O BIANC ROSSO
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Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno II numero 21 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano
periodico di informazione sportiva de
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ASPETTATE I l’intervista
andrea abodi e il san nicola
il personaggio
davide marfella il numero uno
i tifosi
a dublino bari e birra
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L’EDITORIALE
di Gaetano Campione
NON DELUDETECI B
ret Meyers è un professore americano. Prima o poi bisognerà invitarlo allo stadio San Nicola. Perché lui ha studiato con precisione cronometrica i momenti migliori per effettuare i cambi, aumentando le possibilità di recuperare lo svantaggio in una competizione. Se si seguisse il suo schema (primo cambio al 58’, secondo al 73’ e terzo al 79’) le possibilità di ribaltare la partita addirittura aumenterebbero. La gestione delle sostituzioni, mai come oggi, è diventata fondamentale e determinante. E lo sfruttamento della panchina, quando si ha una rosa abbondante e di qualità, si può trasformare in un’arma letale. A patto di saperla sfruttare al meglio. Cosa che in più d’una occasione i biancorossi hanno dimostrato di eseguire non in modo impeccabile. Altro punto critico sembra la tenuta psicologica che crea qualche preoccupazione di troppo. A volte sembra mancare la motivazione per vincere. Un aspetto inspiegabile, sia per la differente caratura dei giocatori che Cornacchini ha a disposizione, rispetto alle altre squadre concorrenti, sia per il vantaggio accumulato in termini di punti. E’ come se, in alcune occasioni, venisse tirato il freno a mano e i biancorossi sparissero dal campo trasformando le due frazioni di gioco in altrettante partite completamente diverse: la manovra diventa lenta, la costruzione
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dell’azione perde di efficacia, i protagonisti si assentano dal contesto calcistico. Bari, forte con i deboli e debole con i forti? Il campionato di vertice può giocare brutti scherzi. Dal mito dell’invincibilità all’assuefazione da primato. Il mister, per allontanare i cattivi pensieri, punta tutto sulla costante applicazione sul lavoro settimanale, attraverso la quale trovare stimoli, rafforzare la determinazione, trasformare in cattiveria agonistica le energie biancorosse. Il periodo di appannamento deve per forza passare. La demineralizzazione del potenziale della squadra nelle ultime partite forse è il sintomo di chi si sente già appagato e sazio. Allora, suoniamo la carica. Vogliamo giocatori con la faccia cattiva, grintosi, determinati, perché arrivare in primavera senza energie è una variante non contemplata nel manuale del tifoso. Solo il Bari può complicare la vita del Bari. Alle montagne russe con gli alti e bassi preferiamo una squadra di guerrieri in grado di affrontare tutte le partite con coltello fra i denti. Limiamo le imperfezioni e ritroviamo il coraggio e la sfrontatezza tipici di chi ha tutti mezzi per volare alto. Le grandi passioni, se non contraccambiate, si possono trasformare in grandi delusioni. Lo ricorda la storia recente del club biancorosso.
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SOMMARIO
il Biancorosso anno II n. 21 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81
l’analisi MARFELLA
Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Michele De Feudis Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Vito Prigigallo Il Nostro Bari Fotografie Luca Turi Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci Giuseppe Corcelli Sergio Scagliola Saverio De Giglio
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ABODI
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Foto poster: A. Scuro
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I TIFOSI
Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Azienda Grafica Capitolina - Roma
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PANENKA
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l’analisi
IL re dei bomber una corsa a tre Tutti per uno, uno per tutti. Roberto Floriano, Simone Simeri e Samuele Neglia: ecco i tre moschettieri del gol. Magari il Bari non ha il bomber da venti reti. Tuttavia, in tre hanno realizzato ben 29 gol, contribuendo a rendere l’attacco biancorosso il migliore del girone I, nonché tra i più forti reparti offensivi dell’intera serie D. 11 gol per Floriano, dieci per Simeri, otto per Neglia: distanze minime li separano. Ma, a meno di un clamoroso arrivo a braccetto, uno solo di loro si toglierà la soddisfazione di essere il capocannoniere dei galletti. E chissà che qualcuno non guardi addirittura il trono dei bomber generale del girone. In fondo, Floriano è già sul podio, ad un solo gradino da Crucitti della Cittanovese e a quattro da Longo della Turris. Vediamo, allora, chi può spuntarla in questa sfida interna. 6
ROBERTO FLORIANO Roberto Floriano 22 presenze, 1.377’ giocati, 11 gol Non è tiratore scelto per eccellenza. Vero è che in carriera ha raggiunto la doppia cifra solo quattro volte (Bari è la quinta): nel biennio con la Colognese (11 e 10 gol dal 2008 al 2010, in serie D), al Mantova nel 2013-14 (in C2, record personale di marcature), alla Carrarese in C (11 centri nel 2016-17). Tuttavia, ora comanda lui tra le punte biancorosse e non cederà volentieri la mano.
Perché sì
Per colpi, classe, estro e passo, non ci sarebbe gara. Floriano è decisamente avanti ai suoi concorrenti. Tecnica sopraffina, accelerazione bruciante, freddezza sotto rete: il 32enne nato in Germania è giocatore di altra categoria. Nello spazio aperto è devastante, con il destro ha una precisione chirurgica, tatticamente vanta un’esperienza tale da farlo essere sempre al posto giusto nel momento giusto. Sta andando in gol con grande regolarità: mai più di quattro giornate a digiuno. E poi è suo il primo gol della stagione biancorossa: chissà che non sia un segno del destino…
Perché NO
È un esterno offensivo e la posizione defilata, inevitabilmente, un po’ lo penalizza. Non solo: è chiamato a scatti ripetuti e sforzi prolungati che lo espongono a continue sollecitazioni muscolari e, talvolta, a lievi intoppi. La sua tecnica in velocità, inoltre, si esalta sui campi grandi e regolari. Finisce, invece, con il soffrire su terreni piccoli e su superfici poco omogenee. Non a caso, ha segnato soltanto tre gol lontano dal San Nicola. Essendo un perno troppo importante per il Bari, infine, Cornacchini tende a gestirlo risparmiandogli i finali di gara. Il minutaggio ridotto, in questo caso, non si rivela amico.
Presenze 22 Minuti 1.377’ Gol 11
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SIMONE SIMERI
SAMUELE NEGLIA
Simone Simeri 25 presenze, 1.618’ giocati, 10 gol Lui è stato ingaggiato per trascinare il Bari a suon di reti. Infatti, porta il numero nove sulle spalle. Da cinque stagioni di fila raggiunge puntualmente la doppia cifra: con il Rende in D (10 gol nel 2014), quindi a Potenza (13 bersagli, ancora in D), con la Folgore Caratese (21 gol sempre in D, il suo massimo in un campionato), con la Juve Stabia (11 gol in C) ed ora con il Bari. L’almanacco, insomma, è un suo alleato.
Perché sì
È la punta centrale, quindi il deputato principale a segnare. Movimenti e fiuto non gli mancano: riesce sempre a procurarsi occasioni da gol. Particolare non trascurabile: tra i tre attaccanti biancorossi è quello che ha maggior confidenza con il gioco aereo, pur non avendo le misure dell’ariete. Non gli manca, insomma, la varietà di soluzioni: ha segnato dalla grande distanza o sotto misura, con prodezze balistiche o di rapina. E ancora: quando non c’è Brienza, è lui il rigorista (due su due dal dischetto, con Cittanovese e Roccella): un’arma in più che potrebbe rivelarsi decisiva nello sprint finale.
