VISITE PASTORALI PIER GIACOMO GRAMPA VESCOVO DIOCESI DI LUGANO
LEVENTINA BLENIO RIVIERA BELLINZONESE Testi di Dalmazio Ambrosioni e Gianni Ballabio ripresi dal quotidiano Giornale del Popolo
Edizioni TBL
VOLUME PRIMO 2004 - 2005
il 15 ottobre 2004, mi sono messo in cammino Q uando, sulle strade del Ticino per compiere la Visita pastorale, mi guidava non solo l’obbedienza ad un preciso dovere del Vescovo, ma anche e soprattutto questa parola dell’Evangelo secondo Giovanni: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre” (Giovanni 10,27-29). E’ vero che queste parole dicono anzitutto chi è l’unico grande pastore delle pecore, il Signore Gesù (Ebrei 13,20). Ma Gesù stesso, affidando a Pietro la cura del gregge, lo costituisce pastore. E Pietro raccomanda agli Anziani della Chiesa: “Pascete il gregge di Dio a voi affidato…” (1 Pietro 5,1 ss.). Ogni vescovo dunque sente come rivolte a se queste parole e tenta di vivere guardando al Pastore buono. Del testo sopra citato vorrei sottolineare i verbi: due descrivono lo stile del pastore, due lo stile del gregge e due infine dicono la qualità della relazione tra pastore e gregge. Il pastore “conosce” il suo gregge. E noi sappiamo come questo verbo non indichi solo una operazione intellettuale, ma dica un coinvolgimento vitale, una appartenenza. Gesù dice che il pastore “chiama per nome” le sue pecore. Anch’io ho voluto conoscere tutte le comunità della nostra diocesi. Gravi ragioni di salute avevano impedito ai miei predecessori questa completa conoscenza, mi è sembrato mio preciso dovere realizzare la visita anche per disporre di una mappa aggiornata ed esauriente, per quanto possibile, di tutte le nostre parrocchie. Questo primo volume e i tre che seguiranno saranno uno strumento per tracciare un volto non approssimativo della nostra Chiesa diocesana. Sono
consapevole che le visite pastorali oggi non hanno l’importanza sociale-economica-civile-culturale oltre che religiosa di quelle dei secoli passati, quando le loro cronache rappresentavano e tuttora rappresentano l’unica fonte di informazione sulla vita delle nostre comunità, restano comunque una fotografia significativa di un preciso momento storico. Ci offrono una conoscenza che è chiamare per nome. Ogni comunità ha la sua fisionomia, la sua storia, le sue ricchezze e i suoi problemi. La visita pastorale consente di chiamare per nome ogni comunità, rispettandone l’identità, valorizzandone le risorse. Le dimensioni della nostra Chiesa consentono questo “chiamare per nome” tutte e singole le nostre comunità, anche le più piccole. In altre diocesi questo è materialmente impossibile. Penso all’arcivescovo di Milano che deve accontentarsi di visitare i decanati nell’impossibilità di raggiungere tutte e singole le parrocchie. Mi ritengo fortunato di poter “chiamare per nome” le nostre parrocchie. Il secondo verbo proprio del pastore è terribilmente impegnativo: dare la vita per il gregge. In questi anni di servizio episcopale posso dire di avere dato il mio tempo, tutto il mio tempo, le mie capacità, le mie forze, la mia povertà per il gregge. Forse è un primo passo per dare la vita. Ringrazio ancora presbiteri e fedeli per l’accoglienza che nella visita mi è stata riservata e rivivo la gioia e la gratitudine che ho colto sul viso della gente ed anche nel rispetto delle autorità che, nonostante qualche episodio di incomprensione, sempre hanno accolto il vescovo con la considerazione che il suo servizio alla comunità richiede. Due verbi indicano lo stile del gregge: ascoltare e seguire. Mi sembra assai importante che il gregge ascolti, abbia cioè uno stile di intelligente apertura. L’immagine del gregge, anche se evangelica, può sembrare a qualcuno ormai lontana dalla nostra civiltà non più agro-pastorale e suggerire atteggiamenti negativi: gregge non è forse sinonimo di passivo, gregario? Ma questo gregge anzitutto ascolta, ha quindi un atteggiamento attivo, consapevole,
intelligente, proprio dell’ascolto. Sono davvero grato a quanti, in occasione della visita pastorale, hanno ascoltato le mie parole e dialogato con me in occasione di innumerevoli assemblee. Non ho incontrato comunità passive, appunto gregge senza iniziativa e vivacità. Dall’ascolto intelligente scaturisce la decisione di seguire, cioè vivere secondo l’Evangelo. E infine due verbi dicono la qualità del rapporto pastore-gregge: non andranno perdute e nessuno potrà rapirle dalla mano del pastore. Un legame di appartenenza stringe gregge e pastore, una reciprocità che niente potrà spezzare. Non è mancata qualche nota stonata, ma che ha contribuito a maggiormente stringere il legame di reciproca appartenenza tra il popolo cattolico e non solo ed il vescovo di questa Chiesa che è a Lugano. Terminata la lieta fatica della visita pastorale, una nostalgia mi prende, rivivendo gli incontri festosi che hanno scandito questo andare per tutte le strade della Diocesi. Ora, consegnando questo primo volume, che documenta la visita pastorale nei vicariati delle Tre Valli ambrosiane e del Bellinzonese, vorrei solo invitarvi a ringraziare con me l’unico Pastore delle pecore. In suo nome sono venuto in mezzo a voi e voi mi avete accolto, nel suo nome. Riservate la stessa accoglienza a chi verrà dopo di me.
+ Pier Giacomo Grampa vescovo di Lugano
SOMMARIO
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2004 LEVENTINA
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20 QUINTO
DALPE PRATO LEVENTINA
28
32
36
AIROLO VILLA BEDRETTO
CALPIOGNA CAMPELLO FAIDO MAIRENGO MOLARE OSCO ROSSURA
ANZONICO CALONICO CAVAGNAGO CHIRONICO GIORNICO SOBRIO
11
24
BODIO CHIGGIOGNA PERSONICO POLLEGIO
2005 BLENIO
40
44
LUDIANO MALVAGLIA SEMIONE
AQUILA LARGARIO LOTTIGNA PONTO VALENTINO TORRE
48
52
CASTRO CORZONESO DONGIO LEONTICA MAROLTA PRUGIASCO
CAMPO BLENIO GHIRONE OLIVONE TORRE
12
2005 RIVIERA
56
60
CLARO CRESCIANO GNOSCA MOLENO PROSITO
IRAGNA LODRINO OSOGNA PREONZO
64 BIASCA
13
2005 BELLINZONESE
68
72
LUMINO CASTIONE
ARBEDO GORDUNO
76
80
MONTE CARASSO SEMENTINA GUDO
CAMORINO S.ANTONINO
14
2005 BELLINZONESE
84
88
GIUBIASCO PIANEZZO S.ANTONIO
BELLINZONA SACRO CUORE CARASSO DARO
92
96
BELLINZONA COLLEGIATA BELLINZONA CRISTO REDENTORE DELL’UOMO
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BELLINZONA RAVECCHIA
2004 LEVENTINA AIROLO Madrano, Nante - VILLA BEDRETTO Bedretto 15 - 16 - 17 OTTOBRE Airolo e la Val Bedretto confrontati ad una crisi che viene da lontano
Investire nelle proprie risorse per superare il momentaccio I militari che se ne vanno, l’autostrada che inquina, le difficoltà economiche, ma anche la consapevolezza di importanti valori storici e ambientali. Il sindaco Chinotti: «Far crescere la mentalità turistica e rafforzare la collaborazione con la città». irolo e la Val Bedretto si interrogano e cercano risposte. Lo fanno in occasione della visita pastorale del Vescovo Pier Giacomo Grampa da domani, venerdì a domenica, che si annuncia come occasione di approfondimento e verifica a tutto campo. Ne esce un clima preoccupato ad Airolo, più tranquillo da Fontana in su. Anche perché Airolo sente di star subendo le conseguenze di profonde trasformazioni in atto, che nascono da situazioni cantonali, nazionali ed internazionali le cui ripercussioni si fanno pesantemente sentire sul posto. Il sindaco di Airolo Mauro Chinotti non nasconde la soddisfazione per la visita (“che inizia dalla terra di Corecco, airolese doc”) ma anche i problemi sul tavolo «che stanno causando una perdità d’attrattività per il Comune». Allora che fare? «Reagire, come abbiamo dimostrato di saper fare. Con idee, progetti, iniziative». Intanto però bisogna fare i conti con un marcato disimpegno, “quasi una smobilitazione”, dei militari. Sono storicamente una presenza importante hanno investito nella zona 200 milioni negli ultimi anni, danno un indotto di un milione all’anno, che rischia di sparire quasi del tutto. Ne deriva una crisi anche occupazionale, visto che per l’ottobre 2005 è stata data la disdetta a 16 guardie delle fortificazioni, tutta gente con famiglia e sui cinquant’anni. Poi c’è l’autostrada che da chance si è trasformata in problema, per qualcuno un incubo. «Speriamo di giungere in tempi ragionevoli alla copertura dell’autostrada in paese, dove causa un forte inquinamento fonico ed ambientale. Con risultato che adesso viene intasata anche la cantonale, con ulteriori disagi
per i residenti». Poi ci sono le difficoltà per gli impianti di risalita di Pesciüm, dove si spera di ottenere la garanzia della copertura finanziaria. E non ha solo risvolti positivi la ristrutturazione delle FFS, con tariffe che aumentano mentre diminuiscono i collegamenti con il Ticino del piano. «Anche qui una limatina all’attrattività di Airolo, dove intanto assistiamo ad un leggero spopolamento». Futuro nero notte? No, a patto di reagire e valorizzare le risorse, che sono tante. Si punta ad ottenere la concessione della Centrale di Calcaccia e ad investire come si è fatto con il Centro manutenzione autostradale e i suoi 70 posti, attivo da 24 anni. Con il Caseificio, che ha occupato con buoni risultati una nicchia commerciale interessante, facendo la sua parte anche nei confronti del turismo. Con la protezione del terittorio con i ripari valangari dove vengono investiti una sessantina di milioni da qui al 2012. Con la zona del Passo, Ospizio, musei e natura. Figuriamoci se Mauro Chinotti si arrende. «L’esperienza conferma che i buoni investimenti alla fine pagano. Abbiamo uno straordinario paesaggio, il verde, la natura, le montagne, la Val Bedretto, Il San Gottardo; insomma un patrimonio che abbiamo dimostrato di saper gestire. Si tratta allora di accentuare i rapporti con la città, di convincerci reciprocamente che siamo interdipendenti. E poi di costruire una vera mentalità turistica. Qui storicamente eravamo abituati che la gente arrivava e si fermava. Adesso con l’autostrada passa e se ne va. Dobbiamo fermare alcuni dei milioni di anonimi che passano sulla N2, ma soprattutto dobbiamo rinnovare la tradizione dell’ospitalità
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e dell’accoglienza». Che il momento non sia dei più facili lo coglie bene anche un cultore della memoria come il maestro Mario Fransioli. «Ma ci siamo abituati, la storia lo insegna». Come nel 1830-31, quando hanno costruito la strada cantonale della Tremola e i somieri sono rimasti senza lavoro. Sono arrivati i bergamaschi con i carri e hanno sbaragliato la concorrenza. Ma con la costruzione della ferrovia, 1882, sono rimasti senza lavoro anche i carrettieri. Dopo la prima guerra mondiale sono andati in crisi gli alberghi, e per fortuna che trent’anni prima era stato costruito il Forte. «Insomma ci siamo abituati, certo che stavolta le premesse sono preoccupanti perché è aumentata la dipendenza da fattori nazionali e internazionali il cui controllo ci sfugge». Si è spostato il baricentro, e rimane il fatto che nel passato la Leventina era meglio rappresentata a livello cantonale. «Anche cinque-sei deputati, bisognerebbe forse tornare ad avere un deputato per ogni Circolo, ma capisco che la proposta è insostenibile».
2004
IL PROGRAMMA
Venerdì 15 ottobre Airolo 09.00 Arrivo del Vescovo accolto dal parroco e dal Consiglio parrocchiale 09.30 Visita a malati e anziani 11.00 Chiesa parrochiale: incontro per malati e anziani 15.30 Visita al Centro manutenzione autostradale 16.45 Sala del Consiglio comunale: incontro con ragazzi e preadolescenti 20.00 Incontro con i Consigli parrocchiali di Airolo e Bedretto
Natura, montagne, alpi ricchezze da sfruttare
Basta sollevare gli occhi dall’imbuto dell’autostrada e ragioni della rinascita Airolo le cerca soprattutto al suo interno. È stato avviato uno studio su possiblili fusioni (Airolo, Val Bedretto, Quinto, Dalpe e Prato), se ne riparlerà tra un anno. Intanto si guarda al territorio, che vuole dire paesaggio ma anche storia. Una storia che va al passo con l’economia, ricorda ancora il maestro Fransioli citando l’economia
alpestre, gli alpi, l’allevamento, i formaggi, la protezione di un territorio vasto che, da quel piccolo imbuto dell’autostrada giù in paese, si allarga fino alla cima delle montagne ed anche oltre. Qui scatta il Patriziato, che prima di tutto è unico e non frazionato, poi si occupa di tutto il territorio del Comune, allungandosi per di più fino all’Alpe Campo di Torba, comune di Fusio,
09.30 10.30 18.30 20.00
Sabato 16 ottobre Villa Municipio: incontro con le autorità comunali e patriziali della val Bedretto. Visita al cimitero Bedretto Oratorio: celebrazione eucaristica Nante Oratorio: visita e preghiera con la popolazione Airolo Sala del Consiglio comunale: incontro con la popolazione di Airolo e Val Bedretto
09.30 10.15 11.30 15.00
Domenica 17 ottobre Airolo Cimitero: raduno e preghiera (interviene la Filarmonica) Chiesa parrocchiale: celebrazione eucaristica (canta la corale) Incontro con le Autorità comunali, patriziali e militari di Airolo. Pranzo con le Autorità parrocchiali, comunali, patriziali e militari di Airolo e Bedretto Madrano Oratorio: visita e preghiera con la popolazione.
IL PROGRAMMA alta Vallemaggia. In tutto sono ben 9.418 ettari. Ha una squadra di quattro-cinque selvicoltori, uno a tempo pieno e un’apprendista donna, la prima in Ticino. «Certo che è un grande territorio e anche bello», dice il presidente del Patriziato ing. Marco Dotta. Spiega la manutenzione delle strade forestali e agricole, dei boschi, pascoli acquedotti ecc. Con il fiore all’occhiello degli Alpi, diversi ancora caricati: Piottino, Pesciüm, Feudo Sovescia, San Gottardo-Fortünei, Ravina. «Tutti con mucche, solo vitelli all’Alpe di Rovinò». Due da tempo sono affittati ai militari e danno una buona rendita, ma fino a quando? Intanto in preparazione c’è un progetto forestale che interesserà tutta la valle, sussidiato
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2004 da Cantone e Confederazione, realizzato dai Patriziati, che prevede interventi a vasto raggio di manutenzione, creazione di strade forestali, nuove piantagioni. «Dovrebbe partire l’anno prossimo». Anche per il Patriziato i problemi sono prima di tutto finanziari, la manutenzione costa. Ma può contare su un migliaio di patrizi dei quasi 1700 abitanti. «La realtà del Patriziato qui è molto sentita, la collaborazione perfetta, sia con il Comune che con i militari. Dispiace per questi ultimi, ne rimangono sempre meno, ma continueremo a lavorare per valorizzare questo territorio». Ce n’è bisogno, lo conferma un airolese purosangue come Tiziano Gagliardi, direttore di Ticino Turismo. «Certo che la situazione è difficile, ci sono stati momenti di depressione economica e anche psicologica. Ma qui non si dimenticano le grandi risorse del Comune e di tutta l’alta Leventina. Abbiamo valori storici da cui ripartire, e abbiamo dimostrato di saper credere nel futuro. Intanto le funivie riaprono, qui d’inverno nevica, la natura è straordinaria, per le escursioni è un paradiso. Magari si può far rivivere di più il paese: pedonalizzazione o senso unico su via San Gottardo, riproporre lo sci-lift di Lüina. Ma dobbiamo continuare con lo spirito dimostrato con le iniziative sul Gottardo e in Paese, sempre contando anche sullo straordinario polmone della Valle Bedretto». Dove la gente è poca, una settantina i domiciliati stabili, ma ben disposti alla collaborazione. «Anche qui si sente lo spopolamento, la gente invecchia», ci dice con il suo bell’italiano Michela Vabanesi, la giovane gerente del ristorante-albergo di All’Acqua nonché presidente del Consiglio parrocchiale. «La Valle merita di essere visitata e frequentata: sentieri, capanne (Cristallina, Piansecco, Corno Gries), montagne come il pizzo Rotondo e il Lucendro, gli alpi (Cioss Prato, Formazzora, Valleggia, Cristallina, Cruina), la neve, la pista di fondo sotto Bedretto, «La Val Bedretto è unica, bella e attrattiva». Impossibile darle torto.
La prospettiva di un incontro Il primo tratto della visita pastorale - Airolo e Bedretto - ha subito tracciato le coordinate di questo pellegrinaggio del vescovo nell’intera sua diocesi. Un andare nella prospettiva di un incontro. Conoscere la gente, farsi conoscere, dialogare, consolidare la fede e la vita cristiana: delle comunità e dei singoli. Con franchezza, coraggio, spontaneità. Coordinate emerse molto bene, ad esempio, nell’incontro di sabato sera con la gente di Airolo e Bedretto. Franchezza nel sottolineare che il cristianesimo nelle nostre terre ha bisogno di ritrovare le sue radici; non deve lasciarsi “annacquare” da teorie e visioni di comodo lontane dal Vangelo; è chiamato ad andare contro corrente in una società globalizzata che ha smarrito molti valori dentro la frenesia dell’avere. Ma cordialità, concretezza e dialogo hanno pure connotato gli altri momenti del nutrito programma impostato sull’arco di tre giorni. Dagli incontri con le
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autorità parrocchiali, comunali e patriziali, alle soste di preghiera e celebrazione nelle chiese di Bedretto, Nante, Airolo e Madrano. Costante il richiamo alla testimonianza, con particolare riferimento alle nuove generazioni bisognose di messaggi chiari e sinceri, dove sia compreso, per una vera crescita, anche il linguaggio del sacrificio e della rinuncia. E’ così divenuta particolarmente significativa la sosta nei cimiteri (“i nostri padri lo chiamavano il camposanto”, ha sottolineato mons. Grampa), per ricordare e ringraziare i nostri morti “d’averci lasciato un sincero esempio di vita cristiana”. Immediata quindi la domanda del vescovo sulla fedeltà con cui le nostre comunità seguono questo esempio e quale eredità di vita cristiana lasceranno a loro volta alle nuove generazioni. Questo richiamo alle nostre radici cristiane e alla testimonianza sarà certamente una costante di questa visita pastorale, che proseguirà nel prossimo finesettimana con la tappa di Quinto.
2004
Due parrocchie e una corona di chiese
La forza della storia e delle tradizioni bello sentirsi dire che «la parrocchia sta bene e non ha debiti». Gabriele Lombardi, patrizio e presidente del Consiglio parrocchiale di Airolo mette l’accento sulle cose fatte, come il restauro della chiesa parrocchiale dedicata ai SS. Nazario e Celso, la scoperta degli affreschi del ‘600 e del battistero romanico. «È bruciata diverse volte, l’ultima nel 1877, ma gli airolesi l’hanno sempre rifatta più grande». Le fanno corona le sei chiese delle frazioni: Valle, Madrano, Brugnasco, Nante, Fontana, Albinasca, la frazioncina ai piedi del Passo, dove c’è la cappella dedicata a San Gottardo, di proprietà dell’omonima Fondazione. «Con il nuovo parroco don Alfredo Beltran la collaborazione è perfetta, ha già attivato una serie di iniziative». Stessa musica dalla Val Bedretto, partendo dalla chiesa parrocchiale di Villa, dedicata ai SS. Maccabei, festa con processione la prima domenica d’agosto. «È in restauro - precisa Michela Vabanesi -, per questo il Vescovo sabato celebrerà la Messa nell’oratorio di Bedretto dedicato a San Sebastiano». Poi ci sono l’oratorio di Ossasco dedicato a San Rocco, S. Antonio a Ronco, San Carlo All’Acqua e diverse Cappelle sparse sul territorio. Il futuro? I due presidenti sono all’unisono: «La
gente ci è vicina, tiene alle tradizioni e alla storia, non si tira indietro quando bisogna operare». Una buona garanzia anche in momenti complessivamente difficili.
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2004 LEVENTINA QUINTO Altanca, Ambrì, Catto, Piotta 22 - 23 - 24 OTTOBRE Il sindaco Cieslakiewicz lancia un appello all’unità, dal Piottino alla Novena
Solo assieme possiamo gestire il territorio e le sue risorse L’Hockey Club Ambrì Piotta è un valore da difendere. Una zona con le sue crisi, ma anche con importanti risorse da valorizzare, a cominciare dalla natura, dal territorio e dall’acqua. «Uniti, senza guardare al proprio piccolo orto, di Comune e di partito». Quinto, dal nucleo a Varenzo, da Ambrì Sotto e Sopra a Piotta, c’è unanimità assoluta sull’Hockey Club Ambrì Piotta: è un valore da difendere, è il nostro simbolo e la nostra bandiera, è un’azienda che produce. Senza l’Ambrì non saremmo noi stessi, saremmo più poveri in tutti i sensi. Sul resto, sull’economia e la socialità, sul presente e sul futuro, le opinioni divergono tra un pessimismo diffuso (è finita un’epoca, manca la capacità di reagire) e la consapevolezza di avere molte carte da giocare (tra tanti problemi abbiamo anche risorse importanti, a cominciare dalla natura e dal territorio). Risorse ma anche un progetto, precisa il sindaco Fabrizio Cieslakiewicz, nonno paterno di origini polacche che aveva sposato una Blezzani-Robertini di Giornico. Parte citando addirittura la globalizzazione, che tra i tanti mali ha però riportato all’attenzione per il territorio. «La gente, anche i giovani, ritorna in Valle se gli dai qualcosa. E noi abbiamo molto da dare, sia a chi vuol rimanere o insediarsi, sia ai turisti». Appunto il territorio, il piano e la montagna, ma anche una storia industriale che continua, seppure modificandosi. Insomma non è solo la Tensol Rail che se ne va da Giornico con la sua ottantina di posti di lavoro (“molti rimarranno, vivono in case di proprietà”), ma anche le ditte che si espandono occupando una loro nicchia di mercato: F.lli Gut, falegnameria, Celio Engineering che si espande, Pedrini (carpenteria), Leonardi (inerti), MTR (metalcostruzioni) e una serie di piccole aziende tra industria e artigianato. Soprattutto il sindaco Cieslakiewicz insiste sul fatto che
l’alta Leventina deve presentarsi unita, «senza guardare al proprio piccolo orto di Comune o di Partito». Uniti pensando anche alla fusione con Airolo, Bedretto e Prato, al momento Dalpe si è chiamato fuori, pensando che insieme possiamo gestire un territorio dove passano le grandi vie europee di comunicazione, che va dal Piottino al Passo della Novena. «Abbiamo bisogno di essere forti, di rivendicare la gestione di risorse importanti come l’acqua, di mettere in cantiere opere importanti, dalla
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sistemazione della Valascia agli impianti di risalita di Airolo, istituire un Dicastero dello sport, valorizzare di più quel valore che è la natura, coprire l’autostrada... E siamo forti nella misura in cui siamo uniti». Ma la crisi, lo spopolamento i giovani che se ne vanno, i militari che smobilitano, l’autostrada che inquina, la Posta che riduce, le FFS pure, l’ex Sanatorio che agonizza, il Campo d’aviazione con davanti un grande passato? «È vero – risponde Cieslakiewicz – ma questa è la situazione alla quale dobbiamo reagire. Molte delle ragioni della crisi non dipendono da noi, vengono da lontano, ma ugualmente noi possiamo avere il pallino in mano anche in questi anni di profonde trasformazioni. Dipende da noi». E cita la regione di Piora, «bellissima in assoluto», il Ritom, l’omonima funicolare, la più ripida d’Europa, ritirata e rilanciata da forze locali. Cita la zona industriale: è vero che sta cambiando, che non c’è più la grande industria meccanica, ma è un pullulare di iniziative. Naturalmente l’Ambrì, l’agricoltura che non muore, le “grandiose” risorse alpestri, insomma il territorio. È qui che il Comune vuole giocare le sue carte: «l’acqua è il petrolio del futuro». Ma perché uno dovrebbe investire a Quinto? «È una scelta di vita», risponde prontamente Tino Celio, moglie bleniese, una
2004 Cima. Ingegnere, già in prima squadra nell’Ambrì dal ‘47 al ‘61, insegnante al Poli di Zurigo, negli anni ‘70 ha fondato la Celio Engineering e l’ha ceduta nel ‘98 a due collaboratori: ne hanno fatto due ditte, che funzionano bene. «Occorre essere fieri di essere ticinesi e credere nella propria terra. Quando ho deciso di impiantare un’azienda sono andato in Comune a chiedere se c’erano facilitazioni. Quanti impiegati hai? Sono solo. Allora niente. Sono partito lo stesso e s’è visto che molto si può fare, anche a livello internazionale». Per Tino Celio oggi la situazione è realisticamente più difficile, ma ci sono anche programmi di promovimento economico, si può partire con un investimento anche piccolo, c’è maggiore mobilità e l’informatica aiuta. «Vedo un certo risveglio economico, anche se tutto è cambiato e l’agricoltura non occupa più il 70% delle persone». Ma i giovani che credono ancora nella terra sanno che oggi non hanno più la difficoltà principale di un tempo: “trovare moglie”.
L’economia alpestre rappresenta ancora un’opportunità per la regione
Il ruolo storico dei Patriziati dei Vicinati e delle Bogge «
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ievocare il dolore preme sul cuore» dice, citando Dante, Remo Croce, 1400 giorni di Mobilitazione dal 1939, sindaco di Quinto dal 1953 all’84. I “tempi buoni” sono finiti negli anni Ottanta, quando Quinto era un Comune «veramente fiorente, grazie ai nostri vecchi». E cita i contadini, gli allevatori, i capiazienda, il reddito del piano integrato da quello alpestre, la terra buona, la ferrovia, i militari e il campo d’aviazione, l’industria meccanica, dai Tenconi in avanti, la Piotta Werke e naturalmente l’Ambrì, le scuole, il Piano regolatore, il turismo. Poi è cambiata la musica «perché sono cambiati i tempi, è arrivato il tarlo della globalizzazione, non siamo più noi a comandare». Fatto sta che la Tensol se ne va, soppressa la stazione di Ambrì, soppresso l’ufficio postale di Quinto, ridotto quello di Piotta, soppressi i mezzi di comunicazione sulla sponda sinistra, Quinto compreso. Se non è uno sfacelo, poco ci manca. Certo, rimane il territorio, quasi 7500 ettari, uno dei più vasti del Ticino, confina a nord con
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il Grigioni, a est con la valle di Blenio, a sud con la Vallemaggia, ad ovest con Airolo. «L’economia alpestre funziona tra Vicinati, Bogge e Patriziati, è una storia antica, millenaria, nel 1227 c’è stata la ripartizione degli Alpi in tutta la Leventina, La Vicinanza di Quinto comprendeva 14 Terre, primo esempio di agglomerazione: si parlava di Quinto e delle sue terre». Una grande storia, ma oggi... ». Oggi non si reagisce alla crisi, invece bisogna reagire, non si può tacere, è un insulto alla memoria dei nostri vecchi che hanno combattuto per il benessere di queste zone. Non ci dobbiamo lasciar sopraffare da imposizioni che non dobbiamo accettare». È quasi un proclama alla rivolta quello dell’ex sindaco. Sulla buona manutenzione e rivalorizzazione del territorio insiste anche Valerio Jelmini, segretario del Patriziato generale di Quinto, uno dei 10 del Comune. Gli altri sono Varenzo, Piotta e boggesi Alpe Ravina, Altanca, Deggio-Quinto, CattoLurengo. «Il nostro è il più grande e si insinua tra gli altri, ma non dimentichiamo che tutti i
2004
Ascoltare, accogliere, dare fiducia Q
patrizi dei patriziati piccoli erano e sono anche patrizi di quello Generale di Quinto». Oltre, anzi accanto ai Patriziati ci sono i Vicinati di Ambrì Sopra e Sotto, mentre gli Alpi (Piora, Prato e Ravina) sono gestiti dalle Bogge. Ma come fate, vi intendete in questo apparente ginepraio? «Certo, e c’è anche una buona collaborazione. Ognuno ha la sue assemblee, ben partecipate e talvolta anche vivaci». Sta di fatto che il rapporto con il territorio funziona. Il patriziato generale di Quinto ha una propria squadra forestale, in dieci anni ha portato avanti progetti di ricostituzione della selvicoltura per 7-8 milioni, sussidiati, occupa 6 forestali e 4 apprendisti, ha in previsione di continuare il progetto di manutenzione e nuove piantagioni, taglio, ringiovanimento, interventi per la stabilità, che conta di iniziare nel 2005, sempre a patto che arrivino i sussidi. «Sicuramente questi enti e il reticolo di persone che si occupano del territorio sono una valore storico e anche una ricchezza per il Comune. Così come lo sono il legname, gli Alpi, l’allevamento, il formaggio Piora: pensi, lassù vi sono 250 mucche da latte a stagione».
“ uanti anni hai?”. “E’ bello fare il vescovo?”. “Perché sei diventato vescovo?”. “Come si chiamano i tuoi genitori?”. “Quanti anni si deve studiare per diventare prete?”. Sono fioccate le domande dei ragazzi durante il loro incontro con mons. Pier Giacomo Grampa, accompagnato dal parroco don Osvaldo Gaggetta e dal presidente del Consiglio parrocchiale, nel tardo pomeriggio di venerdì, all’inizio della visita pastorale a Quinto (e frazioni), seconda tappa del pellegrinaggio episcopale in Leventina. Un incontro vivace nel Centro scolastico di Ambrì (presenti il direttore della Scuola media Aldo Maffioletti, il vicedirettore Alfeo Visconti, alcuni docenti e genitori), dove i ragazzi hanno partecipato con spontaneità e senza soggezione alcuna, dando subito del “tu” al vescovo, capace di interessarli e di coinvolgerli con un linguaggio semplice, immediato e concreto. Ma anche capace di lasciar passare, tra una risposta e l’altra, messaggi importanti per il loro cammino educativo e di crescita. Come messaggi importanti sono passati nell’incontro con la popolazione in serata, nel salone parrocchiale di Quinto, dove il discorso si è
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in particolare soffermato sulla necessità di riconoscere l’impegno e il significato della presenza dei cristiani, che hanno dato tantissimo alla nostra cultura e alla nostra società, e che sono chiamati a trasmettere una preziosa eredità di fede alle nuove generazioni, spesso disorientate dal progressivo clima di indifferenza e dalla dilagante cultura dell’avere. Gli incontri con i malati, con le autorità parrocchiali, comunali e patriziali, le celebrazioni, le soste nei cimiteri che custodiscono preziose memorie e nelle varie chiese delle frazioni, sono stati i significativi tasselli del “mosaico” di una visita dove il vescovo diviene il pastore atteso, che ascolta, accoglie, dona fiducia. Con cordialità e immediatezza. Pure la sosta nel laboratorio protetto “E noi ?” di Piotta – uno dei tre fondati da don Giovanni Maria Colombo – e quella di sabato sera alla Valascia per il derby Ambrì-Lugano, sono state altrettante tappe di questo stare con la gente, che è la premessa e la finalità essenziale della visita pastorale, voluta da mons. Grampa per conoscere, farsi conoscere, ascoltare, dialogare. Tappa dopo tappa. La prossima sarà a Prato Levantina e Dalpe.
2004
Venerdì 22 ottobre Quinto 16.00 Casa parrocchiale: arrivo del Vescovo Ambrì 16.30 Aula magna: incontro con ragazzi e preadolescenti SE e SM 18.00 Salone parrocchiale: incontro con il Consiglio parrocchiale 19.00 Salone parrocchiale: cena 20.30 Salone parrocchiale: incontro con la popolazione Sabato 23 ottobre Ambrì 09.00 Visita ai malati a domicilio Quinto 11.00 Chiesa parrocchiale: incontro con anziani e malati Piotta 12.00 Laboratorio “E noi?”: pranzo e visita Catto 14.00 Visita al cimitero Altanca 15.00 Visita al cimitero 16.00 Visita ai malati a domicilio Piotta 18.00 Celebrazione eucaristica 19.30 Pista Valascia: Ambrì Piotta - Lugano 09.30 10.00 11.00 11.30 12.30
Negli ultimi trent’anni restaurate tutte le chiese
IL PROGRAMMA
Domenica 24 Quinto Visita al cimitero (partecipa la Filarmonica) Celebrazione eucaristica Municipio: incontro con le Autorità Aperitivo sul sagrato Salone parrocchiale: pranzo in comune
IL PROGRAMMA
La gente è attiva e collabora
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ualche problema finanziario ce l’ha anche il Consiglio Parrocchiale. Fa sempre più fatica a incassare le imposte, che sono emesse in proprio, il 5% dell’imposta cantonale. «Ma la situazione non è ancora grave e, seppure a fatica, riusciamo a far quadrare i conti», precisa Mauro Fransioli, presidente del Consiglio parrocchiale. I conti sono importanti anche perché dal 1976 sono state restaurate tutte le chiese, e sono parecchie. «Manca solo quella di S. Martino, la più antica, XII secolo, stiamo lavorando sul progetto, abbiamo già incontrato i Beni culturali, andremo in assemblea per il credito, speriamo di iniziare l’anno prossimo con un restauro conservativo su affreschi e strutture». La parrocchia ha “solo” tre chiese: la parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo a Quinto, Ambrì Sopra (SS. Maccabei con S. Eusebio) e l’oratorio di San Martino. Le altre sono di proprietà e gestite dal Patriziato, Vicinato, e anche dalle Bogge, come San Carlo e Piora. Sono San Rocco (Varenzo), San Nicolao Vescovo (Ambrì Sotto), S. Carlo e S. Giulio (Piotta), SS. Cornelio e Cipriano (Altanca), S. Antonio Abate (Ronco), S. Caterina d’Alessandria e S. Barbara (Deggio), S. Ambrogio (Catto), L’Immacolata (Lu-
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rengo, costruita e dedicata nel 1696, quindi ben prima della proclamazione del Dogma), e Natività di Maria (Giof). «Il Consiglio parrocchiale partecipa ai restauri con contributi; e in questi anni abbiamo sistemato anche il salone parrocchiale, che serve alla parrocchia ma non solo». Mauro Fransioli non si nasconde i problemi. I giovani che van via, l’invecchiamento, la crisi, la perdita di attrattività ecc. «Ma la nostra è gente attiva e disponibile, in parrocchia c’è partecipazione e collaborazione attorno al parroco don Osvaldo Gaggetta. Non c’è spazio per il pessimismo». Mi indica un esempio per essere ottimisti? «La funicolare del Ritom, gestita da una società di forze locali con il Comune in posizione maggioritaria. Un bell’esempio di collaborazione e di rilancio, che va imitato». Uniti si può.
2004 LEVENTINA DALPE - PRATO LEVENTINA Rodi-Fiesso 29 - 30 - 31 OTTOBRE Prato Leventina e Dalpe, due modi opposti di guardare alle prospettive future
C’è chi auspica la grande Leventina per affrontare i problemi di domani Adriana Albertella (Prato): «Un solo Comune da Pollegio in su, per gestire al meglio le risorse». Marzio Eusebio (Dalpe): «Razionalizzare i servizi, ma possiamo andare avanti anche da soli». l Dazio Grande è un po’ l’emblema dell’intelligente laboriosità di questa zona. Era poco più di un rudere ancora vent’anni fa, da tempo è un gioiello, ben restaurato a fini culturali e turistici. Un punto di riferimento. Da lì sale la campagna verso Prato Leventina e poi, tra il bosco, verso Dalpe. L’autostrada è lì sotto, ma non impone la sua presenza con la prepotenza di Airolo e Quinto. Nemmeno Rodi e Fiesso ne sono così condizionati. Un’isola felice, dunque? In parte sì, perché negarlo, ma anche qui, ed anche in questo “grembo” – come lo definisce Giorgio Orelli – tra Prato e Mascengo, qualche problema c’è. Come l’invecchiamento della popolazione e la denatalità. Le elementari di Dalpe accolgono solo cinque bambini. “È un vero problema – ammette il sindaco Marzio Eusebio – non riusciamo ad avere scolari per la nostra scuola elementare. Abbiamo facilitato l’accesso alla proprietà proponendo l’acquisto di case a prezzi contenuti per attirare nuove famiglie in Comune, senza alcun risultato». Di questo passo andrà a finire che anche da Dalpe i ragazzi si sposteranno verso le elementari di Rodi. L’immigrazione estera se ne sta giù al piano, lungo la linea ferroviaria, senza creare problemi, ma la situazione demografica rimane quella che è. Anche nelle prospettive. Tanto Adriana Albertella, da 4 anni sindaco di Prato, quanto, dall’alto del suo moltiplicatore al 75%, Marzio Eusebio a Dalpe possono confermare una situazione tutto sommato tranquilla anche dal punto di vista economico. Albertella cita la sostanziale stabilità di Prato (con Mascengo, Morasco, Rodi e Rodi Fiesso) come Comune agricolo, cinque aziende,
diversi artigiani, turismo d’estate e inverno con strutture collaudate: sci-lift, quello mitico su cui ha imparato Michela Figini, sci di fondo anche in notturna, teleferica Rodi-Tremorgio (1850 slm), escursioni nelle zone del Leit, Campo Tencia, Campolungo oppure verso Nante, Pesciüm, Val Bedretto da una parte, Chironico e Sponda dall’altra, E poi l’ex-seminario adesso funzionale e provvida Casa per anziani, che non devono più spostarsi come un tempo sino in Vallemaggia. Oltre alla posizione magnifica dei borghi Marzio Eusebio sciorina la sostanziale stabilità, gli investimenti anche importanti fatti e in corso, come per la centralina elettrica e il piano di smaltimento, un’impresa di costruzioni, due-tre
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aziende agricole che hanno saputo rinnovarsi, ma anche il pendolarismo verso il basso e chissà fino a quando saranno disposti ad andare giù e su. Per il futuro sono però su posizioni diverse. La signora sindaco di Prato auspica una fusione per l’intera Valle, da Pollegio in su. Per cominciare, quantomeno dal Piottino alla val Bedretto. Perché? «Perché i problemi si moltiplicano, sono di sempre più difficile soluzione, esulano dalle competenze e possibilità locali. Insieme avremo più forza, più voce in capitolo, più competenze che possano occuparsi della gestione delle risorse del territorio, a cominciare dall’acqua. Passiamo serate a parlare di minutaglie, tanto volontariato ma i problemi grossi, quelli veri si possono affrontare solo se le questioni quotidiane vengono delegate ad un’Amministrazione. L’inquinamento, il traffico, l’industria, i posti di lavoro, il convincere la gente altrimenti scappa, i canoni d’acqua... Dobbiamo in concreto far capire alla gente che qui è bello, che in questi paesi si può ancora vivere, e bene». Marzio Eusebio vede invece una razionalizzazione dei servizi ma non necessariamente una fusione. «Il grande Comune di Leventina? La Leventina è un territorio talmente vasto che, fino a quando un Comune riesce a prestare i servizi che deve e ad assicurare la gestione del territorio, è meglio mantenere piccole entità locali che hanno dimostrato di sapersi occupare più da vicino
2004 di questo territorio. Ben venga la fusione dove non esistono le premesse per la continuità del Comune». Cosa dice lo storico? Mario Fransioli, nato a Dalpe e residente ad Airolo, ricorda che Prato e Dalpe sono sempre stati due Comuni omogenei, facevano parte storicamente della stessa “Vicinanza”, che si chiamava Prato con tre Degagne: Dalpe, Prato, Fiesso. Ritiene la fusione «un male necessario», con precedenti storici perché in passato, in Leventina le decisioni avevano valore
da Bedretto a Pollegio, c’era il Comune di Leventina che, prima del 1803, partiva addirittura dalla sponda destra della Riviera e, prima ancora, anche da quella sinistra. Il Comune era suddiviso in 8 Vicinanze, a loro volta in una trentina di Degagne, ancora suddivise in Terre o singoli Villaggi, una settantina. «Era una collaborazione imposta dalle necessità, in presenza di beni e territori collettivi. La funzione di questa articolata ma centralizzata struttura era di gestire, in modo equo e razionale, pascoli,
alpi, boschi, diritti di soma. Oggi si potrebbe aggiungere l’acqua. Qui abbiamo perso il treno novant’anni fa: in Vallese e Grigioni sono le entità locali e non il Cantone a gestire l’acqua».
