Il Biancorosso n.11 - periodico de "La Gazzetta del Mezzogiorno"

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O BIANC ROSSO

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periodico di informazione sportiva de

Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno II numero 11 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano

L’intervista

L’analisi

Il personaggio

Il sindaco Decaro racconta i retroscena che hanno portato all’assegnazione del titolo sportivo alla famiglia De Laurentiis e spiega i motivi della scelta

Gran parte della rosa annovera elementi con vasta esperienza in serie C: eccezione straordinaria sono Valerio Di Cesare, Francesco Bolzoni e Franco Brienza

Questi sono tornei in cui corsa e cattiveria sono fattori fondamentali. I valori tecnici vengono dopo e solo in un secondo momento possono fare la differenza

LA MISSIONE IMPOSSIBILE

a pag. 6

SUPER SQUADRA TUTTI I SEGRETI

a pag. 8

DOUDOU: VI SPIEGO COME SI VINCE LA D

a pag. 12

BENTORNATO

BARI



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L’EDITORIALE

di Fabrizio Nitti

BARI, IL DESTINO È ANCHE NELLE MANI DEI TIFOSI L

a dimostrazione di forza fornita a Messina, sul campo di una diretta concorrente al salto in serie C, è solo il primo gradino di una lunga scala, un lungo percorso, che il Bari dovrà affrontare con calma e pazienza. Il ritorno al calcio giocato dopo mesi burrascosi, dopo la tempesta scatenata da Giancaspro capace di spazzar via il calcio professionistico a Bari e la sua lunga e fantastica storia, è stato di gran lunga al di sopra di ogni aspettativa. Ed ha già regalato nuovo entusiasmo e nuova fiducia a tutto l’ambiente barese. Che, in verità, aveva già accordato fiducia a chilometro zero alla squadra e alla società trasferendosi in massa sullo Stretto. Siamo pur sempre in un campionato dilettantistico e questo è davvero faticoso da digerire, senza voler nulla togliere ad altre importanti realtà calcistiche della categoria. Ma il Bari che vince, domina prepotente in trasferta, è un segnale importante. Un segnale che andrà coltivato e fatto crescere per aumentare la simbiosi spontanea nata fra città e la nuova identità calcistica. Chissà che, come si dice dalle nostre parti, da «sotto il guasto non venga l’aggiusto». E se per arrivare nuovamente al top ci sarà da soffrire, ingoiare trasferte mai tracciate prima, giocare su campi con mezze tribune e isolati, ben venga la sofferenza. Di solito si torna più forti di prima, 21 settembre 2018 anno II n. 11

come ha dimostrato il Parma rivitalizzato da una proprietà che, sprofondato in serie D, ha riconquistato addirittura la A nell’arco di appena tre stagioni. Nonostante il lungo ritardo con il quale la famiglia De Laurentiis è incolpevolmente partita, il nuovo club ha voluto far le cose per bene. Luigi De Laurentiis, il figlio al quale Aurelio ha deciso di affidare la rinascita biancorossa, è al lavoro per limare dettagli, per rendere la società più a portata dei tifosi, della città. Tante le iniziative in cantiere per far tornare a brillare di luce propria la «vecchia stella del Sud». Ma, intanto, ci sarà da continuare a vincere. A cominciare dalla prossima partita interna contro la Sancataldese, formazione della provincia di Caltanissetta vittoriosa nella prima di campionato, 3-2 contro la Cittanovese. Dobbiamo un po’ riabituarci a inquadrare gli avversari, a entrare in un’ottica completamente differente da quella alla quale eravamo abituati. Il campionato è questo e con questo bisogna fare i conti. Continuare a vivere nel passato produrrebbe soltanto altri disastri. Il destino del Bari, come ha detto coraggiosamente Cornacchini dopo appena una giornata, è nelle mani del Bari. E dei suoi tifosi. Che, nonostante la super squadra messa in piedi dallo staff tecnico, resteranno il dodicesimo uomo in campo. Per l’eternità.

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SOMMARIO

DECARO CORNACCHINI

il Biancorosso anno I n. 11 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81

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Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva

SANTALUCIA

BATTAGLIA

Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Michele De Feudis Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Fabrizio Nitti Vito Prigigallo Antonello Raimondo Fotografie Photo Saverio De Giglio Luca Turi A. Scuro Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci SSC Bari

AMARCORD

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Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)

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SANCATALDESE

GIANNUZZI

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21 settembre 2018 anno II n. 11



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L’INTERVISTA

DECARO

Gaetano Campione

«È STATA LA SCELTA MIGLIORE»

IL SINDACO E IL PRESIDENTE

Antonio Decaro e Luigi De Laurentiis durante la presentazione della squadra del Bari In alto a destra: i biancorossi al gran completo

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eglio di così, l’avventura verso la serie C non poteva partire. Adesso Antonio Decaro può finalmente sorridere e rilassarsi: l’autorevolezza messa in mostra sul campo del Messina, dalla squadra biancorossa, premia anche la sua scelta. Quella di consegnare il titolo sportivo nelle mani dei De Laurentiis. Tanto contento al punto di sottoscrivere il primo abbonamento. Sindaco, ha mai pensato di non farcela in questa che sembrava una missione impossibile? «Devo ammettere di aver avuto molto timore di sbagliare. All’inizio di questa complicata vicenda, in un momento di grande sconforto per tutti, ho sentito su di me tutta la responsabilità di una situazione che ha poco a che fare con la politica e l’amministrazione della città. Poi, però, ho pensato di affrontare, passo dopo passo, tutte le fasi con i tifosi, condividendo ogni passaggio con loro, incontrandoli allo Stadio della Vittoria e ascoltando dalle loro voci ciò che si aspettavano dalla nuova dirigenza. Direi che alla fine è andata bene». Cosa rappresenta il calcio per la nostra città? «È un patrimonio collettivo, un vero e proprio strumento di coesione sociale. Credo che il calcio e la passione per la nostra squadra siano un fattore identitario unico per i baresi. L’ho capito ancora di più in questi ultimi due mesi». Aurelio De Laurentiis è come un vulcano: litigate sempre? «Abbiamo cominciato litigando e credo che litigheremo ancora. Io dico sempre che fortunatamente il presidente del Bari si chiama Luigi, altrimenti sarebbe davvero difficile… A parte gli scherzi, credo che Aurelio sia una persona imprevedibile, e quindi diventa complesso relazionarsi a lui, ma una volta stabilito un rapporto vero, diventa tutto più semplice». Lei ha fatto la sua parte: ora cosa si aspetta dai baresi? «Nulla di più di ciò che stanno dimostrando da quando la Fc Bari 1908 non c’è più: tanta passione e sostegno per la squadra della nostra città. D’altronde, la nuova proprietà ha le giuste credenziali per far crescere l’entusiasmo intorno alla nuova squadra». «Quanto ritiene sia motivato Luigi De Laurentiis?». «È un imprenditore serio e strutturato, oltre che una persona molto intelligente. Sa bene di essere in una piazza importante del Sud e dell’Italia intera. Personalmente 21 settembre 2018 anno II n. 11


