Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno II numero 13 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano
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periodico di informazione sportiva de
O BIANC ROSSO
NESSUN
DRAMMA
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L’EDITORIALE
di Fabrizio Nitti
NON SARÀ UNA PASSEGGIATA N
on sarà una semplice passeggiata. La Serie D è un pianeta a parte, un mondo semisconosciuto pieno di trappole e insidie. Non è un caso, insomma, che nell’ultimo turno di campionato un po’ di «grandi», tra le quali anche il Bari, abbiano fatto fatica. La sconfitta dell’Avellino a Fiumicino è rumorosa, il pareggio del Como un’altra conferma delle difficoltà che si incastrano nell’arco di una stagione. La D, per chi non è abituato a giocarla, viverla, somiglia tanto a un viaggio nell’ignoto calcistico, un viaggio che si svela magari dopo i primi dieciquindici minuti di partita. Tiriamo un po’ le somme dopo il primo mese abbondante di campionato. Il Bari è lì, in testa come da programma, come lo è ad esempio la Juve in serie A. Perché, in fondo, il Bari è un po’ la Juve della D, visto quanto è costata la squadra a De Laurentiis in fatto di calciomercato. L’impatto con la nuova realtà è stato felice. Quattro vittorie di fila, un attacco mitraglia (e non poteva essere altrimenti vista la qualità della rosa), una delle migliori difese della categoria. L’approccio mentale è stato quello giusto. Non è semplice, per esempio, passare dal gol al Frosinone al novantesimo davanti a ventimila persone, alla trasferta di Messina o Pozzo di Gotto. Il salto, all’indietro, è evidente. La certezza di essere superiori avrebbe potuto causare una serie di black out pericolosissimi. Così non è stato. I biancorossi si sono calati alla perfe19 ottobre 2018 anno II n. 13
zione nella nuova dimensione, consapevoli dei propri mezzi come è giusto che sia, ma mai scadendo nella presunzione. Quattro vittorie consecutive e poi il pareggio interno contro la Turris, unica nota stonata di un avvio positivo. Ci può anche stare all’interno di un campionato, ci mancherebbe. Pur se, naturalmente, la tifoseria si aspetta che il Bari limiti i rallentamenti e regali gol e vittorie. Ma non è stato un pareggio figlio di una mentalità negativa. Nel senso che i biancorossi, pur non brillanti e lasciando qualche perplessità sotto l’aspetto del gioco, sono stati con la testa dentro la partita davanti ad un avversario costruito per disputare un torneo d’alta quota e che incarna alla perfezione l’«humus» della serie D. Arrivato al San Nicola con la chiara idea di far capire al Bari di voler provare a giocare le proprie carte fino in fondo. Il lato positivo è che, nonostante il pareggio interno, il Bari ha allungato il vantaggio in classifica, visto che adesso sono tre i punti di distacco sul secondo posto. Nessuno, in tutti i gironi della D, è a punteggio pieno. Qualche punto, da qualche parte, è sfilato via. Si riparte, dunque, da Marsala. Una trasferta dal sapore antichissimo, i precedenti si perdono nella notte dei tempi calcistici. L’obiettivo non può che essere uno: portare a casa i tre punti per dimostrare che il pari senza reti di domenica scorsa altro non è stato che un incidente di percorso sulla rotta che porta al ritorno nel calcio dei professionisti.
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SOMMARIO
CONTEDUCA MARMONE
il Biancorosso anno I n. 13 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81 Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso
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Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Michele De Feudis Gianluigi De Vito Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Fabrizio Nitti Vito Prigigallo Antonello Raimondo Fotografie Luca Turi Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci Corcelli Sergio Scagliola SSC Bari
ALOISI
IL POSTER
GAMBARDELLA BITETTO
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Foto di copertina: Corcelli Foto poster: A. Scuro
A SPASSO COL BARI
Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari
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CATUZZI
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Stampa Grafiche Deste via Casamassima, sn Z.I. Capurso (Ba)
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L’ANALISI TECNICA
I TRE MACIGNI Davide Lattanzi
Non solo un attacco che vanta grandi numeri (13 gol segnati in cinque gare) e star indiscutibili. Forse se ne parla poco, ma il Bari ha la miglior difesa dell’intera serie D. Appena una rete incassata in 45’, venuta, peraltro, dal penalty realizzato da Ficarrotta della Sancataldese. Un rendimento comune soltanto ad altre due compagini tra le 168 partecipanti al quarto campionato italiano: si tratta della Pianese (seconda nel girone E) e della Palmese che milita proprio nel raggruppamento dei biancoros-
LUCA CACIOLI
GIUSEPPE MATTERA
Il talismano
IL CORSARO DELL’ISOLA VERDE
È
L
l’autentico specialista della categoria che ha frequentato per gran parte della sua carriera fino a diventare una specie di porta fortuna. Della serie, “se punti alla promozione, Luca Cacioli non può mancare”. Ha vinto un campionato a Perugia (promozione dalla C alla B), mentre il salto dalla D alla Lega Pro gli è già riuscito con Rimini, Parma e Vis Pesaro. Ora cerca a Bari una nuova impresa. Nulla, però, viene per grazia ricevuta. Cacioli, infatti, ha qualità indiscutibili: è un marcatore “vecchio stampo”, uno di quelli che sa ancora come contraANNI 36 stare l’attaccante avversario, PRESENZE 5 senza badare troppo a zona o DA TITOLARE 5 movimenti. Per lui, l’essenMINUTI 450’ ziale è che non si passi: una GOL 0 missione che in pochi sanno attuare nel calcio moderno, anche a più alti livelli. Una peculiarità che lo rende diverso dai suoi colleghi di reparto: non a caso, Cornacchini lo ha sempre schierato in questi cinque turni, rendendolo un titolare fisso ed insostituibile. Cacioli, in pratica, ha saltato soltanto la parentesi di Coppa Italia con il Bitonto, per squalifica. In barba all’età non più verdissima e a chi pensava fosse sul viale del tramonto, si è proposto con ottima reattività, buona freschezza atletica e tempra da leader: quando non c’è Brienza, la fascia di capitano è sul suo braccio.
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o dicono tutti: avrebbe dovuto calcare ben altri palcoscenici. Forse a tradirlo è stata quella fedeltà romantica all’isola che gli ha dato i natali: Ischia. Con la maglia dell’isolaverde ha disputato ben dieci stagioni e solo dopo la trentina si è affacciato in compagini che volevano il saltoT dalla C alla B: Casertana, Benevento (con cui ha conquistato la promozione in cadetteria, senza, però, parteciparvi) e Matera. E’ stato uno dei primi colpi messi a segno dal nuovo corso targato De Laurentiis. Coniuga bene le doti di marcatura con quelle di regista di reparto e sa far ripartire l’azione con pulizia. Partito da titolare, negli ultimi tre turni ha, invece, cominciato dalla panchina, eppure ha trovato il gol contro l’Igea Virtus. Una cosa, però, è certa: uno ANNI 34 come lui non PRESENZE 4 si rassegnerà DA TITOLARE 2 mai allo status MINUTI 224’ di alternativa GOL 1 e combatterà per tornare una prima scelta.
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si (il girone I) nel quale viaggia a metà classifica con sette punti. Gran parte del merito di tale impermeabilità, va riconosciuto a tre elementi che (esattamente come vale per gli attaccanti) sono autentici lussi per la categoria: Luca Cacioli, Giuseppe Mattera, e Valerio Di Cesare. Finora si sono sostanzialmente alternati, finendo in un puntuale ballottaggio per le due maglie di centrali. Tuttavia, Cornacchini li ha anche sperimentati contemporaneamente in campo. L’assetto a tre potrebbe, quindi, essere la nuova frontiera della tattica biancorossa? Difficile che accada, data la regola degli under che comporta inevitabili scelte su dove collocare i quattro giovani. Tuttavia, una breccia è stata aperta. In attesa, dunque, di conoscere le evoluzioni del reparto arretrato, ecco i tre “ministri della difesa” ai raggi x.
