà Bari, a gennaio 2017 con direttore sportivo Sogliano, che già da giocatore ne consigliava l’acquisto, e allenatore Colantuono che l’aveva svezzato a Perugia. Pronti, via ed è subito palo a Cittadella, all’esordio, a pochi minuti dall’ingresso in campo. Non è solo il “fruscio di scopa nuova”, ma la sensazione che con lui là davanti, possa accadere sempre qualcosa. Ed in effetti accade: filotto di reti contro Vicenza, Cesena, Ternana e Benevento. Al Vigorito, pure due assist, nel 4-3 della grande illusione. Ancora uno sprint, che lancia il Bari prima di farlo cascare a peso morto sul più bello. Si fa male Brienza, si infortunia anche lui, che dall’inizio di aprile non vede più il campo. In estate però, torna in biancorosso, via Chievo, an-
26 maggio 2018 anno I n. 9
«È UN GRANDISSIMO HA NUMERI DAVVERO DA TOP CLUB MA PER RENDERE AL MEGLIO HA BISOGNO DI SENTIRSI COCCOLATO»
che se i postumi della passata stagione si fanno sentire. Poche comparsate, quasi tutte svogliate. Ma pure la fiammata che imbecca Galano all’ultima azione nel derby contro il Foggia. Giusto per ribadire che Floro, se vuole, la B se la beve, anche in pantofole. In primavera, finalmente, si ricorda di calzare gli scarpini. Si può illuminare la scena anche senza essere titolare, specie quando sta per passare l’ultimo treno. A Palermo salta più in alto di tutti per assecondare la spaccata di Nené, contro il Perugia invita Andrada ad osare e poi chiude i conti come se lo guidasse un joypad, scartando anche il portiere. Sta a tremila, e si vede. Sui social ne abbiamo viste tante, e tutte divertenti: Floro Flores cuoco, Floro Flores idraulico, Floro Flores a tavola con il compagno di squadra Salzano, convalescente da un infortunio. Ma ora tocca a Floro Flores bomber. L’unico che a questo punto conti davvero.
ANGELOZZI: “CONSIGLIATO DA SEAN”
Lo prese al Perugia quando aveva vent’anni, se l’è ritrovato a Sassuolo passati i trenta. Si è goduto Floro Flores all’alba e nel pieno della maturità, Guido Angelozzi, direttore tecnico della società emiliana da giugno 2015: «A segnalarmelo fu proprio Sean Sogliano – ricorda l’ex ds del Bari – Aveva giocato con lui a Napoli e chiacchierando con suo padre Ricky venne fuori il suo nome. E così lo portai a Perugia. Qualche difficoltà di ambientamento, ma al ritorno esplose, cominciando a mostrare tutto il suo valore». Più di dieci anni dopo, Floro Flores è già in Emilia, quando il dirigente catanese arriva da La Spezia: «Di Francesco lo faceva giocare a sinistra, nel
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BR IL PERSONAGGIO
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tridente. Ma lui ha sempre preferito stare al centro, più vicino alla porta. È un grandissimo, ha numeri davvero da top club. Ma per rendere al meglio, ha bisogno di sentirsi coccolato”. Un po’ come se fosse in famiglia: la moglie Michela, i quattro figli. Affetti d’altri tempi ma condivisi in modo moderno, sopratutto su Instagram: “È un ragazzo di grande umanità – precisa Angelozzi – Può sembrare stravagante, con tutti quei tatuaggi. Ma basta conoscerlo, per apprezzarne la generosità. Si fa in quattro, per gli altri».
ASCOLTANDO GIGI D’ALESSIO
Udine, provincia di Napoli. Non può essere solo uno slogan, nella città che ha eletto a proprio idolo Totò Di Natale da Pomigliano d’Arco, 385 presenze e 191 reti in bianconero. Dodici stagioni di fila, dal 2004 al 2016, con la maglia dell’Udinese, la stessa vestita da Floro Flores dal 2007 al 2012, con la sola parentesi di mezzo campionato al Genoa: «Antonio? Grandi colpi, grande calciatore – osserva l’ex attaccante della nazionale, che a 41 anni vive ad Empoli e gestisce una scuola calcio nella “sua” Udine – Peccato per qualche infortunio di troppo. Ha fatto bene, nella sua carriera, ma avrebbe potuto fare ancora meglio, senza questi contrattempi. Ora può riprendersi la serie A, glielo auguro». Strano pensare in che
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«PECCATO PER QUALCHE INFORTUNIO DI TROPPO AVREBBE POTUTO FARE ANCORA MEGLIO
una rosa storicamente piena zeppa di stranieri, l’accento più spiccato potesse essere quello partenopeo. Quello dei due Antonio e del loro cantante preferito: «Negli spogliatoi – ricorda Di Natale – le canzoni di Gigi D’Alessio non mancavano mai. Con Quagliarella (nativo di Castellamare di Stabia, all’Udinese dal 2007 al 2009, nda) eravamo un bel terzetto di estimatori».
