Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno II numero 12 / â‚Ź 0,70 piĂš il prezzo del quotidiano
il
periodico di informazione sportiva de
O BIANC ROSSO
BARI
MANIA
BR
il
L’EDITORIALE
di Gaetano Campione
I MARZIANI SIAMO NOI A
ltri tre gol e siamo a 10 con uno solo (su rigore) subito. I fatti sono questi: i marziani (finora) della serie D siamo noi. Il Bari in campionato si fa perdonare lo scivolone in Coppa Italia col Bitonto, da archiviare come un singolo episodio, e avanza con la forza di un rullo compressore; finora un cammino senza sbavature. Segna e fa divertire giocando. Punta sugli unici due elementi in grado di riaccendere il fuoco della passione biancorossa, dopo le delusioni, i tradimenti del recente passato, i dubbi e le incertezze di una lunga estate. E i tifosi sembrano apprezzare l’alta qualità dei giocatori, rispetto agli avversari, esaltata e razionalizzata da un sistema di gioco organico: ai 7.340 abbonati si sono aggiunti 2.240 paganti. Si può fare di più? Certo. Si deve fare di più, le potenzialità ci sono tutte per una piazza che non vede l’ora di ritornare in alto. Anche gli scettici e i delusi non possono resistere alla seduzione di questo Rinascimento del pallone all’ombra del San Nicola. Occorre dare anche un segnale di rottura con i tempi che furono, chiaro e preciso da parte della città. I numeri ci ricordano due cose. Questo Bari è la squadra più attrezzata della serie D (d’altra parte bastava leggere la rosa per capirlo). Ma il talento da solo non basta, va incanalato in un sistema tattico. E a questo ci sta pensando l’allenatore. Infine, la fragile concorrenza degli avversari si sta già sgretolando come neve al sole. Insomma il Bari sembra non avere rivali, al di fuori di se stesso. 5 ottobre 2018 anno II n. 12
Cornacchini ha costruito la squadra viva e propositiva, non perdendo di vista l’idea della funzionalità, consentendo ai più virtuosi di giocare al meglio delle proprie possibilità. Ecco, allora, il Bari aggressivo e reattivo, pronto ad aumentare il ritmo in classifica (con due punti di distacco resistono solo Gela e Locri, mentre il prossimo avversario dei biancorossi, l’Igea Virtus, ha perso). Un gioco foto SSC Bari destinato a diventare ancora più fluido nel proseguimento della stagione. Colpiscono, inoltre, il gran numero di occasioni create, solo in parte concretizzate e uno scatenato Neglia, folletto difficile da fermare, veloce, imprevedibile. Giocatore con una storia d’altri tempi: è cresciuto nell’oratorio tirando calci al pallone fino a 14 anni, ha firmato un contratto da professionista con una società che due giorni dopo è fallita, uno dei pochi in grado di coniugare calcio e università (sta per laurearsi in psicologia). A lui dedichiamo il poster centrale di questo numero del magazine. C’è però un altro simbolo della determinazione di questa squadra da citare: Zaccaria Hamlili, centrocampista dai piedi buoni, emblema della grinta, della voglia di non mollare mai e di dare sempre il massimo che Cornacchini cerca di inculcare nei giocatori. Un giocatore riconoscibilissimo anche fuori dal campo, perché è l’unico a non avere tatuaggi e orecchini. Di questi tempi, una rarità. In questo numero de Il Biancorosso, infine, troverete un ritratto di Roberto Floriano, il nostro FR7, un altro valore aggiunto da copertina.
3
BR
il
SOMMARIO
EMILIANO
il Biancorosso anno I n. 12 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81 Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it
8 15
12
FLORIANO
20
A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Michele De Feudis Gianluigi De Vito Filippo Luigi Fasano Andrea Giotta Davide Lattanzi Antonella Poliseno Vito Prigigallo Antonello Raimondo Fotografie Luca Turi Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci Ansa Foto Sergio Scagliola SSC Bari
LA CURIOSITÀ
RIGANÒ IL POSTER
AMARCORD
18
Foto di copertina: Sergio Scagliola Foto poster: A. Scuro
22 JUNIORES
Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di Pubblicità Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari
24
A SPASSO COL BARI
29
Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)
4
5 ottobre 2018 anno II n. 12
INVESTI
NEI POSTI AUTO IN CENTRO A BARI PER UNA RENDITA DEL
7%
INVESTIMENTO SICURO E GARANTITO Via Marchese di Montrone ,16 Bari INFO TEL: 329.24.54.466 – 338.12.40.725 Email: studiobari365@gmail.com
BR
il
LAVAGNA TATTICA Davide Lattanzi
foto S. Scagliola
IL SARTO CORNACCHINI E I VESTITI SU MISURA
6
A
l suo posto magari in tanti starebbero comodamente seduti in panchina, attendendo un colpo delle tante star a disposizione. Un lusso che chi allena una fuoriserie come il Bari potrebbe tranquillamente permettersi. Giovanni Cornacchini, invece, non sta un attimo fermo. Studia, dà consigli, si arrabbia pure. Sì, perché il tecnico di Fano non vuole semplicemente vincere. Desidererebbe anche infondere un’anima alla sua creatura, sfruttare le doti della sua rosa coniugando un calcio piacevole e redditizio. E allora, in tre turni, spesso ha rivoltato il Bari pure nel corso dello stesso match adottando varianti in grado di agire sul modulo e offrire soluzioni più efficaci per trovare la via della rete. Un atteggiamento che lo presenta come allenatore analitico piuttosto che come integralista dipendente da schemi fissi. Ecco, allora, l’evoluzione del “suo” Bari nei primi 270’ della stagione.
5 ottobre 2018 anno II n. 12
IL 4-3-1-2
IL “FINTO” 4-4-2
Il modulo di partenza, il “vestito” prescelto con ogni probabilità in modo funzionale alla rosa che ha ricevuto in dono. Una decisione adottata soprattutto per esaltare esterni “super” per la categoria come Floriano e Neglia, non a caso già autori di cinque reti in due. Non solo. Un centravanti come Simeri è portato al dialogo con le ali: non è certo la prima punta d’area che attende il pallone senza partecipare alla manovra. Il 4-3-3 si sposa anche con la volontà di schierare due “under” nella posizione di terzini, così come i centrocampisti sono abbastanza duttili da interpretare a dovere sia lo spartito da mediani, sia quello da interni. Con tale assetto, ognuno è impiegato senza essere snaturato. Unica eccezione, la mezzala a centrocampo: Langella nasce come centrale puro, Piovanello come esterno offensivo. Entrambi, però, possiedono le doti per riciclarsi con prospettiva. A Messina, tutto scorre facilmente: Floriano e Neglia “spaccano” le fasce. Lo 0-1, in particolare, viene da un’azione sviluppata a sinistra e chiusa da Floriano sulla corsia opposta approfittando di una corta respinta del portiere.
La Sancataldese alla seconda giornata riesce almeno in avvio a contenere le corsie, raddoppiando su Floriano e Neglia. Cornacchini, allora, sfrutta la capacità delle ali di trasformarsi in seconde punte. Così, sposta a turno uno tra Floriano e Neglia in posizione di trequartista, avvicinando l’altro a Simeri. I frutti arrivano immediati: le prime due reti arrivano dal centro. L’1-0 con invenzione di Floriano per Neglia, il raddoppio con l’ex Foggia ancora devastante in percussione centrale e Neglia abile a trasformare dal limite dell’area. La “variante” va spesso in scena quando in campo c’è Bollino: il ragazzo prelevato dalla Sicula Leonzio, infatti, nasce fantasista, anche se non ha problemi a reinventarsi esterno.
