Il Biancorosso n.22 - periodico de "La Gazzetta del Mezzogiorno"

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O BIANC ROSSO

il

periodico di informazione sportiva de

L’ANALISI

SAMUELE NEGLIA LO PSICOLOGO

I TIFOSI

LUSSEMBURGO CUORE D’EUROPA

Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno II numero 22 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano

IADARESTA LA TORRE

IL PERSONAGGIO

LA VOLATA VERSO LA SERIE C



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L’EDITORIALE

di Gaetano Campione

SI PUÒ DARE DI PIÙ S

i ricomincia. Dopo la sosta si riparte in attesa dello sprint decisivo, quello che finalmente possa dare alla città biancorossa la certezza matematica della promozione in serie C. Numeri, forma fisica e sensazioni di gioco dicono che sarà solo una formalità. Così, tornano alla ribalta il futuro e i programmi sul Bari del domani. E la città si interroga. Da una parte l’aspetto emotivo che chiede un’altra super squadra per vincere un altro campionato perché nella conquista della vetta (la massima serie) non c’è spazio per i passi falsi. Dall’altro c’è il discorso tecnico unito alla programmazione indispensabile se si vuol guardare sempre e solo avanti. Impazza, allora, il gioco: chi getteresti giù dalla torre? Perché è chiaro che l’attuale rosa non potrà essere confermata in toto. Le scelte saranno necessarie. A partire da un chiarimento sulla guida tecnica: resterà mister Cornacchini? Il presidente De Laurentiis predica prudenza. Bisogna parlare, ragionare, capire, studiare. Giusto. Giustissimo. Un percorso obbligato, quello della prudenza, proprio per non prendere decisioni affrettate. Le ambizioni del nuovo corso, però, vanno delineate subito. Ribadite. Perché il ritorno del mondo dei professionismo del calcio è un’altra cosa. Il livello delle squadre più deboli sulla carta, ad esempio, è aumentato. Non ci sono più

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vittime sacrificali, tutti vogliono giocarsi a viso aperto quanto meno un accesso ai playoff o una salvezza tranquilla. E danno l’anima in campo. Insomma, non stanno lì ad aspettare. La serie C di oggi è scivolosa anche per le squadre meglio attrezzate: con qualsiasi avversario servirà al giusto concentrazione, il corretto atteggiamento. Il Bari del domani dovrà tenere conto di queste specificità. Troppo presto affrontare questi argomenti? Pensiamo di no. Anche perché il tempo deve trasformarsi in un collante ancora più potente attorno alla società. Il partito degli scettici - sempre numerosi gli iscritti in questa città - di coloro cioè che in nome della delusione degli anni passati sono stati per questo campionato alla finestra, hanno il dovere di tornare protagonisti. Di stringersi intono al club. Magari anche nella fase conclusiva della stagione. Le potenzialità della piazza vanno ben al di là dei 10mila abbonati. Si può dare di più, si deve dare di più. Se vogliamo che i De Laurentiis si convincano della bontà della scelta fatta, della possibilità di una valida alternativa al Napoli, quando e se si arriverà a decidere di investire soltanto in un club, servono segnali precisi. Non basta gufare contro il Vesuvio. Bari svegliati. Non deve diventare solo uno slogan.

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SOMMARIO

il Biancorosso anno II n. 22 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81

IADARESTA NEGLIA

Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Nicola Palmiotto Vito Prigigallo Il Nostro Bari Fotografie Luca Turi Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci Giuseppe Corcelli Sergio Scagliola Saverio De Giglio Foto poster: A. Scuro

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MAZZOLA

18 CARADONNA

VOROS

20 I TIFOSI

Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Azienda Grafica Capitolina - Roma

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24 16 marzo 2019 anno II n. 22



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L’ANALISI

IL BARI MUOVE

LA TORRE

IADARESTA IL CENTRAVANTI È L’UOMO DA GETTARE NELLA MISCHIA A GARA IN CORSA OPPURE PUÒ PRENOTARE UN FINALE DI STAGIONE DA PROTAGONISTA? Davide Lattanzi

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PRESENZE 10 DA TITOLARE 2 SOSTITUITO 1 SUBENTRATO 8 MINUTI 264 GOL 3

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asquale Iadaresta è l’unico ariete dell’attacco biancorosso: arrivato a dicembre, solo due volte è stato titolare. Il centravanti campano è l’uomo da gettare nella mischia a gara in corsa oppure può prenotare un finale di stagione da protagonista? Il dibattito è aperto. Il suo arrivo aveva immediatamente suscitato curiosità e simpatia. Forse perché porta un nome poco conosciuto nel calcio dei grandi, forse per quella mole imponente (192 centimetri per 84 kg) che infonde quell’idea di “pericolosità” al solo guardarlo. Pasquale Iadaresta, campano di San Felice a Cancello in provincia di Caserta, ha svolto la gavetta più dura. Pur crescendo in settori giovanili blasonati come quelli di Napoli e Siena ed esordendo proprio con la prima squadra toscana in A ad appena vent’anni (con il materano Luigi De Canio in panchina che come vice aveva addirittura Antonio Conte), è poi finito a lungo sui campi di C2 (Poggibonsi, Val di Sangro, Torres, Vibonese, Pro Sesto Fano, L’Aquila) e poco in C1 (Foligno), per ripartire a 26 anni tra i dilettanti (Noceto in Eccellenza, Fidenza, Rapallobogliasco, Marcianise, Torrecuso, Fondi in D). Un altro lieve assaggio di C (Fondi e Lupa Roma), quindi l’approdo a Latina, ancora in quarta serie per riscoprirsi con i pontini bomber da record: 25 reti lo scorso anno (ed il titolo di capocannoniere del girone G), sette (in 15 presenze) fino a dicembre, quando arriva la chiamata del Bari. Un invito impossibile da rifiutare, per provare le emozioni di una grande piazza, magari per tentare di riprendersi la C dalla porta principale. I numeri eccellenti potevano lasciar presagire una rapida scalata ad una maglia da titolare. Invece, Iadaresta è stato fin qui il classico attaccante di scorta. L’arma da giocarsi nel corso del match, talvolta per dar corpo ad un assalto, altre per gestire con muscoli e fisico i finali di gara. Solo dieci presenze finora, appena due da titolare, per un totale di 264 minuti in campo. Poco per chi a Latina era cannoniere, capitano e trascinatore. Eppure, non mancano i motivi tecnico-tattici che hanno alimentato le scelte di mister Cornacchini. Ecco, quindi, i pro e i contro dell’uso del tipico attaccante strutturato e come l’allenatore biancorosso ha mosso la sua “torre”. 16 marzo 2019 anno II n. 22


Iadaresta è stato acquistato per un motivo preciso. Spaccare le gare bloccate, quelle in cui il Bari aveva di fronte avversari arroccati nella propria area. Una decisione maturata soprattutto dopo il match interno con la Palmese, quando, pur attaccando costantemente, i biancorossi dovettero sudare le classiche sette camice per aver ragione dell’arcigna difesa calabrese, passando solo a due minuti dal gong, con una rete di Mattera (un difensore) sugli sviluppi di un calcio piazzato. Ragion per cui, alla rosa effettivamente mancava la “boa” in grado di capitalizzare il gioco aereo, di creare spazi usando il fisico. Non rispondeva a tali requisiti Simeri (che ha caratteristiche completamente diverse) e nemmeno Pozzebon che, malgrado la struttura importante, non è il centravanti d’area per eccellenza. Si immaginava, quindi, maggiore spazio per Iadaresta. Che, invece, si è tramutato nel tipico attaccante di scorta. Trovando, a suo modo, una precisa dimensione. Con lui si possono provare a risolvere le situazioni più complesse, per sbloccare un pareggio o tentare una rimonta. Il suo ingresso contro l’Acireale, in tal senso, è stato determinante e non solo per il gol che ha recuperato il vantaggio siciliano. Quando entra a partita in corso, il Bari cambia puntualmente modulo, passando dal 4-2-3-1 (o 4-3-3 a seconda che giochi o meno Brienza) ad un 4-4-2 a trazione molto anteriore: un contesto che esalta Iadaresta, potendo contare su due ali pronte a rifornirlo di cross e su una punta vicina cui può essere utile da autentico trampolino.