VALERIO DI CESARE
CON I TRE INSIEME IN CAMPO
IL FIGLIOL PRODIGO
MESSINA - BARI
MINUTI 11’
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ncredibile la sua storia con il Bari che già a gennaio 2015 lo corteggiò senza sosta peer un mese, senza riuscire a strapparlo al Brescia. Il suo arrivo in biancorosso slittò quindi all’estate dello stesso anno per cominciare un’avventura che forse si rivelò più deludente rispetto alle alte aspettative. Così, partì a gennaio 2017, dopo un torneo e mezzo in B condito da 46 presenze ed una rete. Nessuno avrebbe mai creduto che potesse tornare in serie D, dopo aver speso un’intera carriera tra A e cadetteria ed aver appena centrato il doppio salto con il Parma dalla C al palcoscenico più prestigioso. E’ riANNI 35 partito da Bari per orgoglio: PRESENZE 3 per completare un discorso che DA TITOLARE 3 a suo avviso si interruppe senza SUBENTRATO 2 un perché. Fin troppo facile dire MINUTI 279’ che in lega nazionale dilettanti GOL 0 sia troppe spanne più su della media: prestanza fisica, senso dell’anticipo, persino fiuto per il gol (ben 15 in carriera e già uno nell’attuale campionato) lo rendono un valore inestimabile. Sebbene, a volta proprio l’eccessiva sicurezza lo indica a qualche evitabile confidenza. Terminato il rodaggio, è subito diventato un inamovibile per Cornacchini.
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0-3
BARI - SANCATALDESE
4-1
MINUTI 18’ IGEA VIRTUS - BARI
0-3
MINUTI 24’ Per ora è stata una soluzione attuata solo a gara in corso. Per blindare il risultato, evitando qualsiasi tipo di sofferenza con un terzetto invalicabile. Sarebbero una garanzia anche se schierati dall’inizio, ma sarebbe difficile contemperare l’uso dei quattro under coniugando gli equilibri tra centrocampo ed attacco. I tre “tenori” della retroguardia, quindi, per il momento sembrano destinati a recitare insieme solo qualche porzione di match. Poco importa per chi conosce gli spartiti a memoria.
LE DIFESE DEL BARI
Aloisi
D’Ignazio Cacioli Mattera
Aloisi
D’Ignazio Cacioli Di Cesare
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L’INTERVISTA
CALCIO E TEATRO LA STESSA PASSIONE Michele De Feudis
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Il calcio più bello è quello che ho conosciuto da bambino. Quando c’era la passione più autentica e ogni domenica il ritornello in famiglia era “Sciam o’ camb”, ovvero andiamo al Della Vittoria a vedere la Bari. Il pallone come “priscio”, ecco». Dante Marmone, popolare attore barese, protagonista della pellicola Lacapagira di Alessandro Piva, premiata al festival di Berlino, e ora sul palco con Bar Qui Si Gode con Tiziana Schiavarelli (al Teatro Forma di Bari fino al 28 ottobre), è uno dei tanti tifosi nostalgici del calcio d’una volta, quello che si apprezzava sugli spalti e non attraverso le riproduzioni delle tv a pagamento. Marmone, che rapporto ha con il calcio? «Un amore antico. Da bambino ero tifoso sfegatato. All’epoca il Bari era forte: avevamo giocatori fenomenali come Cicogna, Magnanini, Erba… Ogni domenica era una soddisfazione: c’era la frenesia di partecipare alla festa allo stadio. Si andava alle 12, con i panini e le bevande. Ricordo anche una vittoria contro il Milan in Serie A (il 10 aprile del 1960, ndr) con una doppietta di Erba e il pubblico in visibilio». Ora conta più il dato economico delle emozioni? «Piano piano le cose sono cominciate a cambiare. Il calcio ha lasciato più spazio al lato commerciale. Prima c’era il business,
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LUI: «UN AMORE ANTICO DA BAMBINO ERO TIFOSO SFEGATATO»
ma non era preponderante sulla passione. Siamo rimasti tutti orfani del piacere antico, “il priscio”. Dopo i due epiloghi delle ultime due presidenze, il Bari ha toccato il punto più basso di una storia ultracentenaria. E con il nuovo corso la piazza si sta riavvicinando per unirsi e dare energia ai nuovi dirigenti al fine di superare le ultime difficoltà. Dobbiamo tornare nel calcio che conta». Dante Marrone calciatore? «Da asfalto. Andavamo a giocare a piazza Massari, nel piazzale dell’Orazio Flacco sul lungomare, sullo stradone dello Stadio della Vittoria, dove con i miei amici facemmo una super-sfida con con i ragazzi del Corato. Vincemmo 3-2, si ritirarono…». In che ruolo giocava? «Ero un’ala destra, ero bravo a scattare e a dribblare, essendo magro e velocissimo. Arrivavo sul fondo per fare i cross ai miei compagni nei contropiede all’italiana…». Che ricordi ha delle partite sulle gradinate? «Andavo con un mio zio in tribuna, o in curva perché il costo del biglietto era più accessibile». Sua moglie Tiziana e il pallone? Arriva Tiziana Schiavarelli e puntualizza: «Sono molto ansiosa. Durante le partite dell’Italia organizziamo sempre riunioni 19 ottobre 2018 anno II n. 13
DANTE MARMONE E TIZIANA SCHIAVARELLI TRA RICORDI E RIMPIANTI QUELL’AMICIZIA CON MAURIZIO IORIO QUANDO IL PALLONE AL DELLA VITTORIA ERA UN “PRISCIO”
serali con gli amici. E mi prende una agitazione irrefrenabile». La Nazionale sta messa peggio del Bari. «Gli azzurri ci fanno soffrire. Non partecipando ai Mondiali abbiamo scritto una pagina nera. La vittoria con la Polonia è però un buon punto di partenza. L’esultanza di Roberto Mancini è indicativa della forza di volontà dei ragazzi. Uniti usciremo dal tunnel. Ma poi il calcio italiano deve cambiare». A cosa si riferisce? «È necessario investire sui giovani talenti italiani e scegliere di valorizzare i vivai: basta ricordare Antonio Cassano cresciuto da queste parti, nella pro Inter». Fantantonio si ritira. «Aveva potenzialità enormi, ha fatto il minimo. Si è perso perché non aveva supporti. Questi giocatori, piccoli geni, hanno un loro istinto. Hanno bisogno di essere aiutati. È nato “perso”, con una infanzia difficile, con i modi di certa baresità estrema, “ti ah da’ nu tuzz…”. Non ha avuto basi culturali solide per realizzarsi in pieno». Amici calciatori? «Con il bomber Maurizio Iorio c’è stata una grande amicizia: veniva a vedere i miei spettacoli, e io andavo a salutarlo allo stadio. Nicola Ventola ha giocato con noi nelle gare di beneficenza, io facevo l’arbitro e il guardialinee». 19 ottobre 2018 anno II n. 13
LEI: «SONO MOLTO ANSIOSA E QUANDO SI GIOCA MI AGITO TANTO»
La partita di calcio, con i 90’ intensi e vivaci, può essere paragonata ad uno spettacolo teatrale? «Sì, calcio e teatro hanno le stesse caratteristiche. Allo stadio viviamo le stesse emozioni che si provano guardando un’opera sul palco. I calciatori sono gli attori. Allo stadio non vado a vedere solo il gol, ma i passaggi, gli schemi, i dribbling, il gesto atletico». La baresità nel pallone che connotati ha? «Noi baresi siamo gente tosta, siamo piccoli leoni. I baresi allo stadio vogliono vedere grinta, quella dei gladiatori nell’arena. Nel mio romanzo, La stirpe stravagante (CaratteriMobili), racconto proprio il nostro carattere terribile. A volte dovremmo essere meno impazienti ed essere contenti anche di un pareggio». Il nuovo corso del club con il patron Aurelio De Laurentiis? «Una speranza. Abbiamo a che fare con un imprenditore e un vero produttore di cinema. Sa fare investimenti. È un punto di partenza. Poi saremo noi baresi a decidere se questa società deve essere estranea alla Puglia o se dobbiamo contribuire a renderla più forte per tornare in A. Del resto a Bari non ci sono imprenditori che “cacciano i soldi” per la nostra squadra del cuore. Quindi, per ora, viva De Laurentiis e basta a fare gli schizzinosi».