BALLARDINI: “UN TALENTO DA SCULACCIARE”
È con la maglia del Genoa il miglior (mezzo) campionato di Floro Flores. Arrivato in Liguria all’inizio del 2011, Antonio viaggia alla media di oltre mezzo gol a partita. Sulla panchina rossoblù, oggi come allora, c’è Davide Ballardini: «Alloggiavamo nello stesso albergo – ricorda il tecnico – Lui ci viveva con moglie, figlie e suocera. Un ragazzo solare, pulito, vero con i suoi pregi e i suoi difetti. Ricordo i siparietti in partitella. Le arbitrava Carlo Regno, il mio vice. “Non hai arbitrato male”, gli diceva. Pausa. “Manco bene, però”. E ci faceva sorridere tutti». Con l’argentino Palacio a fianco, Antonio dà il meglio. Da se stesso avrebbe potuto pretendere di più, secondo il tecnico ravennate: «Qualche sculacciata affettuosa la meriterebbe – lo ammonisce simpaticamente – Con tutte le qualità che si ritrova, avrebbe potuto ambire al palcoscenico una grande. Ma va bene così, ce lo teniamo stretto così com’è».
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BR i tifosi
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alberobello
la fedeltà granitica Nicola Lavacca
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fra i trulli secolari è sbocciata l a grande passione. 92 i soci il maestro del tifo vito angelillo è il punto di riferimento
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ra i trulli secolari e suggestivi è sbocciata la grande passione per il Bari. Un tocco di biancorosso che ravviva un paesaggio mitico, unico nel suo genere. C’è entusiasmo e senso di appartenenza nel centinaio di tifosi che da tre anni sono la linfa vitale dell’as Bari Club Alberobello, con il loro incondizionato sostegno alla squadra dei sogni. «Da ragazzini ci siamo letteralmente innamorati del Bari – dice il 38enne presidente Fedele Sgobba -. Abbiamo così deciso di mettere insieme le nostre forze per essere più vicini, non solo idealmente, ai quei colori inconfondibili e splendidi». Un club nato per volontà di 23 soci fondatori che hanno costituito il 27 maggio del 2015 un’associazione sportiva aperta anche al mondo calcistico locale. La data non è causale perché richiama un evento storico importante, quando il 27 maggio del 1797 Alberobello divenne città regia, liberandosi dalla servitù feudale dei conti Acquaviva d’Aragona di Conversano. La storia di oggi ci racconta di una fedeltà granitica al Bari da parte dei 92 soci (imprenditori, operai e alcuni 18enni) che seguono sia in casa che fuori le partite degli alfieri biancorossi. Del gruppo di aficionados fa parte anche l’ultrasettantenne pensionato Vito Angelillo che è stato un po’ il “maestro del tifo” per alcuni dei promotori del club affiliato alla “Bari Siamo Noi”.
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BR
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«Eravamo ragazzi e lui ci portava in macchina da Alberobello allo stadio - racconta Fedele Sgobba -. C’era anche suo figlio Maurizio, che ora vive a Roma. La nostra passione è praticamente fiorita grazie al signor Vito che ancora adesso è un irriducibile fan del Bari». Nella sede del club sono in bella mostra foto e poster delle diverse formazioni biancorosse dagli anni ’80 ad oggi, la casacca di Romizi autografata e innumerevoli magliette non personalizzate. Una partecipazione molto forte e sentita che si manifesta con slanci emotivi genuini nonostante Alberobello sia abbastanza lontana dall’hinterland barese. Considerata la distanza tra la Capitale dei trulli e il capoluogo non è sempre facile essere presenti in massa allo stadio. «Bisogna anche tener conto che gli imprenditori sono spesso impegnati nella loro attività turistica – fa notare il presidente Sgobba – . Altri lavorano. Solitamente siamo una trentina quelli che assistono alle gare del “San Nicola”. Noi siamo in curva Nord, ma lo
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«siamo cresciuti all’ombra dei nostri idoli Joao Paulo e Igor Protti»
striscione con su scritto “Alberobello” lo posizioniamo sempre in tribuna Est. Per le trasferte ci organizziamo in 15. Chi non riesce a vedere dal vivo il Bari segue le partite nella sede dell’associazione. Tutti insieme appassionatamente per il nostro unico, grande amore. Noi cresciuti all’ombra dei nostri idoli Joao Paulo e Igor Protti abbiamo solo i colori biancorossi nel cuore». Il club ogni anno organizza un torneo di calcio a 7, una sorta di campionato tra le diverse squadre locali, qualcuna anche di fuori, che comincia ad ottobre e termina ad aprile. «Ma il nostro sogno - dice Sgobba – è quello di mettere su un settore giovanile griffato biancorosso per i nostri bambini e ragazzi. Insomma, il Bari è una fede che cerchiamo di tenere viva sul territorio. Per questo siamo sempre disponibili ad accogliere altri soci, soprattutto i giovani. La speranza ovviamente è che la squadra torni al più presto in serie A. Adesso ci aspettano i plaoff. Siamo ottimisti e fiduciosi. Alberobello come sempre risponderà presente».