Perché NO
L’impulsività lo frena. Non sono poche le reti divorate, alcune anche in maniera clamorosa. Nel complesso, lascia l’impressione di raccogliere meno di quanto semini: sul piano della freddezza deve decisamente migliorare. Non gli giova, inoltre, la concorrenza spietata nel ruolo, rappresentata da Pozzebon e Iadaresta, centravanti come lui. Nell’ambito delle rotazioni, è toccato anche a lui partire dalla panchina e trovarsi magari a dover capitalizzare soltanto una mezzoretta a disposizione. Per tecnica individuale, infine, è inferiore a Presenze 25 Floriano e Neglia, Minuti 1.618’ entrambi più rafGol 10 finati e precisi.
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Samuele Neglia 24 presenze, 1.404’ giocati, otto gol È il meno attaccante del terzetto. Sebbene con caratteristiche prettamente offensive, è un’ala e persino soffre quando deve agire da punta pura. In carriera, soltanto due volte ha raggiunto la doppia cifra, entrambe a Viterbo: 10 gol nel 2015-16 in serie D, 13 la stagione successiva, disputata in serie C. Sulla carta, è quello che ha meno chance. Ma la distanza dai compagni resta esigua e potrà giocarsi fino in fondo le sue carte.
Perché sì
Per le doti tecniche, innanzitutto. Calcia con grande precisione, incrociando le traiettorie con entrambi i piedi. Ottimo contropiedista, un po’ come Floriano, diventa imprendibile a campo aperto. Altre due doti gli giocano a favore: la freddezza e la prontezza. Raro, infatti, vedergli fallire una clamorosa occasione: al momento opportuno, colpisce senza pietà. In più, non ha mai bisogno di rodaggio. Che parta dall’inizio o a gara in corso, risponde sempre presente alla chiamata, riuscendo a lasciare un’impronta anche quando il minutaggio non è dei più generosi.
Perché NO
Per uno come lui, il gol è un extra, non la principale peculiarità. In teoria, per caratteristiche sarebbe più portato all’assist che alla soddisfazione personale. Scontato, poi, che la caratura superiore Presenze 24 lo renda prolifico Minuti 1.404’ in serie D. Ma nel Gol 8 terzetto biancorosso, è il meno vicino alla porta. In più, c’è un altro fattore: quando gioca Brienza, è difficile che ci sia anche lui. E data l’irrinunciabilità di Floriano e le caratteristiche differenti da Simeri, sul piano degli equilibri rischia di essere il più sacrificato in termini di spazio quando scende in campo il capitano. E siccome è difficile rinunciare pure a Brienza (soprattutto in casa), dovrà arrangiarsi spesso in porzioni di gara.
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il personaggio
MARFELLA ESSENZIALE TRA I PALI SERENO IN CAMPO Filippo Luigi Fasano
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ntere partite trascorse subendo pochi tiri e zero gol, prima. Le punizioni che bucano la barriera e fanno centro, dopo. In mezzo fra le une e le altre, fra i peana e le critiche, fra l’esaltazione e il mugugno c’è quel filo sottile su cui Davide Marfella ha già imparato a camminare da un pezzo. Portiere under, ma cresciuto con gli over sin dall’adolescenza: titolare a 16 anni in Eccellenza campana, vincitore di serie D a 19, titolare a Bari quest’anno. Essenziale, fra i pali e davanti a un microfono, con risposte lunghe quanto un tweet. Essenziali appunto, come il suo modo di parare. Ma non banali: «Bari? Una grande piazza – conferma il classe ‘99 di Pozzuoli – Proprio come me l’ero immaginata». All’inizio sembra potesse restare nel
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Intere partite trascorse subendo pochi tiri e zero gol, prima. Le punizioni che bucano la carriera e fanno centro, dopo In mezzo fra l’esaltazione e il mugugno il portiere under cresciuto con gli over
“suo” Napoli, sia pure come terzo portiere. «Sì, dovevo rimanere in prima squadra. Poi è venuta fuori questa opportunità e non me la sono lasciata sfuggire». Ci ha pensato un po’, prima di accettare? «Mai avuto dubbi. Come si può dire “no” al Bari? Sono giovane ed ho bisogno di giocare, per crescere». Molti alti e qualche basso: come sta vivendo questo campionato? «Scendo in campo sereno, perchè so che in allenamento do tutto». La D l’ha già vinta l’anno scorso a Pesaro. «Differenze? La piazza, prima di tutto. Non c’è paragone: la pressione è diversa». Altra stagione, altro girone. «Tecnicamente il livello era più alto, forse. Qui la mettono sul piano fisico». 2 marzo 2019 anno II n. 21
Davanti ha tre centrali, tutti over 35. Chi parla, in partita? «Io. Non ho paura a farlo con loro, anche se sono più grandi di me. E poi si è instaurato un ottimo rapporto». E chi altri si fa sentire? «Di Cesare è quello che parla di più. È sempre pronto a dare consigli ai più giovani. E come lui, Mattera e Cacioli». Con Cacioli ci ha giocato pure lo scorso campionato. «Quello con “Cacio” è proprio un bel rapporto, anche fuori dal campo. Scherziamo molto, usciamo a cena assieme». Centottantadue centrimetri: alto, ma non altissimo. Se lo sarà sentito dire tante volte. «È vero, c’è questa idea di portiere che
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il personaggio
Para Napoli
ha cominciato in difesa come terzino mancava il portiere andò fra i pali e non si è mosso più
deve essere per forza alto e grosso. Forse per farsi valere sulle palle inattive, che sono sempre più decisive. Ma è solo uno stereotipo». Alto, grosso e con piedi discreti. Quella del giro palla sta diventando un’ossessione. «Lo richiede il calcio di oggi, di esser bravi pure con i piedi. E noi dobbiamo esser pronti per far bene anche questo». È nato portiere o lo è diventato? «Ho cominciato in difesa, come terzino. Un giorno mancava il portiere, andai fra i pali e feci bene. Arrivò l’ordine del mister: “Da qui non ti muovi più”». Bisogna essere davvero un po’ ‘matti’, per fare il portiere? «Un altro luogo comune. Invece serve essere molto equilibrati. Si tratta del ruolo più delicato in assoluto».
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La prima rete subita alla quarta giornata, una lunga imbattibilità fra novembre e dicembre, interrottasi a 562 minuti contro il Rotonda. Quella in corso sarà per Davide Marfella un campionato comunque da ricordare. Una stagione vissuta da protagonista: sempre titolare, sempre in campo, ad eccezione della gara di coppa persa contro il Bitonto (fra i pali c’era il lituano Siaulys, sostituito a gennaio da Bellussi). Nato a Napoli il 15 settembre 1999, Marfella non è il primo portiere partenopeo nella storia del calcio barese. In epoca recente i tifosi ricordano Pino “Batman”
Taglialatela, arrivato assieme a Tovalieri nell’estate 1992: 30 presenze per lui nella successiva stagione in B, lasciando un buon ricordo nonostante il mancato ritorno in serie A. In massima serie, invece, ha giocato in biancorosso Generoso Rossi, promosso titolare all’inizio della stagione 2000/01 dopo la rinuncia a Franco Mancini: 6 presenze da 21enne per lui, prima di lasciare spazio a Jean Francois Gillet ingaggiato dal Monza. Nel suo palmares biancorosso, resta la vittoria del Torneo di Viareggio 1997. Allargando la ricerca alla Campania, la vetrina è senz’altro
Dove ha cominciato? «Nella Puteolana, la squadra della mia città. Poi Eccellenza a Savoia, (stagione 16/17, ndg), a 16 anni. Il Napoli già mi stava seguendo e mi prese, fra gli Allievi. Mi ha voluto Grava, il responsabile del settore giovanile». Qual è il ricordo più bello, in azzurro? «Istanbul, il rigore parato all’esordio in Youth League. Al ritorno viaggiamo con la prima squadra e mi fanno i complimenti da Koulibaly e Ghoulam». Filo diretto Napoli-Bari: chi consiglierebbe fra i suoi ex compagni? «Senz’altro Gianluca Gaetano: ricorda il primo Hamsik. Poi Palmieri, che gioca in attacco, e Mezzoni, un esterno (tutti e tre del 2000, ndg)». L’anno prossimo, in questa categoria, sarà ancora under. Meglio un’altra D da 2 marzo 2019 anno II n. 21
«in porta serve essere molto Equilibrati si tratta del ruolo più delicato in assoluto»
per Alfonso Ricciardi, portiere avellinese nelle tre stagioni di A dal 1938 al 1941, per un totale di di 63 partite. Menzione doverosa anche per Luigi Imparato, classe 1963 nativo di Castellamare di Stabia: 44 presenze (una delle quali in A) in quattro stagioni fra 1984 e 1988 ma solo una da protagonista, quella della promozione in A con Bolchi, dopo un’iniziale alternanza con il più esperto Mascella. Ruolino da comprimari, invece, per Antonino Elefante, napoletano sì ma di Gragnano (5 presenze nel campionato 75/76), e Rosario Vitolo, salernitano (1 gara nel campionato 76/77).