lo vedo molto motivato, pur essendo alla sua prima esperienza nel mondo del calcio. Ma è partito bene, ha voglia di dimostrare quanto la famiglia De Laurentiis, e lui in particolare, tengano al progetto Bari. Sono certo che saprà dimostrarlo». Le ultime vicende societarie hanno responsabilizzato la città nel vigilare e sostenere la squadra? «Credo proprio di sì, anche perché nessuno accetterebbe ancora ciò che è accaduto in questi ultimi anni. Immagini che, tra le tante richieste che mi sono pervenute di persona o via mail ed sms, la più gettonata è stata la voglia di trasparenza. E quando ho incontrato i 5mila tifosi nel vecchio stadio, ho visto nei loro occhi il forte desiderio di riprendersi ciò che è loro perché, sebbene la società sia privata, la squadra è un bene di tutti, non dimentichiamolo». Lo stadio. Quali progetti ci sono? Quello di riqualificazione è stato abbandonato? «Non vogliamo abbandonare affatto il progetto ma, di certo, per ora dobbiamo sospendere sogni e aspettative rispetto alla riqualificazione. Purtroppo, con una squadra che deve ripartire dalla serie dilettantistica non è semplice discutere o avviare iter così complessi da un punto di vista finanziario e infrastrutturale. Allo stesso tempo abbiamo fiducia che la società restituisca quanto prima tutto ciò che spetta alla storia calcistica cittadina e ai suoi tifosi. Ne riparleremo più in là». Pensa che con questa proprietà il Bari 21 settembre 2018 anno II n. 11

«IL PROGETTO DELLA FAMIGLIA DE LAURENTIIS È UN PERCORSO VINCENTE LA SERIE A? STAREMO A VEDERE»

possa cambiare la sua storia sportiva? «Penso di sì ma sarà il campo a dirlo. Quando ho contattato Aurelio De Laurentiis per testare un suo reale interesse per il titolo sportivo, l’ho fatto sapendo di potermi affidare a un imprenditore in gamba, che ha dato grandi prove e raggiunto risultati enormi in diversi settori, compreso quello calcistico. E credo di aver scelto il migliore tra i partecipanti». Scegliendo De Laurentiis si potrebbe bloccare il percorso del Bari verso la serie A? «Non credo, anzi. Il progetto della famiglia De Laurentiis è un percorso vincente. Non avrebbe avuto senso intraprendere questa nuova avventura se non ci fossero state le condizioni per poterla condurre al meglio. Ci vuole ancora molto tempo prima di arrivare in A, staremo a vedere». Lei ha detto che la proprietà di Lotito sulla Salernitana ha influito sulla scelta definitiva: non è lo stesso per De Laurentiis e il Napoli? «La mia scelta non è stata affatto semplice proprio per la caratura dei due imprenditori. Ma, anche in base ai consigli e ai suggerimenti della commissione che mi ha supportato nei lavori, abbiamo scelto De Laurentiis, anche perché, e sottolineo anche, non ha alcuna squadra di proprietà in serie B, una categoria di fatto molto più vicina alla nostra rispetto alla A. Sono sicuro che, fra tre anni, come tutti ci auguriamo, la famiglia De Laurentiis saprà trovare la giusta soluzione».

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L’ANALISI

SUPER SQUADRA CON TRE TOP PLAYER Davide Lattanzi Doverosa premessa per Roberto Maurantonio che, a 37 anni, corona il sogno di tornare nella squadra della sua città natale, nella quale non ha mai esordito nonostante la trafila nel settore giovanile. Gli toccherà un ruolo ibrido, a metà tra componente dello staff tecnico (preparatore dei portieri), ma, all’occorrenza, estremo difensore, qualora Cornacchini volesse rinunciare ad un under tra i pali, affidandosi ad un’assoluta garanzia. All’insegna dell’esperienza anche i centrali. Di Cesare il colpo ad effetto: il 35enne romano ha già giocato in biancorosso dall’estate 2015 a gennaio 2017 totalizzando 46 presenze ed un gol. È in serie positiva perché a Parma ha centrato il doppio salto dalla C alla A, onde poi essere finito fuori lista nel club emiliano. Fisicità, tempismo, tecnica ed anche capacità nell’inserimento offensivo per un elemento di pregio assoluto nel contesto. Accanto a lui si giocheranno una maglia Giuseppe Mattera e Luca Cacioli. 34 anni il primo che nelle ultime stagioni è stato punto fermo di quotati club di C come Ischia, Casertana, Benevento e Matera: preciso e puntuale in marcatura, è capace di far anche ripartire l’azione. Veterano della categoria è Cacioli che l’ha vinta svariate volte, anche a Parma due anni fa.

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DIFESA

Luca Cacioli

Una super squadra con tre top player. Il nuovo corso avviato dalla famiglia De Laurentiis ha fatto le cose in grande per fare in modo che la serie D diventi solo una breve parentesi, nonché il primo gradino di una poderosa scalata verso il paradiso. Un dato, infatti, emerge in maniera preponderante: escluso il difensore Cacioli, nessun calciatore biancorosso è stato in Lega Nazionale Dilettanti nell’ultimo torneo. Gran parte della rosa baTutto ruota attorno CENTROCAMPO a Francesco Bolzoni, 29 anni, cresciuto nell’Inter e transitato da Frosinone, Siena, Palermo, Novara e Spezia, sempre da protagonista, sempre tra A e B. Ha accettato la scommessa più ardita, evidentemente convinto dal progetto. Di pregio, però, sono anche gli innesti di Andrea Feola (26 anni) e del 27enne Zaccaria Hamlili (di origine marocchina, ma di nazionalità italiana): entrambi vantano oltre 100 presenze in serie C. Nel reparto va contato a tutti gli effetti Franco Brienza, la vera “chicca” regalata ai tifosi: il 39enne di Cantù è l’unico superstite della Fc Bari 1908 andata in default. Il legame tra un passato di sofferenze ed un presente di rinascita. Lui, in ogni contesto, è sempre stato una luce che verrà irradiata, con ogni probabilità, da quella posizione di mezzala offensiva, ricoperta nell’ultimo torneo. Con lui, il 4-3-3 può evolversi in 4-2-3-1. 21 settembre 2018 anno II n. 11


rese, infatti, annovera elementi con vasta esperienza in serie C: eccezione straordinaria, poi, sono Valerio Di Cesare, Francesco Bolzoni e Franco Brienza che nello scorso campionato hanno militato in serie B vantando, in generale, brillanti carriere svolte quasi esclusivamente nei primi due campionati nazionali. E allora, secondo il 4-3-3 di Giovanni Cornacchini, ecco, reparto per reparto, come è costruito il Bari edizione 2018-19. Pazzesco per qualità e varietà di scelte. Il bomber designato è Simone Simeri, 21 gol in D con la Caratese due anni fa, undici in C nello scorso torneo con la Juve Stabia. In molti giurano che fosse pronto per la B: non è un ariete, ma fisicamente è compatto e aiuta lo sviluppo della manovra senza relegare il raggio d’azione all’area di rigore. Di lusso pure Demiro Pozzebon, in grado di agire da centravanti o seconda punta, stabilmente in C da quattro anni. Fantasia e velocità sono assicurate dagli esterni: Mauro Bollino è andato addirittura in doppia cifra in C alla Sicula Leonzio, Samuele Neglia è stato un idolo a Siena. Nota a margine per Roberto Floriano, altro nome pesantissimo: il 32enne proveniente dal Foggia (in B) ha colpi da lustrarRoberto si gli occhi. Floriano 21 settembre 2018 anno II n. 11