PERCHÉ SÌ Eppure quest’ultimo schieramento non è facile da sostenere. Cornacchini lo ha spiegato: un assetto così sbilanciato costringe i due centrocampisti ad un super lavoro, senza dimenticare la collocazione degli under che complica inevitabilmente ogni scelta. Nel modulo con una sola punta centrale, invece, Iadaresta non è il terminale perfetto. Lo hanno dimostrato i fatti: nelle uniche due volte in cui è partito titolare (A Sancataldo e Cittanova), il Bari ha faticato notevolmente. Perché gli esterni biancorossi (Floriano e Piovanello sono i più utilizzati dall’inizio, ma il discorso non cambia molto se si parla di Neglia) non sono portati ad andare sul fondo e crossare, quanto piuttosto a venire dentro il campo e dialogare con la punta. Oppure a ripartire velocemente alla ricerca immediata della profondità. Ecco perché Simeri è stato, conti alla mano, il centravanti più adatto alle peculiarità della rosa pugliese. In tale contesto, invece, Iadaresta si è trovato un po’ isolato, spesso solo a lottare contro i difensori avversari, finendo con l’essere un pesce fuor d’acqua. Tutti motivi validi per considerarlo una riserva, sebbene di lusso? Non è detto. Magari quando il traguardo sarà ancor più vicino ad essere tagliato e si potrà giocare con maggior spensieratezza, si potrà pure pensare ad un Bari ancor più offensivo e sbarazzino. E chissà che Pasquale non trovi i gol per strappare una conferma ideale per trovare tra i professionisti quella ribalta inseguita per un’intera carriera.

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PERCHÉ NO 7


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LA NOVITÀ

MAGLIE PROFUMO VINTAGE

LE RIVENDITE A.S.F.+ P. / Venezia ERACLE / Mola di Bari FAIR PLAY STORE / Bracciano FOOTBALL CLUB / Bari FORTISSIMO / Casamassima I GEMELLI / Bitritto REGO' SPORT / Modugno RUGIADA / Roma TIKITAKA / Trani VALERIO SPORT / Putignano ZAGARIA SPORT / Corato

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Le nuove maglie? Un regalo doveroso per i nostri tifosi». Non usa mezzi termini il presidente della SSC Bari, Luigi De Laurentiis, per presentare i ntuovi kit gara che indosseranno i galletti dalla prossima partita casalinga contro il Castrovillari e presentate al Teatro Forma di Bari. «Le maglie sono sempre state un mio pallino - racconta il presidente - e volevo che i nostri tifosi avessero anche per questa stagione una maglia personalizzata, nonostante i tempi stretti con cui è iniziata questa avventura. Fin qui abbiamo giocato con una maglia d’emergenza, quasi di fortuna che ci ha consentito di partire subito con il campionato. Nel frattempo però abbiamo scelto di disegnare ugualmente tre maglie per questo campionato. E non importa se sono rimaste poche partite. Era doveroso nei confronti della piazza e dei tifosi». Le tre maglie dal sapore vintage, disegnate da Kappa per la SSC Bari con la supervisione del presidente De Laurentiis, saranno usate nelle ultime gare di campionato e per la poule scudetto. La prima bianca con bordature rosse e delle leggere righe verticali color grigio, da indossare sia con i pantaloncini rossi a contrasto, sia bianchi. La seconda maglia, invece, ricorda la maglia storica del Bari guidato da Bolchi: rossa, con delle righe bianche quasi impercettibili in abbinata ai pantaloncini bianchi o rossi. Si distanzia di molto, invece, da quelle viste negli ultimi anni la terza maglia. Il nero va in soffitta, a favore di una maglia blu in stile Paris Saint Germaine con una banda rossa verticale al centro e due righe bianche al lato. «La notizia che sono certo renderà felici i nostri tifosi è che già sarà possibile acquistare sia le maglie, sia il kit gara completo nei punti vendita autorizzati - sottolinea De Laurentiis -. La lista è già presente sul nostro sito e sui profili social della società. E per tutti quei tifosi che vivono fuori Bari o all’estero abbiamo segnalato anche i punti vendita che hanno l’e-commerce». Ma non è finita qui. Oltre alle maglie (che avranno un costo di 69 euro), nei punti vendita saranno disponibili due nuove sciarpe in edizione limitata e il materiale tecnico Kappa brandizzato SSC Bari. I tifosi, quindi, dopo tanta attesa potranno finalmente acquistare felpe, tute, pantaloncini, t-shirt e polo con il galletto. «I tifosi, come ho detto sin dall’inizio di questo percorso, sono al centro del nostro progetto. Anche per questo abbiamo deciso di attivare sul sito ufficiale un’area riservata in cui abbonati e possessori di SSC Bari Fan Card, registrando la loro tessera, possono usufruire di iniziative e promozioni a loro dedicate». La prima promozione è Operazione Gran Finale che fino all’ultima giornata di campionato in casa consente ad abbonati e titolari di fan card di richiedere, nella settimana che precede la partita, coupon sconto del 40% per l’acquisto dei biglietti. «L’obiettivo però - svela il presidente - è quello di regalare ai tifosi delle esperienze uniche, per conoscere meglio la società, la squadra e potere aver un contatto diretto con noi. Per questo abbiamo voluto aprire la presentazione ai tifosi, sorteggiando 40 abbonati e 10 titolari di fan card che avevano già registrato la loro tessera sul sito ufficiale. Ma questo - assicura il presidente biancorosso - è solo l’inizio». 16 marzo 2019 anno II n. 22


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IL TROFEO

INSEGUENDO

LO SCUDETTO DI SERIE D Davide Lattanzi

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na “coda” di stagione inseguendo lo scudetto di serie D. Se il Bari dovesse vincere il girone I (traguardo ormai vicino), oltre conquistare la promozione diretta in C, dovrebbe affrontare la poule che assegna il titolo di campione d’Italia dell’intera serie D. Ebbene, la Lega nazionale dilettanti, ha pubblicato date e svolgimento della post season. Le nove vincitrici dei gironi saranno raggruppate in tre mini tornei triangolari, con sfide di sola andata. I biancorossi sarebbero inglobati con le vincitrici dei gruppi G (comandato dal Lanusei) ed H (in vetta c’è il Picerno): si sorteggia, quindi, l’accoppiamento della prima sfida (in programma il 12 maggio), mentre la terza compagine riposa. Chi vince, riposa al secondo turno (si gioca il 19): in caso di pareggio, riposa chi ha giocato in trasferta. Il terzo match si disputa il 22 maggio, in infrasettimanale. Le vincitrici dei tra gironcini e la migliore seconda generale accedono alla fase finale che si disputerà in campo neutro il 31 maggio (semifinali) e 1 giugno (finalissima). Qualora le sfide ad eliminazione diretta terminassero in pareggio, il verdetto sarà deciso direttamente ai calci di rigore, senza disputare i supplementari. Dunque, i galletti potrebbero giocare altre quattro partite dopo la conclusione della regular season, fissata al cinque maggio, in trasferta a Roccella. Due match in particolare (quelli del triangolare) sarebbero assicurati, sebbene (trat16 marzo 2019 anno II n. 22

LA PRIMA SFIDA IN PROGRAMMA IL 12 MAGGIO TRE I GIRONI IL BARI IN QUELLO CON LE VINCITRICI DEI GRUPPI G-H

tandosi di sfide con sola andata) soltanto uno andrà in scena al San Nicola. Alcune curiosità: la squadra biancorossa ha già raggiunto questo trofeo, nel 1954, laureandosi campione d’Italia di quarta serie. Nonostante il folto numero di compagini pugliesi che affollano questo torneo, l’ultima formazione della nostra terra a vincere lo scudetto dilettanti è stata il Taranto, nel 1995. Oltre chiudere la stagione nel modo più glorioso, inoltre, il Bari avrebbe l’opportunità di incrociare nel suo percorso altre nobili decadute del calcio italiano, nonché di confrontarsi con le migliori espressioni di quarta serie. È ormai ad un passo dalla promozione (e quindi dalla qualificazione alla poule) il Lecco nel girone A, mentre nel girone B sta andando in scena un entusiasmante testa a testa tra Como e Modena, separate da appena un punto. Incerta la situazione nel girone C: Adriese in testa, sotto di un solo gradino l’Arzignano Valchiampo, ma spera pure il Feltre che insegue a cinque lunghezze dalla vetta. Nel raggruppamento D la superfavorita Modena per ora è seconda, tre punti dietro la rivelazione Pergolettese. Incredibile la situazione nel gruppo E: Pianese (prima), Ponsacco, Seravezza, Ghivizzano, San Donato Tavarnelle e Montevarchi sono racchiuse in appena tre punti. Nel girone F, infine, il Cesena dovrebbe spuntarla sul Matelica che insegue i romagnoli capolisti con cinque punti di svantaggio.