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BR L’INTERVISTA
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IL SINDACO
BASTA POLEMICHE
LASCIAMOLI GIOCARE «IL SAN NICOLA? l’unica strada che intravedo è una concessione lunga che preveda anche una riqualificazione della struttura lo stadio non deve solo essere la sede delle partite di calcio ma deve produrre altri ricavi»
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Gaetano Campione
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ignor sindaco, il 30 giugno scadrà la connessione temporanea di un anno (la quarta consecutiva) dello stadio San Nicola al Bari calcio. Cosa succederà quel giorno? «Credo che dipenderà dal punto in cui saremo fra un mese nelle procedure amministrative. Se ne stanno occupando gli uffici. Ho la massima fiducia nel loro lavoro». La soluzione di una concessione ultradecennale dell’impianto potrebbe finalmente rendere produttiva la struttura diventata ormai una specie di cattedrale nel deserto. Lei cosa pensa a questo proposito? «Il San Nicola è uno degli stadi più belli del mondo. È l’opera di Renzo Piano, uno dei Maestri dell’architettura contemporanea. E però, quello che dovrebbe essere un orgoglio per Bari oggi costituisce un problema. I Comuni sono sempre più in affanno nella gestione di queste opere fatte in un’altra epoca. Il San Nicola è tra queste. Per questo l’unica strada che intravedo è una concessione lunga che preveda anche una riqualificazione della struttura. Nel rispetto dell’autore e del segno stilistico, lo stadio non deve solo essere la sede delle partite di calcio, ma deve produrre altri ricavi che consentano a chi lo gestirà un equilibrio economico. È un percorso praticato in tutto il mondo. Ora, è possibile anche in Italia, grazie ad una legge, la cosiddetta legge-stadi, recentemente rivisitata». Il progetto del Bari calcio, supportato da B Futura e Credito sportivo, a che punto è? «Il progetto della FC Bari mi sembra andare in questo in questo senso. È in corso un confronto tra gli uffici tecnici e il proponente». Si può cercare di abbozzare un cronoprogramma? A chi tocca fare la prima mossa adesso e quale sarà l’iter da seguire? «Credo che il confronto in corso debba risolvere alcuni problemi preliminari. Ma ho chiesto agli uffici il massimo impegno nell’affrontare un tema che presenta molte incognite procedurali, ma è importantissimo per la città». Giancaspro, secondo lei, continua ad essere un interlocutore affidabile? Un imprenditore va giudicato dai fatti o non dalle voci. Il Bari calcio ha fatto tutto quello che doveva fare? O manca ancora qualche tassello burocraticoamministrativo nella pratica dello stadio dei sogni? «Giancaspro è il presidente della FC Bari. La mia Amministrazione parla con lui come ha parlato con il suo predecessore, perché appartiene al nostro dovere. Non ho nessun titolo per rilasciare patenti di affidabilità. Il Sindaco deve rispetto alla squadra e agli sportivi che la seguono. Osservo che la società non si è sottratta agli investimenti sull’allenatore e sui giocatori. Devo confessare che mi piacerebbe che la squadra per qualche giorno fosse lasciata libera di giocare in tranquillità e che fosse a riparo dalle polemiche. Specie da quelle che non riguardano i giocatori e lo sport». Qual è lo stadio in Italia che le piace di più, tra quelli che ha visitato?