ATTACCO

Gli under È la batteria tutta da scoprire, ma i giovani sono decisivi. Basti pensare che in quattro (un ’98, due ’99, un 2000) vanno schierati per gli interi 90’. Dal Napoli arrivano il portiere Marfella (già vincitore della D con la Vis Pesaro), il terzino sinistro D’Ignazio, l’esterno Liguori. Ottime referenze pure per il terzino destro Aloisi, per il “millenial” Piovanello, per l’esterno Langella o il centrocampista Rozzi. Da seguire pure i vari Mutti, Gioria, Nannini. Ognuno di loro ha la chance della vita. E non vorranno sprecarla. Luigi D’Ignazio

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L’ALLENATORE

CORNACCHINI

IL VOLO DEL CONDOR Francesco Damiani

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a fama del vincente nei campionati minori, Giovanni Cornacchini se l’è costruita soprattutto vincendo la serie D alla guida dell’Ancona. E i De Laurentiis gli hanno chiesto (eufemismo, in realtà gli hanno praticamente imposto) di rivincerla con il Bari. L’esordio è stato più che positivo con il netto 0-3 di Messina in una gara dalle mille insidie a cominciare dalla categoria che il Bari non frequentava da parecchi decenni e da una squadra totalmente rinnovata. In più, alle spalle, la nuova società si è lasciata mesi di dubbi e incertezze post fallimento e la rinascita non è mai un’operazione facile e immediata. Per trionfare ancora gli servirà anche la caratteristica principale di quando giocava. Lo chiamavano il Condor per la sua abilità di avventarsi su ogni pallone e di buttarlo in rete. Fisico non certo da corazziere, Cornacchini stava lì ad aspettare l’occasione giusta per battere il portiere avversario. Una cosa che gli è riuscita 190 volte in 541 presenze disseminate in tutte le categorie, dalla serie A in giù con cinque titoli di capocannoniere in serie C. Ad alti livelli non è mai stato protagonista (la sua avventura al Milan è durata soltanto tre partite, ma davanti aveva mostri sacri come Van Basten e Gullit) ma è riuscito comunque a vincere uno scudetto con i rossoneri. Più significativa l’esperienza al Vicenza dove

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QUESTO IL SOPRANNOME DA GIOCATORE PER LA SUA ABILITÀ DI AVVENTARSI SU OGNI PALLONE E DI BUTTARLO IN RETE PER TRIONFARE ANCORA DOVRÀ NON MOLLARE MAI

Cagliese, in serie D Cornacchini ha allenato anche Canavese, San Sepolcro, Civitanovese e Ancona. E qui la sua carriera subisce un’impennata. Con i dorici vince il campionato nel 2014 e per le successive due stagioni resta alla guida della squadra in Lega Pro. Lascia l’Ancona ma rimane ancora in terza serie con la Viterbese e poi con il Gubbio, ma in entrambi i casi non termina la stagione a causa dei cattivi risultati che gli costano due esoneri. Poi arriva la chiamata che potrebbe essere quella della vita. Perché il Bari, anche se in serie D, è tutta un’altra cosa. Può essere il trampolino di lancio o anche un’arma a doppio taglio. Aurelio De Laurentiis è stato categorico fin da quando è diventato proprietario. Il Bari in queste serie deve essere solo di passaggio. Sulla carta la squadra è

LA CARRIERA ha conquistato una coppa Italia allenato da Guidolin. Da calciatore, è stato un vero giramondo e non è facile contare le squadre in cui ha giocato. Nel 2003, appese le scarpe al chiodo comincia subito ad allenare nell’ultima squadra in cui ha giocato, la Cagliese, in serie D. La sua esperienza da tecnico si ferma alle categorie inferiori, non è mai andato oltre la Lega Pro e proprio questo suo curriculum deve aver convinto i De Laurentiis a puntare su di lui, profondo conoscitore del calcio minore dove comunque ha fatto molto bene raggiungendo in più occasioni i playoff di Lega Pro e vincendo anche un campionato di Eccellenza con il Città di Castello. Oltre alla 21 settembre 2018 anno II n. 11

Profondo conoscitore del calcio minore ha vinto nel 2014 il campionato di serie D con l’Ancona. Poi ancora in terza serie con la Viterbese e con il Gubbio

attrezzata per fare benissimo, ma partire con un gruppo totalmente nuovo e con tanti under da dover comunque far giocare non è facilissimo. Dietro questa nuova avventura c’è tutta una città e tocca a lui, all’uomo di Fano farla sognare. Del suo pensiero poco sappiamo visto che da quando è arrivato a Bari gli è stato imposto il silenzio. Sappiamo che il modulo di riferimento è il 4-3-3. Soltanto a Messina è calato il velo che avvolgeva la squadra rimasta nascosta ai tifosi anche durante le amichevoli. Tutto questo rende ancora più spasmodica l’attesa della tifoseria che non vede l’ora di lasciarsi alle spalle gli ultimi due mesi e tornare a parlare di calcio giocato.