Giorgio Orelli spiega “da par suo” la bellezza e i cambiamenti della natura di questi luoghi
Quella straordinaria «onda di erbe e di fiori» l maestro in pensione Mario Fransioli cita la prima mulattiera del San Gottardo, che saliva da Faido verso Dalpe, per poi scendere a Prato e Fiesso. I somieri stranieri pagavano per avere il diritto di usare i loro cavalli e seguire la via diretta, una sorta di “vignetta” ante-litteram. Ricorda quando, a metà del 1300, l’hanno trasferita sul versante opposto, con Prato e Dalpe tagliati fuori, quindi senza quella fonte di guadagno. «Anche qui le crisi ci sono state, e le abbiamo superate. Supereremo anche questa, ma sapendo che è una crisi collettiva della Valle e della periferia, non di questo o quel Comune». Richiama il primo Dazio vecchio, la “via delle genti” fino alla prima cantonale, secondo decennio dell’Ottocento. E la campagna attorno a Prato con Fiesso e Dalpe, così favorevole rispetto
ad altre località di montagna alla stessa altitudine. «In fondo mi piace anche questa conca che ha qualcosa di materno», dice Giorgio Orelli, nato ad Airolo ma molto legato a Prato. «Il mio fervore quando torno a questa terra non può scindersi da quello che ha patito e subito, è abbastanza rovinata, è passato il tempo in cui – secondo una leggenda raccolta da Lina Borioli – si fece la processione per ripararsi dalle cavallette, che saltarono tutte negli stivali del prete». Allora erano solo prati e boschi, «adesso le cose sono cambiate, anche troppo, senza elevare proteste su queste brava gente, che saluto tutte le estati quando passo a piedi, in bicicletta o spingendo la carrozzina dei nipotini. Ancora oggi è straordinaria questa onda di erbe e fiori tra Prato e Mascengo, che è una piccola distanza, un
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IL PROGRAMMA
Venerdì 29 ottobre Rodi 16.00 Centro scolastico: incontro con i ragazzi delle scuole Prato 18.30 Incontro con il Consiglio parrocchiale e le Autorità comunali 19.00 Cena con le Autorità Sabato 30 ottobre Prato 09.30 Casa Pra’ Verde (già Seminario estivo): Santa Messa nella Cappella. Visita e incontro con gli ospiti. Visita ai malati e agli anziani a domicilio Rodi 18.00 Santa Messa prefestiva 19.00 Santa Messa e incontro con la popolazione Domenica 31 ottobre Prato 09.30 Cimitero: preghiera e Santa Messa 15.00 Chiesa parrocchiale: incontro con la popolazione e aperitivo sul piazzale davanti alla chiesa Dalpe 18.30 Incontro con il Consiglio parrocchiale 19.00 Incontro con le Autorità comunali 19.30 Cena con le Autorità
IL PROGRAMMA
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Incontrare la gente là dove vive I ncontrare
la gente, cogliere l’attesa che le persone hanno del vescovo, sentire che, nonostante secolarizzazione e indifferenza, le nostre radici cristiane sono ancora forti e presenti: queste le impressioni più chiare che mons. Grampa riceve nel visitare la sua diocesi, dentro un pellegrinaggio intenso e impegnativo. E’ stato così anche per la visita a Prato Leventina (con Rodi Fiesso) e Dalpe. Ora il pellegrinaggio di mons. Grampa conosce una breve sosta. Riprenderà a metà novembre, al di sotto ormai del Piottino, per l’incontro con Faido e le parrocchie vicine, tutte affidate ai Cappuccini del convento: Calpiogna, C amp ello, Mairengo, Molare, Osco, Rossura.´Seguendo lo schema dei precedenti
lungo sbadiglio di contadino, ma adesso c’è una frattura che non è facile accogliere dentro di sé. La nostra – come quella di tutti gli abitanti del pianeta – è adesso una storia che rischia di essere troppo meccanizzata, troppo esatta, troppo asfaltata, mentre dove cresce l’erba vuol dire che dalla nostra storia personale, con un niente siamo nella favola, nella storia fantastica e ideale di cui parlava Giambattista Vico. Questo penso tutte le volte che ci passo, ma da alcuni anni non trovo più i mirtilli...». Basta allora salire un altro po’, garantisce Gualtiero Gendotti, presidente
incontri, anche la visita di Prato e Dalpe è iniziata con i ragazzi delle scuole. Un saluto, un canto – con il parroco don Klaus alla fisarmonica – e poi un susseguirsi di domande e risposte, in un clima spigliato, vivace e simpatico. Momento significativo è stato pure la sosta nella Casa Pra’ Verde, già seminario estivo. Vi sono ospitati gli anziani dell’alta valle. Una “trasformazione” ben studiata e una destinazione particolarmente apprezzata dalla gente del luogo, che vede i propri anziani vicini a casa. “Sono contento di riscoprire incontri giovanili – ha precisato il vescovo riandando agli anni di seminario - e di incontrare voi che in questa Casa trovate accoglienza in un ambiente familiare e sereno”. E ha sottoline-
del Patriziato generale di Prato Leventina, che raggruppa anche le Degagne di Prato e Fiesso. «Abbiamo una buona collaborazione, anche se non manca un pizzico di rivalità: il Patriziato ha i terreni, le Degagne l’usufrutto». È proprietario anche degli Alpi (Cadonigo, Campolungo, Casorei) dove ha messo a punto le attrezzature per l’ottimo formaggio di Cadonigo. Gli Alpi vengono dati in gestione ai contadini, che si organizzano tra loro nella Boggia. «Gli alpigiani un tempo erano Bergamaschi e Valtellinesi, poi sono venuti i Portoghesi, quest’anno sono tornati
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ato che “le persone anziane devono essere coscienti di avere una presenza importante e significativa nella società”, perché “hanno alle spalle un cammino ricco di esperienza e di saggezza da trasmettere alle nuove generazioni”. Le celebrazioni (a Rodi, a Prato, a Dalpe), le soste nei Cimiteri, il dialogo schietto e familiare con la gente, gli incontri con le autorità, le soste nelle case per visitare anziani e malati: tutti momenti significativi che accompagnano il cammino del vescovo di parrocchia in parrocchia, come un pellegrino di vangelo e speranza. In fedeltà al mandato ricevuto e al suo desiderio di “mettersi sulle strade del Ticino, per incontrare la gente là dove vive”, come aveva sottolineato all’inizio del suo episcopato.
i Valtellinesi. Comunque sempre un bel lavoro». Il Patriziato provvede al taglio dei boschi, che qui sono «impervi e anti-economici, ma importanti», alla manutenzione delle strade forestali e dei sentieri. «La gente ci tiene, essere patrizio è un orgoglio».
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Grazie al sostegno della popolazione sono state restaurate tutte le chiese
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Un patrimonio culturale conservato con amore
on Klaus Janner è Parroco di Prato e Dalpe dal 1975, conosce alla perfezione gente e luoghi. Concorda con Giorgio Orelli. «Qualcosa è effettivamente cambiato, sono i tempi, ma all’interno di una sostanziale continuità. Abbiamo alcuni immigrati al basso, denatalità in alto, invecchiamento e un leggero spopolamento, ma l’ossatura della comunità è rimasta invariata». Lo conferma Anita Frasa, presidente del Consiglio parrocchiale di Prato: «C’è una situazione tranquilla e un buon sostegno alla parrocchia». Negli ultimi vent’anni sono stati effettuati restauri praticamente in tutte le chiese e oratori. A cominciare dalla parrocchiale di San Giorgio a Prato, primo nucleo del 1200, campanile romanico del 1147, «dal 1500 orientata a sud-est. Ha stucchi e affreschi settecenteschi con episodi del ministero di San Carlo, sotto cui si intravede un Giudizio universale del ‘500». Sempre a Prato c’è la “simpatica” chiesetta dedicata a San Giuseppe, inizio ‘900, anch’essa restaurata, a Mascengo la
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chiesetta dell’Immacolata; a Rodi quella dedicata al Sacro Cuore, costruita nel 1909; a Fiesso la chiesetta dedicata alla Madonna e a San Defendente, «bella e di proprietà della Degagna, adesso si sta rifacendo il tetto»; accanto al Dazio, la chiesetta dell’Annunciazione, anch’essa restaurata. La Parrocchiale di San Carlo a Dalpe ha raffigurato il Borromeo sulla facciata e ha due belle statue, tra cui «una S. Anna del 1400 in legno, trasformata in Madonna». A Cornone c’è la chiesetta di San Rocco, 1350, «restaurata in modo felice»; alla Piumogna, dopo il Boscobello nella piana per salire al Tencia è stata costruita, sui segni di una precedente chiesetta, un’edicola dedicata a San Giovanni Battista. Varie Cappelle punteggiano il territorio a Prato e Dalpe, tutte ben mantenute. Giustamente don Janner ricorda l’Istituto Vanoni a Mascengo, restaurato e ben frequentato soprattutto da gruppi, e il Von Mentlen a Rodi. «Non ci manca proprio niente».
2004 LEVENTINA CALPIOGNA - CAMPELLO - FAIDO - MAIRENGO MOLARE - OSCO - ROSSURA 12 - 13 - 14 NOVEMBRE Oppurtunità, problemi, idee iniziative e progetti
Mantenere i giovani in Valle è la sfida decisiva per il futuro «Dobbiamo invertire la tendenza creando nuovi posti di lavoro, puntando prima di tutto sulla gestione del territorio», afferma Roland David, sindaco di Faido e deputato. «Fermare l’emorragia dello spopolamento e la perdita di importanti risorse umane». l pericolo nella Media Leventina, di Faido e dei Comuni della Montagna è di rimpiangere i tempi andati: quando si stava meglio, quando si contava di più, quando si era più uniti. Pericolo evitato, perché la volontà è di reagire a quella che Roland David, sindaco di Faido e deputato in Gran Consiglio, definisce «la crisi generale delle periferie». Reagire, ma come? «Riuscendo ad attivare progetti di sviluppo che provochino un cambiamento di tendenza, il che significa soprattutto creare posti di lavoro». E ribadisce: «non solo investimenti, ma progetti in particolare indirizzati verso il turismo e la gestione del territorio. Un modello significativo l’abbiamo con la ristrutturazione della stazione sciistica di Carì, con ricadute interessanti in diversi ambiti. Faido con Chiggiogna ha promosso lo studio di un campo da golf a 9 buche in zona Quadra, poi puntiamo alla messa in rete delle nostre strutture con altre zone della Leventina e del Ticino, sempre puntando prima di tutto sulla gestione del territorio, per renderlo ancora più attraente come paesaggio e come natura». Di progetti ce ne sarebbero altri, ma c’è un ostacolo alla loro realizzazione: lo scarso peso politico di questa parte della Valle, di tutta la Leventina. Per il sindaco David la soluzione c’è, anzi c’era e forse ci sarà. Si chiama aggregazione. Quella tra gli 11 Comuni della Valle è stata bocciata, «anche se a Faido è stata scelta dal 75% dei votanti». Adesso ci si rifugia nella mini-fusione a tre, Faido con Chiggiogna e Rossura, senza però accantonare sul medio-lungo periodo la
soluzione regionale. «È un cantiere in corso, ci crediamo sempre. Non perché sia una panacea che sistema tutto, ma uno strumento per affrontare e risolvere molti problemi. Solo uniti, pur nelle diversità, possiamo valorizzare al meglio le risorse di ogni singola comunità». E fermare l’emorragia dello spopolamento e della perdita di importanti risorse umane. «Attualmente non possiamo offrire ai giovani opportunità all’altezza della loro formazione. Vanno via per studiare, poi non tornano più e per la comunità è una
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perdita irreparabile. Continuando così si va verso un continuo, graduale impoverimento». Eppure Faido ha avuto il suo periodo d’oro, dall’apertura della Gotthard-bahn alla prima guerra mondiale (1882-1915). Lo ricorda Fabrizio Viscontini, direttore delle scuole medie a Giornico e appassionato di storia locale. «La ferrovia ha mosso lo sviluppo, provocando un movimento turistico enorme per quell’epoca. Faido era la terza località turistica del cantone, turismo d’elite, alta borghesia e nobiltà di Milano, tre alberghi nella piazza centrale. Dopo la guerra la borghesia milanese ha preso altre strade». Oggi la presenza turistica è contenuta, poche case di vacanza, turismo della terza età con poche esigenze. Questa realtà si innesta con quella del polo sanitario. «Negli anni Venti del secolo scorso Faido aveva due Ospedali, il Distrettuale e il Santa Croce, oggi Casa per anziani-Istituto Santa Croce. Era e rimane un importante centro sanitario, da questo punto di vista è stato perso quasi niente, anche sul piano dell’occupazione». Esisteva anche un piccolo nucleo industriale con la Galvanica, zincature, una sessantina di dipendenti; una decina erano quelli del panificio Scolari, ancora una decina lavoravano nel vecchio maglio rimasto in funzione fino al 1955. Oggi rimane poco, l’artigianato e qualche impresa di costruzione. C’erano diverse aziende agricole, ma qui la modernizzazione è
2004 avvenuta già negli anni Cinquanta. Il direttore Fabrizio Viscontini è anche presidente di Leventina Turismo. Moderato sostenitore delle fusioni («il male minore, tanti poveri non fanno un ricco, ma si danno comunque mezzi sufficienti per portare avanti idee e progetti. Si impone, lo si voglia o no, non ci sono grandi alternative») nel turismo ha trovato la dimensione di Valle, da Pollegio alla Nüfenen. Non è come ai tempi in cui a Faido, in Pian della Croce, oggi piazza Stefano Franscini, si teneva il Parlamento di Valle, ma è possibile individuare una corrispondenza storica. «Faido era il capoluogo, la sua Vicinanza comprendeva i Comuni della montagna, qui c’era il perno della
cinghia di trasmissione degli ordini dei Landfogti, che dominarono la Leventina fino al 1798. Oggi non si tratta di ricreare antiche Vicinanze, tutti siamo affezionati al nostro Comune, ma è una realtà recente, al massimo 150 anni, mentre le Vicinanze e la conseguente abitudine a collaborare uniti, avevano mille anni». Almeno sul turismo ci si muove in questo ordine di idee.
Anche la storia insegna la necessità della collaborazione
Faido, Rossura e Chiggiogna diretti verso la mini-fusione a tre
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laudio D’Alessandri è segretario comunale a Faido. L’esperienza, anche quella della fusione a 11, bocciata dalla gente («sarebbe stato un Comune di poco meno di 3.000 abitanti»), gli fa realisticamente sostenere l’opportunità della “politica dei piccoli passi”, ossia la fusione a tre. «Se la ferrovia più di cento anni fa è stata la nostra carta vincente, l’autostrada oggi è il contrario, penalizza tutta la Valle. Però dobbiamo costruirci un futuro, e il futuro si fa con i giovani, le forze vive, che assicurano la continuità a tutti
i livelli. Senza di loro il futuro non è assicurato. Dobbiamo creare posti interessanti per tenerli qui, sperando che Cantone e Confederazione si dimostrino con i fatti sensibili alle esigenze delle regioni periferiche, dislocando servizi per supplire al ridimensionamento delle ex regie federali, Ferrovia e Posta, o almeno mantenendo quelli che ci sono, come la Pretura». D’Alessandri è anche presidente della Degagna di Fichengo, e nella gestione del territorio riscontra una buona collaborazione. «È la conferma che si può, si
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IL PROGRAMMA
Venerdì 12 novembre Faido 15.30 Arrivo del Vescovo 16.15 Incontro con i ragazzi della scuola elementare e media (anche di Mairengo) 17.30 Convento: visita alla comunità delle Suore di S. Vincenzo 18.15 Cena in convento Rossura 19.00 Arrivo nella Parrocchia. Incontro con la popolazione in chiesa. Visita al cimitero Faido 20.15 Sala polivalente: incontro con la popolazione Sabato 13 novembre Molare 08.30 Chiesa parrocchiale: arrivo del Vescovo. Incontro con la popolazione. Visita al cimitero Campello 09.15 Parrocchia: arrivo del Vescovo. Sala del municipio: incontro con le Autorità civili e i consigli parrocchiali di Molare, Campello, Calpiogna e Rossura. Visita alla chiesa parrocchiale. Chiesa: incontro con la popolazione. Visita al cimitero Calpiogna 11.00 Parrocchia: arrivo del Vescovo. Santa Messa per le quattro parrocchie. Visita al cimitero 12.00 Aperitivo con la popolazione e pranzo per tutti Faido 14.00 Ospedale distrettuale: visita alla suore che ci lavorano 14.30 Visita ad alcuni malati dell’Ospedale 16.30 Casa leventinese per anziani Santa Croce: visita e merenda con gli ospiti 17.15 Visita nei reparti e ad alcuni malati Mairengo 18.30 Parrocchia: arrivo del Vescovo. Santa Messa per le parrocchie di Osco e Mairengo. Visita al cimitero Osco 20.00 Parrocchia: arrivo del Vescovo. Incontro con le Autorità e la popolazione. Visita al cimitero. Cena nel salone Domenica 14 novembre Faido 09.00 Municipio: incontro con le Autorità civili e religiose 10.00 Parrocchia: Santa Messa e visita al cimitero 12.00 Convento: pranzo con le Autorità civili e religiose
IL PROGRAMMA deve lavorare insieme, lo dice la storia, anche se la storia, ahimè, non ha mai insegnato niente». La gestione collaborativa del territorio è anche
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I sentieri di San Carlo Faido e le piccole comunità su in alto hanno accolto il vescovo, che ha ripreso la visita pastorale, dopo la pausa per le festività dei Santi e dei Morti. Calpiogna, Campello, Molare, Rossura, Mairengo, Osco. Piccoli villaggi dove identità e appartenenza sono sentimenti autentici, come le preziose tradizioni che segnano e accompagnano il cammino dentro un limpido orizzonte di montagne, reso ancora più nitido dal vento degli scorsi giorni. Mons. Grampa ha sicuramente respirato aria buona, ma soprattutto dimensione comunitaria, che unisce in sincera comunionalità la gente di questi villaggi, dentro una civiltà di solidarietà e valori, andata forse un poco smarrita in altri contesti. E in questa dimensione sta la tradizione cristiana, resa visibile anche dal generoso attaccamento della gente ai suoi luoghi sacri (chiese, oratori, croci, cappelle), quasi altrettante pietre miliari dell’evangelizzazione. Su questi sentieri secoli fa è passato San Carlo, spingendosi con generosità, senza
la passione di Enrico Pedrini, Segretario della Degagna generale di Osco con Faido e Mairengo, un nome rimasto immutato dal 1237, «e difeso anche di recente». Qui la tradizione conta, ogni Comune ha il suo Patriziato o Degagna, che si intrecciano tra loro. Per conto proprio o insieme hanno costruito acquedotti, strade e sentieri,
badare a sacrifici e pericoli, fin negli angoli più lontani e difficili. Sostare nei piccoli cimiteri (“i padri chiamavano questo luogo camposanto”, ha precisato il vescovo) mentre è scesa la notte e giù in basso si scorgono le mille luci del vivere, significa ritrovare radici profonde, che vanno diritte al cuore. Raccontano di fatica, di generosità, di stenti. Ma le semplici lapidi narrano anche la commovente fierezza di gente e comunità abbarbicate al loro angolo di terra, custodito e amato come preziosa eredità. Nel suo itinerario di villaggio in villaggio il vescovo ha salutato, ascoltato, spiegato, risposto a domande. Ha in particolare riunite le comunità per la preghiera e l’Eucaristia, invitandole a tener viva la fiaccola della fede per consegnarla con altrettanta fedeltà alle nuove generazioni, che hanno bisogno di ritrovare chiari punti di riferimento dentro il bombardamento mediatico della società globalizzata. Ha visitato anziani e malati al loro domicilio, o durante le soste alla Casa Santa Croce e
da sempre provvedono alla loro manutenzione, ognuno con la sua squadra. La Degagna di Fichengo si allarga tra Calpiogna e Campello; quella di Cala sale sui monti di Chironico; quella di Tarnolgio è diventata Patriziato di Mairengo, ma persiste la Degagna di Tarnolgio in Piano, che annovera alcune famiglie di Faido ed è proprietaria dell’acquedotto del capoluogo. «Questo tipo di organizzazione è sempre stato importante sul piano storico; ancora oggi fa bene il suo dovere nel gestire un territorio molto vasto». Pedrini ricorda come Patriziati e Degagne facevano parte della Vicinanza di Leventina, che anticamente andava dalla Crocetta de Nueno (ora passo della Novena, Nüfenen) addirittura al ponte sul riale di Moleno in Riviera, dove sfruttava le selve castanili di Iragna e Lodrino. Da tempo immemore hanno Alpi in Val Bedretto, e gli Alpi erano fonte di benessere. «Una volta venivano caricati con bestiame solo del paese, adesso prendono quello che trovano». Scorriamo i principali: Alpe Crüina per Osco, Manigorio per
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all’Ospedale di Faido. Ha dialogato, in apertura della visita, con i ragazzi delle scuole, in uno scambio ormai collaudato di domande e risposte, simpatico e immediato, cordiale e spontaneo. Ha incontrato le autorità (comunali, parrocchiali, patriziali); ha percorso i chilometri di stradine che separano Faido dalle comunità in alto e che i bravi Cappuccini macinano da anni nel loro impegno in questa zona della Leventina, che ritrova nei frati del convento un generoso riferimento pastorale. E a Faido, con l’Eucaristia di ieri mattina, preceduta dalla preghiera nel camposanto, si è conclusa la visita: ulteriore tappa di un pellegrinaggio intenso e prezioso. Scendendo, prima di rientrare a Lugano, mons. Grampa ha fatto un’ulteriore sosta per la celebrazione della Cresima nella chiesa del Sacro Cuore a Bellinzona, dove pure si respira aria francescana.
Sobrio, Formazzora per Mairengo, Crüslina per Giornico, Stabiello per Cavagnago, Cavanna per la Degagna di Fichengo, tutti in Val Bedretto. In zona, Osco ha l’Alpe di Chiera, Mairengo l’Alpe Sasso, la degania di Fichengo ha l’Alpe di Carì, i due Alpi di Stou sono del Patriziato di Molare, Rossura fa parte della Quattro terrre con i Patriziati di Chiggiogna, Calonico e Molare, che sono proprietarie delle cave di sasso da Chiggiogna a Lavorgo. Insomma poveri non sono. «Poveri no, ma nemmeno ricchi, bisogna lavorare facendo anche degli ottimi formaggi. Ogni Alpe ha il suo, pasta dura, di mucca. La gente ci tiene, è orgogliosa di far parte di questa organizzazione, complessa ma funzionale, da sempre», conclude Enrico Pedrini.
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Negli ultimi anni tutti i luoghi di culto della zona sono stati restaurati
Il Convento dei Cappuccini è il motore della religiosità nche i parroci sono sulla linea dei politici e degli storici nell’individuare gli effetti della crisi. «La Valle si spopola, manca lavoro, i giovani se ne vanno, molti negozi sono chiusi, anche se da noi c’è un tessuto comunitario interessante» dice Padre Angelo Duca, origine asconese, da 35 anni parroco di Faido. Dei circa 1600 abitanti, 1100 sono cattolici, c’è una certa immigrazione, soprattutto jugoslavi,
ma il clima sociale è buono. La parrocchia si sostiene con l’imposta, «con la quale però non si riesce a pagare il milione di debito del restauro della chiesa parrocchiale dedicata a Sant’Andrea. Negli ultimi anni abbiamo restaurato anche le altre chiese, San Bernardino, la Madonna delle Rive, San Francesco nel Convento. Ed anche nei villaggi della montagna sono stati effettuati importanti interventi nei luoghi di culto, tutti
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ben conservati». Il motore della religiosità della Media Leventina rimane il Convento dei Cappuccini, frati francescani, sin dall’apertura ufficiale nel 1607. Fondato dopo quelli del Bigorio e di Lugano, costituisce un importante riferimento anche storico, vi è conservata la maschera di san Carlo, vi hanno soggiornato anche un paio di Arcivescovi di Milano. Fino al 1973 c’era annesso il piccolo seminario (Padre Duca ricorda quegli anni, in Convento c’è arrivato da bambino e ed è ancora casa sua), poi diventato per alcuni anni sede di scuola maggiore e scuola media, adesso è un ostello della gioventù, ben frequentato soprattutto da gruppi ticinesi, italiani e svizzero-tedeschi. Comunque una realtà viva. Il Convento dei Cappuccini di Faido ospita sei sacerdoti francescani, cinque dei quali impegnati nelle parrocchie. P. Angelo Duca a Faido, P. Stefano Bronner a Rossura, P. Michele Ravetta a Calpiogna, Campello e Molare oltre che cappellano della Casa per anziani S. Croce; P. Giuseppe Büsser, un po’ lo storico del Convento, si occupa di Osco e Mairengo; P. Edy Rossi-Pedruzzi, parroco di Chiggiogna, è anche cappellano dell’Ospedale Distrettuale. «Sicuramente è un vantaggio vivere sotto lo stesso tetto. Parliamo, ci scambiamo opinioni e informazioni, collaboriamo, e la gente sa dove trovarci».
2004 LEVENTINA ANZONICO - CALONICO - CAVAGNAGO CHIRONICO Nivo - GIORNICO - SOBRIO 19 - 20 - 21 NOVEMBRE Per Giornico, i paesi vicini e tutti i Comuni della Bassa Leventina
La rinascita dopo la Monteforno chiede un clima di collaborazione Per il sindaco Romano Rossi «è la storia stessa che ci invita a collaborare sempre di più. I problemi non sono solo locali, ma investono un’ampia area». In atto una leggera ripresa, imperniata attorno al Parco industriale dell’ex acciaieria.
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on ha dubbi Romano Rossi, sindaco di Giornico da quasi trent’anni: «la storia recente di questo e, in parte, dei Comuni vicini, inizia con la morte della Monteforno, nel 1994. Un evento traumatico in quanto la Monteforno, al momento della chiusura, aveva ancora più di 400 dipendenti che, al culmine della sua storia industriale, erano stati anche 1200. Facile immaginare l’impatto all’arrivo nel 1946, di un simile insediamento in un Comune e in una zona tradizionalmente agricoli, con alcune cave a qualche posto federale, così come le conseguenze della sua scomparsa». La Monteforno ha portato occupazione, gente famiglie, benessere, tanto da piazzare Giornico ai primissimi posti tra i Comuni economicamente forti del Cantone; oggi è in compensazione. La chiusura della Monteforno ha causato disoccupazione, un certo disorientamento dal profilo economico e sociale, un graduale spopolamento, che adesso pare arrestato. Essenzialmente perché è rinata la speranza attorno al Parco industriale dell’ex Monteforno, un’area di oltre 300’000 mq., servita di tutto (collegamento stradale, ferroviario, acqua, fognatura ecc.) e quindi attrattiva. Romano Rossi è ottimista. «Il discorso è stato lanciato, la prima risposta, che ci dà speranza, è l’arrivo della Tensol, un centinaio di dipendenti. E’ vero, viene da Piotta, quindi lascia un vuoto poco lontano, ma il pericolo era che si trasferisse oltre San Gottardo. Si è installata anche qualche altra ditta di piccole-medie dimensioni, ma adesso l’obiettivo preminente è
l’area multi servizio che Cantone e Confederazione intendono realizzare per regolamentare il traffico pesante. Attenzione, non semplice parcheggio, ma area di servizi». La crisi di questa zona, che comprende Chironico e i Comuni della cosiddetta Traversa (Anzonico, Calonico, Cavagnago ed anche Sobrio) si allaccia a quella di tutta la Leventina, soprattutto «della Bassa Leventina», con diramazioni anche su Biasca e le regioni limitrofe, Bassa Blenio e parte della Riviera. Dove il primo problema è creare futuro. «Significa portare aziende, e qualcosa si muove, c’è una leggera ripresa, un cauto ottimismo dovuto anche al fatto che si vede la possibilità di continuare a vivere in queste zone fermando così l’esodo, in particolare dei giovani. Creare futuro significa investire nelle nostre risorse, nella storia, nel patrimonio artistico-culturale,
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nel territorio. Comporta anche uno sforzo morale volto a salvaguardare i monumenti e trasmetterli alle generazioni future». La storia recente, anche quella della Monteforno, e la storia passata dimostrano che Giornico e Comuni vicini hanno sempre avuto un forte potere d’attrazione. Non vi arriva e prospera a caso un’industria che nel momento del suo massimo fulgore era tra le prime al mondo nel settore dell’acciaio, così come non nasce a caso la straordinaria concentrazione di monumenti, in particolare religiosi. Le sette chiese di Giornico costituiscono un fenomeno praticamente unico, un segno di continuità storica, assieme agli altri edifici religiosi della zona. Siamo lungo la “via delle genti” che è anche la via del Romanico, con caratterizzazioni di particolare significato, come ben evidenzia Virgilio Gilardoni nel suo fondamentale volume sul Romanico nel quale dedica uno spazio amplissimo all’antica chiesa benedettina di San Nicola (attenzione, San Nicola di Bari, e non San Nicolao come s’usa dire e come riporta anche il sito di Ticino Turismo). Le ragioni di tanta attrattività storica ce le spiega Mario Lucchini, presidente del Museo di Leventina che ha sede a Giornico, Casa Stanga. «Siamo ai piedi di quella barriera naturale che è la Biaschina, e sulla strada del San Gottardo è l’ultimo luogo dove si coltiva la vite. Qui si incontrano due mondi diversi ma fino alla metà del ‘500 era difficile attraversare il fiume, se non approfittando di quell’isola che è Giornico. Un passaggio obbligato, una volta attraversato il Ticino si giungeva a Milano senza più l’ostacolo del fiume. Infatti i Duchi di Milano hanno qui costruito il castello, ultimo baluardo verso il nord».
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IL PROGRAMMA
Venerdì 19 novembre Giornico 16.30 Oratorio festivo: incontro con ragazzi e preadolescenti. Anzonico 18.00 Accoglienza del Vescovo e Santa Messa. Giornico 20.15 Oratorio festivo: incontro con i consigli pastorali e parrocchiali.
I rapporti documentati con Milano risalgono a prima del Mille, con il vescovo longobardo Atto (quello dell’omonima torre) che nel testamento del 948 lascia la Leventina e Blenio ai Canonici del Duomo di Milano. «I Canonici prelevavano meno imposte perché non avevano bisogno di soldati, ed esercitavano l’autorità giudiziaria: salivano due volte l’anno, primavera ed autunno e mitigavano le pene terribili previste dal Codice di Leventina. Funzionavano un po’ come una Corte di cassazione ante-litteram, riducendo sistematicamente le pene. Per la Vicinanza di Giornico si riunivano a Bodio, sotto un grande larice». Logica la domanda a Mario Lucchini: dovesse
interpretare l’attualità alla luce della storia, che insegnamento ne trarrebbe? «La collaborazione. Il sistematico ricorso alla collaborazione in uno spirito di concordanza di interessi ma anche di amicizia. Non so se si arriverà alla fusione o all’aggregazione tra Comuni, ma la collaborazione è determinante, tra noi e con i vicini. Ce lo insegna la storia».
Sulla “via delle genti” l’accoglienza è un tratto della cultura locale
Una zona dove l’integrazione degli immigrati può dirsi riuscita
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ollaborazione oggi si traduce in fusione tra Comuni, ma nella Bassa Leventina si preferisce parlare di aggregazione. Il Cantone aveva proposto una fusione a quattro: Giornico, Pollegio, Bodio e Personico. Pollegio si è chiamata fuori, si è aggiunto Sobrio per decisione della sua popolazione. «Siamo nella fase iniziale – precisa Romano Rossi – il problema deve ancora maturare; un conto è lo studio portato avanti dai Municipi, un conto vincere le comprensibili resistenze umane (che sono anche storiche), grazie ad una puntuale informazione. La gente è abituata all’autonomia, anche ad un certo benessere e non è facile far capire di botto che per mantenerlo bisogna lavorare ancora più uniti».
Anche per il sindaco di Giornico, «l’aggregazione è la strada da percorere. Magari guardando più in là, come preludio al Comune di Leventina, ma questi sono discorsi al futuro». L’attualità parla di una situazione sociale tranquilla, anch’essa sostenuta da ragioni storiche. Lungo la “via delle genti”, a causa dell’ostacolo della Biaschina, Giornico era luogo di sosta, di cambio dei cavalli. Casa Stanga presenta una facciata affrescata nella seconda metà del ‘500 con i blasoni degli illustri ospiti per i quali fungeva da locanda. Vi è quindi radicata l’abitudine, la cultura dell’accoglienza. Che è stata ribadita sul fronte dell’immigrazione all’inizio del secolo scorso con le colonie di scalpellini toscani e
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Sabato 20 novembre Giornico 10.00 Chiesa parrocchiale: accoglienza del vescovo. Incontro con malati e anziani. Santa Messa con il sacramento dell’olio degli infermi. Calonico 15.00 Accoglienza del Vescovo e visita al cimitero. Sobrio 16.00 Accoglienza del Vescovo e visita al cimitero. Cavagnago 17.00 Santa Messa. Giornico 20.00 Oratorio festivo: incontro con la popolazione. Domenica 21 novembre Giornico 09.45 Visita al cimitero. 10.00 Chiesa parrocchiale: Santa Messa. 11.00 Oratorio festivo: incontro con le autorità comunali e patriziali. Nivo 15.00 Accoglienza del Vescovo. Chironico Chiesa parrocchiale: Santa Messa e visita al cimitero.
IL PROGRAMMA poi con la Monteforno, che si è tradotta in una presenza massiccia di immigrati italiani del nord, del centro e delle isole, con la nutrita comunità sarda. «Ci siamo abituati a vivere con gli altri. Lo spirito d’accoglienza l’abbiamo nei cromosomi. La gente si è abituata al confronto con altre persone e l’integrazione non è mai stata un problema, pur tra qualche comprensibile resistenza. La comunità è molto unita, anche con gli ultimi arrivati». La collaborazione si ritrova nella gestione del territorio. Lo conferma Patrizio Dressi, presidente del Patriziato di Giornico. «Siamo abituati a collaborare, perché ogni Comune ha il proprio Patriziato. Quello generale include la Vicinanza di Nivo, il Patriziato di Osadigo, quelli di ChiessoOlina e di Gribbio. Dobbiamo collaborare per i lavori di disboscamento, soprattutto in piano,
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Non sprechiamo l’eredità cristiana N elle terre ambrosiane è già Avvento da due settimane. Ieri era la seconda domenica; sulla strada verso il Natale. “In questa luminosa prospettiva dell’Avvento non vi nascondo la mia gioia, unita a trepidazione per questa visita pastorale”, ha sottolineato mons. Grampa incontrando, da venerdì al tardo pomeriggio di ieri, le comunità di Giornico, Chironico (con Nivo) e i villaggi su in alto della Traversa: Anzonico, Calonico, Sobrio, Cavagnago. Cielo limpido, aria di neve e sincera accoglienza in queste piccole comunità, capaci di conservare un prezioso attaccamento alla loro terra (densa di ricordi) e alle loro tradizioni. Basti osservare la sollecitudine e la cura dedicate alle chiese che in Leventina, come in generale nelle nostre valli, sono preziose di arte, storia ed affetto. Schema e programma ormai collaudati, iniziando dai ragazzi delle scuole, come sempre vivaci e spontanei. “Vengo per ricordarvi che il Signore viene con-
tinuamente nelle nostre case, nel nostro cuore, nelle nostre comunità. Vengo a ricordarvi che questa sua continua venuta si traduce in una chiamata e chiede una risposta”. Quale? “I vostri padri vi hanno lasciato una preziosa eredità di fede. Cosa ne facciamo di questa eredità? Come la testimoniamo e la trasmettiamo alla nuove generazioni? Sarebbe grave la nostra responsabilità se la trasmissione di questa eredità dovesse interrompersi in questo tempo segnato da una dilagante indifferenza religiosa”. E’ costante il richiamo del vescovo a questa trasmissione, certamente non facilitata dal clima culturale in cui viviamo, dove “tutto finisce coll’essere uguale”. Soprattutto, come costantemente sottolineato nei vari incontri, preoccupa l’assenza dei giovani. Le comunità “invecchiano” e dopo? Ma “vengo per portare speranza”, ha precisato il vescovo e “per ricordarvi l’impegno di essere una Chiesa di pietre vive”, formando così “una famiglia di sorelle e di fratelli che si vogliono bene”.
per la manutenzione della strada consortile che va alla centrale del Ticinetto, per i sentieri, le capanne ecc. Insomma per la protezione, manutenzione e valorizzazione del territorio». Il Patriziato di Giornico ha l’Alpe Cristallina in Val Bedretto, caricato ogni anno, ottimo formaggio; la nuova capanna del Cristallina sorge per 2 terzi sul terreno di questo Patriziato, l’ultimo terzo appartiene a Bignasco, Vallemaggia. E’ proprietario di due stabili a pigione moderata con 15 appartamenti, gestisce la capanna Alpe di Afata, aperta al pubblico durante la stagione con una decina di letti. «Conforta il fatto che i Patriziati sono ben accettati, le assemblee frequentate, la gente sostiene le attività».
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Sabato mattina, nella parrocchiale di Giornico, ha celebrato con i malati e gli anziani il sacramento dell’Olio degli infermi. Un momento commovente, ma anche carico di quella serenità vera, che cerca silenzio e preghiera. Limpida. “Le persone anziane, in particolare in questi villaggi di valle, costituiscono una preziosa lezione per noi tutti e soprattutto per le giovani generazioni: un esempio di dedizione, di sacrificio e di generosità”, ha precisato il pastore della diocesi. Un appuntamento importante sarà quello di giovedì sera (25 novembre) presso il Centro scolastico di Faido (ore 20.00), dove il vescovo incontrerà i giovani della Leventina. Per ricordare, ascoltare, dialogare. Poi l’ultima tappa con Bodio, Pollegio, Chiggiogna e Personico. Quindi il pellegrinaggio di monsignor Grampa riprenderà in febbraio nelle Comunità della Valle di Blenio.
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Il villaggio delle “sette chiese” e il Romanico degli altri luoghi di culto della zona
Straordinario patrimonio artistico-culturale
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adre Angelo Fratus è da tre anni parroco di Giornico, Chironico, Calonico, Anzonico, Cavagnago e Sobrio. Il comprensorio è ricco di straordinari monumenti: la Torre di Atto, casa Stanga, ma soprattutto le chiese. «E’ uno straordinario patrimonio, che va mantenuto e protetto, facendo fronte alle difficoltà finanziarie». Il calo demografico e la chiusura della Monteforno hanno causato anche una diminuzione dell’imposta di culto. Adesso si fa fronte alle riserve accantonate, per i Monumenti storici si ha il sostegno delle istituzioni. «Nessuna è un doppione dell’altra», dice Mario Lucchini riguardo alle sette chiese di Giornico, consigliando una visita dagli straordinari accenti storici e culturali.
«San Michele ha chiare ascendenze longobarde. San Nicola, costruita dai Benedettini, aveva annesso un convento ed è una delle testimonianze più rappresentative del Romanico in terra ticinese. Santa Maria al Castello era appunto annessa al castello, ha affreschi del ’500. San Pellegrino era una sosta sulla mulattiera per il San Gottardo; ha perso d’importanza in quella sua funzione quando è stata aperta la strada della Biaschina, e il portico è stato trasformato nell’attuale navata, affrescata nel 1589 dal Tarilli di Cureglia, assistito dal Caresana, con un pregevole Giudizio universale. Ad Altirolo, una frazione ad un certo punto più importante di Giornico, sorge la chiesa dedicata a S.Maria Maddalena e S. Giorgio. E’
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dedicata a S. Sebastiano e S. Rocco la chiesa detta di San Carlo perché ha un dipinto del 1631 raffigurante appunto il Borromeo. La chiesa di Loreto è interessante dal punto di vista architettonico perché ripropone la S. Casa di Loreto, qui fatta edificare da un Pedrini emigrato ed arricchitosi a Venezia». Anche la chiesa dei SS. Ambrogio e Maurizio a Chironico è di straordinario interesse architettonico con le sue due absidi gemelle, ma nel percorso del Romanico una visita è doverosa anche a S. Ambrogio di Segno a Cavagnago.
2004 LEVENTINA BODIO - CHIGGIOGNA Lavorgo - PERSONICO - POLLEGIO 26 - 27 - 28 NOVEMBRE Prediligere le collaborazioni puntuali tra comuni
Sinergie e pianificazione per rilanciare lo sviluppo «Abbiamo perso d’attrattività», affermano in coro i sindaci della zona. «Nemmeno Alp Transit ha mantenuto le promesse» precisa Marco Costi di Bodio. «Allora dobbiamo insistere collaborando a progetti precisi, come è stato per l’Ecocentro». a Bassa Leventina vanta una vocazione industriale. Oltre alla Monteforno, Officine del Gottardo, Nitrum ed altre medie-piccole industrie. Questa vocazione continua, ma solo in parte, a Bodio con la Timcal, ex Officine del Gottardo, ancora oggi con circa 150 dipendenti. «La zona si prestava, era particolarmente adatta ad accogliere industrie» rileva Mario Lucchini, presidente del Museo di Leventina: «territorio vasto, scarsa importanza agricola perché alluvionato nel 1868, abbondanza di energia elettrica, raccordo ferroviario e stradale». Ben venga l’industria, naturalmente, ma oggi è come vincere un terno al lotto. Si è sperato molto nel “cantiere del secolo”, AlpTransit, che però non ha mantenuto le promesse. «Pensavamo che il presente e l’immediato futuro fossero legati alla spinta di questa storica opera. Ma non ha portato la tanto decantata ricaduta economica – spiega il il sindaco di Bodio, Marco Costi – solo qualche briciola. Non posti di lavoro per domiciliati, non aumento del commercio, scarsissimo indotto. Per dire, ai tempi della Monteforno avevamo 10 sezioni di scuola elementare, adesso due; dei 14 ristoranti ne sono rimasti due o tre. E questo essenzialmente perché con l’Alptransit è saltata l’equazione posti di lavoro-domiciliati, che aveva retto ai tempi della ferrovia e dell’autostrada». Intanto la popolazione diminuisce, rispetto al boom Monteforno si sono persi 500 abitanti. «Il problema è che se ne vanno i giovani, è difficile il ricambio generazionale. Non è tanto questione di posti di lavoro, quanto di attrattività, di qualità della vita, che non si traduce solo in tranquillità ma anche in servizi, possibilità di
sviluppo, grandi magazzini, scuole moltiplicatore...». Bodio è al 95%. con il potere economico se n’è andato anche quello politico. «La Bassa Leventina conta meno, il Cantone ci ha dimenticati». E per tornare ad avere un peso? «Una via maestra esiste, ed è una pianificazione corretta di tutto il territorio, quindi una collaborazione più stretta tra i Comuni. Vede, siamo nel fondovalle, ma questo è un territorio interessante. Allora dobbiamo conoscerci a fondo, studiare una pianificazione di tutto, infrastrutture comprese. Dobbiamo conoscerci e pianificare insieme il futuro». Marco Costi cita il riuscito esempio dell’Ecocentro con Giornico e Personico per lo smaltimento dei rifiuti. «Occorrono altri progetti.
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Uno è la gestione razionale e l’utilizzo dell’acqua. Abbiamo un potenziale enorme, i nostri acquedotti sono collegati, si può arrivare a qualcosa di funzionale ed anche redditizio con le Aziende acqua potabile. E avanti di questo passo, ad esempio trovando una collaborazione funzionale per l’ufficio tecnico, la contabilità, la gestione della squadra esterna... senza mettere necessariamente come punto finale l’aggregazione tra Comuni. Essenziale è evitare bisticci, come gli attuali sull’area multiservizio dell’ex Monteforno. Non servono a niente, tantomeno ad accrescere il peso politico». Stesse conclusioni da Ambrogio Bontadelli, sindaco di Personico, Comune tra i più estesi del Ticino (a ovest confina con la Verzasca, Frasco e Sonogno). Situazione tranquilla, una nuova casa familiare all’anno. Personico conta 400 abitanti stabilmente da due secoli, moltiplicatore al 100%, «ma ce la facciamo a far fronte alle necessità, stiamo ultimando alcune importanti opere di Piano regolatore: separazione acque, rinnovo delle fognature nel nucleo, posa dell’acciottolato come in origine, posteggi attorno alla chiesa e al centro del paese». A Personico si trova la centrale AET, che ha un bel progetto per un nuovo bacino d’accumulo lungo la Val d’Ambra, da sei anni esiste una piccola centrale di produzione di energia “ultraverde” lungo l’acquedotto. «Insomma qualche posto di lavoro c’è, non siamo più un paese agricolo ma abbiamo ancora due aziende. Il fatto è che i giovani, soprattutto quelli che studiano, non ri-
2004 entrano più. Il vero problema è l’invecchiamento della popolazione, il 4 dicembre festeggeremo la nostra centenaria Maria Belli». Anche per Personico la soluzione sta nell’incentivare la collaborazione con i Comuni vicini. «Crediamo nelle sinergie puntuali, su progetti concreti. È troppo trascurata la formula dei Consorzi per servizi specifici, eppure ci è indicata dall’e-
sperienza dell’Ecocentro. Dobbiamo collaborare di più, ad esempio nel progetto di sfruttamento dell’acqua calda, una sorta di Centro termale che potrebbe sorgere a Bodio, noi abbiamo aderito ai costi di progettazione. Un bel giorno dovremo pure valutare se andare nella direzione dell’ormai famosa aggregazione a 4 o camminare da soli». Marino Armanni, sindaco di Chiggiogna, insiste
sullo spopolamento, sull’invecchiamento, sulla scarsa attrattività della Bassa Leventina “nonostante ci siano bei terreni”. Punta anch’egli sull’aggregazione, preceduta dalle collaborazioni. «Noi della Media Leventina abbiamo visto bocciata la soluzione a 11, Chiggiogna ha votato per il sì, prima o poi bisognerà tornare sul quel progetto, addirittura a 12, con Chironico.