vincere o l’eventuale C a Bari? «Dipendesse da me, rimarrei qui. Anche solo per giocarmi il posto». È vero che c’è un altro calciatore, in famiglia? «Sì, Simone, mio fratello gemello. Gioca a Cesena, da terzino». L’anno scorso, però, eravate nello stesso girone. «Lui nella Sangiustese, io a Pesaro. Due partite, due vittorie, con annesse prese in giro. Al ritorno giocò da esterno alto e mi fece due gol. Inutili: era in fuorigioco». Gli diamo appuntamento alla Poule Scudetto? «Prima pensiamo a chiudere il campionato. E se dovesse succedere, spero di incontrarlo in finale. Come finirebbe? «Lo batterei un’altra volta. Vinceremmo noi».
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l’intervista
ABODI NON HO
DIMENTICATO LO STADIO SAN NICOLA Davide Lattanzi
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a visto il Bari fallire e rinascere da presidente della Lega di Serie B (ruolo ricoperto dal 2010 al 2017). Poi è stato tra i principali attori del progetto sul “nuovo” San Nicola da presidente dell’istituto di Credito sportivo, carica che ricopre ancora oggi. Pur se dall’esterno, Andrea Abodi ha avuto un osservatorio speciale sulle recenti vicende biancorosse. Il 58enne manager romano, quindi, si apre a 360 gradi: dal futuro dello stadio barese alle prospettive del nuovo corso targato De Laurentiis, fino a come regolamentare il calcio per evitare futuri default. Presidente Andrea Abodi, grazie all’intervento dell’istituto di Credito sportivo e B futura, Bari ha accarezzato il sogno del nuovo San Nicola: un progetto destinato a restare in un cassetto o potrà essere ripreso?
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«La cronaca ha logicamente determinato lo stop all’iniziativa, ma l’eredità di quel lavoro sarà sempre a disposizione di chi vorrà riprendere, quando sarà il suo tempo, il tema. Nulla di quell’impegno andrà perduto» «I sogni sono fonte di ispirazioni che poi devono trovare nella realtà condizioni favorevoli, ma soprattutto interpreti appassionati, determinati e, come è necessario in questo caso, pazienti. La rinascita del Bari ha stabilito nuove priorità, a partire da quella sportiva, e in questa fase della nuova vita dei colori biancorossi è giusto concentrare l’attenzione su queste priorità. Dopodiché, con il tempo, sarà naturale parlare anche di un nuovo centro di allenamento e dello stadio». Le parti ed i professionisti coinvolti parevano entusiasti del progetto: lei per primo era motivatissimo a dar luce al nuovo stadio: quanto le è dispiaciuto dover constatare lo stop di un programma che aveva richiesto tanto lavoro? «Io mi innamoro di ogni progetto, al di là delle sue dimensioni, nel quale credo e quello del nuovo San Nicola aveva tutte le caratteristiche, pur nella complessità del tema, per meritare un sogno e realizzarlo. La totale collaborazione dell’Amministrazione comunale, la ferma volontà del club e le riconosciute competenze dei professionisti che hanno realizzato il piano di pre-fattibilità rappresentarono le tre precondizioni indispensabili per un progetto serio e credibile. La cronaca che tutti conosciamo ha logicamente determinato lo stop all’iniziativa, ma l’eredità di quel lavoro sarà sempre a disposizione di chi vorrà riprendere, quando sarà il suo tempo, il tema dello stadio. Nulla di quell’impegno andrà perduto». Al di là di quanto si realizzerà in futuro, è indubbio che il San Nicola, nato ormai quasi 29 anni fa, abbia bisogno di un robusto restyling: secondo lei, a quale soluzione si potrebbe pensare? «Nel nostro piano non siamo entrati in modo significativo e definitivo nelle scelte architettoniche e ingegneristiche, perché riteniamo che nella prima fase di uno studio di fattibilità ci si debba concentrare su altri fattori: l’analisi e l’ascolto del territorio, la definizione delle procedure amministrative, i fattori di accessibilità, funzionalità e commerciabilità dell’infrastruttura, la sua relazione con il piano di sviluppo della città 2 marzo 2019 anno II n. 21
«De Laurentiis ha idee chiare conosce bene il calcio sa scegliere le persone con le quali collaborare, dà il giusto valore ai soldi, non spaccia facili illusioni e coltiva ambizioni che possono sintonizzarsi con quelle dei tifosi baresi»
in chiave di riqualificazione e rigenerazione urbana, per arrivare, al termine di questo percorso, alle verifiche di sostenibilità del piano finanziario. Tutti questi elementi rappresentano un patrimonio di informazioni che verrà messo a disposizione, se sarà possibile, di chi disegnerà la nuova infrastruttura. E secondo me, con grande umiltà, c’è solo una persona che potrà svolgere questo incarico: il maestro Renzo Piano, che fu “padre e madre” del San Nicola e meglio di chiunque altro, trent’anni dopo, potrà tradurre architettonicamente, con la stessa eccellenza distintiva, le esigenze di chi nel rinnovato stadio entrerà per tifare, lavorare e investire». Il progetto è sfumato a causa del default del club: sempre più società (anche blasonate) scompaiono. Come si può porre fine a tale fenomeno? «Il progetto, come ho già detto, lo considero semplicemente “in attesa” di nuove e migliori condizioni. Dopodiché i temi della sostenibilità finanziaria del sistema calcistico italiano, della qualità del prodotto da offrire ai portatori d’interesse e della competitività dello stesso a livello nazionale e internazionale, sono questioni ancora aperte e irrisolte. Nello specifico, i club saltano, purtroppo anche durante i campionati, per un modello di regole e di controlli non all’altezza delle ambizioni di crescita. Selezionare per qualità reputazionale e finanziaria le proprietà e i club sarà sempre più decisivo, per evitare infiltrazioni pericolose e di scoraggiare imprenditori e investitori sani. Limitare il numero delle società professionistiche a non più di 80 potrà contribuire a limitare i rischi, ma la Federazione e le Leghe dovranno decidere se questo obiettivo sarà la conseguenza di una preventiva selezione qualitativa o di una semplice rimodulazione degli organici dei campionati a seguito degli ennesimi fallimenti». È stato tra i pochi ad avere contatti costanti con Cosmo Antonio Giancaspro, anche nei giorni più drammatici: che idea si è fatto di quanto avvenuto? «Ho conosciuto la persona e meno i fatti che gli sono stati attribuiti. Un uomo sem-
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l’intervista
plice, appassionato e determinato, pronto a mettere a disposizione il suo patrimonio per un progetto sportivo completo. Una persona riservata e poco predisposta alla comunicazione, che forse si è lanciata in un’avventura imprenditoriale e sportiva alla quale non era preparato. Ha pagato e sta pagando un prezzo elevatissimo. Da amico mi auguro sappia dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati, ma tutto dipende dalla valutazione dei magistrati che bisogna saper rispettare e nei confronti dei quali bisogna avere fiducia». Da lontano che cosa ha pensato quando ha visto il Bari sparire dal calcio professionistico? «Ho visto due volte interrompersi la vita sportiva del Bari, in pochi anni e ricoprendo ruoli diversi. Proprio l’esperienza vissuta da presidente della Lega B mi ha fatto comprendere quanto il calcio vada ben oltre le forme giuridiche nelle quali è organizzato. La sua forza è nell’animo della passione popolare che ne rappresenta la pura essenza e la ragione del suo radicamento che attraversa il tempo, le generazioni e la loro condizione sociale. Clamorosa fu l’esperienza del San Nicola che nei mesi precedenti il fallimento del club nel 2014 faticava a ospitare