Così lo ha definito il trainer dei galletti nel post partita con la Cittanovese. I calabresi, individuando in Bolzoni la fonte di gioco barese, decidono di “soffocare” il regista con una marcatura a uomo mutuata direttamente dagli anni ’80. La strategia, però, funziona perché il Bari fatica a costruire. Di qui, la decisione di aggiungere un centrale in impostazione: Hamlili, quindi, si trasforma da mezzala in mediano puro, Bollino diventa esterno a tutta fascia a destra, Piovanello da mezzala va a fare il tornante a sinistra, mentre Neglia va vicino a Simeri. È vero: occorre un rigore per sbloccare la sfida. Ma è altrettanto evidente che nel frattempo il Bari era riuscito a ritrovare logica tale da mettere pressione all’avversario. Ci sarebbe pure la difesa a tre fra le modifiche apportate dal mister barese. Tuttavia, la si è vista solo per pochi minuti nei finali di match, a risultato ampiamente acquisito. I lavori, però, proseguono: chissà che non rappresenti il prossimo step del Cornacchini pensiero.
5 ottobre 2018 anno II n. 12
foto S. Scagliola
IL 4-3-3
7
BR
L’INTERVISTA
foto Ansa
il
GIOVANNI LOSETO RAPPRESENTA LA MIA IDEA DELLA VITA “GIUANN DANG NU TUZZ”, UN MOTTO DI RIBELLIONE CONTRO LE INGIUSTIZIE LUI È DI BARI VECCHIA
EMILIANO
CASSANO MI HA FATTO PIANGERE
Michele De Feudis
L
a passione per il pallone del governatore Michele Emiliano è come un film di Quentin Tarantino, pieno di ricordi pop degli anni Settanta che costituiscono un ritratto nitido dell’Italia che cambia cadenzando le scadenze (anche) con i calendari delle partiti dei calcio. Emiliano, la sua prima partita? «Bari-Verona del 16 giugno 1968. Perdemmo 1-2 in casa e la promozione in A sfumò… Ho memoria nitida invece degli spareggi per il salto nella massima serie del giugno del 1971. A Bologna perdemmo con l’Atalanta 2-0 e a Napoli rimediammo una nuova sconfitta dal Catanzaro, per 1-0. Capii subito che la vita del tifoso biancorosso era lastricata
8
di sofferenze. Di quella trasferta però non possono non raccontare il contesto». Prego. «Mio padre aveva una 124 Sport giallo limone, una coupé scomodissima. Mio zio una Alfa 1750 amaranto. Con le auto piene di bambini fecero a gara per chi arrivava prima nella città felsinea. Altri tempi. Dovevamo alloggiare in un albergo spartano e quando mio padre provò a parcheggiare l’auto, il motore era così rovente che non si spegneva dopo aver girato la chiave…». Sugli spalti del Dall’Ara, che atmosfera si respirava? «Vidi i tifosi del Bari a torso nudo, scatenati. Quella biancorossa, al pari delle tifose21 settembre 2018 anno II n. 11
rie di Taranto, Lecce, Foggia e Brindisi, era una tifoseria genuina, di periferia, aggressiva, non raffinata come quelle del “centro”. Al ritorno - eravamo abbastanza “scornati” - ci trovammo con tutti gli autogrill senza roba sugli scaffali. Nel viaggio d’andata era successo di tutto. Poi non posso dimenticare, nel 1968-69, le magie di Fara nel Bari di Toneatto: era un calciatore unico, rotondetto ma con un i piedi faceva meraviglie». L’amore per il calcio è una eredità ricevuta da suo padre Giovanni? «Mio padre mi portava a tutte le partite al “campo” e soprattutto alle sue partite. Era stato un buon calciatore e dopo aver appeso le scarpette al chiodo, continuava a giocare 5 ottobre 21 settembre 20182018 anno anno II n.II 12n. 11
partite con le amici, nella Under 41. Disputava il campionato Uisp. Una volta andammo a fare una trasferta nei Balcani…». Nella vecchia Jugoslavia? «Mi sembrò di vivere in un film dei tempi del comunismo più cupo. Ma l’allegria stravolgeva ogni canovaccio predefinito. La sfida era una amichevole tra l’Under 41 e l’equipaggio del traghetto che collegava Bari con il Montenegro. E pensare che da magistrato poi mi occupai di una delicata inchiesta su alcuni traffici con quel paese slavo… La traversata verso i Balcani avvenne in passaggio ponte. Dormii tra i salvagenti. La partita poi si giocò su un campo di patate. Alla partenza per il ritorno ci fu una baruffa tra passeggeri e lì conobbi Elio Di Summa che si stava accapigliando con qualcuno. Elio è stato un grande amico di mio padre e uno dei miei primi sostenitori». Quale epoca del Bari considera la sua preferita? «Il Bari di Enrico Catuzzi, quello dei “baresi”, fu fantastico, eccitante. Poi anche quello di Eugenio Fascetti: andava sempre a spadroneggiare a San Siro contro Inter e Milan. E come non citare il gol di Antonio Cassano al San Nicola contro i nerazzurri». Dov’era quella sera? «In tribuna ovest inferiore. Dopo quel tacco mitico, mi misi a piangere. Fu un gol unico. Il più bello della carriera di Fantantonio. Allora correva ancora…». Il calciatore del cuore? «Ne ho tanti. Per sceglierne uno farò torto a quelli a cui ho voluto bene. Il “mio” è Giovanni Loseto, rappresenta la mia idea della vita. “Giuann dang nu tuzz”, un motto di ribellione contro le ingiustizie. È di Barivecchia. Quando il presidente Cosmo Giancaspro intimò nello scorso luglio di rimanere in ritiro, gli rispose di getto: “Presidè, non hai iscritto la squadra. Vattin va…”. Mi auguro che continui ad interessarsi del Bari. Tutta la famiglia Loseto ha dato molto al Bari, il fratello grande Pasquale marcò George Best». La magia dei luoghi del calcio. I tifosi biancorossi rimpiangono lo stadio della Vittoria. «Mi sembrava enorme. Ci mettevamo, da piccoli, dalla parte dove attaccava il Bari e nel secondo tempo cambiavamo settore, in fila indiana per seguire la squadra all’attacco sotto la curva opposta». Il San Nicola? «Da sindaco ho ospitato la Nazionale tre volte contro Spagna, Irlanda e Scozia. Era una stadio degno di questo nome. Ripa-
9
BR
L’INTERVISTA foto Ansa
il
rammo tutto, lo rendemmo agibile per la Nazionale. Spendemmo una sacco di denari. Abbiamo rifatto anche il manto. Dopo Berlino esponemmo la Coppa del Mondo in consiglio comunale». È stato in Germania per la finale contro la Francia. «Una avventura indimenticabile. Fui ospitato a casa di alcuni studenti universitari baresi nella capitale tedesca, perché non trovammo un albergo. Con mio figlio dormimmo in un sacco a pelo e ci disobbligammo donando ai nostri amici le felpe con la scritta Bari, commuovendo tutti. Fu una giornata unica anche per un’altro episodio». Quale? «Durante quella gara smisi di fumare. Per fare felice mio figlio chiesi i biglietti ad Antonio Matarrese. Speravo me li regalasse. Invece li pagai 600 euro l’uno, ma la gioia di mio figlio mi ripagò di tutto. Mentre ero lì mi chiamò Onofrio Pagone della Gazzetta per una intervista. Tentennai, dissi che se poi andava male, sarebbe stato un guaio. Alla fine l’intervista la rilasciai. E pregai San Nicola - che mi è sempre stato vicino in questi anni - di farci vincere, facendo il fioretto di non fumare più». Dopo il gol su rigore di Grosso… «La notte la passammo camminando per Berlino con un gruppo immenso di baresi. C’era anche Salvatore Tatarella, che mi dedicò poi una copertina del periodico Puglia d’Oggi: ero in prima pagina in una foto con 5 ottobre 2018 anno II n. 12
ERO A BERLINO PER LA FINALE MUNDIAL: SMISI DI FUMARE PER FAR FELICE MIO FIGLIO
felpa e stuzzicadenti. A Berlino vissi quelle ore con un gruppo di ragazzi di destra, che in aereo mi dedicarono tutte le canzoni patriottiche possibili… C’era il consigliere di An Salvatore Grisafi. Era senza biglietto. Lo ritrovai seduto accanto a me, con una ragazza. Era riuscito ad entrare senza acquistare il tagliando… Alla fine della partita lo stesso Grisafi per l’euforia scatenò una baruffa con tifosi avversari. E lo salvai, prendendolo con le cattive e portandolo via, perché la zuffa stava prendendo una brutta piega…». L’ultimo periodo del Bari è stato cadenzato dalle gestioni con troppe nubi di Gianluca Paparesta e Cosmo Giancaspro. «Gianluca è stato mosso da un amore sconfinato ma poi è finita come è finita. Non aveva la forza economica per gestire il club. Di Giancaspro non parlo». Ora c’è la famiglia De Laurentiis, con Aurelio come patron e il figlio Luigi presidente. «Ho un ottimo rapporto con Luigi De Laurentiis. Speriamo di riuscire a utilizzare il calcio per promuovere la regione. Lanceremo con tutti i club pugliesi e le ragazze della Pink un grande progetto di promozione della Puglia attraverso il veicolo delle nostre squadre in trasferta. Il calcio non può più essere ignorato, nemmeno dai radical chic: è una forma di spettacolo globale nel quale la Puglia può migliorare la propria immagine, veicolando le sue eccellenze».