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IL SUPERTIFOSO
CONTEDUCA
ALL’OMBRA DELLA GRANDE MELA Gaetano Campione
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’è un cuore biancorosso che batte forte nella Grande Mela. Il punto di riferimento per gli appassionati del calcio di casa nostra, si chiama John Conteduca, 48 anni, di origini bitettesi. Nella vita di tutti i giorni ricopre un incarico particolare: è il direttore della sicurezza di una delle centrali elettriche a stelle e strisce. La domenica, invece, indossa i panni del super tifoso nella sua tv privata “Staten Island Soccer Report” e si diverte a parlare del Bari calcio. Una passione nata 40 anni fa grazie ai genitori, emigrati negli anni Sessanta da Bitetto, trasmessa dal padre Francesco ai figli. Nonostante John non sia mai stato nel capoluogo pugliese, si sente barese a tutti gli effetti. Lo abbiamo rintracciato al di là dell’Oceano. Conteduca, quest’anno il Bari gioca in serie D. Come la mettiamo? «Quando l’ho sentito, non volevo crederci. È stato molto triste per tutti noi. Speriamo di risalire presto in serie A». Segue sempre le partite dei biancorossi? «Non ne perdo una, grazie alla tv satellitare». Staten Island Soccer Report parla sempre del Bari? «È la notizia di apertura. Poi coinvolgiamo i telespettatori con decine di giochi e forniamo tutte le notizie che riteniamo utili legate alla società e alla squadra di calcio. Infine, apriamo una finestra sulla gente di New York. I tifosi biancorossi qui sono centinaia. Il programma dura un’ora, io lo conduco
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FIGLIO DI EMIGRATI BITETTESI CONDUCE A NEW YORK UN SEGUITISSIMO PROGRAMMA TV SUL CALCIO DI CASA NOSTRA
e sono affiancato da un ospite. C’è spazio anche per le squadre di calcio giovanile newyorkesi, una realtà in crescita. Ci potete seguire sul canale You Tube». È vero che ha fondato una squadra di calcio “Bari da NY”? «È una cosa che risale al 1998. Per quattro anni sono stato il portiere e l’allenatore del club. Poi questa esperienza è finita. Giocavamo in un campionato dilettantistico a Brooklyn. Ora sono le mie due figlie a tirare calci al pallone». Il suo sogno? «Vedere il Bari vincere la serie A e giocare in Champions. Qui in America, nulla è impossibile». Scendiamo con i piedi per terra perché siamo in Italia. Quest’anno come finisce? «Che il Bari dominerà la serie D». Qual è stato il miglior Bari visto all’opera? «Quello di Antonio Conte, non ho dubbi. Ci ha fatto piangere ed emozionare». Il giocatore che le è rimasto più impresso? «Sono due: Barreto e Gillet. Anche se ricoprivano ruoli diversi, sono stati dei campioni impossibili da dimenticare». Ci hanno detto che sfoglia il nostro magazine. Come lo trova? «Fantastico. Leggo gli articoli tutti d’un fiato. Interviste, personaggi, curiosità. Il tipo di notizie di cui abbiamo bisogno a New York. Ragazzi, continuate così».
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IL GIOCATORE
ALOISI E IL BARI OPPORTUNITÀ IMMENSA
GLI ALOISI La famiglia al gran completo
IL PAPÀ ANTONIO DIFENSORE DEGLI ANNI OTTANTA CON 100 PRESENZE IN SERIE A PARLA DEL FIGLIO NICOLA TERZINO DESTRO CLASSE ‘99
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Filippo Luigi Fasano
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no esce e l’altro entra. Spesso ruolo per ruolo, tenendone in campo sempre quattro, suddivisi per gli anni di nascita consentiti. È un gioco di pesi e contrappesi, quello dei giocatori under, imposti dal regolamento a prescindere dal grado di maturità. Oggi necessari, domani chissà. Nel Bari subito scattato in vetta se ne contano dodici, metà dei quali fra porta e difesa. Ruotano fra loro e ruoteranno ancora, tutti utili e nessuno indispensabile. Anzi no, uno che è rimasto sempre in campo c’è. A Nicola Aloisi, terzino destro classe ‘99, Giovanni Cornacchini non ha mai rinunciato. Neppure in Coppa contro il Bitonto. Neppure adesso che in quella fetta di campo, la concorrenza si è fatta più ampia con il ritorno di Turi, un altro Nicola ma di un anno più grande. Magari il tempo di tirare il fiato arriverà anche per lui, per questo ragazzone con la maglia numero 30. Ma adesso no, è il suo momento, è la sua “immensa opportunità”, come non smette di ricordagli papà Antonio, difensore con oltre 100 presenze in serie A a cavallo fra Ottanta e Novanta: «Glielo dico sempre – confida l’ex difensore di Ascoli, Torino e Cagliari, oggi allenatore e osservatore – Nicola, non giochi in una squadra qualunque, giochi nel Bari. Devi esserne orgoglioso, anche quando indossi una semplice maglia d’allenamento. Eppure in estate era un po’ titubante». Racconti pure. «È la sua prima esperienza lontano da casa, lontano da Ascoli. Ma questa possibilità era immensa. La società, la storia calcistica di Bari... E poi quello stadio, un tempio. Per questo ho spinto tanto affinché si convincesse a venire. Ora mio figlio ringrazia e mi dice che si trova in una squadra che con la D non c’entra nulla». Di cosa le parla? «Del pubblico. “Hai visto in quanti ci seguono?”, mi ha chiesto dopo l’esordio di Messina. “Nicola, gli ho risposto, tu non sei in serie D, sei in una piazza che fino a qualche anno fa stava in serie A”. Certo, ci sono onori e oneri: se vuoi una società come il Bari, devi comportarti da calciatore importante. Glielo ricordo spesso: ti devi buttare anima e corpo, se vuoi che il calcio diventi la tua professione». Com’è cambiato il ruolo di difensore? «Una volta si pensava soltanto a marcare. Appoggiavi il pallone al centrocampista e avevi fatto il tuo. Ora no, bisogna avere anche un piede gentile, saper impostare l’azione da dietro. Però ci voleva più tempo per mettersi 19 ottobre 2018 anno II n. 13
in evidenza, e tutto dipendeva da quanto valevi in campo. Oggi serve anche altro. E bastano 5-6 partite fatte bene, per parlare già di milioni». L’ha incoraggiato lei, a provare a percorrere la sua stessa strada? «No, scelta tutta sua, sin da piccolissimo. Ancora non camminava e già provava a calciare tutto ciò che assomigliava a una sfera. Ne aveva una ventina, di palloni, e se li portava tutti in giardino. Era capace di giocarci per ore, anche da solo. Sapeste quanti lampioncini ci ha rotto... Ne ha fatti di danni, Nicola, eh (sorride, nda)». Insomma, condividete quasi tutto. Anche quel tatuaggio sulla gamba? «Il leone? Era da tempo che voleva farselo, alla fine ho ceduto. Non ero d’accordo, anche se io per primo ne ho più d’uno. Me lo ha fatto vedere, lo abbiamo posizionato assieme. Guardarselo gli dà forza». A Bari si sta facendo apprezzare da tifosi e allenatore. «Sono contento che si stia facendo notare. Nicola è ancora un po’ timido, non ha ancora espresso appieno le sue potenzialità. Ha sofferto tanto per non aver avuto una chance nell’Ascoli, la squadra in cui è cresciuto. Tirerà fuori una rabbia che gli sarà utile in questa nuova esperienza. Può fare ancora meglio di quello che si è visto finora». Si dimentichi di fare il padre e metta i panni dell’osservatore. Quali sono i pregi di Nicola? «Ha una gran corsa. È attento nella fase difensiva, sa come stare in campo. E con quel destro mette in mezzo cross molto velenosi. A volte può sbagliare la misura, ma solo nel tentativo di mettere dentro palloni forti e tagliati». Fuori i difetti. «Deve migliorare col sinistro e nel gioco aereo, dove è ancora carente. E poi è un soldatino. Fa quello che gli dice l’allenatore, anche quando servirebbe la giocata per rompere gli schemi. Non per mettersi in mostra, ma per fare qualcosa di utile per sé e per la squadra. Ecco, se si scrollasse via quella timidezza, sul fondo ci arriverebbe 50 volte per tempo. Quella fascia lì, Nicola la brucia».