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«come presidente della Lega B ho capito quanto il calcio vada ben oltre le forme giuridiche nelle quali è organizzato la sua forza È nell’animo della passione popolare»
più di 5mila tifosi a partita e dopo poche settimane, con la società gestita sapientemente nell’esercizio provvisorio dai due curatori, Marcello Danisi e Gianvito Giannelli, venne pacificamente occupato nelle partite casalinghe dall’amore di 60mila baresi che dimostrarono con quell’esperienza che il calcio è come la fenice: sempre pronto a rinascere, a offrire un’altra opportunità. In questo caso purtroppo ricominciando dalla serie D, ma sono certo che saranno anni di soddisfazioni e di veloce recupero della categoria che Bari e il Bari meritano». Il Bari è ripartito dalla famiglia De Laurentiis: pensa che possa essere una soluzione ideale per riportare il capoluogo barese ai massimi livelli? «La migliore delle ripartenze, grazie all’iniziativa di Aurelio De Laurentiis e di suo figlio Luigi e alla scelta fatta dal sindaco Decaro. La famiglia De Laurentiis ha idee chiare, conosce bene il calcio, sa scegliere le persone con le quali collaborare, dà il giusto valore ai soldi, non spaccia facili illusioni e coltiva ambizioni che possono sintonizzarsi con quelle dei tifosi baresi. Passo dopo passo, senza troppi stress, verranno raggiunti gli obiettivi di un piano triennale nel quale nessun traguardo è precluso». 2 marzo 2019 anno II n. 21
Sempre più imprenditori investono su una seconda squadra: qual è la sua idea sulla multiproprietà e pensa che sia una fattispecie conciliabile in uno stesso campionato in futuro? «Seconda squadra o seconda proprietà: modelli che nel nostro Paese sono ancora in una prima fase, ai primi approcci, per rispondere alle esigenze di grandi club o di grandi proprietà di rispettare da un lato le norme federali sulle liste dei calciatori tesserabili e dall’altra di offrire nuove opportunità ai giovani, soprattutto italiani, per valutarne le effettive capacità. Il successo di questi due modelli si misurerà nel tempo proprio verificando quanti ragazzi dimostreranno, giocando in seconde squadre o secondi club, di essere all’altezza del grande calcio. E quanti di questi ragazzi apparterranno a quella che mi piace chiamare “la Giovane Italia”. Sulla possibilità di far giocare due squadre dello stesso proprietario, o con uno stretto grado di parentela, nello stesso campionato al momento lo escludono le norme italiane e, soprattutto, quelle internazionali, che non sarà facile modificare». Che cosa vorrebbe realizzare nell’ambito del suo incarico alla guida dell’istituto di credito sportivo? 2 marzo 2019 anno II n. 21
«far giocare due squadre dello stesso proprietario, o con uno stretto grado di parentela, nello stesso campionato al momento lo escludono le norme che non sarà facile modificare»
«In un armonioso gioco di squadra al quale partecipano quotidianamente 170 colleghi in tutta Italia, insieme ai membri degli organi statutari, di concerto con le Istituzioni Governative alle quali facciamo riferimento, vogliamo costruire una piattaforma di opportunità per operatori pubblici e privati che renda possibile lo sviluppo sostenibile delle infrastrutture sportive, oltre che dei beni e delle attività culturali nel nostro Paese, a partire dalle scuole e dalle università. Diventeremo in breve tempo molto di più di una semplice banca, peraltro pubblica: continueremo a finanziare e co-finanziare iniziative, ma inizieremo anche a investire nei progetti e a trovare altri investitori per realizzarli, contribuendo con le nostre professionalità a farli nascere perché possano essere finanziabili o meritare la fiducia degli investitori. Obiettivi ambizioni che abbiamo il dovere e il piacere di coltivare per rendere il Credito Sportivo sempre più utile allo sviluppo del Paese, più di quanto abbia già fatto nei suoi primi 60 anni di vita caratterizzati da 33mila cantieri finanziati in ogni angolo del nostro Paese». Ha presieduto la Lega di B, ha sfiorato lo stesso incarico in Lega di A e poi in Figc: tornerà nel calcio prima o poi? «Sono stati sette anni intensi e meravigliosi, vissuti in Lega B con persone di qualità e di valori, alla quotidiana ricerca del miglioramento e della crescita della associazione e della competizione, della loro reputazione, del loro ruolo nei territori e nel sistema calcio, dei fatturati sportivi, sociali e finanziari della Lega stessa e dei suoi club. A metà percorso ho tentato di portare questo modello a un livello superiore, la Serie A, e al termine dell’esperienza della B l’altro tentativo per cambiare la Federcalcio: due sconfitte che mi hanno fatto comprendere gli errori commessi, le buone cose realizzate e quelle che ancora mancavano (e mancano) per produrre quei cambiamenti dei quali ha tremendamente bisogno il calcio italiano per affrontare la sfida del futuro e tornare a essere un modello di riferimento a livello mondiale. Adesso con il calcio e per il calcio lavoro da un’altra postazione, quella del Credito sportivo, che può comunque contribuire, non solo finanziariamente, a una nuova crescita e a un rinnovato sviluppo di questa disciplina: dagli stadi ai campetti degli oratori, sostenendo il calcio giovanile e quello femminile in grande espansione, contribuendo anche alla promozione della cultura sportiva e del rispetto delle regole. Questo è e sarà il mio modo di stare anche nel calcio».
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DESTRO Non è il suo piede, ma in fondo chi se ne accorge? Preciso nel palleggio e nella conclusione
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Data di nascita: 19-03-1979 (39 anni) Luogo di nascita: Cantù Altezza: 171 centimetri Peso forma: 68 kg
presenze
RUOLO
trequartista seconda punta
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Foggia (B)
Non può avere i 90’ nelle gambe, ma garantisce una buona ora di assoluta qualità
Bari (D)
PRESTANZA FISICA Misure ridotte, ma armoniche: il baricentro basso lo rende tosto e compatto
gol
2 presenze
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2016-18 2018-19
VISIONE DI GIOCO Intelligenza straordinaria, lampi di genio puro: vede un calcio stellare
VELOCITÀ Mai stato uno scattista, nel tempo
Fog gia (C
Fo g
(D) Imolese
1994-97 1997-98 199 19 8-99 99 -20 00
BR
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il bari visto da...
