Il Biancorosso n.25 - periodico de "La Gazzetta del Mezzogiorno"

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Supplemento al numero odierno de La Gazzetta del Mezzogiorno Anno II numero 25 / € 0,70 più il prezzo del quotidiano

il

periodico di informazione sportiva de

O BIANC ROSSO

È fatta



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L’EDITORIALE

di Gaetano Campione

il primo gradino «

Il Bari merita di tornare in alto e noi vi porteremo». La promessa è firmata Luigi De Laurentiis, il presidente del club biancorosso che vuole crescere ancora, creare e consolidare quella identità che fa della società e della città del pallone una cosa sola. È il presupposto fondamentale per programmare e, di conseguenza, alimentare il predominio sportivo necessario per aprire un ciclo vincente. Il Bari della serie D è stato costruito la scorsa estate alla velocità della luce. Ora ha bisogno di una struttura solida. Il tassello indispensabile se si vuole assicurare una crescita continua nel tempo. Ecco perché diventa determinante la scelta del tecnico giusto al quale affidare le chiavi del futuro. Attorno alla sua figura ruoterà il destino del progetto finalizzato a volare sempre più in alto. È il punto chiave dell’intera vicenda: che sia Cornacchini, l’allenatore al quale andrà sempre e comunque riconosciuto il merito non facile di averci fatto uscire dalle sabbie mobili del dilettantismo al primo colpo, o un altro a sedersi sulla panchina del Bari, l’importante sarà gettare le basi per uno sviluppo organico, coerente con gli obiettivi e in linea con la passione dei tifosi dimostrata domenica scorsa. Non deve esistere mai più un Bari dal tono minore che rischi di essere risucchiato nel buco

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nero del mondo del calcio. Le aspettative per il prossimo campionato sono quelle di un’altra cavalcata trionfale per continuare nella scalata. «È una città pazzesca, incredibile. Insieme andremo lontano», ha detto tra l’altro il patron del club al centro del campo del San Nicola, tirato a lucido dalla competenza e dalla professionalità di chi si occupa della manutenzione del manto erboso. I De Laurentiis ci hanno restituito emozioni e sensazioni che avevamo dimenticato, dopo le delusioni e i tradimenti delle ultime stagioni. Il cambio di rotta ha portato compattezza e certezze. E poco importa se sia venuta meno la brillantezza del gioco. Infine, la gestione dello stadio. Altro elemento portante del progetto biancorosso. Bisogna fare chiarezza anche su questo in tempi ragionevoli perché un eventuale affidamento per un periodo breve difficilmente si concilierebbe con un programma ambizioso, proiettato verso l’alto. Lo dimostrano le esperienze di altre realtà calcistiche. Dopo le elezioni amministrative di fine maggio, per scoprire con quale sindaco proseguire il discorso, si dovrà riprendere il progetto che deve accompagnare la crescita sportiva del club, allontanando definitivamente i dubbi. Il rischio è rimanere in una “terra di mezzo”, di navigare a vista nel mare dell’incertezza. Cosa che nessuno vuole.

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SOMMARIO

il film il Biancorosso anno II n. 25 Periodico sportivo de La Gazzetta del Mezzogiorno reg. Trib. Bari n. 12372EL1/81

l’avventura

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Direttore responsabile Giuseppe De Tomaso Edisud SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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A cura di Redazione sportiva Coordinamento Gaetano Campione

FUSCO

Hanno collaborato Gianni Antonucci Francesco Damiani Filippo Luigi Fasano Davide Lattanzi Vito Prigigallo Fotografie Luca Turi Archivio storico de La Gazzetta del Mezzogiorno Archivio Antonucci Sergio Scagliola Foto copertina: Domenico Bari

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la festa

spagnuolo

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Progetto grafico e realizzazione Clara Specchia Concessionaria di PubblicitĂ Mediterranea SpA piazza A. Moro, 37 - 70122 Bari Stampa Azienda Grafica Capitolina - Roma

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gran torino

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l’avventura

il film del campionato MESSINA

Davide Lattanzi In vetta dal principio alla fine. Dalla prima alla 34esima giornata che chiuderà la regular season nel girone I di serie D. Il Bari ha messo in atto un dominio assoluto, con un vantaggio sempre cospicuo sulla seconda in classifica che, quasi per l’intero torneo, è stata la Turris. Mai un vero momento di reale paura. La cavalcata biancorossa verso il ritorno al professionismo è stata sicura, costante, incontrastabile. Si potrebbe definire una marcia trionfale, se non si parlasse di serie D, peraltro caduta come una tegola sulla testa al culmine di sette anni di guai: dalla retrocessione in B del 2011 al disimpegno della famiglia Matarrese, dallo scandalo calcioscommesse alle penalizzazioni in serie per le inadempienze finanziarie, fino ai due fallimenti: il primo nel marzo 2014, il secondo a luglio 2018. Ricordi che vanno spazzati via proseguendo l’assalto a ritmi serrati verso il calcio che conta. Il popolo del San Nicola lo ha chiesto a gran voce al presidente Luigi De Laurentiis durante i festeggiamenti andati in scena contro il Rotonda. “Noi vogliamo un grande Bari”, il grido accorato partito dalla Curva Nord e condiviso dall’intera città del pallone che guarda costantemente davanti. Perché se a queste latitudini la B va strettissima, è facile intuire che la pure la serie C appena conquistata sia quasi insopportabile. Per una volta, però, è opportuno riavvolgere il nastro. E ricordare i momenti salienti di un torneo affrontato dai galletti con coraggio e senza esitazioni.

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Il debutto

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a nuova proprietà entra in carica la sera del 31 luglio. A Ferragosto mancano uffici, forniture, lo stadio San Nicola è ancora ostaggio della precedente gestione, il campo cade nel dimenticatoio. Eppure, il Bari viene costruito a tempo di record, va in ritiro all’hotel Mancini in Roma e torna in città soltanto ai primi di settembre allenandosi a porte chiuse. Il debutto del 16 settembre è una totale incognita: peraltro, si gioca a Messina, contro una delle favorite del girone I che con il Bari condivide con i pugliesi lo status di nobilissima decaduta in D. Nessuno conosce i nuovi protagonisti, nell’occasione (ed in attesa dell’accordo con Dazn) non c’è nemmeno la diretta televisiva. I galletti, però, rivelano subito la loro identità: si impongono per 3-0 grazie ai gol di Floriano, Simeri e di Pozzebon su rigore in un match che avrebbe potuto avere un esito ancor più largo per i pugliesi. Insomma, si intuiscono le fondamenta di un dominio. Non a caso, arrivano in rapida successione le affermazioni con Sancataldese (4-1 al debutto al San Nicola), Cittanovese e Igea Virtus (entrambe per 3-0).