Oltre mille gli scalpellini nelle cave della prima metà del Novecento
Quando si esportava il granito via fiume e mare fino in Olanda
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ollaborazione e risorse del territorio, questo il ritornello su cui tutti insistono. Perché il fondovalle è un territorio interessante, ha ottimi collegamenti su strada e ferrovia, una storia di operosità e di accoglienza («Non ci sono problemi nemmeno con i nuovi arrivati», precisa il sindaco di Bodio, Marco Costi), eppoi ci sono terreni da edificare. Tra le risorse i sindaci pongono anche quelle dei territori alti, per lo più di proprietà dei Patriziati. E qui c’è un sottofondo esemplare, ossia l’ottima collaborazione dei Patriziati tra di loro e con i rispettivi Comuni. «Anche perché molti terreni sono “in promiscuo”, di proprietà comune, e la collaborazione diventa naturale oltre che doverosa», precisa Raffaele Imelli, presidente del Patriziato di Bodio. Infatti insieme provvedono alla manutenzione dei sentieri e delle strade forestali, alla pulizia del bosco e al funzionamento delle aziende forestali. «Una volta all’anno programmia-
mo una passeggiata in comune. Un successo». Sui suoi monti, Bodio ha Bodengo, Bitanengo e Bidesco, tutti sui 900 metri, molte cascine riattate, una valvola di sfogo che si presta bene anche per il turismo, assieme ai terreni, agli ex Alpi degli altri Comuni. «Una volta si caricavano, adesso non più, I proprietari ci tengono alle loro zone alte, che possono rientrare in un disegno turistico regionale», soprattutto se supportato da infrastrutture nel fondovalle. Tanto più che non torneranno più i tempi del grande sviluppo industriale iniziato già nell’Ottocento e sviluppatosi nella prima metà del Novecento, quando «un treno portava gli operai dal basso, da Bellinzona, perché si importava forza lavoro», spiega Mario Lucchini. E non tornerà più nemmeno il tempo delle cave, che ad un certo punto davano lavoro ad oltre mille operai. A Pollegio già nell’800 era stata aperta la maggiore cava di granito della zona, esportava pietre via fiume e via mare fino
IL PROGRAMMA
Venerdì 26 novembre Lavorgo 17.00 Oratorio di Santa Petronilla: incontro con i fedeli. 17.30 Casa comunale: incontro con le autorità civili e patriziali. Chiggiogna 17.55 Visita al cimitero. 18.00 Celebrazione eucaristica. Bodio 20.30 Centro giovani: incontro con i Consigli pastorali e parrocchiali. Sabato 27 novembre Bodio 09.00 Centro giovani: incontro con gli scout della sezione Sassi grossi di Bodio, bambini, ragazzi e adolescenti delle tre Comunità di Bodio, Personico e Pollegio. Bodio, Personico, Pollegio 10.00 Visita ai malati e agli anziani al loro domicilio. Pollegio 16.30 Visita al cimitero. 16.45 Chiesa dei Santi Innocenti: celebrazione eucaristica. Bodio 20.30 Centro giovani: incontro con la popolazione delle tre Comunità. Domenica 28 novembre Bodio 09.45 Visita al cimitero. 10.00 Chiesa di Santo Stefano: celebrazione eucaristica. 11.15 Incontro con le autorità comunali e patriziali. Personico 15.30 Visita al cimitero. 15.45 Chiesa dei Santi Nazzaro e Celso: celebrazione eucaristica
IL PROGRAMMA
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Come il seminatore della parabola Necessità di essere testimoni di Vangelo dentro la società, secondo il comando di Gesù di essere luce, lievito, sale; impegno per una pastorale d’assieme e di zona; invito ad essere presenti come cristiani, al di là di ogni ostentazione ma con la franchezza della propria fede, superando quel fenomeno di carsismo (il bene c’è ma spesso non lo si vede o comunque non fa notizia) che sembra connotare, nell’attuale contesto socioculturale, il nostro essere Chiesa; la raccomandazione di superare divisioni e contrapposizioni interne per vivere una comunionalità sincera, vera, capace di diventare testimonianza. Sono alcune coordinate richiamate con costanza dal vescovo durante il suo pellegrinaggio in terra leventinese, concluso lo scorso fine settimana con Chiggiogna, Bodio, Pollegio e Personico, affidate a don Onorio Fornoni. Ora la ripresa sarà in febbraio con la valle di Blenio. A differenza di un passato, comunque sempre più lontano, queste visite pastorali, come peraltro quelle degli immediati predecessori di mons. Grampa, si svolgono all’insegna della
semplicità e della cordialità, in un clima familiare e colloquiale. Spontaneo. Permettono una conoscenza reciproca, mentre la presenza del vescovo ravviva speranza in queste comunità, sempre più confrontate, come ovunque del resto, da quell’erosione, che il clima di secolarizzazione e di conseguente indifferenza sta provocando. Che fare? La risposta più vera e concreta è quella della testimonianza, come più volte ribadito dal vescovo, che ha sovente fatto ricorso alla celebre affermazione di Paolo VI: “il nostro tempo ha più bisogno di testimoni che di maestri”. Particolarmente significativo è stato l’incontro con i ragazzi e i giovani delle tre comunità sabato mattina nel salone parrocchiale di Bodio. Un momento importante, ha sottolineato monsignor Grampa, perché “il vescovo deve cercare di comportarsi come Gesù, che aveva una particolare attenzione per i piccoli”. E subito ha aggiunto: “quando ha voluto scegliere un modello da presentare ha scelto un bambino”, sottolineando che “se non diventerete come un bambino non entrerete nel regno dei cieli”. E’ la prospettiva della semplicità e della radicale fiducia nel Signore. E’ la prospettiva del
in Olanda, già prima dell’apertura della ferrovia; altre sono seguite un po’ in tutto il fondovalle. Proprio qui nel 1910 c’è stato il primo grande sciopero del Ticino, più di mille scalpellini con le braccia incrociate, e la maggior parte era di origine toscana. Per tutti non si tratta però di inseguire la storia. Non quella industriale sotto la spinta, in particolare degli ing. Agostino Zizzola e Cesare Giudici, e nemmeno quella indicata da un personaggio del calibro di Stefano Franscini, nato e sepolto a Bodio, padre della statistica in Svizzera, «che aveva iniziato gli studi dal parroco di Personico», indica Mario Lucchini.
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Vangelo, che il vescovo è andato seminando in queste domeniche in Leventina, di parrocchia in parrocchia. Il seminatore esce, s’incammina, semina ovunque, aprendo con generosità la sua mano. Il seme, come nella parabola evangelica, cadrà in mezzo ai rovi, sulla strada, fra i sassi, nella terra buona. Darà il 10, il 50, il 70 per cento. Ma il seminatore non giudica; perché “l’unico giudice che sa leggere fino in fondo al nostro cuore è il Padre dei cieli”. E’ un’immagine ritornata sovente lungo l’itinerario di questa visita. Come quella dei piloni. “Basta guardare l’autostrada che supera il dislivello della Biaschina”, ha ricordato il vescovo, “cosa sarebbero i piloni senza il manto stradale che scorre?”. Ed ha commentato: “la stessa cosa avviene talora nella nostra vita cristiana. Ci sono solo i piloni dati dai grandi appuntamenti (battesimo, prima comunione, cresima, matrimonio ecc.), ma manca talora il manto stradale della continuità”. Che è da recuperare: a livello personale e comunitario. In una prospettiva di speranza, che il vescovo ha costantemente richiamato; in quella dimensione di fiducia che è propria dell’Avvento.
2004 Una corona di chiese e il ricordo dei vescovi Eugenio Corecco e Angelo Jelmini
Seguendo le orme di Carlo Borromeo nche sul versante religioso la Bassa Leventina vanta personaggi di spicco. Il vescovo Corecco era originario di Bodio, qui è stato parroco per nove anni Angelo Jelmini, poi vescovo. C’è chi, come la signora Lucchini ricorda ancora il suo attivismo ai tempi dell’epidemia di “spagnola” (1918), nell’assistere e curare i malati, e ancora il suo coraggioso intervento, «a rischio anche della vita», quando è esplosa la fabbrica Nitrum, provocando 14 morti e tanta distruzione. Mario Lucchini, da preciso cultore di memorie, ricorda che nel 1567 è passato San Carlo Borromeo e nella chiesa di Personico, per festeggiarlo, hanno acceso un gran numero di candele. «Erano di sego e il Cardinale ha lasciato la prescrizione di accendere una sola candela, ma... di cera. Così come ha chiesto una grata in ferro, a protezione del cimitero dall’invasione della capre». A Bodio risiede don Onorio Fornoni, bergama-
sco di Ardesio, parroco di Bodio, Personico e Pollegio e, fino a venti giorni fa, anche di Chiggiogna con Lavorgo. «Aspettiamo il vescovo con entusiasmo, vogliamo che ci dia coraggio e indicazioni». Con lui, anche i giovani della sezione scaut Sassi Grossi, che si riuniscono tutti i sabati e d’estate tengono il campeggio. Anch’essi, come molte attività assistenziali, usufruiscono del Centro giovani, un po’ il cuore di una comunità generosa per antonomasia, come sta a dimostrare l’assiduo aiuto fornito a don Emilio Conrad, già parroco a Bodio, negli anni della sua missione a Barranquilla. A Pollegio esiste tuttora il seminario fondato da San Carlo, poi diventato collegio e ancora di proprietà della Diocesi. Anche questa struttura è utilizzata per opere. Le chiese sono tutte restaurate e ben tenute: «abbiamo una situazione finanziaria discreta, riusciamo a far fronte alle necessità», sintetizza don Fornoni. La parroc-
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chiale di Bodio, di impianto antico, è dedicata a S. Stefano, la chiesetta conosciuta come Gesora a S. Felice, ai monti sorge la chiesa di S. Elisabetta, con affreschi del ‘500. La parrocchiale di Personico è dedicata ai SS. Nazaro e Celso, con ogni probabilità (stando al Gilardoni) anticamente era una delle tre chiese romaniche della Leventina dedicate a S. Ambrogio, ai monti sorge la cappella di S. Rocco. Oltre alla parrocchiale dedicata ai SS. Innocenti, Pollegio ha un santuario dedicato alla Madonna di Rè. La parrocchiale di Chiggiogna, anch’essa su impianto romanico, è dedicata a S. Maria Assunta, a Fusnengo sorge l’oratorio dedicato a San Giuseppe. «Tutte queste chiese meritano una visita, sono per lo più antiche e ben tenute, soprattutto sono il segno di una religiosità radicata, anche oggi», conclude don Fornoni.
2005 BLENIO LUDIANO - MALVAGLIA - SEMIONE 18 - 19 - 20 FEBBRAIO Malvaglia, Semione e Ludiano tra difficoltà e progetti
Le sfide di un territorio dalle formidabili capacità «Dobbiamo realizzare le condizioni per costruire il futuro», dicono all’unisono i tre sindaci. Per tutti si impone la necessità di nuovi investimenti mentre la fusione appare ancora una prospettiva molto lontana. Anche la val Malvaglia nei progetti di ristrutturazione. alvaglia non è un paese ma un microcosmo, dalla pianura alla montagna, dalla storia all’attualità. È uno dei Comuni più vasti del Ticino con i suoi 8000 ettari, si allunga e si alza nella “sua” val Malvaglia dalla quale altre valli si diramano. Se poi a Malvaglia si aggiungono Ludiano e Semione, si precisa ancor meglio il carattere complesso ma fondamentalmente unitario della bassa Blenio, un territorio che introduce e protegge la valle, come un tempo il castello, chiamato non a caso di Serravalle. Sulla sostanziale unità storica di questo territorio insiste Giuseppe Rossetti, chimico, già docente al liceo di Bellinzona e cultore appassionato di storia locale. «Già nel Medioevo, basti pensare al castello che sorge la prima volta attorno al Mille, e poi ancora all’epoca dei baliaggi, queste tre comunità formavano un insieme, una “fagia” utilizzando il termine longobardo. Malvaglia ha sempre avuto una formidabile capacità che gli derivava dal suo territorio, dall’immensa valle, dalla vita e dall’economia che spostava dal generoso fondovalle ai monti, dai monti agli alpi. Questa è sempre stata una zona pedemontana fertile, favorevole alle colture e agli insediamenti. In pratica non ha mai avuto problemi di sostentamento, era autosufficiente almeno fino all’800 quando è iniziato il capitolo dell’emigrazione, anch’esso importante. Soprattutto ha sempre avuto una storia di fierezza, di autonomia, di libertà, favorita anche dalla lunga appartenenza ai Canonici del Duomo di Milano, che facevano la pace e non la guerra». Mai avuti problemi di sostentamento, e oggi? Intanto si è concluso il lungo periodo dell’emigra-
zione, intessuto di fatiche ma anche di successi. Erano marronai e cioccolatai soprattutto in Francia in particolare a Parigi. «Ancora oggi sento anziani parlare perfettamente francese e dialetto, molto meno l’italiano. Sono emigrati giovani, han conservato la parlata casalinga e quella appresa, che ostentano con una certa fierezza», dice don Giorgio Pastiu, romeno, emigrante a sua volta, che dal ‘99 regge le tre parrocchie. La situazione oggi è quella che è, dicono all’unisono i tre sindaci. Col moltiplicatore al 100% si fa fatica a far quadrare i conti e, ancor più, ad investire. «Sistemate le sorgenti e l’acquedotto, si aspetta il Piano Regolatore della Val Malvaglia dice il sindaco di Malvaglia, Moreno Grandi - che entro l’anno dovrebbe passare in Consiglio co-
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munale. Uno strumento importante che definisce le regole per i molti villaggi della valle, del resto già ben seguite. Dobbiamo costruire una seconda sezione di asilo; continuare con la fognatura, siamo a Rongie, in fondo al paese; dar corpo alla nuova zona artigianale, perfezionare la collaborazione in Municipio, dove si può fare meglio... ». Si sistemano le fognature anche a Semione, che guarda con interesse agli scavi in corso al Castello e alle case di vacanza, che d’estate fanno aumentare di molto la popolazione. «Ci preoccupiamo dell’agricoltura, dei contadini che ci sono ancora - precisa Margherita Carobbio, sindaco da 4 anni e già collaboratrice come vice sindaco del suo predecessore Dino Jauch - degli artigiani, delle officine. Coscienti che non saremo mai una zona industriale e il lavoro bisogna cercarselo a Biasca o più a sud». Fognature e potenziamento dell’acquedotto anche per Ludiano. «Si investe in opere di prima necessità, abbiamo il Piano viario da sistemare, altre parcelle da urbanizzare». Roberto Ferrari, sindaco da 10 anni, mette l’accento sulla necessità di fare investimenti per rendere ancora più attrattiva una zona già interessante, una periferia «dove la gente sta bene, ottima posizione, non a caso siamo la valle del sole e prospera la vite».
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IL PROGRAMMA
Venerdì 18 febbraio Malvaglia 16.30 Incontro con ragazzi e preadolescenti 19.00 Incontro con i tre Consigli parrocchiali
I comuni non sono toccati dall’invecchiamento della popolazione
Il boom delle nascite incoraggia un certo ottimismo per il futuro e difficoltà non mancano, ma questi sono Comuni in espansione, niente spopolamento o invecchiamento della popolazione. Malvaglia nel 2002 ha avuto addirittura 22 nuove nascite e si avvia ai 1300 abitanti, Semione è a 350, Ludiano passa i 320, tutti pensano a una nuova sezione di scuola materna. I giovani rimangono, arrivano nuove famiglie, la situazione sociale è buona. Allora dov’è il problema? Nelle finanze che non permettono nulla più dell’ordinaria amministrazione, nella necessità di fare investimento in modo razionale e proficuo per tutta la zona, Il pensiero corre subito alla fusione. Se ne parla da anni, c’è una Commissione a tre (per la verità adesso un po’ ferma dopo le dimissioni di Luca Baggi, già sindaco a Malvaglia, vero motore in questa direzione), era stato già individuato anche il nome: Comune di Serravalle. Ma le titubanze sono tante. Per Margherita Carobbio da Semione «non siamo ancora pronti per questa fusione a tre. Eppoi, se fusione o aggregazione dev’essere, pensiamo più in grande, anche a tutta la Valle. Ma la gente dice: che bisogno c’è stiamo bene così». Il Municipio di Malvaglia spinge un po’ di più ma solo a maggioranza. «Speriamo in questa legisltura di fare qualche passo concreto, personalmente ci credo per razionalizzare e modernizzare i servizi, per fare qualche investimento, ma la popolazione è divisa» aggiunge Moreno Grandi, non mancando di far notare come la collaborazione già esista nelle scuole elementari, nell’asilo, nel consorzio rifiuti. E poi aggiunge: «a tre è poco? Cominciamo a ripartire da tre, poi si
vedrà». Ludiano è d’ccordo nel portar avanti lo studio di approfondimento, ma anche qui la gente segue con scetticismo. Tutti sono coscienti che le finanze sono scarse, che con l’aggregazione non si farebbero miracoli, ma aumenterebbero le possibilità operative. Proprio pensando anche alla vastità del territorio, che dev’essere concepita come una chance e non come un peso. Malvaglia oltre ai numerosi villaggi della Valle ha boschi e prati di proprietà del Patriziato. Per l’alpe di Quarnei, con l’omonima e attigua capanna, c’è un progetto di ristrutturazione in dirittura d’arrivo. «In marzo - precisa Roberto Ratti, presidente del Patriziato, i cui membri sono
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Sabato 19 febbraio Malvaglia 09.30 Visita al cimitero 11.00 Visita malati a domicilio Semione 11.30 Visita malati a domicilio Pranzo con le Autorità comunali e il Consiglio parrocchiale Malvaglia Chiesa 14.30 Incontro con anziani e malati Ludiano 17.00 Visita al cimitero. Santa Messa 18.00 Cena con le Autorità comunali e il Consiglio parrocchiale Malvaglia 20.30 Sala Municipio: incontro con la popolazione delle tre parrocchie Domenica 20 febbraio Malvaglia 10.00 Santa Messa con il sacramento della Cresima 11.30 Incontro con le Autorità comunali 12.00 Pranzo con le Autorità comunali e il Consiglio parrocchiale Semione 15.00 Sala Municipio: incontro con le Famiglie della Valle 17.00 Visita al cimitero. Santa Messa
IL PROGRAMMA
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Chiesa di pietre vive D opo la Leventina, la Valle di Blenio. Cominciando da Malvaglia, con Semione e Ludiano, affidate a don Gheorghe Pastiu, giunto nella nostra Chiesa dalla sua Romania. Perché questa visita? Il vescovo ha sintetizzato così scopo e finalità di questo suo itinerario pastorale: “per immergerci nella nostra storia, per fare assieme l’esame del nostro passato, dei desideri del nostro cuore, dei bisogni delle nostre comunità”. Ma non solo, “sono venuto per portarvi in alto, per aiutarvi a trovare le strade che ci conducono a Dio in spirito e verità”. E infine per “risvegliare nelle nostre comunità lo slancio missionario, l’entusiasmo per la vita, la convinzione e la gioia che ci spinge a parteciparla agli altri, a condividerla senza vergogna, senza complessi, ma con impegno coerente e fedele”. Per sentirsi “fieri di essere cristiani”. Con quale spirito compie questa visita? “Mi reco nelle diverse comunità seguendo l’indicazione
del Santo Padre nella sua esortazione postsinodale sul ministero del vescovo, chiamato servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo”. In questa “ripresa bleniese” il programma ha seguito lo schema, collaudato in Leventina. A cominciare dai ragazzi in età scolastica, venerdì nella palestra di Malvaglia. Un incontro cordiale, preparato con serietà e impegno, accompagnato da canti, preghiera, domande: “diventare vescovo ha significato un cambiamento?”; “era bravo a scuola?”; “quanti vescovi ci sono in Svizzera?”. Nella giornata di giovedì, novità di questa seconda tappa, l’archivista diocesano Piergiorgio Figini e il vicario generale, don Ernesto Storelli, hanno visitato gli archivi delle tre parrocchie. Non per fare ispezione ma per dare consigli, raccogliere dati, constatare la disponibilità di documenti. Ottima l’impressione ricevuta: a livello di ordine e di contenuti. Sono diversi i momenti significativi della visita
molti più degli abitanti del Comune, molti stanno all’estero - voteremo il credito di 1.7 milioni per lavori di sistemazione e miglioria alpestre. È un alpe importante, che ospita nella bella stagione una settantina di mucche da latte e molti vitelli. Poi c’è l’alpe di Scero, anch’esso affittato a privati. Il problema è la manutenzione della strada patriziale che collega i nuclei della Valle, dalla diga in poi. Negli ultimi anni le alluvioni ci hanno creato grossi problemi». La soluzione è ancora nella collaborazione, «nel lavoro in comune. Troviamo sempre 70-80 persone, patrizi ma anche forestieri che ci danno un colpo di mano nel sistemarla di anno in anno, così a titolo gratuito». La campagna di Semione si estende sin da sotto il Matro e c’è un’alpe in Val Camadra. Anche Ludiano ha alpi, Gardosa e Puscedo, affittati e caricati. Per tutti il territorio, del resto molto bello, merita le dovute attenzioni.
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pastorale, quasi per raccogliere in sintesi, seppure in spazi forzatamente limitati di tempo, la giornata di un pastore in mezzo alla sua gente. Incontri, celebrazioni, dialogo. Così il vescovo visita anziani e malati, si intrattiene con le autorità, parla con la gente, celebra la salvezza nella liturgia. Per risvegliare la fede, dare coraggio e fiducia, invitare ad essere comunità di pietre vive. Ad essere Chiesa. Momento particolarmente intenso è sempre la sosta nel camposanto, dove il silenzio risale il tempo nella prospettiva del ricordo e la preghiera cerca riflessi di eternità. Con un ricordo particolare per i sacerdoti attinenti di queste comunità, la cui memoria, ricca di bene, è ancora viva: don Aurelio Gabelli, don Pio Jolli, don Battista Ferrari. Giornate intense, certamente segnate da fatica, ma pure luminose di speranza. Lasciano una prospettiva di Vangelo: da ritrovare e da vivere lungo i solchi del quotidiano.
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Dal maestoso S. Cristoforo sulla facciata della chiesa di San Martino alle visite di San Carlo
Arte, fede e cultura nella storia di queste terre ulla facciata della chiesa parrocchiale di S. Mar- un capolavoro che ha poco meno di mille anni tino a Malvaglia campeggia un enorme San Cristoforo, il più grande del Ticino, cui si fa sfondo il magnifico campanile romanico «a bifore a doppia ghiera in ampi specchi e archetti multipli» come scrive Virgilio Gilardoni. E il santo che porta il Cristo di là dalle acque pare una metafora della capacità di superare le difficoltà. Così la legge anche don Giorgio Pastiu, romeno ma bleniese ormai a tutti gli effetti visto che per 4 anni è stato parroco ad Olivone e dal ‘99 lo è della bassa Blenio, tuttora di rito ambrosiano. Giunto in Ticino nel ‘93, dopo gli studi alla facoltà di teologia è salito in valle. «Sono rimasto colpito dall’umanità di questa gente, che vive magari in condizioni dure ma sa aprirsi e accogliere. Del resto questa è sempre stata una zona di passaggio e di interscambio. Qui non mi sento straniero, abbiamo radici e una sensibilità comuni nella cultura latina». Ben si esprime questa cultura nel patrimonio artistico, architettonico e religioso, straordinario anche in questa parte del Ticino. San Martino è
di vita vissuta al cospetto dell’amore di questa gente e delle tante vicende storiche cui ha assistito. Nel 1567 accolse S. Carlo e fu un avvenimento, tanto che di quell’anno sono i rilevamenti statistici: a Malvaglia si contavano 740 anime e 183 fuochi. La chiesa barocca di S. Antonio abate accoglie ogni anno, il 17 gennaio, la benedizione degli animali. All’oratorio del Campaccio, dedicato alla Natività di Maria, la festa patronale è l’8 settembre. In Val Malvaglia ogni villaggio ha il suo oratorio: S. Giovanni Battista a Dandrio, San Giacomo a Madra, S. Barnaba a Ciavasch, S Vito a Dagro, S. Bartolomeo ad Anzano. A Ludiano la chiesa di S. Secondo è attestata in un documento della fine del Duecento; ancora precedente è l’impianto della chiesa romanica dell’Assunta a Semione, di cui conosciamo l’originaria forma romanica ad absidi gemelle grazie alla descrizione di S. Carlo. «Le nostre chiese sono in ottimo stato, tutte restaurate negli ultimi anni. La gente ci tiene molto». Don Pastiu rileva la vitalità del conte-
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sto sociale: la giornata con gli anziani delle tre parrocchie l’11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes, le feste patronali sempre ben seguite, il cineforum del venerdì per i ragazzi nella casa parrocchiale, una vita sociale ed equilibrata, la soddisfazione della gente di vivere in questa zona mantenendo le proprie tradizioni.
2005 BLENIO Acquarossa - AQUILA - LARGARIO - LOTTIGNA PONTO VALENTINO - TORRE 25 - 26 - 27 FEBBRAIO Prevale un ragionevole ottimismo ad Aquila, Largario, Lottigna, Ponto Valentino e Torre
Una bella regione di periferia che ha molto da offrire al Ticino I problemi finanziari esistono, ma non sono drammatici. Le prospettive di sviluppo rese possibili dalle aggregazioni fatte e in arrivo. Molto si può e si deve fare per il rilancio del turismo, partendo da condizioni favorevoli: natura incontaminata, aria buona, tranquillità, territorio pregevole e ampio, buoni collegamenti.
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arlando con i politici, gli amministratori ma anche con la gente bleniese colpisce la visione ragionevolmente ottimistica sul futuro della Valle. La storia recente dà loro ragione. A parte il fiorire di progetti, si stanno approntando anche i mezzi per realizzarli, mentre la gente dimostra un forte attaccamento alla Valle. Lo ribadisce il confronto con gli anni del cosiddetto boom economico anche in Ticino, quando però in Val di Blenio si era costretti a prendere atto di una forte crisi, che aveva causato la perdita del 15% della popolazione. La tendenza si è poi invertita, la popolazione si è stabilizzata un po’ oltre i 5.000 abitanti: Aquila nel 1970 contava 493 abitanti, oggi sono 540; a Torre erano 229, oggi sono 300. Il che conferma che anche queste località tra Media e Alta Blenio (Aquila, Torre, Acquarossa con i “vecchi” Comuni di Largario, Lottigna e Ponto Valentino) non solo non deperiscono, ma guardano con fiducia al futuro. Anche perché hanno saputo prepararlo con lucidità. Già nel 1971 Ugo Jametti, scrivendo dell’avvenire dei Comuni di “Blenio ‘71” poneva l’accento sulla necessità della fusione dei Comuni, “un problema che non può e non deve lasciare indifferenti né le autorità, né il più semplice cittadino, né la più umile cittadina”. Molto si sta facendo in questa direzione: da un anno è nato il nuovo Comune di Acquarossa (Largario, Ponto Valentino, Marolta, Castro, Prugiasco, Leontica, Lottigna, Corzoneso e Dongio); con il 2006 dovrebbe partire il Comune di Blenio
(Torre, Aquila, Olivone, Campo Blenio e Ghirone) sul quale pende il possibile referendum promosso da un Comitato di Aquila. In genere la popolazione nicchia (“rimane forte il peso dei campanilismi, storicamente noi bleniesi culliamo l’illusione di poter risolvere i problemi con le nostre piccole forze locali” sostiene Fernando Ferrari, docente fresco di pensione e appassionato cultore di storia locale), ma i Municipi, pur se a maggioranza, sono determinati.
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Per ragioni finanziarie? Anche, ma non solo. Anzi è prioritario il concetto di sviluppo. “Alla collaborazione siamo abituati – indica il deputato Gianni Guidicelli – visto che ad Acquarossa ci sono le scuole medie, l’Ospedale e la Casa per anziani per tutta la Valle. E questo contribuisce a far lievitare una mentalità comune: a scuola i giovani si conoscono, crescono insieme e si preparano a lavorare insieme”. Sul piano finanziario la situazione non è drammatica. “Non stiamo male – precisa Gianfranco Gianella, sindaco di Aquila – o meno peggio di altri. Ma l’aggregazione oltre a concedere un po’ di respiro sul piano economico, è la condizione per lo sviluppo, per progettare e realizzare il futuro, che sta in una sempre maggiore collaborazione”. Arturo Guglielmetti, da 17 anni sindaco di Torre, pone l’accento sull’efficienza. “Avremmo ben altri mezzi per affrontare non solo il presente ma anche il futuro. I cinque Comuni insieme potrebbero pareggiare i conti con un moltiplicatore al 95% e avviare un discorso a lunga scadenza”. In che direzione? Prioritariamente nel recuperare e sviluppare la vocazione turistica della valle. “Campra funziona bene – prosegue Guglielmetti – e ha il futuro assicurato, dobbiamo recuperare Campo Blenio, una stazione invernale di tipo familiare sempre ben frequentata; abbiamo progetti per la Villa
2005 Ferazzini a Torre, che potrebbe diventare un centro wellness aperto anche ad altre proposte di tipo sanitario: esiste uno studio di massima per questo “contenitore” pregevole sul piano storico, con diverse idee da definire, aperte anche gli investimenti privati; poi c’è il Polisport di Olivone da rivitalizzare. Problemi e prospettive ma non dobbiamo dimenticarci che partiamo da basi favorevoli: natura incontaminata, aria buona, pace, territorio pregevole e ampio, buoni collegamenti. Ci proponiamo come una regione periferica che ha molto da offrire al Cantone”.
Una serie di progetti, dalle Terme di Acquarossa al Parc Adula
Valorizzare il territorio Tra storia e modernità
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a Ponto Valentino gli fa eco Gianni Guidicelli, deputato in Gran Consiglio, presidente di Blenio Turismo e consigliere comunale ad Acquarossa. “L’aggregazione di Acquarossa sta dimostrando capacità progettuale ed anima il dibattito politico, il che è un buon segno”. Guidicelli cita l’acquisizione e la difesa del Nara, fallimento evitato, il progetto d’acquisto del Cinema Blenio (“forse ci sarà un referendum, ma deciderà la popolazione e anche questo è segno di vita democratica”), l’indirizzo turistico di tutti i progetti pianificatori, a partire dal recupero delle Terme di Acquarossa, aperte già nell’Ottocento e chiuse da 32 anni. “Non per una diminuzione della clientela, che era anzi in aumento, ma per ragioni strutturali, mancava il riscaldamento e richiedeva un grosso investimento che non si è potuto effettuare. Il nuovo progetto – precisa Guidicelli – punta su strutture totalmente nuove sull’altra sponda del Brenno, appena sotto le scuole medie. Anche qui si punta sul settore del wellness, in espan-
sione un po’ ovunque, valorizzando le qualità indiscusse dell’acqua e la collaborazione tra privati e enti pubblici”. Solo Terme nel futuro del turismo bleniese? “No di certo – replica il presidente di Blenio Turismo – Le Terme potrebbero essere uno dei motori di tutto il settore turistico, un supporto importante per tutta la Valle, anche per il Nara. Soprattutto si tratta però di costruire una mentalità turistica, vincendo lo scetticismo
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IL PROGRAMMA
15.45 16.30 19.00 20.30
Venerdì 25 febbraio Lottigna Visita al cimitero e alla Chiesa Acquarossa Scuola media: incontro con preadolescenti Torre Cena con alcuni membri dei Consigli parrocchiali Sala Orchidea: incontro con i Consigli parrocchiali
10.00 10.15 12.15 15.00 15.30 17.00 19.00 20.30
Sabato 26 febbraio Acquarossa Visita Casa anziani Liturgia della parola nella cappella della Casa. Visita agli Ospiti nelle camere. Incontro con la Direzione e il Consiglio di amministrazione Pranzo in Casa anziani Largario Visita al cimitero e alla chiesa Visita ad alcuni anziani a domicilio Ponto Valentino Santa Messa. Visita al cimitero Cena con i sacerdoti dell’Associazione Piccoli Apostoli di Maria Oratorio: incontro con la popolazione
10.00 11.45 12.15 14.30 16.05
Domenica 27 febbraio Aquila Santa Messa. Visita al cimitero Casa comunale: incontro con le Autorità comunali e patriziali Pranzo con le Autorità Torre Chiesa: paraliturgia con i giovani della Valle Visita al cimitero
IL PROGRAMMA della gente anche sulla base di un’analisi delle opportunità”. Un esempio viene dal successo dei “Blenio tours” tra i rustici, un’iniziativa strettamente legata alle caratteristiche del territorio. “Rustici da mettere a disposizione del turismo,
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Sosteniamo le nostre parrocchie Benvenuto tra noi: una megasaluto dai colori vivacissimi. Così i ragazzi delle scuole di Acquarossa hanno accolto il vescovo nel tardo pomeriggio di venerdì. E subito lo hanno sommerso di domande, con vivacità e immediatezza. Prima mons. Grampa aveva sostato nella chiesa e nel piccolo cimitero di Lottigna, che con Aquila, Largario, Ponto Valentino e Torre, ha costituito la seconda tappa della salita in Blenio. Tutte comunità affidate ai Piccoli Apostoli di Maria, che seguono pastoralmente questi villaggi, assicurando pure l’assistenza spirituale alla casa Anziani e all’Ospedale di Acquarossa. Sabato il vescovo ha visitato la Casa anziani, alla sua prossima salita in Blenio sarà invece la volta dell’Ospedale. Durante l’incontro con i Consigli parrocchiali, in programma la sera di venerdì, è stato sollevato anche l’argomento delle fusioni comunali, con riferimento esplicito ai rapporti che intercorrevano fra i Comuni fusionati e le rispettive
ed anche questo crea un indotto economico su artigiani ed imprese di cui ancora non ci si rende conto”. Chiusa la Cima Norma e con essa il tempo dell’industria, sono rimaste in Valle molte piccole realtà artigianali. A Dongio è sorto un anno fa il Centro Blenio Art, che raggruppa diverse attività artigianali e di piccola industria, anche tecnologicamente avanzata. “Riunisce soprattutto giovani imprenditori e crea posti di lavoro, il che conferma che unendo le forze si può fare ancora di più. Perché il problema principe della Valle è proprio l’occupazione in loco. “Al 70-80% bisogna scendere verso Biasca e Bellinzona, ribadisce Gianfranco Gianella da Aquila. Però questo pendolarismo è compensato dalla qualità di vita, lo scorso anno abbiamo avuto 18 nuovi arrivi, a conferma che qui si vive bene”. Le prospettive puntano sui pregi del territorio. C’è una regione magnifica come la Greina, esiste il progetto del Parc Adula, che può costituire una grossa chance, secondo il sindaco di Aquila. Progetti a lunga scadenza ma qualcosa
parrocchie. E’ certamente un problema molto sentito che gradatamente può estendersi a macchia d’olio, considerato che queste fusioni comunali hanno coinvolto e stanno interessando diversi regioni del Cantone. E’ peraltro una tematica sulla quale la stessa Autorità diocesana si sta muovendo con sollecitudine e determinazione, a sostegno delle comunità parrocchiali, anche per giustamente ricordare il rispetto di convenzioni, tradizioni e accordi, divenuti “consuetudini”, con quanto ne consegue sul piano stesso del diritto. Mons. vescovo nell’incontro ha pure sottolineato che le fusioni comunali non comportano necessariamente delle fusioni parrocchiali, considerato anche che le singole comunità stanno dimostrando particolare attaccamento alle loro tradizioni e un significativo impegno. Basti osservare al riguardo il prezioso lavoro svolto in questi anni e costatato anche durante la visita pastorale, sia per riordinare gli archivi parrocchiali, con effetti positivi per l’intera comunità, considerato il loro
si muove. Con la bella stagione inizieranno i lavori di ampliamento della Capanna Michela al Motterascio con il raddoppio della capienza. Gli alpi di Corda, Motterascio e Bresciana vengono sempre caricati con bovini, così come i prealpi di Garzotto (bovini) e Garzona (ovini), zona Luzzone, e quello di Premasti, a conferma che il territorio è vivo e ben gestito. Una conferma si trova nel Museo di Blenio a Lottigna, testimonianza della civiltà contadina ma anche dell’apertura e dell’imprenditorialità di questa Valle.
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valore storico, sia per la riattazione di case parrocchiali, come pure per la conservazione e il restauro di chiese e luoghi sacri, ricchi peraltro di significativi contenuti artistici. Questa situazione deve nel contempo far nascere e crescere nei cattolici ticinesi la consapevolezza del loro preciso dovere di sostenere la propria Parrocchia e la diocesi, sia attraverso l’imposta parrocchiale, là dove è stata introdotta, sia con contributi volontari, sia rispondendo con generosa serietà al Fondo diocesano, al quale la nuova Legge sulla Chiesa Cattolica, entrata in vigore lo scorso 1. gennaio, conferisce una base legale, autorizzando la diocesi a chiedere un contributo alle singole parrocchie. Parte del programma, in particolare l’incontro con la gente di Torre e con i giovani della Valle, sarà ripreso in una prossima occasione, poiché ieri pomeriggio mons. Grampa ha dovuto lasciare la valle e scendere a Gorduno, per i funerali di don Alfredo Robbiani, deceduto nella notte su venerdì all’ospedale di Acquarossa.
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Da 12 anni, una “fraternità sacerdotale” nella casa parrocchiale di Dongio
Tre sacerdoti per undici parrocchie
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re sacerdoti per undici parrocchie, l’Ospedale e la Casa anziani, un unico centro parrocchiale a Dongio, Padre Angelico Greco, P. Michele Capurso, e P. Arcangelo Parrotta dei Piccoli Apostoli di Maria, con Casa madre a Lucca, da 12 anni danno vita una “fraternità sacerdotale” che sul piano religioso ha anticipato il principio di superare i localismi in favore di una visione d’insieme”, precisa il coordinatore della Comunità, P. Arcangelo Greco. “La gente ha capito la necessità di questa situazione pastorale più comunitaria e meno individuale, in cui qualcuno vede una formula per il futuro, vista la carenza di sacerdoti”. I tre sacerdoti si alternano nelle funzioni, anche nelle parrocchie più piccole, assicurando la Messa festiva ad Aquila, Ponto e Torre, quella prefestiva a Lottigna. “Vivere e operare insieme si traduce in una maggiore efficacia nell’azione pastorale e in un coordinamento più funzionale. Abbiamo dovuto superare l’iniziale diffidenza della gente, abituata al suo parroco, ma abbiamo poi notato una progressiva apertura verso questa pastorale di valle a carattere interparrocchiale, che favorisce anche l’incontro tra fedeli dei vari villaggi”. Come conferma il Meeting di musica cristiana, un evento giovanile che per quattro anni ha richiamato in particolare i giovani
al cinema Blenio. Anche tra media e alta Blenio siamo sempre nelle zone del Romanico. Il nucleo iniziale della chiesa parrocchiale di San Vittore ad Aquila risale a prima del Mille, ampliata e poi ristrutturata nei secoli, dallo scorso anno sono iniziati i lavori di restauro. Ci sono poi gli oratori montani di S. Caterina D’Alessandria a Ponto Aquilesco, di S. Antonio abate a Binaderio e di S. Anna a Grumarone, recentemente restaurato. A Largario la chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo è “forse antichissima”, come scrive il Gilardoni e comunque documentata dal ‘200. A Lottigna urgono restauri per la bella parrocchiale dedicata
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anch’essa ai SS. Pietro e Paolo. Antica anche la chiesa parrocchiale di Ponto Valentino, dedicata a S. Martino, restaurata una ventina d’anni fa, e più di recente si è intervenuti sugli oratori di S. Francesco Saverio e S. Maria Maddalena, con quello dedicato all’Assunta nella frazione Traversa. A Torre, località dell’omonimo giuramento che nel 1182 organizzò i vallerani, la chiesa di S. Stefano mantiene l’originario campanile definito dal Rahn “snello come un fumaiolo” e va segnalato anche l’oratorio della Madonna delle Grazie nella frazione di Ingerio.
2005 BLENIO CASTRO - CORZONESO Acquarossa - DONGIO Motto LEONTICA Comprovasco - MAROLTA - PRUGIASCO 4 - 5 - 6 MARZO Anche Dongio, Castro, Corzoneso, Leontica, Marolta e Prugiasco nel nuovo Comune di Acquarossa
Media Blenio, con l’aggregazione una marcia in più verso lo sviluppo «Abbiamo sistemato le finanze e approntato gli investimenti per il futuro» indica il sindaco Ivo Gianora. Tra le priorità figurano l’artigianato, le Terme, il cinema Blenio, il turismo e le canalizzazioni. Si punta sul territorio e sul patrimonio artistico. a nemmeno un anno si sono aggregati – unitamente a Largario, Lottigna e Ponto Valentino – in un unico Comune denominato Acquarossa. Dongio un po’ recalcitrando, mentre Corzoneso, Castro, Leontica, Marolta e Prugiasco già convinti che quello era il futuro. «L’aggregazione si è confermata una necessità e un buon passo – ribadisce Ivo Gianora, sindaco prima di Leontica e adesso di Acquarossa – sia dal punto di vista amministrativo che dalla possibilità di affrontare i problemi e programmare lo sviluppo. Eravamo nove Comuni, dalla trentina di abitanti di Largario agli oltre 400 di Dongio, tre erano già in gerenza, altri si sarebbero aggiunti, mentre così si è potuto costruire qualcosa di forte nella media Blenio». Forte in che direzione? «Per poter sviluppare alcuni progetti fondamentali, le Terme ad Acquarossa, l’acquisizione e il rilancio del Nara, la salvaguardia dell’Ospedale di valle ad Acquarossa, e puntare ad alcuni obiettivi come le zone artigianali, il salvataggio del cinema Blenio, un giorno una Casa comunale centralizzata ove riunire tutti i servizi». Attualmente il Municipio ha sede nell’ex Casa comunale di Dongio, l’Ufficio tecnico nell’ex cancelleria di Prugiasco, i servizi finanziari a Corzoneso. 1800 abitanti, moltiplicatore al 95%, il nuovo Comune ha acquistato gli impianti sciistici del Nara, che stanno lavorando bene («in queste condizioni dovremmo tenere aperto fino a Pasqua»), ha definito le zone artigianali a Dongio e alla Traversa, tra Castro e Ponto Valentino, ha ripreso in mano il dossier delle Terme, incontrando il grup-
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po di privati interessato ad investire, ha avviato un’opera fondamentale come le canalizzazioni con i primi interventi a Dongio e Ponto Valentino, seguiranno Corzoneso e via via le altre frazioni, toccando strutture importanti come strade e acquedotti. È in trattative per ritirare il Cinema Blenio, di proprietà di una fondazione ecclesiastica, uno stabile che ha cinquant’anni, ha bisogno di essere ristrutturato, il Consiglio comunale ha già approvato il credito per il progetto, l’intenzione è mantenerlo come adesso, cinema e sala multiuso. «In questa fase iniziale dobbiamo organizzarci bene, abbiamo già approvato la maggior parte dei regolamenti comunali, partiamo con le canalizzazioni, abbiamo opere urgenti come la correzione del riale Dongia a Motto di Blenio, sconvolto due anni fa dall’alluvione, chilometri e chilometri di strade anche agricole». Insomma si guarda all’immediato, ma con lo sguardo sul medio-lungo periodo, ordinaria amministrazione e progetti di sviluppo. Con quali priorità? «Intanto l’aggregazione ha risanato le finanze con l’aiuto del cantone e destinato una parte agli investimenti». Ospedale e Casa per anziani funzionano bene, per asilo e scuole già si collaborava tra Comuni, adesso si tratta di rilanciare. In che direzione, sindaco Gianora? «Artigianato e turismo, valorizzazione del territorio, rustici e Terme. Crediamo molto nel progetto delle Terme in una collaborazione tra pubblico e privato: il nuovo Centro termale sulla sponda destra del Brenno dobrebbe portare posti di lavoro e le
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vecchie costruzioni, ristrutturate, potrebbero accogliere nuove attività. È una sfida decisiva anche per il turismo, soprattutto se integrata in una nuova cultura del territorio. Siamo favoriti nei collegamenti (10 minuti per l’autostrada a Biasca), abbiamo un territorio ampio e pregiato, qualità della vita, aria buona e sole, centinaia di rustici da immettere nel giro del turismo». Qui è attivo Blenio TourRustici, stalle riattate all’interno ma dalla struttura esterna originale, per lo più al margine dei villaggi, dai 500 ai 1800 metri di altitudine. Sono testimonianze della civiltà contadina situate lungo l’immensa rete di sentieri, circa 500 chilometri tra natura, paesaggio, arte e cultura. Per le escursioni, anche invernali, c’è l’imbarazzo della scelta, basti citare “Ul gir di Alp”, che tocca tutti gli alpeggi della regione, o il Giro della Greina, tra paesaggi di interesse nazionale per l’eccezionale bellezza e le caratteristiche geologiche e naturalistiche. Attraverso boschi, maggenghi e pascoli alpini si raggiungono gli antichi passi pedonali del Nara e Bareta.