se l’allenatore fosse più abile a comunicare con l a piazza gli verreBBE perdonato qualche pareggio in più invece lui lavora e basta
l’aplomb di cornacchini Claudia Carbonara*
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l desiderio di Cornacchini era quello di gestire i nove punti di vantaggio dopo lo scontro diretto contro la Turris. Ormai la sfida di Torre del Greco è alle spalle, mancano solo nove giornate alla fine del campionato e sono sempre nove i punti di vantaggio rispetto ai corallini. Sarà dunque soddisfatto il tecnico biancorosso, al quale ad inizio stagione è stato chiesto di riportare la squadra tra i professionisti in un solo anno. È questa la missione del trainer marchigiano, che non ha, è vero, la grinta di Antonio Conte, che non parla il dialetto barese per accattivarsi le simpatie dei tifosi biancorossi come Giampiero Ventura, ma in fondo sta portando la nave al porto indicato dalla famiglia De Laurentiis. Sono convinta che se Cornacchini fosse più abile a comunicare con la piazza, gli verrebbe perdonato qualche pareggio in più o magari anche qualche prestazione opaca. Invece Cornacchini lavora e basta e quando si presenta davanti alle telecamere conserva un aplomb “nord europeo” che non s’infila in un contesto caldo come quello di Bari. È l’unico appunto che sollevo nei confronti del tecnico biancorosso che a mio avviso andrebbe riconfermato anche in serie C. Parliamoci chiaramente: nessuno gli ha chiesto di attuare un bel calcio o di far necessariamente divertire il pubblico del San Nicola, ma semplicemente gli è stato detto di stravincere questo strano girone I di serie D, al quale probabilmente nella sua luminosa carriera aveva dedicato solo qualche sguardo. Il nuovo Bari non ha una 2 marzo 2019 anno II n. 21
l’esame serie d sta per essere superato dalla piazza barese a traguardo raggiunto meriterà un applauso
storia, ma ha un blasone che si porta dietro ad ogni trasferta. Le antagoniste del girone non possono che vivere come una festa l’arrivo di Brienza e compagnia e anche l’approdo al San Nicola è vissuto dalle avversarie come “La partita” anche per questo i calciatori dell’Acireale dopo un semplice 1-1 hanno mostrato il tabellone della gara, nello spogliatoio, come se avessero vinto il campionato. Tutto molto bello, ma questo può rappresentare un fardello per chi deve vincere e basta: per i calciatori, l’allenatore e la dirigenza. Lo scorso anno di questi tempi, i baresi assistevano a qualche verticalizzazione in più, a qualche “veronica” o “palombella”, ma alla fine sappiamo tutti come è andata a finire. Per non parlare delle avversarie: è ben diverso vivere il derby con il Foggia, piuttosto che preparare una coreografia per la sfida casalinga contro la Nocerina. Insomma l’esame «serie D» sta per essere superato dalla piazza barese. Ognuno di noi si è calato nella parte e ha giocato quel ruolo che mai avrebbe immaginato di interpretare. A traguardo raggiunto tutta la piazza barese, meriterà un applauso, perché ciascun attore, tra tifosi, allenatore, calciatori, addetti ai lavori, società e giornalisti, ha vestito la sua parte con dignità, abbassando la testa e conquistando il professionismo senza dover dire grazie a nessuno, forse con qualche ferita e qualche amarezza, ma con la consapevolezza che ormai il peggio è alle spalle. *Responsabile redazione sportiva AntennaSud
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amarcord
costagliola
il gatto magico
È il portiere italiano col maggior numero di presenze nel Bari (174) Era considerato un acrobata perché volava tra i pali 20
Gianni Antonucci
È
stato il portiere italiano, peraltro pugliese, a vantare al suo attivo il maggior numero di presenze nel Bari: 174 di cui 140 in A e 34 in B. Il record, invece, appartiene a uno straniero: François Gillet, belga, con un totale di 353 presenze in biancorosso. Nella hit parade che hanno superato quota 100 troviamo Cubi con 163, Fontana con 133, Spalazzi con 123, Buttarelli con 113, Magnanini con 104 per quanto riguarda i portieri che hanno superato le 100 presenze. Leonardo Costagliola detto “Nardino”, tarantino, nato il 27 ottobre 1921 diventava biancorosso a soli 19 anni dopo essere stato svezzato da un ex portiere del Bari, Zamberletti. Le sue prime parate le aveva compiute a difesa della Pro Italia di Taranto. E, proprio dal Pro Italia, veniva ceduto al Bari col quale debuttava addirittura in serie A il 27 ottobre 1940, nel giorno del suo 19°compleanno. La ricorrenza la bagnava non solo con il debutto nel grande calcio, ma soprattutto con una vittoria a Trieste per 4-2. In quel torneo, comunque, un po’chiuso dall’esperto Ricciardi, disputava solo 9 partite. Nel torneo successivo di B, diventava, invece, il protagonista del Bari imponendosi con le sue 34 presenze e con appena 26 gol subiti. Era l’idolo dei tifosi nel torneo di A del 1942/43 e durante il triste periodo di guerra, con l’Italia divisa e con i campionati di calcio fermi, Costagliola si distingueva nel Conversano che vinceva il titolo regionale. Un titolo che avrebbe dovuto assegnare lo scudetto (com’era accaduto a favore della Spezia) ma che non è stato mai riconosciuto. Portiere di un’elasticità straordinaria, ogni tanto aveva la cosiddetta “giornata storta”: una volta, in trasferta, subì sei reti e la stampa non perse tempo con questo titolo: “Costagliola, ti 6 fatto male?”. Non si scoraggiava e ritornava a giocare. Riformatosi il Bari a fine 1944 il numero uno cominciava la sua “escalation” confermandosi “gatto magico” fra i pali prima nel torneo Centro-Sud misto di A e B e poi nella prima serie A del dopo guerra quando una generazione di portieri piccoli e acrobatici riempiva di voli le pagine del “Calcio Illustrato”. Era stato in azzurro con la Nazionale B durante la fase cruente del periodo bellico. Non era un’atleta che aveva bisogno di motivazioni. Parlava con sé stesso e scendeva in campo facendosi il segno della croce. Tenace e volitivo, si diplomava a Bari da geometra per inseguire il sogno almeno della Nazionale olimpica allora formata da studenti universitari. Aveva 2 marzo 2019 anno II n. 21
gatto magico Costagliola con il direttore sportivo del Bari Mario Borrelli. Sotto, con la squadra nel 1947 allo Stadio dell Vittoria: da sinistra Cavone, Borrelli, Costagliola, Costantino, Capocasale e Carlini
sperato di essere convocato da Pozzo per la partita Italia-Cecoslovacchia giocata a Bari il 14 dicembre 1947. Ma al portiere titolare azzurro Bacigalupo gli fu preferito come secondo Sentimenti IV della Juve. Costagliola rimase ancora una volta fuori dall’ambiente azzurro. Fu un caso che a fine torneo 1947/48 passò alla Fiorentina in cambio del collega Moro. Poche settimane prima rifiutò un’offerta del Torino per uno scambio con Bacigalupo. Quel rifiuto gli evitò la sciagura di Superga. Passato alla Fiorentina giocò 230 partite fra il 1948 e il 1953. Vestì 3 volte la tanto “sognata” maglia azzurra della nazionale A: 2 marzo 2019 anno II n. 21
Passò alla Fiorentina e rifiutò l’offerta del Torino evitando così la tragedia di Superga
esordì il 13 novembre 1953 a 32 anni al Cairo in Egitto-Italia (1-2). Dopo Firenze (rimase con la famiglia), ha fatto l’allenatore di Siracusa, Taranto, Foggia, Chieti, Casertana, Modena, Montevarchi, Venezia. Eccezionali le sue capacità tecniche mostrate a Taranto cioè la sua città, ma anche a Foggia. Diventò istruttore a Coverciano per poi allenare i portieri della Fiorentina: “Era di una serietà e meticolosità indescrivibili ricorda Mazzoni da Firenze – mostrava ancora una volta il suo forte carattere da vero paterno leader. Ad un’acrobata come Nardino Costagliola, la porta stava larga ma lui volava da un palo all’altro”.