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IL BARI VISTO DA...

L’ETERNA FIDANZATA FUORI SEDE Gigi Cavone*

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è, ci ha fatt ‘u Bbari? È il ritornello della domenica pomeriggio tra i cuori biancorossi di Roma, località Saxa Rubra, quartier generale della Rai. Una falange di giornalisti/tifosi non numerosissima ma più che mai appassionata e fedele, che abbraccia in modo trasversale quasi tutte le testate di mamma Rai. Ci sono baresi sparsi un po’ dovunque: al Tg2, al Tg3, a Rai Sport (la mia “casa” attuale), a Rai News, al Giornale Radio. E nei nostri fugaci incontri (al parcheggio, a mensa o nei viali di Saxa Rubra, quasi sempre di fretta, perché i baresi checché se ne dica lavorano come i ciucci…) il fil rouge invisibile ma immancabile della chiacchierata cuce quasi sempre due mondi paralleli, due universi fatti di amore e di nostalgie: il cibo e il calcio. Basta che qualcuno cominci a citare i panzerotti o Joao Paulo, la focaccia o Igor Protti, la burrata o Floriano, ed ecco che puntualmente l’occhio si inumidisce, prima del consueto congedo: mè, statt bbun, m’ raccomann. A che cosa poi ci si raccomandi, Dio solo lo sa. Visto dalla Capitale, quest’anno più che mai, il Bari (con la variante al femminile, “la Bari” che ha ripreso quota e affetto negli ultimi tempi tra i tifosi) appare come un’eterna fidanzata fuori sede, lontana e mai dimenticata, come un impasto di amore e speranza, orgoglio e struggimento. Orgoglio per un passato senza scudetti - è vero - ma non per questo privo di blasone e di tantissimi momenti di gloria; struggimento per un presente fatto di sofferenza ed espiazione, una serie D che - dopo lo choc iniziale - è diventata quasi una spilletta da appuntare al bavero della giacca con una dignità ritrovata e quasi sorprendente per molti di noi. Come se il nostro “messaggio ai naviganti” da lanciare col 16 marzo 2019 anno II n. 22

LA DOMENICA POMERIGGIO FRA I CUORI BIANCOROSSI DI ROMA NEL QUARTIER GENERALE DI SAXA RUBRA

petto in fuori fosse: eccoci qui, siamo caduti ma siamo già in piedi, stiamo risalendo e tra poco ci rivediamo ai piani alti. Non riusciamo, da Roma, a star dietro alla quotidianità, ai tanti dibattiti e a qualche immancabile polemica tra tifosi che ha animato la stagione. Forse, in questo, avere uno sguardo più distaccato facilita giudizi più essenziali e più realisti. A chi storce il naso, più o meno legittimamente, per questo o quel problema tecnico, sento di poter dire (senza pregiudizi o difese d’ufficio di chicchessia) che non si deve mai dare nulla per scontato. Ogni gol, ogni vittoria, ogni passo avanti verso il futuro che tutti ci auguriamo vengono dal campo, dal lavoro e dal sudore. Nessuna partita e nessun campionato si vincono a tavolino, giocando con le figurine o soltanto perché ti chiami Bari o Real Madrid. Oggi il Bari è una squadra di serie D (speriamo ancora per poche settimane): maniche rimboccate, pancia a terra e via, una domenica dopo l’altra. Orgoglio e dignità non devono fare mai rima con la presunzione. Roccella, Locri e Turris sono gli avversari di oggi, e meritano lo stesso rispetto che fino a 8 anni fa riservavamo all’Inter di Mourinho, al Milan di Allegri o alla Juve di Delneri. A missione compiuta si volterà pagina e si scriverà il prossimo capitolo, si metterà il prossimo mattone nel muro. E i cuori biancorossi di Roma, magari non soltanto di domenica come quest’anno ma anche di sabato o di lunedì sera, tra un sito internet e una sbirciata fugace a un tablet, riprenderanno con la fiducia e l’amore di sempre a cercarsi, a trovarsi e a chiedersi: mè, ci ha fatt ‘u Bbari? *Caporedattore Rai Sport

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IL PERSONAGGIO

NEGLIA

PSICOLOGO SGUSCIANTE Filippo Luigi Fasano

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uando l’anno zero del calcio barese diventerà storia, quello di Samuele Neglia resterà uno dei nomi più ricorrenti. Il primo della lista dei desiderata di Cornacchini, ancor prima di conoscere il girone di destinazione. Il primo a segnare al San Nicola, all’esordio casalingo con la Sancataldese. Sì, è pur sempre serie D, ma una società come un’astronave per stadio te lo fa dimenticare, almeno in casa: «È stato bello – ricorda il diretto interessato, con un filo di emozione – firmare l’inizio della rinascita, l’abbraccio alla nuova squadra. E poi, segnare sotto la Nord, che bello!». Davvero nulla a che fare con la serie D. «È come se partecipassimo ad un’altra categoria. Per tradizione, per pubblico, per organizzazione». È nato a Torino ma si è affermato al Sud. «Ho radici pugliesi, da parte dei miei nonni materni: Paolo, di Fasano, e Concetta, di Oria. Io, invece, sono cresciuto in Piemonte, fino ai 12 anni. Primi calci con gli amici, fra strada e oratorio, e Del Piero come modello. Tanto calcetto, a cinque e a sette». E poi? «Gli amici mi hanno convinto a provare ad undici. Un torneo tira l’altro ed eccomi alla Salernitana». Una bella favola interrotta sul più bello. «Trafila fino alla Primavera. E con buoni risultati, tanto da meritare il primo contrat-

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to. Ma due giorni dopo la firma, la società non c’era più». La prima occasione mancata. L’ultima a Siena, con la mancata promozione in B? «Il calcio dà, il calcio toglie. Fa parte del gioco. A volte, però, mi piacerebbe tornare 16 marzo 2019 anno II n. 22


PROVACI ANCORA SAM

indietro, con la testa e la personalità di oggi». Cosa avrebbe cambiato? «Per me il pallone era solo un divertimento, la possibilità di condividere una passione con gli amici. Non pensavo allo sport come ad un possibile lavoro. Poi mi sono messo in gioco». Qui l’abbiamo vista esterno offensivo. Ma in carriera ha fatto di tutto e di più. «Ho giocato come mezzala, esterno a quattro, seconda punta. Persino da prima punta, e da quinto di centrocampo. Sono il tipo di giocatore che si adatta per generosità, pur di sentirsi utile ed essere presente. Ma il mio ruolo preferito resta l’esterno d’attacco». A Siena ha avuto la concorrenza di un certo Stefano Guberti. «Ci stimiamo tanto, dal punto di vista umano e calcistico. Un bel rapporto che si è costruito nel corso di una stagione importante. Mi ha colpito la sua umiltà, nonostante una carriera fra A e B. Di Bari mi ha parlato benissimo, in campo e fuori». L’almanacco dice 1,67 d’altezza. Un limite? «Mai. Ho sempre creduto nei miei mezzi e in me stesso. E poi per giocando sulla tecnica e sulla velocità è meglio, essere sguscianti». 16 marzo 2019 anno II n. 22

Oltre a Simeri e Floriano, c’è anche Samuele Neglia nella corsa al titolo platonico di capocannoniere del Bari. Dieci le reti realizzate sinora dall’attaccante classe 1991, molte delle quali di buona fattura. Ma la sua personale hit parade rimanda ad altre prodezze, siglate con altre maglie: «Olbia, due anni fa, con la maglia della Viterbese – ricorda il numero 11 – Lancio del terzino, taglio verso sinistra e gol in sforbiciata. Gran gol». Un’annata costellata dal record di reti, tredici. Solo tre centri nell’anno di Melfi, stagione 13/14. Ma con un eurogol: «Giochiamo a Teramo – racconta – Un difensore la respinge di testa ed io la colpisco al volo, dai 35 metri». Ed in biancorosso? «Il secondo della doppietta alla Sancataldese, un bel tiro al giro. Ma anche l’ultimo, contro il Città di Messina, per la preparazione dell’azione. Ma sul migliore non ho dubbi: è sempre il prossimo».