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«ANCORA NON CAMMINAVA E GIÀ PROVAVA A CALCIARE TUTTO CIÒ CHE ASSOMIGLIAVA A UNA SFERA NE AVEVA UNA VENTINA, DI PALLONI E LI PORTAVA TUTTI IN GIARDINO ERA CAPACE DI GIOCARCI PER ORE ANCHE DA SOLO SAPESTE QUANTI LAMPIONCINI CI HA ROTTO...»
Chi è Aloisi, calcio e pesca Un inizio di carriera speso tutto nella sua città, quello di Nicola Aloisi, nato ad Ascoli il 30 giugno 1999. Figlio d’arte, l’attuale numero 30 del Bari ha percorso in bianconero l’intera trafila del settore giovanile, fino al primo anno di Primavera. Quindi due stagioni in serie D, nel Monticelli, la seconda squadra del capoluogo piceno: 17 presenze da titolare il primo anno, a soli 17 anni, poi altre 24 lo scorso campionato. La fiducia dell’Ascoli non arriva e Nicola decide di ripartire dalla Fermana: la società gialloblù lo tessera e lo gira in prestito al Bari. Diplomato in ragioneria, il terzino biancorosso si iscriverà alla facoltà di Scienze Motorie. Con papà Antonio non condivide solo la passione per il calcio, ma anche quella per la pesca, da terra ferma. Un modo per rilassarsi e ricaricarsi. Dopo i fiumi e i laghetti delle Marche, ora è tempo di cimentarsi anche davanti al mare.
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IL PERSONAGGIO
GAMBARDELLA
QUANDO SEGNANO CORRO NUDO «BARI-NOVARA 3 A 4 QUELLA PARTITA MI BRUCIA ANCORA»
Chi è Arturo Gambardella, anni 53, attore, segno zodiacale acquario, ha lavorato in molteplici produzioni, tra le quali: “Centovetrine”, “Amiche mie”, “Rebecca, la prima moglie”, “Senza via d’uscita – un amore spezzato”. Ha partecipato all’ultimo film di Leonardo Pieraccioni “Se son Rose”, in uscita il prossimo mese ed anche alla precedente produzione “Il professor Cenerontolo”. Inoltre ha preso parte al thriller psicologico di Andrea Zaccariello “Non sono un assassino”, girato in Puglia, come anche alla serie cult “Gomorra 3”.
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Gaetano Campione
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ome è nata la passione per il Bari? «Alle scuole medie, con gli amici, parlavamo sempre del Bari, erano gi anni di Iorio e Serena, due grandi! È partito tutto da lì». Finora, più gioie o dolori? «Entrambi. La gioia più grande è stata la Mitrop Cup. Ero allo stadio della Vittoria quella sera, un’atmosfera magica, peccato che è stato l’unico trofeo che abbiamo vinto Il più grande dolore? Senza ombra di dubbio il fallimento». La partita da dimenticare «Bari- Novara 3-4. Paparesta era il presidente. Dopo la rimonta il gol beffa nel finale che ci portò fuori dai playoff». Il gol indimenticabile? «Quello di Bergossi, nel derby Bari-Lecce. Ricordo che lui non tirava mai, poi alla fine la cannonata accompagnata da un boato fragoroso che rimbombò in tutto lo stadio». Cosa rappresenta il calcio per Gambardella. «La vita. Guardo tantissime partite in tv, ma in particolar modo quelle del Bari e non mi annoio mai. Sono arrivato a guardarmi anche 4 partite al giorno, l’ho fatto durante i Mondiali anche se non c’era l’Italia». Un aneddoto simpatico legato al Bari? «Una volta allo stadio della Vittoria ero seduto accanto a Gillet, e guardammo la partita assieme. Lui, un grandissimo portiere». Chi butterebbe giù dalla torre? «Sicuramente Masiello, è una brutta pagina nella storia del Bari. Mi fa male vederlo ancora giocare nell’Atalanta». Il giocatore a cui è più legato? «Antonio Cassano, uno dei talenti più forti al mondo, il gol all’Inter è stato immenso… mi rode vederlo giocare con l’Entella». Il derby maledetto col Lecce: cosa è rimasto? «Tanta amarezza, soffro solo a parlarne». Una dedica per Masiello? «No comment…». Una trasferta da raccontare? «Ero con mia moglie a Bergamo per Atalanta-Bari, c’era DouDou in campo, vincemmo 4-1. Noi eravamo seduti in tribuna e ad ogni gol mi dovevo controllare. Oggi rido ma fu dura trattenere le emozioni. Stritolavo la mano di mia moglie anche se era una partita di fine campionato e la squadra era già salva». Ha sottoscritto l’abbonamento? «A essere sincero no, ho sottoscritto la Bari Card. Sono spesso via per lavoro, però quando mi capita vado allo stadio, anche in trasferta». Le partite in tv le segue? «Certo. Ma da solo. Durante la partita mi trasformo in showman. Uno spettacolo. Se segna il Bari mi spoglio e corro nudo per la casa». Ci descriva il suo pre partita… «Guardo la partita indossando la maglia del Bari. Poi, birra, popcorn e inizia l’avventura. Quando il Bari gioca la sera preferisco cenare dopo la partita. Se però la squadra non ha vinto, il cibo mi resta comunque sullo stomaco».