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FOCUS
L’EUROPA CHE GUARDA AL BARI LA RIVISTA SPAGNOLA PANENKA DEDICA UN REPORTAGE AL CLUB DELLA CITTà DI SAN NICOLA E PARLA DI “RESURGIMIENTO” CALCISTICO Michele De Feudis
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l Bari in Europa? È il sogno (irrealizzabile) di tutti i tifosi biancorossi. E così bisogna accontentarsi di riconoscimenti giornalistici. L’ultimo numero della rivista di calcio spagnola, Panenka, ha dedicato un focus al club della città di San Nicola. Il titolo? “El gallo canta”. L’autore, Francesco Paolo Giordano, ha descritto per i lettori iberici l’itinerario che porterà alla riscossa del club. Con alla guida la famiglia De Laurentiis: papà Aurelio in regia e il figlio Luigi in prima linea come front-man e presidente. L’Europa, per i tifosi del Bari, è soprattutto la Mitropa Cup, unico trofeo continentale conquistato dai biancorossi: era il 21 maggio del 1990 e contro il Genoa la sfida fu decisa da una prodezza di Carlo Perrone, su assist di Angelo Terracenere. Poi c’è l’Europa del calcio che riconosce al Bari una dimensione lette-
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raria e narrativa: su Panenka, infatti, ci sono tutte le suggestioni di una tifoseria ferita ma con una storia unica e irripetibile. C’è l’Astronave, lo stadio San Nicola, ora sgarrupato in attesa che si trovi chi ristrutturi i petali volati via causa incuria, fotografato come un progetto di Renzo Piano, le gioie amare per i gol di Igor Protti, capocannoniere della Serie A in un torneo chiuso con la retrocessione. C’è la memoria del Bari stellare di Giampi Ventura. Quella stagione, conosciuta per la metafora che il tecnico ligure elaborò in una conferenza stampa, il “calcio libidine”, e il passaggio successivo, quello dello scandalo delle partite truccate da Andrea Masiello, “el escàndalo del Calcioscommesse”. Poi il calcio è somma di campioni. Non a caso Panenka elenca i talenti assoluti che hanno vissuto negli anni recenti la maglia 2 marzo 2019 anno II n. 21
del Bari: “Cassano o los campionessa del mondo Zambrotta y Perrotta estàm mentre los illustre qui han lucido el escudo del gallo”. Qui la nostalgia si incontra con l’orgoglio identitario: solo a Bari poteva sbocciare un campione come Fantantonio, che aveva allenato la sua mira nel rompere gli specchietti delle auto e aveva affinato la sua tecnica sui campi del Tonino Rana di Carbonara. Il gol all’Inter è il trampolino di una carriera che doveva avere ben altro epilogo e non la telenovela finale con le scarpette appese al chiodo dopo una serie di start-and-stop. Zambrotta? Arrivò su intuizione del ds Carlo Regalia dal Como. Inizialmente come attaccante, ma la sua intelligenza tattica gli consentì di poter ricoprire a livelli mondiali tutti i ruoli della fascia, compreso quello di terzino azzurro. Anche la parabola di Per2 marzo 2019 anno II n. 21
DALLA MITROPA CUP A CASSANO PASSANDO PER MISTER LIBIDINE
rotta, ragazzo cresciuto nelle giovanili della Reggina, è dello stesso tenore: una promessa del Sud che trova a Bari la sua dimensione. La realtà che emerge, infine, su Panenka è quella della rinascita: con l’undici di Cornacchini ci sono il capitano Franco Brienza, a cui il popolo biancorosso dedica anche le piazze con intitolazioni improvvisate e mosse dalla passione, gli esperti Bolzoni e Di Cesare (la cui parabola, da Londra, sponda Chelsea, fino alla promozione in A con il Parma e all’approdo nella polverosa D con le trasferte a Troina meriterebbe un vero romanzo pallonato). “En Bari han escogito a De Laurentiis para capitanar el resurgimiento del club alto qui ya ha sapido tacer con el Nàpoles”. Ecco la parola “resurgimiento” racchiude tutto. Bari, i giorni di passaggio tra i dilettanti e il sogno europeo. Per ora solo sulle colonne cartacee di Panenka.
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CALCIO GIOVANILE
dinoia e il profumo di azzurro Francesco Damiani
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a qualificazione per i playoff ormai è praticamente in tasca. La Juniores di Salvatore Alfieri dopo il successo nel derby con il Taranto ha consolidato il quinto posto in classifica a pari merito con il Fasano a due sole lunghezze dal Bitonto, terzo ma con una partita giocata in più rispetto ai biancorossi, e a tre dalla piazza d’onore occupata dal Gravina alle spalle dell’Audace Cerignola. Nelle ultime giornate, a parte i confronti diretti con Bitonto e Cerignola, il Bari è atteso da sfide contro squadre di medio-bassa classifica e quindi la possibilità di migliorare ulteriormente il ranking in vista dei playoff, è concreta. Fra gli elementi su cui il tecnico barese conta maggiormente per la seconda fase della stagione, c’è il barlettano Mattia Dinoia, centrocampista classe 2002. Mattia, a quanto di buono fatto in campionato, per lei c’è la ciliegina sulla torta di quattro convocazioni nelle rappresentative nazionali di categoria. «Sono state tutte esperienze stupende. Confrontarsi con ragazzi provenienti da tutta Italia, non capita tutti i giorni. Oltretutto, non solo si fanno nuove conoscenze, ma ci si confronta con nuove metodologie di lavoro, con ragazzi che non si conosce e quindi ci vuole un impegno sempre massimo». La sua avventura nelle rappresentative con il tempo è diventata sempre più significativa. «Sì, c’è stato prima un raduno di un solo giorno, poi uno di tre giorni a Pisa e quest’ultimo ancora di tre giorni ma con due amichevoli contro il Pescara e la rappresentativa regionale dell’Abruzzo». Anche Pinto è stato convocato più volte in rappresentative nazionali. Un riconoscimento per il lavoro e i risultati ottenuti nel Bari. «È un riconoscimento per tutti. Viene pre2 marzo 2019 anno II n. 21
LE quattro convocazioni nelle squadre nazionali di categoria premiano l’impegno
miato il lavoro svolto nel corso della stagione, l’impegno in allenamento e in partita». Per quanto riguarda il campionato, la qualificazione ai playoff è davvero a portata di mano. «È dall’inizio dell’anno che lavoriamo per ottenere il massimo. In queste ultime partite ci siamo resi conto che manca davvero poco per raggiungere i playoff e abbiamo fissato lì l’asticella dei nostri obiettivi». Per anni di militanza ed esperienza è uno dei punti di riferimento di questa squadra. Come vive questo ruolo? «Cercando di dare sempre il meglio di me stesso. Bisogna tenere sempre l’asticella alta». Cosa l’ha sorpresa di più di questa stagione? «A inizio anno mi ero posto degli obiettivi e cioè raggiungere il massimo. E devo dire che forse sono andato anche un po’ oltre perché non mi aspettavo tuto questo e sono un po’ stupito. Se ce l’ho fatta, oltre al mio impegno, è stato fondamentale anche il supporto di tutti i compagni». Il Bari è a un passo dalla serie C e questo per il settore giovanile significa tornare a disputare i campionati nazionali. È questo il suo prossimo obiettivo? «Sì, certo. La promozione del Bari sarebbe bellissima anche per questo perché si tornerebbe a formare un settore giovanile di alto livello con la Berretti spero di poter rimanere al Bari per poter giocare questo campionato. Poi c’è il grande sogno di esordire in prima squadra». Qualche allenamento con il gruppo di Cornacchini l’ha già fatto. «Mi sono allento quattro volte con la prima squadra. È stata dura perché i ritmi sono altissimi. Soprattutto il primo giorno perché c’era anche un po’ di ansia».