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«PROMOZIONE IN SERIE A? FESTA IN PIAZZA CON LO STESSO ENTUSIASMO DELLA MERAVIGLIOSA STAGIONE FALLIMENTARE» «Non ho avuto purtroppo l’occasione di visitare stadi importanti in Italia, ho visitato un grande e imponente stadio che mi è molto piaciuto: il Camp Nou di Barcellona». Lo stadio San Nicola. Qualcuno lo ha definito il primo stadio italiano per non vedenti, a causa della pista di atletica leggera che allontana il pubblico. Condivide questa analisi? «Gli stadi costruiti per i Mondiali del 90 purtroppo furono tutti concepiti con la pista di atletica. Pista che negli anni non è stata più utilizzata perché fortunatamente Bari ha altri impianti
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importanti dedicati all’atletica leggera come ad esempio il Bellavista. Il progetto di riqualificazione e ammodernamento dello stadio, tra le altre cose prevede proprio l’eliminazione della pista di atletica». Se il Bari dovesse essere promosso in serie A, lei come festeggerà? «Con i baresi in piazza. Con lo stesso entusiasmo con cui abbiamo festeggiato la mancata promozione di quella che tutti hanno definito “una meravigliosa stagione fallimentare”».
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BR AMARCORD
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LO SPAREGGIO DEL ‘58
MOBILITAZIONE IN 10MILA A BOLOGNA Gianni Antonucci
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ono tante, addirittura 45, le sfide del Bari impegnato in spareggi, qualificazioni, assegnazione titoli. Una però resta nella storia, anche perché è l’unica ad aver fatto gioire i tifosi biancorossi con una sofferta e movimentata promozione in A. Eravamo nel 1958, 60 anni fa. In B, Triestina e Bari erano al primo e al secondo posto, distaccate da Venezia, terzo. Non si sapeva quali sarebbero stati i criteri per determinare le promozioni dalla B e le retrocessioni dalla A. Una prima proposta era stata bocciata. Si era a marzo e la Lega non si pronunciava. All’improvviso, il colpo “mancino” in cui Giuseppe Pasquale presidente Figc, depositava il suo progetto: al termine della stagione 1957-58, l’ultima classificata della serie A sarebbe retrocedessa in serie B; la prima classificata della serie B sarebbe stata promossa in serie A. Da giocare, poi, una qualificazione tra la 17ª classificata della serie A e la seconda classificata della serie B. La vincente sarebbe salita in serie A. La formula aveva il profumo della
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UN PASTICCIO BUROCRATICO CAMBIÒ LA FORMULA DELLA PROMOZIONE IN SERIE A MA IL BARI BATTÈ LO STESSO VERONA E BOLOGNA
beffa per il Bari. Non erano bastate le ingiustizie propinate dal Lodo Barassi di sette anni prima. La proposta di Pasquale giungeva inaspettatamente nel mome to in cui la squadra biancorossa aveva raggiunto la Triestina al comando della classifica e i tifosi baresi erano ormai convinti che in serie A sarebbero state promosse le prime due squadre in serie A. Un giornalista inglese di un accreditato quotidiano londinese apprendendo - da chi scrive - tutta l’odissea vissuta dal Bari in quei terribili anni, diceva:«Se quello che è capitato al Bari fosse accaduto ad una squadra britannica, questa sarebbe sprofondata in mare assieme a tutta l’isola». Era il 25 maggio 1958. Il giorno dopo veniva annunciato dai giornali che la Triestina era promossa in A e che il Bari avrebbe disputato lo spareggio con l’Atalanta, penultima classificata in A. Ma il bello doveva appena cominciare. Il Verona, ultimo classificato in A e quindi, ad un passo dalla serie B, feceva scoppiare uno scandalo,
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TUTTI A BOLOGNA Tifosi al ritorno della squadra dopo gli spareggi di Bologna e Verona con promozione in serie A. Nella pagina accanto, 20 luglio 1958, in trasferta per lo spareggio col Verona