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L’ESPERTO

DOUDOU

CATTIVERIA E CORSA COSÌ SI VINCE

«IL BARI NON DEVE COMMETTERE L’ERRORE DI PENSARE DI ESSERE IL PIÙ FORTE» 12

Antonello Raimondo

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uattro anni da calciatore, altri tredici da barese d’adozione. Diaw Doudou sbarcò in Puglia con una valigia carica di ambizioni. Si era messo in evidenza ad Ancona e il Bari appena retrocesso in B puntò su di lui per cercare l’immediata risalita nella massima serie. Erano tempi diversi, l’allora presidente Matarrese decise di puntare su Lello Sciannimanico, il tecnico che aveva fatto mirabilie sulla panchina della Primavera biancorossa. Non fu una passeggiata di salute, anche nelle tre stagioni successive. Doudou, cosa ricorda di quella esperienza? «Indossare la maglia biancorossa è stata una grande emozione. Grande piazza, pubblico caldo ed esigente. E poi quattro anni non sono pochi, anzi. Li ho vissuti tutti con grande intensità». Bari, poi, per lei rappresenta tanto altro. «Qui ho trovato l’amore. Qui ho costruito la mia famiglia. Mia moglie Simona (la figlia di Pino Raffaele, ex calciatore del Bari, ndr) mi ha regalato due figli. Insomma, non mi sento certo un ospite. Ricordo ancora la targa che l’allora sindaco Emiliano volle regalarmi nel giorno del mio matrimonio». Come ha preso la fine del calcio professionistico? «Malissimo, come tutti quelli che amano il Bari. Fino a poche ore prima del disastro ufficiale ero convinto che in qualche modo Giancaspro sarebbe riuscito a metterci una pezza. E invece...». Qualcuno sostiene che ripartire da zero possa avere anche dei vantaggi. «Credo anche io che possa essere così. A Bari il pianeta calcio era diventato qualcosa di eccessivamente complicato, per usare un eufemismo. Allora azzeriamo tutto e cerchiamo di porre le fondamenta per un futuro radioso». Il sindaco Decaro continua a essere convinto di aver affidato il club nelle mani migliori. «Avrei fatto la stessa scelta. De Laurentiis e Lotito rappresentavano le migliori opzioni. È gente che conosce il calcio, che sa come si gestiscono le società. L’esempio del Napoli è sotto gli occhi di tutti. Idem la Lazio». Gli addetti ai lavori parlano di una corazzata. «Sembra così anche a me. Ma i campionati si vincono a maggio. Sarà il campo a raccontare tutta la verità. Certo che la società ha fatto un mercato molto aggressivo». Lei ha conosciuto in prima persona il campionato di serie D per aver allenato 21 settembre 2018 anno II n. 11


il Gravina. Qual è l’errore che il Bari non deve commettere? «Di pensare di essere il più forte. Questi sono tornei in cui corsa e cattiveria sono fattori fondamentali. I valori tecnici vengono dopo. E solo dopo possono fare la differenza». Brienza ha scelto di chiudere con una decisione a effetto. A quarant’anni scendere in D, per giunta per la prima volta, non deve essere stato facile. «Si è chiuso un cerchio. La gente voleva a tutti i costi al suo ritorno e la società è riuscita a riportarlo alla base. Ora tocca a lui giocare e far parlare la sua classe». Sarà davvero il valore aggiunto o potrà incontrare qualche difficoltà? «Prima dovrà allenarsi bene e rimettersi in forma. Io sono convinto che uno col suo piede possa determinare i risultati spesso e volentieri. I calci da fermo in D sono fondamentali. E lui in questo è un maestro. Poi 21 settembre 2018 anno II n. 11

«UNO COL PIEDE DI BRIENZA PUÒ DECIDERE I RISULTATI SPESSO E VOLENTIERI»

mi sembra un ragazzo intelligente, sia in campo che fuori». Idem Di Cesare? «Ragazzi, parliamo di gente che ha vinto la serie B. I problemi possono essere solo di natura fisica e motivazionale. Di Cesare ha tutto per diventare un pilastro». E di Cornacchini cosa sa? «Poco. Ma se l’hanno scelto ci sarà un motivo. De Laurentiis non è certo venuto a Bari per vivacchiare. Vuole vincere e sa che da queste parti non accetterebbero altro». Quanto le sarebbe piaciuto ricevere una telefonata dal patron biancorosso? «Moltissimo. Ma non ho conoscenze specifiche con lo staff di De Laurentiis. E quindi si sono concentrati su altri nomi». La vedremo al «San Nicola«? «Sicuro. Resto un tifoso del Bari. E poi da uomo di calcio ho il dovere di guardare partite e conoscere il numero più alto possibile di calciatori».

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IL CALENDARIO / GIRONE D’ANDATA


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LA FOTO

21 settembre 2018 anno II n. 11


21 settembre 2018 anno II n. 11

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IL CALENDARIO / GIRONE DI RITORNO



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IL PERSONAGGIO

BATTAGLIA

SEMPRE A TESTA ALTA Filippo Luigi Fasano

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er gli ospiti sarà la partita della storia. Per i padroni di casa, quella del paradosso. Si sarebbe dovuta giocare ad agosto ma dopo qualche rinvio finalmente ci siamo: mercoledì 26 settembre Bari-Bitonto s’avrà finalmente da fare. L’appuntamento è allo stadio San Nicola, dove tante volte biancorossi e neroverdi, quando ancora non si chiamavano SSC e USD, si erano sfidati nelle partitelle del giovedì, divisi da almeno due categorie. Finiva spesso in goleada, ma c’era pure il gusto di togliersi qualche soddisfazione, fosse solo per dimostrare di essere all’altezza dei più quotati avversari. Come al Città degli Ulivi di Bitonto, dicembre di 15 anni fa, nel bel mezzo di una doppietta del cileno Valdes. Il 10 di casa è sulle spalle di Lorenzo Battaglia, barese di Carrassi, uno di quelli che oscilla fra il 5 e il 7 in pagella senza mai passare dal 6. Uno di quelli cui basta una giocata per farsi ricordare. A questo giro, ci riesce: dribbling stretto e tiro all’incrocio, imparabile. Gol. Splendido e inutile, mai più bissato in campionato. Il bene effimero della bellezza, anche nel calcio: «Di fronte c’era De Rosa, ci avevo giocato assieme a Palermo – ricorda il diretto interessato, che a 50 anni vive fra Torre a Mare e Noicattaro – ci tenevo a fare una bella figura. E comunque i gol ho sempre sempre preferito farli fare. Gli attaccanti con cui ho giocato non si sono

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DA ANTOLOGIA IL GOL SEGNATO AL BARI 15 ANNI FA QUANDO GIOCAVA NEL BITONTO OGGI INSEGNA CALCIO A SANTERAMO

mai lamentati». Per il Bari che riparte dai dilettanti, pugliesi contro solo in Coppa Italia. Che stagione sarà? «Difficile. Se il Bari vuole vincere, deve partire bene da subito. Deve ammazzare il campionato. In quel girone, poi...» Perché, cos’ha di particolare? «A livello organizzativo è massacrante, sia per la squadra che per i tifosi al seguito. Trasferte lontane, campi poco più che amatoriali, in certi casi» Serie D e fattore ambientale. Esiste ancora? «Ai miei tempi era molto peggio. Però ci sono ancora campi caldi, con accoglienze particolari. Sarà comunque un campionato di sacrificio» Meglio ripartire dalla C? «È giusto ripartire da dove ti mettono. E allora meglio la D, per tornare dove squadra e città meritano» Quali le avversarie più toste? «Quelle che hanno già dimostrato di poter dire la loro, in questo campionato. Squadre che hanno fatto bene l’anno scorso, come il Troina. O di grande tradizione come Messina o la “mia” Nocerina, che però non sembra attrezzata per il vertice» Servirà il fioretto o la sciabola? «I giocatori forti servono, eccome. Dove non arrivi con la condizione, soprattutto 21 settembre 2018 anno II n. 11