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I TIFOSI
dublino si tinge di biancorosso l’idea di marco schirone di seguire le partite del bari ha fatto breccia nella piccola comunità italiana tutti nel pub con in mano l’immancabile bicchiere di birra Francesco Damiani
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ella verde e lontana Irlanda, c’è un cuore biancorosso che batte a Dublino. Merito di Marco Schirone e di un gruppo di malati come lui per le sorti dei biancorossi. E quando si vive lontani da casa, si sa, il calcio è il mezzo ideale per stringere nuove amicizie e sentirsi un po’ meno soli. Marco, da quanto tempo vive a Dublino e come le è venuta l’idea di fondare un Bari Club? «Vivo a Dublino da nove anni e mi occupo di analisi antifrode per Paypal. A Bari mi ero già dato da fare per fondare il gruppo “Come ti amo” che è tuttora attivo. Quando mi sono trasferito, ho cominciato a cercare qualcuno con cui seguire le partite del Bari e ho trovato un gruppo di ragazzi che condivideva la mia stessa grande passione. Abbiamo iniziato vedendo le partite tutti insieme e, verso la fine del 2015, abbiamo deciso di fondare il Bari Club Dublino Biancorossa grazie al supporto de “La Bari Siamo Noi”». Quanti soci avete? E fra i vostri soci ci sono non baresi o anche non italiani? «I nostri soci sono prevalentemente amici e colleghi che si sono iscritti e vengono a vedere le partite con noi. Ce ne sono di varie nazionalità, soprattutto irlandesi ovviamene, ma c’è anche un mio caro amico cubano. Gli iscritti sono più o meno venti, ma i più assidui nel seguire le partite siamo sette o otto». Viene facile immaginarvi a guardare le partite in un pub fumoso con la tipica atmosfera anglosassone. O avete mantenuto la tradizione più italiana e vi incontrate in casa?
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«Finché il Bari ha giocato in serie A o in B riuscivamo a guardare le partite in un pub ed è la forma che preferiamo perché c’è tante gente che segue anche altri campionati come la Premier League. E succedeva spesso che qualcuno si avvicinasse e cominciasse a seguire la partita del Bari e questo è lo stile tipicamente da pub. Invece, quando non è possibile vedere la partita in un pub, ci vediamo a casa di qualcuno e ci affidiamo allo streaming o alle radiocronache di Michele Salomone (ma adesso anche Radio Selene). Ma, il pub resta la nostra prima scelta. Chiaramente, con birre al seguito”. Partite dal vivo del Bari riuscite a venirne a vedere? «Sì. Chiaramente dipende da quando si riescono a prendere le ferie e quindi a venire a Bari. Personalmente, se c’è una partita in casa o in trasferta cerco sempre di essere presente. Anche gli altri amici del club quando tornano in Italia non mancano mai all’appuntamento con il Bari. Stiamo cercando di organizzare la prima trasferta di gruppo con il club e ci piacerebbe di farla quest’anno anche per poter dire di essere stati in trasferta in tutte le categorie». Come avete vissuto da Dublino gli ultimi mesi del Bari dal fallimento fino all’arrivo dei De Laurentiis e la serie D? «Per me il fallimento è stato una vera mazzata. E inaspettata perché Giancaspro è riuscito a fare le cose per bene per non far capire la reale situazione. Per quanto riguarda De Laurentiis, è sotto gli occhi di tutti quello che è riuscito a fare con il Napoli 2 marzo 2019 anno II n. 21
«stiamo cercando di organizzare l a prima traSferta di gruppo il fallimento? una vera mazzata»
e si spera possa ripeterlo a Bari. È chiaro che ci sono dei punti interrogativi su quello che potrà succedere se Bari e Napoli si trovassero nella stessa serie, ma per il momento si può dire soltanto bene di quello che hanno fatto De Laurentiis e la squadra considerando il poco tempo per allestire la squadra e preparare il campionato». Quali altre iniziative organizza il vostro Club? «Siano molto attivi per quanto riguarda ogni manifestazione sportiva che riguardi l’Italia. Siamo andati a tifare per la nostra Under21 a Waterford nel 2016, e torneremo a vederla. Abbiamo seguito alcune partite dell’Italia nel 6 Nazioni di rugby. Dove ci sono Italia e sport cerchiamo di essere presenti». Avete mai provato a invitare qualche giocatore del Bari a Dublino o a organizzare qualcosa in collaborazione con la società? «C’era stato un canale un paio di anni fa con Gennaro Delvecchio quando faceva parte della società. Si era interessato a noi e avevamo avviato dei discorsi. Con la nuova proprietà non abbiamo ancora avuto contatti perché siamo lontani e non abbiamo possibilità di avere rapporti diretti. Però ci stiamo pensando. Io seguo una squadra della serie A irlandese, il Saint Patrick’s Athletic perché ha i colori biancorossi e sono in contatto con tifosi di questa squadra che seguono il Bari. Quindi si potrebbe far qualcosa che coinvolga le due tifoserie. Ma è soltanto un’idea per ora, niente di definito».
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a spasso col bari
messina la terrazza sullo stretto
più volte distrutta e sempre ricostruita ha come simbolo il leone che ruggisce a dimostrazione di una vitalità mai sopita
Gaetano Campione
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ulla terrazza sullo stretto, approdo di rotte avventurose e crocevia di popoli lontani, si sono seduti in tanti: greci, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi, angioini, aragonesi. Tant’è che Messina, diventa con Palermo la capitale del Regno di Sicilia, resta la città più ricca dell’isola per tanto tempo. Poi, la rivolta antispagnola, il terremoto, il maremoto hanno cancellato gran parte della memoria storica. Più volte distrutta e sempre ricostruita può contare sul leone, simbolo della città, che ruggisce a dimostrazione di una vitalità mai sopita. Palazzi storici Diversi sono quelli che richiederebbero almeno una visita: Monte di Pietà, palazzo Calapaj-D’Alcontres, teatro Vittorio Emanuele, palazzo Zanca che ospita il Municipio. Da citare anche l’Orto botanico di Messina, fondato nel 1638. Le chiese Sono tra le principali attrazioni della città. Si comincia con una visita al Duomo di Messina, edificio in stile gotico e barocco, al cui interno è ospitato il tesoro del Duomo. Quindi si passa a Santa Maria degli Alemanni, Santissima Annunziata dei Catalani, San Francesco d’Assisi, chiesa del Ringo, la Badiazza. L’organo È il secondo più grande d’Italia, dopo quello del Duomo Di Milano e il terzo in Europa. Costruito nel 1948 ha 5 tastiere, 170 registi e 16mila canne e si può ammirare nella Cattedrale-Duomo dedicata a Santa Maria Assunta. La cartolina Poco più di tre chilometri e mezzo: è Torre Faro il punto in cui Sicilia e Calabria sono più vicine. Ed è nelle acque che bagnano questa lingua di sabbia, carat-
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terizzate da vortici di corrente, che si alimenta il mito di Cariddi, un mostro che ingoiava e rigurgitava tutto ciò che si trovava sopra o sotto la superficie del mare. La tradizione Lui un guerriero saraceno dall’aspetto truce, lei una donna giunonica dalla pelle chiara. Sono Grifone e Mata, protagonisti di una storia d’amore che risale all’anno Mille. E’ a loro che si fa risalire la fondazione di Messina. Ogni estate, prima di Ferragosto, “u giganti e a gigantissa”, rappresentati da due statue equestri in cartapesta, sono portati in processione per le strade della città. I vip Tanti, in tanti campi. A cominciare dal pittore Antonello da Messina e dallo storico Giuseppe La Farina, per arrivare ai giorni nostri con l’attore Nino Frassica, il ciclista Vincenzo Nibali, l’attrice Maria Grazia Cucinotta e il personaggio tv Marina La Rosa oggi approdata sull’Isola dei famosi. La specialità Stanno a Messina come i panzerotti stanno a Bari. Si chiamano pidoni, rustici a forma di mezzaluna farciti da scarola, pomodoro, acciughe e tuma, un formaggio tipico della Sicilia. Questo il ripieno originale, rigorosamente in pasta fritta. Diffidare dalle varianti. L’altro sport La Messina sportiva sul tetto d’Italia. È accaduto nel 1999, quando la locale Body Center si laureò campione d’Italia di tennis tavolo. Uno scudetto appuntato, un altro mancato, nello stesso anno, dalla Polisportiva Giuseppe Rescifina di pallacanestro femminile, che arrivò sino alle semifinali playoff.