accusando l’Atalanta di aver “addomesticato” la partita del 30 marzo 1958 a Padova con la complicità del giocatore Azzini. Il 3 giugno 1958, quando già il Bari era pronto per affrontare le due partite spareggio, la Figc comunicava che l’Atalanta era rinviata a giudizio e le partite spareggio con il Bari erano sospese. L’ennesima estate calda prendeva avvio. Si costringeva il Bari a pazientare in attesa degli spareggi. Si buttava, quindi, una società in un mare di guai. Il Bari era ormai prigioniero degli errori commessi da altri. Aveva le mani legate e perdeva anche la possibilità di partecipare - con buoni incassi - alla Coppa Italia. Una situazione davvero paradossale. Da Bari veniva preannunciato un ricorso e nello stesso tempo si chiedeva l’ammissione in serie A d’ufficio, senza spareggi. Niente da fare. Il 7 luglio 1958 la Lega nazionale fissava le date degli spareggi: il 20 luglio a Bologna ed il 24 luglio a Roma. Ma, il Bari chi avrebbe incontrato: l’Atalanta oppure il Verona? Un’altra
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ERBA FU L’EROE DELLE DUE PARTITE E PENSARE CHE NON DOVEVA GIOCARE PERCHÉ PUNITO DAL TECNICO ALLASIO
assurdità. A due settimane dalla prima gara non si conosceva ancora l’avversario. Il 14 luglio la Caf confermava la condanna dell’Atalanta. Il Bari avrebbe perciò incontrato il Verona. L’allenatore Allasio, al solleone di luglio, teneva tutti sotto pressione a Casalecchio. Il Verona, invece, chiedeva la consulenza di Gipo Viani e del preparatore del Milan Van Zandt e andava in ritiro sulle Alpi. Intensi giorni di vigilia. Da Bari e da Verona, partivano carovane di tifosi. Bologna fredda e compassata, come una vecchia signora abituata a ben altre emozioni, accoglieva fin dalle prime ore 10mila baresi. A Eccezionale l’organizzazione dell’impagabile Peppino Cusmai. Nel ritiro di Casalecchio, l’allenatore Allasio fu categorico con i calciatori. Niente bevande, niente acqua fredda. Chi “sgarrava” non giocava il primo spareggio. Erba, ritenendo di non essere scoperto, fu visto da Allasio con una bottiglietta di acqua quasi gelata. Drastico il provvedimento: niente convocazione per il Verona. Al suo posto Rebizzi il quale, durante la notte, avvertiva forti dolori tanto da non poter giocare. Erba fu così graziato e convocato: doveva diventare l’eroe e il protagonista principale della vittoria del Bari negli spareggi. A Bologna la partita fu quasi tutta a senso unico. Il Bari in avanti e il Verona in difesa con Ghizzardi autore di tante parate. Al 21º della ripresa il gol decisivo: pallone da Cappa a Mazzoni e, quindi, a Farinelli che toccava per Erba. Il terzino Cuttica tagliato fuori “lasciava”, mentre Ghizzardi tentava l’uscita in extremis. A porta vuota Erba, con uno scatto, raccoglieva e segnava. Lo stadio bolognese era tutto uno sventolio di bandiere biancorosse. Quattro giorni dopo a Roma, all’Olimpico, l’apoteosi. Erba, infallibile giustiziere, con due gol strepitosi colpì al 36’ e 40’ della ripresa. Il Bari era di nuovo in A. Scene indescrivibili fra i 30mila dell’Olimpico e scene commoventi anche a Bari. All’ufficio della Stazione centrale, collegato con Roma, c’erano più di 5mila tifosi. Quando fu annunciato il 2-0, un grido di gioia e tutta la città si tinse con colori biancorosso. Per oltre un’ora, il suono dei clacson salutò per le strade la stupenda vittoria contro il Verona. La sera del 25 luglio, bengala, mortaretti, fiaccole, bandiere al vento accolsero i giocatori quando scesero dal treno rapido proveniente da Roma. Un corteo con i protagonisti, attraversò via Sparano, tra gli “urrà” festosi della folla, raggiunse piazza Prefettura stracolma. Qui il popolare Peppino Cusmai - capofila della carovana al seguito della squadra, marciando a bordo di una “509” appositamente allestita - sacrificò i suoi lunghi baffoni per la vittoria del Bari. Un singolare tributo ad una passione sportiva premiata dal successo della squadra e dall’esultanza di tutta la città. Per il Bari, otto anni di triste passato furono cancellati.