Chi è

all’inizio, ti aiuta l’esperienza. Occhio, però: il calcio di oggi è tanta corsa e poca tecnica. E contro il Bari ci sarà sempre un motivo più per dare il massimo» Quanto è grande il rischio di deprimersi dopo le prime giornate, al di là delle possibile vittorie? «È una batosta, ritrovarsi qui qualche mese dopo aver giocato i playoff di B. Però il Bari va seguito nel bene e nel male, in tutte le categorie. In quanti si sono ritrovati al Della Vittoria dopo il fallimento? Mille? Duemila? Me ne sarei aspettati molti di più. A proposito, sarebbe stato l’ideale, ricominciare dal vecchio stadio. Peccato non ci fossero le condizioni» Ha girato l’Italia senza mai ripassare da Bari. C’è stata l’occasione? «Sembrava dovessi tornarci quando ero a Palermo, in uno scambio. Non se ne fece nulla. Meglio così, è sempre difficile essere profeti in patria» Il treno perso? «L’ultimo a Genova. A 29 anni, in serie B. Poteva essere la consacrazione definitiva. Ma mi feci male al crociato» Prima, invece? «Arrivavo da Nocera, dove sono un idolo ancora adesso. In Coppa Italia giochiamo contro la Juve. Ci provo una volta, palla fuori. Terzo minuto di recupero, parto in slalom con le ultime energie. Difensori saltati come 21 settembre 2018 anno II n. 11

«SE VUOI VINCERE LA SERIE D DEVI PARTIRE BENE DA SUBITO DEVI AMMAZZARE IL TORNEO»

Su punizione e in serpentina, persino da calcio d’angolo. Rigorosamente di sinistro. Quelli di Lorenzo Battaglia, nato a Bari il 23 aprile 1968, sono sempre stati gol d’autore. Uno che ha segnato, ma soprattutto fatto segnare, dalla B in giù. Cresciuto nella Puglia Sport senza mai debuttare nel Bari, nel 1989 trascina il Campania Puteolana alla vittoria del campionato di C2, vincendo il Guerin d’Oro come miglior giocatore del campionato. Un anno che gli vale il salto doppio fra i cadetti, prima ad Avellino e poi a Palermo, non prima di aver centrato in rosanero l’accoppiata campionato-coppa di C. Ma è con la maglia della Nocerina che Lorenzo dà il meglio di sé, dal 1995 al 1998 (27 reti in tre stagioni), senza negarsi una nuova parentesi in B, nel Genoa. Trequartista e all’occorrenza seconda punta, Battaglia fa tappa anche a Torre Annunziata, Viterbo, Catania, L’Aquila (dal 2000 al 2003), Marcianise, prima di tornare in Puglia: di Bitonto, Altamura, Locorotondo, Bisceglie e Squinzano le maglie che si aggiungono a quelle di Noicattaro e Barletta, indossate in gioventù. In Promozione gli ultimi fuochi d’artificio, fra Racale e Cerignola, prima di chiudere la carriera nel 2014 a Mesagne, da giocatore-allenatore.

birilli, porta spalancata, devo solo calciare. Ma perdo l’attimo e il portiere Rampulla si salva. Avessi segnato, saremmo passati noi. E per me sarebbe stata la svolta» Ora insegna calcio ai ragazzini. «Alleno gli under 15 a Santeramo, in una scuola calcio. Imparo e mi diverto. Una prima squadra? Mi piacerebbe, ma a modo mio. Sempre a testa alta»

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IL RETROSCENA

SANTALUCIA

QUEL MESSAGGIO CHE HA SALVATO LA CITTÀ

DIECI RIGHE PER SPIEGARE QUANTA VOGLIA DI RISCATTO E RIVINCITA COLTIVAVA QUESTA PIAZZA DOPO LE RECENTI DELUSIONI LA RISPOSTA: «SONO DISPONIBILE, PARLIAMONE»

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Michele De Feudis

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’avventura di Aurelio De Laurentiis con il Bari? Tutto è partito da una mail. L’ha scritta nelle convulse giornate in cui il titolo sportivo dei galletti era sulla scrivania del sindaco Antonio Decaro, dopo il flop nella partita della ricapitalizzazione firmato dai vecchi soci. Francesco Santalucia, imprenditore e gestore del Multisala Galleria, 41 anni, romano trapiantato a Bari, ha con una lettera fatto accendere al patron della FilMauro la lampadina del desiderio di acquistare il club (facendo così un piccolo sgambetto al rivale di sempre Claudio Lotito...). «Tutto è nato per gioco, una vera fatalità. Dopo il fallimento del Bari ho pensato di scrivere ad Aurelio De Laurentiis. Non avevo chissà che velleità, ma volevo dare un contributo alla salvezza del calcio in città. Gli ho presentato la situazione drammatica e ovviamente ho evidenziato le immense potenzialità della piazza sportiva. Lui mi ha risposto dopo due minuti». Dopo le gestioni precarie dei presidenti Gianluca Paparesta e Cosmo Giancaspro, ora in Via Torrebella c’è un patron dall’acclarato blasone, che dopo aver rifondato il Napoli lo ha portarlo stabilmente nell’Olimpo europeo, con la partecipazione alla Champions League. «Il giorno prima della pubblicazione del bando pubblico del Comune - racconta Santalucia - ho scritto ad Aurelio: “Caro presidente”. In dieci righe gli ho spiegato quanta voglia di riscatto e rivincita coltivava questa piazza dopo le recenti delusioni. Perché De Laurentiis? Ho pensato che fosse la persona giusta, dopo esser stato protagonista del progetto di rinascita del Napoli. E così mi sono messo a disposizione per facilitare eventuali contatti con il primo cittadino. Non pensavo nemmeno mi rispondesse». Il fato ha voluto che il presidente del club partenopeo raccogliesse subito il guanto della sfida. «Pochi minuti dopo - aggiunge ancora - ho letto la sua risposta: “Sono disponibile, parliamone”. Ho avvisato il sindaco Decaro e li ho messi in contatto. Poi non ho saputo più nulla». Fino all’aggiudicazione del titolo sportivo non c’è stato alcun contatto o telefonata. «Ho pensato anche ad un nulla di fatto. Lo stesso De Laurentiis ha raccontato che i rapporti iniziali con il sindaco sono stati burrascosi». Decaro era ad una riunione con gli ambulanti, De Laurentiis voleva parlargli in fretta. Il telefono aveva suonato a lungo. Il successivo contatto tra i due fu con lampi e tuoni, ma alla fine la scelta del sindaco - coadiuvato dalla commissione dei saggi composta dal 21 settembre 2018 anno II n. 11


LA GIORNATA MEMORABILE

A sinistra, il sidaco Decaro consegna ad Aurelio De Laurentiis il titolo sportivo della città In alto, padre e figlio protagonisti del riscatto biancorosso. Nella pagina accanto, l’imprenditore Santalucia

DIVISO TRA LA PASSIONE PER LA ROMA E QUELLA PER I BIANCOROSSI L’IMPRENDITORE SARÀ SUGLI SPALTI A TIFARE LA SQUADRA DEL CUORE E AL PRIMO FISCHIO D’INIZIO RIPENSERÀ A QUELLA MAIL SCRITTA DI GETTO IN UNA CALDA GIORNATA DI LUGLIO professor Domenico Costantino, dall’ex capo ultras Roberto Maffei e dal direttore generale Davide Pellegrino - è ricaduta proprio sul progetto del produttore cinematografico. Il giorno della conferenza stampa di presentazione della nuova proprietà, De Laurentiis ha citato Santalucia e così si sono incontrati al termine dell’evento: baci, abbracci e un “in bocca al lupo” per il futuro. Adesso l’imprenditore della multisala più glamour della città è in procinto di diventare un abbonato al San Nicola per vedere dalle tribune la nuova squadra di 21 settembre 2018 anno II n. 11

Giovanni Cornacchini. Diviso tra la passione per la Roma e quella per i biancorossi, Santalucia si è innamorato del Bari di David Platt e del calcio vincente di Antonio Conte, protagonista di una memorabile promozione nella massima serie. Il calciolibidine di Gian Piero Ventura è stato l’ultima parentesi di passione, poi la ferita del calcio scommesse… Adesso il nastro si riavvolge e si riparte: «Sarò sugli spalti a tifare Bari, e al primo fischio d’inizio ripenserò a quella mail scritta di getto in una giornata di luglio…».