TURRIS

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l quinto turno, ecco lo scontro con la Turris che si dimostra avversario di ben altro spessore rispetto alla concorrenza. Finisce 0-0 al San Nicola, nonostante una ripresa a senso unico per i pugliesi che all’ultimo secondo centrano la traversa su punizione di Brienza. A Marsala, però, è di nuovo pareggio (1-1) sancito da una prestazione scialba. Il primato non vacilla, ma la società si fa sentire: la preparazione si intensifica, i carichi settimanali aumentano, si cerca una maggiore brillantezza.

la frenatina 6

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sconfitte

NOCERINA

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3 gol fatti

pareggi

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gol subiti

29 68

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vittorie 24

la poderosa accelerata

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risultati arrivano immediati. Nei dieci turni seguenti arrivano addirittura nove vittorie (cadono una dopo l’altra Locri, Acireale, Città di Messina, Palmese, Gela, Nocerina, Portici, Troina e Rotonda) ed un solo pari (a Castrovillari). Il girone d’andata si chiude con il beffardo 2-2 interno con il Roccella (malgrado il doppio vantaggio), ma il girone d’andata si chiude comunque con ben undici punti di margine sulla Turris. Il percorso netto prosegue nei primi due turni del ritorno battendo Messina e Sancataldese.

CITTANOVESE

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l’unica esitazione

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opo 19 risultati utili, arriva la prima sconfitta, a Cittanova. Più doloroso lo stop nello scontro diretto con la Turris. Incamerati i tre punti e con una gara da recuperare, i corallini possono farsi sotto. E la settimana successiva scorrono 21’ di brividi sulla schiena: passa in vantaggio il Marsala al San Nicola ed i campani conducono 2-0 a Messina: la Turris potrebbe arrivare a -3 e invece ecco l’ultima svolta. I biancorossi rimontano e vincono 3-1, i campani cadono in Sicilia (4-2). Il Bari si ritrova a +12, irraggiungibile. I biancorossi vincono ancora con Locri, Città di Messina, Castrovillari, Gela e Portici, pareggiano con Acireale e Palmese e cadono (ma senza farsi male) con la Nocerina. 4 maggio 2019 anno II n. 25

la festa

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’è qualcosa di mistico, nel passo della promozione. Il Bari pone fine alla sua “passione” tra i dilettanti, il Giovedì Santo, a Troina. In un piccolo campo di provincia, un sintetico, nella realtà forse meno nota dell’intero girone I. Contro la squadra che più di tutte incarna la realtà della serie D. Forse il posto ideale per dare l’addio ad un mondo che mai Bari avrebbe pensato di frequentare. Per tagliare il traguardo basterebbe mantenere inalterato il margine di otto lunghezze sulla Turris che naufraga a Palmi. I galletti, però, non fanno calcoli e vincono ancora con un rigore di Simeri. L’ultima istantanea è il caldo abbraccio del San Nicola: un’altra vittoria sul campo (2-1, 24esimo successo su 33 incontri), ma soprattutto il successo di aver ritrovato l’entusiasmo, la magia, la voglia di esserci. Come se la cenere della scorsa estate si fosse trasformata in quei coriandoli biancorossi che hanno colorato il frangente in cui Brienza ha sollevato la coppa dei vincitori del girone I. “Bari merita di volare alto e noi vi ci porteremo”, ha detto Luigi De Laurentiis. Bari spera che sia lui il gentiluomo in grado di mantenere quelle promesse che altri troppo volte hanno disatteso.

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la cavalcata

dalla promozione

alla festa

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Chi è L’occhio attento ai dettagli che nessuno nota, una rara capacità di trasmettere e raccontare le emozioni di una partita di calcio in uno scatto, una grande passione per colori biancorossi e un amore incondizionato per la fotografia. Lui è Domenico Bari, 31 anni, un passato da arbitro e un presente da fotoreporter; in questa stagione - con i suoi #scattidiBari - ha raccontato la marcia trionfale dei galletti verso la Lega Pro per il programma Passione Bari in onda su Radio Selene. «Quando scatto una foto mi chiedo sempre cosa stiano guardando gli altri ed è in quel preciso istante che il mio occhio si sposta su quello che gli altri non vedono. Chi pensa che una partita di calcio sia solo fredda cronaca fotografica di gol e azioni si sbaglia - spiega Bari -. Il calcio crea connessione, empatia, sa essere epico». In una parola il calcio emoziona, perché nulla coinvolge più dei sorrisi, delle espressioni di gioia o di delusione, degli abbracci e delle braccia spalancate per un rigore negato, delle mani che si alzano sopra la testa dei tifosi per un gol sbagliato e i pugni al cielo per la rete che sblocca il risultato. «Con i miei scatti cerco di fare esattamente questo: raccontare le emozioni di chiunque partecipi alla partita, a prescindere dal ruolo. Quando osservo il mondo dall’obiettivo per me sono tutti importanti, non riesco a prescindere dagli occhi e dalle espressioni delle persone, perché le emozioni non si limitano al campo. Arrivano fin sugli spalti, alle spalle dei vigili del fuoco a bordo campo, o del personale paramedico».