STA PREPARANDO IL PENULTIMO ESAME PRIMA DELLA TESI IN CAMPO PREFERISCE IL RUOLO DI ESTERNO D’ATTACCO

Il campo non è tutto. Come vanno gli studi di psicologia? «Sto preparando psicologia della personalità, il penultimo esame prima di discutere la tesi. Ma per la laurea triennale ci sarà da attendere l’ultima sessione dell’anno». Foto ed esultanze mettono in mostra tanti tatuaggi. Ce n’è uno più importante degli altri? «Ne ho tanti, tutti significativi allo stesso modo. Sul polso sinistro, “Resilienza”, sull’altro “Pride”, orgoglio». Scritte evocative e rappresentative di sé. Ne ha altre? «Sotto il collo capeggia “Panta rhei”, in greco. “Tutto scorre”, tutto passa e me lo lascio, letteralmente, alle spalle. Ripartendo più forte di prima. Come un leone: ce l’ho sul bicipite sinistro». Si porta addosso anche la sua famiglia. «Sì, sul bicipite destro ci sono le date di nascita di mia madre Angela e di mia sorella Paola. Fra pochi giorni c’è un compleanno da festeggiare». È tutto? «C’è ancora un altro tatuaggio. “Impossibile”, con le prime due lettere barrate. Per ricordarmi che tutto è possibile». Come la prossima serie C: l’aritmetica è solo questione di tempo. «Pensiamo a vincere prima. Girone e magari anche scudetto. Il prossimo campionato? Difficile: ci saranno squadre forti e preparate. Ma una società e una città come Bari devono puntare sempre al massimo».

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BIANCOROSSO E ROSA

COLLOVATI

IL SEGRETO SVELATO Antonella Poliseno

È

passato quasi un mese da quando Collovati ci partecipò del suo nobile pensiero sulle donne; lì per lì non provai nulla se non noia perché come tutte le donne che hanno superato i tredici anni, la misura del vaso che raccoglie le cazzate maschiliste proferite da chicchessia, è abbondantemente colma. Eppure mentre l’otto marzo le vie, il web e le chat di whatsapp esplodono di mimose, auguri improbabili, riflessioni cosmiche e banalità più o meno variopinte, il Collovati-pensiero mi raggiunge provocandomi per la prima volta un pizzico di fastidio, un retrogusto amaro, una sorta di malessere: ma come è possibile che nel 2019 si possano ancora proferire pensieri di tale infima caratura e di macroscopica banalità? Come è possibile che nel variopinto bacino delle cazzate cui un uomo può attingere, si possa ancora pescare il vetusto tema dell’incapacità delle donne di capire il calcio? E allora ho capito che è arrivato il momento di svelarvi un segreto, il segreto dei segreti: il calcio non è una cosa complicata; per niente. Di base è una palla che corre su un manto erboso dove gente più o meno talentuosa se la rimpalla cercando di andare in rete secondo schemi che sono appena

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IL CALCIO NON È UNA COSA COMPLICATA DI BASE È UNA PALLA CHE CORRE SU UN MANTO ERBOSO DOVE GENTE PIÙ O MENO TALENTUOSA SE LA RIMPALLA CERCANDO DI ANDARE IN RETE SECONDO SCHEMI SEMPLICI più complicati di un qualsiasi ragionamento di Salvini e invece molto, molto più semplici del complesso movimento ad incastro dei neuroni che inducono la mente umana a riferirsi alle “persone” giudicandole per quello che fanno, dicono e sono e non per il genere cui appartengono. Perché se tanto mi dà tanto, stando a quello che Collovati ha detto e ribadito, dovrei riferirmi al genere maschile come ad una massa indistinta di trogloditi, incapaci di capire schemi più complessi del “difficilissimo” 4-4-2 e quindi di cogliere l’intrinseca bellezza che si cela in qualsiasi cosa poco oltre il proprio naso; e di certo non mi sto riferendo alla gentile signora Collovati che se dovessimo assurgere ad esemplare tipico del genere femminile, sulla scorta della sua difesa del marito al grido di “non ho mai spiegato tattiche in tv”, dovremmo concludere che le donne hanno problemi ben più seri del non capire di calcio. Ma per fortuna questi pensieri non mi toccano perché io non sono né un uomo né una donna. Ma, semplicemente, una persona. Che è capace di giudicare il prossimo non in base al sesso che ha ma alle cazzate che ha in testa.

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presenze

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gol

12

gol

presenze

104

gol

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gol

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RUOLO

esterno offensivo seconda punta

2017 -18 2 0 18 -19 gol

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presenze

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TRIT IUM (C1)

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FOG GIA (B)

B A RI (D )

CARRARESE (C)

1

gol

3 2-1 201 2013 Gen-giu 2013-14 201 4-1 5

gol

3

(C) GIA FOG

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presenze

11

presenze gol

0 3

presenze

TSA ) VRAA) (A TEV RI BO ULGA (B

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19

presenze

gol

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DESTRO Come tutti i calciatori tecnici, predilige la precisione alla potenza: è il suo piede ed è letale

VELOCITÀ Una delle sue peculiarità: l’accelerazione è bruciante, la progressione irresistibile

gol

0 presenze

gol

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8 presenze

gol

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19 presenze

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MANTOV A (C2)

gol

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BA RL E T TA (C) C) A( PIS

presenze

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15 20 iu n-g Ge -16 2015 2016-17

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presenze

AL ESS AN DR IA ( C2 )

1

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presenze gol

5

TRITIUM (C2) 2010-11 2011 -12 Ge n-g iu 2 01 2

(D) NESE G O COL

-06 05 0 2 -10 2006

G RE SE

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DRIBBLING Altra dote “Top”: può lasciare l’avversario sul posto sul lungo oppure stordirlo sul breve

SINISTRO Lo utilizza nella costruzione e come appoggio, meno nella conclusione a rete.

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IL POSTER

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Roberto

FLORIANO Data di nascita: 14-08-1986 (32 anni) Luogo di nascita: Albstad-Edbingen (Germania) Altezza: 171 centimetri Peso forma: 67 kg PERSONALITÀ Ne ha da vendere. È tra i biancorossi più intraprendenti, un vero trascinatore

COLPO DI TESTA Non è la sua specialità, ma vanta un gol in stagione anche con tale fondamentale

PRESTANZA FISICA Perfetto per il suo ruolo: non è un corazziere, ma è agile e forte sulle gambe

RESISTENZA

Chiamato a scatti ripetuti, talvolta può perdere qualcosa nell’arco dei 90’

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LA STORIA

UNO SCOGLIO CHIAMATO

MAZZOLA IL GIOCATORE CHE FU AD UN PASSO DALL’INDOSSARE LA MAGLIA DEL BARI TRASCORSE ALLA FINE DEGLI ANNI ‘40 LE VACANZE NEL MARE DI GIOVINAZZO E ORA IL COMUNE LO VUOLE RICORDARE