11
BR
il
IL PERSONAGGIO
FR7 IL GOLEADOR
DEVASTANTE Filippo Luigi Fasano
M
etti un “sette” sulla schiena. Aggiungici la “erre” di Roberto, inverti le iniziali di nome e cognome ed il gioco è presto fatto. Facile ed immediato, anche tre categorie più sotto di Cristiano Ronaldo e della sigla-soprannome che lo accompagna. Per un tipo come Floriano è possibile declinarla anche a Bari e fra i dilettanti: FR7. Ripetetelo tutto d’un fiato: ‘effeerresette’. Suona affilato e seducente, forse più dell’originale. La prima volta si sorride, in un misto di tenerezza e compassione. La seconda un po’ meno, visto l’impatto deflagrante che l’attaccante cresciuto nell’Inter ha avuto sull’anno zero del calcio barese. Sua la doppietta al Picerno nella prima uscita pugliese, suo il primo gol del nuovo corso, a Messina, suo il sigillo sul
AZZURRO PER UN’ORA
12
Fra i 77 convocati da Giovanni Trapattoni in nazionale, dal 2000 al 2004, lui non c’è. Ma Roberto Floriano lo sfizio di giocare una partita in azzurro se l’è tolto. Anzi, fra gli azzurri. Succede il 7 settembre 2003, il mattino seguente al 4-0 rifilato al Galles a Milano, gara di qualificazione ad Euro 2004: tripletta di Inzaghi e rigore di Del Piero, tutto nel secondo tempo. L’indomani, all’allenamento di Appiano Gentile, la coppia-gol non c’è, assieme a tutti gli altri big scesi in campo a San Siro: fra gli altri, Buffon, Nesta, Cannavaro, Zambrotta, Vieri. Spazio dunque a chi ha giocato poco o nulla, nella partitella contro la Juniores Berretti dell’Inter. Nel 4-4-2 approntato dal Trap ci sono Abbiati fra i pali, Birindelli e Oddo terzini, gli ex biancorossi Legrottaglie e Ferrari centrali di difesa. E poi Fiore e Delvecchio centrocampisti di fascia, Gattuso e Tacchinardi nel mezzo, Corradi in avanti. Dieci in tutto. Ne manca uno, da pescare fra i giovani nerazzurri. E a 17 anni compiuti da meno un mese e con già un prestito a Legnano alle spalle, il puntello è lui, Roberto. Un sogno lungo meno di un’ora, due tempi da 25 minuti. All’Italia dei rincalzi bastano e avanzano per farne tre: Delvecchio e doppio Corradi. Il poker potrebbe servirlo proprio Floriano, ma ai suoi compagni proprio non riesce a dare un dispiacere. Ma va bene così. L’anno dopo ripartirà dalla D, con una storia in più da raccontare.
5 ottobre 2018 anno II n. 12
LA RETE COME SBOCCO NATURALE DI TUTTO CIÒ CHE GLI RIESCE NEL MEZZO: DRIBBLING E SPRINT SCATTI E STERZATE PER FARSI BEFFE DEI DIFENSORI AVVERSARI FLORIANO FA SEMPLICEMENTE LA DIFFERENZA QUEL TATUAGGIO PER RICORDARE LA NASCITA DELLA FIGLIA SOFIA poker al debutto al San Nicola. L’inizio e la fine, il gol come sbocco naturale di tutto ciò che gli riesce nel mezzo: dribbling e sprint, scatti e sterzate, gli unici modi che i 171 centrimetri di altezza gli consentono, per farsi beffe dei difensori. Parte sempre e comunque, Floriano, non appena la palla entra nel radar. Può averla fra i piedi o rincorrerla a dieci metri, lui accelererà e ci proverà comunque. A punteggio ancora da sbloccare o a risultato già acquisito. Una, cinque, dieci volte, senza risparmiarsi. Senza eccessivo riguardo per i propri muscoli, troppe volte sollecitati. E così succede anche di captarne i segnali di allarme, di fermarsi come contro il Bitonto, di saltare un turno. Per poi riprovare come prima e più di prima, come se nulla fosse successo. Ha da poco superato i 32, Roberto (è nato il 13 agosto 1986 nel Sud della Germania, ad Albstadt, a metà fra Stoccarda e il confine con l’Austria), ma non è sceso in D per sparare le ultime cartucce, tutt’altro. Fa semplicemente la differenza, come gli riuscirebbe ancora in serie C contro difensori nel pieno della maturità. Figuriamoci contro terzini under non ancora pronti a scalare e a tracciare diagonali. Fino a qualche mese fa ci riusciva pure fra i cadetti, con la maglia del Foggia. Gli è bastato uno scampolo di partita, l’ultima in rossonero, per rimandare la promozione del Frosinone. In casa altrui, ad un minuto dal novantesimo, a festa già imbandita. Un colpo sotto e la rete che si gonfia, il cucchiaio che sembra una mannaia, la curva del Parma che ne gode a 500 chilometri di distanza: «Din don, din don, intervengo dallo Stirpe che Floriano ha fatto gol». Segnare e farsi maledire, prima di passare, a distanza di anni, sull’altra sponda. Nei derby, soprattutto. E di nuovo in trasferta, dove gli spazi si fanno più larghi e golosi. Gli era successo al San Nicola, in un Bari-Foggia di Coppa Italia, ad agosto 2015. E prima ancora allo Zaccheria, a dicembre 2014, in serie C, siglando la vittoria del Barletta con la sua giocata preferita. Quella tipica dell’esterno offensivo a piede invertito: convergenza al centro da sinistra, sassata di destro. Addirittura da fuori area, quella volta. Il più bel regalo d’addio prima di tra5 ottobre 2018 anno II n. 12
IL VEZZO DI QUEST’ANNO DOPO OGNI MARCATURA: CERCHIA GLI OCCHI CON DUE DITA POLLICE ED INDICE PERCHÉ LO SPIEGHERÀ A FINE STAGIONE
sferirsi al Pisa, dopo un girone d’andata da protagonista (18 presenze, 6 reti): «Fece davvero molto bene - ricorda il suo capitano d’allora Alessandro Radi, che l’anno scorso ha vinto la serie D a Pesaro con i biancorossi Marfella e Cacioli ed è ripartito da Castelfidardo - Ci frequentavamo anche fuori dal campo, con le rispettive famiglie. Io, lui, Quadri e Cortellini, tutti compagni di squadra: lo chiamavamo Robson. Ancora oggi ci sentiamo spesso. L’ultima volta? Ad inizio stagione, quando gli ho fatto gli auguri. È un giocatore che può dare tanto al Bari». In bacheca, un campionato di Seconda Divisione, con il Tritium (2011), ed una Coppa Italia di serie C con il Foggia, nel 2016. Il meglio, in classifica dei marcatori, Floriano l’ha dato fra 2013 e 2014: 8 gol in 13 partite a Pistoia, subito dopo una ‘toccata e fuga’ in Bulgaria, e 19 a Mantova. Quindi, la Puglia, che fa già parte della storia di famiglia (il padre di Roberto è nato in Salento). Lascia il Foggia in C, dopo la rocambolesca finale dei playoff contro il Pisa di Gattuso, lo ritrova in B, con Giovanni Stroppa in panchina: «Un giocatore straordinario e un ragazzo strepitoso - ricorda il tecnico 50enne, ora a Crotone -. È stato veramente un piacere allenarlo. Ha qualità indubbie e l’ha dimostrato anche con noi. Pur non giocando con continuità, in allenamento non ha mai mollato. Oggi è un giocatore più completo: a Foggia ha fatto la seconda punta, e perfino la mezzala. Un gioco d’attacco non può che esaltarne le doti, di rifinitura e finalizzazione. Ma con la serie D, Floriano non c’entra proprio nulla. Come non c’entra niente il Bari». Tenuta permettendo, la doppia cifra è un traguardo decisamente alla portata del numero 7 biancorosso. L’ultima volta, fu a Carrara due anni fa: 11 reti, una ogni tre partite. Ma il gol più bello l’aveva realizzato già a novembre, con la nascita della figlia Sofia. L’ha immaginata bambina e se l’è tatuata sulla caviglia, con un vestito a pois ed un palloncino rosso. Ed il filo a disegnarne il nome. Il vezzo di quest’anno, invece, è dopo ogni gol. Cerchia gli occhi con due dita, pollice ed indice, ma non ha ancora rivelato il perché. Spiegherà a fine stagione, ha promesso.