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BR IL PROGRAMMA
il
CALENDARIO PLAYOFF ore 18* BARI CITTADELLA
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ore 20.30*
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FROSINONE
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ore 20.30*
PALERMO
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ore 20.30* ore 20.30* VENEZIA
PALERMO
PERUGIA
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Davide Lattanzi Sarà proprio Bari-Cittadella ad inaugurare i playoff 2018 che decreteranno la squadra deputata a raggiungere Empoli e Parma in serie A? Lo scontro tra i biancorossi ed i veneti e Venezia-Perugia costituiscono i due turni preliminari che si disputano in gara secca, ad eliminazione diretta. In caso di parità al termine dei 90’, sono in programma due tempi supplementari da 15’ ciascuno, ma non i calci di rigore: se l’equilibrio permane al 120’, accede in semifinale la compagine meglio piazzata nella regular season. La vincente di Bari-Cittadella se la vedrà con il Frosinone (terzo), mentre chi la spunta tra Venezia e Perugia sarà opposto al Palermo (quarto). Le semifinali si giocano su andata e ritorno: passa chi ottiene il miglior risultato nel doppio confronto. Ma in caso di parità (due pareggi o vittoria e sconfitta con la medesima differenza reti), non sono previsti né supplementari, né rigori: va in finale la meglio classificata in campionato. Lo stesso regolamento vale in finale, con una sola eccezione che potrebbe riguardare proprio il Bari. Se i biancorossi, infatti, dovessero arrivare all’ultimo atto contro il Venezia e i due match decretassero parità tra le due compagini, si procederebbe a tempi supplementari ed anche calci di rigore, in virtù di una novità di regolamento introdotta in questa stagione che prevede tale modalità se ad affrontarsi siano due squadre giunte a parità di punti nella regular season. In tal caso, peraltro, non si terrebbe conto degli scontri diretti in campionato che avrebbero premiato i veneti (che si imposero 2-0 al San Nicola e 3-1 al Penzo). 26 maggio 2018 anno I n. 9
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Le date delle partite nel momento in cui andiamo in stampa sono tutte da stabilire
LA CLASSIFICA 1
Frosinone
72
2
Palermo
71
3
Venezia
67
4
BARI
67
5
Cittadella
66
6
Perugia
60
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BR letti per voi
il
calcio e
fantasia Vito Prigigallo
C
erto che la Puglia del pallone non si fa mancare proprio nulla. C’è stato il Mago dei poveri, al secolo Oronzo Pugliese, e c’è stato il suo avatar comico, Oronzo Canà, quello dell’allenatore nel pallone magistralmente interpretato da Lino Banfi. C’è stato (e c’è ancora: eccome) Antonio Conte, divenuto famoso come trainer per aver portato in Serie A, lui salentino, la Bari; ora c’è Addolorata Pallone. L’allenatrice. Inventata da Christian Montanaro che inserisce un personaggio irreale (surreale, dice lui) in un mondo dove l’unica fantasia ammessa è quella (appunto) del fantasista. Una casalinga (che potrebbe essere di Verona e invece è di Bari) che si trova, per una serie di circostanze fortuite, ad essere catapultata in un campetto della periferia dove giocano alla guerra (calcistica) i ragazzini e di lì arditamente rimbalzata negli studi televisivi di Sky Sport. E qui la fantasia lascia il posto ad una realtà grottesca, con Alessandro Bonan e Gianluca Di Marzio – dietro raccomandazione di Enzo Tamborra, che ha un nipote che gioca nella squadretta dei Red Devils – che la intervistano e annunciano in diretta che un grosso club del
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football professionistico ha appena comunicato che… Montanaro, barese, avvocato, giornalista, scrittore e regista, aveva esordito con l’e-book Campioni a chi?, seguito dal volume Bestseller – L’incubo riNcorrente, segue tracce antropologiche – la malattia meno patologica di tutte, quella del tifo: nel caso, il marito di Addolorata, Ennio, bancario e tifoso della Juventus, delusissimo all’indomani della sconfitta della squadra del cuore nella finale di Champions League con il Barcellona; la baresità della protagonista; l’ingerenza genitoriale nella conduzione tecnica delle squadre giovanili di calcio - per tessere una trama leggere leggera e parecchio improbabile. Addolorata Pallone diviene allenatrice nell’intervallo di una partita che la squadra di calcio di suo figlio rischia di perdere “per colpa del trainer con i baffoni alla Nicola Pignataro”. S’inventa (ma mica tanto) il portiere attaccante e questo segna di testa, come un Brignoli qualsiasi fa in BeneventoMilan, si mette a studiare e vince un torneo a Mungivacca”. Non posso nascondere di essermela immaginata per il campo di calcio a fischiare come Trapattoni o a farsi espellere come Ulivieri, scrive Tamborra nella Prefazione. Mentre Vito Tisci, nella Premessa, parla di Addolorata (nel libro l’attrice Lia Cellamare presta la sua maschera alla protagonista in alcune foto di Raffaella Fasano) come un personaggio che sta a metà fra la simpatia di Luciana Littizzetto e la comicità di Oronzo Canà. La promessa, come da ritratto nella quarta di copertina, con la stessa Cellamare che inalbera una bandiera del Bari (vuoi vedere che…), che si tratta della prima parte di una trilogia. Una minaccia per un calcio tutto al maschile. Christian Montanaro “L’allenatrice” (pp91, Adda Editore, € 10,00)