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Nicola Palmiotto

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a maglia biancorossa non la indossò mai. Ma alla Puglia e al mare barese fu sempre legato. Ben prima di diventare il capitano del Grande Torino, quello che si arrotolava le maniche della maglietta e faceva passare agli avversari un brutto quarto d’ora, Valentino Mazzola fu a un passo dal vestire la casacca del Bari. Tulen, come lo chiamavano da ragazzo per l’abitudine a prendere a calci le lattine trovate per strada, non era ancora entrato a far parte del Pantheon del calcio italiano, o come disse Brera colui in cui tutti vedevano «il meglio del nostro calcio sopravvissuto alla guerra», ma soltanto un militare della Regia Marina. Dopo gli esordi nel Tresoldi, Mazzola nel ‘38 era approdato all’Alfa Romeo di Milano. L’Alfa gli aveva offerto un posto di lavoro in fabbrica, («Meglio lavorare: con l’ozio c’era il pericolo di rovinare la mia passione», avrebbe detto in seguito), e una maglia nella squadra che militava in serie C. Arrivò il ’39, l’Italia sarebbe entrata in guerra a settembre, e Mazzola cominciò il servizio militare a Venezia. Lì fu visto e “arruolato”, dopo un leggendario provino piedi nudi (per non rovinare gli scarpini), nella squadra della città lagunare. A marzo del ’40 esordì in serie A e qualche giornata dopo segnò un gol, ironia della sorte, proprio contro il Bari. «Ci è fort!» Galeotto fu quel gol. Nella pausa tre le due stagioni s’interessò a Mazzola il Bari di Ninì Patarino. Gianni Antonucci racconta come andò la vicenda nel suo “Bari 90 (1908-1998)”. A segnalare il calciatore al patron biancorosso fu un marinaio, un certo Storelli: barese, calciatore anche lui e soprattuto militare. Storelli, che evidentemente aveva l’occhio lungo, persuase Patarino descrivendo Mazzola con una frase in dialetto barese: «Ci è fort!». Patarino offrì all’Alfa Romeo, che deteneva ancora il suo cartellino, 15.000 lire. Mazzola infatti a Venezia era prima di tutto un militare. Ma il diavolo, come si sa, sta nei dettagli. Il contratto sarebbe stato valido solo a trasferimento concluso. A Bari doveva arrivare sia il Mazzola calciatore che il Mazzola soldato: nessuno dei due si vide mai. Il Venezia quando seppe dell’interessamento dei biancorossi riuscì a impedire il trasferimento del Mazzola soldato. In laguna rimase altri due anni vincendo una Coppa Italia. Poi passò al Torino. Eppure la Puglia in qualche modo sarebbe tornata nella sua vita, prima del tragico epilogo di Superga. 16 marzo 2019 anno II n. 22

VELENTINO CON I FIGLI SANDRO E FERRUCCIO SI DIVERTIVA A NUOTARE DAVANTI A CALA PONTE CIRCONDATO DA UN NUGOLO DI RAGAZZINI

Il mare di Giovinazzo Il rapporto tra Mazzola e l’acqua ha origini lontane. Nell’Adda a 10 anni si narra che avesse salvato dall’annegamento Andrea Bonomi, futuro capitano del Milan. E tra il ’47 e il ’48 Mazzola, insieme ai figli Sandro e Ferruccio, fu in vacanza a Giovinazzo, ospite di parenti alla lontana della moglie dalla quale forse si era già separato. Una foto di un Valentino Mazzola in costume da bagno, già icona nazional popolare del pallone, sugli scogli di Cala Ponte circondato da un nugolo di ragazzini giovinazzesi, testimonia una di quelle vacanze. I riccioli biondi, i muscoli, motivo della sua superiorità sul campo di calcio, bene in vista. Dicono, quelli che hanno sentito la storia dai propri padri, che Valentino amasse fare lunghe nuotate e poi tirare due calci al pallone. Sandro se lo ricorda ancora oggi: «Giocavo con il pallone sulla spiaggia e facevo il bagno. Avevo forse 5 o 6 anni». Una storia piccolissima, tornata a galla nell’anno del centenario della nascita del campione granata. Il fatto che il Sindaco di Giovinazzo adesso voglia intitolare quello scoglio a Valentino è un modo per ricordare un’icona. Ai tifosi del Bari resterà il rimpianto per non averlo visto con la maglia biancorossa sulle spalle. Magari su quello scoglio, guardando il mare, potranno immaginarsi un finale diverso.

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AMARCORD

VOROS L’UNGHERESE “PER CASO”

BARI-BOLOGNA 3-0 1949, i cinque ungheresi in campo: da sin. Sarosi III del Bologna, Hrotko, Kincses, Voros del Bari e Mike del Bologna. Sopra, Voros portato fuori dal campo dopo l’incidente al ginocchio.

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Gianni Antonucci

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er caso si è trovato tesserato col Bari, per caso ha dovuto giocare da portiere pur essendo un attaccante, per caso è stato ribattezzato “l’ungherese baresizzato”. Questa in sintesi, la vita a Bari di Michele Voros, il “magiaro” dai piedi buoni e dalla mente lucida che in biancorosso ha giocato nelle quattro serie (A, B, C e quarta serie del calcio italiano). Sbarcava a Bari nel gennaio 1948 con la squadra in Serie A che nelle ultime sei partite aveva realizzato solo 1 punto provocando la momentanea sospensione del tecnico Kutik, sostituito dal suo secondo, il connazionale Plemich. Libero da impegni con la prima squadra Andrea Kutik decideva di recarsi a Roma dove doveva effettuare un provino ad un suo connazionale venuto in Italia per tesserarsi con il Vicenza. Per un ritardo del treno proveniente da Lubiana, saltò l’incontro con i dirigenti vicentini. Così Kutik tesserò Voros ottenendo, per altro, il ritorno sulla panchina della prima squadra del Bari. Voros, nato a Budapest il 27 ottobre 1920, aveva poco più di 27 anni. Il Bari versò allo Szeged, la squadra ungherese, la sbalorditiva cifra di 9 milioni di lire (in quel periodo uno stipendio medio di un impiegato si raggirava sulle 30mila lire al mese). Appena tesserato Voros esordì a Livorno il 1 febbraio 1948: una partita stregata giacché dopo pochi minuti il portiere Costagliola fu costretto ad abbandonare il campo per un calcio violento sferratogli dal centravanti Tieghi. Giocatore mesi dopo arrestato per alcuni reati commessi durante il periodo bellico. In porta giocò Orlando che, dopo aver subito un gol proprio di Tieghi, riuscì a conservare, con incredibili parate, il pareggio per 1-1 ottenuto da Tontodonati su assist di Voros. Dal 1948 al 1953 Voros disputò col Bari 142 partite segnando 54 gol. Durante i suoi sei anni nel Bari subì due importanti infortuni: il primo in una amichevole con il Campobasso (frattura del malleolo esterno della gamba destra), il secondo nel derby con il Foggia nel 1952 (menisco). Il primo gol biancorosso fu realizzato al Livorno (3-0 il 27 giugno 1948), l’ultimo nel derby con il Foggia il 29 marzo 1953. Con l’intramontabile Mario Mazzoni e l’indimenticabile Vinicio Sabbatini, Voros costituì il “trio” che col Bari giocò in tutte e quattro le serie: A, B, C e D. L’altro episodio che importante nella carriera dell’ungherese si verificò a Pescara il 12 ottobre 1952. Il Bari, alla ricerca di punti e risultati, acquistò un attaccante abbastanza noto: Bonaretti. Aveva 31 anni e aveva giocato nel Bologna ma aveva avuto proble16 marzo 2019 anno II n. 22


mi ai menischi. Fu pagato 5 milioni di lire e risultò subito uno dei più grossi bluff nel club biancorosso. Bonaretti esordì a Pescara dove il Bari subì un’altra disavventura: il portiere Vanz, 32 anni scendendo per le scale dell’albergo, mise un piede in fallo, cadde e si fratturò il braccio. Non essendo stato convocato il portiere di riserva venne scelto proprio Voros per giocare fra i pali. Il portiere “per caso” fu strepitoso in tutto il primo tempo. Poi, all’inizio della ripresa, il Pescara segnò. Sembrava una sconfitta scontata quando a quattro minuti dalla fine, dopo che il Bari aveva sostituito in porta Voros con Chiricallo, arrivò l’insperato pareggio. E fu proprio l’ungherese ad offrire l’assist a Filiput il quale con un forte tiro ottenne l’1-1 A Bari Voros acquistò un piccolo appartamento nel rione Carrassi dove abitava con la moglie. Non ebbe figli ma diventò “il papà adottivo” di tanti giovani calciatori quando 16 marzo 2019 anno II n. 22

DOVEVA GIOCARE COL VICENZA MA IL TRENO ARRIVÒ IN RITARDO E L’INCONTRO SALTÒ COSÌ ARRIVÒ AL BARI

decise di trasformarsi in tecnico. È lungo l’elenco delle squadre da lui allenate, la maggior parte in categorie inferiori: Altamura, Castrovillari, Bovalino Marina, Casertana, Morrone Cosenza, Enna, Nicastro, Bisceglie; Locri, Acquaviva Delle Fonti e nel settore giovanile la Reggina quando tecnico della prima squadra era Carlo Regalia. Voros ha sempre ricordato con nostalgia le stagioni durante le quali allenava il Locri e il Castrovillari mai immaginando che anni dopo le due squadre avrebbero incontrato il Bari da avversari. Cessata anche l’attività di tecnico i primi tempi della sua vecchiaia li trascorse assistendo agli allenamenti del Bari. Dava consigli a tutti, in particolar modo agli attaccanti come lui, da Protti a Masinga. Ci ha lasciati ad ottobre 2008 dopo esser stato presente alla cerimonia per il centenario del Bari, nel gennaio 2008. L’“ungherese baresizzato”, non ha mai lasciato il capoluogo pugliese che lo ha più volte premiato.