2005 Serie di iniziative volte ad approfondire e valorizzare la regione
Leggere il territorio con lo sport la stampa locale e la musica ul territorio vigilano i Patriziati, ogni ex Comune ha il suo, il più ampio è quello di Leontica, che arriva fino all’Alpe Croce al Lucomagno. Alpi e prealpi tutti caricati e una lunghissima storia che inizia nel 1204 con l’acquisto dei pascoli dagli Orelli di Locarno e nel 1225 dai feudali di Giornico, quindi si inserisce nell’aspirazione all’autonomia e alla libertà. Oggi il Patriziato – come precisa il presidente Luigi Gianella – provvede alla manutenzione di strade, sentieri, pascoli e boschi, alla gestione di due acquedotti in zona Nara, soprattutto con un lavoro di volontariato. «Solo per grossi lavori ci si appoggia su imprese». Strettamente legato al territorio è un appuntamento sportivo come il Giro della Media Blenio. La ventunesima edizione si tiene a giorni, il 27 (minigiro per ragazzi, scolari e giovani, dai 600 metri ai 3 chilometri, a seconda dell’età) e il 28 marzo per tutti, uomini e donne, sul classico percorso Dongio-Corzoneso Piano-San
Remigio-Ludiano e ritorno. Al pomeriggio Grand Prix per elite su invito, con i più forti atleti internazionali. «Due giorni di bella festa, conferma la segretaria Linda Gianella. Incontri, tombola, pranzo, buvette nello stabile dell’ex camiceria Fehlmann a Dongio, in totale vi partecipano almeno mille persone, tra valligiani ticinesi, italiani e confederati. Si corre tra villaggi e natura, lungo le strade del Romanico». Linda Gianella presiede il Gruppo Atletico Dongio, che organizza meeting per scolari e cross per tutti, allenamenti tre volte la settimana, attività tutto l’anno, una realtà per tutta la valle. Percorre il territorio della Valle anche la Voce di Blenio, il mensile fondato 35 anni fa, redazione di 5 persone nell’attuale Municipio a Dongio, 16-20 pagine, 2500 copie diffuse in valle, Ticino, Svizzera e estero. «Molta attenzione alla cronaca e all’attualità – spiega il caporedattore Fernando Ferrari – soprattutto pensando a chi è lontano dalla Valle,
ma anche confronto, ricerca e approfondimento su temi della nostra realtà». Sul numero di marzo, che uscirà come sempre dopo la metà, si parlerà della Visita pastorale del Vescovo, di un importante personaggio politico come Brenno Bertoni, di Sandro Beretta (1926-1960) di Comprovasco, emigrante, sarto e scrittore autodidatta di cui Casagrande pubblica la terza edizione del libro postumo “L’aria dal basso”, autore anche dei racconti “È nato in casa d’altri, Gesù”. Percorrono il territorio con canti e musiche anche il Coro Voce del Brenno e la Vox Blenii. Il primo con un repertorio che spazia dai tradizionali canti lombardi a cantate del ‘500 come
IL PROGRAMMA
Venerdì 4 marzo Prugiasco 15.45 Visita al cimitero e alla Chiesa. Acquarossa 16.30 Scuola media: incontro con gli adolescenti. Dongio 18.30 Municipio: incontro con le Autorità comunali e patriziali di Acquarossa. Leontica 19.00 Casa montana: cena con alcuni membri dei Consigli parrocchiali. 20.30 Incontro con i Consigli parrocchiali. Sabato 5 marzo Marolta 09.30 Visita al cimitero e alla Chiesa. Acquarossa 10.15 Ospedale bleniese: visita ai malati. Incontro e pranzo con il direttore e il personale. Corzoneso 19.45 Santa Messa. Acquarossa 20.45 Scuola media: incontro con la popolazione delle diverse parrocchie. Domenica 6 marzo Motto 09.00 Visita alla chiesa di San Pietro e al cimitero. Dongio 09.30 Visita al cimitero. 10.00 Santa Messa con celebrazione della Cresima. 12.15 Pranzo con i membri del Consiglio pastorale di zona. Leontica 15.00 Festa delle Tre milizie. Comprovasco 16.30 Visita alla chiesa e al cimitero. Castro 17.30 Visita alla chiesa e al cimitero.
IL PROGRAMMA
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Suggestivo l’incontro con le Milizie N ell’alta Blenio ci sono tre Milizie. Della Madonna del Rosario ad Aquila; di San Giovanni Battista a Leontica; della Madonna del Carmine a Ponto Valentino. Il Vescovo le ha incontrate nel pomeriggio di ieri a Leontica, nell’ambito della visita pastorale alle comunità parrocchiali di Dongio, Castro, Corzoneso, Leontica, Marolta e Prugiasco. E’ stato un incontro suggestivo, capace di risalire i secoli, nel ricordo di un evento e di un voto. La disastrosa campagna napoleonica in Russia del 1812, alla quale parteciparono anche diversi bleniesi. Durante la tragica ritirata nel tremendo inverno russo, dove la ghiacciata Beresina fu tomba per migliaia di giovani soldati, sgorgò dal cuore di quei bleniesi un voto e una preghiera. Promisero che, se la Madonna li avesse aiutati a ritornare in paese, il primo saluto sarebbe stato per lei, poi avrebbero condecorato sempre la sua festa con una parata militare, prendendo parte alle funzioni e alla processione in divisa militare, bandiera in testa.
“Siete gli eredi e i successori di un gesto di fiducia, di fede e di devozione”, ha sottolineato il Vescovo, rivolgendosi ai giovani bleniesi di oggi in divisa militare di allora. E subito ha aggiunto: “questa eredità deve farvi riflettere, per ritrovare in voi quei sentimenti di profonda religiosità, che i nostri tempi, percorsi da dilagante indifferenza, hanno un poco smarrito. Sta a voi recuperare quei sentimenti che hanno animato, sostenuto e incoraggiato i fondatori di queste vostre Milizie, sorte come espressione di gratitudine. Sarà il modo migliore per renderle veramente vive e autentiche, al di là del passare degli anni e di ogni folclorismo”. Un invito e un’esortazione, che assumono un significato particolare nella prospettiva della visita pastorale. Che è soprattutto preghiera, ascolto, conoscenza, incontro. Con gli adolescenti (il Vescovo ha avuto con loro un dialogo schietto, denso di domande e interrogativi nel tardo pomeriggio di venerdì); con i malati (mons. Grampa ha visitato sabato mat tina
“Matona mia cara” di Orlando di Lasso e canzoni più recenti come “Les trois cloches” portata al successo da Edith Piaf, forse in memoria della storia della valle e dell’emigrazione. La Vox Blenii è sicuramente uno dei casi più interessanti del panorama della musica popolare ticinese per la sua attenta ricerca nell’ambito della musica popolare. Incisioni come “I fioo e l’amur”, “L’umetin”, “A dieci ore” e “Polenta gialda” sono ormai parte integrante del recupero della cultura locale.
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l’ospedale bleniese); con le autorità comunali, parrocchiali e patriziali; con le singole comunità, per una sosta di preghiera, dove non manca mai la visita al camposanto. “Atto di giustizia, ma anche di amore, che ci aiuta a ricordare non per compiacenza, nemmeno per semplice nostalgia, ma per rivivere il bene che i nostri morti ci hanno voluto e per sentire sempre attuale e presente il nostro affetto per loro”. La visita ha dovuto subire un’interruzione nel p omer iggio di s ab ato p er la par tecipazione del nostro Vescovo all’ordinazione episcopale, nel duomo di Como, di mons. Oscar Cantoni, sacerdote comasco, divenuto Vescovo di Crema. “Una partecipazione necessaria - ha precisato mons. Grampa - per sottolineare i legami ecclesiali e storici fra la nostra diocesi e quella di Como”, alla cui giurisdizione ecclesiastica appartennero le nostre terre, ad esclusione delle vallate ambrosiane, fin verso la fine dell’ottocento. L’ultima tappa della visita in Blenio prevede l’incontro con Olivone, Campo Blenio e Ghirone.
2005 Tutti i villaggi hanno importanti monumenti, soprattutto di tipo religioso
Ininterrotta corona di arte e storia nche la media Blenio è un susseguirsi di campanili, chiese, oratori, cappelle, affreschi, ponti e palazzi. Insomma di testimonianze artistiche, architettoniche e religiose che, affiancate al patrimonio naturalistico della valle, ne favoriscono la vocazione turistica mentre testimoniano un passato di civiltà e di fede. Sicuramente tra i monumenti più suggestivi del Romanico è la chiesa di Negrentino, frazione a monte di Prugiasco. Dedicata in origine a S. Ambrogio, comunemente detta di Negrentino o di San Carlo dopo la visita del Borromeo, nella struttura antica risale al Mille e al suo interno è conservato l’affresco raffigurante Cristo tra gli Apostoli, del X secolo, uno dei più pregevoli esemplari della pittura romanica europea. Anche la chiesa parrocchiale di Prugiasco è dedicata a S. Ambrogio. Sovente le chiese si sono sviluppate su un impianto romanico, come l’ot-
tocentesca San Giorgio a Castro, la parrocchiale dei santi Nazzaro e Celso a Corzoneso, quella di Dongio dedicata ai santi Fiorenzo e Luca, di S. Giovanni Battista a Leontica, dei santi Bartolomeo e Gottardo e Marolta. A Castro vanno citati l’Oratorio di S. Antonio da Padova, la Casa dei Landfogti, costruzione seicentesca con decorazioni di gusto popolare e stemmi dei Cantoni primitivi sulla facciata e, a sud dell’abitato, i resti di un complesso medioevale di difesa. Importanti gli affreschi nell’Oratorio di San Remigio a Corzoneso Piano, l’altare con decorazione romanica e i dipinti di epoca tardo-romanica messi in luce quando vennero
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strappati e conservati gli affreschi dei Tarilli. Notevoli la Cappella de Bernardi e quella detta “delle scale”, entrambe del ‘500 e con affreschi di Antonio da Tradate. A Casserio la pregevole Casa rotonda ospita l’archivio Donetta, dedicato all’opera del fotografo che ha documentato la vita della valle. Romanico anche l’oratorio di S. Pietro a Dongio, dove la piazza principale è un nucleo tipico d’epoca napoleonica, stucchi e affreschi nel ‘500 nell’Oratorio dedicato a S. Maria Nascente a Motto. Utile ricordare che la Casa parrocchiale ha sede a Dongio e riunisce una fraternità sacerdotale (P. Angelico Greco, P. Michele Capurso, P. Arcangelo Parrotta) dei Piccoli Apostoli di Maria, che si occupa dell’attività pastorale in ben 11 località, tra cui quelle visitate in questo fine settimanta dal Vescovo.
2005 BLENIO CAMPO BLENIO - GHIRONE - OLIVONE - TORRE 11 - 12 - 13 MARZO Olivone, Campo Blenio e Ghirone guardano con ottimismo all’aggregazione con Torre e Aquila
Quattro progetti e una rete consolidata attendono il nuovo Comune di Blenio Sarà il più esteso del Cantone. Si vogliono potenziare i Centri invernali di Campra e Campo Blenio anche per la stagione estiva, rinnovare il Polisport ad Olivone e fare di Villa Ferrazzini a Torre un Centro wellness. Si punta sul territorio e sulla qualità di vita. l futuro si chiama aggregazione, dicono all’unisono il sindaco di Olivone, Campo Blenio e Ghirone. A giorni si saprà del referendum promosso da un gruppo trasversale dell’alta Valle, l’8 maggio si dovrebbe votare poi via con i tempi tecnici. Il nuovo Comune di Blenio, comprendente anche Aquila e Torre, potrebbe nascere già in autunno. Moltiplicatore al 95%, tanti progetti pronti nel cassetto e un sostanziale appoggio popolare visto che nella votazone del febbraio dello scorso anno era stato quasi un plebiscito (Olivone 380 sì e 87 no; Ghirone 18 a 8; Campo Blenio 44 a 2), un po’ meno in basso (Torre 100 a 71, Aquila 121 sì e 165 no). «Soprattutto non abbiamo alternative» sostiene Marino Marini, sindaco di Olivone, 870 abitanti. «Non abbiamo alternative se vogliamo migliorare la gestione degli attuali Comuni e dell’alta Valle, se vogliamo promuovere e portare avanti insieme – da soli è impossibile, tutti siamo al 100% di moltiplicatore con risorse limitate – una progettualità». Bella parola, ma in concreto? «In concreto sono quattro progetti ben individuati: al Centro nordico di Campra, che funziona bene ed è riconosciuto a livello svizzero e internazionale, potenziamento e ristrutturazioni; per gli impianti sciistici di Campo Blenio l’innevamento programmato, strutture per la ristorazione e l’alloggio; per il Polisport di Olivone ampliamento ad altre attività anche all’esterno, piscina compresa; Villa Ferrazzini a Torre dovrebbe diventare un centro wellness». Questa la prima lista degli investimenti, ma qui si vive non di sole attese ma anche di realtà. Si pensi solo alle canalizzazioni,
al depuratore, ai 3 lotti messi in cantiere negli ultimi 5 anni, metà Comune già servito, al potenziamento dell’acquedotto, alla manutenzione di strade agricole, forestali, comunali, con quella da Camperio a Dottero che necessita di urgenti interventi. «Una rete di collegamenti realizzata negli anni ‘70 e oggi non più confacente». Non mancano le risorse, gli impianti idroelettrici della Blenio SA, le imprese artigianali, quelle agricole con un insistente aumento del numero dei capi di bestiame, il turismo e il suo indotto. «Soprattutto quel grosso capitale che è la qualità della vita, qui si sta bene, chi lavora fuori torna volentieri anche
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perché i collegamenti funzionano, i giovani si staccano malvolentieri». E si progetta il futuro. A giorni verrà annunciato il nuovo corso della stazione sciistica di Campo Blenio, un’ottantina di abitanti. Il sindaco Gianni Martinelli non anticipa ma non è difficile venire a conoscere in linee generali – appurata la prospettiva dell’innevamento programmato – le future sinergie con Bosco Gurin e Carì, le novità nella ristorazione e nell’alloggio. Del resto questa stazione è un gioiellino, generazioni di ticinesi hanno imparato e imparano a sciare qui, una pista su misura per bambini e ragazzi. A giorni partirà la campagna per l’aumento di capitale. «Ma lavoriamo anche per l’estate, precisa Martinelli. Qui siamo un crocevia di sentieri, possibilità a non finire di magnifiche escursioni nel Soprasosto e nella Greina, una rete di capanne nei dintorni (Scaletta, Michela-Motterascio, Bovarina e le due dell’Adula) e un territorio straordinario. Siamo determinati a tenere in vita i piccoli Campo Blenio e Ghirone, pochi abitanti ma una storia e una realtà che per noi significano collaborazione e quindi aggregazione. Dobbiamo consolidare le infrastrutture sul piano della ristorazione e dell’alloggio, e dare continuità al turismo, che è la nostra attualità e il nostro futuro, sotto forma di equilibrata gestione del territorio». Le 150 case di vacanza confermano il potenziale villaggio, cosi come le aziende agricole, anche abbastanza grosse, che tengono sul posto parecchi giovani.
2005 «Qui stiamo bene, tra natura, alpi e capanne. Si tratta solo di sviluppare quel che abbiamo». La sede del nuovo Comune a cinque, che diventerà il più esteso del Cantone, sarà ad Olivone, che già ha una scuola elementare e dovrebbe essere unificata per tutti e 5. Attualmente Torre è consorziato con Acquarossa, Aquila tiene le prime tre classi, la quarta e quinta salgono già ad Olivone, per la scuola materna Torre farà capo ad Aquila e gli altri tre ad Olivone, le medie sono per tutti ad Acquarossa.
IL PROGRAMMA
Venerdì 11 marzo Ghirone 15.00 Oratorio: Incontro con la gente. Visita al cimitero. Olivone 16.00 Oratorio festivo: incontro con adolescenti e cresimandi. 19.00 Cena con alcuni membri dei Consigli parrocchiali. 20.15 Incontro con i Consigli parrocchiali
Per l’Alta Blenio l’obiettivo è quello di adeguare le strutture
Da un turismo di giornata ad un turismo di soggiorno
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lenio Turismo ha sede ad Olivone. Il direttore Edgardo Mannhart ha buon gioco nello sciorinare i 500 km di sentieri, la vastità e i pregi del territorio, la bellezza della Greina, le capanne che funzionano bene, e soprattutto il concetto del... camminare con testa. «Abbiamo una rete di sentieri ben marcati e tenuti che si snodano tra natura, cultura e ospitalità. Non è solo uno slogan, li abbiamo tracciati in funzione di quanto il territorio offre. Ed è molto bello, tra bellezze naturali e monumenti storici, tra Romanico, chiese, oratori e cappelle, tra panorami e ospitalità». Sempre più ospiti, l’80% svizzero-tedeschi, il resto germanici, olandesi, italiani e ticinesi, con una buona quota di pernottamenti tra giugno e settembre, mentre in inverno i pernottamenti scendono. «Dobbiamo adeguare le strutture ad un turista sempre più esigente. Questo per noi è un momento storico, non possiamo perdere il treno. I finanziamenti che l’aggregazione comporta sono il lasciapassare per il futuro». Ribadisce i progetti per Campra («uno dei centri più attrezzati in Svizzera, altitudine ideale»), per Campo Blenio
Sabato 12 Olivone 09.30 Visita ai malati a domicilio. 10.30 Chiesa parrocchiale: incontro con anziani e malati. 11.45 Casa del Sole: incontro e pranzo con le Suore della Santa Croce. Campo Blenio 16.00 Visita al cimitero, Santa Messa e incontro con la gente. 19.00 Cena. Olivone 20.30 Orario festivo: incontro con la popolazione. Domenica 13 Olivone 09.30 Visita al cimitero. Santa Messa con il sacramento della Cresima. 11.00 Incontro con le autorità comunali e patriziali. 12.15 Pranzo. Torre 14.00 Incontro con i giovani della Valle. Olivone 15.30 Incontro con le corali della valle di Blenio.
IL PROGRAMMA
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e il resto, ma tiene ad insistere sulla prospettiva di «trasformare il turismo di giornata in turismo di soggiorno». Questo comporta investimenti e il completamento delle infrastrutture. «Già ne abbiamo, a Olivone quattro alberghi o ristoranti con alloggio, ad Acquacalda il Centro ecologico Uomo Natura, un’iniziativa formidabile, ma dobbiamo fare di più». Cita l’apertura prolungata del passo del Lucomagno, prima era solo 6-7 mesi, adesso 11 e più, «significa che a nord non siamo più bloccati», il cinema all’aperto, i concerti, le residenze secondarie, i rustici e insiste su “Profumi e Sapori”, la biennale rassegna che si tiene nell’ex Cima Norma quest’anno dal 25 al 30 maggio. «Nel 2003 ha portato 12.000 persone, l’obiettivo è migliorare ancora questo evento che è un forte veicolo promozionale per le risorse della Valle». Su tutte per tutti c’è il territorio. E qui è opportuno chiamare Salvatore Vanbianchi, presidente del Patriziato generale Olivone, Campo Blenio e Largario. Il Patriziato si estende su 8200 ettari, entra nelle Valli del Lucomagno, Campra e Carassina, collabora con l’Ente turistico nella gestione del Centro Infor-
2005
Fieri di essere cristiani L’ incontro
con l’alta Blenio (Olivone, Campo e Ghirone) è stata l’ultima tappa della visita pastorale in questo tempo di Quaresima. Il cammino del vescovo nelle varie parrocchie riprenderà dopo Pasqua con la Riviera, a conclusione della visita nel vicariato delle Tre Valli. Nel prossimo autunno sarà la volta del Bellinzonese, per poi dedicare l’intero 2006 al vasto Locarnese. Diversi i momenti comunitari, estesi a tutta la Valle, che hanno accompagnato, di domenica in domenica, l’itinerario del vescovo. Dapprima quello con le famiglie nella tappa di Malvaglia, dove mons. Grampa ha preso contatto con una realtà molto viva e propositiva, impegnata nel costruire legami comunitari efficaci. Poi quello con le tre Milizie a Leontica, dove il vescovo ha invitato a recuperare i sentimenti di fede e di pietà, che avevano animato la fondazione di queste realtà tuttora attive e presenti. Nel pomeriggio di ieri, rispettivamente a Torre e in seguito a Olivone, il pastore
mazione a Casaccia, appena prima del passo del Lucomagno, possiede rustici e stabili e la zona artigianale Giaira a Olivone dove hanno trovato posto diverse imprese, dalle falegna-
della diocesi ha incontrato i giovani e le corali. Ai giovani ha raccomandato di “sentirsi protagonisti nella Chiesa”, come “doni e talenti che possono produrre positive trasformazioni nel tessuto e nella vita delle comunità cristiane”. Li ha invitati a “non lasciarsi scoraggiare” e a vivere “un’esperienza di fede e di preghiera capace di coinvolgere tutte le dimensioni della persona e di dare significato ai vari momenti della giornata e della vita”. Ha chiesto loro di “diventare costruttori di futuro” per “essere protagonisti nella realizzazione della civiltà dell’amore”. A Olivone, nel successivo incontro, ha ringraziato i cantori per il loro servizio pastorale e liturgico, esortandoli a “continuare con entusiasmo e impegno, nella generosità e nella gioia dell’essere canto”. Nel contempo ha richiamato il dovere della testimonianza. “E’ l’impegno di ogni cristiano, in forza del suo battesimo. Per voi, come per tutti coloro che hanno un compito specifico nella Chiesa, è impegno ancora maggiore”.
merie alle imprese di costruzione. Insomma ha il suo bel daffare, anche se «oggi i boschi non rendono più, ma alpi e prealpi sono tutti caricati e il nostro formaggio tipo Piora, è squisito».
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Con generosità le tre comunità dell’alta Valle, affidate a don Adalberto Zasada, hanno risposto alla chiamata del vescovo. A cominciare dai ragazzi delle scuole, il cui incontro con il pastore sembrava non dovesse più terminare, tante erano le domande da loro rivolte a mons. Grampa, spaziando su un orizzonte ampio e diversificato di interrogativi. “Vengo – sottolinea sovente il vescovo in queste visite - per gioire con voi della vostra fede, del vostro essere cristiani, per invitarvi ad esserne fieri”. Con l’invito a trasmettere, soprattutto attraverso l’esempio e la testimonianza, questa eredità di fede alle nuove generazioni. Celebrazioni, momenti comunitari, visite ad anziani e malati, incontri con le autorità: tutti tasselli di un unico mosaico sull’orizzonte di una conoscenza reciproca, lasciando anche spazio al ricordo. Come la sosta di preghiera e silenzio in camposanto, dove ogni lapide racchiude una storia, semplice e preziosa, come ogni esistenza.
Vanbianchi cita l’alpe di Piansegno con il corte di Casaccia per la mungitura, 230 mucche e 250 manzette; l’Alpe Croce al Lucomagno, del Patriziato di Leontica ma terreno di quello di Olivone; l’Alpe di Pertugio prima del passo, alla sorgente del Brenno, del Patriziato di Castro ma affittato a un contadino di Olivone; l’Alpe di Predasca, 140 mucche e 120 manzette, l’Alpe Carassina nell’omonima Valle dove c’è anche quello di Saltarescio con oltre mille ovini; l’Alpe di Cavallasca al Luzzone del Patriziato Buttino di Ghirone; l’Alpe di Verneggio per le pecore... Come a dire che il territorio è ben curato, grazie anche ai Patriziati di Ghirone e Buttino, un villaggio cancellato da una frana nel 1868, di cui rimane il nome e poche cascine.
2005 Lungo la strada del Lucomagno, già in auge all’epoca romana
Segni dell’antica presenza religiosa
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umerose iniziative in campo religioso nell’Alta Blenio. Lo conferma don Adalberto Zasada, polacco d’origine, parroco da 5 anni. «Prima venivo in Ticino per le sostituzioni estive, ho conosciuto molto amici, ho deciso di rimanere e mi trovo bene con questa gente». L’impegno non gli manca davvero, vista la vastità del territorio che comincia ad Aquila e finisce al Lucomagno, il numero di chiese e oratori, 11 solo ad Olivone. «Ogni frazione ha il suo oratorio, segno di una religiosità storicamente diffusa, ogni parrocchia ha il Consiglio parrocchiale, la collaborazione è buona». Tra le attività, ricorda la festa patronale della Madonna ad Olivone, l’ultima domenica di luglio; il tradizionale concerto di Natale organizzato dalla Corale di San Martino; l’incontro degli anziani e la benedizione dei malati la festa della Madonna di Lourdes, 11 febbraio; il Gruppo ricreativo per bambini e ragazzi organizzato dalle mamme; la grande festa al Lucomagno per l’Assunta, 15
agosto, al cospetto della statua della Madonna di Genucchi, con un’ampia partecipazione della valle e dall’altro versante di Disentis; la casa Madonnina a Camperio per gruppi, famiglie Azione cattolica, anziani, un centro di incontro, riposo e riflessione. Inoltrarsi lungo il percorso dei monumenti religiosi significa riandare alla storia dell’alta Blenio, alla strada transalpina del Lucomagno, all’imbocco della quale, a Scona, già nell’ottavo secolo venne eretto un oratorio dedicato a San Colombano, «coevo dell’omonima chiesuola nella regione di Disentis», come ricorda il Gilardoni. Molte le chiese documentate nei
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primi due secoli del Mille, a cominciare da San Martino, la parrocchiale di Olivone, con la torre quadrata del campanile che risale al 1100. Marzano ha l’oratorio di San Rocco, Solario quello di S. Maria Maddalena, San Bartolomeo è a Sallio, San Giacomo a Lavorceno, la Madonna delle Grazie a Sommascona, San Defendente a Camperio, S. Anna ad Acquacalda, S. Domenico a Dottero, San Sebastiano a Compietto, la Madonna con Bambino di Giovanni Genucchi al Lucomagno. A Campo Blenio sorge l’oratorio dei SS. Maurizio e Agata, ristrutturato nel ‘700 su un impianto del ‘200 di cui rimane «il campanile liscio, con le rudi bifore della cella campanaria del XII secolo avanzato» (Gilardoni); stessa cronologia per S. Martino a Ghirone. Frequenti in chiese e oratori gli affreschi e i graffiti anche di pregio.
2005 RIVIERA CLARO - CRESCIANO - GNOSCA - MOLENO - PROSITO 15 - 16 - 17 APRILE Un tratto comune che unisce Claro, Gnosca, Cresciano, Moleno e Prosito
Le difficoltà finanziarie non intaccano la qualità della vita La popolazione è in leggero aumento. I Comuni riescono a far fronte alle proprie esigenze con l’aiuto del Cantone. Quello delle fusioni è un tema ancora distante. Si sente la crisi del granito. Il sindaco di Moleno: «la nostra risorsa fondamentale è la natura».
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ome si sta in Riviera? Bene, molto bene, è la risposta unanime. Situazione tranquilla, coesione sociale, spirito di collaborazione, identificazione del territorio, insomma, una buona qualità della vita. I sindaci dei paesi toccati dalla Visita pastorale di questo fine-settimana (Claro, Gnosca, Cresciano, Moleno e Prosito, frazione di Lodrino) dicono che grossi problemi non ne hanno, le opere principali sono state fatte, le infrastrutture sono all’altezza dei bisogni, i servizi pure. Magari con qualche rinuncia, dice Angelo Jam da Moleno: «avevamo la posta, ce l’hanno tolta, adesso andiamo a Preonzo e chissà quanto rimarrà anche quella». Subito puntualizza: «non abbiamo risorse economiche, ma un bene fondamentale come la natura, tanto verde, acqua buona, tranquillità nonostante l’autostrada e, soprattutto, la capacità di apprezzare tutto questo». I fatti confermano: la popolazione è in leggero costante aumento in tutta la Riviera, di spopolamento neanche a parlarne, i giovani rimangono. «Questa è brava gente, lavoratori, accoglienti, sono vicini alla Chiesa, mi ascoltano ancora» dice don Aurelio Pianca. È uno che se ne intende, visto che è parroco di Cresciano e Prosito dal 25 settembre 1955, e dal ‘73 anche di Moleno. Insomma non manca niente. Certo – aggiungono i sindaci – ci fossero maggiori possibilità finanziarie... Ecco il punto dolente, le finanze. Il moltiplicatore è al 100%, al 95 solo a Lodrino, i Comuni sopravvivono grazie al contributo cantonale. «In pratica dobbiamo limitarci all’ordinaria amministrazione e poco più perché ci mancano le risorse». Ma come, la Riviera non è il paradiso dell’estrazione e lavorazione
del granito? «Lo era», precisa la signora Onagro dell’omonima ditta di Cresciano, una delle tre, assieme alla TopGraniti e alla Antonini. «Intendiamoci, le cave ci sono tuttora, la qualità del granito è ottima, ma la crisi nel settore è palpabile, qui come in Vallemaggia e in Calanca. Fino a dieci anni fa nel complesso dava lavoro a mille persone, oggi a cinquecento e, di questo passo, tra un paio d’anni saranno la metà. Il peggio è che in queste zone, come la nostra, il granito è l’unica risorsa». La gente di qui al granito ci tiene, fa parte della tradizione e della cultura. Lo si vede da come lo valorizzano in piazze, strade e opere pubbliche. Si sente da come ricordano
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gli anni, nemmeno tanto lontani, in cui venivano scalpellini della Valtellina, dal Bergamasco, dal Bresciano dal Veneto. «Questa immigrazione ci ha fatto fare un salto di qualità, ci ha fatto aprire gli occhi su nuove realtà» sostiene Carmelo Mazza, sindaco di Lodrino. «Gente solida, che si è bene inserita, alcuni sono rimasti, hanno costruito la casa, nel nostro dialetto sono entrate parole nuove, inflessioni diverse». Qui la globalizzazione è arrivata con il dopoguerra. Ma è la nuova globalizzazione, quella di oggi che strangola l’industria del granito. «Nei nostri paesi e in Ticino, a parte qualche eccezione, non possiamo lamentarci perché si privilegia il granito ticinese, precisa la signora Ongaro, ma non è così nel resto della Svizzera, dove importano granito da altri paesi europei, soprattutto Italia e Portogallo, e dai Paesi emergenti come la Cina, ma non dal Ticino. L’arredo stradale in Svizzera era il 90% del nostro lavoro, adesso è il 5%. Siamo trappo cari, il costo del lavoro da noi è alto perché è alto quello della vita. E chi compera guarda a questo, più che alla qualità del materiale e del lavoro». La difficile situazione economica rimanda al tema delle fusioni. Insieme magari si può fare di più e meglio. Ma l’argomento in Riviera non è all’ordine del giorno, se ne discute, è stato costituito un gruppo di lavoro, ma mancano proposte precise. C’è chi pensa al grande Comune della Riviera (Biasca, Iragna, Lodrino, Osogna, Cresciano e Claro) con più di
2005 IL PROGRAMMA Venerdì 15 aprile Claro 14.30 Laboratorio protetto: incontro con ospiti, direzione, personale, comunità delle suore e membri della Fondazione. 16.30 Asilo vecchio: incontro con bambini, ragazzi e scout. 17.30 San Nazaro: visita al cimitero. 18.00 Casa Nazaret: cena con le suore di Menzingen. Cresciano 19.15 Visita al cimitero. Santa Messa e incontro con le Autorità. Claro 20.45 Asilo vecchio: incontro con i cinque Consigli parrocchiali. Sabato 16 aprile Claro 10.00 Casa anziani: incontro con ospiti e direzione. 11.30 Monastero: inaugurazione foresteria e incontro con le monache. 12.30 Pranzo con i sacerdoti che celebrano al monastero, con il presidente dell’Associazione pro restauri e dell’Associazione amici del monastero. Cresciano, Moleno, Prosito 14.30 Visita anziani e malati. Prosito 15.30 Visita al cimitero e Santa Messa. Claro 17.00 Celebrazione della Cresima. Prosito 19.00 Cena con le Autorità. Claro 20.30 Sala patriziale: incontro con la popolazione delle cinque Parrocchie. Domenica 17 aprile Moleno 09.00 Santa Messa, visita al cimitero e incontro con le Autorità. Claro 10.30 San Rocco: Santa Messa. Aperitivo con la popolazione. 11.30 Sala Consiglio comunale: incontro con le Autorità. 12.00 Pranzo con Consiglio parrocchiale e Autorità. 15.00 San Lorenzo: visita al cimitero. Gnosca 15.30 Incontro con le Autorità. 16.00 Visita al cimitero, anziani e malati. Claro 17.00 Visita agli anziani e malati.
IL PROGRAMMA
10’000 abitanti e chi, come Moleno e Gnosca, guarda piuttosto a Bellinzona, tutti insistono sul fatto che in fondo ognuno riesce a badare a se stesso, collaborando e bene per le infrastrutture
pubbliche, dalle scuole alle Case per anziani. La soluzione consortile funziona e nessuno vede nella fusione la panacea ai propri problemi. Se fusione sarà, ci vorranno comunque anni.
La consapevolezza di una grande risorsa e la volontà di promuoverla
Le chiese: un patrimonio locale da valorizzare Cresciano il sindaco Ferruccio Tognini vorrebbe creare la “mappa dei monti”, delle proprietà e insediamenti fino alla cresta delle montagne. Confida nell’arrivo del macello cantonale, i cui lavoro inizieranno quest’anno, e nei ripari fonici lungo l’asse ferroviario. Certo non può incidere molto il bouldering, quel turismo del sasso per cui Cresciano è famoso in Europa: vengono, scalano i sassi e se ne vanno. Il sindaco di Gnosca Moreno Pedrazzi vorrebbe un nuovo Centro scolastico che per ora non si possono permettere. È caduto il progetto della Migros per il golf e si è fatto avanti Claro con una propria proposta, attualmente al vaglio del Cantone. A Claro il sindaco Pietro Dell’Era segnala il boom edilizio, la popolazione è raddoppiata negli ultimi vent’anni, adesso sono 2300 abitanti. «È segno di attrattività e dinamismo, ma abbiamo solo piccoli contribuenti, un ceto prevalentemente impiegatizio, e il Comune non dispone di grandi risorse». A Moleno, il sindaco Angelo Jam va giustamente fiero del nucleo del
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paese recuperato con lavori in granito, delle canalizzazioni ultimate, dei collegamenti e della collaborazione che funzionano con i Comuni vicini. «Per infrastrutture e occupazione gravitiamo suprattutto su Bellinzona, ma tutta la Riviera per posti di lavoro fa riferimento a Biasca e alla capitale, che sono a poche decine di minuti. Noi mettiamo a disposizione appunto la qualità della vita, il territorio e terreni a prezzi ancora abbordabili». Prosito conta 237 dei 1569 abitanti di Lodrino, mantiene ancora un po’ di agricoltura, con solo un pallido ricordo di quando la Riviera significava granito, coltivazioni e allevamento. Ma è l’intera regione ad aver conservato le sue caratteristiche, tra piano e montagna. Lo sviluppo degli ultimi decenni non ha intaccato più di tanto né l’aspetto né l’identità dei paesi e degli abitanti. Ancora oggi i Comuni collaborano bene con i rispettivi Patriziati nella cura del territorio, nell’attenzione alle zone alte, la collina e la montagna con la gestione dei boschi, le strade forestali, i sentieri, le cascine, e le seconde dimo-
2005
Essere sale, luce, lievito E’ iniziata dal Laboratorio protetto “Madonna di Re’”, nel primo pomeriggio di venerdì, la visita p a s tor ale a Clar o, Gnos c a, Cresciano, Moleno e Prosito: ultime tappe che concluderanno in queste domeniche di aprile il pellegrinaggio di mons. Grampa nelle Valli ambrosiane. Un incontro sereno e spontaneo quello del vescovo con gli ospiti del Laboratorio di Claro: uno dei tre - gli altri sono a BellinzonaDaro e a Piot ta - aperti dal cuore e dall’intuizione di don Giovanni Maria Colombo, che all’inizio degli anni settanta fu un autentico e coraggioso pioniere in questo campo. Le cinque comunità, affidate a don Fabiano Guidicelli (Claro e Gnosca) e a don Aurelio Pianca (Cresciano, Moleno, Prosito), hanno risposto positivamente all’invito del vescovo, partecipando ai vari momenti previsti dall’intenso programma, dove si sono alternati incontri comunitari (con la popolazione, le autorità, le scuole, i ragazzi), visite a malati a domicilio e celebrazioni. Due soste hanno particolarmente connotato questa visita: l’in-
contro con gli anziani nella Casa consortile di Claro e la salita al monastero per l’inaugurazione della rinnovata foresteria. Rivolgendosi agli ospiti della Casa anziani mons. Grampa, con delicatezza e affetto, ha espresso gratitudine “per l’esempio cristiano e per l’impegno dedicato lungo gli anni e non senza sacrificio alla famiglia, al lavoro e alla comunità” e ha precisato che “le persone anziane costituiscono una preziosa lezione per noi tutti e soprattutto per le giovani generazioni: un esempio di dedizione, di sacrificio e di generosità”. Accompagnato dal cappellano, don Angelo Beretta, ha visitato alcuni ospiti nelle loro camere, intrattenendosi per un simpatico momento di scambio e dialogo. Inaugurando la foresteria del monastero, ha richiamato il significato dell’ospitalità e dell’accoglienza, risalendo fino al passaggio del Vangelo di Matteo, dove il giudizio finale conosce anche questo richiamo: “ero forestiero e mi avete accolto”. La rinnovata foresteria, studiata con attenzione e cura, si inserisce nel globale e sapiente restauro del monastero, giunto ormai
re, ricordo di un’attività agricola stratificata sulle diverse stagioni, ma anche di quando (e succedeva spesso) si doveva fuggire dal piano per le inondazioni del Ticino o il passaggio di eserciti. «Il nostro vero patrimonio è il nostro territorio» sostiene convinto Carmelo Mazza da Lodrino, riferendosi a Prosito e al Monte Paglio, ma trovando concordanze su tutto il territorio della Riviera. «Dobbiamo valorizzare di più il territorio, anche dal punto di vista storico. E nella nostra storia ci sono i monumenti, che sono soprattutto chiese con il loro pregio anche artistico, la loro antichità ma soprattutto il loro valore centrale nell’ambito delle diverse comunità».
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nella sua fase conclusiva. Il vescovo, rivolgendosi alle monache, ha espresso la speranza che l’ospitalità praticata “possa servire a far meglio comprendere a chi vive nel mondo il senso della vocazione monastica e della sua presenza nella Chiesa”. Infatti “non c’è come permettere di venire a vedere il valore del silenzio, l’importanza della preghiera, la pratica del lavoro, l’impegno alla condivisione, l’esperienza della vita comune, perché questa scelta di vita possa essere meglio compresa, aiutando gli ospiti a ritrovare se stessi, ad incontrare il Signore, ad ascoltarne la parola, a ridare la giusta priorità allo spirito”. Nell’incontro con la popolazione, svoltosi nella serata di sabato, mons. Grampa ha impostato la sua relazione sulla realtà dell’essere cristiani oggi, confrontati con un contesto culturale secolarizzato e sempre più indifferente. Ha ricollegato la sua risposta al Vangelo e in particolare all’invito ad essere sale, luce e lievito, richiamando così il valore della testimonianza, che significa tradurre la fede nelle opere.
2005 Le antiche tradizioni popolari in onore alla Vergine Maria
La ricchezza delle feste mariane
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on Fabiano Guidicelli è parroco di Claro e Gnosca, le due parrocchie che chiudono a sud questa regione di rito ambrosiano. Con la sua comunità sale ogni anno in processione al Monastero alla festa dell’Assunta, il 15 agosto. Sottolinea soddisfatto che «tutte le chiese sono restaurate e utilizzate» e tutte hanno una ricca storia, a cominciare da quella dei SS. Nazaro e Celso nella frazione di Scubiago, documentata già nel 1207, fino alla parrocchiale dedicata a San Rocco. Particolarmente sentita è la festa della Madonna del Rosario in ottobre. Claro accoglie anche una struttura importante, benemerita e molto vitale come il Laboratorio Protetto Madonna di Re, fondato e sviluppato da don Colombo. Significativo a Gnosca è il recupero delle rovine della chiesa di san Giovanni, avvenuto negli anni 92-93 su progetto degli arch. Tita Carloni e Angelo Martella. Documentata già dal 1202, venne distrutta nel 1783 per poi diventare una sorta di “cava di sassi” per dirla col Gilardoni. Oggi può essere letta in tutta la storia, come
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interessante esempio di chiesa romanica, e funge da sede espositiva e culturale. A Cresciano don Aurelio Pianca attende con fiducia la sua quarta visita pastorale «per ascoltare quanto il Vescovo vorrà dirci». Ricorda le precedenti dei Vescovi Jelmini, Martinoli e Togni, e le frequenti visite del Vescovo Giuseppe Torti, «mio compagno di Messa». Don Pianca ricorda con particolare affetto la festa della Madonna di Re, che nell’omonima chiesa si celebra la prima domenica di maggio e che ogni anno prevede un pellegrinaggio al santuario. In gennaio si celebra la festa di San Vincenzo, cui è dedicata la parrocchiale, in ottobre a Moleno la festa della Madonna del Rosario e a Prosito, l’ultima di aprile, la festa della Madonna del Buon Consiglio.
2005 RIVIERA IRAGNA - LODRINO - OSOGNA - PREONZO 22 - 23 - 24 APRILE La capacità di Lodrino, Iragna, Osogna e Preonzo di attrarre nuovi residenti
Nella gente più che nell’economia le risorse dei Comuni della Riviera Il rapido cambiamento dell’economia dal primario al secondario e ora al terziario trova sempre nuove risposte nello spirito di iniziativa e nel territorio. Oggi la Riviera si propone come una zona residenziale privilegiata che assicura una buona qualità di servizi.