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SINISTRO Non è il suo piede, ma da vero centravanti non si fa pregare per usarlo
centravanti seconda punta
RUOLO
presenze
-20
gol
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-2016
0 6/2
2015
25
10
gol
4
D) E( ND RE
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presenze
gol
gol
28
21
33
11
gol
30
presenze
13
gol
presenze
10
(D) NZA POTE
presenze
5
presenze
FOLGORE C. (D)
gol
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JUV E ST A B IA (C )
BA R I (D )
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2016-2017 2 01 9
201
201 718
12/
14 20
4201
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PU TEO LA NA (D)
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-2014
DRIBBLING Lo utilizza in area: sul breve sa liberarsi dell’avversario
VELOCITÀ Non uno scattista, ma quando parte sa farsi rispettare
DESTRO Potentissimo, micidiale, preciso: da vicino o dalla distanza è letale
MELFI (C2) 2011
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IL POSTER
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SIMONE
SIMERI Data di nascita: 12.4.1993 (25 anni) Luogo di nascita: Napoli Altezza: 178 centimetri Peso forma: 79 kg
PRESTANZA FISICA Non è un panzer, ma è compatto e solido: un “torello”
COLPO DI TESTA Non è la sua specialità, ma si fa rispettare nel gioco di sponda
PERSONALITÀ Coraggio, generosità,spirito di sacrificio: non si risparmia mai
RESISTENZA Spende moltissimo nel lavoro per la squadra reggendo bene i 90’
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PUNTO DI VISTA Antonello Raimondo
DINO BITETTO
«RESTIAMO I PIÙ FORTI»
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Antonello Raimondo
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l tifoso e l’addetto ai lavori. Difficile scindere i ruoli quando a parlare è Dino Bitetto, vecchio cuore biancorosso e da un bel po’ di anni maestro di calcio. Calciatore del Bari dotato di buon talento, di lui si parlava come di un prospetto interessante. Centrocampista completo, pronto al grande salto. Fino a quando ha dovuto fare i conti con un brutto infortunio al ginocchio che lo ha costretto al ritiro. Da quel momento è stato facile scegliere. Specie per chi il senso del gioco lo ha sempre avuto dentro, quello che serve per poter tentare la fortuna in panchina. Bitetto non passa mai di moda. Dino era e resta una garanzia. Grande conoscitore di calcio, professionista esemplare, uomo mite. Ha vinto tanto in carriera e quest’anno proverà ad allargare il suo palmares visto che gli è stata affidata una corazzata, il Cerignola. Da quelle parti non ammettono verità diverse dalla promozione in serie C. Costi quel che costi. Bitetto, come vanno le cose? «Dobbiamo scindere. Se guardo ai risultati diciamo che la stagione non è cominciata benissimo, troppi punti persi per strada. Ma io ho il dovere di guardare le cose a trecentosessanta gradi. E allora dico che la squadra, sul piano delle prestazioni, mi ha soddisfatto quasi sempre». Sente la pressione di dover vincere a tutti i costi? «Guardi, c’è la consapevolezza di allenare un gruppo di qualità. Poi deve parlare il campo. Quando si fanno discorsi sulla carta... tutto è abbastanza relativo. È in campo che bisogna dimostrare di essere i migliori. Campionato lungo, siamo pronti a giocarci la C con le altre». Girone bello impegnativo. Molto più tosto degli altri, non crede? «Ne sono convinto, credo che sia assolutamente un dato di fatto. Al Bari è andata benissimo e non sono l’unico a pensarlo». A proposito del Bari, è arrivata la prima frenata. «Ha trovato un avversario vero, una squadra forte come la Turris. Un pareggio non è un dramma. Ci sta pareggiare, pensare di vincerle tutte è un tantino imprudente. Ma i tifosi stiano tranquilli, la squadra filerà liscio in C. Era e resta la più forte». Una frenata che aiuterà l’ambiente a evitare pericolosi cali di tensione. Troppe chiacchiere
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«IL BARI A DICEMBRE SARÀ GIÀ PADRONE DEL SUO DESTINO MA OCCHIO ALLE TRAPPOLE SUL CAMMINO»
in giro. Come quella di un Bari capace di chiudere il discorso promozione a dicembre. «Ci sono vari piani di discussione. Pure io, parlando da tifoso, penso che il Bari a dicembre sarà già padrone del suo destino. Poi mi ricordo di essere allenatore e mi vengono in mente tante trappole che possono finire sul tuo cammino». Che tipo di campionato è la D. E quanto è diverso dalla C? «Le prime della D possono stare in C tenendo conto che cade la regola degli under. Per le altre le differenze sono abbastanza marcate. In D si gioca a gran ritmo, le partite sono frenetiche, spesso confuse. E allora chi prova a fare calcio non trova i tempi per sviluppare la propria manovra». Il Bari sembra avere tutto per disinnescare le trappole a cui lei faceva riferimento. «Direi proprio di sì. Soprattutto in attacco il Bari ha una corazzata». Pare che decisiva sia anche la scelta degli under. «Chi punta su attaccanti così forti stia tranquillo che non sbaglia la scelta degli under. E infatti il Bari non l’ha sbagliata. In D, comunque, i campionati si vincono con gli attaccanti forti». Che pensa di quelli del Bari? «Due li ho avuti con me, Simeri e Neglia. Il primo era molto giovane ma si vedeva che aveva buoni numeri. Il pezzo forte è il tiro e i baresi lo hanno già visto. Neglia, invece, ha altre caratteristiche. A Melfi ricordo un giocatore abbastanza gracilino, oggi lo rivedo molto più potente. Sono stati bravi tutti e due, sono cresciuti e non a caso sono stati scelti da De Laurentiis per un progetto ambizioso». È pronto a festeggiare le promozioni di Cerignola e Bari? «Mi perdonerà se faccio gli scongiuri, detto così a ottobre... fa un certo effetto. Il Bari ce la farà sicuro. E spero anche il Cerignola. Mi piacerebbe ripetere la vittoria a Manfredonia, lì addirittura ho vinto due anni consecutivi. Ma anche a Cava sono riuscito a portare la squadra in C. Insomma, mi piacerebbe non perdere l’abitudine...». Non è vero, insomma, che nel calcio si vince solo con l’«ignoranza». Anzi. E quando lo fanno i galantuomini come Bitetto la soddisfazione è doppia. In bocca al lupo, mister. Ad maiora!
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IL RITORNO DI PROTTI
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1908-1918
DA LUDWIG AL DERBY TRA LIBERTY E IDEALE
Il Nostro Bari
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La divisa sarà di colore blouse granata, con pantaloncini bianchi e calzettoni neri» questo recitava l’articolo 23 dello statuto del FCB Bari calcio redatto nel 1908 che dava dunque vita alla prima uniforme da calcio nella storia del Bari. In flanella, di colore rosso accesso e corredata di un colletto e dei bottoni veniva interamente prodotta e fornita nel negozio di tessuti in cui lavorava il fondatore del Bari, Floriano Ludwig. Le prime foto che ritraggono i pionieri del calcio barese nelle sfide al cospetto dei marinai inglesi, contro i tarantini o nella prima storica trasferta a Napoli, vedono questo completo figurare nei ritratti. Nel 1908 però inizia a sorgere anche una nuova squadra che come tale adotta una divisa a sé stante: è l’Ideale. La squadra raccoglieva consensi soprattutto nella classe operaia e si identificò inizialmente con una divisa totalmente azzurra ornata da una stella bianca in pieno petto. Nonostante questo, una raffigurazione risalente al 1915, immortala i giocatori dell’Ideale in maglia totalmente bianca. Successivamente, sempre nel 1915, la divisa cambiò radicalmente diventando a bande verticali nere e verdi: solo quella del capitano aveva lo stemma comunale di Bari bianco e rosso. 19 ottobre 2018 anno II n. 13
COME SONO CAMBIATE LE MAGLIE NEI PRIMI DIECI ANNI DI VITA DELLA SOCIETÀ
Nel corso degli anni le strisce sono diventate progressivamente più larghe, in origine infatti erano assai sottili. Così come riportato nelle memorie di Coccioli, fondatore dell’Ideale, scritte all’indirizzo dello storiografo Alfredo Giovine, nel periodo post bellico, il nero e il verde diventarono i colori fondanti dell’Ideale. Un anno più tardi sorge una nuova compagine barese, è il Liberty, “le casacche gloriose”. Nato nel 1909, come riportano le cronache dell’epoca la prima divisa di questa compagine era “rosso-bleu” costituita da strisce disposte orizzontalmente. Pochi anni più tardi il completo da gioco dei libertiani diviene a strisce verticali bianche e blu rappresentanti per certi versi i colori della provincia barese, a testimoniare inoltre l’attività di nuoto che questo club sviluppo, oltre all’appellativo «Juventus del Sud» furono definiti «tritoni bianco blu». Anche il Liberty presentava sulle casacche all’altezza del petto l’emblema della città di Bari. Nel 1919 infine, partecipando al torneo di Foot ball pugliese nella competizione denominata «Coppa di Pasqua», i baresi sfoderarono un completo bianco con un cordone intorno al collo che proseguiva fino alla pancia (stile marinaio).