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CALCIO GIOVANILE

CARADONNA I GEMELLI IN CARRIERA

ALFIERI L’allenatore della squadra juniores biancorossa

DISTINGUERE FABIO DA GIUSEPPE È PRATICAMENTE IMPOSSIBILE SE NON FOSSE PER UN PAIO DI BAFFI E IL PIZZETTO 22

Francesco Damiani

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empre insieme, fin dai primissimi calci. Fabio e Giuseppe Caradonna, classe 2002, centrocampisti della Juniores biancorossa affrontano anche questa avventura insieme. Da quando hanno iniziato a giocare a calcio, non si sono mai separati. Distinguerli è praticamente impossibile se non fosse che uno dei due si è fatto crescere baffi e pizzetto (pare anche su suggerimento dei dirigenti del Bari), ma sono affiatatissimi e molte risposte le danno in coro, in perfetto accordo fra loro. Giuseppe, per voi due una carriera sempre in parallelo. «Sì, abbiamo cominciato a giocare insieme a 4 anni nella scuola calcio della Wonderful Bari e questa è la quinta stagione nel Bari. Abbiamo militato anche negli under15 e 16 nazionali». Com’è confrontarsi con il proprio fratello gemello? «È bello, anche se in realtà non abbiamo mai provato a giocare l’uno senza l’altro. Ovviamente sul campo ci troviamo bene, c’è grande intesa. È come se fossimo un’unica persona». Giuseppe, quali sono i pregi e i difetti di Fabio? «I pregi, la tecnica e la velocità. Fra i difetti, a parte il fisico, lui dovrebbe essere più aggressivo in campo». Fabio e invece pregi e difetti di Giuseppe? «Anche per lui la velocità è la qualità migliore. È bravo a servire il pallone e si sa inserire molto bene. A volte però è troppo testardo e tende a essere solista. Ma questo difetto lo può migliorare». Da piccoli guardavate i cartoni animati di Holly e Benji e magari cercavate di imitare i gemelli Derrick? «Sì lo guardavamo quel cartone e ci siamo un po’ ispirati a loro. Ma se ci siamo innamorati del calcio è stato perché nostro padre, che non è riuscito a coronare il suo sogno di diventare calciatore, ci ha trasmesso la sua grande passione. Ci portava sempre allo stadio, in curva». Conoscete altre coppie di gemelli calciatori? I Filippini per esempio? «Sì, e ci piacerebbe fare la stessa carriere di altre coppie di gemelli o comunque di fratelli tipo Filippo e Simone Inzaghi che sono arrivati a giocare in serie A. Sempre insieme». Vi è mai capitato di scambiarvi la maglia durante la partita o di essere ammoniti o espulsi per uno scambio di persona? 16 marzo 2019 anno II n. 22


CALCIO GIOVANILE

JUNIORES L’esultanza della squadra e, sotto, i due gemelli Fabio e Giuseppe Caradonna

«Scambiarci la maglia mai» racconta Fabio. «Però quest’anno è capitato in una partita che Giuseppe commesso un fallo e poco dopo io sia stato ammonito per un altro fallo. L’arbitro pensava si trattasse sempre di Giuseppe. Quindi in pratica sono stato ammonito per errore». Anche fuori dal campo siete inseparabili? E a scuola? «Da quando frequentiamo la scuola superiore al Gorjux siamo nella stessa classe, ma gli altri anni abbiamo frequentato scuole in classi diverse». E le ragazze? Avete mai provato a scambiarvele? «No, mai e comunque se ne accorgerebbero perché di carattere siamo un po’ diversi». Siamo quasi a fine stagione. Che giudizio date alla vostra annata? «Poteva andare meglio, ma c’è ancora tempo per migliorarla. Non abbiamo avuto molto spazio perché siamo i più piccoli della squadra. Però siamo contenti lo stesso perché si è creato un bel gruppo nello 16 marzo 2019 anno II n. 22

QUEST’ANNO GIUSEPPE HA COMMESSO UN FALLO MA L’ARBITRO PER ERRORE HA AMMONITO FABIO

spogliatoio perché siamo rimasti al Bari, la nostra città. Il nostro sogno è di esordire da professionisti con la maglia biancorossa. Siamo cresciuti guardando le partite del Bari e abbiamo sempre desiderato di indossare questa maglia». Il vostro giocatore preferito del Bari? «Adesso Floriano, ma in passato Kamata perché era un giocatore impressionante. Ma anche Barreto, Alvarez, Rivas. Ci piaceva molto il Bari di Conte perché da piccoli andavamo sempre a vedere le partite». Il Bari ormai è a un passo dalla serie C e per voi ragazzi del settore giovanile c’è la possibilità di tornare a giocare i campionati nazionali. Ci pensate già all’anno prossimo? «Sì, ci piacerebbe restare al Bari. Più avanti si vedrà». Oltre al calcio e alla scuola cos’altro vi piace? «Un po’ tutti gli sport, il basket, l’atletica, la formula 1, la motogp, ma anche giocare alla playstation e ascoltare musica».

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I TIFOSI

LUSSEMBURGO

UNA PASSIONE CHILOMETRICA 24

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Francesco Damiani

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Se ci fosse una rotta low cost BariLussemburgo sarebbe stracolma ogni weekend di tifosi del Bari che tornerebbero per vedere la partita. C’è una comunità pugliese impressionante qui e le compagnie farebbero ottimi affari». L’appello arriva direttamente da Lussemburgo e a farlo è Nicola Chiumarulo, anima del locale Bari Club. O, più che anima, malato come si definisce lui stesso. «Da quando sono in Lussemburgo non c’è impegno che possa distrarmi dalla partita del Bari. Mia moglie lo sa e glielo dissi anche sull’altare che avrei visto tutte le partite a qualunque costo. Il sogno è che il Bari possa qualificarsi per una qualificazione europea. Prima di morire voglio vedere la mia squadra del cuore giocare in Europa contro quelle squadre che si possono guardare solo in televisione. E se fosse contro un avversario del centro Europa, sarebbe ancora meglio». Nicola, è arrivato in Lussemburgo per lavoro. Poi come le è venuta l’idea di fondare un Bari Club? «Vivo in Lussemburgo dal 2006, ma sono abbonato in curva Sud da sempre. Ho saltato una sola stagione, quella del fallimento con i Matarrese, perché non fu fatta la campagna abbonamenti. Ho continuato a fare l’abbonamento anche vivendo qui. Chiaramente non posso seguire la squadra due volte al mese, ma cerco di esserci tutte le volte che mi è possibile. Anche quando ho vissuto per un anno a Dubai, sono tornato a Bari due o tre volte per vedere la mia squadra dal vivo. Il Club è nato nel 2016 quando abbiamo trovato un locale di un ragazzo di Noci che però è milanista e ci incontravamo per vedere le partite tutti insieme. Quindi ho contattato l’associazione La Bari Siamo Noi e mi sono fatto spiegare come fondare il club. Servivano almeno trenta persone e le abbiamo trovate abbastanza facilmente con gli amici degli amici. Da allora siamo cresciuti e ora abbiamo quasi settanta soci». Siete tutti italiani o c’è qualche lussemburghese? «Tutti italiani emigranti degli ultimi vent’anni o figli di emigranti italiani di origine pugliese. La fascia di età va dai 30 ai 40 anni con poche eccezioni di qualcuno più anziano. C’è soltanto una coppia di lussemburghesi, Henry e Marisa. Si sono entusiasmati guardandoci e da tre anni sottoscrivono la tessera». Come riuscite a seguire il Bari? Oltre a seguire le partite insieme riuscite a raggiungere la squadra anche al San Nicola? «Le partite continuiamo a guardarle nella