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la domenica piĂš attesa

la lunga

Servizio fotografico di Luca Turi

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emozione

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l’esperto

auteri in serie c si vince col gioco Due promozioni in B una a Nocera e l’altra storica A Benevento altrettante sfiorate ai playoff Il tecnico di Floridia, 58 anni ci riproverà anche quest’anno alla guida del Catanzaro

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Filippo Luigi Fasano

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ove c’è lui in panchina, c’è un campionato di C da vincere. Del girone meridionale Gaetano Auteri conosce splendori e miserie, e non solo per i natali siciliani e i tratti ispidi e indomabili, tipicamente mediterranei. Due promozioni in B, una a Nocera e l’altra, storica, Benevento, altrettante sfiorate ai playoff. Il tecnico di Floridia, 58 anni da compiere a settembre, ci riproverà anche quest’anno, alla guida del Catanzaro, la società che lo blindò la scorsa estate prima che l’interesse del nuovo Bari si facesse troppo insistente. Chissà se il suo nome possa tornare di moda, in via Torrebella, dopo l’approdo in terza serie. Per adesso chiedamogli come si fa, a confermarsi protagonisti anche al piano superiore. Auteri, se l’aspettava la promozione dei biancorossi? «Ne ero sicuro. Bari per queste categoria è sovradimensionata. Di che parliamo?». Che C ritroverà, a 35 anni dall’ultima volta? «Con le nuove regole (assenza di limitazioni per i giocatori over, nda) si alzerà probabilmente

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la competizione. Un cambiamento che ho accolto volentieri. Poco spazio per i giovani? Se uno è bravo, gioca a qualunque età». Il raggruppamento meridionale resta il più impegnativo? «Devi avere tante facce, non solo quella del gioco. Specie quando le regole vengono infrante, dalle condizioni dei campi a quelle dei palloni. Conta la forza di squadra, la capacità di calarsi in certi contesti». Con la diffusione dei terreni sintetici, sarà più difficile imbattersi in vecchie anomalie. «Ben vengano, allora. Giocare su alcuni campi è diventato impossibile, in determinati momenti della stagione. Pensiamo ai palloni sgonfi. Tutti, mica uno. Altro che multa: a chi prepara le partite così, darei partita per-

sa». La madre di tutte le domande: cosa serve per vincere questo campionato? «Il gioco. Vincono le squadre che giocano». Ha sempre cercato di abbinare manovra e concretezza. Ma è davvero così difficile, in certe categorie? «Spetta a noi allenatori. Servono conoscenze. E coraggio. Quando si lavora nella precarietà, si punta al risultato attraverso il non gioco, le speculazioni. Ma il calcio resta calcio. Altrimenti si chiamerebbe rugby». Le sue promozioni fra i cadetti: Benevento, 2016. 4 maggio 2019 anno II n. 25

il tecnico ha sempre cercato di abbinare in campo manovra e concretezza

«Vittoria storica, ci si provava da tanto tempo. Abbiamo cambiato modo di stare in campo, filosofia di gioco e di lavoro. E in un anno siamo riusciti a concretizzare tutto, con giocatori e uomini veri. E per la prima volta siamo saliti in B». Nocerina, 2011. «E pensare che eravamo partiti per vincere la vecchia C2. Poi la domanda di ripescaggio della società fu accolta e modellamo la rosa. Quella stagione ha rappresentato la svolta in positivo per molti. Penso a Castaldo, De Liguori e tanti altri». Ha l’etichetta di allenatore vincente in C. Un fardello? «Sa cosa penso, nella mia lucida follia? Che tutto quello che ho ottenuto, me lo sono guadagnato sul campo. Se mi chiamano è perché sono un uomo libero. Amico di tutti ma legato al carro di nessuno. Io appagato? Macché. Penso ancora di arrivare ad allenare in serie A. Il calcio si evolve ma è uguale dappertutto. Cambia soltanto il livello dei calciatori che alleni». Più si sale, più si diventa gestori. E meno allenatori. È d’accordo? «No, non è vero. Si lavora con un gruppo di calciatori necessariamente più evoluto, quello sì. Ma anche i campioni vanno allenati. Capiscono subito chi hanno di fronte. Vanno coinvolti con entusiasmo, vanno messi a proprio agio con le conoscenze necessarie. Sarri docet». In B, da calciatore, l’ha portata a Varese un certo Fascetti. «Era un precursore di un calcio organizzato e moderno, per quelli anni (inizi Ottanta, nda). Ha dato una grande impronta, anche dal punto di vista fisico. Persona perbenissima, vera. Apparentemente distaccato ma in realtà gran simpaticone, con le sue battute pungenti da “toscanaccio”». A Matera ha allenato Mattera, uno dei pilastri del nuovo Bari. «Ragazzo strepitoso. Una carriera strana, la sua, nettamente inferiore alle sue capacità. È un mistero di come abbia giocato per tanto tempo fra i dilettanti senza che se ne accorgesse nessuno. È un giocatore ancora integro, può recuperare il tempo perduto». Quali calciatori l’hanno impressionata, nella C di quest’anno? «Difficile fare nomi. Fra i giovani, Maistro del Rieti (centrocampista classe ‘98), davvero completo». Il suo Catanzaro se la giocherà ai playoff. «Un gruppo abbastanza giovane, a volte si è peccato d’inesperienza. Ma abbiamo giocato molto bene. Ed è ciò che alla fine fa la differenza».

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l’intervista

TURI il gioiello a chilometro

zero

È l’unico barese verace della squadra di cornacchini un «soldatino» della fascia destra, tutto orgoglio e applicazione Filippo Luigi Fasano

U

n po’ di baresità ci voleva, nell’anno della rinascita. Certo, i 21 anni non fanno di Nicola Turi la classica “bandiera”. Ma un puntello a chilometro zero era proprio ciò che serviva a “personalizzare” la propria squadra. Per completare la batteria dei terzini si pensò subito a lui, rimasto svincolato dopo la trafila nel settore giovanile della vecchia società. Un “soldatino” della fascia destra, tutto orgoglio e applicazione. L’esordio mancato in serie B, a maggio 2017, è arrivato in D lo scorso ottobre al San Nicola, contro il Locri. Poco male. L’importante è esserci, in biancorosso, per questo ragazzo originario di San Girolamo, il quartiere del vecchio stadio. «Sarò ricordato come l’unico barese della squadra – osserva Turi, con una cadenza sfacciatamente locale che lo rende subito simpatico –. È una bella sensazione. Con la responsabilità, da barese, di dare tutto, di dimostrare sempre qualcosa in più». Anche la promozione avrà avuto un sapore particolare. Come l’ha festeggiata? «A casa il telefono non smetteva mai di squillare. Il messaggio più bello? Quello di mio cugino Pasquale: “Almeno tu ce l’hai fatta”. In famiglia a calcio giochiamo in tanti, fra chi ha smesso e chi lo fa ancora (lo zio Nicola, suo omonimo, è stato portiere nel Bari di inizio anni Ottanta, il fratello Pasquale è un terzino sinistro classe 1993, nda)». Ripartiamo dall’inizio. Com’è nata questa possibilità? «Mi hanno chiamato a settembre. Venivo da un infor-

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Chi è Nato a Bari il 5 febbraio 1998 (21 anni) Alto 182 cm Nicola Turi, terzino destro, ha disputato col Bari di Cornacchini 13 partite giocando 921 minuti. Due le ammonizioni. Nella sua carriera è stato uno dei punti di riferimento della Primavera biancorossa segnando anche 2 gol tra squadra B e squadra C.