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Benedetto Croce Benedetto Croce Benedetto Croce
dal 1887 la nostra dale 1887 la Storia nostra la vostra
e la vostra Storia
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CALCIO GIOVANILE
ALFIERI
IL BUON PADRE DI FAMIGLIA
IL GRUPPO GLI È STATO AFFIDATO MENO DI DUE MESI FA MA I PRIMI FRUTTI DEL LAVORO COMINCIANO A VEDERSI
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Francesco Damiani
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Dobbiamo suscitare curiosità intorno a questi ragazzi». Salvatore Alfieri parla dei suoi giocatori della Juniores del Bari come un buon padre di famiglia. Il gruppo gli è stato affidato meno di due mesi fa, ma i primi frutti del lavoro cominciano a vedersi e in campionato i giovani biancorossi cominciano a togliersi delle soddisfazioni. Nelle prime cinque giornate di campionato, i giovani biancorossi hanno ottenuto due vittorie e due pareggi con una sola sconfitta mettendosi subito alle spalle delle prime. Alfieri, un primo bilancio da allenatore della Juniores del Bari? «Piano piano si sta sistemando tutto e ogni giorno si lavora sempre meglio. Il gruppo è stato messo insieme da poco e non so dove si potrà arrivare però c’è un bellissimo spirito fra questi ragazzi, si è sviluppato un forte senso di appartenenza e di orgoglio nell’indossare la maglia del Bari e questo è importante se consideriamo che i reduci dalla passata stagione non sono molti e i nuovi arrivano dalle parti più disparate». Cosa l’ha colpita maggiormente di questo gruppo? «La voglia di lavorare e l’impegno che ci mettono ogni giorno. Siamo partiti con delle difficoltà oggettive, ma stiamo recuperando il terreno perso e i ragazzi si stanno impegnando al massimo per onorare al meglio la maglia del Bari. Per questo dico che dobbiamo suscitare curiosità, anche per ripagare i loro sforzi quotidiani. È bello che si parli di questa squadra». E poi nelle prime giornate avete già trovato un ottimo pararigori. Pellegrini ne ha già sventati tre. «Lui è lì apposta, fa il portiere e deve parare. Comunque siamo contenti anche di questo aspetto, ma io ho sempre creduto che il portiere valga quanto un attaccante. Ogni gol evitato vale un gol fatto e per ora sta andando bene». Del campionato che state affrontando cosa può dire? «Lo stiamo scoprendo giornata per giornata. Il livello sembra buono e noi siamo ancora un po’ inesperti. Però i risultati stanno arrivando e questo lascia ben sperare per il futuro. Cerchiamo di fare il meglio possibile poi alla fine si vedrà dove saremo arrivati». Lei ha allenato la Primavera del Lanciano e lo scorso anno ha conseguito il Master a Coverciano. Una Juniores nazionale può apparire un passo indietro per la carriera oppure Bari rappresenta comunque un’occasione importante? «Un passo indietro assolutamente no. Intanto perché parliamo appunto del Bari e quindi non di una squadra qualunque. Quando sono stato contattato non ha avuto il minimo dubbio ad accettare perché comunque allenare qui è come allenare a più alti livelli. La società ha un progetto serio e considero questa esperienza molto importante per la mia carriera». Nei prossimi mesi ci sarà da lavorare ancora tanto per ricostruire il settore giovanile del Bari. Se la prima squadra di Cornacchini approderà in Lega Pro, ci saranno da allestire altre squadre. «Sì, ma per il momento mi concentro soltanto su quello che c’è da fare per migliorare questo gruppo. Sono l’allenatore della Juniores e il mio lavoro è quello. Per tutto il resto, ci penserà la società». I suoi rapporti con Cornacchini? «Ottimi. Ci siamo scontrati tante volte sui campi e adesso lavoriamo in perfetta sintonia. Ci incontriamo e parliamo spesso, si informa sul gruppo e sul lavoro che facciamo». Lei ha giocato anche con un certo Max Allegri a Pescara «Sì, siamo stati compagni di squadra per due stagioni e siamo ancora molto legati, fra noi è rimasta proprio una bella amicizia. Recentemente ci siamo anche incontrati proprio a Pescara».
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AMARCORD
ENRICO CATUZZI IL PROFETA DELLA ZONA Gianni Antonucci
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l nome di Enrico Catuzzi resta scolpito a caratteri cubitali nella ultracentenaria storia del Bari-calcio. È, peraltro, fra i pochi che hanno lasciato, come si dice, il segno. Basti chiedere a coloro che hanno superato la settantina e sentirete l’esaltazione di questo tecnico che aveva fatto ancora di più innamorare la squadra dai colori biancorossi, quelli della città. Era stato ribattezzato “il profeta della zona”. Il suo Bari, quello “dei baresi”, non è stato mai dimenticato. Difesa dello spazio: movimento senza palla. Ripartenze, sovrapposizioni, diagonali. Tutti concetti sconosciuti all’inizio degli anni ’80, quando vigeva il “primo, non prenderle” così come sostenevano in quel momento Gianni Brera sui giornali e Trapattoni sul campo. Catuzzi era sbarcato al Bari proveniente dal Palermo dove lavorava assieme a Veneranda che lo teneva in grande considerazione. Gli veniva assegnata la “primavera” dopo il salto di Santececca sulla panchina del Bari di B a seguito all’esonero di Giacomino Losi. Arrivava sulla panchina della prima squadra in età ancora giovanile, nel 1979, per sostituire il dimissionario Corsini. Salvava il Bari da una pericolosa retrocessione, poi tornava ai suoi ragazzi con i quali vinceva la Coppa Italia primavera nel giugno 1981 quando, ancora una volta, era chiamato
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PER ALLODI ERA UN ALLENATORE NUOVO CHE APPLICAVA SCHEMI DI GIOCO MODERNI PER QUESTO LAVORAVA PER LUNGHE ORE OGNI GIORNO
al “capezzale” del Bari dopo l’andata via di Mimmo Renna. Nel dopo Corsini fu evitata una ormai quasi certa retrocessione, soffrendo in campo e ai bordi del rettangolo verde così come accadeva al presidente accovacciato davanti la scalinata degli spogliatoi ed al d.s. Regalia che aveva seguito la partita con l’orecchio attaccato alla radiolina sintonizzata su “Tutto il calcio minuto per minuto” seguendo l’ultima tappa di un torneo tribolato ma con Catuzzi vincente: una sola sconfitta nelle ultime 8 gare! A luglio 1961 il presidente Matarrese lo confermava per la prima squadra suscitando un comprensibile scetticismo fra i tifosi nonostante le due salvezze appena ottenute (dopo Corsini nel 1959 e Renna nel 1981). Catuzzi con un manipolo di giovani baresi (De Trizio, Caricola, Frappampina, De Rosa, Armenise, Onofrio e Giovanni Loseto, Bitetto, Nicassio, Corrieri, Del Zotti, Cuccovillo, Terracenere) affiancati da Acerbis, Bagnato, La Torre, Ronzani, Venturelli ai quali si aggiungevano i nuovi Maio, Bresciani e Fantini, offriva con la squadra il più bel gioco mai visto nel Bari sfiorando una clamorosa promozione in A dopo una partenza incerta. Solo intrighi di potere vietavano a Catuzzi di effettuare il grande salto e la grande soddisfazione che gli era mancata da calciatore. Il gruppo che aveva raggiunto quel “top” in 19 ottobre 2018 anno II n. 13
MODERNO Enrico Catuzzi con Antonio Matarrese: con lui il Bari ha sempre divertito i tifosi
campionato era stato forgiato dal ritiro precampionato di Acquapendente dove Catuzzi s’innamorava di Silvana, la figlia appena laureata del proprietario dell’albergo, un incontro d’amore condito con un pallone. Nato a Parma il 23 settembre 1946 non aveva avuto molta fortuna da giocatore. Dopo aver giocato nel Napoli e nel Savona e dopo un infortunio alla gamba, decideva di smettere ma di restare nel mondo del calcio conseguendo il patentino al supercorso di Coverciano. Ci teneva a far bene, lui che era figlio d’arte avendo il padre giocato anche in B. Di lui Allodi, il famoso manager dell’Inter di Herrera, diceva: «È veramente quello che si definisce un allenatore moderno: applica schemi all’avanguardia e mette in pratica davvero quel famoso collettivo di cui molto si è parlato negli ultimi anni ma che poco si è visto sui campi da gioco. Per ottenere ciò lavora per lunghe ore ogni giorno, provando e riprovando gli schemi, fino a raggiungere un automatismo quasi perfetto». Convinto assertore della “zona-pura” non era fortunato nel suo secondo anno consecutivo sulla panchina della prima squadra. Andava via con l’arrivo di Radice, ma era richiamato da Vincenzo Matarrese tre anni dopo, ritornando sposato con Silvana (superava gli esami di avvocato proprio a Bari) e 19 ottobre 2018 anno II n. 13
FECE DIVERTIRE I BARESI CON UN CALCIO SPETTACOLARE MA AVEVA UN CARATTERE PARTICOLARE CI HA LASCIATI A SOLI 60 ANNI
con due figli, Niccolò e Martina. Due anni ancora sulla panchina del Bari dopo aver fatto “divertire” i tifosi di Varese e di Pescara con il gioco spettacolare delle sue squadre, ed eccolo, dopo Piacenza, Mantova, giovanili Lazio, Pesaro e Leffe, al comando del Foggia in A nel 1994-95. Poi Pistoiese, Como, Acireale e infine il Cska Sofia in Bulgaria. Catuzzi è stata un’altra grande scoperta dell’era Matarrese di Regalia. Ripreso nel 1986 dopo la retrocessione in B, Catuzzi portò con sé gente come Carrera, Perrone, Roselli, Maiellaro, poi impostisi in serie A. Aveva paura di viaggiare in aereo. Uomo senza compromessi, era stato premiato come miglior allenatore dell’anno. Il presidente Vincenzo Matarrese ripeteva: «Il nome di Catuzzi resterà sempre impresso nella storia del Bari». Aveva regalato a Bari il calcio spettacolo. Aveva, comunque, un carattere imprevedibile; tornava in Puglia per allenare il Foggia in serie A. Rimaneva, però, sempre vittima del suo carattere difficile, introverso. Ci ha lasciati a soli 60 anni il 28 novembre 2006. Il cuore, quello che metteva in campo per insegnare calcio anche per intere giornate, lo tradì. Toccò le 159 panchine in B col Bari; nel 1994-95 col Foggia, in A, l’8° posto all’andata. Poi una retrocessione che fece riflettere. Ma lui e il «Bari dei baresi» erano già nella storia. E vi resteranno per sempre.