Michele Sardone “Favola di una leonessa che non sapeva ruggire” (pp 124 euro 5,00)
Duecentonovantanove. Perso nell’oceano di Wikipedia questo numero ricorda un evento. Dieci anni fa, al termine del campionato di Eccellenza pugliese, una squadra di calcio aveva incassato un gol in meno di 300. In una sola stagione calcistica. Era il Leonessa, una squadra di Altamura che, in poche settimane, divenne fenomeno mediatico. A livello nazionale. Giusto dieci anni fa, a giugno del 2008, le imprese di quel club che pareva partorito dalla penna di Eduardo Soriano, furono immortalate da un agile volumetto, coordinato da Michele Sardone. Proprio da una lettera piccata alla “Gazzetta” del calciatore-dentista, che poi sarebbe divenuto il leader della “squadra che perdeva sempre”, nacque il fenomeno Leonessa. I suoi calciatori divennero protagonisti di racconti sul Messaggero, sul Giornale, sulla Gazzetta dello Sport, a Rep Tv. E ancora, a Striscia la notizia, sulle tre reti Rai e ovviamente su tutte le tivù locali. Dopo aver visto all’opera i “dopolavoristi” allo stadio Della Vittoria frantumai dal Liberty, scrissi parole non proprio lusinghiere. Sardone se ne risentì e invocò – molto civilmente, a dire il vero – l’intervento del direttore. Da lì nacque un’intervista e, probabilmente, il fenomeno stesso. Favola di una leonessa che non sapeva ruggire è stato il reportage di una goliardata domenicale sui campi di calcio. Una sorta di “Amici miei” consapevoli che lo scherzo sarebbe stato giocato a loro stessi. Una goliardata che pian piano si trasformò in capolavoro: un occulto regista s’era impadronito della vicenda e la guidava con mano ferma e tocco d’artista nei teatri pallonari della Puglia e poi sui prosceni di televisioni e giornali. I social non erano ancora diffusi, sennò la grancassa avrebbe creato ancora più frastuono. Michele Sardone, altamurano doc, odontoiatra, ha cinquant’anni. L’invenzione di quell’artificio calcistico e poi mediatico e infine letterario è un po’ merito suo. Condiviso con i compagni di quell’avventura che vide, all’epilogo, la partecipazione di una guest-star, come avviene al cinema: Totò Schillaci, tesserato (forse) e schierato nell’ultima partita del campionato. Con lui Massimo Martelli, oggi tra i dirigenti della Team, in Serie D, Giuseppe Clemente, il povero portiere Giambattista Losito, santermano che allora aveva 17 anni. E Paolo Cappiello, uno dei più noti commercianti altamurani, che a San Domenico sfida Donadoni a golf: a 47 anni si mise in gioco consapevole che la squadra sarebbe stata sempre sconfitta, ma anche che la zampata della leonessa sarebbe stata vincente con le unghie dell’ironia.
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I 45 SPAREGGI
BR CALCIO E DINTORNI
il
IL TRAVERSONE Venanzio Traversa
Guai se non centrassimo la Serie A
L’anno venturo ci troveremmo davanti nell’ennesimo nostro torneo dei Cadetti (strano dove Cadiamo spesso…) un Benevento ed un Verona ancora più tosti. Più la terza retrocessa, Cagliari o Crotone? Tra le nuove arrivate il Livorno dell’ex, il brindisino Vantaggiato i cui brindisi antiBari sono stati per noi sempre amari. Attenti poi al Padova che respira la stessa aria salubre del vicino Cittadella squadra impermeabile in casa e quasi sempre vittoriosa in trasferta. Né dobbiamo dimenticare che non potremo più chiedere miracoli a Sant’Antonio perché com’è giusto dovrà farli solo per la squadra della città che lo ospita da secoli. Infine il Lecce le cui “buone intenzioni” verso Bari ed il Bari sono arcinote sin dai tempi del Calcio-scommesse. Quindi prepariamoci ai due incontri muniti di tutti gli amuleti anti-jettatorii possibili. In più energiche, discrete gratttatine nelle zone meridionali del nostro corpo. Gli auguri dei salentini ai biancorossi sono micidiali. Peggio della Xylella.
Bari, ora vincere è il tuo “Carpy Right”
Perciò mio caro Bari ora ti tocca vincere tutte le partite a cominciare da stasera contro l’ostico Cittadella. E così tutte le altre se vuoi porre la prima pietra del tuo ritorno in Serie A. Mai come adesso la squadra è apparsa in ottima forma. Dai Tre Moschettieri (Brienza, Nenè, Henderson) al quarto il risorto Galano. In grande strepitosa forma in difesa anche il portiere Micai, i centrali Marrone e i due stranieri insieme agli esterni Anderson e Baldovec. Ci aggiungiamo perché allo stesso livello di rendimento Cissè, Iocolano, Tello, Petruccione e Improta. La vitttoria sul Carpi ti ha offerto un Carpy Right sicuro. Il resto dovrà farlo il pubblico dei tifosi altro importante protagonista con il suo sostegno ed entusiasmo. La dirigenza infine invitata a fare chiarezza e ad allontanare certe ombre inquietanti.