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I TIFOSI

IN AUTO FINO A CITTADELLA E RITORNO: UNA TRASFERTA INFINITA 70 GLI IRRIDUCIBILI NEL CUORE DELL’EUROPA E APPENA POSSONO RAGGIUNGONO LO STADIO SAN NICOLA. LE LACRIME PER LA DELUSIONE DEL FALLIMENTO E LA VOGLIA DI RISCATTO sede del club con l’abbonamento a Sky o Dazn. Ma la presenza in casa o in trasferta è più o meno costante. Io sono venuto per il Marsala. Naturalmente eravamo anche a Cittadella per la partita dei playoff dello scorso campionato. Siamo arrivati in macchina in cinque. Non siamo riusciti a prenotare l’aereo in tempo per l’inversione di campo decisa all’ultimo per colpa di chi sappiamo bene (in realtà Nicola usa un’espressione tipicamente barese un po’ più colorita ndr) e ci siamo fatti 2.500 chilometri per andare a vedere la partita. Grazie ai voli low cost da Bruxelles o Francoforte riusciamo a essere spesso presenti. Abbiamo anche il nostro striscione». Nicola, come ha vissuto l’ultimo anno dal fallimento alla rinascita con De Laurentiis? «Per noi la partita di Cittadella era una normale gara di playoff. C’erano i punti di penalizzazione e l’inversione del campo, ma pensavamo che avremmo superato tutto. Ci siamo rimasti male per essere usciti così presto. Ho pianto di nascosto da mia moglie e mia figlia. Mi era capitato di farlo solo per la scomparsa di mio padre quando avevo 12 anni e di due cari amici. Questo per fare capire il male che ci è stato fatto. Già stare lontano da Bari è difficile, ma pensare a quel maledetto 16 luglio che avrebbe com-

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portato il buio totale è una mazzata tremenda. Io ero favorevole alla serie C, ma non con Canonico perché non volevo che un’altra squadra diventasse il Bari. Speravo in un ripescaggio per meriti. Non volevo che si ripartisse dalla D. Questo campionato praticamente lo abbiamo vinto, ma la serie C è il vero inferno da cui è difficile salire. Ringrazio chi ha riportato il calcio a Bari, ma per il momento rimango abbastanza neutrale perché abbiamo subito troppe delusioni. De Laurentiis? Se riuscisse a realizzare un terzo di quello che ha fatto con il Napoli, non oso immaginare cosa potrebbe succedere». Quali sono le iniziative del vostro club? «Nei progetti futuri c’è la creazione di una squadra del nostro club. Ho conosciuto i rappresentati dei club di molte squadre italiane che ci sono qui che già hanno una squadra e c’è l’idea di partecipare con loro a qualcosa che crei aggregazione. Cerchiamo di stare insieme il più possibile non soltanto per le partite, ma anche in occasione delle feste. Del resto, essere iscritti al club è un modo per sentirsi vicini a Bari che alla maggior parte di noi manca tantissimo». Se un barese viene in Lussemburgo come può contattarvi? «C’è la pagina Facebook Bari club Lussemburgo dove si possono trovare tutte le informazioni che servono». 16 marzo 2019 anno II n. 22


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A SPASSO COL BARI

Gaetano Campione

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la perla della Costa Viola, per via del colore che il Tirreno assume in particolari ore del giorno. Quindi, spiagge (Tonnara, Pietrenera e Scirà), scogli, grotte e tanto mare. Con sullo sfondo le isole Eolie e l’Etna pronte a regalare panorami da cartolina. Clima mite tutto l’anno, Palmi si trova ai piedi del monte Sant’Elia, uno dei luoghi più suggestivi della Calabria. Ai più avventurosi consigliamo una visita alle grotte neolitiche dell’insediamento rupestre monastico bizantino dei Tarditi. A gestirle ci pensa il Movimento culturale San Fantino, primo santo calabrese. I monaci arrivarono da Siria, Palestina, Egitto e Asia minore. Una pagina di storia ancora tutta da valorizzare, intorno alla quale aleggiano racconti di tesori sepolti, miti e leggende . Se, invece, dell’avventura preferite i profumo e i sapori di una volta, ricordatevi che siete nella patria del torrone, creato con una particolare tostatura delle mandorle e di cottura del miele. Il tutto ricoperto da cioccolato bianco, fondente o gianduia e guarnito con ostia, nocciole e scorze d’arancia: Cardine è il miglior custode e interprete di questa prelibatezza. E, a proposito di gastronomia, come non assaggiare la pasta china, una versione arricchita della nostra pasta al forno? Senza dimenticare il re della tavola: sua maestà il pesce spada secondo la migliore tradizione mediterranea. Pesce, tanto, dallo stoccafisso alla spatola. Senza dimenticare la stroncatura (pasta a base di grano duro e farine integrali) con la sarda e la parmigiana di melanzane. I profumi speziati della cucina spagnola hanno lasciato un segno profondo. Le due C di Palmi, cibo e cultura, vanno sotto braccio. In piazza Duomo ecco la Chiesa madre del 1932 al cui interno spiccano l’icona della Madonna della Lettera e la tela di San Giuseppe col Bambino. Poi le chiese del Carmine e del Crocifisso. Due passi nella villa comunale per ammirare un panorama mozzafiato prima 16 marzo 2019 anno II n. 22

PALMI LA PERLA DELLA COSTA VIOLA

di dare un’occhiata su corso Garibaldi e via Roma ai palazzi in stile liberty, Bovi, Rossi e Guardata. La biblioteca, la gipsoteca e l’Antiquarium sono i punti chiave della Casa della Cultura. Due i musei interessanti, il “Francesco Cilea”, dedicato al musicista calabrese e quello di Etnografia e folklore che conserva reperti della civiltà contadina. Infine, una curiosità che dimostra l’attaccamento dei palmesi alla squadra di calcio. Nel 2014 la Palmese fu la prima squadra di calcio per donazioni ricevute attraverso la donazione del 5 per mille. Su una popolazione di 19mila abitanti e di 11mila contribuenti, oltre 4mila palmesi donarono 80mila euro alla società nero verde. La rivalità più sentita dei sostenitori del Palmi è con quella dei tifosi di Gioia Tauro, città che dista 8 chilometri. Il successo nel “derby della Piana” vale più di una stagione intera.

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L’AVVERSARIO

CASTROVILLARI OBIETTIVO TOP FIVE Vito Prigigallo

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ll’inseguimento del podio. Quello, “lungo” e molto particolare, a cinque posti. Il gradino più alto è ormai stabilmente sotto i piedi del Bari. L’ultimo è al momento appannaggio di Marsala e Portici. Insidiate da un trittico molto interessante: Gela, Cittanovese e Castrovillari. Ecco: il campionato “degli altri” si nutre di piccole porzioni di ambizioni. Però entrare nella top-five del Girone I significa prender parte alla festa dell’extraseason, i playoff che vedranno affrontarsi la seconda (la Turris, visto l’enorme vantaggio dei corallini sulle altre) contro la quinta, la terza contro la quarta. E se, con 8 partite da giocare, ci sono qualcosa come 9 squadre in 5 punti, vorrà dire che molte pagine debbono essere scritte in un torneo che il Bari sta dominando ma non umiliando. Il Castrovillari è dunque una delle esponenti più autorevoli dell’altro campionato. Capace, nel match di andata, di fermare il Bari sull’1-1. Mattia Gallon replicò a Simone Neglia nella poco memorabile contesa del Mimmo Rende il 14 novembre, un mercoledì da leoncini. L’attaccante di Arborea, portato con grandi squilli di trombe nella città di San Giuliano di Le Mans (22 mila anime adagiate nella Conca del Re) dal direttore sportivo Natino Varrà, pochi giorni dopo sarebbe passato al Picerno, capolista del Girone H. Sottoscrivendo solo 3 gol. Insieme a lui ha lasciato Castrovillari anche Catinali, esperto sarto di centrocampo approdato all’Altamura. Come per ogni club che si rispetti, anche il Castrovillari ha cambiato allenatore. È accaduto ai primi di ottobre, allorché la squadra calabrese è passata dalle cure di Francesco Ferraro, che pagò un inizio al ralenti, a quelle di Sasà Marra, 45 anni, napoletano, ex calciatore di buona fama e tecnico, dicono, di discrete prospettive, con una lunga esperienza maturata tra Avellino, Acireale, Potenza, Messina, Arzanese, Aversa Normanna, Corregese e Castelvetro. Insom-