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ella Riviera si riassume l’evoluzione in atto in Ticino, Il veloce passaggio da un’economia basata sull’agricoltura l’ha proiettata in una rapidissima dimensione imprenditoriale-industriale che ormai da anni è sfociata nel terziario. Oggi i poli d’attrazione sono Biasca e Bellinzona, più la seconda della prima, per una regione che si riconosce tuttora un’indentità di valle e che trova nel territorio i motivi per ripensarsi e progettare il futuro. Per chi transita distratto, la Riviera sembra più una piana di passaggio, un elemento di congiunzione tra poli diversi: la capitale a sud, Biasca e le valli a nord. Invece la gente di qui tiene molto alla propria “valle”, che infatti si raccoglie nel piano, tagliato dall’autostrada e dal fiume Ticino, per allungarsi fin dalle creste di montagne che cadono a perpendicolo, sull’una e l’altra sponda del Ticino, comprendono anche la realtà e la storia delle zone alte, dei “monti”. Poi c’è chi guarda più a nord e chi a sud, sull’onda delle abitudini e della storia. Tanto che, confrontati con la possibilità di una fusione, ci si divide tra i due poli. Ma senza accanirsi troppo. perché di fusione s’è solo cominciato a parlare, si è formato un gruppo di lavoro e poco più. «La spinta dovrebbe venire da Biasca o da Bellinzona, ma il discorso tarda a decollare e a noi, in fondo sta bene così». sostiene Igor Cima, sindaco di Iragna. Questo avvicinare in modo morbido un tema che altrove appassiona e talvolta divide, nasce dalla consapevolezza di saper badare a se stessi e di un’alta qualità della vita. Tanto che la Riviera sta diventando essa stessa un polo d’attrazione sul piano residenziale. Aumentano i residenti un po’
ovunque, grazie soprattutto ai nuovi arrivi, e lo sviluppo di nuove zone residenziali è la garanzia del mantenimento dell’attuale livello dei servizi alla popolazione. Iragna sta sviluppando la zona residenziale “Zeic” a prezzi accessibili «per portare nuove famiglie»; lo stesso fanno Lodrino, Osogna e Preonzo, consapevoli – anche Preonzo, che pure può contare su industrie come la Ecotechnology, Genazzi & Artioli, Premel SA, che gli permettono un moltiplicatore al 75% – che asili, scuole e altri servizi potranno continuare a funzionare e a migliorare a patto di essere sostenuti da nuovi arrivi e quindi da nuovi contribuenti. Infatti si progetta, si realizza e un po’ anche si sogna. Preonzo sta costruendo la
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nuova scuola dl’infanzia e ampliando la scuola elementare, e pensa di ristrutturare “Pasquei”, ossia la piazza nel centro del paese; ad Osogna cresce la nuova sede delle elementari, sarà pronta l’anno prossimo, investimento di 4 milioni, mentre il sindaco Raffaele Gelpi ribadisce l’opportunità di una «nuova uscita autostradale tra Osogna e Lodrino, più o meno e metà strada tra Biasca e Bellinzona; ci aiuterebbe a valorizzare questa zona», Iragna ha sistemato Municipio e piazze, naturalmente con il granito locale; Lodrino è a buon punto con le canalizzazioni e, col procedere dei lavori, si sta rifacendo il nucleo, piazze e strade, «ridando un senso di vivibilità con la pietra, il granito, il bel granito di Lodrino» come dice il sindaco Carmelo Mazza, che però si guarda bene dal mettere cava contro cava: «il granito è un patrimonio per tutta la Riviera, e dobbiamo fare il possibile per aiutare i privati a promuoverlo». Carmelo Mazza, come i colleghi, non si nasconde le difficoltà. «Dal profilo economico siamo una zona tra le più povere del Cantone», anche perché l’estrazione e lavorazione del granito è in difficoltà sulla direttrice Cresciano, Lodrino, Iragna, l’industria è ridotta ai minimi termini, con l’eccezione di Preonzo, rimangono alcune imprese e un artigianato abbastanza diffuso ma per lo più di dimensione familiare. «Però – aggiunge – non ci manca nulla, riusciamo a far fronte ai bisogni, a garantire i servizi alla popolazione in condizioni territorialmente favorevoli: qui si sta bene», insiste citando
2005 le qualità del territorio, la posizione geografica, i boschi e la montagna, la tranquillità, lo spirito ancora di paese, le strutture per lo sport e il tempo libero, i grotti naturali scavati nella roccia (che in passato, d’estate, mantenevano freschi i prodotti e d’inverno li facevano maturare), l’acqua buona, fiumi e riali (Osogna è conosciuta a livello europeo per il Canyoning), i collegamenti rapidi a nord e sud.
Quattro Comuni estesi sino alla cresta delle montagne
La ricchezza dell’entroterra viene sempre più valorizzata i guarda avanti, nonostante la crisi del granito, che vede comunque tutti i Comuni solidali nel sostenere questa industria, con la Riviera che in effetti sta diventando una sorta di museo del granito all’aperto. Intanto i villaggi si espandono. Don Giancarlo Riva, parroco di Preonzo e Osogna, sottolinea lo sviluppo e la vitalità di questi paesi: «qui la popolazione è piuttosto giovane, ci sono bambini e i bambini sono simbolo di vita oltre che una reltà su cui costruire il futuro». In effetti tutti i Comuni sono impegnati nel progettare il loro futuro. Si guarda ai ripari fonici sulla ferrovia in territorio di Osogna, Cresciano e Claro. Preonzo pensa a una piccola centrale idroelettrica sul riale che condivide con Moleno «per puntare all’autosufficienza» come precisa il sindaco Fabio Pasinetti; intanto investe nelle scuole e tiene monitorata la frana dell’alpe Roscero, per la quale è stato costruito un bacino di contenimento: «potrebbe servire domani o tra cent’anni, chissà, l’importante è essere pronti». Lodrino, con un occhio alla storia e uno al turismo, pensa alla linea Lona, Lodrino e Osogna, per valorizzare lo sbarramento anticarro che chiudeva la valle verso sud per bloccare l’avanzata di eventuali invasori. «Sono strutture militari e fortificazioni che stiamo recuperando con un progetto soste-
nuto anche dall’Europa con Interreg, per inserirli nella proposta turistica creando un collegamento anche con l’analoga linea Cadorna». In questa prospettiva il sindaco di Lodrino pensa ad un pacchetto di opere per un discorso e una proposta anche turistica «tale da puntare ad un progetto di ampio raggio che prevede un’integrazione turistica con i castelli di Bellinzona, con il granito della nostra valle e la sua storia, con i monumenti e le chiese della zona; si pensi soltanto a San Martino sul monte Paglio, luogo di residenza della comunità lodrinese fin verso il 1400 e quindi con un passato molto importante». Il turismo tra territorio e storia, e nella storia rientrano anche il Sacramentario e il Manuale di Lodrino, due codici del X e XI secolo che il Gilardoni considerava «tra i maggiori monumenti per la storia della liturgia ambrosiana»; recuperati, sono stati collocati alla Biblioteca Ambrosiana, ma che originariamente sembra fossero collegati proprio alla chiesa di S. Martino sul monte Paglio. La valorizzazione del territorio chiama in causa i Patriziati, ogni Comune ha il suo, che si occupa prevalentemente di boschi e monti. Iragna ha completato il censimento dei rustici, altri Comuni stanno provvedendo. Per tutti la montagna è un’importante valvola di sfogo e un patrimonio
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IL PROGRAMMA Venerdì 22 aprile Lodrino 14.00 Visita all’impresa costruzioni Ennio Ferrari. 14.30 Visita alle scuole dell’infanzia ed elementari. 15.15 Scuola media: incontro con i ragazzi. 16.30 Visita alle cave. 18.00 Incontro con i Consigli parrocchiali di Lodrino e Iragna. 19.00 Cena in casa parrocchiale. Osogna 20.00 Incontro con i Consigli parrocchiali di Osogna e Preonzo. Sabato 23 aprile Preonzo 10.00 Visita al cimitero. 10.45 Incontro con le Autorità. Osogna 11.30 Incontro con le Autorità. 12.00 Pranzo in un ristorante del paese. Preonzo 14.00 Visita anziani e malati. 16.00 Santa Messa con la Cresima. Osogna 18.00 Visita al cimitero e Santa Messa. 19.00 Cena in un ristorante del paese. Lodrino 20.30 Oratorio: incontro con la popolazione delle quattro parrocchie. Domenica 24 aprile Iragna 09.00 Visita al cimitero e Santa Messa. Lodrino 10.30 Visita al cimitero e Santa Messa. 11.30 Incontro con le Autorità di Lodrino e Iragna. 12.00 Pranzo in un ristorante del paese. 14.30 Visita anziani e malati. Osogna 15.00 Visita anziani e malati. 15.30 Chiesa parrocchiale: concerto d’organo e tromba.
IL PROGRAMMA
da proteggere. «I boschi oggi non sono più una fonte di reddito – chiarisce Elvio Bernardi, presidente del Patriziato di Lodrino – ma rimangono importanti per il territorio e la qualità della vita. Nei boschi sui versanti delle montagne abbiamo insediamenti importanti, monti con le cascine che diventano sovente residenze secondarie, alpi non più caricati che diventano capanne». Il Patriziato ha investito 400’000 franchi nella ristrutturazione della capanna Alpe Alva; Preonzo ha le capanne Gariss e Leis, ben frequentate anche da escursionisti; Osogna risale con monti e cascinali l’omonima, stupenda e salvaggia valle
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Esempi e testimoni per le nuove generazioni Scuole e mondo del lavoro: su queste due coordinate si è sviluppato il variegato pomeriggio di venerdì scorso, prima parte della visita del vescovo nelle parrocchie di Lodrino e Iragna (affidate a don Claudio Filanti); di Osogna e Preonzo (dove è parroco don Giancarlo Riva). Seconda tappa nella Riviera. Scuola dell’infanzia, scuole elementari, scuole medie. Un susseguirsi di volti sorridenti e curiosi, capaci di rivelare le tappe diverse del crescere: attese e interrogativi. Soste brevi ma intense, per lasciare un messaggio essenziale: seguire Gesù, che ha indicato nei “piccoli” il modello del Regno. Invito ripreso nel pomeriggio di sabato a Preonzo durante la celebrazione della Cresima, invocando lo Spirito Santo, di cui “avete bisogno per la vostra vita, se volete trovare la via che è Gesù”, ha sottolineato il vescovo rivolgendosi alle ragazze e ai ragazzi presenti. Aggiungendo con franchezza: “se vi allontanate da lui, vi perdete nel buio, nella confusione di scambiare il male col bene, diventate egoisti, orgogliosi,
violenti, correte il rischio di sciupare gli anni più belli”. Sempre nel pomeriggio di venerdì mons. Gampa è entrato a diretto contatto con il mondo del lavoro, visitando a Lodrino, dapprima l’Impresa Costruzioni Ennio Ferrari e poi la cava Giannini. Ha rivolto messaggi di apprezzamento e stima ai titolari e alle maestranze, unitamente all’augurio per la strada che si apre davanti. Parlando familiarmente con gli operai delle cave, ha ricordato la durezza di un lavoro a diretto contatto con la roccia: forza, vigore, solidità. Salutando persone di differenti nazionalità, ha espresso solidarietà e amicizia, e richiamato il sacrificio della nostalgia nel dover cercare altrove il lavoro. Sabato e domenica, in un alternarsi di soste nelle varie parrocchie, il vescovo ha rinnovato gesti e incontri, che segnano il dipanarsi di queste visite, semplici e intense. La celebrazione dell’Eucaristia: “momento centrale della visita pastorale, nella gioia di sentirci fratelli lungo la strada della nostra vita, che è cammino verso l’eternità”; la sosta nel campo-
che parte dai pozzoni naturali del torrente Nala e sale fino al Torrone o Torent Alto, che sfiora i 3000, «poderoso baludardo di roccia che entusiasma sempre ogni alpinista che lo osserva e lo risale», come annota Giuseppe Brenna, uno che se ne intende, nella sua Guida delle Alpi ticinesi, i dislivelli sono himalayani sui due versanti, 2000 e più metri dal piano alla vetta, mentre ci si addentra in valli laterali insospettabili a chi guarda dal basso. Per dire che la Riviera ha importanti retroterra che sono parte a pieno titolo del territorio.
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santo: “non per compiere un gesto dovuto, un ricordo rituale scontato, ma un atto di giustizia e insieme di carità; per rivivere il bene che i nostri morti ci hanno voluto e per sentire sempre attuale e presente il nostro affetto per loro”. I diversi incontri: con le autorità civili e parrocchiali; con la popolazione delle quattro comunità (mons. Grampa ha sviluppato l’ardua e attuale problematica della trasmissione della fede e della vita cristiana alle nuove generazioni); con i malati e gli anziani impossibilitati a raggiungere la chiesa, ma ben contenti di accogliere nelle loro case il vescovo: stringergli la mano, ascoltare la sua parola, ricevere la sua benedizione. La visita è terminata nel tardo pomeriggio di ieri con il concerto di organo (maestro Graziano Mandozzi) e tromba (Claudio Mossi) nella chiesa parrocchiale di Osogna. La visita nella Riviera si concluderà il prossimo fine settimana a Biasca. Nel frattempo, la sera di giovedì 28 aprile, è in calendario, sempre nell’ambito del programma generale della visita, l’incontro zonale con i giovani a Biasca.
2005 Parrocchie nel cuore di una ricca storia e di un’intensa vita religiosa
Sulle orme delle vestigia romaniche n queste terre rimane abbondante traccia del passaggio di San Carlo Borromeo. A Lodrino esiste ancora la casa in cui si dice abbia dormito, mentre è documentata la sua visita alle chiese, in particolare a S. Martino sul
monte Paglio, l’antica parrocchiale del paese. Le vestigia romaniche sono all’origine anche dell’attuale parrocchiale dedicata a S. Ambrogio, un santo che si ritrova di frequente in queste terre ambrosiane. Don Claudio Filanti regge le par-
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rocchie di Lodrino e Iragna e con soddisfazione rileva come «proprio ieri in Consiglio parrocchiale sia stato eletto un giovane di 18 anni», sicuramente un altro segno di vitalità. Lodrino celebra il 16 luglio la festa della Madonna del Carmelo, che ogni cinque anni, e questo è uno di quelli, prevede il trasporto in processione della statua della Madonna attraverso il paese, con sosta nelle due cappellette, e con la partecipazione della Confraternita della Madonna del Carmelo e SS. Sacramento, attiva anche nella festa del Corpus Domini. Anche Iragna ha la Confraternita del SS. Sacramento, sempre presente alla processione del Corpus Domini; la parrocchiale è dedicata ai Santi Maccabei, alla cappella Ai Monti si celebra la Messa per l’Assunta. Don Giancarlo Riva è tornato tre anni fa ad Osogna e Preonzo dopo esservi stato già alla fine degli anni ‘80. «Perché con questa gente mi trovo bene. Per la Visita pastorale vorrei che il Vescovo rivolgesse in particolare la sua parola ai ragazzi, che sono una realtà viva di queste parrocchie e che saranno in prima fila domenica alla Messa». Forze nuove, quindi, anche se Osogna, che il sindaco Gelpi ricorda essere capoluogo della Riviera, giustamente vanta le sue antiche origini lungo la strada romana. La parrocchiale dedicata ai SS. Felino e Gratiniano (martiri, soldati romani di Arona, terra di S. Carlo) è una costruzione di origine medioevale rimaneggiata in epoca barocca. Sulla collina sopra il villaggio sorge la cappella di S. Maria del Castello, della fine del Medioevo e preceduta da 4 cappelle mariane. Nella chiesa della Pietà, edificio cinquecentesco con un pregevole altare ligneo, è conservata la reliquia del miracolo di Cannobio, la festa con sagra si tiene in settembre, in concomitanza con la festa federale del ringraziamento, ed è introdotta da dieci cappelle «che andrebbero restaurate perché stanno rischiando di andare in rovina». La parrocchiale di Preonzo, di origine medioevale con un campanile in parte romanico, è dedicata ai SS. Simone e Giuda; ha un pregevole altare ligneo, affreschi e stucchi barocchi. La 1. domenica di settembre si celebra la festa dell’oratorio della Madonna della Cintura.
2005 RIVIERA BIASCA 29 - 30 - 1. MAGGIO Dalla storia e dal territorio spunti per nuovi posti di lavoro e buona qualità di vita
Biasca, la capacità di creare risorse per un rilancio duraturo Con la zona industriale ha saputo reagire al declino e alla chiusura di aziende fondamentali per la regione quali la Cima Norma e la Monteforno. “Investimenti mirati puntando, in tempi pionieristici, su sgravi fiscali e su aziende ad alto contenuto teconologico” indica il sindaco Jean-François Dominé. “
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a vocazione di Biasca – sostiene il sindaco e granconsigliere Jean-François Dominé – è quella di centro dei servizi e del commercio per l’intera regione”, la bassa Blenio e Leventina e la Riviera, per le quali costituisce un indispensabile punto di riferimento. Infatti dispone praticamente di tutto, realità amministrative, commerciali e, appunto, di servizi. Lungo l’asse del San Gottardo e del Lucomagno, Biasca con i suoi attuali 6023 abitanti tendenzialmente in leggera crescita, è da sempre terra di comunicazione; proprio l’apertura della Gotthardbahn nel 1882 segnò il passaggio ad un’economia industrializzata. E la storia continua, dal granito, la prima grande industria ticinese, all’attuale zona industriale con la quale Biasca tenta, e in parte riesce, a parare il colpo della chiusura di realtà economiche importanti come la Cima Norma in Val di Blenio e, soprattutto, la Monteforno nella bassa Leventina. Il segreto sta nell’aver puntato, in tempi pionieristici, sul promovimento economico e industriale con un importante contenuto tecnologico. L’Ente pubblico, Comune e Cantone, ha fatto grossi investimenti, sulla base dei quali è stata costruita una realtà industriale ben profilata, anche sul piano occupazionale. La cosiddetta “Zona industriale di interesse cantonale” dà lavoro a 250 persone, cifra in crescita visto che erano il 20% in meno all’inizio degli anni Novanta, il che è in netta controtendenza rispetto all’evoluzione dei posti di lavoro nell’industria manifatturiera a livello regionale e cantonale. Industrie come Termogamma, Helsinn, Intervalves, Nickelmesh, APC e Sitesa occupano mercati di nicchia ma con un importante apporto
di innovazione e dinamismo. Inoltre accanto a questa zona si sono sviluppate altre realtà artigianali-industriali che danno lavoro anch’esse a circa 300 persone. Il che, tenendo conto di un indotto sicuramente importante, depone a favore del riuscito radicamento dell’industria in questa zona, con benefici per l’intera regione. “Siamo stati i primi a prevedere sgravi fiscali per le aziende che si insediavano e non mancarono le critiche; oggi questa strategia è invalsa un po’ ovunque in Europa e nessuno la contesta più. Anzi, chi criticava oggi difende questa scelta”: Oggi, dice ancora il sindaco Dominé,
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porta il 10% del gettito fiscale, crea indotto e attira investimenti privati. “È un polo industriale ben inserito nell’economia cantonale e integrato anche con la realtà dei servizi; se un migliaio di persone lavorano fuori Comune, altrettante e anzi qualcuna in più vengono per lavorare. Sappiamo che dobbiamo creare risorse e prospettive nuove, con misure azzeccate per un rilancio duraturo e di qualità”. Preveggenza insomma, o capacità di saper reagire che Biasca ha nei propri cromosomi. Così è stato con lo scoscendimento del monte Crenone (1512) e con la “buzza” (1515) che sconvolsero il suo territorio, con le epidemie del 1584 e del 1629-30. Il principio delle ripartenze si ripropone adesso con la chiusura dell’Officina delle FFS e dell’Arsenale, due colpi terribili, Ma sull’area delle Officine sorgerà il Centro di manutenzione della galleria di base di AlpTransit, un cantiere per costruire, assemblare e mantenere le opere da porre in galleria, che porterà almeno altrettanti posti di lavoro rispetto alle FFS; per l’Arsenale il Comune sta trattando con Berna la cessione degli stabili. “Poi decideremo cosa fare di una struttura e un’area importanti, non solo sul piano storico”. Nell’attesa, Biasca ha progettato il nuovo Centro Servizi là dove l’uscita nord di Biasca incontra la cantonale verso la Valle di Blenio. Riunirà pompieri, protezione civile, servizio ambulanza delle
2005 Guardare al futuro conservando un “sano spirito rurale”
IL PROGRAMMA Venerdì 29 aprile Biasca 16.30 San Pietro: incontro con ragazzi e preadolescenti. 17.30 Incontro e cena con il Consiglio parrocchiale. 20.30 Incontro con la popolazione. 09.00 09.30 11.00 15.30 18.30
Sabato 30 aprile Biasca Incontro con gli scout. Visita malati a domicilio. Incontro e pranzo con le Autorità civili e patriziali. Santa Messa con la dedicazione del nuovo altare. Aperitivo. Cena con gli animatori della parrocchia.
09.30 11.00 14.30 15.30
Domenica 1° maggio Biasca Santa Messa con il sacramento della Cresima. Visita e pranzo alla comunità delle suore. Visita al cimitero. Casa anziani: visita e Santa Messa per gli ospiti, con gli anziani e le persone malate della parrocchia che possono uscire di casa.
IL PROGRAMMA Tre Valli e altro ancora. “Uno sforzo importante – precisa ancora il sindaco avv. Dominé – è stato fatto per il risanamento finanziario ultimato nel 2001; da allora le finanze sono in pareggio e nel frattempo il Comune ha ripreso la pista di ghiaccio, ha investito nelle canalizzazioni e in opere di premunizione di fiumi e torrenti (Brenno, Froda, Vallone), ha ristrutturato via Iragna, sta realizzando la strada che porterà a sud del paese senza attraversarlo. Altro che tirare i remi in barca”. Siamo determinati a fare la nostra parte per lo sviluppo della zona. Meglio se la regione è pronta a riconoscere e sostenere questo ruolo e se il Cantone si convince che siamo non solo un grosso borgo ma il centro di una regione che, come tale, deve essere riconosciuto e valorizzato”.
Industria e terziario innestati sulla cultura del territorio
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roprio questa concezione non localistica vede in Biasca e Riviera Turismo un propulsore importante nella valorizzazione dell’intero territorio. Il direttore Giorgio Campiche sottolinea la realtà, le potenzialità e le conflittualità del turismo “in un canale di transito” che però propone realtà territoriali ampie e interessanti, come le Valli laterali, a cominciare dalla Val Pontirone, “bella, preservata, salvaggia, con una sua identità storica”. Allora si punta sul territorio, su monumenti, chiese e strutture culturali come Casa Pellanda, sulle escursioni, su su fino ai quasi 3.000 del Torrente d’Orz, su una serie impressionante di manifestazioni: in arrivo Biasca Live, concerti in tutto il paese, il Maggio gastronomico, i Campionati svizzeri di pattinaggio artistico, mostre, concerti... Territorio significa attualità e storia. Dall’una e dall’altra emerge quello che il sindaco definisce “l’alto livello di qualità della vita”, quello che il direttore dell’Ente turistico individua nella valorizzazione di un territorio “molto variato, dal piano all’alta montagna, dove si trova non di tutto ma alcune particolarità molto interessanti”, e che Mario Tatti, presidente del Patriziato definisce un luogo di incontri e di scambi. “Ancora ai primi del ‘900 si portava a Milano il ghiaccio estratto dal ghiacciaio del Torrente e ancora oggi in Calanca, con la quale Biasca confina, si incontrano le famiglie della diaspora biaschese che hanno varcato il passo Giumella, dai Papa ai Capriroli ai Motalla”. Il Patriziato a Biasca è una realtà importante. Dispone di una squadra
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di operai, una segreteria, molte proprietà, un’attività continua. Il terreno della zona industriale è suo, così come quello del deposito di inerti dell’AlpTransit alla Buzza, alcune proprietà in paese tra cui il palazzo nella piazza Centrale, di prossima ricostruzione. La squadra patriziale lavora sui sentieri, nelle selve castanili, nei boschi, soprattutto in Val Pontirone sulle orme dei “borradori” di un tempo, specialisti nel far funzionare le “sovende”, piste fatte con tronchi lungo le quali veniva inviato il legname. In questa stagione è impegnata nel ripristino di opere come il vecchio acquedotto che da S. Petronilla arrivava fino alla Riva, dietro la chiesa di San Pietro con pregevoli opere ad incastro, canalette in pietra e, nell’ultimo tratto, scavate nel legno “che i biaschesi avevano l’obbligo di posare e mantenere”. Siamo proprio lungo la sequenza della storica Via Crucis del 1779, le cui 14 cappelle sono state restaurate sette anni fa con i mosaici realizzati da Giuseppe Bolzani, Max Läubli, Giancarlo Tamagni e Mauro Valsangiacomo, in collaborazoine tra Patriziato, Comune e Parrocchia. Da pochi mesi è sorto il Consiglio Patriziale, “una novità combattuta ma opportuna per un Patriziato che ha molto da fare” dice il presidente Tatti. Il Patriziato ha avuto per un certo tempo anche l’Oratorio della Natività di Loderio, sepolto da una frana nel 1868, era rimasta emersa solo la punta del campanile, e recuperato nel 1990. Gestisce due rifugi, l’Alpe di Biasagno in Val Pontirone e l’Alpe di Lago, sui duemila salendo verso la cima di Biasca, dove nasce il torrente
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Messaggero di speranza e di gioia Si è conclusa la visita di mons. Grampa alla comunità del nostro borgo. Le tre giornate che il vescovo ha vissuto tra noi, da venerdì 29 aprile a domenica 1. maggio, sono state all’insegna di un forte impegno per i significativi momenti liturgici, per l’incontro e l’ascolto della gente e per l’approfondimento della conoscenza delle varie realtà che costituiscono la vita del comune. Il vescovo Pier Giacomo ha infatti profuso in ogni momento, senza mai risparmiarsi, energie, intelligenza e cuore. Ma qual è l’obiettivo di fondo della sua visita pastorale e, più ampiamente, del suo periplo iniziato da parecchio tempo in tutto il Ticino? Egli ha ricevuto da Cristo, come gli apostoli duemila anni fa, l’incarico di venirci ad incontrare per continuare a diffondere la Sua parola e per ricordarci l’urgenza quotidiana della domanda fondamentale, oltremodo seria, sullo scopo della nostra esistenza: “Chi o che cosa metto al centro della mia vita?”. Siamo tutti in cammino. La vita non è fine a se stessa. Sta a noi comunque fissarci la meta e manovrare il timone della nostra imbarcazione per raggiungerla. Facciamo questa scelta di vita, liberamente, ma ad ogni modo consapevolmente.
Il pastore della diocesi si è assunto il gravoso impegno di affiancarsi a noi per aiutarci in questa impresa e di ribadire a tutti che non siamo soli se accogliamo a bordo della nostra barca Gesù. La fiducia in Gesù Buon Pastore, nella Sua grande promessa di salvezza e l’accoglienza del Suo infinito Amore ci consentono di vivere pienamente e con dignità la vita che Lui ci ha donato. Con la presenza di Cristo nella nostra vita, anche le nostre croci quotidiane sono poste in un’altra luce ed acquistano il loro autentico valore. Vivremo così con l’alto obiettivo di non sprecarla la vita, di seguire, invece che i falsi idoli del “progresso” che ci martellano, l’unica certezza che ci dona la vera pace del cuore, capaci allora di amare davvero il prossimo, noi stessi e le meraviglie del creato: tutti doni di Dio. E’ dunque stata questa una preziosa opportunità per capire ed apprezzare la visita del nostro pastore che ha incontrato i giovani della Riviera per dar risposta alle loro molte pressanti domande, i preadolescenti, gli esploratori, la popolazione tutta nella bellissima chiesa romanica di S. Pietro, la comunità delle Suore, il consiglio parrocchiale e le autorità civili e patriziali, ha visitato i malati a domicilio e gli ospiti della Casa per anziani, celebrando per loro una S. Messa. Anche la commemorazione
di S. Petronilla. Ha l’Alpe di Scengio e Cava, rinnovato di recente, tuttora caricato con una settantina di mucche, che produce l’ottimo formaggio di Cava; l’Alpe di Leggiuno, solo capre; l’Alpe di Compiet con le sue cascine. Soprattutto mantiene quella che Mario Tatti identifica in una “cultura del territorio alla quale i biaschesi tengono molto”, conservando quello che il sindaco definisce “un sano spirito rurale” che si mantiene ancora oggi, tra industria e terziario.
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dei defunti al cimitero ha permesso un momento di riflessione spirituale e di preghiera. Nel pomeriggio di sabato poi, abbiamo vissuto il rito della dedicazione del nuovo altare della chiesa patronale di San Carlo, recentemente restaurata all’interno, realizzato in marmo di Peccia. E’ stato questo il momento più carico di significato spirituale per la comunità cristiana: l’altare è la mensa del Signore, il luogo di incontro privilegiato con Lui che ci invita in comunione con Lui nell’Eucaristia. E’ da considerare questo anche un momento di valore storico. Infatti, la dedicazione del primo altare di questa chiesa era avvenuta nel giugno del 1905, esattamente 100 anni fa dunque, presieduta dal vescovo d’allora Alfredo Peri-Morosini, in occasione di una sua visita pastorale. La domenica, a conclusione di questa significativa esperienza, in un clima di autentica comunione e gioia, il vescovo Pier Giacomo ha amministrato il sacramento della cresima a 40 ragazzi e 3 adulti. Gli rivolgiamo il nostro grazie sentito e riconoscente per il messaggio di speranza e di gioia per il quale è venuto ed opera nella diocesi che gli è stata assegnata e per il suo generoso e prezioso apporto alla crescita spirituale della nostra comunità.
2005 Dall’antica Pieve di S. Pietro e Paolo alla “Carta di Biasca” si intrecciano la storia civile e religiosa
Grande passato, fervente attualità
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on Giancarlo Gianola è parroco di Biasca da 42 anni. La conosce come pochi, anche perché la vive da un’angolazione particolare. Perché se è vero che “è una comunità molto accogliente e disponibile anche verso le realtà religiose”, è altrettanto vero che Biasca ha una lunga e radicata storia di anticlericalismo e ateismo di cui, ad un certo punto, deteneva una sorta di primato cantonale. Eppure è la terra della pieve dedicata ai SS. Pietro e Paolo, costruita agli inizi del Mille, edificio importantissimo sul piano religioso, storico e artistico per l’alto Ticino, a tre navate con abside semicircolare di stile romanico e campanile di quattro piani. La scalinata e il portico sulla facciata datano rispettivamente 1685 e 1732, la cappella poligonale risale al 1600, l’interno sobriamente restaurato, ha importanti affreschi dal ‘200 al ‘600, alcuni con la vita di San Carlo, che a Biasca è venuto per 5 visite pastorali. Infatti parecchi sono i documenti autografi conservati nell’Archvio parrocchiale: in questi giorni ne è stato rinvenuto un altro con firma autografa. L’Oratorio di S. Petronilla è situato in un pianoro di grande valore
paesaggistico, è raggiungibile a piedi lungo la Via Crucis, la prima chiesetta è del ‘200, l’attuale edificio è una costruzione del 1632. Questo scenario fece da sfondo, il 1. gennaio 1292, alla firma della Carta di Biasca, che sanciva i diritti della comunità, come ancora ricorda la stele vicino allo storico ponte. Il documento è tuttora conservato nell’archivio, accanto ad altri reperti importanti come l’Antifonario estivo del ‘400, i documenti sulle visite di San Carlo e dei vescovi di Milano, sul “prevosto Basso”, Giovanni Basso, airolese di origine, studi a Milano, morto nella peste del 1629 e sepolto in SS. Pietro e Paolo, “grande figura biaschese, uomo di religione, cultura e diritto” come ricorda Silvano Calanca. Biasca già anticlericale è quindi il crogiolo di importantissime tradizioni, di insigni monumenti e di una viva attualità: un’associazione scoutistica molto dinamica, una fervida realtà come il Rinnovamento dello spirito, l’attività nascosta ma significativa delle Volontarie Vincenziane, le Messe estive sui monti, nella chiesa di San Giovanni Battista in Val Pontirone (anch’essa
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a suo tempo distrutta da una frana e prontamente ricostruita), nei numerosi oratori e nella chiesa della Natività di Loderio, Biasca cosiddetta anticlericale è il paese delle processioni: al Corpus Domini nelle vie del centro, alla festa di San Pietro e Paolo dalla “chiesa vecchia”, il 31 maggio verso Santa Petronilla per la Visitazione della Madonna, “una sorta di rogazione in cui il parroco benedice la campagna e il borgo”, la via Crucis all’aperto lungo il tragitto delle Cappelle per la quinta domenica di Quaresima. Domenica il vescovo inaugura il restauro, la ripulitura interna e la sistemazione complessiva, anche del tetto, della parrocchiale di San Carlo, esattamente cent’anni dopo la visita di mons. Peri-Morosini che aveva dedicato l’altare nel 1905, Il restauro è stato diretto dall’arch. Gendotti, il nuovo altare e ambone in marmo di Peccia sono opera di Kurt Schwenger di Minusio. Anche questa una conferma della vitalità di una comunità che riesce ad interpretare la sua grande storia in modo adatto ai tempi, sul piano civile e religioso.
2005 BELLINZONESE CASTIONE - LUMINO 7 - 8 - 9 OTTOBRE Ai confini della Mesolcina, con un rapporto stretto con Bellinzona
Una Regione-ponte che cresce fra i fiumi Moesa e Ticino “Abbiamo il verde, la tranquillità, una buona socialità, i servizi e i collegamenti: insomma qui si sta bene” dicono all’unanimità i sindaci di Arbedo-Castione e Lumino. La singolare evoluzione storica di Castione, passato nel 1820 da Lumino ad Arbedo. Si guarda alla fusione con Bellinzona dei Comuni della corona nord.
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a Bellinzona si allunga verso nord un leggero declivio che si fa più marcato da un lato verso Arbedo e dall’altro verso Lumino. Castione sta in mezzo, bagnandosi sia nel Ticino che nella Moesa. Lungo il leggero declivio della bella campagna, i vigneti ricordano passate attività agricole e pastorizie, adesso riassunte in piccole occupazioni familiari, che contribuiscono a punteggiare di verde tutta la zona, residenziale per eccellenza. A ben guardare, questa zona è un crocevia di comunicazioni, con le autostrade che si collegano come i fiumi, ma la zona, dalle falde del Gesero a quelle del pizzo di Claro (o, meglio dell’ex alpe e adesso capanna Brogoldone) è intessuta più di casette che di palazzi: tra le due località si è insediata una zona industriale, per la verità più di magazzini e depositi, che corre appunto tra Castione e Lumino. «Siamo fortunati con la geografia e con il clima» afferma Gildo Scolari, docente in pensione di Lumino. «La posizione ci ripara dai venti del nord, ha sempre favorito le coltivazioni e adesso i vigneti, ed è una parte importante del nostro rapporto molto stretto con il territorio». Gli fa eco più in basso Romeo Pellandini, per decenni macchinista delle FFS e appassionato cultore di memorie storiche, una tradizione di famiglia: «Zona di collegamenti, questa, ma anche di attività legate al territorio. A parte l’agricoltura, si sfruttava l’abbondanza d’acqua per muovere mulini e segherie. L’acqua fino all’epoca moderna è stata l’unica fonte di energia, qui era abbondante e il suo utilizzo era scandito da un regolamento con diritti e doveri,
che prevedeva anche la chiusura delle roggie per permettere i necessari lavori di pulizia e di manutenzione». Tra storia e attualità, Scolari e Pellandini pongono l’accento sulla qualità di vita e sui buoni rapporti tra vicini. È una zona tutto sommato tranquilla, ancora con tanto verde al quale gli abitanti non intendono rinunciare nemmeno in futuro. Una zona residenziale per eccellenza. «Arrivano famiglie giovani con bambini, che si integrano bene in questo tessuto socialmente ricco di proposte», conferma Gildo Scolari. Il quale sottolinea pure il forte rapporto esistente tra Lumino e Castione: «Siamo due Comuni diversi ma con un legame molto solido di conoscenze e frequentazioni. Con Arbedo c’è già di mezzo la Moesa...». Sottolineando l’appartenenza a due Comuni diversi si richiama il fatto che Lumino e Castione erano insieme fino al 1820, quando Castione ha guardato a sud e ha scelto Arbedo con una fusione ante litteram. Probabilmente ha giocato il fattore economico, visto che i proprietari dei terreni di Castione erano per lo più di Arbedo e Gorduno. La storia racconta che la separazione non è stata così indolore, ma l’ha vinta l’attrazione a sud, verso Bellinzona. Da allora è Arbedo-Castione in perfetta armonia, ma chi ci abita dice che, sotto sotto, le differenze rimangono, tra qualche campanilismo e una sana rivalità». «Ci ricordiamo molto bene gli infuocati derby calcistici di non molti anni fa» sottolinea Renzo Bollini, docente e sindaco di Arbedo Castione, 4031 abitanti di cui 1600 a Castione, che sottolinea subito come
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il clima sia comunque di perfetta collaborazione e unione. «Nessun problema, anzi il bello di essere complementari. Sul nostro Comune non ci sono grandi industrie, solo aziende mediopiccole e artigianali, una zona industriale che fa fatica a decollare. Però non ci manca nulla, abbiamo tutti i servizi, il moltiplicatore al 90% e a Castione si sta sviluppando velocemente una zona commerciale: Coop, Migros, presto anche la Lidl, a mesi cominceranno i lavori e l’anno prossimo sarà operativa. Avremo finalmente con la Carburoil anche il primo distributore di benzina del Comune». È la stessa posizione strategica di Castione ad aver attirato questi centri di distribuzione. Situato proprio alla confluenza tra il terminare della Mesolcina e l’asse del Gottardo, riassume in questo nuovo modo collegamenti antichi. Ancora Gildo Scolari ricorda come i luminesi, che sono proprio sul confine, avessero forti contatti con la Mesolcina ma ancor più con la Calanca. «Con la Calanca interna, soprattutto Rossa e Augio per l’alpeggio. I luminesi portavano il bestiame sull’alpe Revio, all’altezza del Pass Pasitt, che porta al San Bernardino».
2005 Prima della fine di ottobre si discuterà in concreto con i Comuni della corona nord
Si parla di fusione, attratti dalla capitale Bellinzona
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’è aria di cambiamenti nella politica di Lumino. Il sindaco Paolo Pronzini è dimissionario, lascia a metà ottobre. «Martedì prossimo sarà la mia ultima riunione di Municipio» e sottolinea come gli rimanga sempre meno tempo tra la direzione della scuola media di Castione e il segretariato del Patriziato. È già pronto il successore, Curzio De Gottardi, anch’egli liberale. Nelle prossime settimane lascerà il Municipio anche Werner Carobbio, presenza storica della politica di Lumino, oltre che del Ticino e a livello nazionale. Bisogna far presto con gli avvicendamenti perché incombono nuovi impegni, uno su tutti, quello della fusione. Se ne parla da tempo ma adesso si sta arrivando al sodo; il 17 ottobre a Lumino si terrà una serata pubblica sul tema, presente il Consigliere di Stato Luigi Pedrazzini. Lumino con il moltiplicatore al 100% e, nel recente passato, qualche difficoltà finanziaria, capisce che alla fusione non c’è alternativa. A patto che – precisa il sindaco Pronzini – «non si debba rinunciare alla nostra identità e Lumino possa conservare quelle caratteristiche che ne fanno un Comune attraente, tranquillo, vivibile, insomma a misura d’uomo». Oggi conta 1185 abitanti, in leggero ma costante aumento, con tante case unifamiliari. Sulla fusione esiste una sostanziale identità di vedute anche a Castione e Arbedo, dove il sindaco Renzo Bollini pone l’accento sul fatto che il Comune abbia saputo dotarsi di tutti i servizi. «Le scuole sono a posto con due sedi di scuola materna, due di elemen-
tari, le scuole medie a Castione fin dal ‘76 con Lumino, Gorduno, Gnosca e Claro; abbiamo il Centro sociale anziani collegato al Centro civico e al Municipio, la sala multiuso, la Posta, la Raiffeisen. Proprio per quanto fatto nel recente passato, non sono necessari grossi investimenti nelle opere pubbliche, solo la normale manutenzione. Negli ultimi tempi si è creata nuova occupazione, in particolare a Castione, e speriamo che i posti di lavoro attirino nuovi abitanti. Insomma non possiamo lamentarci né abbiamo grosse preoccupazioni per il futuro, ma non per questo siamo contro la fusione». Con una precisazione di fondo, però, ossia che se fusione dev’essere «allora sia con Bellinzona e con i Comuni della corona a nord della città. Claro compreso, con Gnosca che ha già una sua convenzione con la capitale. Prima di fine ottobre ci troveremo per esaminare la situazione da questo punto di vista e valutare i diversi aspetti così da essere pronti a presentarli in modo organico alla popolazione, cui alla fin fine compete la decisione. Ma una fusione ha senso se migliora la gestione del territorio, e anche da questo punto di vista sarebbe inconcepibile un’aggregazione senza la città». Posizioni analoghe (corona nord con Bellinzona) a Lumino, che però qualche pensiero in più ce l’ha. Ad esempio con la piazza centrale, adesso in pratica uno slargo della strada cantonale. «Da tempo – indica il sindaco Paolo Pronzini – abbiamo sul tappeto la sua sistemazione, anche per farne davvero il cuore del paese. L’ideale sarebbe portare la cantonale fuori dal paese,
ma tra il dire e il fare... Sulla piazza si affaccia la parrocchiale si S. Mamete e puntiamo quindi ad una buona collaborazione con la Parrocchia. Sono sul tappeto anche il problema dei posteggi in centro; la sistemazione della raccolta dei rifiuti in un altro posto, probabilmente vicino all’attuale alambicco, comunque senza l’attuale vicinanza all’asilo; la valorizzazione degli aspetti ambientali e paesaggistici nella zona verso la Moesa». Werner Carobbio, municipale uscente e presidente del Gran Consiglio, pone l’accento sul fatto che Lumino si trova all’inizio della Mesolcina ma i suoi interessi gravitano su Bellinzona. «Molti abitanti vi hanno il lavoro, soprattutto nel pubblico impiego (posta, ferrovia, militare, amministrazione cantonale) e adesso con la fusione si tratta di migliorare collegamenti e collaborazioni, di pensare un pò più alla grande, ad esempio per la casa anziani, adesso abbiamo una convenzione con la Greina a Bellinzona, e per la scuola elementare dove attualmente non riusciamo ad avere una quarta sezione. L’ideale sarebbe la grande Bellinzona, da sud a nord, ma a sud pare ci sia qualche problema. Adesso iniziamo a coinvolgere la popolazione, cercando però di mantenere e vivificare l’attuale intreccio di Società di ogni tipo, che vivono soprattutto di volontariato e sono la vera vita del Comune». IL PROGRAMMA Venerdì 7 ottobre Castione 15.15 Incontro con i ragazzi delle scuole. Lumino 16.15 Visita ai malati. 17.30 Incontro con il Consiglio parrocchiale. 18.15 Incontro con il Municipio. 19.00 Cena con il Municipio e il Consiglio parrocchiale. 20.30 Incontro con la popolazione di Lumino e Castione. Sabato 8 ottobre Castione 09.00 Visita anziani e malati. 11.00 Incontro e pranzo con il Consiglio parrocchiale. 14.45 Cimitero: sosta di preghiera. 15.00 Santa Messa con la celebrazione della Cresima. Domenica 9 ottobre Lumino 10.00 Cimitero: sosta di preghiera. 10.15 Santa Messa con la celebrazione della Cresima.