Galano e Sabelli già molte le richieste
Al di là di quanto hanno o non hanno combinato di buono nel Campionato appena finito i due nostri biancorossi meritano davvero la Serie A. Già fioccano le richieste.Sarebbe ora per Galano. Si accontenterebbe però di tornare nella squadra della sua città natale. Sabelli meglio se in una squadra appena promossa. Tocca adesso alla bravura dei collaboratori di Sogliano di trovare per i due la squadra nuova che si meritano. Naturalmente consentendo al Bari di realizzare un buon affare.
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Meglio il Presidente de-ferito… Com’è noto Il Presidente del Bari Giancaspro è stato deferito due settimane fa al Tribunale Federale della Federcalcio per le mancate risposte richieste dalla Covisoc su problemi del Club riguardanti quesiti previdenziali e fiscali. Come andrà a finire non so. Comunque meglio de-ferito Giancaspro che de-morto il Bari (pur decurtato di punti preziosi) ora che sta per affrontare i play off. Ma dico tutto questo non era stato previsto con le conseguenze che avrebbe comportato ? Ma perché i dirigenti del Bari vanno a cacciarsi in certi guai? Non si rendono conto che così ledono l’immagine della nostra città?
Un Quartetto d’Orchi davanti a Micai
Forse il problema più importante per Grosso nell’allestire la formazione di stasera sarà quello dei quattro difensori da mettere davanti a Micai. Ci vorrà un Quartetto non d’Archi musicale per tranquille esecuzioni da camera, per sonate senza fughe in avanti. Sarà invece necessario un Quartetto d’Orchi, cioè quattro difensori arcigni, “cattivi” quanto basta tra i migliori del pacchetto difensivo. Grosso dovrà scegliere e poi miscelarli in campo pescando tra Sabelli, Marrone, Anderson, Giomber, Baldovec e D’Elia. Quattro uomini che dovranno fare sbarramento alle incursioni dei pericolosi attaccanti cittadellini. Fare tesoro e non trovarsi in imbarazzo come si sono trovati all’inizio i difensori biancorossi di Bari-Carpi i quali ancora una volta insieme al pubblico dovranno dire grazie alle spericolate intuizioni di Micai.
Se il Bari Club vorrà un altro Stadio
Se il Bari targato Giancaspro sostenuto a furor di tifosi vorrà potrà chiedere al Comune di tornare a giocare nello Stadio della Vittoria rimesso a nuovo sin dalle prime partite dal girone di ritorno. Otto mesi saranno più che sufficienti per ristrutturare il glorioso stadio che si porta bene i suoi oltre ottant’anni di vita. Sarebbe l’ideale per il pubblico che potrebbe essere più vicino ai giocatori, l’ideale per gli spostamenti e per i parcheggi della vicina Fiera del Levante oltre a tanti comodi usi specie se il Bari l’anno venturo avrà la fortuna di giocare in serie A. Ci pensi il Sindaco De Caro e ci pensi anche il Presidente del Bari. Sarebbe l’ideale, un modo per non abbandonare all’incuria generale, non far morire un vecchio e glorioso impianto simbolo anche d’una accettabile architettura di regime.
1928
Bari – Atalanta Biellese – Bari Bari – Pistoiese Atalanta - Bari Bari – Biellese Pistoiese –Bari Pistoiese – Bari
1932
Bari – Brescia
1-0 2-0 4-0 6-0 2-0 4-0 2-0 2-1
1934
Sampierdarena – Bari 1-1 2-0 Bari – Vigevano 1-2 Perugia – Bari 1-0 Bari - Modena 1-1 Bari – Pro Patria Bari – Sampierdarena 4-0 2-0 Vigevano – Bari 2-1 Bari – Perugia 2-1 Modena – Bari 1-3 Pro Patria – Bari Sampierdarena – Bari 1-0
1943
Bari – Venezia Triestina – Bari Venezia – Bari
1954
Bari – Foggia Colleferro – Bari Bari – Prato Foggia – Bari Bari – Colleferro Prato – Bari Bari – Prato Bari – Colleferro Bari – Prato Cremonese – Bari Bari – Cremonese
1-1 3-2 3-0 3-0 1-1 1-0 2-5 2-2 3-0 1-1 2-1 5-0 2-2 2-0
1958 Bari – Verona Bari – Verona
1961
Lecco – Bari Bari – Udinese
1971 Bari – Atalanta Catanzaro – Bari
2004 Bari – Venezia Venezia – Bari
2014
Crotone – Bari Bari – Latina Latina – Bari
2016
Bari – Novara
1-0 2-0
4-2 0-0
0-2 1-0
1-0 2-0
0-3 2-2 2-2 3-4
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