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LA SQUADRA Lo stemma e, in alto, la squadra impegnata nel campionato di serie D e i tifosi; sotto l’allenatore Marra

ma, uno che la sa lunga. La scelta del duo alla presidenza (Giuseppe Agostini e Alessandro Di Dieco, lo sponsor, hanno riportato il Castrovillari in D dopo la retrocessione di due anni fa e la risalita attraverso i playoff) si è rivelata felice, considerati i buoni risultati ottenuti dal coach campano. In trasferta i cosentini hanno prodotto quasi quanto nell’impianto di via Veterani dello Sport: 17 punti contro 20, frutto di ben 4 successi e 5 pareggi. All’attivo Richlord Ennin e compagni hanno 14 reti in gare esterne, praticamente la metà del complesso di gol realizzati. Insomma, il Castrovillari va trattato con i guanti bianchi e la tuta da operaio. I Lupi del Pollino provengono da una rocambolesca vittoria nel derby giocato sabato 2 marzo con la Cittanovese (ricordate? La prima giustiziera del Bari): 3-2 con doppietta di Luca Pandolfi che ha così raggiunto quota 8 in una classifica cannonieri guidata dal bomber della Turris Fabio Longo con 15, inseguito da Antonio Crucitti che proprio al Castrovillari ha segnato 2 gol che l’hanno portato a 14, 2 in più di Roberto Floriano, miglior sniper del Bari. Gli altri elementi di spicco dei rossoneri sono il mediano Carmelo Forgione e la coppia di difensori composta da Paolo Lomasto e Angelo Della Guardia. 16 marzo 2019 anno II n. 22


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L’AVVERSARIO

PALMESE SEGNATE SOLO 24 RETI Vito Prigigallo

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a squadra che non c’era più c’è ancora. Un miracolo, considerate le premesse che davano la Palmese incapace anche di racimolare i soldi per l’iscrizione e per disputare il “torneo delle Due Sicilie”. L’associazione sportiva, infatti, fu indagata dalla Guardia di Finanza per la gestione di fondi di patronati e organizzazioni sindacali con base logistica nel Reggino, ma con ramificazioni altrove in Italia. A metà settembre scorso pareva addirittura certo che il Girone I dovesse essere “dispari”: «La Palmese quasi sicuramente non giocherà – si legge sui giornali calabresi -: da un lato travolta da un’inchiesta giudiziaria che ha portato al sequestro del club, dall’altra il curatore fallimentare non è riuscito a raccogliere gli oltre 18mila euro per fronteggiare il minimo richiesto per partire». Così non è stato, per fortuna. La compagine neroverde è una delle compagini meno produttive in area di rigore: solo 24 le reti segnate. Peggio hanno fatto solo le ultime della classe, Rotonda e Igea Virtus. Ma i reggini hanno un record di cui andar fieri e che in fondo hanno edificato una classifica lusinghiera, date le premesse. Solo 21 i gol incassati nelle prime 26 giornate dal 20enne Salvatore Barbieri contro i 23 della Turris, tanto per fare un raffronto. Solo il Bari ha fatto meglio, con Davide Marfella che ha dovuto piegarsi nella propria porta solo 15 volte. A proposito della squadra di Giovanni Cornacchini. All’andata, il 18 novembre, il successo arrivò al tramonto del match grazie a Giuseppe Mattera. Un paradigma di quanto sia complicato mandare al tappeto i lottatori di Palmi (cittadina con più di 18mila abitanti, sul Tirreno, in provincia di Reggio Calabria). Una faticaccia. Come per tutte coloro che hanno affrontato Simone Lavilla (matchwinner con la Sancataldese) e soci. Nelle 9 gare disputate dalla Palmese 16 marzo 2019 anno II n. 22

LA SQUADRA Lo stemma e,in alto, la squadra impegnata nel campionato di serie D e l’allenatore Franceschini

nel girone di ritorno sono stati segnati la miseria di 15 reti. Nelle quattro domeniche di febbraio ha ottenuto 4 1-1 di fila, con Nocerina, Portici, Roccella e Troina. Una sola sconfitta allo stadio intitolato a Giuseppe Lopresti (fucilato alle Fosse Ardeatine, nel ‘44), con il Gela. L’impianto di via Medma, che può ospitare 1.500 spettatori, tappeto di gioco in erba sintetica, reinaugurato, dopo la ristrutturazione, ad aprile di tre anni fa, è stato violato da Cittanovese e Locri nella fase ascendente della stagione. I calabresi hanno finora ottenuto 18 punti in casa, tanti quanti lontano dal duomo dedicato a San Nicola. Perfettamente alla pari anche i gol: 12 in casa, altrettanti fuori. Al Lopresti sono stati registrati solo 10 gol al passivo. L’allenatore della Palmese è Ivan Franceschini. Nativo di Fornovo, 42 anni, vive a Reggio Calabria. Ha indossato le maglie di Reggina, Torino, Genoa e Olympique Marsiglia. Ha guidato il Gallico in Eccellenza, la Juniores della Reggina e poi è stato secondo di Ciccio Cozza e Karel Zeman nella squadra dello Stretto. La vittoria di misura con i nisseni di San Cataldo, il 3 marzo scorso, ha reinserito i calabresi nel novero delle squadre che, almeno teoricamente, sono in grado di agganciare la zona playoff. Una curiosità. Wikipedia riporta, tra gli eventi sportivi memorabili svoltisi all’interno dello stadio di Palmi, oltre alle amichevoli nel 1934 con Roma e Fiorentina, la partita col Bari nel corso della stagione 1951/52 finita 4-0 per i biancorossi con doppietta di Voros e reti di Galletti e Meneghetti. Beneaugurante.

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FINE ANNI ‘90

RIVOLUZIONE BLU Il Nostro Bari

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ontro il Parma, tra le mura amiche, comincia il cammino del Bari in massima serie, dopo un anno di purgatorio in cadetteria. Al cospetto dei ducali i galletti indossano una maglia rossa con due strisce orizzontali bianche priva di sponsorizzazione che invece compare una settimana dopo quando Ingesson e compagni fanno visita alla Fiorentina, accompagnati da una divisa bianca con cinque strisce verticali rosse: in trama la sponsorizzazione dell’azienda di trasporti Gio.bi. Lo sponsor si lamenta perché la scritta non è ben visibile sulla maglia bianca. Quindi si sceglie di spezzare le linee rosse verticali creando così sulla maglia bianca un rettangolo che contiene lo stesso sponsor. Oltre a questo modello e a quello rosso ve n’è un altro blu con strisce orizzontali bianca e rosse. I 90 anni dalla fondazione del club biancorosso sono commemorati con due maglie destinate a rimanere una perla per i collezionisti: il 5 aprile 1998 contro il Milan, in una gara decisa da Masinga, i galletti vestono una casacca anni ‘50 totalmente bianca con un ampio colletto rosso ornato da lacci dello stesso colore, lo stemma è costituito da uno scudo biancorosso con un galletto rosso nella porzione bianca, sulla divisa capeggia la scritta in corsivo “un calcio all’indifferenza”, mentre per la successiva trasferta in casa dell’Udinese è adottata la versione rossa, totalmente speculare a quella bianca. Mancano ormai 5 gare alla conclusione del campionato e la salvezza degli uomini di Fascetti passa da Napoli e Piacenza. Al “San Paolo” e al “Garilli” vengono sfoggiati due modelli unici nel loro genere, rispettivamente la versione rossa con la scritta un calcio all’indifferenza e successivamente quella blu.

LA CLASSIFICA 1

Bari

62

2

Turris

51

3

Acireale

41

4

Marsala

40

5

Portici

40

6

Castrovillari

37

7

Gela

37

8

Cittanovese

37

9

Palmese

36

10

Nocerina

36

11

Troina

36

12

Messina

31

13

Città di Messina

27

14

Sancataldese

27

15

Locri

26

16

Roccella

26

17

Rotonda Calcio

20

18

Igea Virtus

19

LE PROSSIME PARTITE domenica 17 marzo ore 14.30 BARI - castrovillari domenica 24 marzo ore 14.30 PALMESE - BARI Hai commenti, consigli, suggerimenti? Scrivi a:

ilbiancorosso@gazzettamezzogiorno.it GIORNALISMO DI QUALITÀ Riconoscimento a Filippo Fasano, durante il Premio giornalistico Campione per un articolo pubblicato sul magazine Il Biancorosso

30

16 marzo 2019 anno II n. 22




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