13
BR
il
PUNTO DI VISTA
RIGANÒ
«I DE LAURENTIIS UNA GARANZIA» IN UN MOMENTO COME QUESTO SERVE TANTA FIDUCIA ANCHE SE I RISULTATI SI CONQUISTANO SUL CAMPO Antonello Raimondo
U
n bomber vero. Di quelli a cui nessuno ha regalato nulla. Uno dei pochi che in Paradiso, e cioè in serie A, ci è arrivato solo dopo tanta gavetta e tantissimi gol segnati in tutte le categorie. Cristian Riganò è un nome “pesante” per il calcio pugliese. A Taranto ha cominciato a farsi notare, alzando i gomiti come sanno fare solo gli attaccanti di razza. Ma è a Firenze che la sua carriera subì una vera svolta. Correva l’anno 2002 e il club viola si apprestava a disputare il campionato di C2 per via del crack provocato dalla famiglia Cecchi Gori. Trenta gol nella prima stagione, poi il salto in B grazie a un ripescaggio e la punta calabrese riesce a segnarne addirittura ventitrè. E ancora, l’esordio in serie A. E qualche soddisfazione: quattro gol nella stagione 2004-2005. Riganò, vede similitudini nelle vicende che hanno coinvolto Fiorentina allora e Bari oggi? «Le vicissitudini che hanno coinvolto il Bari mi ricordano moltissimo quel dramma sportivo di una grande squadra come la Fiorentina. Credo che i risultati possano essere molto simili. Ciò che fece la differenza ai miei tempi fu la qualità della famiglia Della Valle: quando hai una proprietà forte tutto diventa più facile. De Laurentiis rappresenta una certezza, un’eccellenza nel calcio. La gestione del Napoli è sotto gli occhi di tutti». Cosa serve in momenti come questo? «Fiducia, tanta fiducia. È necessario credere nel progetto. Un po’ quello che hanno fatto calciatori di livello come Di Cesare, Bolzoni o Brienza. Questa è gente che avrebbe trovato facilmente una situazione di prestigio. Ma se hanno detto «sì» a De Laurentiis vuol dire che credono non solo nel presente ma anche e soprattutto nel futuro. Hanno sposato un’idea. Io feci lo stesso nel 2002: avevo 28 anni e venivo da 43 gol segnati a Taranto in C1. Mi voleva mezza B, ma decisi per la Fiorentina perché ero convinto che mi avrebbe portato in A. E alla fine i risultati mi hanno premiato». Si è parlato tantissimo del girone del Bari. Lei che 5 ottobre 2018 anno II n. 12
idea si è fatto in merito? «Sul piano ambientale, le trasferte più ostiche sono sempre in Campania. In Sicilia, in particolare, il Bari non troverà un clima ostile: per molte squadre il confronto con i pugliesi sarà quasi una festa. Certo, in campo ci sarà da battagliare perché tutti daranno l’anima pur di battere una corazzata come il Bari. Sul piano tecnico, non ho dubbi: il girone H è il più complesso della D. Basti vedere da quanto tempo soffre il “mio” Taranto. Credete a me, è andata bene così». Se potesse fare un discorso ai calciatori del Bari cosa direbbe? «Di non commettere l’errore di credere di aver vinto il campionato solo perché indossano una maglia blasonata, oppure perché sono tecnicamente superiori a tutte le altre squadre. I risultati si conquistano sul campo, l’unico vero giudice. È più forte chi fa più punti degli altri, non chi viene indicato in estate come la squadra favorita». In passato si è parlato più di una volta della possibilità di un suo approdo al Bari. Cosa c’è di vero? «Tutto vero e per ben due volte. È accaduto sia nel 2002, quando scelsi Firenze, sia, soprattutto, nel 2008: mi voleva Antonio Conte in persona, ma non trovammo l’intesa: che peccato non aver partecipato a quella cavalcata in A con un tecnico così bravo come lui». I tifosi del Bari, insomma, hanno buone possibilità di dimenticare l’onta del fallimento. «Se la famiglia De Laurentiis ha compiuto un passo del genere, significa che pensa in grande. Senza nulla togliere a chi c’è ora, vorrei che anche il Taranto trovasse una proprietà del genere. Lo meriterebbe la città e anche la tifoseria. E la Puglia potrebbe tornare ai fasti del passato, magari anche grazie agli exploit di Foggia e Lecce che hanno tutto per poter riassaporare il calcio che conta».