IL PROGRAMMA
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I valori cristiani hanno fatto grande il paese Il vivace e simpatico incontro del vescovo con gli allievi delle elementari ha aperto, venerdì pomeriggio, la visita pastorale a Castione e Lumino, dando inizio così al pellegrinaggio di mons. Grampa nelle parrocchie del Bellinzonese, che lo impegnerà fin quasi a Natale. Domande, risposte e progressivo dialogo, al quale ragazzi e ragazze hanno partecipato attivamente nella palestra di Castione, prendendo subito confidenza con il pastore della diocesi. Poi, secondo un programma ormai collaudato, la presenza del vescovo è proseguita in un alternarsi di incontri. Le visite ad anziani e malati a domicilio, trovando tra le pareti domestiche, segnate anche dalla sofferenza, spiragli di preghiera e di speranza. I momenti con le autorità, comunali e parrocchiali, in un clima di reciproca stima e di fattiva collaborazione. La serata con la popolazione, dove, di volta in volta, affiorano problematiche di grande attualità. Quella di venerdì, organizzata per entrambe le parrocchie, è stata l’occasione per
sof fermarsi, par tendo da domande e perplessità sollevate dai presenti, sull’istruzione religiosa scolastica, dove l’erosione della partecipazione è grave e preoccupante. Il vescovo ha chiamato direttamente in causa le famiglie, sot tolineandone compiti e responsabilità per il cammino educativo e di crescita dei figli anche dal profilo della vita cristiana. La sosta di preghiera nel camposanto, in un orizzonte di riconoscenza e ricordo. Un gesto delicato come il liber resurrectionis che, per iniziativa del parroco don Pier Luigi Boracco, sta nelle chiese di Castione e Lumino. Ogni pagina una data per l’intero arco di un anno, con i nomi delle persone morte in quel giorno lungo un tempo di cento anni. Diventano così memoria ancora presente i volti che hanno compiuto un tratto di strada nella comunità. Dare spazio e significato alla storia è del resto campo privilegiato di don Boracco, che ha pure raccolto in appositi volumi, su basi informatiche, i libri storici della p ar r o c chia, pr op os t i c osì in f acile consultazione. Va ricordato a questo riguardo
In effetti l’intera zona, ma in particolare Lumino che ne conta addirittura 17, è contraddistinta da un fiorire di Società per il tempo libero, lo sport, l’assistenza, gli anziani ecc. che alimentano un’intensa vita sociale. Questo tessuto di collaborazioni si allarga anche al Patriziato, che a Lumino ha concesso i sedimi per il campo di calcio e dei parchi giochi, oltre che la palestra nella casa patriziale. Naturalmente il Patriziato si occupa dell’ampio territorio, strade forestali e boschi, fino alla capanna Brogoldone, restaurata 5 anni fa e, ai monti di Saurù e di Loga. Lo stesso quello di Arbedo per i terreni di Castione, in particolare il bosco “sacro” a protezione del villaggio, e il biotopo protetto in zona al Galletto, verso Claro.
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che la visita pastorale è pure occasione, nei giorni immediatamente precedenti l’arrivo del vescovo, per un sopralluogo negli archivi parrocchiali, compiuto dall’archivista diocesano Pier Giorgio Figini e dal vicario generale, don Ernesto Storelli. La visita ha infine avuto il suo momento centrale nell’Eucaristia, sabato a Castione e domenica a Lumino, con la celebrazione pure della Cresima. “E’ stato bello essere con voi”, ha sottolineato il vescovo, ringraziando entrambe le parrocchie per l’accoglienza ricevuta e l’impegno riscontrato. “Sono venuto – ha precisato – per chiedervi quel cammino di conversione, di cui tutti abbiamo continuamente bisogno, seguendo la proposta del vangelo e andando quindi controcorrente rispetto alle molteplici e mutevoli proposte che vengono da altre voci”. Ha chiuso con un invito: “siate presenti in questo contesto non facile, dove è prezioso il contributo dei cristiani, nel ricordo dei padri, nel rispetto delle nostre tradizioni, nella difesa di quei valori che hanno fatto grande il nostro paese”.
2005 Due Comuni, due parrocchie e un parroco, don Pier Luigi Boracco
Tutto restaurato il patrimonio religioso Anagrafe parrocchiale in rete a Castione «Un grosso sforzo portato avanti senza aiuti pubblici, grazie al contributo di tutti» umino fa Comune a sé, Castione è con Arbedo, ma ognuno ha la sua parrocchia. Le regge entrambe dal ‘97 don Pier Luigi Boracco, che risiede nella casa parrocchiale di Lumino. Prete e intellettuale visto che tiene un corso di estetica teologica all’Università Cattolica di Milano ed è titolare della cattedra di teologia spirituale alla Facoltà di Teologia di Milano. Impegni non da poco, organizzati in modo che gli consentanto di dedicarsi «alla parte spirituale e culturale, e nel contempo di delegare ai Consigli parrocchiali e ai parrocchiani la gestione della parte amministrativa». Castione ha la parrocchiale dedicata a San Gottardo e una serie di cappelle votive ai crocevia. Lumino la parrocchiale di S. Mamete e il santuario di Bertè dedicato alla Visitazione di Maria, a cui i luminesi sono molto devoti. Il parroco don Boracco pone l’accento sul fatto che stanno finendo le preoccupazioni amministrative, legate soprattutto ai restauri degli edifici religiosi, effettuati negli ultimi anni. Un grosso sforzo, anche finanziario, con i lavori documentati in una serie di CD arricchiti da centinaia di immagini fornite dai fedeli, sia a Lumino che a Castione. In questa parrocchia un compact disc riguarda il recupero dei libri dell’archivio parrocchiale danneggiati
dall’alluvione del ‘51, tutti trascritti e fotocopiati, con l’anagrafe parrocchiale dal 1676 ad oggi disponibile anche nell’archivio digitalizzato. «Un grosso sforzo portato avanti senza aiuti pubblici, grazie al sostegno anche finanziario della Maestra Silde Lunghi e del Consiglio parrocchiale». Don Boracco sottolinea il radicamento e la vitalità del volontariato e dell’associazionismo, in particolare a Lumino. Tra le 17 Società ci sono anche due Corali, il Piccolo Coro, dedito al servizio liturgico e da quarant’anni diretto sempre con piglio giovanile dalla maestra Wanda Piccinali, e il Coro L’Eco di Lumino, dedito alla musica folk ma con la dovuta attenzione anche ai canti religiosi. «Entrambi condecoreranno la visita del Vescovo. Inoltre abbiamo formato un giovane organista, Alessandro Pronzini, che adesso accompagna le funzioni religiose». L’avvenuto recupero di tutto il patrimonio religioso permette al parroco di dedicarsi alle esigenze più strettamente pastorali, coltivando la vicinanza ai parrocchiani, l’educazione dei ragazzi, l’assitenza agli anziani, l’integrazione. «Ci vuole molto rispetto anche per chi non frequenta, rafforzando nel contempo il rapporto sia con i collaboratori che con la società civile. Abbiamo ripreso e rilanciato il contatto anche con gli ambienti laici, perché noi preti non dobbiamo dimenticare che ci sono offerte ancora tante occasioni di poterci qualificare come
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pastore e ministro della parola nella società civile. Si tratta di utilizzare compiutamente quanto la società ci offre; un tempo era la Chiesa e le sue feste, oggi è diminuita l’abbondanza di occasioni strettamente religiose ma in compenso rimangono tante altre situazioni “civili” nelle quali viene coinvolto il sacerdote. E anche lì, come nel caso dell’inaugurazoine della Coop a Castione, c’è spazio per la parola oltre che per la benedizione».
2005 BELLINZONESE ARBEDO - GORDUNO Galbisio 13 - 14 - 15 - 16 OTTOBRE Arbedo e Gorduno alla confluenza di due valli e due fiumi
Una periferia dinamica diventata zona residenziale «La qualità di vita è veramente buona» dicono all’unanimità i sindaci Bollini e Pellandini. I due Comuni hanno tutte le strutture necessarie, associazioni di ogni tipo, un ampio territorio che si allunga fino ai rispettivi monti e collegamenti rapidi. C’è la volontà di una fusione con Bellinzona. emorie, vestigia e documenti testimoniano che di qui è passata la grande storia. Né poteva essere diversamente, là dove si congiungono due valli e due fiumi, sulla soglia di Bellinzona, ultimo grande bastione verso i passi alpini a nord, la regione dei laghi e la pianura a sud. Tra Arbedo e Gorduno sorgeva una corona di castelli e punti di avvistamento, di cui si sono bene avvalsi, per assumere informazione sui nemici, i milanesi capitanati dal Carmagnola per la storica battaglia di Arbedo vinta sui Confederati il 30 giugno 1422. L’eco giunse fino agli ozi fiorentini del Machiavelli, che ne dette una cronaca autorevole per quanto, secondo lo storico ticinese Giuseppe Pometta, poco attendibile perché partigiana. Le vestigia di un castello, una “scoperta annunciata” (“A nem al castell” si dice ancora oggi a Gorduno), sono state rinvenute nella collina su cui sorge la bella chiesa romanica di San Carpoforo. Oggi collina e chiesetta si scorgono in volata dall’autostrada ma una robusta fortificazione doveva esserci già in epoca longobarda, a metà del primo millennio dell’era cristiana, poi via via rafforzata fino a costituire una sorta di parallelo con Castelgrande, per essere probabilmente smantellata dai milanesi con la pacificazione seguita alla vittoria di Arbedo. All’andirivieni delle armate si sovrappone oggi l’esercito dei viaggiatori e dei vacanzieri, eppure sia Arbedo che Gorduno conservano un’ottima vivibilità. «Comune tranquillo, residenziale, buona qualità di vita, associazioni di ogni tipo, strutture ben consolidate, collegamenti rapidi» rispondono all’unisono i sindaci Renzo Bollini per Arbedo (oltre 2400 abitanti) e Romeo Pellandini
per Gorduno (700, in leggera crescita). Prevalgono nettamente le casette uni e bifamiliari, ad Arbedo un’attività edile più vivace (in vista alcune decine di nuovi appartamenti) con qualche palazzo in più, entrambi offrono una serie di servizi nei rispettivi Centri civici, più recente quello di Gorduno, progettato dall’arch. Aurelio Galfetti. L’intervento ha sostituito il vecchio asilo con un nuovo edificio adibito in parte a scuola elementare e in parte a Municipio, In entrambi i Comuni le risorse provengono principalmente dalle persone fisiche, anche se Arbedo ha un’ampia zona industriale «che però non decolla, è piuttosto un succedersi di depositi e magazzini soprattutto per l’edilizia pesante». Il Comune non è proprietario di questi terreni né lo diventerà, avendo messo gli occhi su un sedime dell’Atel per quando (già l’anno prossimo?) verrà tolta la linea dell’alta tensione che attraversa il paese. «L’idea potrebbe essere di costruirvi una Casa per anziani per la parte nord della futura grande Bellinzona. Vedremo – indica il sindaco Bollini – per il momento partecipiamo all’ingrandimento di quella di Claro». La grande Bellinzona è il sogno di tutti, qui nella corona nord. Dopo averlo affermato con chiarezza Renzo Bollini indicando, la settimana scorsa, la posizione di Arbedo-Castione, lo conferma Romeo Pellandini per Gorduno. «Abbiamo preso l’iniziativa con Arbedo, Lumino, Claro, Moleno e Preonzo; entro fine ottobre attendiamo una risposta da tutti con una dichiarazione d’intenti, per poter iniziare a novembre con le trattative, come deciso nell’ultimo nostro Consiglio comunale. Naturalmente per un’aggregazione con
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Bellinzona, senza la città non avrebbe senso». Nel frattempo, ognuno dei due Comuni ha perfezionato le proprie strutture e servizi, dalle scuole alla posta, dalle strade all’acquedotto, fognature, centro sportivo ecc. A Gorduno si stanno effettuando interventi per la moderazione del traffico sulla cantonale, arrivano i 30 all’ora in alcuni tratti del nucleo, sognano una palestra nella zona del Centro sportivo ma sono frenati dal moltiplicatore al 100%, mentre lamentano l’imminente partenza della Raiffeisen e non hanno abbandonato l’idea di collegamenti pubblici più funzionali in particolare con Arbedo e i Comuni della sponda sinistra. Anche qui, come ad Arbedo, per il lavoro si gravita su Bellinzona, impieghi nell’amministrazione cantonale un tempo federale; a Gorduno soprattutto in ferrovia, una sorta di specializzazione protrattasi per diversi decenni. L’agricoltura è un ricordo, solo piccoli poderi familiari e solo un pensionato con alcune pecore.
2005 Dopo San Giuseppe, costruita a Molinazzo negli anni Sessanta, un nuovo edificio religioso a Galbisio?
Chiese antiche e chiese nuove in una realtà in pieno sviluppo
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on Italo Meroni è prevosto di Arbedo dal 1963 e canonico onorario della Cattedrale. Non si può dire che qui manchi continuità pastorale, visto che il suo predecessore, don Giuseppe De Maria, attento studioso di storia locale, vi rimase per 45 anni. «La parrocchia rimane un forte centro di aggregazione», indica don Meroni citando il restaurato oratorio, la Corale parrocchiale, il gruppo donne e la recente festa della Madonna del Rosario, che ha visto un’ampia, sentita partecipazione anche alla processione nelle vie del paese. La chiesa prepositurale di S. Maria Assunta è del Cinquecento su un impianto precedente di almeno due secoli. A conferma dello sviluppo del Comune, nel 1969 venne consacrata la nuova chiesa di San Giuseppe, opera dell’arch. Giampiero Mina, che serve anche gli abitanti di Molinazzo. Per la sua forma tipica che ricorda una tenda («Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi», parafrasa don Meroni, citando la Bibbia), questo edificio è
noto ben oltre i confini cantonali. Ha sulla parete centrale il pregevole crocifisso del ‘600, che era nella chiesetta dedicata al Crocifisso demolita nell’ambito della costruzione dell’autostrada, un San Giuseppe in bronzo del Ghielmetti e una Madonna in marmo di Peccia di Pierino Selmoni. Significativa anche dal punto di vista storico la “chiesa rossa” dedicata alla Conversione di San Paolo, citata in documenti del Duecento ma costruita sull’impianto di due chiese precedenti, la prima risalente probabilmente al settimo secolo. Fu testimone della battaglia di Arbedo, vi furono acclusi per secoli un convento e un ossario, venne restaurata completamente sul finire dell’Ottocento, corse il pericolo di essere demolita per far posto al progetto delle FFS di ingrandire la stazione merci detta appunto di San Paolo. Il nucleo del paese è segnato da diverse cappelle mariane, tutte restaurate «grazie alla spontanea generosità dei parrocchiani», indica con soddisfazione il prevosto don Meroni.
IL PROGRAMMA Giovedì 13 ottobre Gorduno 10.30 Ricevimento del Vescovo da parte delle Autorità civili e religiose. 11.00 Chiesa: incontro con anziani, malati e popolazione. 12.30 Pranzo con le Autorità. Arbedo 15.00 Sala multiuso del Centro civico: incontro con le persone della terza età del gruppo Atte. 16.00 Visita ai malati a domicilio. 20.00 Oratorio: incontro con la popolazione. Venerdì 14 ottobre Arbedo 15.15 Incontro con gli allievi delle scuole elementari. 16.30 Incontro con i cresimandi e gli allievi di scuola media. Gorduno 17.30 Incontro con giovani, adolescenti e rappresentanti della diverse società. Aperitivo rallegrato dalla locale società di musica. 18.30 Cimitero: preghiera. 19.00 Santa Messa. 20.30 Incontro con il Consiglio parrocchiale. Sabato 15 ottobre Arbedo 16.00 Visita ai malati a domicilio. 17.30 Santa Messa e preghiera in cimitero. Incontro con il Consiglio parrocchiale. Domenica 16 ottobre Arbedo 09.30 Santa Messa con la celebrazione della Cresima.
IL PROGRAMMA
Parroco di Gorduno da un anno è don Giovanni Luchowski, 45 anni, sacerdote polacco che risiede al Sacro Cuore di Bellinzona. Si sente ben inserito nella realtà parrocchiale che comprende anche l’abitato di Galbisio, pur avvertendo notevoli diversità sul piano della pratica religiosa rispetto alla terra d’origine. La parrocchiale è dedicata ai Santi Rocco e Sabastiano ed ha bisogno di un restauro per il quale esiste già il progetto. Una delle pagine più significative della storia bellinzonese e prealpina è racchiusa in quel bell’esempio di Romanico che è la chiesa di San Carpoforo, le cui origini e la cui storia sono ben conosciute dopo il recente intervento di restauro, che ha rivelato le fasi costruttive dell’edificio, a partire dal primo oratorio in età barbarica, settimo secolo, in seguito ampliato
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Contenti di vedere il Vescovo Arbedo, guidata da molti anni dal prevosto don Italo Meroni e Gorduno, affidata da poco a don Giovanni Luchowsk i, hanno costituito la seconda tappa del vescovo nel Bellinzonese lungo l’itinerario della sua visita pastorale. Una tappa estesa, per necessità di programma e per concomitanza con altri appuntamenti, sull’arco di quattro giorni: da giovedì a domenica. Un susseguirsi di momenti intensi (preghiera, celebrazioni, dialogo) in cui l’incontro della gente, gruppi e autorità con il vescovo è sempre stato serio e sereno, atteso e apprezzato, impegnativo e ricco di spunti. Come in occasione della serata con la popolazione, giovedì sera ad Arbedo, dove sono affiorate domande e interrogativi molto attuali. L’istruzione religiosa scolastica, lo stile delle celebrazioni, il futuro del Giornale del Popolo, la pastorale di adolescenti e giovani con riferimento esplicito al come viene vissuto il sacramento della cresima. Schiette, articolate e concrete le risposte del vescovo. “Il futuro del giornale dipende da voi”, ha precisato con franchezza. Cioè dal sostegno concreto che le persone, i
cattolici in particolare, vorranno assicurare a questa voce che “ha un suo spazio preciso e importante nel nostro contesto culturale”. La religione a scuola? “E’ un cammino da sostenere e da valorizzare, a partire dalla famiglia, che deve avvertire responsabilità e impegno nei confronti di questa proposta”. La Cresima? “Il problema non è l’età. L’attenzione infatti va puntata sull’intero itinerario dell’iniziazione cristiana, dove famiglia e comunità devono sentirsi impegnati”. E le celebrazioni? “Occorre la necessaria dignità richiesta da gesti che rivestono alti significati e trasmettono il messaggio della salvezza, rendendola attuale”. Perché la visita pastorale? Pure a questa domanda, anche se non esplicitamente espressa, il vescovo ha voluto rispondere: “Vengo per portare speranza. Per confermarvi nella vostra fede. Per chiedervi di rimanere fedeli alla nostra identità cristiana con il serio impegno di trasmettere alle nuove generazioni questa preziosa eredità che abbiamo ricevuto”. Preghiera, celebrazioni, incontri: un tratto di strada con il vescovo, che viene come il seminatore della parabola, al quale mons. Grampa fa sovente riferimento.
per le necessità degli abitanti del castello del suo “indotto” e delle zone circostanti. La parrocchia dispone di una sede per le varie attività, collabora con il Centro civico in particolare nell’assistenza agli anziani, ha la Confraternita del SS. Sacramento e la Fondazione San Rocco che sta preparando un Centro parrocchiale a Galbisio, per i giovani ma non solo, con possibilità di celebrarvi la Messa. «Di nuova chiesa adesso in quell’abitato che fa parte di Bellinzona non si parla, ma un pensierino sì, chissà...».
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La visita è anche momento di festa (ben sottolineato ad esempio a Gorduno dalle note della locale filarmonica), cordialità, dialogo, reciproca conoscenza. E di parrocchia in parrocchia non manca mai al “don Mino di allora” di imbattersi in qualche ex-allievo/a, conseguenza di un lungo passato di rettore e docente al Papio, come pure di insegnante di religione alla Magistrale. E’ stato così con il sindaco di Gorduno, ben contento di salutare a nome dell’intera comunità il suo docente di tanti anni fa. Una cosa è certa: la gente è contenta di vedere il vescovo, a sua volta contento di incontrare le sue comunità, piccole o grandi che siano. Una gioia da tradurre in impegno, ben precisato da mons. Grampa: “sono venuto per gioire con voi della vostra fede, del vostro essere cristiani, per invitarvi ad esserne fieri”. Momenti particolarmente delicati sono poi gli incontri con i malati e gli anziani, che il vescovo visita nelle case, perché impossibilitati a raggiungere la chiesa. Un saluto, un sorriso, una preghiera, una parola di fiducia, luce e speranza.
2005 Importanti ricordi popolari e noti monumenti documentano il ruolo dei due centri nelle vicende bellinzonesi e prealpine
Una ricca storia tra mulini, castelli e battaglie rbedo e Gorduno hanno la tranquillità data da un vasto, intatto retroterra verde gestito dai relativi Patriziati. Per Arbedo significa l’intero versante fino al Gesero e ai confini con la Val Morobbia, con gli alpi di Costa, Gesero e Cadinello regolarmente caricati, da 12 anni dalla famiglia Bigger di San Gallo, una cinquantina di mucche che danno «l’ottimo formaggio del Gesero, cinque anni fa ne abbiamo donato una forma al Vescovo Torti», ricorda Marco Pellandini, presidente di un Patriziato forte di circa cinquecento membri ed anche ricco, con boschi in tutta la valle d’Arbedo, dal laghetto di Orbello in poi: un recente taglio di 5.000 mq. di abeti e faggi nella valle dell’Erba, strada forestale ben tenuta, 20.000 mq. in zona edificabile in basso, la casa patriziale costruita in sasso vivo dall’arch. Tallone sul modello del palazzo comunale di Bellinzona, con un appartamento al primo piano, sala patriziale e archivio al pianterreno. Abbiamo recentemente restaurato una quarantina di pergamene del ‘500, manteniamo un’ottima collaborazione con il Comune che ha alcune sue strutture su nostri terreni». Qui si ricorda ancora l’importante attività economica svolta storicamente dai mulini ad acqua; «Si può dire che un tempo tutto il contado di Bellinzona ricorreva ai mulini di Arbedo per far macinare i grani, frangere le noci e brillare il panico», annota Adolfo Caldelari nel libro dedicato ad Arbedo-Castione. Ogni mugnaio possedeva degli asini per la presa del grano e il trasporto del macinato a domicilio e «appendeva al collo dei suoi asini delle bronze e campanacci con cui si annunciava il loro arrivo sì che, udendo i campanacci, quelli di Bellinzona o Gorduno, Carasso o Ravecchia esclamavano “Vengono gli asini di Arbedo” e il soprannome è rimasto». La ricca storia dei mulini è stata riagganciata con l’acquisto, due anni fa della casa molinara e del mulino detto dell’Erbetta, l’unico rimasto della quindicina in funzione ad Arbedo fino alla metà del secolo scorso. Come sottolinea il sindaco Bollini, «questa struttura conserva ancora il torchio e gli altri strumenti in uso all’epoca, val la
pena di sistemarla anche se richiede un certo impegno finanziario». Non solo nella memoria ma anche nell’attualità degli abitanti di Arbedo (la montagna non è ancora del tutto assestata) rimane quel disastro che fu lo scoscendimento del Motto d’Arbino avvenuto 77 anni fa, il 2 ottobre 1928 «con immenso fragore udito a parecchi chilomentri di distanza», come annota Adolfo Caldelari nel libro dedicato al Comune. «Un terzo del patrimonio forestale scomparve nella voragine, gli stabili dei monti Chiara e Scada furono travolti e seppelliti insieme ad un buon tratto della strada militare del Gesero e della teleferica dell’alpe di Tonöö». Il Patriziato di Gorduno, presidente Romano Battaglioni, non è da meno con i boschi fino agli omonimi monti e
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la carrozzabile che porta all’Alpe Arami dove per l’interesse dei geologi di mezzo mondo affiora la peridotite, un tipo di roccia olivastra e puntinata di rosso, che di solito se ne sta qualche centinaio di chilometri sotto la crosta terrestre e che ha la caratteristica di essere durissima; Tissot l’ha sperimentata per farne quadranti degli orologi. In basso, nei pressi di San Carpoforo, il patriziato ha 80.000 mq. di terreno che toccano anche la zona dove è in progetto un campo da golf con le relative strutture. «La Migros l’ha congelato fino al 2007, intanto abbiamo una proposta dell’arch. Renzo Molina per un campo di allenamento che potrebbe costituire una soluzione intermedia, in attesa del golf vero e proprio». Rimane comunque l’intenzione di valorizzare quest’area preservandola dal punto di vista ambientale e storico.
2005 BELLINZONESE MONTE CARASSO Cürzut - SEMENTINA - GUDO 21 - 22 - 23 OTTOBRE Tre Comuni in espansione tra sviluppo edilizio e spiccata mobilità
Valorizzare il territorio e la buona qualità di vita A Gudo, Sementina e Monte Carasso sono già state realizzate le infrastrutture primarie, si mira ad incrementare le iniziative di tipo sociale. “Anche per favorire l’integrazione dei nuovi arrivati” indicano i tre sindaci. Il patrimonio culturale, essenzialmente di tipo religioso, è motivo di crescita per le comunità.
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opolazione in aumento, tanti giovani, nuove famiglie che si inseriscono in quello che Flavio Guidotti, sindaco di Monte Carasso, definisce un «robusto zoccolo di popolazione locale nella quale i nuovi cittadini trovano le premesse per l’integrazione. Assieme ad una casa, qui trovano possibilità di vita ben organizzata». Sementina veleggia verso i 3.000 abitanti, Monte Carasso sfiora i 2.500, anche a Gudo verrà presto superata la quota 770. In tutti e tre i Comuni il trend conferma che queste sono zone residenziali dove si vive bene, tra piano e collina, con la corona di vigneti, posizione geografica rivolta a sud ben soleggiata e protetta dai venti a nord, lo sguardo spazia sul Piano di Magadino. Infrastrutture, servizi, storia, cultura, sport, Società, tempo libero, non manca nulla, tanto che l’avv. Marco Cereda, sindaco di Sementina può orgogliosamente affermare che il Comune non è impegnato in opere primarie, tutte già esistenti, ma «con iniziative che possono contribuire a migliorare ulteriormente la qualità della vita ed a favorire l’aggregazione dei nuovi arrivati in un Comune che si espande ed ha una marcata moblilità». Intanto si dilatano sino a toccarsi gli abitati di Sementina e Monte Carasso, dando vita per i servizi comunali ad una collaborazione funzionale ad entrambi. Gudo è un po’ discosto, nettamente separato dalle aree suburbane di Locarno e Bellinzona con quel suo nucleo ben raccolto che pare cullarsi tra vigneti, natura e agriturismo. Verrebbe da dire: che volere di più? Nulla. Sul piano finanziario i due maggiori sono al 90%. Gudo al 100% ma in una situazione serena «avendo già fatto gli investimenti necessari:
scuola dell’infanzia ed elementare, Centro Civico ristrutturato ed ampliato con palestra e la sala polivalente, sport, aree di protezione e di svago. «Siamo in attesa degli sviluppi del cosiddetto Parco del Piano di Magadino, di cui siamo una delle porte d’accesso; il progetto del Cantone prevede di dedicarlo in forma meglio organizzata ad agricoltura, turismo, svago, insomma natura a tutto tondo, con zone naturalistiche di importanza nazionale», segnala il sindaco Alberto Crugnola. Simili indicazioni non fanno che evidenziare i pregi di questi villaggi sulla sponda destra del Piano, il cui territorio si allunga in collina fino alle cime del Gaggio e dell’Uomo, con un’offerta straordinaria, ben strutturata e
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gestita grazie ai Patriziati e al volontariato dei tanti che hanno la casetta di vacanza tra collina e montagna. Le cose da fare naturalmente non mancano. Sementina sta realizzando il Centro Ciossetto, nuova palestra con un’ampia e ben dotata (una cucina per oltre 200 persone) sala multiuso per le tante Società attive e servizi: costo 6 milioni, progetto degli arch. Cristiana Guerra e Marco Pedotti, inaugurazione tra un anno. Altri investimenti riguardano il percorso sicurezza casascuola, la sistemazione di via Preda, i lavori per la moderazione del traffico, sulla cantonale e su via Al Ticino, là dove tra due anni ci sarà il nuovo ponte per Giubiasco, e altri lavori con Monte Carasso nella valle di Sementina. Previsto anche il trasferimento delle elementari a lato della chiesa. «Tutto previsto dal piano finanziario, senza ritoccare il moltiplicatore» precisa il sindaco Cereda, il quale mette l’accento sul fatto che «uno dei compiti che compete al Comune è di ben gestire questa crescita continua», che vede in atto la costruzione di una trentina di appartamenti e di un Centro Commerciale, dove tra l’altro dovrebbe spostarsi e ingradirsi la Coop, con gli altri appartamenti. A Monte Carasso il Sindaco Guidotti pone l’accento sulla rete completa di servizi e in particolare sulla strategia progettuale promossa negli ultimi vent’anni dall’arch. Luigi Snozzi. «Tutto è partito dall’antico Convento delle Agostiniane: restauro del monumento, ma ancor più riscoperta di una piazza attorno alla
2005 quale si sono diramati gli interventi sul resto del comprensorio con una zona di protezione all’interno della quale si trovano l’ex convento, la chiesa, la scuola, gli spazi per le attività sociali, le infrastrutture principali di valenza pubblica. Da qui si è dilatata una lettura degli spazi con normative che tengono conto della specificità del territorio, e la pianificazione tocca anche lo sviluppo privato, con ricadute positive». Il “progetto Carasso” continua ad alimentarsi, a far riflettere a dare risultati. È seguito con molta attenzione a livello nazionale e internazionale, come confermano le significative onorificenze ricevute e la serie dei Seminari internazionali di progettazione, giunta quest’anno all’edizione n. 12. Da sottolineare l’attività dei «Sotterranei
dell’arte», un’iniziativa di divulgazione culturale nell’ex convento per promuovere artisti affermati ed ermergenti, privilegiando la diversità della creazione attuale. Il Comune vorrebbe ora completare le infrastrutture nella zona di protezione, potenziando la scuola elementare (c’è il progetto di massima che prevede l’aggiunta di un elemento all’ex convento) e una sala polivalente per la varie Società, «che costituiscono la struttura della nostra vita comunitaria».
I parroci delle tre comunità segnalano l’attenzione alla vita religiosa
Un contesto umano e sociale aperto capace di accogliere e di integrare
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on Ezio Lozza, parroco di Monte Carasso, mette in evidenza l’attenzione della popolazione verso la vita religiosa, in particolare la disponibilità alla catechesi e all’animazione per i ragazzi all’interno di un contesto sociale aperto, capace di accogliere e di integrare. Sul versante dei valori storici ed artistici del patrimonio religioso indica il bisogno di un restauro per la parrocchiale dedicata ai SS. Bernardino e Girolamo. Il primo impianto risale al XIII secolo, aveva attiguo un monastero per cui l’abside inglobava la chiesa delle monache. L’edificio trecentesco è stato completamente rinnovato all’inizio del Novecento; conserva il campanile tardo-medioevale, porta in facciata affreschi del Cinquecento, all’interno un pregevole organo del 1746. Degna di nota la già citata chiesa di San Bernardo con il suo notevole ciclo di affreschi (il ciclo del Calendario è in una situazione un po’ precaria) e un’iconografia stupenda. Un restauro felicemente finito e apprezzato è quello della chiesa Madonna della Valle, del 1600, lungo il riale sul confine con Sementina. Anche questo un segno dell’attenzione con cui la popolazione, e in particolare il Consiglio parrocchiale, seguono le sorti del patrimonio religioso. Parroco di Sementina dal 1999 e di Gudo dal
2001 è don Gregorio Maliszewski, uno dei 17 sacerdoti polacchi attivi pastoralmente in Ticino. La terza domenica di ogni mese celebra a Sementina la Messa per la comunità polacca in Ticino, all’inizio di gennaio la celebrazione è stata presieduta dal Vescovo di Lugano. Don Gregorio rileva la buona collaborazione tra le due parrocchie, segnala le attività rivolte il mercoledì ai bambini dai 4 anni alla terza elementare con l’aiuto delle mamme, il gruppo “Piccolo Zaccheo”, di Sementina che si incontra al martedì, il Coro San Michelino, il Coro San Michele per adulti, impegnato nei canti religiosi e nella condecorazione delle funzioni, la vivace sezione scout fondata dal suo predecessore don Scerri. La parrocchiale di Sementina, dedicata a San Michele Arcangelo, segnalata già nel ‘200, è stata interessata da un ampio restauro terminato tre anni fa. Alla chiesa di S. Antonio abate, verso Gudo, si tiene una festa ben partecipata alla fine dell’anno scolastico; la festa di San Defendente, nell’omonimo nucleo in collina, si celebra la prima domenica di luglio; la terza domenica di novembre si celebra la festa della Madonna della Cintura, una cappella parrocchiale. La parrocchiale di San Lorenzo diacono a Gudo
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IL PROGRAMMA Venerdì 21 ottobre Gudo 09.30 Visita alla scuola elementare. Sementina 10.00 Visita alla scuola elementare. Monte Carasso 10.45 Visita alla scuola elementare. 12.00 Pranzo con il Consiglio parrocchiale. Sementina 14.00 Visita anziani e malati a domicilio. 15.00 Incontro con i Consigli parrocchiali di Sementina e Gudo. 16.30 Incontro con il Consiglio parrocchiale di Monte Carasso. Monte Carasso 17.30 Incontro con i preadolescenti delle tre parrocchie. Gudo 18.30 Visita al cimitero. 18.45 Preparazione della Santa Messa. 19.00 Santa Messa. 20.00 Cena con il Consiglio Parrocchiale di Gudo. Sabato 22 ottobre Monte Carasso 09.30 Chiesa: incontro con gli anziani. Sementina 11.00 Casa di riposo: visita e pranzo con la direzione. 15.00 Incontro con il Municipio. Gudo 15.45 Incontro con il Municipio. Sementina 16.30 Visita al cimitero. 16.45 Preparazione della Santa Messa. 17.00 Santa Messa. 18.00 Incontro con la popolazione di Sementina e Gudo. 20.00 Cena con il Consiglio parrocchiale di Sementina. 09.30 10.00 11.30 16.30
Domenica 23 ottobre Monte Carasso Visita al cimitero. Santa Messa. Cürzut Incontro e pranzo con le Autorità. Visita a San Bernardo. Monte Carasso Incontro con la popolazione.
IL PROGRAMMA
è stata restaurata, affreschi compresi, nei primi anni ‘90, la festa è anticipata a fine anno scolastico, con processione nel paese; alla terza di ottobre si tiene la festa della Madonna del Rosario, anche quest’anno ben partecipata con la processione accompagnata da canti del Coro san Michelino. Nello storico oratorio di S. Maria del Progero, la
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Pellegrinaggio impegnativo, ma ne vale la pena Impegnative e capillari, a 360 gradi, le visite pastorali del vescovo che gli scorsi giorni (venerdì, sabato, domenica) ha fatto tappa a Gudo, Sementina e Monte Carasso, proseguendo nel suo itinerario bellinzonese. Diversi i momenti, gli incontri, le celebrazioni che si rinnovano di settimana in settimana. Fra questi è sempre molto sentito quello con le persone della terza età, come sabato mattina nella parrocchiale di Monte Carasso. Chiaro e luminoso di speranza, ma pure molto concreto, il messaggio di mons. Grampa: “In una società basata sul mito dell’efficienza, le persone della terza età possono sentirsi emarginate, smarrendo quel ruolo significativo, che avevano e hanno mantenuto in società magari meno efficienti secondo i nostri schemi, ma più umane”. Eppure “dovete essere coscienti di essere una presenza importante nella nostra società”. Perché gli anziani “hanno alle spalle e nel cuore un cammino ricco di esperienza e di saggezza”, che devono trasmettere. Soprattutto, ha sottolineato il vescovo, “insegnate ad amare e ad apprezzare la vita in tutte le sue età e in tutte le sue stagioni. Perché la vita è sempre la vita, un dono
prezioso, anche quando la fragilità e la debolezza sembrano avere il sopravvento”. Ha aggiunto un invito: “essere una scuola per le giovani generazioni: di sapienza, di pazienza, di serenità, guardando fiduciosi in avanti, sempre”. La mattinata interamente dedicata alla terza età è proseguita con alcuni incontri a domicilio (un’altra costante della visita pastorale) e con la sosta alla Casa anziani di Sementina. Un sorriso, una carezza, un augurio: delicatezza e dialogo. Certamente queste persone, ormai in là con gli anni, avranno ritrovato nei loro ricordi le visite pastorali di una volta: con i vescovi Jelmini, Martinoli, Togni. Avranno notato i cambiamenti intervenuti anche in queste visite, mutate certamente nei loro aspetti esteriori e formali, ma rimaste autentiche nella loro essenziale identità di un incontro: del vescovo con la gente. Venerdì, al mattino, era stata la volta dei piccoli delle elementari, sempre spigliati nelle loro domande, alcune pure impegnative; mentre nel pomeriggio il vescovo aveva incontrato i preadolescenti delle medie. Rifacendosi all’episodio evangelico della “pesca miracolosa”, mons. Grampa li aveva invitati a “prendere il largo”, ponendo fiducia nella parola del Signo-
cui abside è coperta di affreschi del Cinquecento, situato nell’omonimo nucleo vecchio, si celebrano due Messe infrasettimanali dal 1° maggio a fine ottobre, la festa si tiene all’Assunta, 15 agosto; significativo anche lo storico oratorio di San Nazzaro, sulla collina, festa nell’ultima domenica di luglio. «La gente partecipa attivamente alla vita religiosa», confermano il parroco don Gregorio e Giannino Rota, impegnato presidente del Consiglio parrocchiale, «ed è sensibile alla conservazone del patrimonio religioso».
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re che significa essenzialmente conquistare la vera libertà, senza subire limitazioni dalle mode mutevoli. Ragazzi e adolescenti sono poi stati protagonisti sabato sera a Sementina, animando l’incontro con una rappresentazione impostata sul libro della Sapienza. Vi hanno attinto con chiarezza per rispondere a domande, perplessità, obiezioni e interrogativi ricorrenti nel variegato pianeta giovanile. Il vescovo ha subito ripreso queste tematiche per ancorarsi al significato alla Sapienza, dono dello Spirito, che deve dare senso, pienezza e gusto (come l’evangelico sale) all’esistenza. Ieri, dopo la Messa a Monte Carasso, il vescovo, accompagnato dalle autorità, ha visitato l’antica chiesa di San Bernardo su in alto e il nucleo vecchio di Cürzut, dove anticamente era ubicato il villaggio prima della bonifica del piano. In questo suggestivo nucleo è in atto un importante lavoro di ricupero storico e culturale, esteso anche alla ripresa di attività agricole e di proposte ricreative e sociali. Alla sera, rientrando ad ora tarda, monsignor Grampa è certamente stanco, mentre il cuore già corre alla tappa successiva. Le parrocchie sono molte e visitarle tutte è un lungo viaggio e un grosso impegno. Ma ne vale la pena.
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La capacità di affrontare e risolvere i problemi in un clima di collaborazione tra cittadini, amministrazione e attività private
È vista di buon occhio la “grande Bellinzona”
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ra le prospettive aleggia sempre quella della fusione. Unanimi questi tre Comuni secondo una posizione che si può così riassumere: nessun pregiudizio, prenderemo in seria considerazione una proposta che prevede l’aggregazione a Bellinzona dei Comuni della fascia nord e sud. «Ci sta bene un progetto che riunisca, tra gli altri anche Monte Carasso e Giubiasco, insomma nord e sud, tale da promuovere lo sviluppo del territorio, ma sinceramente la fusione non è in vetta alle nostre priorità». precisa da Sementina il sindaco avv. Marco Cereda. «Siamo per la grande Bellinzona», sintetizza il sindaco di Gudo, Alberto Crugnola. Intanto a Sementina sono seriamente preoccupati per il futuro della clinica Humaine. «Per noi è importante, sappiamo che la proprietà, la Helsana, non la lascerà vuota, anche se dovesse chiudere come clinica. Siamo convinti che possa e debba continuare a svolgere l’importante servizio attuale soprattutto nelle cure ambulatoriali, vista anche la sua posizione centrale in una zona densamente abitata, Con il sostegno di altri Comuni del Bellinzonese ci siamo rivolti al Cantone per
chiedere il mantenimento: è una rivendicazione regionale, non locale». A Monte Carasso si sta lavorando per riqualificare la zona della collina «che era stata un po’ dimenticata, anche se importante fino alla metà del Novecento», come precisa il sindaco Guidotti. E’ in atto il risanamento del bosco il recupero del pascolo con risvolti anche culturali come l’iniziativa degli Amici di San Bernardo, volta a recuperare appieno questa chiesa medioevale con affreschi esterni ed interni della fine del Cinquecento; quelli della navata sono attribuiti ai Seregnesi. La Fondazione Curzutt-San Bernard è impegnata in un progetto che sappia ridare una funzione alla collina alta di Monte Carasso, nel rispetto delle importanti presenze storiche, naturalistiche e paesaggistiche già collegate da una rete di sentieri didattici. L’ostello per giovani situato nel nucleo di Curzutt è rivolto anche alle scuole per settimane di studio. Significativo lo sviluppo pure di Gudo, che si sta estendendo in modo coordinato garantendo appezzamenti viticoli di ottima qualità, con un’attività agricola e vitivinicola ben al di sopra della
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media cantonale. Non per niente lo stemma del Comune raffigura due grappoli d’uva. Qui operano varie aziende del settore come Tamborini e Delea, ci sono cantine a conduzione familiare, si espande l’agriturismo. Gudo è anche sede, oltre che del Demanio cantonale, di un vigneto modello del Centro federale di ricerche agronomiche di Cadenazzo. Importante la rivalorizzazione in atto della zona collinare e montana dei tre Comuni. Protagonisti i Patriziati, proprietari di boschi e terreni, tutti operanti in stretta collaborazione con i rispettivi Comuni. Ne deriva una rilevante offerta escursionista con ampia rete di sentieri che si estende fino alla Verzasca e ai monti di Prenzo. Ognuno ha le sue capanne: Orino (Gudo), Albagno servito fino a Mornera dall’omonima funivia rinnovata 4 anni fa (Monte Carasso), Mognone (Sementina) con una costellazione di monti e alpi, alcuni caricati soprattutto a manzette. Il versante è ideale per escursioni ma anche per casette di vacanza: solo Monte Carasso ne ha in collina oltre 200. Interessante notare come la manutenzione avvenga soprattutto con il volontariato, con Patriziati e proprietari che organizzano regolarmente giornate di sistemazione dei sentieri.
2005 BELLINZONESE CAMORINO Vigana - S.ANTONINO 28 - 29 - 30 OTTOBRE Camorino e S. Antonino, due Comuni in buona salute, anzi in crescita
Aspettando Alptransit con qualche apprensione AlpTransit significa sbocco della galleria di base del Ceneri proprio a Camorino, zona in Cumlina, al confine con S. Antonino. «Dovremo vigilare per ridurre al minimo l’impatto ambientale e sfruttare le nuove opportunità».