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tunio, ero rimasto senza squadra. E così ho accettato al volo». Mai telefonata fu più attesa, vero? «Non me l’aspettavo ma ci speravo. Ho sempre sognato di giocare nel Bari. Lo seguivo, dal vivo, allo stadio: mi portava mio padre». Due anni fa, in serie B, sembrava fatta per il debutto, all’ultima di campionato. «Si giocava a Ferrara, ero pronto ad esordire. Ma rimasi in panchina sino alla fine». Ripartenza dalla D, promozione al primo colpo. Come sta, oggi, il tifoso biancorosso? «Si pensa in grande, con l’arrivo dei De Laurentiis. Ci sono progetti di crescita: lo si è visto già da quest’anno». Dove ha cominciato? «Primi calci all’Aurora, nel 2005. In posizione più avanzata rispetto a quella attuale». La svolta, al Torneo di Viareggio 2016. «Ero aggregato dagli Allievi, non dovevo neppure giocare. A pranzo si avvicina mister Urbano e mi dice: “Oggi giochi tu”. Tempo stranissimo, grandine e neve. Ma me la cavai lo stesso». In un ruolo più difensivo. «Sì, da terzino destro: Urbano mi vedeva così. Grazie a lui ho imparato molto di quello che so». Poi il ritiro, nell’estate di quello stesso anno. «C’era Stellone. Dalla segreteria mi misero subito in guardia: “Il ritiro dura due settimane. Se vai male, ti mandiamo a casa prima”. Andò alla grande, davvero una bella esperienza». Con Colantuono arrivano le prime convocazioni e le prime panchine. «Tanti consigli da Moras, che alternava bastone e carota con noi giovani. Mi sono trovato benissimo con lui». Lo scorso anno, un assaggio di C. «Sembrava fatta con la Casertana ma finii al Vicenza. La prima esperienza lontano da casa: due presenze, da subentrato, poi mi infortunio e resto fuori due mesi. Città tranquilla, gente perbene: un bel ricordo, nonostante le tante difficoltà». È all’ultimo anno fra gli under: chi l’ha colpita di più? «Piovanello è proprio bravo. Anche Langella: divido la stanza con lui. Fra i grandi? Floriano e Neglia». Pensa di essersi conquistato la riconferma? «Lo spero con tutto il cuore, ci terrei davvero tanto. Per adesso mi piacerebbe giocare alla Poule Scudetto». Magari ci scappa pure un gol. «L’ultimo l’ho segnato in Primavera. Quest’anno, solo un’occasione di testa, da calcio d’angolo». Il suo profilo whatsapp invita a ringraziare Dio ogni giorno. È praticante? «A Messa vado ogni volta che posso. Prego il sabato sera, alla vigilia delle partite. Mi fa stare meglio».

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il

IL PAGELLONE

TURI

MARFELLA

presenze 33 gol subiti 19

ALOISI

presenze 14 gol 0

presenze 17 gol 0

7,5

6

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CACIOLI

BIANCHI

presenze 11 gol 0

5,5

presenze 26 gol 1

6

CORNACCHINI

7,5

LANGELLA

TURI FEOLA

presenze 20 14 gol 0

6

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PIOVANELLO

presenze 25 gol 3

presenze 32 gol 3

6,5

7

BRIENZA

presenze 22 gol 2

6,5

NEGLIA

presenze 31 gol 9

7

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HAMLILI

presenze 29 gol 1

MATTERA

DI CESARE

presenze 26 gol 2

presenze 32 gol 7

7

NANNINI

presenze 25 gol 1

6

8

7,5

QUAGLIATA

presenze 12 gol 0

BOLZONI

presenze 31 gol 1

6

6,5

FLORIANO

presenze 29 gol 13

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POZZEBON

SIMERI

presenze 31 gol 13

7,5

presenze 24 gol 3

5

LIGUORI

IADARESTA

presenze 17 gol 3

presenze 12 gol 1

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la bari siamo noi

spagnuolo un club anche a torino «aspettiamo un museo che racconti la storia della squadra se il comune ci venisse incontro sarebbe una vittoria per tutta la città»