15
BR
il
LA SQUADRA
I NUMERI Ovidijus SIAULYS
Luigi D’IGNAZIO
Giuseppe MATTERA
Luca CACIOLI
Valerio DI CESARE
Roberto FLORIANO
1
3
4
5
6
7
Età: 19 Ruolo: portire
Età: 20 Ruolo: difensore
Età: 35 Ruolo: difensore
Età: 36 Ruolo: difensore
Età: 35 Ruolo: difensore
Età: 32 Ruolo: attaccante
Zaccaria HAMLILI
Simone SIMERI
Franco BRIENZA
Samuele Roberto NEGLIA MAURANTONIO
8
9
10
11
12
16
Età: 27 Ruolo: centrocampista
Età: 25 Ruolo: attaccante
Età: 39 Ruolo: attaccante
Età: 27 Ruolo: attaccante
Età: 37 Ruolo: portiere
Età: 18 Ruolo: centrocampista
16
Nicolò ROZZI
5 ottobre 2018 anno II n. 12
DELLA ROSA ENRICO PIOVANELLO
ANDREA FEOLA
DAVIDE MARFELLA
COSIMO NANNINI
MAURO BOLLINO
LUIGI LIGUORI
17
21
22
23
24
27
Età: 18 Ruolo: centrocampista
Età: 26 Ruolo: centrocampista
Età: 19 Ruolo: portiere
Età: 19 Ruolo: difensore
Età: 24 Ruolo: attaccante
Età: 20 Ruolo: attaccante
ALESSANDRO MUTTI
NICOLA ALOISI
MATTIA GIORIA
CHRISTIAN LANGELLA
FRANCESCO BOLZONI
DEMIRO POZZEBON
29
30
32
33
36
99
Età: 18 Ruolo: centrocampista
Età: 19 Ruolo: difensore
Età: 18 Ruolo: difensore
Età: 18 Ruolo: centrocampista
Età: 29 Ruolo: centrocampista
Età: 30 Ruolo: attaccante
5 ottobre 2018 anno II n. 12
17
SAPRI (D)
RUOLO esterno offensivo seconda punta
1
gol
presenze
5
I (C2) MELF
8-2
201 presenze
24
gol
0 31
presenze
gol
3
DESTRO
Sul breve più che sul lungo, è spesso letale nell’uno contro uno
DRIBBLING
affaticato
57
presenze
gol
19 37
presenze
13
gol
VITERBESE (D)
1
gol
VITE R B E SE ( C) (C )
presenze
3
IS EN A
2014-2016 20 1 6 -20 2 17 0 17 2 01 8
) I (D BAR gol
) (C1 SE NE GA PA
(C2 )
13 -20 12 20 -2014 2013
2010 -2011 20 11 -20 12
PA GA NE SE
3
È il suo piede. Perciò parte da sinistra per calciare
VELOCITÀ
Più rapido che scattista, spesso lascia sul posto l’avversario
SINISTRO
Pur non essendo mancino, lo usa con disinvoltura
5 ottobre 2018 anno II n. 12
18
IL POSTER
BR il
019
SAMUELE
Ottima continuità di azione. Raro vederlo
RESISTENZA
PRESTANZA FISICA “tosto” nel contrasto, compatto, determinato
COLPO DI TESTA Compensa con il tempismo la mancanza di centimetri
NEGLIA
gol
25
27
Data di nascita: 11.08.1991 (27 anni) Luogo di Nascita: Torino Altezza: 167 centimetri Peso forma: 65 kg
27
presenze
5
PERSONALITÀ Non ha esitato ad assumere iniziative e responsabilità
FIUTO PER IL GOL
Si sta riscoprendo goleador mostrando freddezza e furbizia
19
5 ottobre 2018 anno II n. 12
BR
il
LA CURIOSITÀ
GALLETTO
STORY
20
Andrea Giotta
I
n principio era il biancorosso, poi un galletto ed ecco la maglietta identificativa del Bari o della Bari come la chiamano i più. Nel lontano 1908 una divisa color granata blouse ed un paio di calzettoni bianchi rappresentava l’embrione del calcio nel capoluogo pugliese, nel 1928 vengono ripresi i colori della città, e in più dalla matita del disegnatore del Guerin Sportivo Carlin Bergoglio, che stilizzò le mascotte delle principali compagini italiane, viene proposto per quanto riguarda Bari il galletto. Proposta poi rilanciata dal giornalista del Cinesport Alfredo Bogardo e, dopo un referednum cittadino, il galletto batteva la concorrenza di altri animali quali pettirosso o scoiattoli tra gli altri. In città l’idea piace e i tifosi si raccolgono sotto un gruppo denominato “All’ordine del galletto”. Disegnato ma mai apparso. Bisogna aspettare infatti quasi un decennio per vedere per la prima volta il volatile campeggiare sulla divisa barese: è il 1936 i biancorossi sono in A e sulle loro casacche ecco un ovale gigante con all’interno un galletto fiero e spavaldo dare la carica al popolo calciofilo, da considerarsi anche un porta fortuna visto che la squadra riuscì a conservare la categoria. Poi ben 43 anni di letargo, per tornare nel 1979, quando sulla maglietta prodotta dalla Pouchain ecco il nuovo logo del Bari, partorito dal designer Piero Gratton che dà vita a uno dei simboli più noti all’interno dell’araldica calcistica italiana, il galletto obliquo nero con cresta e becco rossi che accompagnerà le sorti dei biancorossi per ben 34 anni, divenendo il logo più longevo nella ultracentenaria storia barese. Gli anni 90 lo vedono inscritto all’interno di un ovale, per i 90 anni viene preparato un emblema celebrativo in cui è protagonista lo stesso animale ma questa volta è raffigurato per intero e di colore rosso. Nel nuovo millennio gli viene apposta la scritta “As Bari”, mentre con il fallimento pilotato ecco che l’opera del designer classe ’39 saluta le divise dopo anni di onorato servizio. La nuova proprietà nel suo logotipo lascia solo la cresta, rivolta a destra, un 5 ottobre 2018 anno II n. 12
NEL LONTANO 1908 UNA DIVISA COLOR GRANATA BLOUSE ED UN PAIO DI CALZETTONI BIANCHI RAPPRESENTAVA L’EMBRIONE DEL CALCIO NEL CAPOLUOGO PUGLIESE SOLO NEL 1936 IL GALLETTO APPARVE SULLE MAGLIE DEI GIOCATORI
Chi sono Andrea Giotta, Giovanni Sisto e Michele Spognardi, tre amici con l’hobby di collezionare maglie e cimeli del Bari calcio raccontando la storia della squadra attraverso le maglie 200 quelle recuperate rigorosamente indossate dai calciatori. Su Instagram c’è la pagina del gruppo mentre tra breve nascerà un blog su facebook dedicato.
5 ottobre 2018 anno II n. 12
IL NUOVO LOGO RIPRENDE IN CHIAVE MODERNA LO STORICO GALLO PER 34 ANNI SIMBOLO DEL BARI
nuovo galletto rosso sovrasta un pallone d’altri tempi in quello che sarà lo stemma del secondo fallimento biancorosso. Ripartiti dalla D i baresi ricominciano senza dimenticare la storia, a distanza di 4 anni il lavoro di Gratton viene ripreso ed interpretato in ottica moderna, in un ovale, per metà bianco e per metà rosso, simbolo di rinascita e di carica, come quella che ci hanno messo i tifosi baresi nell’incitare i loro beniamini in ogni epoca e categoria. Oltre a posizionarsi sul petto degli undici calciatori, la testa del galletto ha recitato, in ben due occasioni, un ruolo di protagonista anche in tutta la divisa barese. Nel 2006 ecco una banda con un occhio e una cresta sovrastare la casacca, nel 2012 in trama si vede la stessa mascotte così come era stata concepita da Gratton.