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AMARCORD

65 ANNI FA

IL SUCCESSO IN IV SERIE Gianni Antonucci

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distanza di 65 anni due circostanze che si ripetono: il Bari e l’amministratore comunale. È noto quale rilevanza abbiano avuto di recente Sindaco e consiglieri per rilanciare il Bari precipitato in D. Era accaduta la stessa cosa nel 1953 dopo un campionato di D (si chiamava IV serie) finito nell’oblio. La nuova amministrazione dell’epoca, tramite un apposito comunicato, aveva pregato Andrea Somma (figura di primo piano nella storia biancorossa) di rimanere a reggere le sorti del club, almeno sino alla possibile soluzione della crisi. A fine campionato, a giugno 1953, l’intervento deciso dall’amministrazione comunale, creò l’avvenimento più importante nella storia del Bari: il sindaco Chieco, che l’anno precedente si era adoperato per assicurare a Lonero un contributo di oltre 12 milioni di lire per condurre a termine la campagna

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A NAPOLI IL BARI SUPERÒ IL COLLEFERRO INDOSSANDO LA MAGLIA CELESTE IN ONORE DELLA SQUADRA CAMPANA

acquisti, nominò una commissione formata da Somma, Manfredonia e Del Rosso, all’epoca direttore dell’ACI Bari, assicurando l’appoggio del Comune anche sotto l’aspetto finanziario. La commissione “dei quattro” fu affiancata da Tarsia Incuria assessore allo sport. Il compito era quello di sensibilizzare i rappresentanti delle categorie economiche e provvedere, quindi all’allestimento della nuova squadra e alla scelta dell’allenatore. Appena si sparse la notizia che il Bari cercava un tecnico, si offrirono, in una sola giornata, ben dodici allenatori, fra i quali: Bovoli, Pugliese, Tofani, Plemich, Migliorini, Mosele, Sentimenti II e gli ungheresi Winkler e Neu. A questi si aggiunse Arienti che tredici anni prima era stato giocatore del Bari. Si pensava che l’assemblea del 23 luglio sarebbe stata il palcoscenico di numerosi colpi di scena. Si vociferava che i vecchi soci 21 settembre 2018 anno II n. 11


avrebbero dato battaglia per una rivincita ritenuta indispensabile. Non accadde, invece, proprio nulla. Tutti si resero conto della necessità di affrettare i tempi per la rinascita della squadra. La tanto temuta battaglia fra vecchi e nuovi dirigenti non si verificò. Viceversa, dopo pacifiche discussioni si riuscì addirittura a seppellire giuridicamente il vecchio Bari e, quando in piena assemblea, fu chiesto - per il bene della squadra - di rinunciare ai vecchi crediti e alle relative quote vantate, nessuno si oppose: un atto di fede per il Bari. C’erano, quindi, una nuova società, un nuovo organismo solido, forte, sano. Dopo oltre tre anni di commissari straordinari, la società veniva gestita da un comitato di reggenza formato da due rappresentanti dell’amministrazione comunale, Zotti per i commercianti, Roca per gli industriali, Buonamassa per i macellai assieme a Somma, Manfredonia e Giorgio eletti tutti per acclamazione. Il vecchio Bari, ormai, era soltanto un ricordo. Risolto il problema della società ne restavano altri due, peraltro importanti: la squadra e l’allenatore. La sera del 24 luglio 1953 all’improvviso veniva comunicato che per la ricostituzione della squadra la società aveva accettato la disinteressata «collaborazione di Capocasale» al quale veniva affidato l’incarico di allenatore. Contemporaneamente Tarsia Incuria assumeva la presidenza del comitato della rinascita: in pochi giorni riuscì ad ottenere 30 milioni conducendo, assieme a Del Rosso – nominato direttore sportivo – una campagna acquisti a tempo di record, senza firma sulle cambiali, ma in contanti. Furono effettuati subito dodici acquisti su segnalazioni avute tramite allenatori, amici, personalità sportive e giocatori. Finalmente, non si comprarono, come nel passato, «gatti nel sacco». Ai residuati dei tornei precedenti furono preferiti giovani, fra i migliori di IV serie e serie C. Dal Torino, Del Rosso (piemontese d’origine) otteneva cinque giocatori: il portiere Buttarelli (29 anni per 2 milioni), il terzino 21 settembre 2018 anno II n. 11

IL TITOLO ITALIANO La squadra campione d’Italia della IV serie In alto, i dirigenti che conquistarono l’ambito trofeo Nella pagina accanto, i festeggiamenti per la vittoria del campionato

Ghio (22 per 2 milioni), il difensore Tomà (28 anni per 2 milioni), il centromediano Grani (23 anni per 7 milioni), il centravanti Santoni (21 anni per 2 milioni). Il presidente del Torino, Novo, assicurò i dirigenti del Bari che se qualcuno non avesse dimostrato tutti i requisiti necessari per un campionato impegnativo come la IV serie sarebbe stato pronto a riprenderlo, rimborsando la somma pagata per l’ingaggio. Assieme ai cinque del Torino arrivarono l’ala sinistra Lorenzetti (26 anni) e soprattutto il centravanti Gamberini (22 anni) segnalati dall’allenatore Mario Sandron e prelevati dal Modica (in Sicilia) per 2,5 milioni. Poi, su segnalazione di un colonnello dei Carabinieri, arrivò dall’Ascoli l’interno Mazzoni (22 anni) per 4 milioni e mezzo. Dal Perugia invece venne preso l’interno Moretti per 2,5 milioni. Dal Palo del Colle arrivò il mediano Perrone, di proprietà del Marsala, pagato mezzo milione. Infine Bretti e Sabbatini due graditi ritorni, assieme a quello di Maestrelli ormai 31enne, proveniente dalla Lucchese. Il girone meridionale era formato da 16 squadre di cui 6 pugliesi (Bari, Molfetta, Trani, Cerignola, Brindisi, Ostuni), 5 siciliane (Enna, Trapani, Nissena, Marsala, Gela), 4 calabresi (Reggina, Cosenza, Crotone, Paolana) e 1 della Basilicata (Matera). La preparazione, in un primo tempo fissata alla Selva di Fasano si svolse allo stadio con inizio il 20 agosto. Fu un campionato esaltante (con soli 18 giocatori utilizzati) concluso con la vittoria nello spareggio col Colleferro per la promozione in C. Era il 27 giugno 1954: a Napoli, nel vecchio stadio del Vomero alle 17, il Bari, indossando la maglia azzurra del Napoli, superava il Colleferro dopo una partita memorabile vissuta da 25mila tifosi in trepidazione. Una vittoria per 2-1 con due reti di Gamberini al 33’ del primo tempo ed al 39’ della ripresa contro l’unico di D’Angelo a tre minuti dalla fine.Quando Gamberini segnò il secondo gol, quello della matematica certezza, il massiccio esercito dei tifosi baresi dette sfogo ad una gioia incontenibile. Dopo aver archiviato la IV serie, i biancorossi scesero in campo per ottenere una medaglia e un nastro tricolore. Obiettivo centrato contro la Cremonese (due reti di Gamberini).