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Francesco Damiani

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uella dei Bari Club è una galassia variopinta che copre tutta l’Italia, ma anche posti decisamente più remoti come la Norvegia, il Cile, la Germania. Una galassia in continua evoluzione coordinata da Franco Spagnuolo, imprenditore, da sempre tifoso del Bari. Da qualche anno è lui il fondatore e l’anima dell’associazione “La Bari Siamo Noi” che raggruppa tutti i Bari Club ufficiali. Grazie al suo impegno, l’associazione ha una sede aperta tutti i giorni, un importante centro di aggregazione per poter parlare e tifare Bari. Come giudica questo prima stagione dopo il fallimento? «È stato un anno positivissimo sotto tutti i punti di vista. Non era facile dopo il fallimento, ma è andato tutto bene e non soltanto per la promozione, ma anche per le presenze allo stadio e tanti altri aspetti. Resta però un rammarico. Ho conosciuto il presidente De Laurentiis subito dopo il suo insediamento e mi ha fatto piacere che abbia voluto conoscere la realtà dei Bari Club. Dopo quell’incontro, però, non ce ne sono stati altri. Gli rinnovo l’invito ad essere ospite presso la nostra sede con lo staff tecnico e dirigenziale per conoscere anche altri rappresentanti dei club che vengono soprattutto dalla provincia». Per l’associazione dei club invece che anno è stato? Ci sono state nuove affiliazioni? «No, però abbiamo avviato dei contatti con dei tifosi di Torino e dall’anno prossimo nascerà un club lì e sarà esposto lo striscione allo stadio. Comunque nei prossimi giorni avremo un incontro dell’associazione per programmare la prossima stagione». Quali potrebbero essere le novità? «Per cominciare avremo dei nostri appuntamenti fissi e poi potremmo partire con una nostra trasmissione in streaming, una sorta di museo virtuale». Oltre al museo virtuale ne servirebbe anche uno fisico. Ve lo aspettate dalla società? «Lo aspettiamo dalla città e da noi stessi. Dalla società proprio no perché essendo nata dopo un fallimento in pratica non ha storia, ha un solo anno di vita e quindi non possiede reperti storici, maglie, trofei. Sono tutte cose che noi invece abbiamo raccolto grazie ad amici collezionisti e se il Comune dovesse darci una mano potremmo allestire un museo anche grazie all’aiuto di Gianni Antonucci e del suo sterminato materiale. Quando viene allestita la mostra sullo sport 4 maggio 2019 anno II n. 25


anima e cuore

Il centro di coordinamento è sempre presente allo stadio San Nicola Da sinistra, Franco Spagnuolo e una delle serate organizzate dal club Nella pagina accanto, la sede dell’associazione

barese al Fortino, l’angolo calcistico lo curiamo sempre noi». Cosa vi aspettate per il futuro? «La programmazione che quest’anno per forza di cose non c’è stata. Si è dovuto fare tutto in fretta, ma adesso si può programmare per bene e quindi ci aspettiamo ancora di più. Se si programma bene in serie C, vuole dire che si sta già pensando anche al futuro». Come festeggerete la promozione? «Non abbiamo previsto niente, non per snobbare questo risultato, ma perché riteniamo che questo sia un anno zero che ci ha riportati nel calcio professionistico e che una città come Bari non debba festeggiare per una promozione in serie C. Massima riconoscenza per questi giocatori che hanno onorato la maglia, ma i festeggiamenti veri si faranno quando raggiungeremo traguardi migliori». Questi traguardi migliori sono da raggiungere in tempi brevi? «Passionalmente, da tifosi, direi di sì. Razionalmente dico che la serie C nasconde tante insidie e non è facile vincere subito come dimostrano tante squadre che pur 4 maggio 2019 anno II n. 25

«programmare È la parla magica per far bene anche in serie c a breve un libro sul bari scritto con una chiave singolare»

investendo non riescono ad arrivare in serie B. Ma sono anche sicuro che la società programmerà una nuova promozione e che i giocatori onoreranno la maglia». Ci spiega come è organizzata “La Bari Siamo Noi” e come ci si può affiliare? «La nostra sede è aperta tutti giorni sia di mattina che di pomeriggio grazie all’impegno di Gigi Franco e questa è una cosa molto importante per chi volesse delle informazioni che comunque si possono trovare anche sul nostro sito. Affinché un club possa affiliarsi, richiediamo che ci siano almeno trenta soci e se il club è della zona, che produca anche un buon numero di abbonamenti allo stadio e che partecipi alle nostre iniziative. Di contro, garantiamo l’affissione dello striscione allo stadio con il loro ufficiale SSC Bari. Al momento abbiamo trenta club affiliati in tutta Italia e all’estero». Come chiuderete la stagione? «Con una sorpresa per tutti i tifosi. Entro la fine del mese, uscirà un libro sulla storia del Bari, ma vista in una maniera differente rispetto al passato. Non posso dire di più, ma sono certo che sarà molto apprezzato».

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65 anni fa

i 50mila

di piazza roma

L

’ultima domenica di giugno 1954 resta nella lunga storia del Bari. La squadra, a Napoli, contro il Colleferro non aveva vinto una partita, ma la più grande fra le tante e tormentate battaglie. Aveva battuto la tradizione, i timori, le ansie, l’emozione e soprattutto il meccanismo di un campionato trappola, oltre alle polemiche che aveva suscitato e alle preoccupazioni che aveva determinato. A fine gara negli spogliatoio piangevano tutti. Anche Michele Mordini, il massaggiatore che in 15 anni di servizio al Bari ne aveva viste di tutti i colori. Capocasale, Angelo Albanese, accompagnatore ufficiale e il direttore sportivo Del Rosso, erano senza fiato e con gli occhi lucidi. La festa più grande, la sera successiva al ritorno al Bari. Direttore delle operazioni di questo giubilo popolare, Peppino Cusmai, capo della tifoseria barese. Pensò a tutto: alla musica, ai fuochi pirotecnici e a due lunghissime catene di petardi in piazza Roma (oggi Moro) all’uscita dalla stazione. Cinquantamila persone, con in mano torce e bandiere, accolsero giocatori, tecnici e dirigenti al loro arrivo. Quando, dopo aver attraversato le vie più importanti della città, preceduti da tre 4 maggio 2019 anno II n. 25

nel 1954 la promozione dalla quarta serie alla c peppino cusmai organizzò i festeggiamenti per lo storico risultato

bande musicali, dai vessilli delle altre società sportive cittadine e dai cartelli dei vari nuclei della tifoseria, raggiunsero piazza Prefettura, ci furono applausi per tutti. I giocatori furono chiamati più volte ad affacciarsi dai balconi del Municipio. Una festa indimenticabile durata sino alle 2 di notte, al suono delle bande e sotto il garrire dei caratteristici gonfaloni. Alla folla, riunita in piazza Prefettura, il sindaco indirizzò un discorso molto significativo . Riassumeva un anno di sforzi, inquadrava il progresso compiuto nel breve giro di dieci mesi, dal momento in cui l’amministrazione comunale aveva preso nelle mani la società, alla domenica memorabile della promozione in C. Terminava così la storia del Bari di provincia, fatta di ansie, di affanni, di delusioni. Mancava ancora qualcosa: ed il Bari rigiocò di nuovo, ma con un altro spirito e con altro entusiasmo. Giocò per una medaglia e per un nastro tricolore, per un titolo italiano. Lo ottenne meritatamente, riscattando così, con un simbolo di vittoria che durerà per sempre, il ricordo della quarta serie, del periodo della sua storia vissuto da sconfitto. (Gianni Antonucci, dal libro “Bari sì, Bari no” del 1972)