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ai piedi del Ceneri lo sguardo spazia sul piano di Magadino e sui castelli di Bellinzona. Due prospettive, due storie, due diverse attrattive. Camorino e S.Antonino si toccano proprio dove la collina declina verso il piano ed è esattamente lì, in quel punto di congiunzione, che sono costretti a concentrare attenzioni e dubbi per il futuro. Con una certezza, che niente sarà più come prima quando sul territorio di Camorino, zona Cumlina al confine con S. Antonino, si aprirà lo sbocco della Galleria di base del Ceneri nell’ambito dell’AlpTransit, con le conseguenti due “bretelle” di collegamento ferroviario con Bellinzona e Locarno, Eh già, perché dopo la galleria Vezia-Camorino il tracciato della ferrovia di base si snoderà all’aperto prima di rimettersi nel tunnel a Bodio. Il cantiere comincerà ad insediarsi già quest’anno, i lavori presumibilmente dureranno una decina d’anni ed è possibile che, cammin facendo, si complichino ulteriormente visto che il Cantone progetta di costruire proprio a Camorino la stazione Ticino di Alptransit. Il tutto a ribadire che questo è uno snodo decisivo per i collegamenti del Ticino. «È vero, l’autostrada lo dimostra – conviene Vincenzo Mozzini, sindaco di Camorino – anche se noi siam qui a parlare di AlpTransit e intanto non abbiamo lo straccio di una stazione ferroviaria. Per cui è nostra intenzione avere una “stazioncina” sulla “vecchia” ferrovia. Naturalmente a bocce ferme, ossia quando entrerà in funzione la galleria di AlpTransit e potremo oggettivamente pianificare il nostro futuro». Oggi si è alla vigilia di un intervento su qualcosa come 400.000 mq. di terreno, dove per far posto al cantiere sono state espropriate le ultime aziende agricole in
una zona già a suo tempo compressa dall’autostrada. «Dobbiamo prendere atto che finisce la nostra storia legata all’agricoltura, questo indirizzo storico viene definitivamente stravolto. Abbiamo cercato di salvaguardare le aziende, adesso dobbiamo proteggere gli abitanti della zona in Cumlina e la popolazione tutta dall’inquinamento fonico e, in generale dall’impatto con questa quando verrà, ribadisce il sindaco Mozzini. I suoi timori, seppure in scala ridotta, sono gli stessi di Christian Vitta sindaco di S. Antonino. «Anche per noi cambierà fortemente la situazione di quella parte del Comune vicina al cantiere. Dovremo seguire da vicino, capire cosa succederà quali ripercussioni e agire di conseguenza, in accordo con Camorino». Questo principio della collaborazione sui problemi
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concreti ritorna insistente nei rapporti tra i due Comuni, ad esempio sul tema della fusione. Sì o no, e con chi? Con alcuni Comuni del piano (ipotesi Giubiasco, Camorino S. Antonino, Cadenazzo) e del Gambarogno o nell’ambito della grande Bellinzona? Entrambi i sindaci ribadiscono che l’eventuale fusione non è tra le priorità, tantomeno tra la popolazione. «Se ne discute, niente di più, senza preclusioni né decisioni già prese, aspettiamo proposte realizzabili» anche se, precisa Mozzini, «noi siamo come la Svizzera, preferiamo i bilaterali alla fusione». Bilaterali significa collaborazione con i vicini, quindi tra i due Comuni e di Camorino con Giubiasco dove attività comuni sono in atto su diversi fronti, anche a livello giovanile. «Guardiamo verso il Piano e verso il Polo, Bellinzona e Giubiasco. Vediamo cosa succede verso la città per capire se dovremo organizzarci come periferia o tendere al centro», gli fa eco Christian Vitta. La prospettiva dell’impatto di AlpTransit (“sta un po’ anche a noi renderlo meno rude possibile”) non cancella l’attrattività di due Comuni. Camorino conta 2495 abitanti, S. Antonino 2250, entrambi in crescita. Niente palazzoni, per lo più casette unifamiliari che tendono verso la collina. E alle spalle un bel polmone verde S. Antonino ha un importante zona commerciale e industriale, Camorino per lo più piccole aziende. Occupazione a pieno regime, anche se sono nettamente diminuiti gli impieghi federali; tengono quelli cantonali mentre si è conclusa l’evoluzione dal primario al terziario, dall’agricoltura agli im-
2005 pieghi. Chi sta meglio è S. Antonino con la sua zona commerciale e industriale. Parlano i nomi: Migros, Coop, Jumbo, Fly e altri nella grande distribuzione; Interrol, SMB, Gnosis Biosearch, Geniomeccanica, Veronelli, Lati, Jowa, Delcò Mobili e altre industrie. In totale almeno 1700 impieghi installati sul lato destro della cantonale, mentre il paese si diffonde sulla sinistra. «È vero, stiamo mica male, moltiplicatore all’85%, ma si sa che i proventi dalle persone giuridiche vanno presi con le molle, possono cambiare di molto da un anno all’altro, per cui la prudenza si impone, viste anche le difficoltà del Cantone» indica il sindaco Vitta.
Don Adelio Martinoli, un parroco per due grandi parrocchie
Vita religiosa nella collaborazione con i laici e con le amministrazioni
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a quattro anni parroco di Camorino e S. Antonino è don Adelio Martinoli. Ovvio chiedergli come sia possibile gestire da solo una doppia parrocchia con quasi cinquemila abitanti. «Bisogna sapersi organizzare e avvalersi della collaborazione dei laici soprattutto per la parte amministrativa. Un esempio: nel primo ciclo delle elementari catechiste sono alcune mamme. Ho trovato molta disponibilità in molti campi della vita delle Parrocchie, anche sul piano liturgico. Abbiamo gli organisti, a Camorino una Corale che accompagna molto bene le funzioni religiose; è attivo un gruppo di accoglienza per le persone anziane, responsabile la signora Giottonini, che si raduna settimanalmente e ha il compito anche di visitare e tenere i contatti con le amministrazioni comunali. Come faccio? Basta parlarsi, e parlarsi chiaro, poi le cose funzionano. Siamo sempre arrivati ad attivare insieme le soluzioni giuste». Il parroco don Martinoli sottolinea in particolare l’ottima, decisiva collaborazione dei Consigli parrocchiali. E l’ampia zona industriale di S. Antonino? «Lì i contatti sono difficili, la gente viene, lavora, se ne va. Però un bell’esempio, quello di
una fabbrica che ogni anno, sotto Natale, invita il parroco a celebrare la Messa alla presenza di tutti i dipendenti. Una bellissima iniziativa, che spero venga imitata anche da altre aziende». Grazie anche alla sinergia con Consigli parrocchiali e Comuni, tutti gli edifici religiosi sono in buono stato, restaurati negli ultimi decenni. «Siamo perfettamente aggiornati su questo fronte. Il problema vero non è di strutture fisiche, ma della coscienza di appartenere a una comunità. E questa sensibilità viene a diminuire, cosicché con facilità si viene meno all’impegno dell’imposta parrocchiale, che può essere capita o non capita ma comunque permette alla parrocchia di offrire determinati servizi di cui anche la popolazione sente il bisogno». La parrocchiale di Camorino, un po’ discosta sul colle, è dedicata a S. Martino; in centro paese sorge la chiesa dell’Annunciata, entrambe sono state ben restaurate; nella frazione di Vigana, che fa da cerniera tra Camorino e S. Antonino, sorge l’oratorio di San Giulio, luogo di incontro delle due comunità, dove ogni anno si celebra la festa patronale il 31 gennaio. La parrocchiale di S.
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Antonino, è dedicata a S. Antonino e S. Agata. È un pregevole monumento storico, considerato il più antico edificio di culto del Bellinzonese, come testimoniano alcuni reperti e il bel campanile. Tra le ricorrenze, va citato il cosiddetto “incanto di S. Antonio” la seconda domenica di gennaio con la benedizione sul sagrato del sale, dei prodotti della terra e di attività ad essa legata come la mazza. Alla sagra di S. Agata, prima domenica di febbraio, durante la Messa si benedice il pane che viene distribuito tra i fedeli. Alla festa della Madonna, prima domenica di maggio, ogni quattro anni si tiene la processione nelle vie del paese portando la bella statua lignea. La festa di San Rocco è istituita quale festa votiva nel 1918 come ringraziamento per aver protetto il paese dalla “spagnola”; adesso si tiene a fine agosto, prima dell’inizio dell’anno scolastico, con una processione con il simulacro del santo. Anche nella festa di S. Antonino, terza di novembre, durante la Messa viene benedetto e distribuito il pane. Le tradizioni rimangono e assumono nuovi significati.
2005 IL PROGRAMMA Venerdì 28 ottobre S. Antonino 15.00 Incontro con allievi e docenti delle scuole elementari. Camorino 15.30 Incontro con allievi e docenti delle scuole elementari. 16.00 Incontro con il Municipio. 16.30 Visita anziani e malati a domicilio. Vigana 17.30 Oratorio San Giulio: Santa Messa. 18.45 Incontro e cena con il Consiglio parrocchiale di Camorino. Sabato 29 ottobre S. Antonino 09.00 Incontro con gli scout. 09.45 Visita anziani e malati a domicilio. 12.00 Pranzo. 14.00 Incontro con i cresimandi delle due comunità. 15.00 Visita anziani e malati a domicilio. 16.00 Incontro con il Municipio. 16.30 Incontro con il Consiglio parrocchiale. 17.30 Santa Messa e visita al cimitero. 19.00 Cena. 20.30 Incontro con la popolazione delle due comunità. Domenica 30 ottobre Camorino 09.30 Santa Messa e visita al cimitero. 12.00 Pranzo con le Autorità comunali, patriziali e parrocchiali. 14.00 Incontro con i chierichetti e i bambini della Prima comunione. S. Antonino 15.00 Incontro con i chierichetti e i bambini della Prima comunione. 16.00 Incontro con i catechisti e i catechisti parrocchiali. 17.30 Liturgia di ringraziamento e chiusura della visita.
IL PROGRAMMA
Per un cristianesimo chiaro e sincero D
“ el nostro meglio”; “Sempre pronti”; “Insieme con volontà”; “Servire”: con questi “gridi”, rispettivamente “gridati” da lupetti, esploratori, pionieri, capi, gli Scaut, rigorosamente in cerchio sul praticello attiguo alla loro sede, hanno accolto e salutato il Vescovo, sabato mattina, all’inizio della seconda giornata di visita pastorale a Sant’Antonino e Camorino. Un incontro intenso e vivace, simpatico e solare, dentro quella dimensione scaut, da tradurre in impegno, serietà e voglia di cammino. Coordinate subito riprese da mons. Grampa, capace di addentrarsi con familiarità dentro le prospettive di questa proposta educativa più attuale che mai: l’attenzione alla natura, il servizio agli altri, lo sguardo verso l’alto, in un continuo fare tappa (nel provvisorio della tenda) e ripartire, perché la pista è infinita e attraversa l’intera esistenza, tradotta in avventura. Vivaci del resto erano stati anche gli incontri di venerdì pomeriggio con le Scuole Elementari dei due Comuni confinanti ai piedi del Ceneri. A Camorino dialogo e domande avevano trovato la cornice del “pellegrinaggio”, dipinta dagli stessi ragazzi con un canto e un “grido”, collegato alla “pista” che porta al celebre Santuario di Montserrat. Mons. Grampa si è subito sintonizzato, invitando gli allievi al “cammino” verso Santiago di Compostela, che gli sta particolarmente a cuore. Ha così ricordato il saluto che si scambiano i pellegrini, stanchi del loro continuo andare, ma con nel cuore attesa e fiducia di arrivare. “Ultreia”, cioè “avanti, oltre”. E la risposta: “ultreia, suseia, Santiago”: cioè, “forza che più avanti, più in alto, c’è Santiago”. Un grido, un
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saluto e un augurio che valgono ovunque sulle infinite piste della vita e dei cuori. Ma vivace e ben partecipato è stato pure l’incontro di sabato sera con la gente delle due comunità, pastoralmente affidate a don Adelio Martinoli. Il Vescovo ha subito coinvolto i presenti sulla realtà del cristianesimo oggi, confrontato con l’insidia dell’indifferenza religiosa, resa ancora più sottile dalla cultura globalizzata che respiriamo; e sul pericolo, altrettanto insidioso, di un cristianesimo “à la carte” in un “fai da te”, che svicola dalla chiarezza del Vangelo, per scegliere binari comodi e individuali. Ne consegue l’impegno di vivere la fede con chiarezza e coerenza, sia a livello personale che comunitario: per un cristianesimo che sfidi il tempo e che mantenga la sua autenticità di essere sale; per una comunità che viva l’unità nella comunione; per trasmettere alle nuove generazioni un’autentica eredità cristiana. Un richiamo forte: di impegno e di conversione. Del resto la stessa visita è essenzialmente un richiamo: paterno, affettuoso, ma altrettanto deciso. Scopi e finalità di questo andare del Vescovo nelle comunità sono stati ben ripresi anche da Aldino Barboni, presidente del Consiglio parrocchiale di Camorino, nel suo saluto di domenica, prima della santa Messa, nella suggestiva chiesa di San Martino: “Oggi sempre più abbiamo bisogno di questi richiami, del risveglio delle nostre coscienze e del senso di responsabilità, da veri cristiani e di battezzati”. Il Vescovo va di parrocchia in parrocchia proprio per portare questo annuncio: da tradurre in invito. Ora una pausa: riprenderà fra due settimane con Giubiasco e la Morobbia.
2005 Una prospettiva simile per due località che puntano sulla collaborazione intercomunale
Proteggere la vivibilità all’interno dei paesi a serenità riguardo alla prospettiva della fusione nasce anche dal fatto che i due Comuni hanno le infrastrutture di base: scuole, servizi, acqua, Consorzi ecc. Non manca nulla, e anche questo concorre a delineare un’alta qualità di vita. Con un neo per Camorino: nonostante le dimensioni, gli abitanti, i passaggi, non c’è più un negozio. «La gente si muove per lavoro, Giubiasco e S. Antonino sono vicini, si trova di tutto, per cui la mancanza si sente si e no. Pensiamo comunque ad un nuovo stabile da realizzarsi in sinergia tra pubblico e privato dove, accanto a spazi commerciali ed abitativi, trovino posto anche una sala multiuso per il Comune e un negozio di generi alimentari» precisa il sindaco Mozzini, elencando poi una serie di progetti sui quali il Comune sta lavorando: migliorare la mobilità all’interno del paese, rendere più sicuri
i percorsi casa-scuola, gestire lo sviluppo edilizio (una ventina di domande l’anno in media) in maniera equilibrata, risolvere al più presto il quesito se costruire una nuova scuola dell’infanzia o realizzare qualche nuova sezione nei pressi della scuola elementare, con mensa a favore anche dei più grandicelli, far partire entro il prossimo anno quel progetto pubblico-privato, realizzare un nuovo magazzino comunale, la cosiddetta “tirata di Cadenazzo”, contribuendo a creare una situazione di maggior sicurezza. Al momento il Cantone sta progettando un separatore centrale e una pista ciclabile. Il Comune partecipa e promuove l’illuminazione della zona. «Ma la vera prospettiva è quella del declassamento della cantonale a strada locale, grazie alla nuova superstrada che si colleghi, alla rotonda dell’aeroporto, con l’attuale che porta a Locarno.
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È inserita nel Piano direttore del Cantone, speriamo arrivi nei prossimi anni ma dobbiamo anche essere realisti tenendo conto di opposizioni e difficoltà finanziarie», commenta il sindaco Vitta. Poi c’è il collegamento dalla cantonale al paese, adesso regolato da uno stretto sottopassaggio. «È legato anch’esso al futuro del rettifilo, anche qui sono prevedibili tempi lunghi, ma certo per noi quest’opera è cruciale». Nel frattempo S. Antonino investe in migliorie e manutenzioni, strade e acquedotto «che serve la popolazione e la zona industriale in modo egregio anche in periodi di siccità. Insomma vogliamo migliorare la qualità della vita: mobilità, servizi, scuole, asilo, grati della visita che lo scorso anno ci ha fatto il presidente della Confederazione».
2005 BELLINZONESE GIUBIASCO - PIANEZZO - S.ANTONIO 11 - 12 - 13 NOVEMBRE Giubiasco e la Valle Morobbia hanno molti progetti in cantiere
Il futuro è nell’edilizia e nello sviluppo industriale S. Antonio, Pianezzo e Giubiasco lamentano però gli effetti della nuova ripartizione degli oneri con il Cantone. I problemi si affrontano anche grazie «alla collaborazione con i Comuni vicini» dice il sindaco di Giubiasco, Andrea Bersani.
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egli ultimi quarant’anni Giubiasco ha raddoppiato la popolazione, adesso veleggia verso gli 8.000 ed è, per abitanti, il quarto centro del Cantone. Soprattutto attorno al nucleo centrale, il cosiddetto “borghetto” con scorci che conservano un ricordo antico, ferve l’attività industriale ed edilizia; oltre 2000 posti di lavoro e circa 250 appartamenti in costruzione. Insomma non ha alcuna intenzione di dimissionare dal suo ruolo storico di «punto di riferimento del contado» – come indica Giuseppe Chiesi, capo dell’Ufficio dei beni culturali del Cantone – ossia la cintura di Comuni della periferia. Ha sempre rappresentato gli interessi della campagna rispetto alla città, per secoli in questo senso ha rivestito una funzione politico-amministrativa, e adesso contribuisce in ampia misura a formare quel diffuso agglomerato che da Camorino si prolunga fino a Claro, attraversando Bellinzona. Del passato agricolo conserva, oltre ad alcuni toponimi e a qualche piccola azienda familiare, quell’attenzione al territorio che interpreta con un’edilizia non invasiva e con due riferimenti importanti come i terreni, le zone verdi e di svago verso la riva del Ticino e, soprattutto, quell’autentico polmone che rimane la Valle Morobbia. Sorge in una posizione strategica che storicamente ne ha fatto un crocevia di strade da sud (Monte Ceneri), da nord (San Gottardo e S. Bernardino), da ovest (lago Verbano) e da est (passo S. Jorio) dove, appunto attraverso la Valle Morobbia, gestiva i collegamenti con i territori dell’alto Lario. Questa sua funzione di collegamento e rappresentanza del “contado” rimane tuttora, seppure in forma diversa. Si esprime con la spiccata
vocazione a collaborare con i Comuni vicini. «Riusciamo in modo efficace ad affrontare i problemi intercomunali o, se vogliamo, regionali, per avere servizi che funzionano», precisa il sindaco Andrea Bersani indicando lo stretto dialogo con Camorino, S. Antonino, Sementina, Monte Carasso e di due Comuni della Valle, Pianezzo e S. Antonio. «L’altro punto essenziale rimane il rigore finanziario al quale siamo obbligati da finanze non floride. Ci penalizza la ripartizione degli oneri stabilita dal Cantone, aggravata dal fatto che negli ultimi anni abbiamo avuto una contrazione del reddito già di per sé non florido». Ciononostante Giubiasco, con il moltiplicatore al 93%, rimane «un Comune attrattivo, che sa badare a se stesso, come dimostra il grosso impegno nella sistemazione di piazza Grande, zona di traffico, di attraversamento con la rotonda, ma anche di spazi a disposizione delle comunità». L’orgoglio di saper badare a se stessi riaffiora lungo i tornanti della Val Morobbia, sempre coniugato con la diminuzione delle risorse finanziarie, la ripartizione degli oneri e la comunque ottima qualità di vita. Anche la Valle ha cambiato vocazione, l’agricoltura è scomparsa, sostituita da un nuovo concetto di gestione del territorio. Lo sottolinea Silvia Gada sindaco di S. Antonio, 200 abitanti, un territorio vasto che si protende fino al S. Jorio, attraversato da quel profondo solco geologico noto come “linea insubrica”, una storia importante fatta di monti, alpi, selve, rapporti con l’Italia, estrazione del ferro. «Abbiamo limitati margini di manovra finanziaria, collaboriamo bene con Pianezzo e Giubiasco, sviluppiamo il turismo promuovendo il territorio, mantenendo e migliorando strade
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e sentieri, Siamo coscienti che la zona è interessante, bella, attrattiva, tranquilla, a misura d’uomo; siamo in campagna-montagna ad un quarto d’ora da Giubiasco e quindi da tutti i servizi e collegamenti possibili». Sindaco donna con Monica Pini anche a Pianezzo, 540 abitanti, posizione geografica invidiabile con lo sguardo che spazia dai monti al Verbano. «Siamo un Comune piccolo, che d’estate raddoppia gli abitanti, il che sottolinea il suo carattere residenziale. Abbiamo le cose essenziali, ossia il verde, che comprende tutta la zona dei monti di Paudo, una vita comunitaria funzionante, il lavoro su Giubiasco e Bellinzona, e una risorsa essenziale come l’acqua. In questa legislatura siamo impegnati a completare il Piano generale di smaltimento delle acque, un progetto in atto da 15 anni: protezione delle sorgenti e dei bacini di raccolta, canalizzazioni, acqua potabile, illuminazione stradale. Manca solo la parte di Pedevilla, finiremo l’anno prossimo, nonostante l’opposizione dei due partiti maggiori».
2005 Idee e concretezza nei tre Comuni e nella regione di montagna Valle Morobbia
La Storia e l’attualità tra via del ferro e turismo
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istrettezza delle risorse si coniuga con programmazione, sottolineano i tre sindaci. Tutti e tre i Comuni, pur secondo il principio di fare il passo secondo la gamba, sono impegnati sul fronte degli investimenti. Giubiasco con la sistemazione del centro e di piazza Grande, la pianificazione del territorio, una serie di opere pubbliche puntuali “per mantenere e migliorare i servizi”. S. Antonio con il rifacimento dell’illuminazione stradale, un programma di nuovi parcheggi, la collaborazione con la Regione per la protezione della selva castanile sopra Carmena, la valorizzazione della strada del ferro, il ripristino dei sentieri e un sogno nel cassetto del sindaco Silvia Gada: «un maggior interessamento dei giovani alla cosa pubblica. Pianezzo deve gestire il costante aumento della popolazione e la vocazione residenziale-turistica, mantenere i servizi, banca e posta comprese, terminare quel progetto della gestione dell’acqua su cui
punta da vent’anni». I due Comuni sono affiancati dalla Regione di montagna Valle Morobbia, la più piccola del Cantone, «intesa a migliorare le condizione di vita della gente che vive sul territorio» precisa il presidente Silvano Codiroli. «Siamo coscienti di essere legati al territorio e alle sue qualità, non abbiamo industrie, sono terminate agricoltura e pastorizia, in valle non c’è più una mucca, ma abbiamo 90 km di sentieri, una serie di realtà escursionistiche e di specificità da valorizzare, un’importante funzione di supporto e di stimolo». Codiroli cita l’ostello della gioventù che sta sorgentdo a Vellano; i 28 km della “via del ferro” lungo il percorso delle antiche miniere che dal ‘400 all’800 hanno segnato l’economia e la vita della valle; l’operazione di archeologia, sulla sponda sinistra della Morobbia, circa la ricerca e il recupero delle “bocche” dell’estrazione del ferro; l’attenzione verso l’alpe Giumello, ancora caricato a mucche, da cui viene un ottimo
IL PROGRAMMA 13.45 15.30 16.00 18.00 20.00
Venerdì 11 novembre Giubiasco Visita alla scuola media. Visita ai laboratori Fondazione Diamante. Visita alla Casa Aranda. Incontro con i Municipi di Giubiasco, S. Antonio e Pianezzo. Cena con il Gruppo giovani.
Sabato 12 novembre Giubiasco 08.45 Incontro con il Consiglio parrocchiale. 10.30 Celebrazione della Confermazione. Aperitivo. 12.30 Pranzo con le suore Misericordine. 14.30 Angolo Incontro: incontro con malati e anziani. Merenda. S. Antonio 16.30 Preghiera in cimitero. 17.00 Celebrazione dell’Eucaristia. 18.00 Incontro con la popolazione. Spuntino. Giubiasco 20.30 Angolo incontro: presentazione dei gruppi parrocchiali e preghiera. Domenica 13 novembre Giubiasco 08.45 Preghiera in cimitero. 09.30 Celebrazione dell’Eucaristia. 11.00 Celebrazione dell’Eucaristia. 12.30 Pranzo con il Consiglio di comunità. 14.00 Visita ai malati a domicilio. Pianezzo 16.30 Preghiera in cimitero. 17.00 Celebrazione dell’Eucaristia. 18.00 Incontro con la popolazione. Aperitivo. 20.00 Cena con i Consigli parrocchiali di Pianezzo e S. Antonio.
IL PROGRAMMA formaggio, «dove non è escluso che si sviluppi un agriturismo». Con la Regione Valli di Lugano si lavora al Parco del Camoghè, 250 kmq di cui 120 in Svizzera. «Siamo a buon punto, abbiamo presentato un progetto Interreg per valorizzare gli aspetti culturali insiti nell’essere un “portale nord” della regione dell’alto Lario e del lago d’Orta. Non mancano davvero impegno e obiettivi. Passa in secondo piano il tema della fusione. Non è che dicano «abbiamo altro da pensare», ma poco ci manca. «Non ci interessano le dichiarazioni di principio, aspettiamo proposte per lavorare sul concreto e in base a un programma; sono altre le cose che ci occupano, la tendenza all’aumento dell’assistenza, la rete di protezione sociale, i giovani, la gestione del traffico», precisa il sindaco di Giubiasco, che si dice tranquillo anche sull’impianto smaltimento rifiuti. «Abbiamo
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Il racconto più bello è quello di Gesù Visita pastorale a 360 gradi quella a Giubiasco e in Valle Morobbia. Un’intensa e variegata “tre giorni”, dove ha trovato spazio anche una breve partecipazione alla “notte del racconto” di venerdì. Il vescovo ha infatti colto al volo l’opportunità di questa suggestiva serata per una sosta, poco dopo il tramonto, alle Scuole elementari di Giubiasco, dove oltre 300 bambini stavano entrando in quel magico evento. “Sentirete tanti racconti”, ha detto ai piccoli, “belli, suggestivi, interessanti, che vi faranno sognare e viaggiare con la vostra fantasia”. E subito ha aggiunto: “ricordate però che il racconto più bello e più vero è quello di Gesù, che a Natale ci porta un grande dono: il suo amore”. Prima ancora aveva risposto alle domande degli allievi di quarta media e visitato il Laboratorio Protetto della Fondazione Diamante; si era incontrato con gli ospiti della Casa Aranda ed era stato ricevuto in Municipio dalle autorità dei tre Comuni: Giubiasco, Pianezzo, Sant’Antonio. Poi, scesa ormai la notte, ha ritrovato l’orizzonte del racconto con gli adolescenti e i giovani. Li ha ascoltati con interesse, sottolineando “impegno, serietà,
cordialità, amicizia”; ha letto loro un suggestivo racconto; ha definito la serata “simpatica, bella, vivace”, precisando di aver “incontrato giovani dalle facce pulite, serene, allegre; di aver colto uno spirito di vera amicizia in una convivialità sincera”. Ha espresso una certezza: “abbiamo bisogno di giovani come voi, abbiamo bisogno di angoli d’incontro come questo, soprattutto al termine della scuola media, quando c’è il rischio di perdersi nelle banalità e di non avere punti di riferimento”. Ha espresso un augurio: “la vostra esperienza non si interrompa. Continuate a crescere insieme, a percorrere questa avventura, a proseguire con i campi di lavoro e nelle azioni di volontariato. Vivete il dono dell’amicizia per poi portarla agli altri”. Una visita impegnativa, ma sicuramente ricca di stimoli in una comunità parrocchiale dove i laici hanno ampi spazi di lavoro, partecipazione, responsabilità. Don Angelo Ruspini, parroco di Giubiasco dal 1989 (con lui collabora il vicario don Reynaldo Escobar) ha saputo coinvolgerli e responsabilizzarli, attraverso un’impostazione pastorale essenziale come il suo modo di fare. E’ sufficiente al riguardo
rilasciato la licenza di costruzione e posto condizioni ben precise, il Municipio a suo tempo ha sostenuto l’iniziativa, adesso tocca al Cantone». Intanto insiste sulla collaborazione con i Comuni vicini: scuole, casa anziani, polizia, giovani, tecnico comunale ecc. In Valle non si parla di mettere insieme i due Comuni, figuriamoci una fusione più ampia. «Qui la gente ha uno spiccato senso dell’autonomia, teme con l’aggregazione di perdere la propria indentità» precisa Silvano Codiroli.
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“citare” il semplice grembiule appeso in sacrestia a Giubiasco sul passaggio che conduce al presbiterio. Accanto una scritta: “il grembiule è l’unico paramento sacerdotale registrato nel Vangelo (…) un panno rozzo di cui il Maestro si cinse i fianchi per lavare i piedi agli apostoli, in segno di servizio e di umiltà suprema”. La vitalità della parrocchia è ampiamente emersa poi nell’incontro di sabato sera con la popolazione, dove si sono presentati i vari gruppi impegnati nella comunità. Con vivacità, chiarezza e fantasia hanno presentato attività, attese, prospettive. Tanti tasselli per un ricco mosaico in un orizzonte di preziosa gratuità, convinti, come ha commentato il vescovo, esprimendo gratitudine e apprezzamento, che “è più bello dare che ricevere”. Anche la visita pastorale del resto è essenzialmente un servizio, tradotto in incontri, celebrazioni, tanti piccoli gesti, che diventano altrettanti messaggi. Semi che cadono ovunque come nella parabola del seminatore. Il germoglio poi appartiene al mistero del vivere. E del cuore.
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La parrocchia interpretata come luogo di amicizia e di crescita della fede
Un crescente coinvolgimento dei laici nella vita delle comunità parrocchiali Catechesi, liturgia, e azione caritativa sono alcune tra le tante attività dei gruppi laicali
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ra Giubiasco e la Valle ha preso forma un crescente e interessante coinvolgimento dei laici nella vita delle parrocchie. Don Angelo Ruspini, parroco da 16 anni, a parte l’ovvia esigenza di gestire comunità popolose e diffuse tra il piano con le sue frazioni e la Valle, chiarisce che questo processo di coinvolgimento e responsabilizzazione ha come fine di «radicare il concetto di parrocchia come luogo di crescita della fede. La parrocchia oggi è il luogo della missione, per cui ci siamo posti tre obiettivi di fondo: catechesi, liturgia e carità, ognuno con dei responsabili laici». All’interno di questi riferimenti principali sono nati altri gruppi, tra cui la Caritas parrocchiale, ognuno con un proprio programma, un responsabile laico e il prete come riferimento. Questa organizzazione assicura una maggiore vitalità, grazie anche alle riunioni periodiche di ogni gruppo, «tutti orientati verso un intendimento pastorale». Ma in concreto come funziona? «Ogni anno si dispone un piano pastorale per il coordinamento di tutti i gruppi per fissare gli obiettivi in sin-
tonia con il Consiglio pastorale parrocchiale, che qui chiamiamo Consiglio di comunità: feste liturgiche, momenti di catechesi, conferenze, attività riferite alla carità, feste religiose ecc. Ci poniamo questi traguardi per creare una sorta di respiro parrocchiale, che formi una corrente in cui la popolazione che vive la fede si trova coinvolta e costruisce sempre più la comunità». Il parroco don Ruspini è affiancato dal vicario don Reynaldo Escobar, nicaraguense, «ottimo collaboratore in questa ottica di condivisione del lavoro. È più vicino ai giovani e alla Valle, io agli adulti e al borgo». Un diacono permanente, don Giorgio Ulrich, collabora a sua volta nella catechesi, carità e liturgia. A Giubiasco ci sono le Suore misericordine, attualmente tre, che da 70 anni prestano anche servizio domiciliare infermieristico. «È una loro caratteristica, molto preziosa per la pastorale, per la conoscenza, la vicinanza ai malati e la spiritualità»; sono affiancate da un gruppo a guida laica, gruppo che visita regolarmente malati, anziani e bisognosi. L’organigramma parrocchiale comprende la Corale Cantoria, il gruppo lettori “Parola di Dio”, gli Scaut, il gruppo giovani che si riunisce ogni venerdì sera. In Valle ci sono gruppi di incontro
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nelle due parrocchie, che svolgono un lavoro di socializzazione e preparano diverse iniziative. «Sono sempre guidati da laici che interagiscono tra loro, io li responsabilizzo» indica don Ruspini. Sul piano delle strutture sono stati ultimati restauri delle chiese, la parrocchia ha costruito nel ‘99 una grande sala, un “Angolo di incontro”, ha sistemato “Le Fragranze”, la casa della Suore misericordine, «centro di spiritualità e di legame fraterno». Ha alcuni appartamento sussidiati e non, è attenta ai poveri, ha un doposcuola per ragazzi, gestisce l’oratorio, un gruppo di catechisti sia per la scuola (20 sezioni) sia per la parrocchia «sempre con il meccanismo dei gruppi laici». Adesso si sta preparando il Natale, si pensa ad un presepio in piazza Grande in collaborazione con le scuole, mentre è in atto con il Comune il progetto per il completo rifacimento del vecchio oratorio parrocchiale. Quando ci saranno le possibilità finanziarie, sarà creato uno spazio giovanile che tenga conto anche delle esigenze parrocchiali. «Credo nel movimento parrocchiale, non finirò mai di lodare i laici. Lavorando insieme siamo riusciti a creare una fisionomia di parrocchia con una solida continuità di programma», conclude il parroco.
2005 BELLINZONESE BELLINZONA SACRO CUORE - CARASSO - DARO Artore 18 - 19 - 20 NOVEMBRE Bellinzona punta sulla storia e sul polo medico-scientifico
Ben piantata nella tradizione la capitale non teme il futuro Nella Capitale si annuncia un forte sviluppo edilizio a cominciare dal nuovo quartiere di Pratocarasso. Siamo in una fase decisiva degli approcci per la fusione dei Comuni. Grande sviluppo degli istituti di ricerca in biomedicina e biotecnologia.
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ellinzona da anni, da decenni non si schioda dai 17000-17500 abitanti. Punta sulla qualità più che sulla quantità; non a caso sono in molti a ritenere che la “capitale” abbia il miglior centro storico del Ticino, tutto pedonale, un vero cuore cittadino: piazze vecchie e nuove, Municipio, Collegiata, mercato, banche e commerci. Su questo piano non teme confronti, ancor più se si aggiungono i tre castelli (Castelgrande, Montebello, Sasso Corbaro), le fortificazioni e la cinta muraria iscritti da cinque anni nella lista del patrimonio dell’umanità stilata dall’UNESCO. Quindi la storia, anche la grande storia è il primo pilastro della città. Gli altri sono l’amministrazione cantonale che in quasi due secoli ha “riconvertito” parte della città (il palazzo del Governo è nelle ex Orsoline) e un settore in pieno sviluppo come il polo medico-scientifico, con laboratori cantonali, istituti di ricerca in biomedicina e biotecnologia. Si aggiungono all’Ospedale San Giovanni con l’annesso Istituto oncologico cantonale; entrambi negli ultimi anni hanno conosciuto un importante sviluppo. Quindi, non solo storia e amministrazione, ma anche innovazione e ricerca. Che sia una città scoppiettante, nessun dubbio, anche dalla prospettiva della politica comunale. Forse per questo Bellinzona dispone del corpo pompieri più longevo del Ticino, fondato addirittura nel 1829. «Ancora non aumentiamo di numero, ma abbiamo smesso di diminuire», precisa il segretario comunale Loris Zanni. «Abbiamo sviluppato le premesse per una crescita puntando su settori progressivi come quelli della scienza e dell’informatica, ma vogliamo cogliere anche le altre occasioni di sviluppo». Coincidenza o meno, pro-
prio in questi tempi si nota un fermento edilizio, in particolare sta per partire la pianificazione di Pratocarasso. Siamo in zona visita pastorale, da domani il Vescovo si dividerà tra le parrocchie del Sacro Cuore, Carasso, e Daro-Artore, ossia pedemontana nord, tra piano e collina. Pratocarasso, appunto il prato di Carasso è forse il maggiore spazio urbano non edificato del Cantone. Situato tra strada cantonale e fiume Ticino, accoglie le ultime aziende agricole fino ai confini di Arbedo. Sarà il nuovo quartiere di Bellinzona «con un carattere residenziale qualificato», precisa l’avv. Filippo Gianoni, capo dicastero Pianificazione. «Intendiamo fissare pochi ma chiari limiti: case al massimo di 3 piani, tessuto edilizio qualificato da aree di verde obbligatorie;
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centro di quartiere con infrastrutture, servizi, spazi sociali, sportivi, attività di animazione e commerciali». A far da battistrada sarà quanto prima (un paio d’anni) il Cantone con la nuova scuola media 2 dell’arch. Livio Vacchini, con doppia palestra e sale multiuso. «La speranza è di poter aprire i cantieri tra due, massimo tre anni. All’inizio per le scuole comunali basterà la elementare Al Maglio, poi ci si dovrà adeguare allo sviluppo demografico. Previsti la nuova strada di collegamento e un posteggio nelle vicinanze delle elementari». Già pubblicato il progetto per una nuova Casa anziani sul terreno vicino alla Casa Mariotti delle Suore agostiniane di Poschiavo, dedite proprio all’asistenza agli anziani: una novantina di posti letto, probabile realizzazione tra due anni. Nella zona di Pedemonte sorge la realtà integrata delle Fondazioni “Madonna di Rè” con “E noi”, fondata da don Giovanni Maria Colombo con un’iniziativa pionieristica fondata su risposte puntuali a una casistica di persone con handicap mentale e fisico, spesso multiplo, «con un forte senso di accoglienze e di non discriminazione, una disponibilità a 360 gradi, nello spirito del fondatore» come precisa la direttrice Annamaria Bronner.
2005 Oltre un centinaio di collaboratori inseriti in modo ottimale
I laici come linfa della parrocchia: l’esempio riuscito del Sacro Cuore a vita religiosa della zona parte da due poli ben caratterizzati: la parrocchia del Sacro Cuore con la comunità dei Cappuccini, quella di S. Maria delle Grazie con don Carlo Scorti. La prima annovera anche Carasso, la seconda Daro e Artore. Quella del Sacro Cuore è una della più nuove della Diocesi, ha 22 anni, P. Callisto ne è il primo parroco. «È un fatto inusuale. Nessuno diventa parroco nella propria parrocchia; mi è stato risposto che conoscevo bene l’ambiente». I frati hanno accettato, anche se non è compito loro reggere parrocchie, ma hanno rispettato la clausola conclusa nel 1939 secondo la quale la nuova chiesa sorgeva se i frati fossero rimasti. «Essendo accettata e nuova – chiarisce P. Callisto – andava impostata con criteri nuovi e condivisi. Come parrocchia non IL PROGRAMMA 18.45 19.00 20.00
Venerdì 18 novembre Carasso Ritrovo in casa parrocchiale. Chiesa: processione ed Eucaristia Cena con la popolazione e incontro con il Vescovo.
Sabato 19 novembre Artore 15.00 Chiesa: preghiera e visita al cimitero. Incontro con la popolazione. Daro 17.00 Visita al cimitero e Santa Messa. Incontro con la popolazione. Cena con il Consiglio parrocchiale e rappresentanti delle associazioni.
abbiamo associazioni, collaboriamo con quelle di quartiere, si è sviluppata un’intensa partecipazione dei laici; proprio domenica in occasione della visita del vescovo consegneremo il “mandato” a oltre 100 di loro. E questo interpretando il tempo che stiamo vivendo, i pochi sacerdoti a disposizione ma anche la forza della novità e la chiamata alla responsabilità». È stata impostata la catechesi continua per bambini dalla 2a elementare alla 3a liceo, non finalizzata solo alla preparazione della Prima Comunione o della Cresima, del resto posticipata a 18 anni. Le processioni sono state sostituite da manifestazioni in chiesa, sacre rappresentazioni, momenti di liturgia attiva anche con filmati. Un riferimento non solo per la parrocchia, rimane Spazio Aperto. La parrocchia ha donato il terreno, il parroco ne è attualmente presidente, ma non per statuto. Serve alla parrocchia per tutte le attività culturali e sociali, ma è aperto, di nome e di fatto, a qualsiasi altra associazione o religione, alla città, alla regione e oltre. Padre Callisto definisce il Sacro Cuore una «parrocchia elettiva. La frequentano e sono attive parecchie persone che non vivono nei confini geografici della parrocchia. Abbiamo seguito
Domenica 20 novembre Bellinzona 10.00 Chiesa Sacro Cuore: arrivo del Vescovo e incontro con i bambini e ragazzi. 10.45 Santa Messa con il conferimento del mandato ai collaboratori per l’anno pastorale 2005-2006. 12.15 Centro Spazio aperto: Pranzo. 14.00 Spettacolo sulla storia della Comunità. 15.00 Casa anziani Greina: visita agli ospiti. 16.00 Casa anziani comunale: visita agli ospiti. 17.00 Chiesa: incontro del Vescovo con i giovani. 18.00 Santa Messa. 19.15 Centro Spazio aperto: cena dei collaboratori.
IL PROGRAMMA
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l‘invito del vescovo Corecco: “la tua parrocchia è là dove cresce la tua fede” e i fedeli arrivano da un po’ ovunque». La popolazione appartiene al ceto medio-alto, relativamente giovane, con piccole sacche di immigrazione, avendo il PR di Bellinzona previsto la parte popolare a sud. «Se non riusciamo noi a fare comunità avendo un territorio altamente popolato, e geograficamente ristretto, con al centro una chiesa e uno spazio aperto, con una formazione sociologica abbastanza uguale, nessuno ci può riuscire. Abbiamo le condizioni ottimali, e questo è un impegno». La parrocchiale è appunto il Sacro Cuore, costruita per iniziativa dei Padri Cappuccini negli anni ‘38-‘39 dall’architetto Rino Tami, capostipite della scuola architettonica ticinese contemporanea. L’interno di mattoni a vista è a navata unica e sulle pareti sono di notevole interesse gli ampi affreschi della via Crucis eseguiti da Guido Gonzato. Degno di rilievo il grande Crocifisso quattrocentesco posto all’inizio del presbiterio. La parrocchia dispone poi di due cappelle nelle Case per anziani: la Comunale e la Greina. Carasso rimane invece una parrocchia tradizionale: processione del Corpus Domini e di S. Anna, Messe in montagna ecc. «Ha avuto un grande parroco, don Lanini, è seguito un avvicendamento di sacerdoti che non ha giovato alla parrocchia finché nel ‘97 l’abbiamo assunta noi. Vi si identificano soprattutto gli abitanti di Carasso, circa 800 persone, i bambini frequentano le scuole comunali a Bellinzona quindi seguono
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Impegnarsi per la comunità Uscendo, nella notte limpida e fredda, dalla chiesa di Carasso, si rimane d’incanto. I castelli illuminati e le chiese di Daro e di Artore quest’ultima ancora più su fin quasi a sfiorare il cielo - disegnano un paesaggio da sogno. Stupendo. Come stupende sono le chiese in cui il vescovo ha celebrato in questa prima tappa delle tre previste a Bellinzona. Quella di Carasso, così limpida e luminosa nella sua freschezza; quella di Artore, dove la semplicità diviene genuino splendore; quella di Daro, con la suggestiva scalinata che invita a salire. Si rileva sempre, durante queste visite, un prezioso legame della gente con le sue chiese: cura e attenzione, che esprimono affetto verso questi luoghi tanto luminosi di tradizione e ricordi. Il simpatico incontro con Carasso ha avuto luogo nella serata di venerdì. Un dialogo franco e sincero fra il vescovo e la gente, nell’accogliente sala patriziale, dopo la celebrazione dell’Eucaristia, in cui, vista l’occasione, è stato ricordato il patrono sant’Andrea, in anticipo sul calendario dei Santi, che lo colloca al 30 novembre. Sabato pomeriggio mons. Grampa, in un clima di cordiale accoglienza, ha visitato Artore e in seguito Daro: altrettanti balconi su Bellinzona, per la quale, come anticipato
dal vescovo, si dovrà studiare una necessaria ristrutturazione della globale organizzazione pastorale. La giornata di ieri è stata interamente dedicata invece alla parrocchia del Sacro Cuore, incontrando i piccoli e i ragazzi al mattino; gli adolescenti e i giovani nel pomeriggio; i diversi collaboratori in serata, e facendo pure una sosta nelle due Case anziani della zona – Casa Comunale e Casa Greina – per portare un saluto e un sorriso ai rispettivi ospiti. Per una felice coincidenza la tappa del Sacro Cuore è coincisa con il ricordo della dedicazione della chiesa (1939) e con l’anniversario (1982) della costituzione della stessa Comunità parrocchiale. Evento ben sottolineato anche dal vivace spettacolo del primo pomeriggio, capace di riproporre, con stile semplice, chiaro ed essenziale, la storia di questa comunità. Altro momento significativo è stato vissuto durante l’Eucaristia del mattino, quando il vescovo ha consegnato il “mandato” ai vari collaboratori, che prestano un servizio in parrocchia durante il corrente anno pastorale 2005-2006. Un gesto per dare un carattere ufficiale ed ecclesiale ai vari compiti, sottolineando nel contempo valore e contenuto di questo impegnarsi a favore della comunità, nei diversi ambiti e settori che le sono propri
la catechesi al Sacro Cuore, si va instaurando un rapporto funzionale tra le due parrocchie». A Daro la parrocchiale è dedicata ai SS. martiri Quirico e Giulitta; la chiesa di Artore, ben visibile sulla collina, a S. Sebastiano e all’Addolorata. Ritiratosi per la quiescenza don Angelo Casella, amministratore parrocchiale è don Scorti con don Michel Straziuso delegato per le funzioni. Anche qui è in atto una precisa responsabilizzazione dei laici.