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A SPASSO COL BARI
MARSALA
DA GARIBALDI AL VINO DELLA VITTORIA IL CANALE DI SICILIA È A OTTOCENTO CHILOMETRI DA PANE E POMODORO DELL’ADRIATICO BARESE, MICA UNA SCHERZO
NEL MUSEO Marco Tullio Cicerone fu questore dell’antica città Lilibeo tra il 76 e il 75 a.C. Il busto è conservato nel Museo archeologico “Baglio Anselmi”
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Gianluigi De Vito
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l ritorno in Sicilia stavolta è fino alla fine dell’Occidente italico. Marsala, lì dove il paesaggio degrada di colpo come fosse la fine della terra e s’allunga fino alla lingua di Capo Lilibeo, il punto più a Ovest dell’Isola. Il Canale di Sicilia è a ottocento chilometri da Pane e Pomodoro dell’Adriatico barese, mica una scherzo. Vero. L'allungo vale la pena. Non solo perché dopo la prima sincope da pareggio di domenica 14 ottobre (0-0 con la Turris) s’annuncia la voglia di riprendersi il futuro incantato, ma anche perché non c’è modo migliore di accompagnare l'auspicato ritorno auspicato al sorriso boreale da serie D se non con un bicchiere di vino-liquoroso. Quale? Ovvio, marsala: primo vino Doc della storia d’Italia (1969), nettare alcolico ricavato dai vitigni di grillo, catarratto e inzolia. Ha intaccato l’egemonia del porto, posizionando l’estrema Sicilia occidentale sui mercati dell’enomondo, dove il vino-aperativo o da dessert (17-19 gradi) invecchiato fino a dieci anni in botte e altri tre in bottiglia è l’emblema di uno spicchio d’Italia che a più riprese nella storia è stato la testa di ponte del commercio tra l’Europa e l’Africa. CIN CIN DELLA STORIA In principio, i fenici che la fondarono nel III secolo a. C. attorno all’isola di Mozia, per poi cedere il controllo ai romani, il secolo successivo, vittoriosi della prima guerra punica. Sono gli Arabi nel IX secolo d. C. a imporre a quel limbo di terra fertile, bagnato da un mare pescoso, il nome poi rimasto: Mars Allah, porto di Dio. I pirati prima, l’egemonia di Carlo V dopo, fanno segnare il passo. Quello spicchio di Sicilia sarebbe forse sbiadito se non non fosse stato per il palato dell’inglese John Woodhouse. Da poco sbarcato dalla terra andalusa, assaggiò il vino dolce e dismise il commercio dei saponi per dedicarsi a quello, appunto, del marsala, sapendo di contare sulle enormi richieste di vino da dessert che arrivavano dall’Inghilterra del XVIII secolo. Il problema era farlo durare e recapitare senza alterarlo: l’idea di aggiungere qualche goccia di alcol puro risultò geniale. E così che è nato il marsala. La Marina militare britannica del 1800 lo preferì al porto, gli imprenditori fiutarono l’affare e Joseph Whitaker aprì la prima cantina concorrente a quella di Woodhouse: il marsala faceva rotta (e continua a fare rotta) per gli Stati Uniti e l’Australia. Impossibile anche per gli italiani sottrarsi a quel business: Vincenzo Florio, il re delle isole Egadi (Favignana, 19 ottobre 2018 anno II n. 13
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Levanzo e Marettimo: raggiungibili con aliscafo da Marsala), aveva impiantato tonnare e sperimentato le prime formule di welfare aziendale. Investì anche nel vino liquoroso. Il colosso «Cinzano», primi Anni del Novecento, acquisisce tutto, riunisce le cantine (tutt’ora visitabili anche di domenica) nel marchio «Florio», prima di cedere la mano alla «Saronno», ora in possesso di tre etichette assai note, «Florio», «Duca di Salaparuta» e «Corvo». CAMICIA ROSSA C’è un altro incrocio della storia che porta Marsala nei libri di storia di mezzo mondo: lo sbarco di Garibaldi nel 1860 per sconfiggere i Borboni e unificare l’Italia. Una volta a terra, Garibaldi utilizzò le riserve di panno rosso recuperate nell’esilio in Uruguay e usato per i camici dei macellai. Le usò per vestire i Mille. Comincia così l’epopea delle camice rosse. La Seconda Guerra Mondiale ferì a morte buona parte della Marsala storica, ma gran parte della cittò vecchia è stata ricostruita. I VETTORI BASKET E VOLLEY Le connessioni britanniche e americane per via del commercio di vino prima e della Guerra dopo, spiegano in parte anche la trazione sportiva del Trapanese fatta di basket e volley oltre che di calcio. Per la verità, pur fondato nel 1912, il club pallonaro non ha vissuto momenti di gloria fuori dall’Isola. A portare il nome sportivo di Marsala (80mila abitanti) a spasso per l’Italia sono, e Mario Piazza, 49 anni, primo cestista siciliano a superare duemila punti in serie A, ora allenatore di pallacanestro. Una finestra nella storia extracalcistica l’ha ricavata anche il pugile Giovanni Girgenti, morto a gennaio scorso a 76 anni, 22 volte campione italiano dei pesi piuma e olimpionico a Tokyo 1964. Per il resto, Marsala s’affida al vettore pallavolo con una buona squadra di A2 femminile che ha più di qualche ambizione. Insomma, più storia che sport. 19 ottobre 2018 anno II n. 13
DA NON PERDERE Serve il weekend lungo, dunque, per seguire i biancorossi, certo. Nave (tratta Napoli-Palermo) o autobus di linea (partenze ogni sera da Via Capruzzi/Largo Sorrentino: 21.10, Palermo 8,05, arrivo a Marsala alle 11.55; ma per il ritorno qualche problema sulla coincidenza domenicale per Palermo) sono le alternative all’aereo (Bari-Palermo) e all’auto, se si vuole ammortizzare la botta della distanza. L’ottobre marsalese, a 25 chilometri a Sud di Trapani, è un assaggio d’autunno da meraviglia perché offre l’agio di andare a spasso in città e nei dintorni immediati senza i limiti della canicola, immersi in una storia di sapori e visioni che non hanno repliche sul fronte archeologico. I cartaginesi fondatori hanno lasciato tracce e eredità visibili: al museo «Baglio Anselmi» sono esposti i resti della nave da guerra affondata durante la prima guerra punica, unica testimonianza del genio navale cartaginese messo sotto scacco da romani (Lungomare Boeo 30, tel. 0923 952535). Il resto lo fa il sole che ogni sera si corica dietro le pale dei mulini a vento consegnando uno spettacolo di tramonti da cartolina. DOVE MANGIARE Tonno in salsa verde, arancine e pesce a «Il Gallo e l’Innamorata» nella città vecchia (via Stefano Bilardello 18, tel. 0923 1954446, cell. 329 2918503). Cucina classica siciliana genuina, con pane e dolci fatti in casa, al «Delfino». Pasticceria Alagna (via Garibaldi 40, tel 0923 712103) per i dolci: cassate, cannoli e i tipici cappiddruzzi (cassatelle), vale a dire i cappelletti al vino bianco marsala, ripieni rigorosamente di ricotta di pecora, fritti e serviti caldi. Per lo sfingione (tipica pizza) e altri piatti siciliani, «Fratelli Pappalardo» (via Mario Nuccio 17, cel 339 2276751). DOVE DORMIRE B&B «Il profumo del sale» e «Baglio Vajarassa (tel 0923 968628, cel 330 664755), residenza di fine Ottocento della famiglia Agate che ripropone tradizioni contadine sia a tavola sia nell’agrimuseo dell’azienda). COSA FARE D’obbligo la visita a Mozia e alle Saline Ettore Infersa (tel. 0923 3733003) e al relativo mulino all’interno del quale vengono organizzate degustazioni tematiche (c’è anche la possibilità di pernottare) . Cin cin Bari. E buona vita. P.s: il marsala fu ribattezzato il vino della vittoria dopo che per festeggiare la battaglia di Trafalgar (Cadice) il re d’Inghilterra ne ordinò 420 litri, bandendo il porto.