21
BR
il
AMARCORD
MORO IL GIGANTE DALLE CENTO BRACCIA Gianni Antonucci
N
ella storia ultracentenaria del Bari, l’unica vittoria a Firenze, (1948-49) in campionato (un’altra si è avuta in Coppa Italia nel 1984) è legata anche ad un nome da leggenda: Giuseppe detto “Beppe” Moro, peraltro un “ex” proveniente proprio dalla Fiorentina in cambio di Costagliola, altro leggendario portiere biancorosso. Parlare di Beppe Moro è come ritrovarsi in quella mitologia quotidiana fatta di ciò che si vedeva allo stadio, si sentiva raccontare e si leggeva sulle pagine di Bruno Roghi, giornalista di grande fantasia. Immaginava, questo antico cantore, che Moro fosse stato rapito da Apollo nell’Olimpo è allenato a lungo da Briareo, gigante dalle cento braccia, prima di andare per il mondo a sbalordire popoli di tifosi. Anni dopo Gianni Brera lo avrebbe descritto come il più dotato tra i portieri italiani: forse il “numero uno” di ogni tempo. Moro era arrivato a Firenze proveniente dal Treviso (1947) pagato 9 milioni di vecchie lire. Qui Moro conquistò le folle e costruì la sua leggenda fatta di favolose prodezze, teatralità e magia; le foto delle parate sono tra le più belle nell’icografia del calcio. Ma una carriera - come succede ai grandi artisti e ai geni sregolati - costellata anche di madornali distrazioni. Qualcuno che lo ammirava molto, mise in giro questa specie di apologo: la palla che gli
22
PER GIANNI BRERA ERA IL PIÙ DOTATO TRA I PORTIERI ITALIANI UN MAGO NEL PARARE I RIGORI
entrava in rete non era, per Moro, una palla che lo batteva, ma una palla che aveva torto; così lui non si preoccupava di fermarla, si limitava a lanciare uno sguardo di disprezzo a quell’intruso volgare in fondo alla rete. Alla fine del campionato, con grande sorpresa e infinite polemiche, rivelò il suo destino di nomade. Venne il giorno di Fiorentina-Bari, la gente corse allo stadio soprattutto per rivederlo: parava quasi tutti i rigori che gli tiravano contro. E quella domenica del 30 gennaio 1949, un invisibile regista preparava un copione perfetto per una partita che contava molto soltanto per il Bari. Partita rimasta memorabile. La Fiorentina giocò all’attacco per oltre un’ora e non riuscì a passare. Prese anzi due gol da Cavone e da Voros, in contropiede. Moro apparve di nuovo come Briareo, volando e respingendo decine di assalti. Invulnerabile, appunto. Il suo capolavoro lo realizzò a metà del primo tempo. Lui sembrava distratto e si lamentava con l’arbitro Camiolo per un colpo preso a un braccio quando Cervato, terzino della Fiorentina, da una ventina di metri tirò un bolide verso l’alto, a sinistra. Un lampo nero e Moro volando da un palo all’altro (proprio volando si legge nelle vecchie cronache) arrivò a deviare come lui solo sapeva fare, quel pallone. Beppe Moro era nato a Carbonara in pro5 ottobre 2018 anno II n. 12
RAGAZZINI TERRIBILI L’esultanza degli Under 16 che hanno collezionato finora 21 punti in campionato Sotto, l’allenatore De Luca
anche fuori dal campo di gioco. Infatti, mi capitava spesso di andare in colonna e di essere improvvisamente attaccato da cacciabombardieri nemici. In quei momenti, nessuno era più veloce di me ad inchiodare il camion e a buttarsi fuori. Voli di tre, quattro, cinque metri, dalla cabina del camion al di là del ciglio della strada. Mi guardavano tutti i compagni, più sbigottiti dei miei
vincia di Treviso il 16 gennaio 1921. Durante la sua lunga carriera, dal 1938 al 1956 (quando si esibì ancora a Bari - a 35 anni - per una gara di beneficenza) riusciva a parare ben 16 calci di rigore dei 44 avuti contro. I cronisti dell’epoca l’avevano ribattezzato “l’acchiapparigori”. Per la prima volta un calciatore biancorosso parlava nella sede Rai di via Putignani, a Bari con il popolarissimo Silvio Noto. «Allo scoppio della guerra, nel 1940 - le dichiarazioni raccolte da chi scrive - dal Treviso passai al Padova. L’allenatore Girani mi disse: “Beppe cerca di farti ricoverare in ospedale. Se ti riesce, penserò io a farti dare sei mesi di convalescenza. In tal modo potrò portarti al Modena che sta per cedere Sentimenti IV alla Juventus”. Mi trovavo ad Alessandria, alla caserma “Al Cristo”. Mi confidai con il mio tenente e lui mi rispose: “Moro faccio la guerra io, puoi farla anche tu!”. «Giocai una quindicina di partite nell’Alessandria, allenatore Baloncieri. Ma da Alessandria mi sbatterono in Sicilia, al fronte, dove rimasi fino allo sbarco degli alleati. Mi trovai di fronte agli inglesi. Dico di fronte solo per un riferimento strategico, perché non ho mai sparato un colpo. Ero a Licata, autista di camion dell’officina mobile pesante di assistenza ai carri armati. Beh ascolti bene: il portiere Moro diventò grande 5 ottobre 2018 anno II n. 12
NELLA STAGIONE 48-49 DIVENTÒ IL GIOCATORE PIÙ COSTOSO: PASSÒ DAL BARI AL TORINO PER 50 MILIONI DI LIRE
voli che delle raffiche di mitragliatrice. Ero terrorizzato, d’accordo. Ma credo che nessun portiere abbia mai fatto un allenamento come quello, scattando comunque, dovunque, all’improvviso». A fine torneo 1948-49, dopo una stagione giocata da campione, Beppe Moro oltre alla convocazione ed all’esordio in Nazionale (in Ungheria) diventava il calciatore più noto per il suo passaggio dal Bari al Torino (ricostruito dopo la sciagura di Superga) per ben 50 milioni di vecchie lire. Un trasferimento choc soprattutto per la valutazione assegnata al portiere. Il settimanale “Oggi” dedicò un articolo, a pagina 15, di Vittorio Buttafava: «L’affare più grosso concluso quest’anno nel giro di quel curioso mercato buoi che è la campagna di acquisti e cessioni di calciatori, tra un campionato e l’altro, riguarda il ventottenne Moro, portiere del Bari e della nazionale, acquistato dal Torino per 50 milioni, tradotti in pratica nella cessione del portiere Visco e in 30 milioni». Moro giocò altre 8 partite in Nazionale, restando due anni nel Torino passando poi alla Lucchese, finendo, comunque, la sua carriera fuori Italia dove cominciò (Africa settentrionale) l’attività di allenatore, esercitata anche in Italia col San Crispino di San Elpidio a mare (Fermo) dove, a gennaio 1974, morì a soli 53 anni.
23
BR
il
A SPASSO COL BARI
BARCELLONA POZZO DI GOTTO
LA SICILIA SPAGNOLA PER DUE STAGIONI FU ORONZO PUGLIESE IL MAGO DI TURI A DIRIGERE L’ORCHESTRA DI SERIE C LE GLORIE SPORTIVE PIÙ RECENTI SONO LEGATE AL BASKET LA GIAURRINA IL DOLCE DI STRADA A BASE DI MIELE E ZUCCHERO
IL MAGO DI TURI Oronzo Pugliese ha allenato per due stagioni la squadra siciliana in serie C
24
Gianluigi De Vito
O
ra che il fiume della storia di riscossa incrocia spesso gli affluenti di Sicilia del girone I, il carrozzone biancorosso, che accompagna ovunque i cavalieri del campo alla necessità della vittoria come riscatto, riapproda lungo lo Stretto. Non Messina in realtà, ma la sua città di provincia più popolata: Barcellona Pozzo di Gotto. Quarantamila e passa abitanti e quaranta chilometri più in là della morsa mitologica tra Scilla e Cariddi, verso la Palermo della Trinacria d’Occidente, nel cuore di quel golfo di Patti del Tirreno dove per secoli la Spagna imperiale colorò di giallo e rosso quasi tutto, lasciando timbri e nomi indelebili. Il nome composto dice della riunione dei due abitati contigui, Pozzo di Goto (località dei baroni Goto a metà del 1400 estesero terre produttive grazie alla fonte d’ acqua) e Barsalon, detta anche Barcellonetta, sviluppati entrambi tra il XVII e il XVIII secolo fino a diventare autonomi, il primo nel 1639 e il secondo nel 1817, prima di essere fusi in un unico comune nel 1835. La seconda trasferta messinese di domenica 7 ottobre si consuma a cinque ore dal «San Nicola», allo stadio «Carlo Stagno d’Alcontres», attivato negli Anni Settanta del secolo scorso e intitolato al fondatore della squadra Igea Virtus. Palermitano di origine, eletto senatore nel 1953, titolare di una florida azienda agricola, Carlo Stagno d’Alcontres [1912-1955] lega il suo nome allo sport: velleitario tennista e arbitro internazionale di temnis, scrive la prima pagina societaria calcistica dell’Igea nel 1946. Trascorre un anno e a Barcellona Pozzo di Gotto sbarca Oronzo Pugliese [1910 - 1990]. E per due stagioni (1947-1949) è il Mago di Turi a dirigere l’orchestra di serie C di una città che accettava e accetta tutt’ora di cattivo grado la subalternità a Messina, forte di una storia anch`essa millenaria e che dai Goti agli Spagnoli ha attraversato momenti di protagonismo collocandola nello scacchiere siciliano come una vivace realtá agricola (agrumi e uliveti) e del terziario, e anche per questo non di certo libera dall’oppressione mafiosa. Le glorie sportive più recenti sono nel mondo della palla a spicchi visto che tra alti e bassi è da quasi mezzo secolo, dal 1976, che il basket scandisce la vita degli appassionati del canestro regalando un campionato nazionale che porta la Barcellona tirrenica a spasso per l ‘Italia: sarà così anche per quest’anno, con la serie B della Nuova Cestistica Barcellona, garantita acquisendo il titolo della mitica “Viola” di Reggio Calabria, una nobile della pallacanestro del Sud, decaduta oramai da un po’. 5 ottobre 2018 anno II n. 12
Il sorpasso cestistico non ha mai sopito la voglia di calcio che dal mitico terzo posto in C firmato dal Mago di Turi ha avuto soli pochi momenti di vanto, legati più che altro al liparese Cristiano Riganò: 28 gol con l’Igea Virtus in 50 partite nei Dilettanti tra il 1998 e il 2000. Da lì Riganò spicca il volo passando dal Taranto in B, prima dei 57 gol con la Fiorentina tra il 2005 e il 2008. Quei tempi non son tornati, ma l’attesa è forte nel vallo di Milazzo che guarda in faccia le Lipari e le sue sorelle. Già, l’attesa. Un momento antropologico che accompagna ogni minuto della vita siciliana, assieme al dolore e alla memoria, traiettorie esplorate e connotate assai bene da uno dei figli culturali più noti di Barcellona (a parte il popolare ottantasettenne Emilio Fede): Melo Freni, 84 anni, giornalista del Tg1, autore di romanzi e testi teatrali.