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e che la rendono viva ed attiva. “Ricevere il mandato – ha sottolineato il vescovo – significa svolgere questo compito delicato ed importante di aiutare gli uomini e i ragazzi nostri contemporanei a cercare, ad incontrare, a trovare Dio, ad accoglierlo nell’intimità della propria casa e del proprio cuore. Il mandato ha questo alto e nobile scopo di aiutare a fare quella conversione e novità di vita, che ci permette di sentirci pietre vive”. Del resto l’accostamento fra la chiesa di sasso e la Chiesa di pietre vive, cioè delle persone, ritorna sovente in queste visite, dove altri richiami sono pure costanti. Come quello di offrire “una sincera e coraggiosa testimonianza di vita cristiana a tutti e in particolare alle nuove generazioni, confrontate con l’indifferenza religiosa, con una società sempre più scristianizzata, con un relativismo etico che non permette di intravedere con chiarezza i confini tra il bene e il male”. La visita a Bellinzona proseguirà nelle prime due domeniche di Avvento, con soste in Collegiata, a Ravecchia e nella parrocchia di Cristo Redentore dell’Uomo, che vedrà nella prossima primavera la riapertura della chiesa della Madonna delle Grazie: un’altra perla luminosa di arte, di devozione e di storia.
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Nel rispetto delle caratteristiche e delle tradizioni degli ex Comuni, antichi e futuri
Verso una pianificazione a livello regionale saurita la spinta a sud, da tempo Bellinzona si sviluppa a nord. Ne sa qualcosa Padre Callisto Caldelari, da 22 anni parroco del Sacro Cuore, centro dell’omonimo quartiere. «La parrocchia è nata proprio dall’incalzante sviluppo del dopo-guerra. Oggi conta circa 7.000 abitanti, il 40% della città, su uno spazio geograficamente ristretto. Era zona agricola, adesso è tipicamente residenziale». Occupazione nel terziario, con una forte diminuzione dei posti federali e cantonali. Moltiplicatore al 95%, Bellinzona trae le risorse per lo più dalle persone fisiche. L’area industriale posta a nord zona Molinazzo, già ristretta di per sé, è occupata da piccole aziende e artigiani, a conferma che questa rimane nettamente una città di servizi. Tra quartieri nuovi e antichi, emerge una caratteristica della capitale, ossia l’essere una somma di tante realtà complementari ma diverse. Sta quindi sviluppando una politica volta non a centralizzare ma a valorizzare i caratteri locali, cosciente dell’importanza della storia e delle tradizioni. «Il Comune vorrebbe rilanciare le sedi scolastiche di un tempo, chiuse, attive o con un funzionamento ridotto: Pedemonte, Al Maglio, Carasso, Daro...» indica il segretario comunale.
Musica alle orecchie dei Comuni a nord, dove pare abbia attecchito il seme delle aggregazioni o fusioni. Raggiunto l’accordo con Gnosca, insieme si muovono verso altri Comuni: Arbedo, Gorduno, Lumino, Claro, Moleno, mentre Preonzo si è dato una pausa di riflessione. Tra Castione e Claro esistono grosse possibilità di sviluppo, alla confluenza di valli, fiumi, autostrade, dove già si prevede lo sbocco della galleria d’AlpTransit. «Si tratterà di contenere gli inconvenienti e di cogliere le opportunità, più facile da farsi se saremo uniti», precisa ancora Loris Zanni. A giorni dovrebbe partire una proposta per avviare uno studio congiunto di aggregazione tra Comuni che «hanno molto da fare, ancor più se sono assieme». L’obiettivo è di arrivare ai 25-26’000 abitanti. Non sarebbe nemmeno la prima fusione, visto che Bellinzona già agli inizi del ‘900 accolse gli allora Comuni di Daro con Artore, Carasso e Ravecchia. In un secolo di cammino insieme i nuovi arrivati hanno mantenuto le caratteristiche a partire da parrocchie e patriziati. Erano Comuni rurali, sono diventati residenziali mantenendo però tradizioni, feste, sagre, vita associativa e persino i carnevali, che nella Bellinzona del
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Rabadan è tutto dire. Lo conferma il giudice Claudio Lepori, cresciuto in zona Collegiata, da trent’anni buoni a Daro, dove presiede tra l’altro il Consiglio Parrocchiale. «Qui abbiamo una forte vita di parrocchia e di paese; la sezione Scout Motto della Croce, la Pro restauri per la chiesa di Artore, Daro in piazza per le feste nel nucleo, il Gruppo giovani di Artore, la Società sportiva Pro Daro, la Filarmonica, il Teatro Circolo Unitas nel nucleo a disposizione del teatro del Chiodo di Manetti, la Fondazione Opera Auxilium per l’aiuto alle Associazioni di ispirazione cattolica», e via via tutto un bell’enumerare. La città è lì in basso, anzi Daro vi si insinua visto che la stazione è nel suo territorio, con metà del viale omonimo. A Bellinzona esistono condizioni quadro favorevoli per l’interazione con altre realtà comunali e per una pianificazione regionale. Anche perché tutti confermano la buona qualità di vita, data da servizi e infrastrutture, da posizione geografica e collegamenti, ma ancor più da uno spirito bellinzonese caratterizzato da una vivace vita associativa e da un forte senso di appartenenza.
2005 BELLINZONESE BELLINZONA COLLEGIATA BELLINZONA CRISTO REDENTORE DELL’UOMO 25 - 26 - 27 NOVEMBRE Crescono i collegamenti internazionali e la ricerca scientifica
Bellinzona punta sul settore delle scienze biomediche La capitale confida su una gestione rinnovata della vie di comunicazione. In sviluppo un campo sempre più importante che si appresta ad affrontare nuove frontiere, come il rapporto tra ricerca e industria nel campo della biomedicina.
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entro e fuori le mura c’è una Bellinzona che respira con la storia, guarda all’attualità e prefigura un futuro ben diverso dallo schematismo del passato, quando l’essere capitale faceva rima con amministrazione cantonale. Oggi un po’ meno, mentre ci si confronta con una città che riscopre la centralità rispetto alle grandi vie di comunicazione: strada delle genti, ferrovia, autostrada, AlpTransit. Succede nella consapevolezza che la storia del Ticino è debitrice di questa sua, nostra funzione di transito. ritorna la consapevolezza che traffico equivale a collegamenti, a commercio, si tratta di gestirlo e non di demonizzarlo, riscoprendo l’importanza di arrivi e partenze, scali e intersezioni. «AlpTransit è un’opportunità da cogliere in senso regionale, interpretandola anche sul piano politico-amministrativo con una saggia strategia delle fusioni», dicono in Municipio, insistendo sul concetto di opportunità. La prospettiva futura si basa anche sul mattone; uno che se ne intende, come Edo Bobbià, rileva come «un po’ inaspettatamente, Bellinzona e il suo comprensorio si pongano come traino anche dal punto di vista edilizio». «A Bellinzona mancano duemila appartamenti», gli fa eco il segretario comunale Loris Zanni indicando un’attuale e prossima direzione di sviluppo. Vuoi vedere che viene a crollare l’assioma secondo cui a Bellinzona corrisponda una connotazione di tipo impiegatizio? Da qualche tempo questo carattere sta cambiando rapidamente e in profondità. «Ad innescare il cambiamento è stata la nascita dell’Università della Svizzera Ita-
liana» sostiene Carlo Maggini, direttore dell’Ente ospedaliero cantonale, e il pensiero corre al bellinzonese Giuseppe Buffi. Ma come, l’USI non è a Lugano? Infatti, replica il dott. Maggini, «all’interno dell’USI non erano rappresentate le scienze naturali, nonostante già esistesse nel Cantone un importante settore di ricerca biomedica». Un gruppo di medici e ricercatori attivi per lo più nell’Ente ospedaliero cantonale, hanno avvertito questa necessità e si sono fatti promotori a Bellinzona dell’Istituto di ricerca in biomedicina, che in pochi anni ha assunto un grande presti-
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gio a livello nazionale e internazionale. Grazie a questo primo atto si è innescato un ulteriore processo quando il Cantone ha trasferito a Bellinzona l’Istituto di microbiologia e il Laboratorio cantonale. Quasi nello stesso tempo, l’Ente ospedaliero ha concentrato al San Giovanni e potenziato le attività di ricerca dell’Istituto oncologico della Svizzera Italiana, diretto dal prof. Cavalli. Il costituirsi di questo polo scientifico ha permesso alla capitale e al Ticino di inserirsi nel dibattito scientifico nazionale e internazionale, in particolare «giocando un ruolo di ponte tra nord e sud, grazie alla collocazione geografica e culturale. Tradizionalmente – aggiunge il dir. Maggini – per la medicina e la ricerca si guardava a nord, spesso dimenticando l’enorme potenziale rappresentato dalla Lombardia, con cui il polo bellinzonese interagisce; basti ricordare le alleanze strategiche con l’Istituto europeo di oncologia, diretto dal prof. Veronesi, e l’Istituto nazionale dei tumori di Milano». Al di là di fondamentali contenuti medico-scientifici, questo polo ha avuto un grosso impatto economico e occupazionale, con la creazione di oltre 200 posti di lavoro molto qualificati, in particolare legati alla ricerca biomedica. «Questo ha dato inizio ad un movimento destinato a crescere in corrispondenza con lo sviluppo delle scienze della vita, che in tutto il mondo industrializzato rappresentano il futuro. In questa prospettiva, il
2005 IL PROGRAMMA Venerdì 25 novembre Bellinzona 10.00 Casa Paganini-Rè: Santa Messa e incontro con gli ospiti. Pranzo. 14.15 Incontro con il personale. 16.00 Ospedale San Giovanni: visita, incontro nei reparti e preghiera in cappella. 18.00 Aperitivo. Sabato 26 novembre Bellinzona 10.00 Incontro con il Consiglio parrocchiale. 11.00 Culla San Marco: visita e pranzo. 14.30 Chiesa San Giovanni: celebrazione del sacramento dell’unzione degli infermi. 17.00 Collegiata: Santa Messa con la celebrazione del sacramento della Cresima. Incontro e cena con gli ospiti. Domenica 27 novembre Bellinzona 10.30 Chiesa Cristo Redentore: Santa Messa. Casa Paganini-Rè: pranzo con i preti. 15.00 Preghiera al camposanto.
IL PROGRAMMA prossimo passo è il rapporto tra biomedicina e industria». I primi passi si allungano in direzione anche degli USA, come conferma il significativo sostegno ricevuto da Bill Gates. «Adesso è importante – conclude Maggini – che i tre pilastri collaborino, soprattutto a livello di ricerca». Il punto di riferimento del settore sanitario per la città e la regione rimane il San Giovanni, creato già nel XIV secolo. Oggi, come Ospedale regionale di Bellinzona e Valli costituisce una rete che comprende Faido e Acquarossa ed è uno dei due poli sanitari del cantone, con il Civico e l’Italiano a Lugano, analoghi per volume di attività e vastità dell’offerta. Il direttore Michele Morisoli rileva «la straordinaria importanza sul piano economico di questa azienda che, con i suoi 1300 dipendenti, di cui oltre 900 a Bellinzona (con 11.000 pazienti l’anno, 60.000 pazienti ambulatoriali, 35.000 visite al pronto soccorso) è una delle maggiori del Cantone». L’ospedale presenta un’offerta completa di discipline mediche, vi fa capo l’Istituto oncologico con i servizi cantonali di radioterapia e medicina nucleare, collabora con i maggiori Istituti europei e con l’Istituto di ricerca biomedica del prof. Lanzavecchia.
Le comunità dei fedeli attive nelle iniziative parrocchiali e nel volontariato
La parrocchia centro d’incontro l Paganini-Rè è uno degli Istituti più amati per la sua importante storia (fondato nel 1921 da Flora Paganini-Rè per l’assistenza alle persone anziane e invalide) e per l’atmosfera di umanità. Ben 98 camere singole e doppie, 103 dipendenti e un’ottima struttura medicalizzata (responsabile il dott. Valentino Lepori). Dal 1988 l’istituto è diretto da un avvocato, Paola Franscini già sindaco a Giornico. «Il mondo degli anziani è in piena evoluzione, e così il concetto di ricovero. Il radicamento sul territorio e il potenziamento di strutture come l’Aiuto domiciliare fanno sì che gli anziani rimangano più a lungo a casa e decidano per il ricovero solo quando non bastano le risorse familiari e istituzionali. Un tempo in media rimanevano 4,5 anni, adesso molto meno, cosicché le liste d’attesa si accorciano e possiamo soddisfare meglio i bisogni». Fondazione privata, sorretta da sussidi volontari da parte di alcuni Comuni, in primis Bellinzona, il Paganini-Rè sorge a contatto con la chiesa di S. Maria delle Grazie e fruisce dal ‘64 della significativa collaborazione di sei Suore delle Poverelle del Beato Luigi Maria Palazzolo, che il Vescovo visiterà esprimendo il
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ringraziamento della popolazione e della Diocesi. Mons. Grampa terrà una conferenza su un tema che è un programma di solidarietà: “Servire gli anziani nella gioia”. Proprio sotto i platani, sul sagrato della chiesa di S. Maria delle Grazie, dove i restauri sono nella fase conclusiva (inaugurazione il 17 marzo), una grafico indica il grado di finanziamento della “quasi parrocchia” di Cristo Redentore dell’uomo, alle Semine, dove cinquant’anni fa era tutto prati e poi è sorto un popoloso quartiere di quasi 5.000 abitanti. «Di questo passo nel 2006 dovremmo aver pagato il terreno su cui sorgerà la nuova chiesa conCentro parrocchiale. Si vedrà, non c’è fretta, anche perché la gente si è affezionata all’attuale prefabbricato voluto dal vescovo Corecco, che svolge bene la funzione di aggregazione e di centro di molte attività che coinvolgono giovani e adulti. E presto riavremo S. Maria delle Grazie, una chiesa amata da tutti i bellinzonesi», indica il parroco don Carlo Scorti. In Collegiata don Marco Dania continua quell’attività che l’ha visto per 8 anni cooperare come vicario con don Alfredo Crivelli, una storica figura di prete a Bellinzona, scomparso in ago-
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Servite gli anziani nella gioia S econda tappa del vescovo a Bellinzona lungo il suo itinerario pastorale: incontrare, conoscere, scoprire. Tappa dedicat a in particolare a “luoghi”, dove la vita e di conseguenza la persona stanno al centro. Soprattutto la vita nelle sue stagioni di debolezza – l’infanzia, la vecchiaia, il tempo della malattia – e quindi maggiormente bisognosa di attenzione, da tradurre in delicatezza, premura, sorriso, anche cura. Così, dopo aver incontrato domenica 20 novembre ospiti, direzione e personale delle Case anziani Comunale e Greina, venerdì scorso, mons. Grampa ha trascorso alcune ore nella Casa Paganini Re’, che vanta a Bellinzona una preziosa e lunga storia. E’ stata l’occasione anche per sottolineare i 40 anni di permanenza in questo Istituto delle Suore (Congregazione delle Poverelle del Beato Luigi Palazzolo), dove, come precisato dal vescovo “svolgono un servizio generoso, sorridente, instancabile, nonostante il passare degli anni ed il venir meno del numero”. Incontrando poi il personale della Casa ha focalizzato il suo messaggio sul “servire gli anziani nella gioia”, anche “attraverso tanti piccoli gesti, all’apparenza semplici, ma di estrema importanza: un sorriso, una carezza, ascoltare un ricordo,
sto. Si occupa particolarmente dei ragazzi e dei giovani accompagnandoli e formandoli nella preparazione alla cresima, nelle esperienze di vacanza e di week-end insieme, tra associazionismo e preghiera, di una progressiva integrazione della parrocchia, di attività di animazione portate avanti nella loro crescita e nella collaborazione tra diverse fasce d’età. Notevole sviluppo ha avuto negli ultimi anni la sezione scout San Michele. Importante quanto necessario il coinvolgimento dei laici nella catechesi come nell’oratorio domenicale con suor Irma, nel Gruppo Bibbia diretto da Jolanda Gasparini, nel Gruppo Incontro di persone anziane che stanno insieme e socializzano nell’azione missionaria e nella preghiera, nel Laboratorio della fede dove
accogliere un desiderio”. Sempre venerdì è pure salito all’Ospedale San Giovanni, passando nei vari reparti. Istanti preziosi, scrutando “la profondità del mistero del dolore”, come sottolineato sabato nella chiesa di San Giovanni, celebrando il sacramento della Sacra Unzione. Un incontro commosso e sereno per rivolgersi “con fiducia al Medico delle anime e dei corpi” e “invocarne la misericordia e il perdono”. Al mattino di sabato, dopo aver incontrato il Consiglio parrocchiale, aveva invece visitato la Culla San Marco, dove è riservata una particolare e delicata attenzione alla persona nella sua fase iniziale. Dai piccoli (i neonati e fino a un anno); i medi (1-2 anni); i più grandicelli (2-3 anni). Un servizio rivolto ai bambini e alle rispettive famiglie, che fanno ricorso a questa struttura, legata a una benemerita Fondazione e gestita dalle Suore di Santa Maria di Leuca. Pure previste 6 camere per accogliere madre e bambino in particolari situazioni di difficoltà. Sempre nella prospettiva di incontrare questi luoghi, che compiono un prezioso servizio sociale, il vescovo, in occasione della terza tappa a Bellinzona, visiterà anche l’Istituto Von Mentlen. Nel tardo pomeriggio di sabato ha avuto luogo la celebrazione della Cresima. Una sessantina
una ventina di giovani si incontrano per dare risposte alle domande fondamentali. Forte la partecipazione dei fedeli anche nell’animazione della liturgia con la storica Corale Juventus, con il Gruppo strumentale, con il Gruppo di danza sacra, che talvolta condecora la liturgia e che ha partecipato alla visita di Giovanni Paolo II a Berna e alle giornate di Colonia. È un succedersi coordinato di momenti di incontro tra la dimensione religiosa, sociale ed esistenziale.
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di adolescenti (delle parrocchie della Collegiata di Cristo Redentore dell’Uomo) ha rinnovato l’impegno di accogliere il progetto cristiano della vita. “Un cammino non facile”, ha sottolineato il vescovo, “richiede coerenza, coraggio, impegno, sacrificio. E’ una pista che va controcorrente rispetto alle mode facili e mutevoli che seducono il nostro cuore e ci fanno smarrire la strada della verità e della luce”. Non è mancato, nonostante la fatica della lunga giornata, l’appuntamento con Castellinaria, in risposta all’invito di partecipare alla serata conclusiva all’Espocentro, dove il vescovo ha potuto seguire con interesse la proiezione del film, “Alla luce del sole” di Roberto Faenza, che narra la vicenda di don Pino Puglisi. Dedicata infine alla parrocchia Cristo Redentore dell’Uomo la giornata di ieri con la celebrazione dell’Eucaristia e con il pensiero già rivolto al prossimo mese di marzo, quando sarà riaperta la splendida “Madonna delle Grazie”, tanto cara ai Bellinzonesi. Poi la sosta nel camposanto: silenzio, preghiera, affetto e ricordo. Terza tappa a Bellinzona il prossimo fine settimana, con diversi incontri (compreso quello con il Municipio) e celebrazioni a Ravecchia e in Collegiata.
2005 Le opere d’arte delle chiese di Bellinzona ricordano la storia dei collegamenti sociali della città
Le testimonianze artistiche del patrimonio religioso «
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ellinzona è una sola parrocchia divisa in tre semi-parrocchie; Collegiata, Sacro Cuore, Cristo redentore dell’Uomo» indica Enrico Tettamanti, docente in pensione, già presidente del Consiglio comunale e rappresentante del Municipio nel Consiglio parrocchiale. Recupera la sua memoria storica precisando che alla proto-fusione politica d’inizio 900 non era corrisposta quella delle parrocchie. «Altri tempi, oggi il problema è la mancanza di sacerdoti», acuita – nonostante il concreto aiuto offerto dal vescovo Ernesto – dalla recente scomparsa di don Alfredo Crivelli e don Pierino Lavizzari, dalla quiescenza di don Casella e don Piffaretti. Cresce per contro il già citato coinvolgimento dei laici tra i quali comunque «il sacerdote rimane la figura di riferimento». Bellinzona vanta insigni monumenti religiosi. La Collegiata, dedicata ai SS. Pietro e Stefano, è stata costruita attorno al 1500 sulla precedente chiesa di San Pietro da Tommaso Rodari, architetto del Duomo di Como. Al suo interno ha dieci cappelle, tele del Genovesino e del Procaccini, un imponente pulpito del Rusca in marmo e scagliola di fine ‘700, una grande acquasantiera in marmo ricavata da una fontana sforzesca di Milano. Sull’altare maggiore è visibile la Crocifissione di Giovanni da Monte della metà del ‘500. La sua importanza è confermata dallo storico Capitolo, che riuniva arcipreti e canonici, che ha una chiara facciata nella cosiddetta “pietra nera” di Castione; restaurata di recente, è di proprietà del Comune. Contigui sorgono l’oratorio di S. Marta sulla salitella della Motta, e del Corpus Domini. «Quell’autentico gioiello che è S. Maria delle Grazie è stato pesantemente danneggiato dall’incendio del 31 dicembre 1996». Edificata sul finire del ‘300, aveva annesso un Convento. La chiesa ha importanti affreschi tra cui l’imponente Crocifissione (da qui e per la vicinanza al cimitero il nome di “chiesa dei morti”) di anonimo lombardo del ‘400. Il restauro è stato sostenuto da città, Cantone, Confederazione e da uno straordinario slancio della generosità della gente.
“Restauro non facile – ricorda Enrico Tettamanti – sia per l’entità del danno sia per problemi di statica, che hanno richiesto un grosso lavoro di ancoraggio». La chiesa di San Giovanni è un bel Settecento, opera di Matteo Pisoni di Ascona, ben restaurata all’interno, con qualche dipinto interessante come l’Adorazione dei Magi di Daniele Crespi. Nei pressi dell’Ospedale sorge la chiesa dedicata alla Madonna della Neve, ingrandita a metà ‘700 su un precedente impianto. Piazza
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Indipendenza è valorizzata dalla bella facciata di San Rocco, fine ‘400, restaurata di recente, cui faceva capo l’omonima Confraternita di cui rimane come testimonianza la bella aula sopra la sagrestia con un Coro e scranni del ‘600 in legno. «Bellinzona – conclude Tettamanti – è cosciente dell’importanza di questo patrimonio, che tuttora concorre in modo decisivo a qualificarne l’identità. Descrivendo le chiese si trovano i fili di collegamenti non solo religiosi, ma anche sociali e generazionali».
2005 BELLINZONESE BELLINZONA RAVECCHIA 2 - 3 - 4 DICEMBRE I cittadini della capitale ritrovano le loro certezze nelle tradizioni
Bellinzona, una città capace di progettare opportunità L’aggregazione a nord, che si sta costruendo in queste settimane è la base per favorire «uno sviluppo armonico a livello regionale». Il sindaco Martignoni indica le tappe per una città che avanza a «piccoli passi ma con sicurezza». «
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ellinzona è la città dei piccoli passi» sostiene il sindaco Brenno Martignoni. Uno per volta, partendo da una certezza, ossia la «vocazione di città amministrativa, di governo, che ha garantito un preciso tipo di sviluppo, fondato su un ceto medio che mantiene tuttora un forte spirito di appartenenza alla città. I bellinzonesi magari se ne vanno, ma poi tornano». Sarà il richiamo dei castelli, dei monumenti, delle chiese, del palazzo comunale che da sempre – almeno dal ‘200, come testimoniano le tracce della primitiva costruzione, sotto l’attuale edificio – è sede del Governo locale, il Consiglio del borgo, ma è un fatto che i bellinzonesi tuttora vedono le loro certezze nelle tradizioni. Accolgono quindi con grande favore l’annuncio del Cantone per una «nuova sede amministrativa a sud del Soave», che secondo il sindaco dovrebbe portare parecchi nuovi posti di lavoro. Anche grazie alla politica dei piccoli passi, Bellinzona «non si è lasciata sorprendere dallo sviluppo edilizio, facendo trovare il centro storico protetto da un piano regolatore particolareggiato, che ne ha garantito la salvaguardia. Allo stesso modo si prepara allo sviluppo della vasta area di Pratocarasso», che sorgerà attorno alla nuova scuola media del Cantone. Con l’urbanizzazione di Pratocarasso nascerà un nuovo quartiere proprio a nord, dove in queste settimane si sta costruendo la certezza dell’aggregazione con Gnosca, Gorduno, Arbedo Castione, Lumino, Moleno e Claro, con un’opzione aperta per Preonzo. «Quest’ulteriore passo significa che la città si sta riposizionando rispetto a se stessa, alla regione e al Cantone, per il presente e il futuro», precisa il sindaco Martignoni. Sta creando le basi
per un ulteriore sviluppo? «La nuova realtà data dall’aggregazione deve tradursi nella possibilità di progettare uno sviluppo armonico di tipo regionale», lasciando la porta d’ingresso aperta ad altri Comuni. «Noi siamo pronti a parlare di altre aggregazioni, ma siamo convinti che questa possibilità deve maturare prima nella convinzione della gente che dei politici. Dobbiamo lasciare che maturino i tempi, ben sapendo che anche gli altri Comuni hanno già le loro infrastrutture e la loro storia. Si tratta allora di guardare più avanti,
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nella direzione di un obiettivo comune, quello di migliorare insieme la qualità della vita nella regione, che è già una risorsa comune». Martignoni cita come esempio le Case per anziani, un prevedibile, grande tema anche per il futuro, «che ci trova pronti, visto l’ulteriore progetto in questo settore per Pratocarasso». La Bellinzona di oggi dà l’impressione di aver ritrovato appieno i punti di riferimento storici. Piazza del Sole regolava passaggi e accessi da nord a nord, tra la collina di Montebello e la rocca di Castelgrande. È stata rinnovata dall’arch. Livio Vacchini esaltando lo spazio come luogo di incontro e animazione, ma anche dialogando con la roccia e la murata. Sul selciato in porfido rosso di piazza Governo si può ancora scorgere, in porfido grigio, la pianta dell’antica murata; i suoi sassi sono serviti per costruire, nel 1847 il Teatro Sociale il cui splendido recupero è uno dei vanti dei bellinzonesi. Il palazzo del governo era stato costruito nel 1738 dalle suore Orsoline, 110 anni dopo lo Stato lo incamerò tra i suoi beni. In Piazza Indipendenza – che prende il nome dall’obelisco posato al suo centro nel 1903, a cent’anni dall’Atto di Mediazione di Napoleone che rese indipendente il Ticino, sorgeva la porta denotata Caminata, detta pure di Lugano perché rivolta a sud.
2005 Bellinzona ha aggiunto altri punti di riferimento all’originaria e tuttora viva vocazione amministrativa, e tra questi il recente ma già consolidato polo scientifico della biomedicina. «Questa attività di ricerca e di insegnamento è determinante per la Bellinzona di oggi e di domani», riconosce Brenno Martignoni indicando che «la città ha terreni importanti nei pressi dell’I-
stituto, in cui potrebbe trovare ulteriori sbocchi per il suo futuro». Anche questo per il sindaco è il segno della capacità della città di progettare opportunità e di coglierle quando arrivano. «Sono stati fatti importanti investimenti per la sistemazione del centro storico, dei suoi arredi, da Castelgrande al Teatro Sociale alla Collegiata che ha ritrovato
tutto il suo splendore. In marzo riaprirà S. Maria delle Grazie, che con il suo patrimonio storico, culturale e religioso è legata a tutta la città». Cos’altro potrebbe rientrare nella risistemazione del centro in atto da tempo? «Un progetto su cui bisognerà chinarsi è la sistemazione della parte bassa di viale Stazione, dalla Collegiata alla Posta».
La zona di Ravecchia è un centro ricco di iniziative sociali e culturali
La generosità della suore di Leuca che operano alla Culla San Marco
IL PROGRAMMA Venerdì 2 dicembre Bellinzona 14.00 Visita alla scuola La Caravella. 15.00 Visita all’istituto von Mentlen. 17.00 Incontro con il Municipio. 19.30 Parrocchia di Cristo Redentore dell’Uomo: Cena e incontro con la popolazione 17.30 19.30
Sabato 3 dicembre Ravecchia Santa Messa e incontro con la comunità. Cena con il Consiglio parrocchiale.
10.00 14.30
Domenica 4 dicembre Bellinzona Collegiata: Santa Messa e pranzo con le Autorità. Incontro con la Famiglia parrocchiale.
IL PROGRAMMA
Ravecchia, vicino a San Biagio, sorge un’altra istituzione storica e benemerita come la Fondazione Culla San Marco, fondata negli anni Venti da Rosita e Angelo Bonzanigo per l’assistenza ai bambini della ragazze madri, allora emarginate e quindi in difficoltà. Accoglieva dalla nascita ai 6 anni. «Oggi fino ai tre anni, casi sociali ma non solo, perché oltre ai bambini vengono accolte anche mamme separate o divorziate, spesso affidate dall’autorità tutoria e assistenziale» precisa il prof. Bruno Giollo, presidente del Consiglio di Fondazione formato da 5 membri, 3 di nomina del vescovo, un rappresentante del Comune e uno del Cantone. «I problemi sono dietro l’angolo, visto che cambia il sistema di finanziamento e il Cantone ci trasferirà dal sussidiamento al contratto di prestazione, che presumibilmente coprirà attorno al 40% delle spese. Il resto dovremo cercarlo nel pubblico, in particolare nei Comuni da cui provengono mamme e bambini e nel privato» da cui ci si aspetta sensibilità e generosità. Il vescovo ha incontrato alla Culla San Marco undici religiose della Congregazione di S. Maria di Leuca, che ha come assistente spirituale il cardinal Agustoni. «Sono giunte nell’82 e da allora forniscono un contributo prezioso, anzi eccezionale, che è d’esempio per tutti noi», riconosce il prof. Giollo. «Sono Suore filippine e
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indiane, una sola italiana, incredibili per impegno e qualità, per bontà e dedizione. Costituiscono un grande valore per l’intera comunità». Tra le strutture a fondo sociale visitate dal vescovo c’è anche l’Istituto Von Mentlen, fondato nel 1911 da Valeria Von Mentlen-Bonzanigo. Accoglie e assiste bambini e ragazzi dai 3 anni all’adolescenza che hanno bisogno di sostegno educativo e scolastico, una media tra cinquanta e sessanta, provenienti non solo da Bellinzona. L’Istituto ha una scuola elementare, per la scuola media fa capo alle strutture cantonali. Storia, tanta storia, un ricco passato, ma anche valide iniziative per il presente, sul piano medico ed assistenziale. Da anni Bellinzona vede crescere una forma particolare di animazione collegata ai libri usati e ai «vecchi oggetti, tra qualità e curiosità» come precisa Fredy Conrad, direttore della Biblioteca comunale, animatore musicista e iniziatore di queste proposte che ormai si sono ritagliate uno spazio nella vita cittadina. «Come “Ondemedia”, associazione culturale, abbiamo iniziato una decina di anni fa con il mercatino del libro usato. Allora era in via Lavizzari, si chiamava “Leggerezze”. Poi siamo venuti in Piazza Magoria per contribuire ad animare questo quartiere un po’ estraneo ai flussi di passaggio». Dai doppioni della Biblioteca, gradualmente l’iniziativa ha coinvolto decine di appassionati del
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La chiesa di San Giovanni ai bellinzonesi Con la Santa Messa in Collegiata di ieri mattina e con l’incontro con la famiglia par rocchiale nel pomeriggio all’oratorio si è conclusa la visita pastorale a Bellinzona, programmata sull’arco di tre fine settimana. Un itinerario intenso e variegato, dedicato, nel succedersi delle nove diverse giornate, alle varie parrocchie distribuite sul territorio della capitale. L’ultima tappa ha avuto soste nella comunità di Cristo Redentore dell’Uomo, attraverso l’incontro con la popolazione, venerdì sera; a Ravecchia, dove mons. Grampa ha celebrato l’Eucaristia nella tarda serata di sabato, soffermandosi poi per un incontro cordiale e simpatico con la popolazione; in Collegiata per l’intera giornata di ieri, come indicato in apertura. La comunità parrocchiale di Cristo Redentore dell’Uomo è sorta pochi anni fa, nel 1989, nel popoloso quartiere delle Semine. E’ in attesa della nuova chiesa – attualmente le celebrazioni hanno luogo in un prefabbricato – per la quale è pronto e già quasi interamente pagato il sedime. Quel prefabbricato era stato presentato come “un primo passo per rimettere al centro della nostra vita, nel cuore del nostro quartiere, un segno visibile della presenza del Mistero che in Gesù Cristo ha preso una forma e un volto; in attesa di poter poi costruire una chiesa più grande e definitiva”. Allora si sperava di riuscirci entro il 2000, anno del Giubileo; ora i tempi si sono un po’ allungati. Ma la parrocchia è determinata ad avere al più presto un luogo dove la comunità possa
libro, che vengono qui dal Cantone e anche dall’Italia con libri ma anche carte stampate, cartine geografiche, riviste, fumetti, cartoline, insomma un po’ tutto e oltre, come dischi, tax card e carte da collezione. L’iniziativa si è sviluppata tutti i primi mercoledì del mese e al Mercatino si è aggiunto “Mercantico” una sorta di incontro “brocante” tra antiquari e rigattieri, che coniuga valenze culturali e contenuti commerciali, con
riunirsi per le celebrazioni e per le varie proposte educative, di catechesi, di incontro, di crescita che esprimono la sua presenza e la sua testimonianza. Una visita pastorale è costellata da tanti e diversificati momenti, che seguono comunque una prospettiva chiara: quella dell’incontro. Del vescovo con la gente, della gente con il pastore della diocesi. Importante e significativo è stato anche l’incontro con il Municipio nella tarda serata di venerdì. Un’accoglienza schietta e cordiale; un franco scambio di opinioni; l’apprezzamento del vescovo per l’impegno a favore della comunità unito a un augurio sincero perché, superata questa fase di difficoltà e di sofferenza, si possa ritrovare, nella reciproca stima, un clima costruttivo e sereno. Le celebrazioni in San Biagio di Ravecchia e in Collegiata sono state pure l’occasione per rinnovare un sentimento di affetto e gratitudine a don Pierino Lavizzari, scomparso recentemente e a don Alfredo Crivelli, deceduto lo scorso agosto, entrambi particolarmente legati a Bellinzona, dove hanno svolto il loro ministero pastorale per tantissimi anni. Mons Grampa ha annunciato i rispettivi successori. Per Ravecchia don Carlo Scorti, che manterrà comunque la cura della parrocchia Cristo Redentore dell’Uomo e che potrà contare, per l’anno pastorale in corso, sulla collaborazione di don Noel Izenzama e di don Ramon Ferreira, al quale è affidata in particolare l’assistenza spirituale dell’ospedale San Giovanni. Don Scorti riceverà pure una collaborazione da don Vittorino Piffaretti, che sarà custode della chiesa della Madonna delle Grazie, la cui
particolare riferimento all’oggettistica anteriore agli anni Cinquanta. «Partendo dall’idea di animazione – aggiunge Fredy Conrad – abbiamo voluto correre la sfida di portare i libri in piazza, di far conoscere le cose belle e il libro è un oggetto bello per eccellenza, promuovendo anche un’idea di recupero secondo una consapevolezza che possiamo definire ecologica».
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riapertura è prevista nella prossima primavera. Nuovo arciprete della Collegiata è invece don Pierangelo Regazzi, finora parroco di Rancate e Besazio. Con lui collaboreranno don Marco Dania e don Michel Straziuso. Ai preti della Collegiata resta pure affidata la cura pastorale di Daro, lasciata gli scorsi mesi da don Angelo Casella, parroco di questa comunità dal 1983. Il territorio di Bellinzona viene così suddiviso pastoralmente in tre poli. I due citati (Collegiata e Cristo Rendentore dell’Uomo, rispettivamente al centro e a sud) e un terzo a nord, riferito alla Chiesa del Sacro Cuore, dove operano padre Callisto Caldelari, padre Ugo Orelli e don Giovanni Luchowski. Restano loro affidate le parrocchie del Sacro Cuore, di Carasso e Gorduno. A questa riorganizzazione si intende pure abbinare una adeguata revisione dei confini territoriali delle varie parrocchie, tenendo conto degli sviluppi conosciuti dalle fasce periferiche e per l’opportunità di far coincidere i confini parrocchiali con quelli comunali. La Legge sulla Chiesa cattolica affida all’Ordinario (al vescovo) questi interventi, previa consultazione delle assemblee parrocchiali interessate. Non sono comunque previste né fusioni, né soppressioni di parrocchie. A ricordo di questa visita e quale segno di gratitudine e di affetto alla comunità bellinzonese, il vescovo ha deciso di donare alla parrocchia della Collegiata la chiesa di San Giovanni, di proprietà della diocesi. Lunedì 12 dicembre, incontrando il clero del Vicariato, farà un bilancio di questa visita nel Bellinzonese, iniziata in ottobre.
2005 Ravecchia testimonia la sua storia e offre la possibilità di piacevoli passeggiate tra selve e torrenti
San Biagio: la chiesa più antica della zona ono molti a ricordare che Ravecchia era chiamata la Nizza di Bellinzona e la parte alta il suo Rigi. In effetti si trova in posizione riparata dai venti e ben soleggiata, quindi con una situazione climatica favorevole. E citano i limoni, che crescono qui e non qualche centinaio di metri più in là. Certa è comunque la grande storia di Ravecchia, da sempre zona di passaggio verso sud, uscendo da Porta Caminata o Lugano per dirigersi verso il Dragonato, che era lo spartiacque territoriale tra il borgo e gli insediamenti fuori le mura, come precisa Giuseppe Chiesi, direttore dell’Ufficio dei Beni culturali. «San Biagio era la chiesa campestre per eccellenza, non circondata da costruzioni come oggi; ha origine probabilmente prima del Mille. Il grande San Cristoforo sulla facciata sottolinea il passaggio verso territori meridionali. Probabilmente attorno a San Biagio sorgeva una comunità monastica benedettina. Disentis aveva qui dei possedimenti». Nella zona si era concentrato un grumo di costruzioni ecclesiastiche e ospedaliere a sud del Borgo, con diversi conventi, uno dei quali distrutto da un’alluvione provocata dal Dragonato nel 1762. Il villaggio di Ravecchia sorgeva più a est, e poi a grappolo fino in cima a quel cono di deiezione che è il Dragonato, in direzione della Madonna della Neve, verso l’Ospedale. A mezza montagna rimane l’antichissima frazione di Prada, con la chiesa di San Gerolamo in mezzo alle selve, adesso restaurata grazie all’iniziativa generosa raccolta attorno allo scomparso Severino Bomio. Ravecchia è la storia, ma oggi? Un luogo residenziale, di cui tanti come Giuseppe Chiesi rimpiangono «la vita, il carattere di paese mantenuto fino agli anni Sessanta, che si condensava attorno alle frazioni alte, come Piazza Fontana e alle scuole. C’era vita, animazione, si “slittava” dall’ospedale sino al “tombon”, il sottopassaggio della ferrovia. C’erano parentele, relazioni sociali ed affettive, grandi giardini, vigne, frutteti che si estendevano fino ai confini con Giubiasco, dove sono arrivate case e palazzine». Le vigne stanno diminuendo, rimangono alcuni coltivatori, a mezza collina e a Ravecchia di sopra. Anche San Biagio era un villaggio molto animato con
la cooperativa e tanti negozi, in molti ricordano quello di Mario Pacciorini «che aveva il miglior formaggio»; un bel nucleo con una sua personalità. Ravecchia è chiusa tra due torrenti: il Dragonato, impetuoso come un dragone, spesso faceva le bizze, adesso imbrigliato, divide da Bellinzona, e la Guasta, anch’essa talvolta minacciosa, trattenuta adesso da una diga in alto, che divideva da Giubiasco. Ma Ravecchia è anche la parte alta, i boschi, le selve castanili, la montagna, che conserva ruderi e la possibilità di bellissime passeggiate verso i monti, appunto il Rigi nostrano, tradizionale zona di villeggiatura, raggiungibili con una comoda strada. La chiesa di San Biagio merita una visita. È di
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proprietà della parrocchia di Ravecchia per disposizione di San Carlo che qui venne nel 1538. La più antica tra quelle di Bellinzona, è una costruzione basilicale assai pura architettonicamente, la facciata conserva squisiti affreschi del Trecento, specie nella lunetta sopra la porta e nel gigantesco San Cristoforo. All’interno la triplice navata conserva affreschi di scuola lombardosenese pure del Tre e Quattrocento e, tra i dipinti, il grande quadro raffigurante la Madonna col Bambino tra i santi Biagio e Gerolamo: è firmato da un pittore Dominicus del lago di Lugano e datato 1520.
COLOPHON Articoli ripresi dal quotidiano Giornale del Popolo: Dalmazio Ambrosioni Commenti alle visite pastorali: Gianni Ballabio Impaginazione grafica: NSG C. Berta, Bellinzona-Locarno Prestampa e stampa: TBL Tipografia Bassi, Locarno Rilegatura: Mosca SA, Lugano Carta: Magno Ivory patinata mat 170 gm²
ISBN 9788896799024
Finito di stampare il 4 novembre 2010 Festa di San Carlo Borromeo