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lo scudetto serie d

i campioni Gianni Antonucci

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la coppa Albanese, presidente del Bari, con il direttore sportivo Del Rosso

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l Bari, per la seconda volta in 65 anni, giocherà con l’obiettivo di ottenere lo scudetto di serie D. Era già accaduto nella stagione 1953-1954 quando i gironi del campionato (all’epoca chiamato IV serie) erano otto, con promozione per le prime due squadre di un girone eliminatorio. Il Bari, primo nel girone H, fu inserito nella fase finale con Foggia, Colleferro e Prato, rispettivamente prime nei gironi G, F ed E del raggruppamento Centro-Sud. Per il Centro-Nord, invece, si qualificarono Cremonese, Bolzano, Aosta e Verbania (prime nei rispettivi gironi, A, B, C e D). Tutte le partite si disputarono con la formula dell’andata e ritorno. Nel raggruppamento A la classifica finale premiò Cremonese e Bolzano con 7 punti, Aosta 6 e Verbania 4. Nel raggruppamento B, Bari, Colleferro e Prato terminarono alla pari con 8 punti, mentre il Foggia non vinse neanche una partita e fu eliminato. Si rese necessario quindi un mini-girone vinto da Bari e Colleferro. Il Prato non superò questa fase. L’assegnazione dello scudetto della serie D diventò un affare a quattro: la Cremonese superò il Bolzano per 3-1, il Bari si sbarazzò del Prato per 5-0. La finalissima tra Cremonese e Bari (con partite di andata e ritorno) si concluse 2-2 in casa dei lombardi, 2-0 al della Vittoria per i biancorossi. Ed il Bari festeggiò il titolo di campione italiano di quarta serie.

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la leggenda grande torino Gianni Antonucci

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a bari l’ultima partita prima della tragedia di superga: finì 1-1 nei tre incontri con i biancorossi la squadra piemontese non è mai riuscita a vincere 24

ra diventato leggendario. Per i ragazzi di quei tempi, il Torino di Loik e Mazzola (come lo chiamavano) apparteneva a tutti. Rappresentava l’Italia che risorgeva dalle macerie di una lunga guerra; costituiva un’entità così entusiasmante da catturare il cuore degli italiani. Sembrava che recasse un messaggio più tricolore che granata e, comunque, profondissimo. Se sino a poco prima del conflitto bellico, iniziato nel 1940, la cosiddetta fidanzata d’Italia era stata la Juventus, dall’immediato dopoguerra, il Grande Torino aveva messo la febbre addosso a tutti con le sue imprese, con le sue vittorie, con i suoi gol, con il notevole apporto alla nazionale azzurra che da poco aveva scucito lo stemma sabaudo dalla maglia. Pensate: 104 gol e 28 vittorie nel 1947, 125 gol e 29 successi nel 1948, 66 gol e 21 vittorie fino al giorno della sciagura sul colle di Superga. Era il 4 maggio 1949: il Torino si accingeva 4 maggio 2019 anno II n. 25


cuore granata Sopra, la squadra del Grande Torino al momento della partenza, sullo sfondo il trimotore ALI Accanto, i corpi dei giocatori recuperati dopo lo schianto Nella pagina a fianco, la formazione della squadra piemontese

a vincere un nuovo scudetto dopo quelli conquistati nel 1943 (proprio a Bari vincendo per 1-0 nell’ultima giornata) nelle finali fra centro-sud e nord, nel 1946 e poi di seguito nel 1947 (63 punti in 38 gare) e nel 1948 (65 punti in 40 partite). Dopo il pari (1-1) di Bari del 24 aprile (dove segnava e subiva l’ultimo gol in campionato e quindi nella sua storia italiana), aveva pareggiato a Milano contro l’Inter congelando la partita sullo 0-0. Dal gennaio 1943 fino a quel fatidico giorno di maggio 1949 lo stadio del Torino era rimasto inviolato tanto da essere ribattezzato “FortFiladelfia”. A Bari quel 24 aprile 1949 fu una partita tiratissima con due grandi parate di due leggendari portieri: Bacigalupo del Torino e Beppe Moro del Bari. Un Bari che schierò Moro, Pietrasanta, Stellin, Isetto, Carlini, Orlando, Kincses, Sabbatini, Giorgino, Voros, Hortko. Il Torino in campo con Bagicalupo, 4 maggio 2019 anno II n. 25

il Torino passò in vantaggio con mazzola su punizione il bari pareggiò con voros

Ballarin Martelli, Castigliano, Rigamonti, Fadini, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. In vantaggio il Torino all’11’ su punizione di Mazzola, pareggio del Bari al 22’ della ripresa con Voros “un gol straordinario” –ricordava spesso Michele Voros- Kincses aveva toccato ad Orlando sul quale interveniva Rigamonti. Il pallone schizzava indietro e Kincses lo raccoglieva quasi sulla linea di fondo, poteva benissimo tirare verso la porta e invece, con intelligenza, inventava un passaggio preciso all’indietro avendomi visto entrare in area avversaria. Fu un gioco facile raccogliere e mettere in rete alla sinistra di Bagicalupo, doveva essere proprio quel mio gol l’ultimo che subiva il Grande Torino. Difficile dimenticare quella partita, ripeteva sempre Sabbatini che a giudizio della stampa fu ritenuto il migliore in campo. Un voto altissimo che gli faceva assegnare in