Mediterraneo, così la Barcellona di Sicilia si adagia a ridosso dei Peloritani fino ad affacciarsi sulle Eolie in una porzione di costa dominato dal promontorio di Tindari: lo storico santuario della Mandonna nera del Tindari, a una ventina di chilometri, è la meta più suggestiva da visitare, assieme alla Basilica minore di San Sebastiano (Duomo di Barcellona, dedicato al protettore di Barcellona), seconda solo alla Cattedrale di Messina (altra tappa d’obbligo nel viaggio di trasferta e per giunta è di strada, a differenza di Tindari che richiede un allungo). Ed è la vicina Messina il punto di riferimento per mangiare e dormire: la scelta di alberghi è maggiore (tra i B&B di Barcellona preferire quelli di città) e i ristoranti tipici più diffusi e per tutte le tasche. Non che gelaterie e trattorie barcellonesi non meritino (scegliere quelle che servono come dessert la
LA CITTA
Se la memoria dà senso al presente e chiarisce la vita, il dolore ha un rovescio positivo, quello di mostrare in controluce un esito benigno una volta avveratasi qualcosa che si attende: ognuno attende sempre un miracolo nella sua stanza dell’attesa, scrive Freni nel suo “La vita è proprio nel passato”. E attende distesa sul mare la Barcellona tirrenica che trova le radici e lo splendore nella Corona d’Aragona (1282 – 1516) e nella dominazione spagnola (1516 – 1713). Come la Barcellona catalana degrada dai Pirenei al 5 ottobre 2018 anno II n. 12
La città si trova a 40 km da Messina A destra, la Basilica minore di San Sebastiano
“giaurrina”, dolce di strada a base di miele e zucchero, simile al caramello) ma dovendo attraversare Messina vale la pena un peccato di gola con pignolata e torroncini messinesi della pasticceria “Irrera” (tra le più prestigiose d’Italia) in piazza Cairoli, dopo gli arancini e la focaccia con la tuma e la scarola della rosticceria “Famulari” in via Cesare Battisti. E visto che baresità è sinonimo di cozze, vongole e buon pesce, l’ottima alternativa, sempre di strada, è la zona messinese dei laghi di Ganzirri. Buona vita.
25
BR
il
L’AVVERSARIO
IGEA VIRTUS
OCCHIO AL TERZINO AKRAPOVIC Vito Prigigallo
I
l Barcellona, finalmente! Sarcasmo a parte, l’Igea Virtus, avversario della squadra di Cornacchini il 7 ottobre, una storia ricca di fascino la può vantare: 4 gettoni nella C del Dopoguerra (1947-1951), 13 fra C2 e Seconda divisione di LegaPro fra il ’78 e il 2010. Il club giallorosso di Barcellona Pozzo di Gotto, per il resto, è un assiduo frequentatore della Quarta Serie sin dal 1952, con tutte le denominazioni che il #campionatoditalia ha assunto. L’attuale società è nata nel 2011, è ripartita dalla Prima Categoria e ha vinto l’Eccellenza nel 2016. Lo stadio, che può ospitare oltre settemila spettatori, porta il nome del mitico presidente, il nobiluomo Carlo Stagno d’Alcontres. LA COPPA L’Igea Virtus è andata al tappeto sul ring dello “Scoglio” per il 3-1 a favore del Messina e gol di Giuseppe Muccio, classe 2000, quando la qualificazione aveva preso la litoranea verso lo Stretto. IL CAMPIONATO Prima della sconfitta calabrese di domenica al “Giuseppe Lopresti” di Palmi, due siciliane per i barcellonesi: 1-1 a Gela con gol di Akrapovic e 3-0 al Messina: doppietta del ragazzino terribile Muccio e sigillo finale di Salvatore Lancia, anch’egli linea verde (1997). L’1-0 in casa della Palmese è maturata in pieno recupero ed è costata cara a Mancuso: espulso Omar Grosso, tra i più interessanti a disposizione del tecnico di Palermo, infortunato Gigi Le Piane, uscito a metà primo tempo e sostituito da Gianluca Gazzè. SUPERMARKET Il direttore sportivo igeano Martino Scibilia tiene d’occhio il mercato: possibili il ritorno del difensore Maurizio Dell’Oglio e il tesseramento del 19enne Nicolas Asprilla, nipote del campione del Parma Faustino. NUOVO PATRON Si tratta di Filippo Grillo, 5 ottobre 2018 anno II n. 12
LA SQUADRA Lo stemma e, in alto, la squadra impegnata nel campionato di seri D (foto di Puccio Rotella)
messinese che ha rilevato Nino Grasso («Si conclude un ciclo felicissimo, che ha portato l’Igea dalla Prima Categoria a vincere i playoff di Serie D»). Lo scorso giugno si era molto parlato dell’interessamento del marchigiano Vincenzo Longo. IL COACH Sulla panchina dei giallorossi oggi è seduto Carmelo Mancuso. Che ha sostituito Pino Raffaele. Non certo il primo pugliese a sedervi: venne occupata settant’anni fa da un certo Oronzo Pugliese. Mancuso, 53 anni, è campione italiano di scopone e monopoli. Nella carriera di calciatore anche Milan e Lecce, con cui ha giocato 41 partite tra il ’95 e ’98, prima di concludere la sua carriera nel 2000 al Casarano. Ha allenato Atletico Catania, Messina Primavera e Giarre. Bada a mantenere il profilo basso: «Per come stavano le cose tra maggio e giugno, questa squadra è un miracolo e quindi una salvezza tranquilla per questa città sarebbe già importante». LA TRASEFRTA Insomma, non sarà per nulla facile: in contrada Petraro Simeri & Co. affronteranno una squadra delusa ma arrabbiata. Che ha nel 21enne portiere Giulio Cetrangolo, in Miuccio (un ragazzo dalle idee chiare: “Sono stato in Inghilterra un mese, è un Paese incredibile, ci voglio tornare per studiare e magari giocare a calcio”) e nello stesso Grosso i giovani più interessanti. Eduardo Vona, faro della retroguardia, ha 38 anni. LA STAR Aaron Akrapovic è nato 24 anni fa a Wolfsburg in Germania. Ma è bosniaco di origini e italiano di fatto. Il padre allena il Lokomotiv Plovdiv, lui è difensore di fascia mancina. L’anno scorso sfumò il suo passaggio al Taranto. Ha giocato anche a Gibilterra: con l’Europa FC ha giocato due volte nei preliminari di Europa League.