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L’AVVERSARIO
TANTI INFORTUNATI
LA STAR È BARRACO Vito Prigigallo
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on tragga in inganno che Marsala e Bari provengono da un pari a reti bianche in MOMENTO campionato. Il percorso finora è stato quan- NON FELICE to mai diverso. Il punto in comune – appunPER I SICILIANI to il nulla di fatto in casa con la Turris da parte della squadra di Giovanni Cornacchini SEI I PUNTI DI e lo 0-0 rimediato dai ragazzi di Ignazio DISTACCO IN Chianetta a Cittanova – è casuale. Anche CLASSIFICA perché tra la capolista e la formazione siciliana c’è una forbice di 6 punti. Allargatasi in sole 5 partite. IL CAMMINO I 7 punti accumulati dagli azzurri con 2 vittorie, altrettante sconfitte e il pari “conquistato” domenica scorsa in Calabria dà l’idea di una formazione che, partita con altre ambizioni, almeno in questo scorcio iniziale di stagione, ha dovuto rimettere nel cassetto l’idea di essere una delle antagoniste del Bari. COPPA Dopo un doppio 2-2, è stato il Gela, ai 32esimi di finale, a far deragliare i lilibetani: sconfitta interna per 1-2 dopo il vano gol del pareggio di Sekkoum. Ecco, proprio l’ex del Francavilla era stato tra i Barraco protagonisti del passaggio del turno a San Cataldo: 2-2 nel preliminare (Sekkoum e Fragapane) e poi la vittoria ai rigori. Come
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al primo turno: dove la cosiddetta roulette dei tiri a fine partita ha stabilito la superiorità marsalese anche sull’Acireale. Dopo il secondo 2-2 (Prezzabile e Balistreri), il 7-6 finale. DIMISSIONI Non è un momento felicissimo neppure nella stanza dei bottoni. Il presidente Giuseppe Milazzo, infatti, ha lasciato il governo del club calcistico nelle mani del vicario divenuto reggente, Antonino Lo Presti. L’ex patron ha dovuto chiarire che “le dimissioni non c’entrano con i rapporti con Domenico Cottone, che restano splendidi”: in città, infatti, non erano mancati i rumors su altre motivazioni che non fossero quelle legate alla salute di Milazzo. INFERMERIA A proposito di salute, Chianetta è alle prese con numerosi infortuni. Hai voglia a dire, il giovanissimo tecnico del Marsala (ha 34 anni ed è in azzurro da luglio dello scorso anno) che uno vale uno: le assenze di Dario Barraco (33 anni), di Gianmarco Corsino (27), di Maurizio Maraucci (difensore 34enne), di Renzo Parisi (35) e soprattutto di Sekkoum rischiano di togliere dalla contesa con il Bari elementi fondamentali nella struttura marsalese: 19 ottobre 2018 anno II n. 13
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Sekkoum
Candiano
tutti calciatori esperti il cui possibile se non probabile forfait (il centrocampista Barraco era tornato in campo il 7 ottobre per il 4-1 rifilato alla Sancataldese ed ha accusato nuovamente dolore al muscolo ammaccato: “bisogna andarci cauti perché le ricadute sono peggio degli infortuni”) priva la formazione trapanese di elementi importanti se non fondamentali. Coach Chianetta fa buon viso a cattivo gioco, anche perché Maraucci e Sekkoum li ha schierati a Cittanova: “È una partita, quella col Bari, di grande prestigio, ma sempre tre sono i punti in palio. Per il resto, faremo di necessità virtù, per fortuna abbiamo una rosa ampia. Non è mai stato un problema per me la disponibilità dei calciatori: giocheranno altri, pronti a dare il massimo”. LA STAR Se Barraco è uno dei calciatori di riferimento, Naghib Sekkoum ha fatto presto a diventare il faro della squadra. Trentasette anni, siciliano di Sciacca, di origini marocchine, è tornato ad indossare la maglia azzurra dopo 18 anni, quando aveva collezionato, a 19 anni, una presenza in C1. Poi, qualche stagione in Terza Serie e tanta, tantissima Serie D, trascorsa in Campania 19 ottobre 2018 anno II n. 13
LA SQUADRA Lo stemma e, nella pagina accanto, la squadra impegnata nel campionato di serie D con alcuni dei suoi giocatori più rappresentativi
e alla corte della famiglia Cupparo, sulle rive del Sinni, dov’è diventato una bandiera insieme al tecnico servo Ranko Lazic. “Parliamo di un giocatore di altre categorie – ha detto l’allenatore - e lo dimostra domenica dopo domenica”. L’incursore maghrebino è stato schierato anche come playmaker. GLI ALTRI Attenti a Pietro Balistreri, 32 anni, 2 gol nel diluvio sulla Sancataldese. Candiano e Prezzabile sono i mediani, Tripoli è soprannominato la zanzara. Interessante il portiere: si chiama Mario Giappone ed ha 17 anni. CAMPO DELLA VITTORIA Insomma, allo stadio di viale Olimpia, intitolato a Nino Lombardo Angotta, un facoltoso uomo politico locale che fu uno dei presidenti del sodalizio siciliano, per il Bari non sarà per nulla facile. Proprio Angotta, nel ’92, poco prima della sua scomparsa, raccontò di come, durante un Marsala-Bari disputato al “Campo della Vittoria”, il pubblico fu costretto a restare fuori del vecchio impianto a causa della non agibilità delle travi in legno che reggevano le gradinate.
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FOTOGALLERY
LA CLASSIFICA 1
Bari
13
2
Acireale
10
3
Locri
10
4
Sancataldese
9
5
Gela
8
6
Nocerina
8
7
Marsala Calcio
7
8
Palmese 1912
7
9
Portici
7
10
Troina
7
11
Castrovillari
6
12
Turris (-2)
5
13
Cittanovese
5
14
Roccella
4
15
Igea Virtus
4
16
ACR Messina
4
17
Rotonda
3
18
CittĂ Messina
1
LE PROSSIME PARTITE domenica 10 ottobre ore 15 MARSALA - BARI domenica 28 ottobre ore 15 bari - LOCRI Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a:
ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it
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