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i funerali L’Italia intera si fermò per l’addio ai giocatori granata 31 le vittime dell’incidente aereo

premio una cassetta di arance offerto dalla ditta “Vito Di Bari”. Dopo le consecutive trasferte di Bari e di Milano con l’Inter, il Torino avrebbe dovuto giocare in casa contro la Fiorentina. In settimana aveva programmato un amichevole a Lisbona contro il Benfica pe festeggiare Ferreira l’asso portoghese e capitano della sua nazionale che lasciava definitivamente il calcio. Nell’amichevole il Torino andava in vantaggio all’8’ con Ossola, poi di seguito le reti di Melao ed Arsenio, quindi il pareggio di Bongiorni e poi ancora Melao e Rogerio. Il Torino segnava su rigore e perdeva per 3-4 in un pomeriggio di festa. Sono passati 70 anni ma non si conoscerà mai la verità sulla sciagura. La tragica fine del “Grande Torino” rimane ancora un mistero. A quei tempi, sul Fiat G212, l’aereo che riportava a casa i campioni d’Italia, giornalisti e tecnici, non esisteva la famosa “scatola nera”, quindi non venivano registrate le manovre. La partenza da Lisbona avveniva alle 10:10 con arrivo all’Aeroporto di Barcellona, alle 14:07 ripartenza poi per Torino alle 15:15 con arrivo previsto verso le 17:00. Quel pomeriggio c’era nebbia e fitta pioggia ed il contatto con nebbia e pioggia avveniva sulla costa ligure. Il pilota dell’aereo chiedeva di attivare i radiofari di Novi Ligure e di Torino. L’orologio segnava le 16:45, il colloquio con la torre di controllo proseguiva e alle 17:02 ecco una voce: “tutto bene arriviamo”. Un minuto dopo, lo schianto. Cosa era accaduto in quell’ultimo minuto? Non si è mai 4 maggio 2019 anno II n. 25

tutto il bari si recò a superga per deporre cuscini di fiori nel ricordo dei giocatori scomparsi

potuto accertare. E allora? Rimanevano (e rimangono) due le ipotesi degli inquirenti: la prima che il pilota (Pierluigi Meroni di 24 anni), convinto di aver superato la collina di Superga, stesse scendendo verso Torino; la seconda che lo stesso pilota, vista la schiarita fra nubi, avesse infilato il varco credendo di essere ormai al sicuro. Accorgendosi dell’errore aveva cercato di aggirare la basilica di Superga riuscendovi in parte ma non evitando che l’ala sinistra dell’aereo sbattesse sul terrapieno provocando lo schianto. Della squadra più forte del mondo non rimaneva più nulla, con il gruppo dei calciatori scomparsi anche alcuni giornalisti e tecnici fra i quali il direttore tecnico Egri Herbstein che per 2 volte era stato l’allenatore del Bari in A. Per una fortuita coincidenza non era partito con la squadra il popolare noto radiocronista Carosio: la moglie lo aveva pregato di rimanere perché proprio quel mercoledì c’era la cresima del figlio, anche due giocatori del Torino fra i sopravvissuti, il portiere Gandolfi lasciato a casa e il terzino Tomà che quattro anni dopo sarebbe stato titolare nel Bari che vinse la IV serie. Tutto il Bari si recò a Superga per deporre cuscini di fiori nel ricordo di tanti campioni scomparsi. A distanza di 70 anni il “Grande Torino” non può essere capito se non inserito in quella grandezza morale che può innalzare lo sport. Era una squadra simbolo di un Paese che si avviava verso la ricostruzione, magari diviso, duro ma sicuramente più serio e meno egoista di oggi.

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tutte le novità

la serie c

Davide Lattanzi

C

ambia il mercato di serie C ed il Bari potrà affinare una strategia ancor più aggressiva per tentare il secondo salto della sua scalata. L’ultima innovazione approvata dalla Lega Pro ha apportato una profonda modifica al regolamento relativo alla composizione degli organici, ma, in vista del prossimo campionato, il club biancorosso potrebbe non solo valorizzare ulteriormente e attingere a piene mani dal parco calciatori costruito la scorsa estate, ma anche programmare investimenti mirati a costruire nuovamente un complesso capace di ambire con decisione alla promozione diretta, senza restrizioni pesanti. Pur con un organico zeppo di stelle per la serie D, infatti, nell’attuale stagione, il club biancorosso ha dovuto pur sempre organizzare l’undici titolare tenendo conto dei quattro under obbligatori da schierare per gli interi 90’, come impongono della Lega nazionale dilettanti. Ma nel 2019-20 in C tutto sarà più elastico, proprio per tutelare i club che hanno possibilità di investire ed al contempo evitare che talune società diventino il “deposito” di club di categoria superiore. Vediamo, però, che cosa accadrà nel dettaglio. Nel campionato in corso, la Lega Pro è ancora disciplinata da norme stringenti sull’organizzazione delle

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cambia il mercato e il club potrà affinare una strategia ancora più aggressiva

rose: 14 sono i calciatori over iscrivibili ai quali si aggiungono un giocatore bandiera (deve contare almeno quattro stagioni anche non consecutive nello stesso club, considerando anche l’eventuale militanza nel settore giovanile), nonché un massimo di quattro elementi nati tra il ’97 ed il ’98 che possono essere ingaggiati fino a raggiungere un organico di 18 iscritti. Nessun limite, invece, sulla presenza di calciatori nati dal primo gennaio 1999 in poi (i cosiddetti “under”) che finiscono in una lista a parte e possono essere tesserati senza vincoli numerici. Un regolamento complesso, ma destinato a sparire, abbattendo ogni distinzione tra over ed under. Scomparirà pure il numero imposto di calciatori iscrivibili: non ci saranno liste di sorta ed ogni club potrà annoverare quanti elementi ritiene utili al suo progetto. Ci sarà, quindi, maggiore possibilità di investire, senza disperdere i contributi sull’utilizzo dei giovani (ora in vigore e fonte preziosa per le società che puntano sulla linea verde) che saranno distribuiti secondo il minutaggio effettivo accumulato dai baby. L’unica limitazione sarà nello svolgimento del calciomercato. Nel senso che i club non 4 maggio 2019 anno II n. 25