27
BR
il
SETTORE GIOVANILE
JUNIORES
IL GRANDE CANTIERE Francesco Damiani
I
l fallimento estivo ha travolto anche il settore giovanile e al nuovo Bari tocca ricostruire dalle macerie lasciate dalla gestione Giancaspro. Fra luglio e agosto c’è stato un fuggi fuggi generale. Tanti i giocatori che hanno preferito andare a tentare l’avventura come under in serie D, una decina ha seguito l’ex responsabile del settore giovanile Gennaro Delvecchio a Lecce, qualche altro si è accasato fra Foggia e Monopoli. Si riparte con una sola squadra, la Juniores nazionale, più che altro per l’obbligo federale che impone alle squadre di serie D di avere almeno una squadra giovanile. Il vero lavoro comincia adesso con lo scouting per arrivare a formare di nuovo un vivaio completo anche perché, facendo tutti gli scongiuri del caso, in caso di promozione, i biancorossi dovrebbero dotarsi di tre formazioni giovanili fra cui la Berretti (in pratica, la Primavera delle squadre di serie C). Alla società tocca individuare il responsabile dopo il balletto estivo Filippo Galli sì-Filippo Galli no. Poi bisognerà scegliere i tecnici e cominciare a selezionare i giocatori che potrebbero essere utili al nuovo progetto. Un lavoro non facile che non finisce con la scelta di allenatori e calciatori. C’è anche da risolvere il problema delle strutture; se la nuova Juniores ha trovato sistemazione al Capocasale, l’allargamento del settore giovanile imporrà di trovare soluzioni più adeguate per non assistere più a quello che si è visto negli ultimi anni con i ragazzi costretti a migrare da un campo all’altro per potersi allenare. Il gruppo che è stato affidato a Salvatore Alfieri, origini cerignolane e un passato sulla 5 ottobre 2018 anno II n. 12
DOPO LA SCOMPARSA DELLA FC BARI 1908 LA NUOVA SOCIETÀ HA DOVUTO RIFONDARE ANCHE IL VIVAIO
panchina della Primavera del Lanciano, è stato messo insieme in fretta e furia con quei pochi ragazzi rimasti a Bari e qualche altro proveniente da altre società cittadine. Uniche eccezioni, Dinoia di Barletta e Liso di Andria. Fra quelli che hanno già giocato in biancorosso, il 2001 Pinto che in estate ha sostenuto un provino per la Roma, è forse il giocatore più atteso, senza trascurare anche i 2000 Laneve e De Serio. Il campionato è appena iniziato, il Bari, inserito nel girone M, ha giocato soltanto due partite con il Fasano e il recupero della prima giornata contro il Castrovillari. Il resto del raggruppamento è composto da squadre pugliesi e calabresi. Queste prime partite servono ancora ad Alfieri per conoscere meglio il gruppo che ha a disposizione. Lo stesso tecnico non ha avuto difficoltà ad ammettere di conoscere poco la categoria, ma di avere una gran voglia di rimettersi in pista dopo aver conseguito il master di prima categoria a Coverciano. E se per ora il settore giovanile biancorosso è un grande cantiere, i ragazzi svincolati dopo il fallimento si stanno già facendo onore in giro per l’Italia e sono tanti quelli che hanno trovato sistemazione in settori giovanili importanti, specie in serie A dove sono approdati i 2002 Signorile, Agostinelli e Ferrante (Milan, Roma e Torino le loro nuove squadre), i 2003 Logrieco e Farucci finiti alla Roma e al Parma e i 2004 Fallou (Fiorentina), Guarino (Empoli), Cellamare (Milan) e Simone (Roma). Ad Ascoli è partito benissimo un altro 2004, Altamura, che in bianconero è affiancato dall’ex compagno nel Bari Stragapede.
29
BR
il
BIANCOROSA
IL “PRISCIO” RITORNA E SALE Antonella Poliseno
F
inalmente il calcio giocato. Dopo un’estate feroce segnata drammaticamente dalla fine dell’FC Bari 1908 e dalla nascita dell’SSc Bari di De Laurentiis. Al termine di una lunga e dolorosa interlocuzione, ecco che questa nuova creatura muove i primi passi: in campo, in classifica e nella sua storia. Ricominciare dai dilettanti, ai più, non deve essere sembrata una passeggiata di salute. Dopotutto, passare in pochi mesi dalle urla di doglianza per l’ennesima occasione persa di risalita in serie A, al silenzio dolente che ha coperto una città intera dopo le ore concitate di quel maledetto 16 luglio, è effettivamente uno shock che nessuno di noi avrebbe meritato. Insomma, cos’è la serie D? Come funziona? Ma davvero: cos’è la serie D? E passati il caos e l’emozione di quei giorni, ecco che arriva la domanda più temuta. Quella che per certo avrà tenuto in scacco molti di noi nel cuore di un’estate rovente e feroce: cosa proverò quando vedrò che il Bari sarà scivolato nelle ultime pagine dei giornali? Nelle righe di fondo dei notiziari? Quanto sarò bravo a farmi salire il priscio quando affronteremo il Troina, la Sancataldese e il Roccella? E poi: ma Troina cos’è? Il nome di un paese, o cosa? “Mammamè” sarà stata la risposta dolente di molti mentre cuore e cervello avranno continuato a chiedersi preoccupati: ora che tutto è cambiato quanto tempo dovrà passare perché tutto torni come prima? Ma ecco che finalmente è arrivato il triplice fischio ed il cronometro è ripartito scandendo la storia di questa squadra mentre tu, già dal primo minuto ti stai agitando per prendere nota dei nuovi nomi, capirne le posizioni per non perderti nessun passaggio e in men che non si dica stai già sussultando per ogni progressione biancorossa raccontata con la solita, amabile e concitata cronaca del buon Michele Salomone. E il “priscio” ritorna e sale, sale, sale mentre Simeri, Floriano, Neglia e Pozzebon cominciano ad infiammare cuori e sogni, candidandosi a nuovi beniamini della tifoseria biancorossa. E mentre il campionato è cominciato, l’estate con i suoi fantasmi e le sue sciocche domande è già alle spalle con la testa già proiettata sulla domenica successiva, e l’occhio vigile e attento su ogni riga che propone le dichiarazioni dei protagonisti. Insomma, “serie B, serie D noi saremo sempre qui”. E in queste ore in cui ti senti di nuovo travolto dal solito, tumulto biancorosso, ti sembra impossibile di aver temuto che tutta quella rabbia e quella umiliazione potessero piegarti. Dopotutto, aveva tremendamente ragione Tomasi di Lampedusa quando fra le righe de “Il Gattopardo” ci ha insegnato che «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». E se per certo lo scrittore non pensava di raccontare un fenomeno positivo, è solo perché si riferiva alla Sicilia post-borbonica. E non al grandissimo, profondissimo e innamoratissimo, cuore biancorosso.
30
LA CLASSIFICA 1
Bari
9
2
Locri
7
3
Gela
7
4
Acireale
6
5
Sancataldese
6
6
Palmese
5
7
Igea V. Barcellona
4
8
Nocerina
4
9
Troina
4
10
Cittanovese
3
11
Messina
3
12
Marsala
3
13
Rotonda
3
14
Castrovillari
3
15
Roccella
3
16
Turris (-2)
1
17
Città di Messina
1
18
Portici
1
LE PROSSIME PARTITE domenica 7 ottobre ore 15 IGEA VIRTUS-BARI domenica 14 ottobre ore 15 bari - turris Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a:
ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it
5 ottobre 2018 anno II n. 12
5 ottobre 2018 anno II n. 12
31