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BR L’AVVERSARIO

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SANCATALDESE

IL CALCIO COME VALORE SOCIALE Vito Prigigallo

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l giorno della presentazione ufficiale, nell’aula consiliare del municipio di San Cataldo, Peppe Mascara, il nuovo tecnico della Sancataldese, disse con la serenità di chi ne ha viste ben altre che un campionato di Quarta Serie: «Affronteremo uno dei campionati più difficili della serie D degli ultimi cinque anni. Abbiamo costruito una squadra di altissimo valore, grandi uomini oltre che giocatori. Speriamo di poter rappresentare la Sancataldese in modo corretto in ogni campo in cui andremo a giocare, cercando di portare tante soddisfazioni a questa città composta da belle persone e da cuori generosi. La domenica proveremo a strappare un sorriso al nostro pubblico. Lo faremo – concluse il nuovo trainer della formazione nissena – utilizzando lo sport come degno valore sociale per quelle persone che la settimana la passano a lavoro e poi vengono allo stadio con le proprie famiglie o con amici, per rendersi protagonisti di una sana festa dello sport». Un discorso da brividi. Che ammutta (spinge) il popolo sancataldese verso il “Mazzola” prima per l’esordio con i calabresi della Cittanovese, quindi per la sfida ad una delle big di seconda fascia del Girone I, la Turris. In mezzo, ci sta la sfida al Bari. La società è nelle mani di Giuseppe Diliberto, che l’ha riportata dopo molti anni a fasti non proprio antichi. Imprenditore edile che per un lungo periodo dell’anno si dedica ai suoi ulivi. Una passione che contraddistingue la sua famiglia da più di un secolo: «Ci stiamo prendendo delle belle soddisfazioni – disse in un’intervista -: abbiamo anche ceduto al Milan uno dei nostri giovani». Nell’estate 2016, infatti, l’allora 14enne Enrico Di Gesù, mise cuore e speranze nella valigia con un viaggio straordinario da Caltanissetta a Milanello. Si diceva del roster a disposizione di Mascara. Rafforzato poche ore prima dell’avvio del campionato con l’arrivo di Salvatore Cocuzza, attaccante palermitano 31enne, la scorsa stagione al Messina. In Coppa Italia la Sancataldese è uscita al turno preliminare: dopo il 2-2 dei tempi regolamentari, è stata battuta in casa dal Marsala, più preciso dal dischetto. In tale circostanza per gli ospiti hanno segnato l’ex Francavilla in Sinni Sekkoum e Fragapane, per i verdeamaranto, due volte a rincorrere, il terzino mancino Salvatore Maimone e il ventenne centravanti ivoriano Adamzaki Ouattara. A proposito. Il giovanotto, nero come l’ebano, ha vissuto in un centro di accoglienza di Catania. Chiese di giocare e il Cara Mineo, squadra della città ionica. Adam segnò a raffica: 45 gol. Giusto un anno fa venne tesserato dalla Sancataldese. 21 settembre 2018 anno II n. 11

STADIO NUOVO Il Calvario, nella San Cataldo alta, è il teatro della Scinnenza, evento della Settimana Santa che ogni anno richiama nella cittadina nissena folle di fedeli e pellegrini. In altri centri della Sicilia si chiama Mortorio. Tra il sacro e il profano, domenica 23 settembre, una delle tante squadre che rappresenta la provincia italiana più profonda, “scinne” al “San Nicola”. San Cataldo è popolato da poco più di 23mila abitanti e da quattro anni è guidato dal sindaco Giampiero Modàffari. Il club della Sancataldese Calcio, fondato nel 1945, durò un decennio. Nel ‘56 fu la volta dell’Unione Sportiva Sancataldese. Dal 1996 al 2002 ha militato nel Campionato Nazionale Dilettanti. Come Sancataldese Calcio è tornato in Serie D tre stagioni fa. I colori sociali sono il verde e l’amaranto, lo stadio è il “Valentino Mazzola”, con terreno di gioco in erba naturale. A dicembre dello scorso anno fu varato un progetto per la ristrutturazione dell’impianto che prevede la nuova copertura della tribuna. La novità è che il progetto è stato redatto a titolo gratuito dal primo cittadino e dall’assessore Larosa.

MASCARINHO IN PANCHINA

L’allenatore Peppe Mascara, quando giocava al Catania, ha segnato qualcosa come 58 gol. Il centrocampista di Caltagirone, a 39 anni, ha sostituito Rosario Marcenò sulla panchina della Sancataldese. Mascara, con la maglia rossoblù, ha confermato per un quinquennio di avere un feeling tutto particolare col pallone. Un sentimento che diventava gol. Soprattutto con le punizioni, l’ex Avellino, Palermo e Al Nasr riusciva ad esprimersi al meglio, disegnando traiettorie ingannevoli per portieri anche di valore assoluto, compreso Gillet, battuto al “San Nicola” (dove ha realizzato due reti per altrettanti successi etnei in trasferta: il 22 maggio 2004 e il 17 settembre 2005). Ma il suo gol più bello, quello che lo fece soprannominare Mascarinho, lo mise a segno a San Siro: un lob incrociato sinistra-destra che beffò Julio Cesar e che resta uno dei ricordi più belli di Peppe, fra l’altro tifoso dell’Inter.