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l’avversario

che verrà potranno tesserare più di sei elementi a titolo temporaneo provenienti dalle categorie superiori (A e B). Un accorgimento previsto per evitare che le compagini di C diventino autentici “parcheggi” soprattutto dei giovani di club di rango più alto che negli anni passati sono sovente stati smistati in gran numero da alcune società ad altre creando il fenomeno di squadre “satellite” di realtà di maggior prestigio. Il Bari, pertanto, potrà guardare alla sua prospettiva con mano libera, soprattutto se la famiglia De Laurentiis dovesse stanziare un budget importante per l’allestimento della nuova squadra. La prima conseguenza sarà evitare inutili sacrifici dei calciatori attualmente a disposizione. Se prima su ognuno erano obbligatorie valutazioni approfondite prima di assegnare un posto in lista, adesso si potrà mantenere un numero maggiore di elementi. L’impressione, quindi, è che saranno confermati tutti gli over con vincoli pluriennali. Per quanto le valutazioni nel dettaglio saranno affrontate dopo la poule scudetto, è facile immaginare che i vari Di Cesare, Bolzoni, Floriano, Mattera, Hamlili, Neglia, Simeri, lo stesso Feola (in questo torneo spesso sacrificato proprio 4 maggio 2019 anno II n. 25

saranno confermati in blocco i giocatori con contratti da 2 o 3 anni

dalla presenza dei quattro under) possano essere confermati in blocco, in virtù dei rispettivi vincoli di due o tre anni. L’eccezione su tale ragionamento potrebbe riguardare Pozzebon: anche il 30enne romano ha un contratto biennale, ma il rendimento non all’altezza delle aspettative malgrado le tante chance concesse, prefigura una separazione inevitabile. Difficile pure la permanenza di Cacioli e Iadaresta, gli unici “over” legati al Bari soltano fino a giugno. Da sciogliere, invece, il nodo Brienza: le nuove norme in teoria spalancano le porte alla sua conferma, ma occorrerà anche capire a quali condizioni (tecniche ed economiche) rimarrebbe il fantasista di Cantù che in questa stagione non è stato titolare inamovibile, così come spesso è stato frenato da qualche intoppo fisico. Cadendo, infine, qualsiasi obbligo sulla presenza obbligatoria di giovani in rosa, è facile immaginare che la gran parte (se non addirittura l’interezza) della pattuglia degli under utilizzati nell’attuale campionato sia destinata a ripartire altrove, a meno che non si trovino formule economicamente convenienti per trattenere i giovani in grado di recitare un ruolo importante anche in C.

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l’avversario

ROccella fantasma retrocessione Vito Prigigallo

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ncora profondo sud. E ancora sprofondo classifica. Dopo aver “fatto retrocedere” il Rotonda, il Bari rischia di indossare i panni del giustiziere anche del Roccella. La formazione jonica, infatti, ha 4 punti in più della lucana ed è diventata irraggiungibile. Il successo nel derby di Cittanova- contro un’altra formazione reggina della poule “delle Due Sicilie” - ha consentito al Roccella di scansare il rischio della retrocessione diretta. Toccata, appunto, al Rotonda e, da tempo immemore, all’Igea Virtus di Barcellona Pozzo di Gotto. La compagine dai colori sociali improbabili (quantomeno nell’abbinamento cromatico: l’arancio e l’amaranto) ha molto da guadagnare dalla sfida ai campioni. E nulla, ma proprio nulla, da perdere. Nel senso che ha nel mirino Locri e Città di Messina: la calabrese o la siciliana, o entrambe, se proprio tutto dovesse andar bene. In caso di sconfitta, la sfida-salvezza sarebbe contro una fra Sancataldese o Messina: divise da un punto, ballano sul confine della paura. Un girone fa il Roccella fece lo scherzetto al Bari. Era l’antivigilia di Natale. Sarà stato per i primi panettoni o per gli ultimi fuochi prima della pausa, per caso o follia, fatto sta che non bastò il doppio vantaggio griffato Floriano-Simeri (penalty per il napoletano) nei minuti finali della prima frazione di gara è stato annullato dai difensori Vito Colaianni e Ciro Amelio (nel recupero il gol del 26enne centrale partenopeo). Ai piedi dell’Aspromonte, domenica scorsa, in una gara diretta dall’arbitro barese Giorgio Vergaro, coach Loccisano ha schierato ben otto dei calciatori mandati in campo al “San Nicola”: il portiere Scuffia, i difensori Amelio, Osei e Zukic, quindi Filippone, Pizzutelli, Diop e ‘Ngom. Prima di Nicola Loccisano, sulla panchina della formazione jonica era seduto un

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la squadra Lo stemma e, in alto, la squadra impegnata nel campionato di serie D; sotto l’allenatore Passiatore

pugliese, Francesco Passiatore. A novembre l’allenatore tarantino, tesserato con il Bari tra il 2012 e il 2014 (Primavera), l’anno successivo guidò il Monopoli alla conquista della C vincendo la Coppa Italia di Serie D e perdendo la finale playoff, aveva rilevato Domenico Giampà. Poi, le dimissioni di Passiatore, che aveva denunciato un’aggressione mentre allenava. Dimissioni prima respinte dal club, poi accettate. Solo che, prima di Pasqua, il tesseramento di Mario Del Torrione non era stato ratificato dalla Federcalcio: il trainer di Gioia Tauro risultava scritturato dalla Palmese, pur non avendo mai allenato la squadra di Palmi. Alla fine, il colpo di scena: Passiatore in realtà non si era dimesso ma era “ammalato”. Come dimostrato da un certificato medico alla vigilia della fondamentale gara con il Messina, finita poi con un nulla di fatto il Giovedì Santo. Loccisano era il secondo di Passiatore. Due i baresi nelle fila del Roccella. Federico Pizzutelli, 24enne mediano, all’occorrenza trequartista. Dal 2012 al 2015, cioè fino a vent’anni, tesserato per il Bari, ha girovagato in prestito da Agnonese a Bisceglie, da Torres a Savoia, fino a Potenza. Poi ha militato nel Barletta, nella Vastese e infine è arrivato in Calabria dal Milano City. Dieci maglie diverse in sette stagioni: un girovago del pallone. Colaianni, dal canto suo, ha 22 anni, e, dopo aver studiato calcio nel settore giovanile biancorosso, è stato a Vasto, Altamura ed è approdato sulla costa dei Gelsomini passando anch’egli per il Milano City. L’ultima volta in distinta, Colaianni ha fatto panchina a Barcellona Pozzo di Gotto, il 24 marzo. 4 maggio 2019 anno II n. 25




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