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l’avversario
città di messina È calcagno il regista Vito Prigigallo
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l calcio sa regalare belle storie. Come quella del Rotonda che, cenerentola del Girone I della Serie D, pareva segnata da un destino cinico, baro e avaro. E invece, la squadra del minuscolo centro lucano, da un mese a questa parte, ha preso a viaggiare a ritmi da promozione: 10 punti nelle ultime 4. Gli ultimi 3 conquistati strapazzando il Città di Messina. Perché noi, in questo angolo di Biancorosso, è la storia dei siciliani che dobbiamo provare a raccontare. Ma un accenno ai lupi bianchi e verdi dovevamo pur farlo. Quella del “Città” sembra invece essere una storia, come dire, meno fiabesca. Intanto, più che la storia va narrata la cronaca: che illustra un cammino fatto di 9 partite con 6 sconfitte dopo il 2-1 vincente con il Barcellona Pozzo di Gotto, due 0-0, il successo sulla Sancataldese e, come detto, lo sprofondo di domenica, quando, al “Vulcano” di Castelluccio Inferiore, sul tappeto erboso appena inaugurato, i giallorossi sono passati dallo 0-2 griffato dal 20enne Sergio Silvestri e Alessandro Codagnone, al bruciante 4-2. Rotonda – ancora - è importante perché il successo ai suoi danni all’andata consentì ai peloritani – come spiega il collega Lillo Puglia sul suo giornale di inanellare una serie di risultati che lanciò in orbita (leggi: alle soglie della illusoria zona playoff) la squadra allenata da Peppe Furnari. Non fu così, come il campionato spiega con dovizia di particolari: arrivò sì il successo nella stracittadina (3-2 al Messina), ma preceduto dalla sconfitta di misura (1-0, matchwinner Floriano), e seguito da prestazioni con molti punti interrogativi e scarsi esclamativi. Finora il Città di Messina ha raggranellato gran parte dei suoi punti (20 su 27) davanti al pubblico amico del “San Filippo-Franco Scoglio” (stadio da circa 38mila spettatori potenziali dove il Bari s’è già esibito all’alba del campionato allorquando con
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la squadra Lo stemma e,in alto, la squadra impegnata nel campionato di serie D e l’allenatore Furnari
un perentorio 3-0 diede la stura alla serie impressionante di successi collezionata dai biancorossi di Cornacchini). Un dato statistico che può nascondere incognite, compresi i 16 gol messi a segno sullo Stretto contro i 7 realizzati fuori. Quindici invece quelli subiti a Messina, che testimoniano lo scarso equilibrio che giustifica una classifica complicata. Fondata solo nove anni orsono, il Città di Messina sorse per volontà di 47 soci, tutti messinesi, capeggiati da Elio Conti Nobili, che sottoscrive il trasferimento del titolo sportivo della Camaro. Scelte subito ambiziose in una città dove la crisi del calcio comincia a mordere le caviglie della “prima” squadra. Con il tecnico ex Camaro c’è stata la seconda risalita dall’Eccellenza: nel 2012 dopo i playoff, la primavera scorsa dopo aver vinto il Girone B a conclusione del biennio d’oro della gestione del presidente Maurizio Lo Re, che aveva registrato anche il successo in Promozione. Il crollo di domenica è stato dovuto anche alle innumerevoli assenze lamentate dal 49enne Furnari (a sua disposizione nell’ultimo periodo è arrivato solo un nuovo atleta: Oscar Eugenio Lorefice, 20enne prelevato dal Matera dissoltosi in C). Il quale al cospetto del Bari dovrebbe poter nuovamente avere a disposizione alcuni degli effettivi. A cominciare dagli atleti che presidiano una Maginot che come la Linea francese non pare proprio insormontabile, viste le 35 delusioni subite: Umberto De Lucia (27 anni) a destra, l’argentino di Rosario Tomàs Berra (28) in mezzo e capitan Domenico Bombara (31) sull’out mancino. La regia è affidata a Francesco Calcagno (26).
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gli anni ‘90
la maglia a tre strisce Il Nostro Bari
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ell’estate del 1995 i galletti, in occasione di un’amichevole, indossano la divisa blu a scacchi bianchi della stagione appena terminata e lo sponsor Cepu, che caratterizzerà le maglie del campionato di serie A 1995-96. In questa stagione le tonalità utilizzate sono bianco, rosso e blu scuro, quest’ultimo apparso in casa del Milan e riproposto in poche altre occasioni. Si torna in B, e i completi da gara ufficiali di Ingesson e compagni sono ancora una volta griffati Adidas, e anche in questa circostanza le colorazioni sono sempre le tre adottate negli anni immediatamente precedenti: ciascuna maglia è abbellita da tre strisce che decorrono dal braccio fino al fianco. Ad aprire le danze è la variante rossa, sfoggiata ad Ascoli nell’agosto del 1996 in una gara di coppa Italia vinta per 2 a 1. La divisa blu viene utilizzata durante il derby esterno con il Lecce terminato per 1 a 1, nella vittoriosa trasferta di Ravenna, in quella di Verona contro il Chievo e sul campo del Padova. Un’ importante novità che abbellisce le casacche ufficiali è rappresentata dal fatto che per la prima volta vengono apposte sulla manica le patch con il logo ufficiale del torneo, ed in questa particolare occasione riportano il 50° anniversario della costituzione della Lega calcio avvenuta nel 1946. Il 1997 e la concomitante promozione nella massima serie del Bari portano una ventata di novità per quel che riguarda le maglie da gioco: ne vengono prodotte e presentate ben 3, tutte rispecchianti un modello differente e l’azienda produttrice questa volta è la Lotto, destinata a fornire per un lungo periodo la compagine pugliese. Dunque la prima casacca presenta uno sfondo bianco con strisce verticali rosse intervallate a quelle bianche; la seconda casacca rossa ha nel mezzo una striscia orizzontale bianca in cui ve n’è un’altra rossa; la terza è blu con una banda orizzontale bianca che contiene un’ulteriore striscia rossa.
LE PROSSIME PARTITE domenica 3 marzo ore 14.30 CITTa DI MESSINA - BARI domenica 17 marzo ore 14.30 BARI - castrovillari 30
LA CLASSIFICA 1
Bari
59
2
Turris
50
3
Acireale
40
4
Marsala
37
5
Gela
37
6
Cittanovese
37
7
Portici
37
8
Castrovillari
34
9
Palmese
33
10
Nocerina
33
11
Troina
33
12
Messina
28
13
Città di Messina
27
14
Sancataldese
27
15
Locri
26
16
Roccella
26
17
Rotonda Calcio
20
18
Igea Virtus
19
Con il gol segnato a Locri, Valerio Di Cesare ha eguagliato il primato di reti (6) realizzate nel Bari da un difensore che apparteneva a Ceppitelli (2013-2014). Ecco i difensori che hanno segnato di più: De Rosa Amoruso Loseto G. Polenta
5 gol 4 gol 4 gol 4 gol
2003-2004 1993-1994 1898-1990 2013-2014
serie B serie A serie B serie B
Con tre gol in un campionato ci sono anche Borghese, Baccari, Calderoni, De Trizio, Diomedi, Frappampina, Mancini, Mazzarelli e Pellicari.
Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a:
ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it 2 marzo 2019 anno II n. 21