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LA CURIOSITÀ

GIANNUZZI

IL CAMPIONE DEL MONDO DI PES 2018 Gaetano Campione

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l cuore resta biancorosso. Anche se la fede è bianconera. «Ettorito97», all’anagrafe Ettore Giannuzzi, 21 anni, di Giovinazzo, è il più forte giocatore del mondo, individuale e a squadre, di PES (Pro Evolution Soccer) 2018, la simulazione calcistica firmata Konami. Per gli appassionati è una leggenda, una specie di Cristiano Ronaldo nel mondo dei videogame, con un curriculum impressionante: iridato 2011, vicecampione 2010, 2014 e 2017, cinque volte in finale . E quando gli esport approderanno alla corte olimpica, c’è da scommettere che Giannuzzi sarà uno dei protagonisti. Ettore ha iniziato a giocare a 12 anni. Vedeva il papà e lo zio che si affrontavano senza esclusione di colpi. Ha provato anche lui. Con successo. La prima partita la perde contro un campione italiano per 3-2. Non male per un esordiente. La svolta nel 2008. Papà acquista la Playstion 3, «Ettorito97» sbarca on line ed è cavalcata trionfale. Fino a diventare giocatore professionista, conquistando un montepremi da più di 170mila euro. Partiamo con una curiosità: perché PES e non Fifa? «In casa si giocava con PES, sono diventato il più bravo e non ho più cambiato». Allora, come si diventa campioni del mondo? «Tanto allenamento, dedizione e voglia di vincere per dimostrare che sei il più forte. Dipende tutto dalla forza di volontà e da un po’ di qualità tecniche». Come è cambiata la sua vita? «Ormai sono un professionista e mi dedico solo a questo. Ogni anno che esce un nuovo gioco, cerco di stabilire altri record e di disputare nuove sfide. Gioco 2-3 ore al giorno, non di più. Diciamo dalle 7 alle 9 21 settembre 2018 anno II n. 11

DA GIOVINAZZO AL TITOLO IRIDATO DEL VIDEOGAME PES 2018 GIOCANDO CON I COLORI BIANCO ROSSI

partite al giorno, perché una formazione va testata, migliorata, adattata. Proprio come nella realtà». La dote più importante per vincere? «La testa. Quando si gioca bisogna cercare di dare il massimo, rimanendo concentrati e senza aver paura di nessuno. Sembrerà strano ma negli appuntamenti che contano l’adrenalina ti può far anche tremare le mani». Le Olimpiadi? «Se ai Giochi ci saranno gli esport, ci sarò anche io. Potrò dimostrare al mondo che questa disciplina non ha nulla da invidiare agli altri sport». Pregi e difetti di PES 2019? «Un pregio su tutti: è diminuita la velocità di gioco, sembra quasi di disputare una vera partita di gioco. Una cosa che non va: da quello che ho visto, le difese sono ancora troppo larghe». E il calcio vero? «Ho giocato, ma non sono forte come alla console». Il cuore biancorosso? «Inevitabile. Seguo il Bari, quando posso, anche allo stadio. Se ci sono i colori biancorossi nelle squadre dei videogiochi, le preferisco. Il titolo mondiale l’ho conquistato con l’Arsenal che ha gli stessi colori del Bari. La mia fede incrollabile però è juventina». Il calcio, meglio quello giocato nello stadio o alla Playstation? «Ci sono emozioni diverse da una parte e dall’altra. Forse, meglio lo stadio». Il futuro di Ettore? «Confermarmi campione del mondo con un’altra storica doppietta, vincendo il titolo iridato sia nella specialità uno contro uno che in quella tre contro tre».

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IL LIBRO

COME INIZIÒ Michele De Feudis “Football Club Bari. Le origini” a cura di Felice Giovine, edito dalla LB di Luigi Bramato, è un agile volume che consente di riconciliarsi con la passione calcistica biancorossa. Il punto di partenza è il pensiero devoto del pioniere del calcio barese Floriano Ludwig nel lontano gennaio del 1908 quando, nel retrobottega di un locale e insieme a pochi fedelissimi, fece nascere una delle passioni più radicate della città. Con scritti di Alfredo Giovine e foto che sono vere chicche per amanti della storica civica collegata allo sport si riscoprono motti antichi contro i lombardi («av’arrevà la dì quanne le melanìse, s’honne a sendì de frìisce de nonn-èsse barise») tipici di un genuino scontro tra campanili, mentre dettagliato è il racconto del calcio degli albori. La prima partita? Con tutta probabilità si disputò il 18 febbraio 1901 nello spazioso campo San Lorenzo (Corso Sicilia dirimpetto a via Pisanelli) oggi occupato da fabbricati: «Ad iniziativa del Club del Foot-Ball sorto da poco a Bari fra giovani studenti ebbe luogo ieri alle 16 nel Campo S. Lorenzo, gentilmente concesso dal generale di divisione, una gara di Foot-Ball tra undici inglesi del piroscafo Osiris ancorato nel porto e undici giovani baresi del suddetto club. Dirigeva la gara il prof. Giuseppe Pezzarossa». Chi furono i primi giocatori del Foot Ball Club Bari? Eccoli: «Floriano Ludwig (commerciante di tessuti), Adolfo Angeli (comproprietario della “Oss-Mazzurana-Angeli”, un’industria di oli al solfuro), Attoma (laureato in giurisprudenza e aiuto dello zio, il ben conosciuto notaio Attoma), A. Randi (funzionario di dogana, poi del Credito Italiano e in seguito della Banca delle Comunicazioni; andato in pensione, si trasferì a Milano), Barther (inglese, dipendente insieme con Bach, svizzero), Labourdette (francese e non spagnolo), Jovinet (francese, delle “Oliere e Saponiere Meridionali”), Gazagne (figlio del direttore della fabbrica citata), Ziegler (tedesco della Lindemann), Roth (figlio di Goffredo Roth, produttore di vini), Giordano (avvocato)». Insomma il Bari era già un crogiolo di etnie e mestieri. L’opera si chiude con la postfazione di Antonello Valentini, già dg della Federcalcio, e tra i più raffinati opinionisti baresi di calcio, molto amara sulla querelle Paparesta-Giancaspro: «Ma per chi da ragazzino seguiva gli allenamenti del Bari dietro la porta di Magnanini; si entusiasmava alle prodezze di Conti e Cicogna o alle illuminazioni di Fara e Lopez; ha partecipato ai famosi spareggi di Bologna e Napoli; faceva sega a scuola per non perdersi la De Martino del mercoledì pomeriggio; esultava per i gol di Mujesan e poi di Iorio, Protti, Tovalieri, Joao Paulo o Barreto; si è innamorato della linea verde di Catuzzi con baresi doc come Caricola, De Trizio, Loseto, Frappampina e Armenise; ha barattato fino all’ultimo in famiglia il Bari in tv con lo shopping o la gita domenicale; per chi – insomma – ha contratto in età giovanile il virus irreversibile di una maglia e dei suoi colori, questo nuovo sfregio ai sentimenti e alla passione è una pugnalata alla schiena». La conclusione di Valentini: «Povero Bari, verrebbe da dire. Ma la nostra storia non si cancella: niente e nessuno potrà mortificare l’orgoglio di una città e annullare la spinta di una tifoseria straordinaria. Non saranno certi personaggi a seppellire una fede. Forza Bari sempre, anzi più di prima».

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LE PROSSIME PARTITE domenica 23 settembre ore 15 bari-SANCATALDESE mercoledì 26 settembre ore 15 COPPA ITALIA bari-bitonto domenica 30 settembre ore 15 bari - cittanovese Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a:

ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it

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